N. 97 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 settembre 2019
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 settembre 2019 (della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia). Sanita' pubblica - Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni in materia di limiti di spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale a decorrere dal 2019 - Esclusione dall'applicazione per le Regioni e per le Province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato. - Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, art. 11, comma 4-bis.(GU n.43 del 23-10-2019 )
Ricorso nell'interesse della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (codice fiscale n. 80014930327), Trieste, piazza Unita' d'Italia n. 1, in persona della Presidente della Regione, on. dott. Massimiliano Fedriga, (c.f. FDRMSM80L02L781U), rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del presente atto, dagli avv.ti Ettore Volpe (cod. fisc.: VLPTTR57E11L050S; fax: 040.3772929; posta elettronica certificata: ettore.volpe@certregione.fvg.it) e Daniela Iuri (cod. fisc.: RIUDNL63M56L483B; fax: 040.3772929; posta elettronica certificata: daniela.iuri@certregione.fvg.it) ed elettivamente domiciliata presso la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia - Ufficio di rappresentanza in 00186 Roma, piazza Colonna, n. 355; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in 00186 Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato ex lege; Per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale, dell'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, recante «Conversione in legge con modificazioni, del decreto legge 30 aprile 2019 n. 35, recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», che statuisce che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 non si applicano alle regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 152, del 1° luglio 2019 ed entrata in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Fatto 1.- L'impugnato art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, come convertito dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, statuisce che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 non si applicano alle regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato». Il comma 4-bis precisa che le disposizioni precedenti non si applicano alle regioni e province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza apporto a carico del bilancio dello Stato (trattasi, come noto, di tutte le Autonomie speciali a eccezione della Regione Siciliana). 1.1.- Effetti dell'art. 11, commi da 1 a 4 del decreto-legge n. 35 del 2019. Il comma 1 dell'art. 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, come convertito dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, stabilisce che, a decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del SSN delle regioni non potra' superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, come certificata dal c.d. «Tavolo di verifica degli adempimenti», o, se superiore, il corrispondente ammontare per l'anno 2004, diminuito dell'1,4 per cento (trattasi del limite di spesa gia' previsto dall'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009). Il successivo comma 2 precisa che, ai fini dell'aggiornamento del parametro di riferimento relativo al costo del personale, la spesa e' considerata al lordo dei c.d. «onori riflessi» e dell'IRAP concernente il personale al quale si applica. Il comma 3 consente alle regioni ordinarie e alla Regione Siciliana, previo accordo da definirsi con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, di incrementare ulteriormente i limiti di spesa di cui al comma 1 di un ammontare non superiore alla riduzione strutturale della spesa gia' sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame. Il comma 4 assoggetta il nuovo vincolo di spesa per il personale, parametrato al 2018, alle verifiche del c.d. «Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti» che dovra' certificare, ai sensi dei commi 71 e 72 della legge n. 191 del 2009, l'effettivo conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa. La regione e' considerata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti o, in caso contrario, ove abbia comunque assicurato l'equilibrio economico secondo la disciplina vigente. La Relazione di accompagnamento al d.d.l. di conversione del d.l. n. 35 del 2019 afferma che: «l'art. 11 recante disposizioni in materia di personale e di nomine negli enti del Servizio sanitario nazionale interviene con misure finalizzate a superare la ormai cronica carenza di personale del Servizio sanitario nazionale, determinatasi negli anni a seguito del blocco del turn over anche in relazione, in particolar modo, ai limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente in materia assunzionale»; «tale criticita' e' destinata ad acuirsi a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni sul pensionamento anticipato (c.d. quota 100) di cui all'art. 14 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che incidera' inevitabilmente sulla consistenza numerica del personale sanitario in servizio presso le strutture dei servizi sanitari regionali, rischiando di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza»; le disposizioni circa i limiti di spesa per il personale «necessitano [...] di essere riviste alla luce della dinamica piu' recente della spesa effettiva di personale sostenuta delle regioni, in rapporto anche alla riorganizzazione intervenuta nei sistemi sanitari regionali»; «l'articolo in esame ha l'obiettivo di rivedere i predetti limiti alla spesa di personale del Servizio sanitario nazionale salvaguardando nel contempo l'equilibrio economico finanziario del sistema, nel quadro del rispetto degli adempimenti relativi all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza». La Relazione tecnica del MEF ribadisce che «l'art. 11, con i commi da 1 a 4, interviene con misure finalizzate a superare la ormai cronica carenza di personale del Servizio sanitario nazionale, determinatasi negli anni a seguito del blocco del turn-over anche in relazione, in particolar modo, ai limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente in materia assunzionale» e che «tale criticita' e' destinata ad acuirsi a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni sul pensionamento anticipato (quota 100) di cui all'art. 14 del decreto-legge n. 4 del 2019, che incidera' inevitabilmente sulla consistenza numerica del personale sanitario in servizio presso le strutture dei servizi sanitari regionali, rischiando di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza». Si aggiunge che l'articolo «ha quindi l'obiettivo di rivedere i predetti limiti alla spesa di personale del SSN salvaguardando nel contempo l'equilibrio economico finanziario del sistema, nel quadro del rispetto degli adempimenti relativi all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza», sicche' «la previsione di nuovi limiti di spesa non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica». 1.2.- Effetti dell'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge n. 35 del 2019. Il comma 4-bis precisa che le disposizioni precedenti non si applicano alle regioni e province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza apporto a carico del bilancio dello Stato (trattasi, come noto, di tutte le Autonomie speciali a eccezione della Regione Siciliana). Nella c.d. Relazione tecnica «al passaggio» del MEF, presentata ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge n. 196 del 2009 al fine di illustrare al Senato gli effetti finanziari delle modifiche apportate dalla Camera dei deputati in sede di conversione del decreto-legge n. 35 del 2019 (si ricorda che nessuna modifica, invece, e' stata apportata dal Senato della Repubblica, che ha approvato sic et simpliciter il testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento), si aggiunge che: quanto ai commi da 1 a 4, «la Camera dei Deputati ha apportato talune modifiche, prive di effetti finanziari»; sono stati eliminati i riferimenti contenuti nei commi 1, 3 e 4 alle Province Autonome di Trento e Bolzano, sulla base della considerazione che esse provvedono integralmente al proprio fabbisogno sanitario»; «coerentemente, il nuovo comma 4-bis dispone che la disciplina recata ai commi precedenti non si applica alle Regioni e alle province autonome che provvedono integralmente al proprio fabbisogno sanitario»; «Le modifiche introdotte non determinano effetti finanziari in quanto per le citate regioni e province autonome non destinatarie di quanto disposto dall'art. 11 resta vigente la disciplina di cui all'art. 2, comma 71, della legge n. 191/2009». In conclusione, e' possibile affermare che per effetto dell'art. 11, commi da 1 a 4, e' di riconoscere una maggiore autonomia alle regioni ordinarie nell'ambito della spesa per il personale, entro il limite di spesa complessivo gia' fissato per ciascun sistema sanitario regionale. Tale maggiore autonomia di spesa, pero', non e' riconosciuta alle autonomie speciali, a eccezione della regione Siciliana. 2.