N. 96 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 settembre 2019
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 settembre 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Caccia - Norme della Regione Puglia - Modifiche e integrazioni all'articolo 11 della legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 - Ambiti territoriali di caccia (ATC) - Esercizio della mobilita' venatoria dei cacciatori residenti nella Regione Puglia, in ambiti territoriali di caccia diversi da quello di residenza. - Legge della Regione Puglia 5 luglio 2019, n. 33 ("Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) e alla legge regionale 23 marzo 2015, n. 8 (Disciplina della coltivazione, ricerca, raccolta, conservazione e commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel territorio della Regione Puglia. Applicazione della legge 16 dicembre 1985, n. 752, come modificata dalla legge 17 maggio 1991, n. 162 e della legge 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 109)"), art. 1, introduttivo del comma 6-bis nell'articolo 11 della legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio).(GU n.43 del 23-10-2019 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, codice fiscale 80224030587, pec roma@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Nei confronti della Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge Regionale 5 luglio 2019, n. 33, recante «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2017, n 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistiche-ambientali e per il prelievo venatorio) e alla legge regionale 23 marzo 2015, n. 8 (Disciplina della coltivazione, ricerca, raccolta, conservazione e commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel territorio della Regione Puglia. Applicazione della legge 16 dicembre 1985, n. 752, come modificata dalla legge 17 maggio 1991, n. 162 e della legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 109)», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 76 dell'8 luglio 2019, giusta delibera del Consiglio dei ministri del 6 agosto 2019. Con la legge n. 33 del 5 luglio 2019, indicata in epigrafe, che consta di due articoli, la Regione Puglia ha emanato disposizioni recanti: «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) e alla legge regionale 23 marzo 2015, n. 8 (Disciplina della coltivazione, ricerca, raccolta, conservazione e commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel territorio della Regione Puglia. Applicazione della legge 16 dicembre 1985, n. 752, come modificata dalla legge 17 maggio 1991, n. 162 e della legge 30 dicembre 2004, n. 311». In particolare, l'art. 1, la cui rubrica e' intitolata «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) inserisce l'art. 6-bis nella legge 20 dicembre 2017, n. 59, citata. E' avviso del Governo che con la norma enunciata in epigrafe, la Regione Puglia abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione come si confida di dimostrare con l'illustrazione del seguente Motivo L'art. 1 della legge regionale 5 luglio 2019, n. 33, viola l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione in riferimento all'art. 14, comma 5, della legge 11 febbraio 1992. n. 157. 1.1 Come si e' detto l'art. 1 della legge regionale 5 luglio 2019, n. 33, la cui rubrica e' intitolata «Modifiche e integrazioni all'art. 11 della legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59», introduce l'art. 6-bis nella legge citata, prevedendo: «6-bis Per i cacciatori residenti nella Regione Puglia e' consentita la mobilita' venatoria gratuita per il solo prelievo della fauna migratoria per numero venti giornate per annata, in ATC diversi da quelli di residenza, nei termini e modalita' previste dal relativo regolamento di attuazione e/o dal programma e calendario venatorio annuale». L'art. 6-bis, che disciplina la «mobilita' venatoria» deve ritenersi costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in riferimento alla normativa interposta di cui all'art. 14, comma 5 della legge n. 157/1992. «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». La normativa in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio e' dettata, infatti, nella legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, contenente, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale perche' «ha natura di norma fondamentale di riforma economico-sociale in quanto indica il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale» (sentenza n. 233/2010, punto 3.2, Considerato in diritto) e costituisce un limite alla potesta' legislativa regionale, in quanto diretta espressione di tutela ambientale e come tale riconducibile ad un interesse nazionale unitario. L'art 14 della legge 157 del 1992, citata, recante «Gestione programmata della caccia» previste le modalita' di istituzione di Ambiti territoriali di caccia (ATC) dispone che «... Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore, previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede e puo' avere accesso anche ad altri comprensori, anche compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione» (comma 5). La norma statale consente, pertanto, una deroga al sistema degli ATC in presenza di un provvedimento dell'amministrazione competenti, il «consenso» degli organi di gestione, non previsto dalla norma regionale impugnata. La norma regionale impugnata infatti offrirebbe la possibilita' al cacciatore residente nella Regione Puglia di esercitare la caccia alla fauna migratoria per venti giornate per stagione venatoria, con una ampia e pressoche' incondizionata liberta' in ragione del numero effettivo di giornate di caccia alla fauna migratrice esercitata dalla maggioranza dei cacciatori, in ATC diversi da quello di residenza, senza precisare che l'accesso in aree diverse da quelle di residenza deve avvenire previo consenso dell'organismo di gestione dell'ATC. La norma regionale determina, pertanto, una consistente riduzione del legame del cacciatore al proprio territorio, ponendosi in netto contrasto con i principi fondanti la caccia programmata fissati dalla richiamata normativa statale. Con l'art. 14 della legge n. 157 del 1992, infatti, il legislatore statale ha circoscritto il territorio di caccia, determinando, allo stesso tempo, «uno stretto vincolo tra il cacciatore ed il territorio» nel quale e' autorizzato l'esercizio dell'attivita' venatoria. Tale norma statale mira, inoltre, a valorizzare il ruolo della comunita' insediata in quel territorio, chiamata, attraverso gli organi direttivi degli ambiti, «a gestire le risorse faunistiche» (sentenze n. 142 del 2013 e n. 4 del 2000). (sentenza n. 174/2017, punto 6.3, Considerato in diritto). L'accesso ad ambiti territoriali di caccia della Regione nei quali il cacciatore non e' autorizzato ad esercitare l'attivita' venatoria deve essere autorizzato come previsto dalla legge statale poiche' "l'attivita' venatoria nei confronti della fauna migratoria puo' essere svolta in ambiti di caccia diversi da quelli nei quali il soggetto e' autorizzato ad accedere, senza prescrivere una richiesta preventiva all'amministrazione competente, non consente agli organi di gestione di avere contezza dei soggetti che effettivamente esercitano l'attivita' venatoria in quella porzione di territorio e, quindi, si pone in contrasto con la richiamata norma interposta, violando l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost.». (sentenza n. 174 del 2017, punto 6.3, Considerato in diritto). Il contrasto dell'art. 6-bis con la norma statale sopra citata che detta regole minime ed uniformi posta a tutela della fauna selvatica e, dunque, a tutela dell'ambiente si traduce senz'altro in una violazione dell'art. 117, comma 2), lettera s) della Costituzione in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (sentenza n. 139 del 2017). Premesso e richiamato che la legislazione primaria statale di principio trova relativa espressione nella materia de qua, come detto, nella legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, citata che rappresenta, un limite alla potesta' legislativa regionale, assicurando di fatto la preminenza dello Stato nella disciplina del settore, proprio in quanto diretta espressione dell'esigenza di tutela ambientale riconducibile ad un interesse nazionale unitario, in quanto la disciplina sulla caccia ha per oggetto la fauna selvatica, che rappresenta «un bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, che deve provvedervi assicurando un livello di tutela, non "minimo", ma "adeguato e non riducibile"» (sentenza n. 193 del 2010, punto 2, Considerato in diritto), le norme statali, come detto, costituiscono limiti invalicabili per l'attivita' legislativa della Regione, dettando norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale «non derogabili in pejus dalla legislazione regionale» (sentenze n. 139 e 74 del 2017; n. 7 del 2019). La questione proposta, pertanto, impone di valutare se la disposizione regionale introduca una disciplina che implica una soglia di protezione dell'ambiente inferiore rispetto a quella stabilita dalla legge statale. La norma regionale impugnata disciplina la mobilita' venatoria in modo non conforme ai richiamati principi dettati dalla legislazione statale riducendo in pejus il livello di tutela. Infatti, come detto, il numero di giornate di mobilita' per la caccia alla fauna migratoria fissato nel numero di 20, rappresenta una ampia e pressoche' incondizionata liberta' in ragione del numero effettivo di giornate di caccia alla fauna migratrice esercitata dalla maggioranza dei cacciatori, e la norma non prevede per l'attivita' venatoria in mobilita' l'autorizzazione degli enti di gestione, seppure con un meccanismo autorizzatorio informatico, che costituisce, invece, un necessario presupposto impedendo «l'indiscriminato esercizio della caccia alla selvaggina migratoria in tutti gli ambiti» in dispregio dell'esigenza di garantire quella equilibrata distribuzione dei cacciatori, nell'esercizio dell'attivita' venatoria, che costituisce uno degli obiettivi fondamentali della normativa in materia» (sentenza n. 303 del 2013). (sentenza n. 16, anno 2019, punto 4.4, Considerato in diritto). La norma regionale impugnata, nel consentire la caccia fuori dagli ATC senza adeguate prescrizioni conformi alla disciplina statale viola, pertanto, l'art. 117 ,comma 2, lettera s) della Costituzione e contrasta con l'art. 14, comma 5 della legge 157 del 1992, che costituisce parametro interposto, poiche' riduce in pejus il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale, invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell' ecosistema.
P. Q. M. Per il suesposto motivo si conclude perche' l'art. 1 della legge della Regione Puglia n. 33 del 5 luglio 2019 indicata in epigrafe sia dichiarato costituzionalmente illegittimo. Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 6 agosto 2019. Roma, 21 agosto 2019 L'Avvocato dello Stato: Morici