N. 97 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 settembre 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria   il   4   settembre   2019   (della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia). 
 
Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni in
  materia di limiti di spesa per il personale degli enti  ed  aziende
  del Servizio sanitario nazionale a decorrere dal 2019 -  Esclusione
  dall'applicazione per le Regioni e per  le  Province  autonome  che
  provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio
  sanitario nazionale sul  loro  territorio  senza  alcun  apporto  a
  carico del bilancio dello Stato. 
- Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35  (Misure  emergenziali  per  il
  servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in
  materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella  legge  25
  giugno 2019, n. 60, art. 11, comma 4-bis. 
(GU n.43 del 23-10-2019 )
    Ricorso  nell'interesse  della  Regione  Autonoma  Friuli-Venezia
Giulia  (codice  fiscale  n.  80014930327),  Trieste,  piazza  Unita'
d'Italia n. 1, in persona della Presidente della Regione,  on.  dott.
Massimiliano  Fedriga,  (c.f.  FDRMSM80L02L781U),   rappresentata   e
difesa, giusta procura speciale a margine del  presente  atto,  dagli
avv.ti Ettore Volpe (cod. fisc.: VLPTTR57E11L050S; fax:  040.3772929;
posta  elettronica  certificata:  ettore.volpe@certregione.fvg.it)  e
Daniela Iuri (cod. fisc.: RIUDNL63M56L483B; fax:  040.3772929;  posta
elettronica    certificata:    daniela.iuri@certregione.fvg.it)    ed
elettivamente domiciliata presso la Regione  Autonoma  Friuli-Venezia
Giulia - Ufficio di rappresentanza in 00186 Roma, piazza Colonna,  n.
355; 
    Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri  (codice  fiscale
n. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la cui sede in 00186 Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e'  domiciliato
ex lege; 
    Per la dichiarazione d'illegittimita'  costituzionale,  dell'art.
11, comma 4-bis del decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  35  recante
«Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria
e altre misure urgenti in materia sanitaria», come  introdotto  dalla
legge 25 giugno 2019,  n.  60,  recante  «Conversione  in  legge  con
modificazioni, del decreto  legge  30  aprile  2019  n.  35,  recante
«Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria
e altre misure urgenti in materia sanitaria», che statuisce  che  «Le
disposizioni di cui ai commi 1, 2,  3  e  4  non  si  applicano  alle
regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento  del
fabbisogno complessivo del  servizio  sanitario  nazionale  sul  loro
territorio senza alcun apporto a carico del  bilancio  dello  Stato»,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 152,  del  1°
luglio 2019 ed entrata in vigore dal giorno successivo a quello della
sua pubblicazione. 
 
                                Fatto 
 
    1.- L'impugnato art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30  aprile
2019, n. 35, come convertito dalla  legge  25  giugno  2019,  n.  60,
statuisce che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3  e  4  non  si
applicano alle regioni e alle province  autonome  che  provvedono  al
finanziamento  del  fabbisogno  complessivo  del  servizio  sanitario
nazionale sul loro  territorio  senza  alcun  apporto  a  carico  del
bilancio dello Stato». 
    Il comma 4-bis precisa che  le  disposizioni  precedenti  non  si
applicano  alle  regioni  e  province  autonome  che  provvedono   al
finanziamento  del  fabbisogno  complessivo  del  servizio  sanitario
nazionale sul proprio territorio senza apporto a carico del  bilancio
dello Stato (trattasi, come noto, di tutte le  Autonomie  speciali  a
eccezione della Regione Siciliana). 
1.1.- Effetti dell'art. 11, commi da 1 a 4 del  decreto-legge  n.  35
del 2019. 
    Il comma 1 dell'art. 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n.  35,
come convertito dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, stabilisce che,  a
decorrere dal 2019, la spesa per il  personale  degli  enti  del  SSN
delle regioni non potra' superare il  valore  della  spesa  sostenuta
nell'anno 2018, come certificata dal c.d. «Tavolo di  verifica  degli
adempimenti», o, se superiore, il corrispondente ammontare per l'anno
2004, diminuito dell'1,4 per cento (trattasi del limite di spesa gia'
previsto dall'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009). 
    Il successivo comma 2 precisa che, ai fini dell'aggiornamento del
parametro di riferimento relativo al costo del personale, la spesa e'
considerata  al  lordo  dei  c.d.  «onori   riflessi»   e   dell'IRAP
concernente il personale al quale si applica. 
    Il comma  3  consente  alle  regioni  ordinarie  e  alla  Regione
Siciliana, previo accordo da definirsi con il Ministero della  salute
e  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  di  incrementare
ulteriormente i limiti di spesa di cui al comma 1 di un ammontare non
superiore alla riduzione strutturale della spesa gia'  sostenuta  per
servizi sanitari esternalizzati  prima  dell'entrata  in  vigore  del
provvedimento in esame. 
