N. 164 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2019

Ordinanza del 27 marzo 2019 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul  ricorso  proposto  dalla  Regione  Piemonte  contro
Ministero dello sviluppo economico e altri. 
 
Amministrazione pubblica - Camere di  commercio  -  Legge  delega  al
  Governo sul riordino  delle  funzioni  e  del  finanziamento  delle
  Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura - Decreto
  legislativo  di  attuazione  -  Previsione  del  parere,   anziche'
  dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, nell'adozione  del
  decreto legislativo. 
- Legge 7 agosto 2015, n. 124  (Deleghe  al  Governo  in  materia  di
  riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), art. 10; decreto
  legislativo 25 novembre 2016, n. 219 (Attuazione  della  delega  di
  cui all'articolo 10 della legge 7  agosto  2015,  n.  124,  per  il
  riordino  delle  funzioni  e  del  finanziamento  delle  camere  di
  commercio, industria, artigianato e agricoltura), art. 3. 
(GU n.42 del 16-10-2019 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          Sezione Terza ter 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 10650 del 2018, proposto da: 
        Regione Piemonte, in persona del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli  avvocati  Giovanna  Scollo  ed
Emanuela Romanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Romanelli  in
Roma, via Giulio Cesare 14; 
    contro: Ministero dello sviluppo economico, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    nei confronti: 
        Unioncamere - Unione  italiana  delle  camere  di  commercio,
industria,  artigianato  e  agricoltura,  in   persona   del   legale
rappresentante pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avvocato
Alfonso Celotto, con domicilio digitale come da PEC  da  Registri  di
giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilio
de' Cavalieri n. 11; 
        Camera  di  commercio  di  Biella,  Camera  di  commercio  di
Vercelli, Camera di commercio  di  Novara,  Camera  di  commercio  di
Verbano Cusio Ossola,  Unione  regionale  camere  di  commercio,  non
costituiti in giudizio; 
        dott.   Giampiero   Masera,   commissario   ad    acta    per
l'accorpamento delle Camere di commercio di Biella, Vercelli,  Novara
e Verbano Cusio Ossola, non costituito in giudizio; 
    per l'annullamento del decreto ministeriale 16 febbraio 2018  del
MISE, recante «rideterminazione  delle  circoscrizioni  territoriali,
istituzione di nuove camere di commercio, e determinazione in materia
di razionalizzazione delle sede e del  personale»,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale n. 579 del 9 marzo 2018, nella  parte  in  cui  ha
accorpato la Camera di commercio del Verbano Cusio Ossola a quelle di
Biella, Vercelli e Novara; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  dello
sviluppo economico e di Unioncamere - Unione italiana delle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  30  gennaio  2019  il
dott. Luca  De  Gennaro  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                                Fatto 
 
    La Regione Piemonte con il ricorso in epigrafe  ha  impugnato  il
decreto  ministeriale  16  febbraio  2018  nella  parte  in  cui,  in
attuazione dell'art. 3 decreto legislativo 25 novembre 2016,  n.  219
recependo la proposta avanzata da Unioncamere (delibera del 30 maggio
2017), dispone l'accorpamento della Camera di commercio  del  Verbano
Cusio Ossola con quelle di Biella, Vercelli e Novara. 
    Il  decreto  ministeriale  impugnato  e'  identico   al   decreto
ministeriale 8 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  del
19 settembre  2017,  e  sostituito  dopo  la  pronuncia  della  Corte
costituzionale (sentenza n. 261/2017, depositata il 13 dicembre 2017)
che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma
4 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 [...], nella parte
in  cui  stabilisce  che  il  decreto  del  Ministro  dello  sviluppo
economico dallo stesso  previsto  deve  essere  adottato  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano, anziche' previa intesa  con
detta Conferenza». 
    A seguito della detta pronuncia  il  Ministero  sottoponeva  alla
Conferenza Stato-regioni un  nuovo  schema  di  decreto,  analogo  al
precedente, ai fini  del  raggiungimento  dell'intesa  con  gli  enti
regionali. La Conferenza, dopo un primo rinvio nella  seduta  del  21
dicembre 2017, esaminava il testo nella seduta dell'11 gennaio  2018:
in tale occasione varie Regioni formulavano obiezioni a seguito delle
quali il verbale della seduta  recava  l'indicazione  della  «mancata
intesa». 