- Quanto ai limiti alla spesa del personale del Servizio sanitario nazionale. Negli anni recenti, il legislatore statale ha piu' volte introdotto nell'ordinamento disposizioni di coordinamento della finanza pubblica dirette al fine di contenere la spesa per il personale degli enti del servizio sanitario nazionale. In particolare: con l'art. 1, comma 565 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), il legislatore ha stabilito che la spesa del personale degli enti del servizio sanitario nazionale non dovesse superare per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, l'ammontare dell'anno 2004, diminuito dell'1,4 per cento e cio' «per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanzia pubblica per il triennio 2007-2009»; con l'art. 2, comma 71 del decreto-legge 23 dicembre 2009, n. 191, il legislatore ha confermato lo stesso limite di spesa (id est il corrispondente ammontare del 2004, diminuito dell'1,4 per cento) anche per gli anni 2010, 2011 e 2012, quale misura di «concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica»; con l'art. 17, comma 3 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, il legislatore ha esteso la disciplina dell'art. 2, comma 71 della legge n. 191/2009, anche agli esercizi 2013 e 2014; con l'art. 15, comma 21 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 il legislatore, novellando l'art. 17, comma 3 appena citato, ha applicato la disciplina ivi prevista anche per il 2015; infine, con l'art. 1, comma 584 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015) il legislatore, ulteriormente novellando l'art. 17, comma 3 citato, ha posticipato fino all'esercizio 2020 il termine di applicazione della relativa disciplina di contenimento della spesa. Da tale evoluzione legislativa evince che, per gli anni 2019 e 2020, il contenimento della spesa del personale degli enti del servizio sanitario risulta disciplinato da: 1. l'art. 11, commi da 1 a 4 del decreto-legge n. 35/2019; 2. l'art. 17, comma 3 del decreto-legge n. 98/2011. L'art. 11, commi da 1 a 4 del decreto-legge n. 35/2019 non trova applicazione agli enti del servizio sanitario della Regione Friuli-Venezia Giulia, perche' e' lo stesso legislatore ordinario ad escluderlo, con il comma 4-bis dello stesso art. 11. Richiamando il consolidato orientamento di questa Corte costituzionale, invero, «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario» (cosi', da ultimo, la sentenza n. 125/2015 che ha ad oggetto una norma strettamente connessa con il citato art. 15, comma 21 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, disposizione proprio in materia di contenimento della spesa del personale degli enti del servizio sanitario). La mancata applicazione agli enti del servizio sanitario regionale delle norme in materia di contenimento della spesa sanitaria non comporta, ovviamente, che a tali enti e alla regione stessa non venga richiesto di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. L'autonomia finanziaria riconosciuta a tali enti e la maggiore responsabilita' attribuita nel finanziamento della spesa sanitaria presuppone tuttavia che il concorso: 1) debba essere chiesto alla regione e non direttamente agli enti del servizio sanitario; 2) debba rispettare il principio dell'accordo e lasciare alla regione la liberta' di scelta sulle modalita' di finanziamento del contributo destinato al risanamento delle finanze statali. In questo senso si muovono i protocolli di intesa sottoscritti, negli ultimi anni, tra la regione e il Ministero dell'economia e delle finanze, tra cui, da ultimo, occorre citare il protocollo del 25 febbraio 2019 che, in parte e' stato recepito con l'art. 33-ter del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 e in altra parte sara' recepito con norma di attuazione statutaria gia' approvata dalla Commissione paritetica di cui all'art. 65 dello statuto e in corso di approvazione da parte del Consiglio del ministri. 3.- Quanto alla valutazione della portata lesiva del D.L. n. 35 del 2019. Si deve considerare che l'art. 15-bis del d.l. n. 35 del 2019, inserito in sede di conversione in legge, stabilisce che «Le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle Province Autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». Si tratta, come si desume dalla rubrica dell'articolo, della «clausola di salvaguardia» delle attribuzioni statutarie delle autonomie speciali, clausola che esclude la determinazione di effetti pregiudizievoli per le regioni a statuto speciale e, conseguentemente, esclude la portata lesiva del decreto legge n. 35/2019. A tal proposito, la Corte costituzionale ha affermato che «l'illegittimita' costituzionale di una previsione legislativa non e' esclusa dalla presenza di una clausola di salvaguardia, laddove tale clausola entri in contraddizione con quanto affermato dalle norme impugnate, con esplicito riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome» (cfr. sentt. n. 231 e n. 154 del 2017). Inoltre, «l'operativita' delle clausole di salvaguardia deve essere esclusa nei particolari casi in cui singole norme di legge, in virtu' di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale» (sentt. n. 231 del 2017 e n. 40 del 2016). Nel caso di specie, mentre in astratto la clausola di salvaguardia impedisce gli effetti lesivi della disciplina sopra descritta, in concreto il comma 4-bis limita gli effetti di maggiore autonomia di spesa alle sole regioni ordinarie e alla Regione Siciliana, escludendo le altre autonomie speciali da tale previsione di maggior favore. In questa prospettiva, dunque, sussiste l'interesse all'impugnazione, in quanto l'interpretazione del testo di legge nel senso dell'inoperativita' della clausola di salvaguardia sarebbe «prima facie non implausibile» e tale da fondare l'ammissibilita' del gravame (cfr, sent. n. 103 del 2018). 