    Il comma 4 assoggetta il nuovo vincolo di spesa per il personale,
parametrato al 2018, alle verifiche del c.d. «Tavolo tecnico  per  la
verifica degli adempimenti» che  dovra'  certificare,  ai  sensi  dei
commi 71 e 72 della legge n. 191 del 2009, l'effettivo  conseguimento
degli obiettivi di contenimento della spesa. 
    La  regione  e'  considerata   adempiente   ove   sia   accertato
l'effettivo  conseguimento  degli  obiettivi  previsti  o,  in   caso
contrario,  ove  abbia  comunque  assicurato  l'equilibrio  economico
secondo la disciplina vigente. 
    La Relazione di accompagnamento al d.d.l. di conversione del d.l.
n. 35 del 2019 afferma che: 
        «l'art. 11 recante disposizioni in materia di personale e  di
nomine negli enti del Servizio  sanitario  nazionale  interviene  con
misure finalizzate a superare la ormai cronica carenza  di  personale
del Servizio sanitario nazionale, determinatasi negli anni a  seguito
del blocco del turn over anche in relazione, in particolar  modo,  ai
limiti di  spesa  previsti  dalla  legislazione  vigente  in  materia
assunzionale»; 
        «tale  criticita'  e'  destinata   ad   acuirsi   a   seguito
dell'entrata  in  vigore   delle   disposizioni   sul   pensionamento
anticipato (c.d. quota 100) di cui all'art. 14 del  decreto-legge  28
gennaio 2019, n. 4, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  28
marzo 2019, n. 26, che incidera'  inevitabilmente  sulla  consistenza
numerica del personale sanitario in servizio presso le strutture  dei
servizi sanitari regionali, rischiando di compromettere  l'erogazione
dei livelli essenziali di assistenza»; 
        le disposizioni circa i limiti  di  spesa  per  il  personale
«necessitano [...] di essere riviste alla luce  della  dinamica  piu'
recente della spesa effettiva di personale sostenuta  delle  regioni,
in rapporto  anche  alla  riorganizzazione  intervenuta  nei  sistemi
sanitari regionali»; 
        «l'articolo in esame ha l'obiettivo di  rivedere  i  predetti
limiti alla spesa  di  personale  del  Servizio  sanitario  nazionale
salvaguardando nel contempo l'equilibrio  economico  finanziario  del
sistema,  nel  quadro  del  rispetto   degli   adempimenti   relativi
all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza». 
    La Relazione tecnica del MEF ribadisce  che  «l'art.  11,  con  i
commi da 1 a 4, interviene con misure finalizzate a superare la ormai
cronica  carenza  di  personale  del  Servizio  sanitario  nazionale,
determinatasi negli anni a seguito del blocco del turn-over anche  in
relazione, in particolar modo, ai  limiti  di  spesa  previsti  dalla
legislazione vigente in materia assunzionale» e che «tale  criticita'
e' destinata ad  acuirsi  a  seguito  dell'entrata  in  vigore  delle
disposizioni sul pensionamento anticipato (quota 100) di cui all'art.
14 del decreto-legge n. 4 del  2019,  che  incidera'  inevitabilmente
sulla consistenza numerica del personale sanitario in servizio presso
le  strutture  dei  servizi   sanitari   regionali,   rischiando   di
compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza».  Si
aggiunge che l'articolo «ha quindi l'obiettivo di rivedere i predetti
limiti alla spesa di personale del SSN  salvaguardando  nel  contempo
l'equilibrio  economico  finanziario  del  sistema,  nel  quadro  del
rispetto  degli  adempimenti  relativi  all'erogazione  dei   livelli
essenziali di assistenza», sicche' «la previsione di nuovi limiti  di
spesa non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica». 
1.2.- Effetti dell'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge n.  35  del
2019. 
    Il comma 4-bis precisa che  le  disposizioni  precedenti  non  si
applicano  alle  regioni  e  province  autonome  che  provvedono   al
finanziamento  del  fabbisogno  complessivo  del  servizio  sanitario
nazionale sul proprio territorio senza apporto a carico del  bilancio
dello Stato (trattasi, come noto, di tutte le  Autonomie  speciali  a
eccezione della Regione Siciliana). 
    Nella c.d. Relazione tecnica «al passaggio» del  MEF,  presentata
ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge n. 196 del 2009  al  fine
di illustrare  al  Senato  gli  effetti  finanziari  delle  modifiche
apportate dalla Camera  dei  deputati  in  sede  di  conversione  del
decreto-legge n. 35  del  2019  (si  ricorda  che  nessuna  modifica,
invece, e' stata  apportata  dal  Senato  della  Repubblica,  che  ha
approvato sic et simpliciter il testo licenziato dall'altro ramo  del
Parlamento), si aggiunge che: 
        quanto ai commi  da  1  a  4,  «la  Camera  dei  Deputati  ha
apportato talune modifiche, prive di effetti finanziari»; 
        sono stati eliminati i riferimenti contenuti nei commi 1, 3 e
4 alle Province Autonome  di  Trento  e  Bolzano,  sulla  base  della
considerazione  che  esse   provvedono   integralmente   al   proprio
fabbisogno sanitario»; 
        «coerentemente,  il  nuovo  comma  4-bis   dispone   che   la
disciplina recata ai commi precedenti non si applica alle  Regioni  e
alle  province  autonome  che  provvedono  integralmente  al  proprio
fabbisogno sanitario»; 
        «Le modifiche introdotte non determinano  effetti  finanziari
in quanto per le citate regioni e province autonome non  destinatarie
di quanto disposto dall'art. 11 resta vigente la  disciplina  di  cui
all'art. 2, comma 71, della legge n. 191/2009». 
