N. 163 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 aprile 2019

Ordinanza del 30 aprile 2019 del Tribunale  amministrativo  regionale
per  il  Lazio  sul  ricorso  proposto  dalla  Camera  di  commercio,
industria,  artigianato  e  agricoltura  di  Massa   Carrara   contro
Presidente del Consiglio dei ministri e altri.. 
 
Amministrazione pubblica - Camere di  commercio  -  Legge  delega  al
  Governo sul riordino  delle  funzioni  e  del  finanziamento  delle
  Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura - Decreto
  legislativo  di  attuazione  -  Previsione  del  parere,   anziche'
  dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, nell'adozione  del
  decreto legislativo. 
- Legge 7 agosto 2015, n. 124  (Deleghe  al  Governo  in  materia  di
  riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), art. 10; decreto
  legislativo 25 novembre 2016, n. 219 (Attuazione  della  delega  di
  cui all'articolo 10 della legge 7  agosto  2015,  n.  124,  per  il
  riordino  delle  funzioni  e  del  finanziamento  delle  camere  di
  commercio, industria, artigianato e agricoltura), art. 3. 
(GU n.42 del 16-10-2019 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          Sezione Terza ter 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 9503 del 2018, proposto da: 
        Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura  di
Massa Carrara, rappresentata e difesa dall'avvocato  Domenico  Iaria,
con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso V.  Emanuele
II, 18; 
    Contro: 
        Presidenza del Consiglio dei ministri; 
        Ministero dello sviluppo economico,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in  Roma,  via  dei
Portoghesi, 12; 
    nei confronti: 
        Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura  di
Lucca; 
        Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura  di
Pisa; 
        Commissario ad acta  per  la  costituzione  della  Camera  di
commercio della Toscana nord ovest; 
        Camera di commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura
della Toscana nord ovest; 
        Unione  italiana  delle  camere  di   commercio,   industria,
artigianato e  agricoltura  -  Unioncamere,  rappresentata  e  difesa
dall'avvocato Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso il suo
studio in Roma, largo Messico, 7; 
    per l'annullamento, previa sospensione cautelare, del decreto del
Ministro dello sviluppo economico 16 febbraio 2018, registrato  dalla
Corte dei conti in data 28  febbraio  2018,  pubblicato  in  Gazzetta
Ufficiale  9  marzo  2018,  n.  57,  e  degli  atti   presupposti   e
consequenziali, ed in particolare delle determine del Commissario  ad
acta numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 del 2018 e della  deliberazione  del
Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  dello
sviluppo economico e dell'Unione italiana delle camere di  commercio,
industria, artigianato e agricoltura - Unioncamere; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  30  gennaio  2019  il
dott. Antonino Masaracchia e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                                Fatto 
 
    1. Con il ricorso in epigrafe la Camera di commercio,  industria,
artigianato e agricoltura di Massa Carrara, in persona del presidente
pro tempore, ha impugnato il decreto ministeriale  16  febbraio  2018
(recante «Riduzione del numero delle  camere  di  commercio  mediante
accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale»), nonche'
i relativi atti connessi, nella parte in cui, in attuazione dell'art.
3 del decreto legislativo n. 219  del  2016,  recependo  la  proposta
avanzata da Unioncamere (delibera del 30 maggio  2017),  ha  disposto
l'accorpamento delle Camere di commercio di Massa Carrara, di Lucca e
di Pisa, individuando in Viareggio la sede del nuovo ente. 
    Il  decreto  ministeriale  impugnato  e'  identico   al   decreto
ministeriale 8 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  del
19 settembre  2017,  e  sostituito  dopo  la  pronuncia  della  Corte
costituzionale (sentenza n. 261 del 2017, depositata il  13  dicembre
2017) che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 4 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 [...], nella
parte in cui stabilisce che il decreto del  Ministro  dello  sviluppo
economico dallo stesso  previsto  deve  essere  adottato  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano, anziche' previa intesa  con
detta Conferenza». 
    A seguito della detta pronuncia  il  Ministero  sottoponeva  alla
Conferenza Stato-regioni un  nuovo  schema  di  decreto,  analogo  al
precedente, ai fini  del  raggiungimento  dell'intesa  con  gli  enti
regionali. La Conferenza, dopo un primo rinvio nella  seduta  del  21
dicembre 2017, esaminava il testo nella seduta dell'11 gennaio  2018:
in tale occasione varie regioni formulavano obiezioni a seguito delle
quali il verbale della seduta  recava  l'indicazione  della  «mancata
intesa». 
