N. 177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 2019

Ordinanza  del  17  giugno  2019  della  Corte  di   cassazione   nel
procedimento civile promosso da E. A. S. contro Istituto nazionale di
previdenza sociale (INPS) e Comune di Cortona . 
 
Assistenza e solidarieta' sociale - Maternita' e infanzia - Straniero
  - Assegno di maternita' di base -  Requisiti  per  l'individuazione
  dei destinatari della prestazione - Previsione, per i cittadini  di
  Stati extracomunitari, della titolarita' del permesso di  soggiorno
  di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 (permesso di soggiorno
  UE per soggiornanti di lungo periodo), anziche'  della  titolarita'
  del permesso di soggiorno  e  di  lavoro  per  almeno  un  anno  in
  applicazione dell'art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998. 
- Decreto legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
  disposizioni legislative in materia  di  tutela  e  sostegno  della
  maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge
  8 marzo 2000, n. 53), art. 74. 
(GU n.44 del 30-10-2019 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                           Sezione Lavoro 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        dott. Antonio Manna, Presidente; 
        dott.ssa Enrica D'Antonio, consigliere; 
        dott. Umberto Berrino, consigliere; 
        dott. Giulio Fernandes, relatore consigliere; 
        dott.ssa Rossana Mancino, consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
27475-2015 proposto da: 
        E.  A.  S.  elettivamente  domiciliata  in   Roma,   via   di
Pietralata, 320, presso lo studio dell'avvocato Gigliola Mazza Ricci,
rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Guariso; ricorrente; 
    Contro I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in
persona  del  presidente  e  legale   rappresentante   pro   tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare  Beccaria,  29,  presso
l'Avvocatura centrale dell'Istituto,  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati  Antonietta  Coretti,  Vincenzo  Triolo,  Vincenzo   Stumpo;
controricorrente; 
    nonche' contro Comune di Cortona; intimato; 
    avverso la sentenza n. 383/2015 della Corte d'appello di Firenze,
depositata l'11 giugno 2015 R.G.N. 505/2014; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
2 aprile 2019 dal consigliere dott. Giulio Fernandes; 
    udito il pubblico ministero in persona del Sostituto  Procuratore
generale dott. Stefano Visona' che ha concluso  per  rimessione  alla
Corte costituzionale; 
    udito l'avvocato Alberto Guariso; 
    udito l'avvocato Antonietta Coretti. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    1. La Corte d'appello di Firenze,  con  sentenza  dell'11  giugno
2015, in riforma della decisione del Tribunale di  Arezzo,  rigettava
la domanda proposta  da  E.  A.  S.  -  cittadina  marocchina  -  nei
confronti  dell'INPS  e  del  Comune  di   Cortona   ed   intesa   al
riconoscimento del diritto all'assegno di maternita' ex art. 66 della
legge n. 448 del 1998 e art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001. 
    2. Ad avviso  della  Corte  territoriale  la  E.  A.  non  poteva
accedere alla provvidenza richiesta  perche'  priva  della  carta  di
soggiorno (ora permesso di soggiorno di  lungo  periodo)  in  quanto:
l'accordo euromediterraneo intercorso tra  il  Marocco  e  gli  Stati
membri della Comunita' europea  -  che  stabiliva  le  condizioni  di
reciprocita' quanto alle condizioni di lavoro, alle  retribuzioni  ed
al licenziamento - potendo trovare applicazione solo  in  favore  dei
lavoratori occupati nei rispettivi territori  ed  ivi  autorizzati  a
svolgere un'attivita' professionale salariata era  da  escludere  nel
caso  in  esame  in  cui  la  ricorrente  non  era  una   lavoratrice
subordinata; l'art. 80, comma 19 della legge n. 388 del 2000 (secondo
cui l'assegno sociale e le provvidenze economiche  che  costituiscono
diritti soggettivi in base alla legislazione vigente  in  materia  di
servizi sociali possono  essere  concessi  anche  agli  stranieri  in
possesso della carta di soggiorno, ora permesso di soggiorno  CE  per
soggiornanti  di  lungo  periodo)  era  applicabile  all'assegno   di
maternita'  in  questione  che   non   costituiva   una   prestazione
presupponente gravi situazioni di necessita' ove fosse in pericolo la
stessa  sopravvivenza  del  richiedente,   ma   era   da   ricondurre
nell'ambito delle misure tese a ridurre un disagio economico. 