    Successivamente, appurato il mancato raggiungimento di un'intesa,
il Consiglio dei ministri, nella  seduta  dell'8  febbraio  2018,  ai
sensi dell'art. 3, terzo comma, del decreto legislativo  n.  281/1997
autorizzava il Ministro  dello  sviluppo  economico  ad  adottare  il
citato decreto. 
    Avverso il  citato  decreto  ministeriale  16  febbraio  2018  la
Regione Piemonte articola le seguenti doglianze: 
        illegittimita' per violazione  dei  principi  in  materia  di
intesa tra Stato e regioni; 
        illegittimita'  per  difetto  di  motivazione  e  carenza  di
istruttoria. 
    La  ricorrente  denunzia  quindi,  sotto  plurimi   profili,   la
violazione   delle   disposizioni   in   tema   di   accorpamento   e
razionalizzazione delle camere di  commercio,  e  in  particolare  la
violazione dei principi stabiliti per l'attuazione della riforma  con
riferimento al principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. 
    Si sono costituiti  il  Ministero  dello  sviluppo  economico  ed
Unioncamere, per resistere all'accoglimento del ricorso. 
    All'udienza pubblica del 30 gennaio  2019  il  ricorso  e'  stato
trattenuto per la decisione. 
Rilievo della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  10,
legge n. 124/2015 e dell'art. 3 decreto legislativo 25 novembre 2016,
n. 219. 
    In virtu' dell'art. 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124 e' stata
conferita  delega  al  Governo  per  l'emanazione   di   un   decreto
legislativo per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e  del
finanziamento delle camere di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura, anche mediante la modifica della legge 29 dicembre 1993,
n. 580 e il conseguente riordino delle disposizioni che  regolano  la
relativa materia. 
    Segnatamente  l'art.  10,  primo  comma,  lettera  b),  legge  n.
124/2015 prevede che il legislatore  delegato  possa  procedere  alla
«ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, con  riduzione  del
numero dalle attuali 105 a non piu' di 60  mediante  accorpamento  di
due o piu' camere di commercio; possibilita' di mantenere la  singola
camera  di  commercio  non  accorpata  sulla  base  di   una   soglia
dimensionale minima di 75.000 imprese  e  unita'  locali  iscritte  o
annotate nel registro delle imprese, salvaguardando  la  presenza  di
almeno una  camera  di  commercio  in  ogni  regione,  prevedendo  la
istituibilita' di una camera di commercio in ogni provincia  autonoma
e citta' metropolitana  e,  nei  casi  di  comprovata  rispondenza  a
indicatori di efficienza e di  equilibrio  economico,  tenendo  conto
delle   specificita'   geo-economiche   dei   territori    e    delle
circoscrizioni territoriali di  confine,  nonche'  definizione  delle
condizioni in presenza delle quali possono essere istituite le unioni
regionali o interregionali». 
    L'esercizio della delega (art. 10, comma 2 cit.) doveva  avvenire
su proposta del Ministro  dello  sviluppo  economico  e,  tra  altro,
«previa acquisizione del parere della  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 
    Il Governo, «sentita la Conferenza Unificata in data 29 settembre
2016», emanava il decreto legislativo 25 novembre 2016,  n.  219,  il
quale all'art. 3 («Riduzione del numero  delle  camere  di  commercio
mediante   accorpamento,   razionalizzazioni   delle   sedi   e   del
personale»), introduceva una procedura per l'emanazione di un decreto
ministeriale che avrebbe dovuto realizzare la  riduzione  del  numero
delle Camere di commercio prevista nella legge di delega. 
    In particolare era stabilito  che  Unioncamere  (Unione  italiana
delle  camere  di  commercio  industria  artigianato  e  agricoltura)
dovesse  trasmettere   al   Ministero   una   propria   proposta   di
accorpamento, sulla base di criteri desunti dalla legge di  delega  o
introdotti direttamente dal decreto legislativo,  contemplando  anche
«un piano complessivo di razionalizzazione delle sedi  delle  singole
Camere   di   commercio   nonche'   delle   Unioni   regionali,   con
individuazione  di  una  sola  sede  per  ciascuna  nuova  Camera  di
commercio e con razionalizzazione delle sedi secondarie e delle  sedi
distaccate». 