    Successivamente, appurato il mancato raggiungimento di un'intesa,
il Consiglio dei ministri, nella  seduta  dell'8  febbraio  2018,  ai
sensi dell'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del  1997,
autorizzava il Ministro  dello  sviluppo  economico  ad  adottare  il
citato decreto. 
    2. Avverso il citato decreto ministeriale  16  febbraio  2018  la
Camera di commercio  di  Massa  Carrara  ha  articolato  le  seguenti
doglianze: 
        illegittimita' costituzionale dell'art. 10,  comma  2,  della
legge n. 124 del 2015 e del decreto  legislativo  n.  219  del  2016,
nella  sua  interezza,  per  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione (articoli 5 e  120  Cost.)  in  quanto  non  e'  stata
prevista l'intesa con la Conferenza unificata e/o con  la  Conferenza
Stato regioni; 
        illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma  4,  del
decreto legislativo n. 219 del  2016,  per  violazione  dell'art.  76
Cost., per esercizio della  delega  attraverso  un  subordinato  atto
amministrativo, pur in presenza di una riforma ordinamentale; 
        violazione della legge n. 580 del 1993, come  modificata  dal
decreto legislativo n. 219  del  2016,  e  in  particolare  dei  suoi
articoli 1 e 2, nonche' dell'art. 10 della legge n. 124  del  2015  e
del decreto legislativo  n.  219  del  2016,  anche  con  particolare
riferimento agli articoli 3 e 4, per assenza di adeguate garanzie  di
rappresentanza    territoriale;     eccesso     di     potere     per
contraddittorieta', irrazionalita' ed illogicita' manifesta; 
        violazione e/o falsa applicazione della legge n. 580 del 1993
e, in particolare, dell'art. 12, commi 2, 3 e 4, come modificata  dal
decreto legislativo n. 219 del 2016, in relazione alle  modalita'  di
composizione del collegio della nuova Camera di commercio; 
        violazione e/o  falsa  applicazione,  da  parte  del  decreto
ministeriale 16 febbraio 2018, dell'art.  3,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 219 del 2016, come modificato a seguito della sentenza
n. 261 del 2017  della  Corte  costituzionale,  nonche'  del  decreto
legislativo n. 281 del 1997 e, in particolare, dell'art. 3, comma  3,
relativamente alla mancata intesa tra lo Stato e le regioni  ed  alle
modalita' per il suo superamento; eccesso di potere per sviamento  di
potere, assenza di adeguata motivazione e,  in  ogni  caso,  per  sua
illogicita' e  irrazionalita'  manifeste;  Eccesso  di  potere  della
delibera del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018; 
        violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, comma  1,  del
decreto legislativo n. 219 del 2016, in  relazione  alla  nomina  del
Commissario ad acta; eccesso di potere; 
        incompetenza   relativa   per    l'adozione    del    decreto
ministeriale, incidente su una riforma ordinamentale in una  fase  di
ordinaria amministrazione. 
    3. Si sono costituiti in giudizio  il  Ministero  dello  sviluppo
economico, in persona  del  Ministro  pro  tempore,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  e  l'Unione  italiana
delle camere di commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura  -
Unioncamere, in persona del  presidente  pro  tempore,  chiedendo  il
rigetto del ricorso. 
    Alla pubblica udienza del 30  gennaio  2019  la  causa  e'  stata
trattenuta in la decisione. 
Rilievo della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  10
della legge n. 124 del 2015 e dell'art. 3 del decreto legislativo  n.
219 del 2016. 
    4. In virtu' dell'art. 10 della legge n. 124 del 2015,  e'  stata
conferita  delega  al  Governo  per  l'emanazione   di   un   decreto
legislativo per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e  del
finanziamento delle Camere di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura, anche mediante la modifica della legge n. 580  del  1993
ed  il  conseguente  riordino  delle  disposizioni  che  regolano  la
relativa materia. 