    3. Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso la  E.  A.
affidato ad un unico articolato motivo cui resiste con  controricorso
l'INPS mentre il Comune di Cortona e' rimasto intimato; la ricorrente
ha depositato memoria ex art. 378 codice di procedura civile. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    4. Con l'unico articolato motivo di ricorso si deduce difetto  di
motivazione e violazione degli articoli 3, 31, 117 Cost.  laddove  la
Corte di merito ha affermato che il  ritenere  necessario  per  poter
accedere all'assegno di maternita' di cui  all'art.  74  del  decreto
legislativo n. 74 del 2001 il possesso da parte dello  straniero  del
permesso CE per lungo soggiornanti  non  fosse  in  contrasto  con  i
summenzionati articoli della Costituzione sulla scorta  di  un'errata
lettura della giurisprudenza della Corte costituzionale che,  invece,
aveva elaborato la seguente ricostruzione: in materia di  prestazioni
assistenziali  agli  stranieri,  in  particolare   quelle   volte   a
rispondere al «concreto soddisfacimento dei bisogni primari  inerenti
alla stessa sfera di tutela della persona umana», la  previsione  del
possesso da parte dello straniero del permesso di soggiorno di  lungo
periodo  era  stata  dichiarata  costituzionalmente  illegittima  non
essendo ammissibile alcuna  distinzione  sulla  scorta  dello  status
civitatis o di una determinata durata di regolare soggiorno;  quanto,
invece,  alle  prestazioni  esterne  a  tale  nucleo  essenziale   il
legislatore puo' operare delle differenze a condizione che le  stesse
rispondano  ad  un  criterio  di  «ragionevole  correlabilita'»   tra
requisito richiesto e finalita' della norma, correlabilita'  che  non
puo' essere rintracciata  nella  sola  condizione  di  straniero  del
richiedente ma neppure nella mera durata della residenza in Italia  o
in una determinata regione. Si  evidenzia,  altresi',  come  pure  la
Corte europea dei diritti dell'uomo  avesse  costantemente  affermato
l'applicabilita'   del   principio   di   non   discriminazione   per
nazionalita',  sancito  dall'art.  14  Convenzione  europea  per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
anche  alle  prestazioni  sociali,  comprese  quelle  di   tipo   non
contributivo, e, in particolare  e  con  riferimento  all'assegno  al
nucleo familiare di cui all'art. 65 della legge  n.  488/1998,  aveva
ritenuto incompatibile con gli articoli  8  e  14  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali la limitazione del medesimo ai soli  cittadini  italiani
ragion per cui non vi era alcuna ragione per negare il riconoscimento
agii stranieri privi del permesso CE di una misura di gran lunga meno
onerosa e, peraltro, collegata ad un evento di particolare  rilevanza
quale il parto. La Corte territoriale, infatti, per un  verso,  aveva
proceduto ad una interpretazione eccessivamente restrittiva di quelle
che possono  qualificarsi  come  prestazioni  volte  a  rispondere  a
bisogni essenziali delle persone e, dall'altro, aveva considerato  la
prestazione non con riferimento alla sua natura e  funzione,  bensi',
al caso di specie lasciando cosi' intendere  che  la  valutazione  di
conformita' ai precetti costituzionali e  della  Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali dovesse essere effettuato caso per  caso.  Inoltre,  non
aveva tenuto conto che la prestazione in  questione  era  predisposta
per madri in condizioni  di  poverta'  assoluta  o  relativa  e  che,
tutelando  la  maternita',  rivestiva  il  carattere  di  prestazione
essenziale; e, comunque, seppure ritenuta priva di tale carattere  di
essenzialita' limitarne l'attribuzione solo ai titolari del  permesso
CE  per  lungo  soggiornanti  non  rispondeva   al   criterio   della
«ragionevole correlabilita'». Si sottolinea, quindi, come il  giudice
del gravame avesse omesso qualsiasi valutazione sul  se  il  predetto