    In conclusione, e' possibile affermare che per effetto  dell'art.
11, commi da 1 a 4, e' di riconoscere  una  maggiore  autonomia  alle
regioni ordinarie nell'ambito della spesa per il personale, entro  il
limite  di  spesa  complessivo  gia'  fissato  per  ciascun   sistema
sanitario regionale. Tale maggiore autonomia di spesa, pero', non  e'
riconosciuta alle  autonomie  speciali,  a  eccezione  della  regione
Siciliana. 
2.- Quanto ai limiti alla spesa del personale del Servizio  sanitario
nazionale. 
    Negli  anni  recenti,  il  legislatore  statale  ha  piu'   volte
introdotto  nell'ordinamento  disposizioni  di  coordinamento   della
finanza pubblica dirette  al  fine  di  contenere  la  spesa  per  il
personale degli enti del servizio sanitario nazionale. 
    In particolare: 
        con l'art. 1, comma 565 della legge 27 dicembre 2006, n.  296
(legge finanziaria 2007), il legislatore ha stabilito  che  la  spesa
del personale degli enti del servizio sanitario nazionale non dovesse
superare per ciascuno degli  anni  2007,  2008  e  2009,  l'ammontare
dell'anno 2004, diminuito dell'1,4 per cento e cio' «per garantire il
rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi
di finanzia pubblica per il triennio 2007-2009»; 
        con l'art. 2, comma 71 del decreto-legge 23 dicembre 2009, n.
191, il legislatore ha confermato lo stesso limite di spesa  (id  est
il corrispondente ammontare del 2004, diminuito dell'1,4  per  cento)
anche per gli anni 2010, 2011 e 2012, quale misura di «concorso  alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica»; 
        con l'art. 17, comma 3 del decreto-legge 6  luglio  2011,  n.
98, il legislatore ha esteso la  disciplina  dell'art.  2,  comma  71
della legge n. 191/2009, anche agli esercizi 2013 e 2014; 
        con l'art. 15, comma 21 del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.
95 il legislatore, novellando l'art. 17, comma 3  appena  citato,  ha
applicato la disciplina ivi prevista anche per il 2015; 
        infine, con l'art. 1, comma 584 della legge 23 dicembre 2014,
n. 190 (legge  di  stabilita'  2015)  il  legislatore,  ulteriormente
novellando  l'art.  17,  comma  3   citato,   ha   posticipato   fino
all'esercizio  2020  il  termine  di  applicazione   della   relativa
disciplina di contenimento della spesa. 
    Da tale evoluzione legislativa evince che, per gli  anni  2019  e
2020, il contenimento  della  spesa  del  personale  degli  enti  del
servizio sanitario risulta disciplinato da: 
        1. l'art. 11, commi da 1 a 4 del decreto-legge n. 35/2019; 
        2. l'art. 17, comma 3 del decreto-legge n. 98/2011. 
    L'art. 11, commi da 1 a 4 del decreto-legge n. 35/2019 non  trova
applicazione  agli  enti  del  servizio   sanitario   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia, perche' e' lo stesso legislatore ordinario  ad
escluderlo, con il comma 4-bis dello stesso art. 11. 
    Richiamando  il  consolidato   orientamento   di   questa   Corte
costituzionale,  invero,  «lo   Stato,   quando   non   concorre   al
finanziamento della spesa sanitaria neppure  ha  titolo  per  dettare
norme di coordinamento finanziario» (cosi', da ultimo, la sentenza n.
125/2015 che ha ad oggetto una norma  strettamente  connessa  con  il
citato art. 15, comma 21 del decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
disposizione proprio in  materia  di  contenimento  della  spesa  del
personale degli enti del servizio sanitario). 
    La  mancata  applicazione  agli  enti  del   servizio   sanitario
regionale  delle  norme  in  materia  di  contenimento  della   spesa
sanitaria non comporta, ovviamente, che a tali enti  e  alla  regione
stessa non venga richiesto  di  concorrere  al  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica. 
    L'autonomia finanziaria riconosciuta a tali enti  e  la  maggiore
responsabilita' attribuita nel finanziamento  della  spesa  sanitaria
presuppone tuttavia che il concorso: 
        1) debba essere chiesto alla regione e non direttamente  agli
enti del servizio sanitario; 
        2) debba rispettare il principio dell'accordo e lasciare alla
regione la liberta' di scelta sulle modalita'  di  finanziamento  del
contributo destinato al risanamento delle finanze statali. 
