N. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 2019

Ordinanza del 29 maggio 2019 del Tribunale di Lecco nel  procedimento
civile promosso da Ronzoni srl e Liguria  societa'  di  assicurazioni
spa, oggi UnipolSai Assicurazioni spa contro Comune di Oggiono. 
 
Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi  a  lavori,
  servizi e forniture in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
  2004/18/CE - Definizione delle riserve  dell'appaltatore  -  Limite
  massimo dell'importo complessivo delle riserve stabilito nel  venti
  per cento dell'importo contrattuale. 
- Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei  contratti
  pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
  direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), art.  240-bis,  comma  1,  come
  modificato dall'art. 4,  comma  2,  lettera  hh),  numero  1),  del
  decreto-legge 13 maggio 2011,  n.  70  (Semestre  Europeo  -  Prime
  disposizioni   urgenti    per    l'economia),    convertito,    con
  modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106. 
(GU n.43 del 23-10-2019 )
 
                   IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCO 
           Sezione I - Giudice dott. Carlo Stefano Boerci 
 
    ha pronunciato la seguente ordinanza  nella  causa  civile  di  I
Grado iscritta al n. r.g. 2395/2015 promossa da: 
        Ronzoni srl (c.f. n. 03078140963), con  il  patrocinio  degli
avv.ti Giuseppe Maniglia e Nicoletta Sersale ed elezione di domicilio
presso l'avv. Maniglia in via Belvedere n. 11, Lecco - attrice; 
    Contro Comune di Oggiono (c.f. n. 00566690137), con il patrocinio
dell'avv. Riccardo Anania ed  elezione  di  domicilio  presso  l'avv.
Giulia Brusadelli in via Roma n. 41, Lecco - convenuto; 
    Con l'intervento di  Liguria  Societa'  di  Assicurazioni  S.p.A.
(c.f. n. 00436950109), oggi UnipolSai Assicurazioni S.p.A.  (c.f.  n.
00818570012), con patrocinio degli avv.ti Carlo Scofone e Adolfo Rosa
ed elezione di domicilio presso l'avv. Rosa in corso  Martiri  n.  3,
Lecco - terzo intervenuto. 
 
                                Fatto 
 
    L'attrice Ronzoni Srl ed il Comune di Oggiono hanno stipulato  il
15 marzo 2013 un contratto di appalto  avente  ad  oggetto  i  lavori
riqualificazione della via Papa Giovanni XXIII, per un  corrispettivo
calcolato a misura di euro 558.751,65 oltre IVA e oneri di sicurezza.
I lavori sono stati regolarmente portati a termine  e  il  27  luglio
2015 e' stato emesso il certificato di collaudo. 
    Durante  l'esecuzione  dei  lavori  l'impresa   appaltatrice   ha
iscritto sei riserve nei registri di contabilita' e le ha  confermate
in sede di sottoscrizione del conto finale in data 17 giugno 2015, ai
sensi degli articoli 190 e  191  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 207/2010 applicabili ratione temporis. Il  contenuto  e
la  quantificazione  delle  riserve  possono  essere   sinteticamente
riepilogati come segue: 
        riserva n. 1 per l'importo di euro 3.928,67: iscritta per  la
prima volta sul S.A.L. n. 1, riguarda la mancata contabilizzazione di
maggiorazioni per il lavoro notturno; 
        riserva n. 2 per l'importo di euro 11.043,62: iscritta per la
prima volta sul S.A.L. n. 1, riguarda la mancata contabilizzazione di
maggiorazioni per opere eseguite; 
        riserva n. 3 per l'importo di euro 11.163,26: iscritta per la
prima volta sul S.A.L. n. 3, riguarda la mancata contabilizzazione di
lavorazioni eseguite non previste in capitolato; 
        riserva n. 4 per l'importo di euro 157.254,45:  iscritta  per
la prima volta sul S.A.L. n. 3, riguarda lavorazioni  precedentemente
immesse in  contabilita'  in  quantita'  provvisoria  ed  in  seguito
espunte dalla contabilita' definitiva  ad  opera  del  direttore  dei
lavori, al fine di non far apparire l'incremento di spesa; 
        riserva n. 5 per l'importo di euro 238.647,51:  iscritta  per
la prima volta sul  S.A.L.  n.  3,  riguarda  l'illegittimita'  della
perizia di variante approvata a termini contrattuali gia'  scaduti  e
senza preventivo esame dell'appaltatrice,  nonostante  l'importo  dei
lavori eccedesse il cosiddetto «quinto  d'obbligo»,  con  conseguente
limitazione del diritto per l'impresa di  rifiutare  la  prosecuzione
dei lavori o di definire nuove condizioni; 
        riserva n. 6 per l'importo di euro 54.977,12: iscritta per la
prima volta sul S.A.L. n. 3,  riguardi  i  maggiori  oneri  derivanti
dalla  protrazione   della   durata   dei   lavori   addebitabile   a
responsabilita' esclusiva della committente. 
    Complessivamente, le pretese dell'impresa  appaltatrice  avanzate
tramite le riserve ammontano dunque a euro 473.751,18. 
    Il  convenuto  Comune  di  Oggiono  ha  tempestivamente  eccepito
l'inammissibilita' delle riserve ai sensi  dell'art.  240-bis,  primo
comma, del decreto legislativo  n.  163/2006,  in  forza  del  quale:
«L'importo complessivo delle riserve non puo'  in  ogni  caso  essere
superiore al venti per cento dell'importo contrattuale» (disposizione
introdotta dall'art. 4, comma 2,  lett.  hh),  del  decreto-legge  n.
70/2011 e applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame). 
    La causa e' stata istruita con l'esperimento  di  una  consulenza
tecnica d'ufficio, con incarico al c.t.u. di valutare  il  fondamento
tecnico  delle  riserve,  ed  e'  stata   trattenuta   in   decisione
all'udienza del 19 dicembre 2018. 
 