    Segnatamente l'art. 10, comma 1, lettera b, della  legge  n.  124
del 2015 prevede che il legislatore  delegato  possa  procedere  alla
«ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, con  riduzione  del
numero dalle attuali 105 a non piu' di 60  mediante  accorpamento  di
due o piu' camere di commercio; possibilita' di mantenere la  singola
camera  di  commercio  non  accorpata  sulla  base  di   una   soglia
dimensionale minima di 75.000 imprese  e  unita'  locali  iscritte  o
annotate nel registro delle imprese, salvaguardando  la  presenza  di
almeno una  camera  di  commercio  in  ogni  regione,  prevedendo  la
istituibilita' di una camera di commercio in ogni provincia  autonoma
e citta' metropolitana  e,  nei  casi  di  comprovata  rispondenza  a
indicatori di efficienza e di  equilibrio  economico,  tenendo  conto
delle   specificita'   geo-economiche   dei   territori    e    delle
circoscrizioni territoriali di  confine,  nonche'  definizione  delle
condizioni in presenza delle quali possono essere istituite le unioni
regionali o interregionali». 
    L'esercizio della delega (art. 10, comma 2, cit.) doveva avvenire
su proposta del Ministro  dello  sviluppo  economico  e,  tra  altro,
«previa acquisizione del parere della  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 
    Il Governo, «sentita la Conferenza Unificata in data 29 settembre
2016», emanava il decreto legislativo 25 novembre 2016,  n.  219,  il
quale all'art. 3 («Riduzione del numero  delle  camere  di  commercio
mediante   accorpamento,   razionalizzazioni   delle   sedi   e   del
personale»), introduceva una procedura per l'emanazione di un decreto
ministeriale che avrebbe dovuto realizzare la  riduzione  del  numero
delle  Camere  di  commercio  prevista  nella  legge  di  delega.  In
particolare era stabilito  che  Unioncamere  (Unione  italiana  delle
camere di commercio, industria, artigianato  e  agricoltura)  dovesse
trasmettere al Ministero una propria proposta di accorpamento,  sulla
base  di  criteri  desunti  dalla  legge  di  delega   o   introdotti
direttamente dal decreto legislativo, contemplando  anche  «un  piano
complessivo di razionalizzazione delle sedi delle singole  Camere  di
commercio nonche' delle Unioni regionali, con individuazione  di  una
sola  sede  per  ciascuna   nuova   Camera   di   commercio   e   con
razionalizzazione delle sedi  secondarie  e  delle  sedi  distaccate»
(art. 3, comma 2, lettera a,  del  decreto  legislativo  n.  219  del
2016). 
    Sulla base della proposta  di  Unioncamere,  il  Ministero  dello
sviluppo economico ha da ultimo adottato il decreto  ministeriale  16
febbraio 2018, a seguito dell'iter procedimentale sopra riportato; in
virtu'  del  citato  decreto  e'   stato   disposto,   tra   l'altro,
l'accorpamento delle Camere di commercio di Massa Carrara, di Lucca e
di Pisa, con sede del nuovo ente in Viareggio, avverso  il  quale  la
ricorrente propone l'impugnativa in epigrafe. 
    Alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e per i
motivi che  si  esporranno  infra,  questo  Tribunale  amministrativo
regionale dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 10 della
legge n. 124 del 2015 (norma di delega) e  dell'art.  3  del  decreto
legislativo n. 219 del 2016  (norma  delegata)  ed  intende  pertanto
sottoporli al sindacato della Corte  costituzionale,  per  violazione
del principio di leale  collaborazione  Stato-regioni  nell'esercizio
della funzione legislativa (articoli 5, 117, 120 Cost.). 
Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    5. La questione di costituzionalita' e' rilevante in quanto, come
innanzi accennato, il decreto ministeriale 16 febbraio  2018  oggetto
di gravame viene adottato in diretta  applicazione  dell'art.  3  del
decreto legislativo n. 219 del 2016, a sua volta emanato  in  ragione
della delega contenuta nell'art. 10 della  legge  n.  124  del  2015,
disposizioni della cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Ne  consegue  che  evidentemente  l'eventuale   declaratoria   di
illegittimita' delle disposizioni legislative  non  solo  influirebbe
sulla disciplina in base alla quale  giudicare  la  legittimita'  del
decreto ministeriale impugnato ma farebbe venire meno, integralmente,
la  base  legislativa  che  disciplina  e  legittima  il   contestato
accorpamento delle Camere di commercio di Massa Carrara, di  Lucca  e
di Pisa. 