4.- Competenza legislativa in materia di sanita' della Regione Autonoma FVG. La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in tema di sanita' ha competenza legislativa concorrente a norma dell'art. 5, comma 1 punto 16) della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 11 (statuto speciale della Regione Autonoma FVG), nonche' nell'art. 117, terzo comma, della Cost, in quanto la materia della «tutela della salute» da esso contemplata e' piu' ampia rispetto a quella «igiene e sanita'», in applicazione dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Relativamente al meccanismo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, si rappresenta che a decorrere dal 1997, ai sensi dell'art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia provvede in via esclusiva, con risorse del proprio bilancio, al finanziamento complessivo dell'assistenza sanitaria regionale, ivi compresi, quindi, sia i livelli essenziali uniformi di cui al DPCM 12 gennaio 2017, sia le prestazioni sanitarie aggiuntive e quindi superiori agli stessi, quale espressione delle scelte politiche regionali che consentono di trasformare le risorse a disposizione in risposte ai bisogni di assistenza alla cittadinanza (deliberazione della Giunta regionale n. 1783, del 22 settembre 2017). La norma innanzi citata, infatti, dispone che «a decorrere dal 1997 sono soppresse le quote del fondo sanitario nazionale a carico del bilancio dello Stato a favore della Regione Friuli-Venezia Giulia che provvede al finanziamento dell'assistenza sanitaria con i proventi dei contributi sanitari e con risorse del proprio bilancio. (...)». L'attribuzione delle risorse finanziarie agli enti del Servizio sanitario regionale segue la disciplina prevista dagli articoli 11 e ss. di cui al titolo terzo della legge regionale n. 49/1996. In sintesi, gli enti del SSR predispongono, previa negoziazione ad oggi con l'Amministrazione regionale (direzione centrale salute, politiche sociali e disabilita'), gli atti di programmazione ed i bilanci di previsione pluriennali ed annuali che vengono, successivamente, approvati dalla Giunta regionale previa verifica della loro coerenza con i contenuti della pianificazione e con il quadro degli obiettivi, delle risorse e dei criteri di finanziamento prestabiliti. La regione, quindi, per il tramite della Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilita', provvede, nel corso dell'esercizio finanziario di riferimento, ad erogare ai suddetti enti le risorse finanziarie. in conformita' ai bilanci di previsione approvati nonche' al controllo periodico ed annuale della gestione. Le attivita' del Servizio sanitario regionale, finalizzate ad assicurare tutte le prestazioni di assistenza sanitaria, sono, quindi, complessivamente finanziate dalla Regione FVG sulla quale gravano inevitabilmente ed esclusivamente gli effetti dal punto di vista patrimoniale di scelte comportanti una maggiore spesa sanitaria. 5.- Quanto alla materia cui ascrivere l'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019. Secondo la giurisprudenza costituzionale (ex plurimis cfr. sent. n. 125 del 2015, § 4.1.) in via generale le norme che fissano limiti alla spesa sanitaria devono essere ascritte alle materie «tutela della salute» e «coordinamento della finanza pubblica», entrambe di competenza concorrente ex art. 117, comma 3, della Costituzione. Alla luce dell'ambito d'autonomia della Regione Friuli-Venezia Giulia, l'art. 11 ricade nell'ambito delle materie «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto», di competenza regionale esclusiva ex art. 4 dello statuto regionale, e «igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera, nonche' [...] recupero dei minorati fisici e mentali», di competenza concorrente ex art. 5 dello statuto regionale. Sono parimenti interessate le previsioni statutarie che riconoscono alla Regione peculiare autonomia economico-finanziaria (artt. 7 e 48). Ancorche' l'art. 11, come si e' sopra osservato, sia inteso ad assicurare il soddisfacimento dei LEA grazie alla maggiore flessibilita' nella gestione del personale, non sembra possibile ascrivere la previsione in commento alla materia «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», di competenza legislativa esclusiva ex art. 117, comma 2, lettera m), della Cost.. A tal proposito, infatti, la Corte costituzionale (sent. n. 125 del 2015) ha affermato che: la lettera m) «riguarda fattispecie per le quali la normativa statale definisce il livello essenziale di erogazione delle prestazioni destinate ai fruitori dei vari servizi sociali», nel senso che «nella prospettiva della loro tutela la Costituzione assegna «al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformita' di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto (sentenza n. 111 del 2014)»; i LEA rappresentano quindi degli «standard minimi» (sentenza n. 115 del 2012) da assicurare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, per cui «la deroga alla competenza legislativa delle regioni, in favore di quella dello Stato, e' ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantita' e qualita', a quello ritenuto intangibile dallo Stato» (sentenza n. 207 del 2010), «ferma comunque la possibilita' delle singole regioni, nell'ambito della loro competenza concorrente in materia, di migliorare i suddetti livelli di prestazioni» (sentenza n. 200 del 2009)»; le norme che, invece, fissano dei limiti di spesa o riducono gli standard del servizio sanitario nazionale «non tend[ono] a garantire un minimum intangibile alla prestazione, ma ad imporre un tetto massimo alla stessa». 6.- La giurisprudenza costituzionale in tema di compatibilita' delle previsioni di legge statale in materia di limiti alla spesa pubblica con le attribuzioni delle regioni autonome che finanziano integralmente il sistema sanitario regionale. La giurisprudenza costituzionale, con orientamento consolidato, ha affermato che «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, "neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario»" (sent. n. 103 del 2018, in termini sostanzialmente identici cfr. anche sentt. nn. 341 del 2009 e 125 del 2015). Secondo la Corte costituzionale, dunque, dalla competenza legislativa statale concorrente nelle materie «tutela della salute» e «coordinamento della finanza pubblica» sono esclusi non solo i contenuti di «dettaglio» concernenti l'organizzazione del sistema sanitario (si veda, sul punto, ancora la sent. n. 125 del 2015, in cui si e' affermato, ad esempio, che le norme che dispongono la ridefinizione del numero dei posti letto fruibili nei sistemi sanitari regionali «non si articolano in enunciati generali riconducibili alla categoria dei principi, ma pongono in essere una disciplina di dettaglio»), ma anche le misure di generale «contenimento della spesa», ove esse siano rivolte alle autonomie speciali che, come la Regione Friuli-Venezia Giulia, finanziano integralmente il Servizio sanitario regionale. Nel caso di specie, pero', l'art. 11 ha esteso le norme di maggiore autonomia finanziaria solo alle regioni ordinarie e alla Regione Siciliana (unica autonomia speciale che beneficia di finanziamenti statali per la sanita' regionale). Al contrario, secondo l'interpretazione avanzata nella citata Relazione tecnica del MEF, alle altre Autonomie speciali, che finanziano integralmente la sanita' regionale, si continua ad applicarsi la piu' stringente «disciplina di cui all'art. 2, comma 71, della legge n. 191/2009». Ne consegue che alle autonomie speciali che finanziano integralmente il SSN si applica una normativa piu' rigorosa di quella applicabile alle autonomie ordinarie che attingono al Fondo sanitario nazionale. Tale effetto, prodotto dall'art. 11, comma 4-bis, e' incompatibile con le competenze regionali riconosciute dall'art. 117, comma 3, della Cost., nonche' dagli artt. 4, 5, 7, 48 e 49 dello statuto e dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, a tenor del quale «Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle Province Autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». L'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 reca una clausola generale, volta a precludere l'effetto paradossale che leggi attuative della riforma del Titolo V della Costituzione rendano l'autonomia delle Regioni a statuto speciale (garantita dall'art. 116 della Cost. e dagli statuti) minore di quella delle regioni ordinarie. Detta clausola di salvaguardia, ancorche' espressamente finalizzata a orientare l'interpretazione della stessa legge cost. n. 3 del 2001, e' - per l'appunto - generale, nel senso che impedisce una lettura del diritto positivo, anche di rango subcostituzionale, tale da porre le regioni ad autonomia speciale in posizione deteriore rispetto alle autonomie ordinarie. L'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35, recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», che statuisce che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 non