permesso di soggiorno fosse effettivamente il titolo  rispondente  al
criterio indicato dalla Corte costituzionale,  secondo  cui  non  era
irragionevole subordinare  l'erogazione  di  determinate  prestazioni
alla circostanza che il titolo di legittimazione dello  straniero  al
soggiorno ne dimostrasse il carattere non episodico e di breve durata
della permanenza sul territorio  dello  Stato,  valutazione  che  non
avrebbe potuto essere che negativa sia perche' se una madre era priva
di reddito e di  un'abitazione  decente  a  maggior  ragione  avrebbe
dovuto essere aiutata sia per la palese  sproporzione  del  requisito
della residenza quinquennale (nel caso in  esame,  vi  era  anche  la
prova di un  forte  radicamento  territoriale  della  ricorrente  con
l'Italia e perche' titolare di un permesso di soggiorno ultrabiennale
e perche' dal modello ISEE risultava la presenza in Italia del marito
e  di  tre  figli  minori).  Infine,  viene   rimarcata   la   omessa
considerazione  della  prescrizione  di   parita'   contenuta   nella
direttiva CE 2011/98, applicabile «ratione temporis» all'art.  12  ed
il contrasto della interpretazione avallata con la Carta dei  diritti
UE - con riferimento quantomeno agli articoli 34, 24 e 21 - e con  la
Convenzione ONU sui diritti del Fanciullo UE, art. 2 commi 1 e 2. 
    5. Questa Corte ritiene rilevante e non manifestamente  infondata
la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  74  decreto
legislativo n.  151/2001  nella  parte  in  cui,  per  gli  stranieri
extracomunitari, subordina il diritto  a  percepire  l'indennita'  di
maternita' al possesso della carta  di  soggiorno  (ora  permesso  di
soggiorno UE per soggiornanti lungo periodo), violando tale  precetto
le disposizioni di cui agli articoli  3  e  31,  nonche'  117,  primo
comma, Cost. quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e
34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo  il  12
dicembre 2007. 
    6. In punto di rilevanza, si consideri che il tenore letterale di
quest'ultima norma, la' dove riconosce l'assegno di maternita'  anche
alle madri cittadini di paesi extracomunitari purche' in possesso  di
carta di soggiorno ai sensi dell'art. 9 del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286, carta di' soggiorno di cui la E A. non disponeva
all'epoca dei fatti per cui e'  causa,  e'  tale  da  non  consentire
interpretazioni estensive costituzionalmente conformi. 
    In  proposito  si  tenga  presente  che  la  predetta,  cittadina
marocchina residente a Cortona, titolare di permesso di soggiorno per
motivi familiari, ha chiesto, quale genitore del minore B.  A.,  nato
ad ... il ..., la concessione dell'assegno di cui all'art. 74 decreto
legislativo n. 151/2001 documentando la propria posizione  reddituale
e dichiarando di non essere beneficiaria di trattamenti previdenziali
di maternita' a carico  dell'INPS  o  di  altro  ente  previdenziale.
L'Istituto le aveva negato la prestazione con  comunicazione  del  29
maggio  2013,  in  quanto  non  titolare  di   permesso   per   lungo
soggiornanti. 
    7. La questione di costituzionalita', come sopra prospettata, che
qui si intende sottoporre all'esame della  Corte  costituzionale  e',
pertanto, rilevante attesa  la  necessita'  di  diretta  applicazione
della norma, come invocata dalla ricorrente E. A. 
    Non  vi'  e'  dubbio,  infatti,  che  qualora  si  dovesse   fare
applicazione della  disposizione  appena  citata,  la  domanda  della
cittadina  extracomunitaria  dovrebbe  essere  rigettata  perche'  e'
pacifico  che,  pur  essendo  presenti  gli   ulteriori   presupposti
richiesti dalla norma per l'erogazione della prestazione, la  A.  non
e' titolare del permesso  di  lungo  soggiorno  ex  art.  9,  decreto
legislativo n. 286 del 1998, ma solo di  permesso  di  soggiorno  per
motivi familiari. 