    Peraltro la rilevanza e' ribadita dalla circostanza che, mediante
uno dei motivi di doglianza  proposti  dalla  Camera  ricorrente  (in
specie, il primo), si e' dedotto che  il  legislatore  delegante,  al
fine di correttamente coinvolgere  le  regioni  nel  procedimento  di
revisione e di accorpamento delle camere di  commercio,  non  avrebbe
dovuto prevedere il  modulo  del  «semplice  parere»,  bensi'  quello
dell'intesa, analogamente a quanto gia' chiarito  dalla  sentenza  n.
251  del  2016  della   Corte   costituzionale:   «se   l'intesa   e'
costituzionalmente necessaria per l'adozione del decreto ministeriale
attuativo  del  decreto  legislativo,  a  maggior  ragione  essa   e'
imprescindibile, per cosi' dire a monte, per l'adozione  del  decreto
legislativo attuativo della legge delega» (cosi' l'atto introduttivo,
pag. 10). 
    Di  conseguenza,   costituendo   l'illegittimita'   del   decreto
ministeriale impugnato l'oggetto del petitum del presente giudizio  a
quo, la risoluzione della  questione  di  costituzionalita'  relativa
alla normativa primaria, sulla base della quale e' stato adottato  il
decreto ministeriale, e'  presupposto  necessario  per  la  pronuncia
definitiva di questo giudice. 
    La questione non puo' peraltro, ad avviso del collegio, ritenersi
irrilevante in base alla tesi delle parti resistenti secondo la quale
il principio di leale collaborazione  sarebbe  stato  sostanzialmente
rispettato dato che il decreto ministeriale  in  questione  e'  stato
emanato al termine di una procedura di intesa, conclusa peraltro  non
con un effettivo accordo ma solo con la deliberazione  del  Consiglio
dei ministri, assunta ai sensi dell'art.  3,  comma  3,  del  decreto
legislativo n. 281 del 1997. Difatti, e'  necessario  distinguere  la
necessita' dell'intesa in sede di adozione del decreto  ministeriale,
prevista dalla normativa delegata e sul quale non vi  e'  censura  di
incostituzionalita', dall'omessa previsione legislativa  dell'intesa,
con riferimento all'emanazione del decreto legislativo sulla cui base
e'  stato  poi  adottato  il  decreto  ministeriale   attuativo.   La
legge-delega ha previsto, su quest'ultimo piano,  l'acquisizione  del
mero  parere  della  Conferenza  unificata,  e  il  vizio   di   tale
previsione,  nella  parte  in  cui  non  si  e'  richiesta  viceversa
l'intesa, non e' stato sanato ne'  legislativamente,  ne'  di  fatto,
essendo pacifico che il Governo non abbia neppure ricercato  l'intesa
con  il  sistema  regionale  ai  fini   dell'adozione   del   decreto
legislativo n. 219 del 2016. Cio' ha comportato che  la  proposta  di
accorpamento di Unioncamere, di cui il decreto ministeriale impugnato
e' attuazione, sia stata formulata sulla base di criteri  legislativi
contenuti nel decreto legislativo n. 219 del 2016 vincolanti, e  come
tali  sottratti  all'apprezzamento  sia  del  proponente,   sia,   in
particolare, delle autonomie regionali,  quando  queste  ultime  sono
state coinvolte ai fini dell'intesa sul solo decreto ministeriale  La
partecipazione del sistema  regionale  all'elaborazione  delle  linee
guida  fondanti  ai  fini  dell'accorpamento  e'  percio'  del  tutto
mancata, con la conseguenza che la  leale  collaborazione  ha  potuto
manifestarsi solo per la minima parte del  decreto  ministeriale  non
pregiudicata dai criteri normativi formulati dal decreto  legislativo
n. 219 del 2016. 
    Parimenti, la questione non puo' essere  considerata  irrilevante
in base alla tesi della resistente Unioncamere secondo cui la  Camera
di commercio ricorrente non avrebbe interesse a  far  valere  il  pur
lamentato  vizio  costituzionale,  trattandosi  di   «questioni   che
presentano come unico soggetto interessato a  sollevare  un'ipotetica
qlc proprio la Regione» (cfr. la memoria  di  Unioncamere  depositata
l'8 settembre 2018, pag.  9).  Al  contrario,  e'  fermo  parere  del
Collegio che la Camera di commercio ricorrente ha interesse a dedurre
il prospettato vizio di costituzionalita' (che, in effetti,  essa  ha
dedotto) proprio perche',  all'esito  di  un'eventuale  pronuncia  di
incostituzionalita', cadrebbe tutto il decreto  legislativo  delegato
e, con esso, il censurato accorpamento tra Camere di commercio. 