si applicano alle regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato», e' illegittimo e violativo delle attribuzioni costituzionali della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, che ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi di Diritto 1. Illegittimita' dell'articolo 11 comma 4-bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35 come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, per violazione degli articoli 5, 116 della Costituzione nonche' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2011. Il legislatore statale, introducendo in sede di conversione del decreto legge n. 35/2019, l'art. 11, comma 4-bis, ha voluto uniformare la disciplina del contenimento delle spese del personale in materia sanitaria ai gia' richiamati principi elaborati dalla Corte costituzionale, che escludono che lo Stato possa introdurre disposizioni di coordinamento della finanza pubblica in materia sanitaria indirizzandole alle autonomie regionali che finanziano integralmente tale spesa con risorse proprie. In questo scenario interpretativo, la disposizione introdotta dal legislatore statale, apparentemente conforme alle indicazioni della Corte costituzionale, risulta tuttavia incompleta, e in quanto tale illegittima, perche' applica i principi elaborati dalla Corte costituzionale in riferimento solo ad alcune delle disposizioni vigenti nell'ordinamento, e non a tutte. Il persistente vigore dell'art. 17, comma 3 del decreto-legge n. 98/2011, invero, limita l'autonomia di spesa della regione, rendendo inefficacie ogni decisione di spesa diretta ad incrementare le spese del personale sanitario degli enti del servizio sanitario regionale oltre i limiti previsti al richiamato art. 17, comma 3, pur se essa risulti compatibile con gli equilibri finanziari del bilancio regionale e con gli oneri di risanamento della finanza pubblica posti a carico della regione. Ancora sotto altro profilo, in linea con quanto riportato nelle relazioni tecniche del Ministero dell'economia e delle finanze, risulta che con l'impugnato comma 4-bis, il legislatore statale abbia voluto differenziare i limiti applicati, in subiecta materia, alle regioni beneficiate dall'apporto dello Stato nel finanziamento del servizio sanitario e a quelle che, al contrario, sono escluse dallo stesso beneficio, assegnando alle prime un vincolo piu' flessibile (e quindi piu' favorevole) rispetto alle seconde. Tale differenziazione, tuttavia, contrasta apertamente con i principi autonomistici fissati dagli articoli 5, 116 della Costituzione nonche' dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2011, in quanto limita le scelte legislative e di spesa proprio delle regioni che legislatore costituzionale ha voluto dotate di maggiore autonomia o, in ogni caso, di una autonomia almeno pari a quella delle regioni a statuto ordinario (ai sensi dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001). Secondo la ricorrente, invero, anche laddove si riconoscesse la competenza dello Stato ad adottare misure di contenimento della spesa sanitaria della regione, l'esercizio di tale competenza dovrebbe essere guidato dai principi di differenziazione sottesi al disegno costituzionale, che impongono di verificare costantemente la necessita' di adeguare la disciplina di legge alle prerogative delle autonomie speciali. Con l'articolo impugnato, viceversa, il legislatore statale determina il radicale stravolgimento di tali principi, degradando l'autonomia differenziata rispetto a quella ordinaria. Per questo motivo, si censura il fatto che il legislatore statale, introducendo il comma 4-bis, abbia escluso l'applicazione della piu' favorevole disciplina prevista dall'art. 11, commi da 1 a 4 alla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. 2.- Illegittimita' dell'articolo 11 comma 4-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35,, come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, per violazione degli articoli 117 della Costituzione, articoli 4, 5, 7, 48 e 49 dello statuto, dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2011. Come gia' rilevato, l'impugnato comma 4-bis, nel dettare una disciplina di dettaglio in relazione al contenimento della spesa del personale sanitario, invade illegittimamente plurimi ambiti di competenza della regione ricorrente. In primo luogo, la sua competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto» (art. 4, comma 1, numero 1) dello statuto regionale), nella misura in cui, impedendo alla regione di dotare il sistema sanitario del personale adeguato, la priva della liberta' di organizzarlo liberamente, in funzione delle prestazioni sanitarie che intende offrire ai propri cittadini. In secondo luogo e' incisa la competenza concorrente in materia di «igiene e sanita', assistenza