    8. Ne' detta rilevanza deve  essere  esclusa  dalla  verifica  di
compatibilita' della norma denunciata con la previsione dell'art. 12,
paragrafo 1, lettera e), della direttiva UE 2011/98,  che  impone  la
parita' di trattamento in favore dei «lavoratori dei paesi  terzi  di
cui all'art. 3,  paragrafo  1,  lettere  b)  e  c)»  e  che,  laddove
l'incompatibilita' si evidenzi  anche  previo  ricorso  pregiudiziale
alla CGUE, conduce alla inapplicabilita' alla  fattispecie  in  esame
della disposizione in esame in ragione della prevalenza  del  diritto
euro  unitario  sul  diritto  nazionale.   Non   e',   infatti,   qui
richiamabile la direttiva citata atteso che, all'epoca dei fatti  che
hanno riguardato la A., tale direttiva non era stata ancora  recepita
dallo Stato italiano ed  anzi  ancora  non  era  scaduto  il  termine
fissato per il suo recepimento (25 dicembre 2013).  Detta  situazione
esime questo  Collegio  dal  dover  esaminare  se  il  diniego  della
corresponsione dell'indennita'  di  maternita'  di  cui  all'art.  74
decreto legislativo n. 281/2001 debba essere  valutato  in  relazione
all'art. 12 della direttiva citata, pur  dovendosi  rilevare  che  la
Corte di giustizia ha gia' affermato che, in pendenza del termine per
la trasposizione di una direttiva, gli Stati membri devono  astenersi
dall'adottare disposizioni che possano  compromettere  gravemente  il
risultato  prescritto  dalla   direttiva   stessa   (sentenza   Inter
Environnement Wallonie, punto 45). 
    9. L'art. 74 del decreto  legislativo  recita  testualmente  «Per
ogni  figlio  nato  dal  1°  gennaio  2001,  o  per  ogni  minore  in
affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla  stessa
data, alle donne residenti, cittadine italiane  o  comunitarie  o  in
possesso di carta di soggiorno  ai  sensi  dell'art.  9  del  decreto
legislativo  25  luglio   1998,   n.   286,   che   non   beneficiano
dell'indennita' di cui agli articoli 22, 66 e 70 del  presente  testo
unico, e' concesso un assegno di maternita' ...». 
    I successivi commi 4 e 5 prevedono specifici  limiti  di  reddito
per poter usufruire di tale prestazione e stabiliscono che «L'assegno
di maternita' di cui al comma 1, nonche'  l'integrazione  di  cui  al
comma 6, spetta qualora il nucleo  familiare  di  appartenenza  della
madre risulti in possesso di  risorse  economiche  non  superiori  ai
valori dell'indicatore della situazione economica (ISE),  di  cui  al
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, tabella 1, pari a lire  50
milioni  annue  con  riferimento   a   nuclei   familiari   con   tre
componenti.».  Ed  il  comma  successivo  stabilisce:   «Per   nuclei
familiari con  diversa  composizione  detto  requisito  economico  e'
riparametrato sulla base della  scala  di  equivalenza  prevista  dal
predetto decreto legislativo n. 109 del  1998,  tenendo  anche  conto
delle maggiorazioni ivi previste.». 
    Il settimo comma prevede, poi, la rivalutazione  dell'importo  al
1° gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell'indice  dei
prezzi al consumo per le famiglie di  operai  e  impiegati  calcolato
dall'ISTAT. 
    10.  Circa  la  non  manifesta  infondatezza  della   prospettata
questione   di   legittimita'   costituzionale,   va   rilevato   che
l'indennita' in esame costituisce prestazione  assistenziale  erogata
dall'INPS, una tantum, in mancanza  di  altre  prestazioni  collegate
alla maternita' e in favore di situazioni familiari meno agiate.  Ove
il genitore sia cittadino extracomunitario, si  richiede  l'ulteriore
requisito della titolarita' del permesso di lungo soggiorno ex art. 9
decreto legislativo n. 286  del  1998,  con  la  conseguenza  che  la
prestazione puo' essere erogata  solo  ai  cittadini  extracomunitari
che, ai fini dell'ottenimento  del  permesso  in  questione,  abbiano
dimostrato di disporre di un reddito non inferiore all'importo  annuo
dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai  familiari,
di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'art.  29,
comma 3, lettera b) del decreto legislativo n. 286 del 1998,  nonche'
di un alloggio idoneo e di aver superato un test di conoscenza  della
lingua italiana. 