    Sulla base della proposta  di  Unioncamere,  il  Ministero  dello
sviluppo economico ha da ultimo adottato il decreto  ministeriale  16
febbraio 2018, a seguito dell'iter procedimentale sopra riportato; in
virtu'  del  citato  decreto  e'   stato   disposto,   tra   l'altro,
l'accorpamento  camerale  avverso  il  quale  la  ricorrente  propone
l'impugnativa in epigrafe. 
    Alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e per i
motivi che si esporranno, questo Tribunale dubita della  legittimita'
costituzionale dell'art. 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124  (norma
di delega) e dell'art. 3 decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219
(norma delegata) ed intende pertanto sottoporli  al  sindacato  della
Corte  costituzionale,  per  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione   Stato-Regioni    nell'esercizio    della    funzione
legislativa (articoli 5, 117, 120 Cost.). 
Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    La questione  di  costituzionalita'  ha  carattere  rilevante  in
quanto, come innanzi accennato, il decreto ministeriale  16  febbraio
2018 oggetto  di  gravame  viene  adottato  in  diretta  applicazione
dell'art. 3 decreto legislativo n. 219/2016, a sua volta  emanato  in
ragione della delega  contenuta  nell'art.  10,  legge  n.  124/2015,
disposizioni della cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Ne consegue che l'eventuale declaratoria di illegittimita'  delle
disposizioni legislative non solo  influirebbe  sulla  disciplina  in
base alla quale giudicare la legittimita'  del  decreto  ministeriale
impugnato ma farebbe venire meno, integralmente, la base  legislativa
che disciplina e legittima il contestato accorpamento camerale. 
    Di   conseguenza,   la    risoluzione    della    questione    di
costituzionalita' relativa alla disciplina  avente  forza  di  legge,
sulla base della  quale  e'  stato  adottato  il  richiamato  decreto
ministeriale, e' presupposto necessario per la  pronuncia  definitiva
di questo giudice. 
Sulla    non    manifesta    infondatezza    della    questione    di
costituzionalita'. 
    La Corte costituzionale, in giudizio avviato in  via  principale,
con  sentenza  13  dicembre  2017,  n.  261,   ha   gia'   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  quarto  comma,   del
decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219. 
    L'illegittimita'  veniva  dichiarata  perche'  l'art.  3,  quarto
comma, cit. disponeva che il decreto  ministeriale  per  il  riordino
delle camere di  commercio  fosse  emanato  previa  acquisizione  del
parere della Conferenza  permanente  Stato-regioni,  anziche'  previa
intesa con la stessa Conferenza, in violazione del principio di leale
collaborazione tra Stato e regioni. 
    Veniva avanzato in tale sede anche  il  tema  dell'illegittimita'
della norma di delega (cit. art. 10, primo comma, legge n. 124/2015);
tale questione veniva dichiarata inammissibile per tardivita' essendo
superato il termine perentorio di sessanta giorni stabilito dall'art.
127, secondo comma, Cost. 
    In  assenza  di  termini   per   il   giudizio   incidentale   di
legittimita',  questo  Collegio,  ritiene  di  dover  riproporre   la
medesima  questione,  dichiarata   inammissibile,   in   quanto   non
manifestamente infondata alla luce  dell'orientamento  assunto  dalla
giurisprudenza  costituzionale  (come  indicato  dalla  stessa  Corte
costituzionale, con riferimento proprio all'argomento in oggetto,  «i
principi che consentono di dare  corretta  soluzione  alla  questione
sono desumibili della sentenza n. 251  del  2016»  cfr.  punto  2.6.4
sentenza n. 261/2017). 
    Ritiene dunque il Collegio che le censure di  incostituzionalita'
possano  rivolgersi  sia  alle  disposizioni  di  delega   che,   per
illegittimita'   derivata,    alla    legislazione    delegata.    La
giurisprudenza costituzionale ha infatti  gia'  ritenuto  ammissibile
l'impugnazione della norma di delega,  allo  scopo  di  censurare  le
modalita' di  attuazione  della  leale  collaborazione  tra  Stato  e
regioni ed al fine di ottenere che il decreto  delegato  sia  emanato
previa intesa anziche' previo parere in  sede  di  Conferenza  (Corte
cost. sentenza n. 251 del 2016). 