    In questo senso si muovono i protocolli di  intesa  sottoscritti,
negli ultimi anni, tra la regione  e  il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, tra cui, da ultimo, occorre citare il  protocollo  del
25 febbraio 2019 che, in parte e' stato recepito  con  l'art.  33-ter
del decreto-legge 30 aprile 2019,  n.  34  e  in  altra  parte  sara'
recepito con norma di  attuazione  statutaria  gia'  approvata  dalla
Commissione paritetica di cui all'art. 65 dello statuto e in corso di
approvazione da parte del Consiglio del ministri. 
3.- Quanto alla valutazione della portata lesiva del D.L. n.  35  del
2019. 
    Si deve considerare che l'art. 15-bis del d.l. n.  35  del  2019,
inserito  in  sede  di  conversione  in  legge,  stabilisce  che  «Le
disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto
speciale  e  alle  Province  Autonome  di   Trento   e   di   Bolzano
compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative  norme  di
attuazione,  anche  con  riferimento  alla  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3». 
    Si tratta, come si  desume  dalla  rubrica  dell'articolo,  della
«clausola  di  salvaguardia»  delle  attribuzioni  statutarie   delle
autonomie speciali, clausola che esclude la determinazione di effetti
pregiudizievoli   per   le   regioni   a    statuto    speciale    e,
conseguentemente, esclude la portata  lesiva  del  decreto  legge  n.
35/2019. 
    A  tal  proposito,  la  Corte  costituzionale  ha  affermato  che
«l'illegittimita' costituzionale di una previsione legislativa non e'
esclusa dalla presenza di una clausola di salvaguardia, laddove  tale
clausola entri in contraddizione con  quanto  affermato  dalle  norme
impugnate, con esplicito riferimento alle regioni a statuto  speciale
e alle province autonome» (cfr. sentt. n. 231 e n. 154 del 2017). 
    Inoltre, «l'operativita'  delle  clausole  di  salvaguardia  deve
essere esclusa nei particolari casi in cui singole norme di legge, in
virtu'   di   una   previsione   espressa,   siano   direttamente   e
immediatamente applicabili agli enti ad autonomia  speciale»  (sentt.
n. 231 del 2017 e n. 40 del 2016). 
    Nel  caso  di  specie,  mentre  in  astratto   la   clausola   di
salvaguardia impedisce gli  effetti  lesivi  della  disciplina  sopra
descritta, in concreto il comma 4-bis limita gli effetti di  maggiore
autonomia di  spesa  alle  sole  regioni  ordinarie  e  alla  Regione
Siciliana, escludendo le altre autonomie speciali da tale  previsione
di maggior favore. 
    In   questa    prospettiva,    dunque,    sussiste    l'interesse
all'impugnazione, in quanto l'interpretazione del testo di legge  nel
senso dell'inoperativita'  della  clausola  di  salvaguardia  sarebbe
«prima facie non implausibile» e tale da fondare l'ammissibilita' del
gravame (cfr, sent. n. 103 del 2018). 
4.- Competenza  legislativa  in  materia  di  sanita'  della  Regione
Autonoma FVG. 
    La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in tema di sanita'  ha
competenza legislativa concorrente a norma dell'art. 5, comma 1 punto
16) della legge  costituzionale  31  gennaio  1963,  n.  11  (statuto
speciale della Regione Autonoma FVG), nonche'  nell'art.  117,  terzo
comma, della Cost, in quanto la materia della «tutela  della  salute»
da esso contemplata  e'  piu'  ampia  rispetto  a  quella  «igiene  e
sanita'», in applicazione dell'art. 10 della legge costituzionale  n.
3 del 2001. 
    Relativamente  al  meccanismo  di  finanziamento   del   Servizio
sanitario nazionale, si rappresenta che  a  decorrere  dal  1997,  ai
sensi dell'art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre  1996,  n.  662
(Misure di razionalizzazione  della  finanza  pubblica),  la  Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia provvede in via esclusiva, con risorse
del proprio bilancio, al  finanziamento  complessivo  dell'assistenza
sanitaria regionale, ivi compresi, quindi, sia i  livelli  essenziali
uniformi di cui al DPCM 12 gennaio 2017, sia le prestazioni sanitarie
aggiuntive e quindi superiori agli stessi,  quale  espressione  delle
scelte politiche regionali che consentono di trasformare le risorse a
disposizione in risposte ai bisogni di assistenza  alla  cittadinanza
(deliberazione della Giunta  regionale  n.  1783,  del  22  settembre
2017). 
    La norma innanzi citata, infatti, dispone che  «a  decorrere  dal
1997 sono soppresse le quote del fondo sanitario nazionale  a  carico
del bilancio dello Stato a favore della Regione Friuli-Venezia Giulia
che  provvede  al  finanziamento  dell'assistenza  sanitaria  con   i
proventi dei contributi sanitari e con risorse del proprio  bilancio.
(...)». 