    11. A fronte  di  cio',  e  segnatamente  della  limitazione  dei
possibili beneficiari in ragione della fruizione di redditi modesti o
addirittura estremamente bassi, non pare seriamente dubitabile che la
prestazione in esame costituisca un sostegno economico in un  momento
in cui le esigenze della persona sono maggiori, sostegno  finalizzato
a soddisfare bisogni essenziali collegati alla nascita o all'adozione
di un bambino,  in  un  contesto  caratterizzato  da  redditi  bassi,
rappresentando un aiuto che  puo'  essere  determinante  al  fine  di
evitare che una madre  possa  trovarsi,  al  momento  del  parto,  in
condizioni di poverta' assoluta. 
    12.  La  disposizione   suscita   il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 3  Cost.,  sotto  il  profilo
della irragionevolezza e della disparita' di  trattamento,  dell'art.
31  Cost.  e  dell'art.  117,  primo  comma  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea. 
    13. Sotto il profilo della possibile violazione dell'art 3  Cost.
la  norma  appare  introdurre   un'ingiustificata   e   irragionevole
disparita'  di  trattamento  tra  cittadini  italiani  e   stranieri,
legalmente soggiornanti in Italia,  prevedendo  solo  per  i  secondi
l'ulteriore requisito di essere in possesso della carta di soggiorno,
ora soggiornanti di lungo periodo, escludendo,  contraddittoriamente,
dalla fruizione della medesima prestazione sociale, pur a  fronte  di
situazioni di parita'  di  bisogno,  intere  categorie  di  soggetti,
selezionati non in base all'entita' o alla natura del bisogno, ma  ad
un  criterio  privo  di  ogni  collegamento  con  questo,  quale   la
titolarita' del permesso di lungo soggiorno che presuppone una durata
pregressa della residenza in Italia almeno quinquennale,  un  reddito
comunque almeno pari all'importo dell'assegno  sociale,  un  alloggio
idoneo e la conoscenza della lingua italiana: determinando, con cio',
l'esclusione di  chi  si  trovi  in  situazione  di  maggior  bisogno
rispetto a tale categoria e disparita' di trattamento tra  situazioni
identiche o analoghe, lesive del principio di eguaglianza. 
    Non appare, invero, sussistere  alcuna  ragionevole  correlazione
tra la residenza protratta nel tempo e la funzione della  prestazione
in esame avente il ruolo di sostegno  economico  volto  a  soddisfare
bisogni immediati e indifferibili, a fronteggiare  esigenze  primarie
legate  alla  nascita  di  un  bambino  o  alla  sua  adozione,  poco
influenzati dalla sussistenza o meno del radicamento  nel  territorio
dello stato. 
    14. Inoltre, la disposizione in esame non si  raccorda  in  alcun
modo con la previsione contenuta nell'art. 41 del decreto legislativo
n. 286 del  1998  (disposizione  appartenente  all'insieme  di  norme
contenute nel testo unico che l'art. 1,  comma  4,  definisce  «norme
fondamentali di riforma  economico-sociale  della  Repubblica»)  che,
riconosce in linea  generale  parita'  di  trattamento,  rispetto  ai
cittadini italiani, in materia di  assistenza  sociale  ai  cittadini
extracomunitari titolari di permesso di soggiorno e di lavoro  validi
per almeno un anno. 
    Si osservi che, comunque, la previsione dell'art. 41 citato,  nel
prevedere una permanenza almeno annuale, esclude eventuali timori  di
erogazione dell'assegno anche a favore di stranieri  solo  del  tutto
momentaneamente in Italia. 