                               Diritto 
 
    A parere di questo giudicante, la decisione del presente giudizio
impone la previa rimessione degli atti alla Corte  costituzionale  in
ordine   alla   soluzione   della   questione   della    legittimita'
costituzionale  dell'art.   240-bis,   primo   comma,   del   decreto
legislativo n. 163/2006, nella  parte  in  cui  introduce  un  limite
arbitrario al valore complessivo delle riserve che  l'appaltatore  e'
legittimato a presentare, per violazione degli articoli 3, 24,  41  e
97 della Costituzione. 
    La questione prospettata risulta rilevante ai fini  del  presente
giudizio, in quanto: 
        a) l'attrice Ronzoni Srl ha iscritto in contabilita'  riserve
per un importo di  gran  lunga  superiore  al  limite  di  un  quinto
dell'importo contrattuale; 
        b) l'Amministrazione convenuta ne ha tempestivamente eccepito
l'inammissibilita'; 
        c) il consulente tecnico d'ufficio nominato da questo giudice
ha  verificato  la  parziale  fondatezza  nel  merito  delle  pretese
dell'appaltatrice, per un importo complessivo di euro 109.236,41  (di
cui: euro 3.653,68 in relazione alla riserva n. 3; euro 87.182,88  in
relazione alla riserva n. 4; euro 18.479,55 quale maggiorazione  gia'
riconosciuta in fase di collaudo); 
        d) condividendo le valutazioni del consulente tecnico, questo
giudice  dovrebbe  quindi  accertare  la  parziale  fondatezza  delle
pretese di parte attrice,  ma  il  limite  legale  all'ammissibilita'
delle riserve preclude la possibilita'  di  accertare  nel  merito  i
rispettivi crediti delle parti. 
    Per  quel  che  concerne  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione sollevata, si osserva innanzitutto  che  l'unica  possibile
interpretazione della norma in senso conforme  alla  sua  lettera  ed
alle intenzioni del legislatore sembra essere quella che  attribuisce
all'appaltatore la legittimazione ad iscrivere riserve solo fino alla
concorrenza di un  quinto  dell'importo  contrattuale  (eventualmente
aumentato in ragione delle  possibili  varianti  approvate  in  corso
d'opera). Dunque, nel caso di specie, sarebbero ammissibili  solo  le
riserve n. 1-2-3 e  non  le  altre,  tra  cui  la  n.  4  che  appare
parzialmente fondata nel merito. Invece  non  e'  convincente  quella
lettura giurisprudenziale secondo cui il predetto limite del 20%  non
sarebbe riferito  all'ammissibilita'  dell'iscrizione  della  riserva
bensi'  all'importo  complessivo  che   in   concreto   puo'   essere
riconosciuto in favore dell'appaltatore (cfr. Tribunale di Roma, Sez.
III, 23 gennaio 2017, n. 1085):  la  lettera  della  legge,  infatti,
correla espressamente il predetto limite al contenuto  delle  riserve
cioe'   al   quantum   delle   pretese   avanzate   dall'appaltatore,
valorizzando cosi' il momento della richiesta e non  il  momento  del
suo eventuale accoglimento o rigetto. 
    Del  resto  l'intenzione  del  legislatore  emerge   in   maniera
inequivocabile dalla pur sintetica relazione parlamentare al progetto
di legge, laddove si spiega che la norma «introduce un limite massimo
oltre il quale non e' possibile per l'appaltatore iscrivere  riserve.
Tale limite e' fissato  nel  20  per  cento  del  valore  complessivo
dell'appalto.   Eventuali    imprevisti    occorsi    nell'esecuzione
dell'appalto, per la quota superiore alla predetta soglia,  rientrano