    L'attribuzione delle risorse finanziarie agli enti  del  Servizio
sanitario regionale segue la disciplina prevista dagli articoli 11  e
ss. di cui al titolo terzo  della  legge  regionale  n.  49/1996.  In
sintesi, gli enti del SSR predispongono, previa negoziazione ad  oggi
con l'Amministrazione regionale (direzione centrale salute, politiche
sociali e disabilita'), gli atti di programmazione ed  i  bilanci  di
previsione  pluriennali  ed  annuali  che  vengono,  successivamente,
approvati dalla Giunta regionale previa verifica della loro  coerenza
con i contenuti della pianificazione e con il quadro degli obiettivi,
delle risorse e dei criteri di finanziamento prestabiliti. 
    La regione, quindi,  per  il  tramite  della  Direzione  centrale
salute,  politiche  sociali  e  disabilita',  provvede,   nel   corso
dell'esercizio finanziario di riferimento,  ad  erogare  ai  suddetti
enti le risorse finanziarie. in conformita' ai bilanci di  previsione
approvati nonche' al controllo periodico ed annuale della gestione. 
    Le attivita' del Servizio  sanitario  regionale,  finalizzate  ad
assicurare  tutte  le  prestazioni  di  assistenza  sanitaria,  sono,
quindi, complessivamente finanziate dalla  Regione  FVG  sulla  quale
gravano inevitabilmente ed esclusivamente gli effetti  dal  punto  di
vista  patrimoniale  di  scelte  comportanti   una   maggiore   spesa
sanitaria. 
5.- Quanto alla materia cui ascrivere l'art. 11 del d.l.  n.  35  del
2019. 
    Secondo la giurisprudenza costituzionale (ex plurimis cfr.  sent.
n. 125 del 2015, § 4.1.) in via generale le norme che fissano  limiti
alla spesa sanitaria devono  essere  ascritte  alle  materie  «tutela
della salute» e «coordinamento della finanza pubblica»,  entrambe  di
competenza concorrente ex art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Alla luce dell'ambito d'autonomia  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, l'art. 11 ricade nell'ambito delle materie «ordinamento degli
uffici e degli enti dipendenti dalla regione  e  stato  giuridico  ed
economico del personale ad essi  addetto»,  di  competenza  regionale
esclusiva ex art. 4 dello statuto regionale,  e  «igiene  e  sanita',
assistenza sanitaria  ed  ospedaliera,  nonche'  [...]  recupero  dei
minorati fisici e mentali», di competenza concorrente ex art. 5 dello
statuto  regionale.  Sono   parimenti   interessate   le   previsioni
statutarie  che  riconoscono   alla   Regione   peculiare   autonomia
economico-finanziaria (artt. 7 e 48). 
    Ancorche' l'art. 11, come si e' sopra osservato,  sia  inteso  ad
assicurare  il  soddisfacimento  dei   LEA   grazie   alla   maggiore
flessibilita' nella gestione  del  personale,  non  sembra  possibile
ascrivere la previsione in commento alla materia «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali  che  devono  essere  garantiti  su   tutto   il   territorio
nazionale», di competenza legislativa esclusiva ex art. 117, comma 2,
lettera  m),  della  Cost..  A  tal  proposito,  infatti,  la   Corte
costituzionale (sent. n. 125 del 2015) ha affermato che: 
        la lettera m) «riguarda fattispecie per le quali la normativa
statale  definisce  il  livello  essenziale   di   erogazione   delle
prestazioni destinate ai fruitori  dei  vari  servizi  sociali»,  nel
senso che  «nella  prospettiva  della  loro  tutela  la  Costituzione
assegna  «al  legislatore  statale  un  fondamentale  strumento   per
garantire il mantenimento di una adeguata uniformita' di  trattamento
sul piano dei  diritti  di  tutti  i  soggetti,  pur  in  un  sistema
caratterizzato  da  un  livello  di  autonomia  regionale  e   locale
decisamente accresciuto (sentenza n. 111 del 2014)»; 
        i LEA rappresentano quindi degli «standard minimi»  (sentenza
n. 115  del  2012)  da  assicurare  in  modo  uniforme  su  tutto  il
territorio nazionale, per cui «la deroga alla competenza  legislativa
delle regioni, in favore di quella dello Stato, e' ammessa  solo  nei
limiti necessari ad evitare che, in parti del  territorio  nazionale,
gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria
inferiore, per quantita' e qualita', a  quello  ritenuto  intangibile
dallo  Stato»  (sentenza  n.  207  del  2010),  «ferma  comunque   la
possibilita' delle singole regioni, nell'ambito della loro competenza
concorrente  in  materia,  di  migliorare  i  suddetti   livelli   di
prestazioni» (sentenza n. 200 del 2009)»; 
        le norme che, invece, fissano dei limiti di spesa o  riducono
gli standard  del  servizio  sanitario  nazionale  «non  tend[ono]  a
garantire un minimum intangibile alla prestazione, ma ad  imporre  un
tetto massimo alla stessa». 