    15. Neppure le considerazioni svolte nella recente sentenza della
Corte  costituzionale  n.  50  del  2019,  in  tema  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge n.  388  del  2000
nella parte  in  cui  subordina  il  diritto  a  percepire  l'assegno
sociale, per gli stranieri  extracomunitari  alla  titolarita'  della
carta di soggiorno (ora  permesso  di  lungo  soggiorno)  pare  possa
risolvere il dubbio  di  costituzionalita'  relativo  alla  norma  in
esame.  Infatti,  in  tale  occasione,  il  soddisfacimento  di  tale
condizione per il solo straniero extracomunitario e'  stata  ritenuta
non irragionevole in base al fatto che l'assegno  sociale  e'  misura
che, rivolgendosi a chiunque abbia compiuto 65 anni di eta', persegue
finalita' peculiari e diverse rispetto a quelle proprie delle  misure
di assistenza legate a specifiche esigenze di  tutela  sociale  della
persona che  non  tollerano  discriminazioni,  come  nel  caso  delle
invalidita' psicofisiche. Ha,  in  particolare,  affermato  la  Corte
costituzionale, nella sentenza da  ultimo  citata,  che  «[...]  Tali
persone ottengono infatti, alle  soglie  dell'uscita  dal  mondo  del
lavoro, un sostegno da parte della collettivita'  nella  quale  hanno
operato (non a caso il legislatore esige in capo al cittadino  stesso
una  residenza  almeno  decennale  in  Italia),  che  e'   anche   un
corrispettivo  solidaristico  per  quanto  doverosamente  offerto  al
progresso materiale o spirituale della societa' (art. 4 Cost.).». 
    Nella citata pronuncia  si  e',  tuttavia,  specificato  che  «la
Costituzione  impone   di   preservare   l'uguaglianza   nell'accesso
all'assistenza sociale tra cittadini  italiani  e  comunitari  da  un
lato, e cittadini extracomunitari dall'altro, soltanto con riguardo a
servizi  e  prestazioni  che,  nella  soddisfazione  di  "un  bisogno
primario dell'individuo che non tollera  un  distinguo  correlato  al
radicamento territoriale" (sentenza n. 222 del 2013),  riflettano  il
godimento dei diritti inviolabili della persona.  Per  questa  parte,
infatti, la prestazione non e' tanto una  componente  dell'assistenza
sociale (che l'art. 38, primo comma, Cost. riserva  al  "cittadino"),
quanto un necessario strumento di garanzia di un diritto  inviolabile
della persona (art. 2 Cost.).». 
    Sembra invero che la  tutela  della  maternita'  anche  sotto  il
profilo  del  sostegno  economico  al  momento  della  nascita  possa
rientrare nella definizione  di  cui  sopra,  cui  secondo  la  Corte
costituzionale, deve essere subordinata la  parita'  di  trattamento.
Decisiva  risulta  essere,  a  riguardo,  la  considerazione  che  la
maternita' gode di una diretta tutela costituzionale. 
    16.  Il  profilo  di  irragionevolezza  appena  illustrato  e  la
disparita' di trattamento che ne consegue, in definitiva,  dovrebbero
condurre alla declaratoria  di  incostituzionalita',  per  violazione
dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 74, legge n. 151/2001 nella
parte in cui richiede  ai  soli  cittadini  extracomunitari  ai  fini
dell'erogazione dell'indennita' di maternita'  anche  la  titolarita'
del permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso
di soggiorno e di lavoro per almeno un  anno  in  applicazione  della
disposizione generale contenuta nell'art. 41 decreto  legislativo  n.
286 del 1998, norma che rappresenta l'equilibrato  bilanciamento  tra
il diritto dell'extra comunitario di fruire, a parita' di trattamento
con i cittadini italiani, delle misure di assistenza  sociale  ed  il
riscontro di una presenza dello stesso non temporanea  ne'  episodica
sul territorio nazionale. 