    Ricorrono poi i presupposti oggettivi per far valere il principio
di leale collaborazione stante l'oggetto della riforma ordinamentale;
che il riassetto generale della disciplina Camere  di  commercio  sia
materia ripartita tra prerogative statali e regionali e'  stato  gia'
chiaramente  affermato  dalla  Corte  costituzionale   (sentenza   n.
261/2017 punto 12.1.1) in quanto il catalogo dei  compiti  svolti  da
questi enti e' riconducibile a competenze sia esclusive dello  Stato,
sia concorrenti e residuali  delle  regioni;  in  questo  settore  le
competenze   di   ciascun   soggetto    appaiono    inestricabilmente
intrecciate. 
    Risultano infatti numerosi i profili in cui  la  riforma  statale
tocca  attribuzioni  legislative  regionali  stante   la   competenza
generale spettante alle camere di commercio e  tenuto  conto  che  le
principali  materie  riferibili  all'economia   ed   alle   attivita'
produttive (agricoltura, industria, artigianato, commercio,  turismo)
possono essere ascritte anche alla competenza regionale. 
    Peraltro   l'attivita'   delle   camere   di   commercio   appare
riconducibile alla  nozione  di  «sviluppo  economico»,  nozione  che
costituisce una espressione di sintesi che comprende e rinvia ad  una
pluralita' di materie attribuite ex art. 117 Costituzione  «sia  alla
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato,   sia   a   quella
concorrente, sia a quella residuale» (sentenza  Corte  costituzionale
n. 165 del 2007); ne deriva che, se pure l'esistenza di  esigenze  di
carattere unitario legittima l'avocazione allo Stato  della  potesta'
normativa per la disciplina  degli  enti  camerali,  resta  ferma  la
necessita'  del  rispetto  del  principio  di  leale  collaborazione,
mediante lo strumento dell'intesa (cfr. sentenze Corte costituzionale
n. 251 del 2016,  n.  165  del  2007,  n.  214  del  2006).  In  tale
prospettiva infatti quando il legislatore delegato intende  riformare
istituti ed enti che incidono  su  competenze  statali  e  regionali,
inestricabilmente  connesse,  sorge   la   necessita'   del   ricorso
all'intesa tra Stato e autonomie  (cfr.  sentenza  n.  251/2016  cit.
punto 3). 
    Ne deve essere tratta la conseguenza che - posto che  l'attivita'
delle camere di commercio incide  su  molteplici  competenze,  alcune
anche di attribuzione regionale  ex  art.  117  Cost.  -  la  riforma
legislativa doveva concretizzarsi  «nel  rispetto  del  principio  di
leale collaborazione, indispensabile  in  questo  caso  a  guidare  i
rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie» (cfr. sentenza n.
261/2017  cit.,  le  cui  argomentazioni  nella   medesima   appaiono
analogicamente applicabili alla questione sollevata). 
    In ragione di cio' il modulo ordinario di espressione della leale
collaborazione  va  identificato  nell'intesa  presso  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
«contraddistinta da una procedura  che  consenta  lo  svolgimento  di
genuine trattative e garantisca un reale coinvolgimento» (sentenza n.
261/2017 cit.). 