6.- La giurisprudenza costituzionale in tema di compatibilita'  delle
previsioni di legge statale in materia di limiti alla spesa  pubblica
con  le  attribuzioni   delle   regioni   autonome   che   finanziano
integralmente il sistema sanitario regionale. 
    La giurisprudenza costituzionale, con  orientamento  consolidato,
ha affermato che «lo Stato,  quando  non  concorre  al  finanziamento
della spesa sanitaria,  "neppure  ha  titolo  per  dettare  norme  di
coordinamento finanziario»"  (sent.  n.  103  del  2018,  in  termini
sostanzialmente identici cfr. anche sentt. nn. 341 del 2009 e 125 del
2015). 
    Secondo  la  Corte  costituzionale,  dunque,   dalla   competenza
legislativa statale concorrente nelle materie «tutela della salute» e
«coordinamento della  finanza  pubblica»  sono  esclusi  non  solo  i
contenuti di «dettaglio»  concernenti  l'organizzazione  del  sistema
sanitario (si veda, sul punto, ancora la sent. n. 125  del  2015,  in
cui si e' affermato, ad esempio,  che  le  norme  che  dispongono  la
ridefinizione  del  numero  dei  posti  letto  fruibili  nei  sistemi
sanitari  regionali  «non  si  articolano   in   enunciati   generali
riconducibili alla categoria dei principi, ma pongono in  essere  una
disciplina  di  dettaglio»),  ma  anche   le   misure   di   generale
«contenimento della spesa», ove esse  siano  rivolte  alle  autonomie
speciali che,  come  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  finanziano
integralmente il Servizio sanitario regionale. 
    Nel caso di specie, pero',  l'art.  11  ha  esteso  le  norme  di
maggiore autonomia finanziaria solo alle  regioni  ordinarie  e  alla
Regione  Siciliana  (unica  autonomia  speciale  che   beneficia   di
finanziamenti statali per la sanita' regionale). 
    Al contrario, secondo  l'interpretazione  avanzata  nella  citata
Relazione  tecnica  del  MEF,  alle  altre  Autonomie  speciali,  che
finanziano  integralmente  la  sanita'  regionale,  si  continua   ad
applicarsi la piu' stringente «disciplina di cui  all'art.  2,  comma
71, della legge n. 191/2009». 
    Ne  consegue  che  alle   autonomie   speciali   che   finanziano
integralmente il SSN si applica una normativa piu' rigorosa di quella
applicabile alle autonomie ordinarie che attingono al Fondo sanitario
nazionale. 
    Tale  effetto,   prodotto   dall'art.   11,   comma   4-bis,   e'
incompatibile con le competenze regionali riconosciute dall'art. 117,
comma 3, della Cost., nonche' dagli artt. 4, 5,  7,  48  e  49  dello
statuto e dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, a  tenor  del
quale «Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti,  le  disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a
statuto speciale ed alle Province Autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite». 
    L'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001  reca  una  clausola
generale,  volta  a  precludere  l'effetto  paradossale   che   leggi
attuative della riforma  del  Titolo  V  della  Costituzione  rendano
l'autonomia delle Regioni a statuto speciale (garantita dall'art. 116
della  Cost.  e  dagli  statuti)  minore  di  quella  delle   regioni
ordinarie. 
    Detta   clausola   di   salvaguardia,   ancorche'   espressamente
finalizzata a orientare l'interpretazione della stessa legge cost. n.
3 del 2001, e' - per l'appunto - generale, nel  senso  che  impedisce
una lettura del diritto positivo, anche di  rango  subcostituzionale,
tale da porre le regioni ad autonomia speciale in posizione deteriore
rispetto alle autonomie ordinarie. 
    L'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30 aprile  2019,  n.  35
recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della  Regione
Calabria  e  altre  misure  urgenti  in  materia   sanitaria»,   come
introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, recante «Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto legge 30 aprile  2019,  n.  35,
recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della  Regione
Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», che  statuisce
che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e  4  non  si  applicano
alle regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento
del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul  loro
territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato», e'
illegittimo  e  violativo  delle  attribuzioni  costituzionali  della
Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, che ne chiede  l'annullamento
per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. Illegittimita' dell'articolo 11 comma 4-bis del decreto  legge  30
aprile 2019, n. 35 come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60,
per violazione degli  articoli  5,  116  della  Costituzione  nonche'
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2011. 
    Il legislatore statale, introducendo in sede di  conversione  del
decreto  legge  n.  35/2019,  l'art.  11,  comma  4-bis,  ha   voluto
uniformare la disciplina del contenimento delle spese  del  personale
in materia sanitaria ai  gia'  richiamati  principi  elaborati  dalla
Corte costituzionale, che escludono che  lo  Stato  possa  introdurre
disposizioni di  coordinamento  della  finanza  pubblica  in  materia
sanitaria indirizzandole  alle  autonomie  regionali  che  finanziano
integralmente tale spesa con risorse proprie. 