    17. La norma in esame deve essere  valutata  anche  in  relazione
all'art.  31  della  Cost.  giacche'  l'irragionevole  disparita'  di
trattamento,  che  genera  la  norma  denunciata  nel  riguardi   dei
cittadini extracomunitari,  produce  anche  l'effetto  di  violare  i
diritti  protetti  dall'art.  31  della  Costituzione,   laddove   la
Repubblica si e' fatta carico di agevolare con  misure  economiche  e
altre provvidenze la formazione della famiglia  e  di  proteggere  la
maternita'  e  l'infanzia.  La  maternita',  in  quanto  oggetto   di
specifica tutela costituzionale, non puo' restare priva di ogni forma
di tutela come avverrebbe per le ipotesi a cui si riferisce l'art. 74
in esame, da inserirsi nel  quadro  dei  diritti  fondamentali  della
persona. 
    E' evidente, infatti, che  la  richiesta  della  titolarita'  del
permesso di lungo soggiorno per l'erogazione di un sostegno economico
al momento della nascita del bambino o della sua  adozione  impedisce
di  fatto  e  irrimediabilmente  la  realizzazione   della   garanzia
costituzionale per quei figli e per quelle famiglie  in  cui  nessuno
dei genitori e' in possesso del  permesso  di  lungo  soggiorno,  pur
trovandosi le stesse famiglie in modo non episodico  o  temporaneo  a
risiedere in territorio nazionale e vivendo nelle  medesime,  se  non
peggiori, condizioni economiche. 
    L'effetto, inevitabile, pare essere quello  di  negare  per  tali
nuclei  familiari  e  per  i   loro   nuovi   nati,   in   radice   e
irrimediabilmente,  la  realizzazione  dei  diritto   sancito   dalla
Costituzione  con  effetti  disgreganti  del  tessuto  sociale  della
nazione nel nucleo originario ed essenziale della famiglia. 
    18. Quanto ai profili comunitari va  rilevato  che  la  norma  in
esame pare violare anche l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione
agli articoli 20, 21,  24,  33  e  34  CDFUE,  che,  rispettivamente,
enunciano   il   principio   di   uguaglianza   e   il   divieto   di
discriminazioni, anche per cittadinanza, riconoscono il  diritto  dei
bambini  «alla  protezione  e  alle  cure  necessarie  per  il   loro
benessere», garantiscono «la  protezione  della  famiglia  sul  piano
giuridico, economico e sociale» nonche' riconoscono  «il  diritto  di
accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e  ai  servizi  sociali
che assicurano protezione». 
    Non e' invece qui richiamabile, come prima si  e'  precisato,  la
direttiva 2011/98. 
    19.  Consegue  alle  argomentazioni  sin  qui  svolte  che   deve
dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 74 del  decreto  legislativo  n
151/2001, in relazione agli articoli 3 Cost., 31 Cost. e  117,  primo
comma, Cost. quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e
34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo  il  12
dicembre  2007,  nella  parte  in  cui  richiede  ai  soli  cittadini
extracomunitari,   ai   fini   dell'erogazione   dell'indennita'   di
maternita', anche la titolarita' del  permesso  unico  di  soggiorno,
anziche' la titolarita' del permesso di soggiorno  e  di  lavoro  per
almeno un anno, in applicazione della disposizione generale contenuta
nell'art. 41, decreto legislativo n. 286 del 1998. 
    A norma dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,  va  dichiarata
la sospensione del presente procedimento con l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria provvedera' alla
notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente
del Consiglio dei ministri  e  alla  comunicazione  della  stessa  ai
presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di cassazione,  visti  l'art.  134  della  Costituzione,
l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  rilevante  e   non
manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 74, decreto  legislativo  n.  151/2001  in  relazione  agli
articoli 3 Cost., 31 Cost. e 117, primo comma, Cost. quest' ultimo in
relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata  a  Nizza  il  7
dicembre 2000 e adattata a Strasburgo  il  12  dicembre  2007,  nella
parte in cui richiede  ai  soli  cittadini  extracomunitari  ai  fini
dell'erogazione dell'indennita' di maternita'  anche  la  titolarita'
del permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso
di soggiorno e di lavoro per almeno un anno in applicazione dell'art.
41, decreto legislativo n. 286 del 1998. 
    Sospende il presente procedimento. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23,
ultimo comma, legge 11  marzo  1953,  n.  87  e  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
        Cosi deciso in Roma il 2 aprile 2019. 
 
                        Il Presidente: Manna