nel rischio di impresa assunto in sede di gara». 
    A ben vedere,  pero',  il  richiamo  al  principio  del  «rischio
d'impresa» appare fuori luogo, per due  evidenti  ragioni.  In  primo
luogo,  l'ambito  del  rischio  d'impresa  dovrebbe  riguardare  solo
circostanze  suscettibili  di  influire  ab  externo   sul   rapporto
negoziale, mentre nel caso di specie  l'art.  240-bis  e'  idoneo  ad
incidere sul rispetto  delle  reciproche  obbligazioni  contrattuali,
impedendo all'appaltatore di iscrivere riserve derivanti da errori  e
inadempimenti addebitabili alla stazione appaltante (come  errori  di
contabilizzazione delle opere eseguite, errata indicazioni  tecniche,
sospensioni dei lavori illegittimamente statuite o negate, eccetera).
In secondo luogo, il rischio di  impresa  dell'appaltatore  non  puo'
essere illimitato,  perche'  altrimenti  il  contratto  d'appalto  si
trasformerebbe in contratto puramente aleatorio: lo  dimostra  l'art.
1664 cod. civ., che infatti opera secondo un  meccanismo  esattamente
opposto a quello  della  norma  qui  censurata,  fissando  il  limite
massimo entro cui le alterazioni  dell'equilibrio  contrattuale  sono
tollerate e ricondotte al rischio assunto dall'appaltatore; nel  caso
dell'art. 240-bis, invece, si sancisce una  sorta  di  limite  minimo
oltre il quale ogni squilibrio  del  sinallagma  contrattuale,  anche
dovuto a fatti  imprevedibili,  viene  tollerato  e  posto  a  carico
dell'appaltatore. 
    Si comprende cosi' che il principio del rischio di impresa non ha
nulla a che vedere con le finalita'  della  norma,  la  quale  appare
dettata  esclusivamente  per  ragioni  di  contenimento  della  spesa
pubblica.  Cionondimeno,  le  comprensibili  esigenze  di   bilancio,
sebbene dotate di rilievo costituzionale ai sensi dell'art. 81  della
Costituzione,  non  possono   essere   sufficienti   a   giustificare
l'ablazione dei diritti contrattuali dell'appaltatore e l'allocazione
in  capo  a  lui  di  un  rischio   sostanzialmente   illimitato   di
sopravvenuta onerosita' del contratto, in mancanza di  alcuna  tutela
sostanziale o processuale. 
    Anche in un'ottica di bilanciamento tra principi  costituzionali,
le  esigenze  di  contenimento  della  spesa  pubblica  non   possono
giustificare  la  creazione  di  una  posizione  di  cosi'   smaccato
privilegio per la stazione appaltante, alla quale viene consentito di
liberarsi dalle proprie responsabilita' non solo in  caso  di  eventi
sopravvenuti imprevedibili, ma anche in caso  di  possibili  condotte
illegittime o inadempienti,  tutte  indistintamente  ricondotte  alla
categoria del rischio d'impresa di cui l'appaltatore  dovrebbe  farsi
carico. 
    Non si puo' dimenticare che la fase di esecuzione  dei  contratti
pubblici e' oggi regolata principalmente dai  principi  privatistici,
primo fra tutti quello  del  rispetto  del  sinallagma  contrattuale,
estrinsecazione del principio costituzionale di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione. E proprio a  garanzia  dell'equilibrio
sinallagmatico  e'  concepito  l'istituto  delle  riserve,  posto   a
garanzia della conservazione della corrispettivita' delle prestazioni
a  fronte  di  costi/oneri  sostenuti  dall'affidatario   in   misura
superiore rispetto a quella  che  le  parti  avevano  originariamente
preventivato. Al contrario l'art. 240-bis introduce  la  possibilita'
di stravolgere l'equilibrio negoziale in favore  di  una  sola  delle