Sulla    non    manifesta    infondatezza    della    questione    di
costituzionalita'. 
    6.  La  Corte  costituzionale,  in  giudizio   avviato   in   via
principale, con sentenza 13 dicembre 2017, n. 261, ha gia' dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 219 del 2016.  L'illegittimita'  e'  stata  dichiarata
perche' l'art. 3, comma 4, cit. disponeva che il decreto ministeriale
per il riordino  delle  Camere  di  commercio  fosse  emanato  previa
acquisizione del parere della  Conferenza  permanente  Stato-Regioni,
anziche' previa intesa con la stessa Conferenza,  in  violazione  del
principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. 
    Veniva avanzato in tale sede anche  il  tema  dell'illegittimita'
della norma di delega (art. 10, comma  1,  della  legge  n.  124  del
2015); tale questione veniva dichiarata inammissibile per  tardivita'
essendo superato il termine perentorio di sessanta  giorni  stabilito
dall'art. 127, secondo comma, Cost. 
    In  assenza  di  termini   per   il   giudizio   incidentale   di
legittimita',  questo  Collegio,  ritiene  di  dover  riproporre   la
medesima  questione,  dichiarata   inammissibile,   in   quanto   non
manifestamente infondata alla luce  dell'orientamento  assunto  dalla
giurisprudenza  costituzionale  (come  indicato  dalla  stessa  Corte
costituzionale, con riferimento proprio all'argomento in oggetto,  «i
principi che consentono di dare  corretta  soluzione  alla  questione
sono desumibili della sentenza n. 251  del  2016»  cfr.  punto  2.6.4
della sentenza n. 261 del 2017). 
    Ritiene dunque il Collegio che le censure di  incostituzionalita'
possano  rivolgersi  sia  alle  disposizioni  di  delega   che,   per
illegittimita'   derivata,    alla    legislazione    delegata.    La
giurisprudenza costituzionale ha infatti  gia'  ritenuto  ammissibile
l'impugnazione della norma di delega,  allo  scopo  di  censurare  le
modalita' di  attuazione  della  leale  collaborazione  tra  Stato  e
regioni ed al fine di ottenere che il decreto  delegato  sia  emanato
previa intesa anziche' previo parere in  sede  di  Conferenza  (Corte
cost., sentenza n. 251 del 2016). 
    Ricorrono poi i presupposti oggettivi per far valere il principio
di leale collaborazione stante l'oggetto della riforma ordinamentale;
che il riassetto generale della disciplina Camere  di  commercio  sia
materia ripartita tra prerogative statali e regionali e'  stato  gia'
chiaramente affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 261 del
2017, punto 12.1.1), in quanto il  catalogo  dei  compiti  svolti  da
questi enti e' riconducibile a competenze sia esclusive dello  Stato,
sia concorrenti e residuali  delle  regioni;  in  questo  settore  le
competenze   di   ciascun   soggetto    appaiono    inestricabilmente
intrecciate. 
    Risultano infatti numerosi i profili in cui  la  riforma  statale
tocca  attribuzioni  legislative  regionali  stante   la   competenza
generale spettante alle Camere di commercio e  tenuto  conto  che  le
principali  materie  riferibili  all'economia   ed   alle   attivita'
produttive (agricoltura, industria, artigianato, commercio,  turismo)
possono essere ascritte anche alla competenza regionale. 
    Peraltro   l'attivita'   delle   Camere   di   commercio   appare
riconducibile alla  nozione  di  «sviluppo  economico»,  nozione  che
costituisce una espressione di sintesi che comprende e rinvia ad  una
pluralita'  di  materie  attribuite  ex  art.  117  Cost.  «sia  alla
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato,   sia   a   quella
concorrente, sia a quella residuale» (sentenza  Corte  costituzionale
n. 165 del 2007); ne deriva che, se pure l'esistenza di  esigenze  di
carattere unitario legittima l'avocazione allo Stato  della  potesta'
normativa per la disciplina  degli  enti  camerali,  resta  ferma  la
necessita'  del  rispetto  del  principio  di  leale  collaborazione,
mediante lo strumento dell'intesa (cfr. sentenze Corte costituzionale
n. 251 del 2016, n. 165  del  2007  e  n.  214  del  2006).  In  tale
prospettiva infatti quando il legislatore delegato intende  riformare
istituti ed enti che incidono  su  competenze  statali  e  regionali,
inestricabilmente  connesse,  sorge   la   necessita'   del   ricorso
all'intesa tra Stato e autonomie (cfr.  sentenza  n.  251  del  2016,
cit., punto 3). 