    In questo scenario interpretativo, la disposizione introdotta dal
legislatore statale, apparentemente conforme alle  indicazioni  della
Corte costituzionale, risulta tuttavia incompleta, e in  quanto  tale
illegittima,  perche'  applica  i  principi  elaborati  dalla   Corte
costituzionale in  riferimento  solo  ad  alcune  delle  disposizioni
vigenti nell'ordinamento, e non a tutte. 
    Il persistente vigore dell'art. 17, comma 3 del decreto-legge  n.
98/2011, invero, limita l'autonomia di spesa della regione,  rendendo
inefficacie ogni decisione di spesa diretta ad incrementare le  spese
del personale sanitario degli enti del servizio  sanitario  regionale
oltre i limiti previsti al richiamato art. 17, comma 3, pur  se  essa
risulti  compatibile  con  gli  equilibri  finanziari  del   bilancio
regionale e con gli oneri di risanamento della finanza pubblica posti
a carico della regione. 
    Ancora sotto altro profilo, in linea con quanto  riportato  nelle
relazioni tecniche  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,
risulta che con l'impugnato comma 4-bis, il legislatore statale abbia
voluto differenziare i limiti applicati, in  subiecta  materia,  alle
regioni beneficiate dall'apporto dello Stato  nel  finanziamento  del
servizio sanitario e a quelle che, al contrario, sono  escluse  dallo
stesso beneficio, assegnando alle prime un vincolo piu' flessibile (e
quindi piu' favorevole) rispetto alle seconde. 
    Tale differenziazione,  tuttavia,  contrasta  apertamente  con  i
principi  autonomistici  fissati  dagli   articoli   5,   116   della
Costituzione nonche' dell'articolo 10 della legge  costituzionale  n.
3/2011, in quanto limita le scelte legislative  e  di  spesa  proprio
delle regioni che legislatore  costituzionale  ha  voluto  dotate  di
maggiore autonomia o, in ogni caso, di una autonomia  almeno  pari  a
quella delle regioni a statuto ordinario (ai sensi  dell'articolo  10
della legge costituzionale n. 3/2001). 
    Secondo la ricorrente, invero, anche laddove si  riconoscesse  la
competenza dello Stato ad adottare misure di contenimento della spesa
sanitaria della regione,  l'esercizio  di  tale  competenza  dovrebbe
essere guidato dai principi di differenziazione  sottesi  al  disegno
costituzionale,  che  impongono  di   verificare   costantemente   la
necessita' di adeguare la disciplina di legge alle prerogative  delle
autonomie speciali. 
    Con  l'articolo  impugnato,  viceversa,  il  legislatore  statale
determina il radicale stravolgimento  di  tali  principi,  degradando
l'autonomia differenziata rispetto a quella ordinaria. 
    Per questo  motivo,  si  censura  il  fatto  che  il  legislatore
statale, introducendo il comma 4-bis,  abbia  escluso  l'applicazione
della piu' favorevole disciplina prevista dall'art. 11, commi da 1  a
4 alla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
2.- Illegittimita' dell'articolo 11 comma 4-bis del decreto-legge  30
aprile 2019, n. 35,, come introdotto dalla legge 25 giugno  2019,  n.
60, per violazione degli articoli 117 della Costituzione, articoli 4,
5, 7, 48 e 49 dello statuto, dell'art. 10 della legge  costituzionale
n. 3/2011. 
    Come gia' rilevato, l'impugnato  comma  4-bis,  nel  dettare  una
disciplina di dettaglio in relazione al contenimento della spesa  del
personale  sanitario,  invade  illegittimamente  plurimi  ambiti   di
competenza della regione ricorrente. 
    In primo  luogo,  la  sua  competenza  esclusiva  in  materia  di
«ordinamento degli uffici e degli enti  dipendenti  dalla  regione  e
stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto» (art.  4,
comma 1, numero 1) dello statuto regionale),  nella  misura  in  cui,
impedendo alla regione di dotare il sistema sanitario  del  personale
adeguato, la priva della liberta'  di  organizzarlo  liberamente,  in
funzione delle prestazioni sanitarie che intende  offrire  ai  propri
cittadini. 
    In secondo luogo e' incisa la competenza concorrente  in  materia
di «igiene e sanita', assistenza  sanitaria  e  ospedaliera,  nonche'
[...] recupero dei minorati fisici  e  mentali»  (art.  5,  comma  1,
numero 16)  dello  statuto  regionale)  e,  ai  sensi  del  combinato
disposto degli articoli 10 della legge  costituzionale  n.  3/2001  e
dell'art. 117, terzo comma, la competenza concorrente in  materia  di
«tutela della salute», nella  misura  in  cui  i  limiti  posti  alla
dotazione del personale incidono, anche indirettamente, nello  stesso
esercizio delle competenze in materia sanitaria, obbligando di  fatto
la regione ad offrire ai suoi cittadini le sole prestazioni sanitarie
compatibili  con  i  vincoli  organizzativi  che   discendono   dalla
impugnata disposizione. 