parti del contratto e dunque  appare  di  assai  dubbia  legittimita'
costituzionale con riferimento ai parametri di cui agli articoli 3  e
24 della Costituzione, concretandosi, sul piano sostanziale,  in  una
limitazione irragionevole delle pretese patrimoniali dell'appaltatore
e,  sul  piano   processuale,   in   una   compressione   altrettanto
inspiegabile del diritto d'azione. 
    Sotto  un  diverso  profilo,  si  ravvisa  anche  una  violazione
dell'art. 41 della Costituzione,  concretandosi  la  disposizione  in
un'ingiustificata limitazione alla liberta' d'impresa. Essa costringe
infatti l'imprenditore a sopportare il  rischio'  di  pregiudizi  del
tutto estranei alla sua sfera di controllo e dunque indirettamente lo
costringe a modificare  la  propria  organizzazione  di  impresa  per
poterne sopportare le conseguenze: si determina  cosi'  un'arbitraria
allocazione del rischio a discapito della parte privata, la quale  e'
evidentemente ritenuta meno meritevole di tutela rispetto alla  parte
pubblica. 
    La previsione normativa qui censurata sottende una valutazione di
automatica prevalenza delle esigenze pubbliche di  bilancio  rispetto
ai diritti costituzionali dell'imprenditore privato, la  quale  opera
al superamento di una soglia  fissa  obbligatoria  erga  omnes.  Cio'
comporta che, nella  gia'  menzionata  ottica  di  bilanciamento  tra
diversi  principi  di  rango  costituzionale,  viene  meno  qualsiasi
possibile    proporzionalita'    tra    l'ablazione    dei    diritti
dell'appaltatore  e  l'intento  del  legislatore   di   arginare   la
proliferazione delle riserve per contenere la spesa pubblica. 
    Infine, non si puo' omettere di segnalare  il  pericolo  che  una
disposizione    di    questo    genere    possa    incentivare     la
deresponsabilizzazione dei funzionari pubblici, attenuando il vincolo
ad adempiere con diligenza le obbligazioni gravanti su  di  essi,  in
contrasto  con  il  principio  di  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Ed invero,  se
anche puo' essere compresa l'intenzione del legislatore di  porre  un
freno a prassi deleterie per i conti pubblici, troppo spesso  gravati
da incontrollati  aumenti  della  spesa  per  contratti  di  appalto,
tuttavia tale condivisibile obiettivo deve essere perseguito mediante
disposizioni  che  migliorino  l'efficienza  dell'amministrazione   e
consentano di rendere piu' certe le  previsioni  di  spesa,  anziche'
limitarsi    a    scaricare    sull'appaltatore    le     conseguenze
dell'inefficienza del sistema. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  240-bis,  primo  comma,  del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (come modificato dall'art.
4, comma 2, lett. hh), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70) nella
parte in cui prevede che: «L'importo complessivo  delle  riserve  non
puo' in ogni caso essere superiore al venti  per  cento  dell'importo
contrattuale», per contrasto con gli articoli 3, 24, 41  e  97  della
Costituzione; 
    Sospende il procedimento; 
    Ordina alla  Cancelleria  di  trasmettere  gli  atti  alla  Corte
costituzionale, di notificare questa ordinanza alle parti in causa  e
al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di  comunicarla  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
        Lecco, 13 maggio 2019 
 
                         Il Giudice: Boerci