    Va peraltro distinta,  ad  avviso  del  Collegio,  la  necessita'
dell'intesa in sede di adozione del  decreto  ministeriale,  prevista
dalla  normativa   delegata,   dall'omessa   previsione   legislativa
dell'intesa, con riferimento all'emanazione del  decreto  legislativo
sulla  cui  base  e'  stato  poi  adottato  il  decreto  ministeriale
attuativo. La  legge  delega  ha  previsto,  su  quest'ultimo  piano,
l'acquisizione del mero parere della Conferenza unificata, e il vizio
di tale previsione, nella parte in cui non si e' richiesta  viceversa
l'intesa, non e' stato sanato ne'  legislativamente,  ne'  di  fatto,
essendo pacifico che il Governo non abbia neppure ricercato  l'intesa
con  il  sistema  regionale  ai  fini   dell'adozione   del   decreto
legislativo n. 219 del 2016. Cio' ha comportato che  la  proposta  di
accorpamento di Unioncamere, di cui il decreto ministeriale impugnato
e' attuazione, sia stata formulata sulla base di criteri  legislativi
contenuti nel decreto legislativo n. 219 del 2016 vincolanti, e  come
tali  sottratti  all'apprezzamento  sia  del  proponente,   sia,   in
particolare, delle autonomie regionali,  quando  queste  ultime  sono
state coinvolte ai fini dell'intesa sul solo decreto ministeriale. La
partecipazione del sistema  regionale  all'elaborazione  delle  linee
guida  fondanti  ai  fini  dell'accorpamento  e'  percio'  del  tutto
mancata, con la conseguenza che la  leale  collaborazione  ha  potuto
manifestarsi solo per la minima parte del  decreto  ministeriale  non
pregiudicata dai criteri normativi formulati dal decreto  legislativo
n. 219 del 2016. 
    In conclusione  stante  la  natura  delle  materie  incise  dalle
disposizioni censurate, attenendo le stesse a  competenze  statali  e
regionali inestricabilmente connesse, la norma di  delega  (art.  10,
comma 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124) avrebbe dovuto  prevedere
- come presupposto per l'esercizio della delega - l'intesa in sede di
Conferenza   Stato-regioni,    istituto    «cardine    della    leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle  disposizioni  dettate
dal legislatore statale e' rimessa a  decreti  legislativi  delegati,
adottati  dal  Governo  sulla  base  dell'art.  76  Cost.»  i   quali
«finiscono, infatti, con l'essere attratti nelle procedure  di  leale
collaborazione,   in   vista   del   pieno   rispetto   del   riparto
costituzionale delle competenze» (sentenza n. 251/2016 cit., dove  si
evidenzia  che  «il  luogo  idoneo   di   espressione   della   leale
collaborazione e' stato correttamente individuato dalla  norma  nella
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano.  Il  modulo  della  stessa,
tenuto conto delle  competenze  coinvolte,  non  puo'  invece  essere
costituito dal parere, come stabilito dalla norma, ma va identificato
nell'intesa»). 
    L'illegittimita' della  disposizione  delegante  (art.  10  della
legge 7 agosto 2015, n. 124)  si  ripercuote,  in  via  immediata  ed
derivata per le stesse ragioni ora  evidenziate,  sulla  legittimita'
costituzionale della norma delegata (art. 3, decreto  legislativo  25
novembre 2016, n. 219) in forza della  quale  e'  stato  adottato  il
decreto ministeriale 16 febbraio 2018, oggetto del giudizio a quo. 
    Va, quindi, dichiarata rilevante e non  manifestamente  infondata
la descritta questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10
della legge 7 agosto 2015, n. 124, e dell'art. 3 decreto  legislativo
25 novembre 2016, n.  219  per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione nella funzione legislativa di  cui  agli  articoli  5,
117, 120 Cost., poiche'  prevedono  che  l'esercizio  delegato  della
potesta' legislativa sia condotto all'esito di  un  procedimento  nel
quale l'interlocuzione fra Stato e  regioni  si  realizzi  (e  si  e'
realizzata) nella forma inadeguata del parere e non  gia'  attraverso
l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. 
    Cio'  posto,  il  presente  giudizio  va  sospeso  e   gli   atti
processuali trasmessi alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza
ter): 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della  legge  7
agosto 2015, n. 124, e dell'art. 3 decreto  legislativo  25  novembre
2016, n.  219,  nella  parte  in  cui  prevede  il  parere,  anziche'
l'intesa, con riferimento al principio di leale  collaborazione,  nei
termini evidenziati in parte motiva; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale; 
        sospende il giudizio in corso; 
        dispone che a cura della  segreteria  la  presente  ordinanza
venga notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei
ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica. 
 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  30
gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Giampiero Lo Presti, Presidente; 
        Maria Grazia Vivarelli, consigliere; 
        Luca De Gennaro, consigliere, estensore. 
 
                      Il Presidente: Lo Presti 
 
 
                                              L'estensore: De Gennaro