    Ne deve essere tratta la conseguenza che - posto che  l'attivita'
delle Camere di commercio incide  su  molteplici  competenze,  alcune
anche di attribuzione regionale  ex  art.  117  Cost.  -  la  riforma
legislativa doveva concretizzarsi  «nel  rispetto  del  principio  di
leale collaborazione, indispensabile  in  questo  caso  a  guidare  i
rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie» (cfr. sentenza n.
261 del 2017, cit., le cui  argomentazioni  nella  medesima  appaiono
analogicamente applicabili alla questione sollevata). 
    In ragione di cio' il modulo ordinario di espressione della leale
collaborazione  va  identificato  nell'intesa  presso  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
«contraddistinta da una procedura  che  consenta  lo  svolgimento  di
genuine trattative e garantisca un reale coinvolgimento» (sentenza n.
261 del 2017, cit.). 
    In conclusione, stante  la  natura  delle  materie  incise  dalle
disposizioni censurate, attenendo le stesse a  competenze  statali  e
regionali inestricabilmente connesse, la norma di  delega  (art.  10,
comma 2, della legge n. 124 del 2015) avrebbe dovuto prevedere - come
presupposto per l'esercizio  della  delega  -  l'intesa  in  sede  di
Conferenza   Stato   regioni,   istituto   «cardine    della    leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle  disposizioni  dettate
dal legislatore statale e' rimessa a  decreti  legislativi  delegati,
adottati  dal  Governo  sulla  base  dell'art.  76  Cost.»  i   quali
«finiscono, infatti, con l'essere attratti nelle procedure  di  leale
collaborazione,   in   vista   del   pieno   rispetto   del   riparto
costituzionale delle competenze» (sentenza n.  251  del  2016,  cit.,
dove si evidenzia che «il luogo idoneo  di  espressione  della  leale
collaborazione e' stato correttamente individuato dalla  norma  nella
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano.  Il  modulo  della  stessa,
tenuto conto delle  competenze  coinvolte,  non  puo'  invece  essere
costituito dal parere, come stabilito dalla norma, ma va identificato
nell'intesa»). 
    L'illegittimita' della  disposizione  delegante  (art.  10  della
legge n. 124 del 2015) si ripercuote, in via immediata e derivata per
le stesse ragioni ora evidenziate, sulla legittimita'  costituzionale
della norma delegata (art. 3 del decreto legislativo n. 219 del 2016)
in forza della quale e' stato adottato  il  decreto  ministeriale  16
febbraio 2018, oggetto del presente giudizio. 
    Va, quindi, dichiarata rilevante e non  manifestamente  infondata
la descritta questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10
della legge 7  agosto  2015,  n.  124,  e  dell'art.  3  del  decreto
legislativo 25 novembre 2016, n. 219, per violazione del principio di
leale collaborazione nella funzione legislativa di cui agli  articoli
5, 117, 120 Cost., poiche' prevedono che l'esercizio  delegato  della
potesta' legislativa sia condotto all'esito di  un  procedimento  nel
quale l'interlocuzione fra Stato e  regioni  si  realizzi  (e  si  e'
realizzata) nella forma inadeguata del parere e non  gia'  attraverso
l'intesa in sede di Conferenza-Stato regioni. 
    Cio'  posto,  il  presente  giudizio  va  sospeso  e   gli   atti
processuali trasmessi alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma,
Sezione terza-ter, 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge 7  agosto  2015,
n. 124, e dell'art. 3 decreto legislativo 25 novembre 2016,  n.  219,
nella  parte  in  cui  prevede  il  parere,  anziche'  l'intesa,  con
riferimento  al  principio  di  leale  collaborazione,  nei   termini
evidenziati in parte motiva; 
    dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    sospende il giudizio in corso; 
    dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata ai presidenti della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  30
gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Giampiero Lo Presti, Presidente; 
        Maria Grazia Vivarelli, consigliere; 
        Antonino Masaracchia, consigliere, estensore. 
 
                      Il Presidente: Lo Presti 
 
 
                                             L'estensore: Masaracchia