    In  terzo  luogo  e'  violata  la  competenza   in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica che, per quanto gia' detto,  con
riferimento agli  enti  dipendenti  della  regione  e  rispetto  alle
funzioni  integralmente  finanziate  dalla   regione   (come   quella
sanitaria), spetterebbe alla regione stessa e non allo Stato,  avendo
essa  la  piena  responsabilita'  del  finanziamento  della  relativa
funzione. 
    Le riferite illegittimita', peraltro, si apprezzano  anche  nella
prospettiva del difetto di  ragionevolezza,  poiche'  il  trattamento
(deteriore) riservato alla regione dall'art. 4-bis non soddisfa alcun
interesse meritevole di tutela e sembra ispirato  unicamente  ad  una
immotivata (e inaccettabile) volonta' di  punizione  delle  autonomie
speciali. 
    Invero, nessun effetto  finanziario  a  beneficio  della  finanza
pubblica  potrebbe  mai  discendere  dal  piu'  svantaggioso  vincolo
imposto alla Regione. 
    La Regione, infatti, dopo  aver  corrisposto  i  contributi  alla
finanza statale di cui all'art. 33-ter del decreto-legge  n.  34/2019
(che recepisce il protocollo di intesa del 25 febbraio  2019)  e  nel
rispetto degli equilibri del proprio bilancio, puo' liberamente  fare
uso delle risorse risparmiate  per  effetto  dell'art.  17,  comma  3
citato impiegandole per  altre  destinazioni  di  spesa  e  con  cio'
rendendo il vincolo irrilevante sul piano del conto consolidato della
finanza  pubblica  e  dei  vincoli  finanziari  convenuti  a  livello
dell'Unione europea. 
    A  tale  irrilevanza   finanziaria   si   accompagna,   tuttavia,
l'ingiustificato deterioramento delle prestazioni sanitarie destinate
ai cittadini della regione anche in relazione a quelle della restante
parte del territorio nazionale. 
3.- Illegittimita' dell'art. 11 comma  4-bis  del  decreto  legge  30
aprile 2019, n. 35, come introdotto dalla legge 25  giugno  2019,  n.
60, per violazione degli  articoli  3  e  77  della  Costituzione  in
relazione all'art. 117 della Costituzione e agli articoli 4, 5, 7, 48
e 49 dello statuto. 
    La disposizione viola il principio di ragionevolezza  ex  art.  3
della Cost. e dell'art. 77 della Cost., in riferimento alle segnalate
competenze regionali ex artt. 117 della Cost. e 4, 5, 7  e  48  della
Cost.,   anche   sotto   il    profilo    della    contraddittorieta'
dell'intervento legislativo urgente. 
    La disposizione gravata, infatti, pur essendo intesa a  «superare
la  ormai  cronica  carenza  di  personale  del  Servizio   sanitario
nazionale, determinatasi negli anni a seguito  del  blocco  del  turn
over anche in relazione, in  particolar  modo,  ai  limiti  di  spesa
previsti dalla legislazione vigente in materia  assunzionale»  (cosi'
la gia' citata Relazione d'accompagnamento al d.d.l.  di  conversione
del d.l. n. 35 del 2019), limita gli effetti attesi alle sole regioni
ordinarie e alla Regione Siciliana, in  maniera  contraddittoria  con
l'obiettivo che il legislatore statale  ha  inteso  porre  e  che  ha
ritenuto  cosi'  meritevole  di  perseguimento  da   ricorrere   allo
strumento della decretazione d'urgenza. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione  Autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  come  in  epigrafe
rappresentata   e   difesa,   chiede   che   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale voglia: 
        accogliere il presente ricorso; 
        per  l'effetto,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30  aprile  2019,  n.  35
recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della  Regione
Calabria  e  altre  misure  urgenti  in  materia   sanitaria»,   come
introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n.60, recante «Conversione  in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile  2019,  n.  35,
recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della  Regione
Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», che  statuisce
che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e  4  non  si  applicano
alle regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento
del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul  loro
territorio senza alcun apporto a carico del  bilancio  dello  Stato»,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 152,  del  1°
luglio 2019 ed entrata in vigore dal giorno successivo a quello della
sua pubblicazione, per contrasto con i principi autonomistici fissati
dagli artt. 5 e 116 della Cost., nonche'  dall'art.  10  della  legge
cost. n. 3 del 2001; per violazione dell'art. 117 della Cost. e degli
artt. 4, 5, 7, 48  e  49  dello  statuto,  anche  in  riferimento  al
principio di ragionevolezza ex art. 3 della Cost.; per violazione del
principio di ragionevolezza ex art. 3  della  Cost.  e  dell'art.  77
della Cost., in riferimento alle segnalate  competenze  regionali  ex
artt. 117 della Cost. e 4, 5, 7, 48 e 49 della Costituzione. 
          Trieste-Roma, 28 agosto 2019 
 
                      Avv.: Volpe - Avv.: Iuri