sanitaria e ospedaliera, nonche' [...] recupero dei minorati fisici e mentali» (art. 5, comma 1, numero 16) dello statuto regionale) e, ai sensi del combinato disposto degli articoli 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e dell'art. 117, terzo comma, la competenza concorrente in materia di «tutela della salute», nella misura in cui i limiti posti alla dotazione del personale incidono, anche indirettamente, nello stesso esercizio delle competenze in materia sanitaria, obbligando di fatto la regione ad offrire ai suoi cittadini le sole prestazioni sanitarie compatibili con i vincoli organizzativi che discendono dalla impugnata disposizione. In terzo luogo e' violata la competenza in materia di coordinamento della finanza pubblica che, per quanto gia' detto, con riferimento agli enti dipendenti della regione e rispetto alle funzioni integralmente finanziate dalla regione (come quella sanitaria), spetterebbe alla regione stessa e non allo Stato, avendo essa la piena responsabilita' del finanziamento della relativa funzione. Le riferite illegittimita', peraltro, si apprezzano anche nella prospettiva del difetto di ragionevolezza, poiche' il trattamento (deteriore) riservato alla regione dall'art. 4-bis non soddisfa alcun interesse meritevole di tutela e sembra ispirato unicamente ad una immotivata (e inaccettabile) volonta' di punizione delle autonomie speciali. Invero, nessun effetto finanziario a beneficio della finanza pubblica potrebbe mai discendere dal piu' svantaggioso vincolo imposto alla Regione. La Regione, infatti, dopo aver corrisposto i contributi alla finanza statale di cui all'art. 33-ter del decreto-legge n. 34/2019 (che recepisce il protocollo di intesa del 25 febbraio 2019) e nel rispetto degli equilibri del proprio bilancio, puo' liberamente fare uso delle risorse risparmiate per effetto dell'art. 17, comma 3 citato impiegandole per altre destinazioni di spesa e con cio' rendendo il vincolo irrilevante sul piano del conto consolidato della finanza pubblica e dei vincoli finanziari convenuti a livello dell'Unione europea. A tale irrilevanza finanziaria si accompagna, tuttavia, l'ingiustificato deterioramento delle prestazioni sanitarie destinate ai cittadini della regione anche in relazione a quelle della restante parte del territorio nazionale. 3.- Illegittimita' dell'art. 11 comma 4-bis del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35, come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, per violazione degli articoli 3 e 77 della Costituzione in relazione all'art. 117 della Costituzione e agli articoli 4, 5, 7, 48 e 49 dello statuto. La disposizione viola il principio di ragionevolezza ex art. 3 della Cost. e dell'art. 77 della Cost., in riferimento alle segnalate competenze regionali ex artt. 117 della Cost. e 4, 5, 7 e 48 della Cost., anche sotto il profilo della contraddittorieta' dell'intervento legislativo urgente. La disposizione gravata, infatti, pur essendo intesa a «superare la ormai cronica carenza di personale del Servizio sanitario nazionale, determinatasi negli anni a seguito del blocco del turn over anche in relazione, in particolar modo, ai limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente in materia assunzionale» (cosi' la gia' citata Relazione d'accompagnamento al d.d.l. di conversione del d.l. n. 35 del 2019), limita gli effetti attesi alle sole regioni ordinarie e alla Regione Siciliana, in maniera contraddittoria con l'obiettivo che il legislatore statale ha inteso porre e che ha ritenuto cosi' meritevole di perseguimento da ricorrere allo strumento della decretazione d'urgenza.
P.Q.M. La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia: accogliere il presente ricorso; per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 4-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», come introdotto dalla legge 25 giugno 2019, n.60, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria», che statuisce che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 non si applicano alle regioni e alle province autonome che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 152, del 1° luglio 2019 ed entrata in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione, per contrasto con i principi autonomistici fissati dagli artt. 5 e 116 della Cost., nonche' dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; per violazione dell'art. 117 della Cost. e degli artt. 4, 5, 7, 48 e 49 dello statuto, anche in riferimento al principio di ragionevolezza ex art. 3 della Cost.; per violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Cost. e dell'art. 77 della Cost., in riferimento alle segnalate competenze regionali ex artt. 117 della Cost. e 4, 5, 7, 48 e 49 della Costituzione. Trieste-Roma, 28 agosto 2019 Avv.: Volpe - Avv.: Iuri