N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 2019

Ordinanza  del  17  giugno  2019  della  Corte  di   cassazione   nel
procedimento civile promosso dall'Istituto  nazionale  di  previdenza
sociale (INPS) contro A. S. o S. e Comune di Firenze.. 
 
Assistenza e solidarieta' sociale - Maternita' e infanzia - Straniero
  - Assegno di maternita' di base -  Requisiti  per  l'individuazione
  dei destinatari della prestazione - Previsione, per i cittadini  di
  Stati extracomunitari, della titolarita' del permesso di  soggiorno
  di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 (permesso di soggiorno
  UE per soggiornanti di lungo periodo), anziche'  della  titolarita'
  del permesso di soggiorno  e  di  lavoro  per  almeno  un  anno  in
  applicazione dell'art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998. 
- Decreto legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
  disposizioni legislative in materia  di  tutela  e  sostegno  della
  maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge
  8 marzo 2000, n. 53), art. 74. 
(GU n.44 del 30-10-2019 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
 
                           Sezione lavoro 
 
    composta dagli illustrissimi signori magistrati: 
        dott. Antonio Manna - Presidente; 
        dott.ssa Enrica D'Antonio - rel. consigliere; 
        dott. Umberto Berrino - consigliere; 
        dott. Giulio Fernandes - consigliere; 
        dott.ssa Rossana Mancino - consigliere; 
ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  interlocutoria  sul  ricorso
16844-2016 proposto da: 
        I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza sociale, in  persona
del Presidente e legale  rappresentante  pro  tempore,  elettivamente
domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria n. 29,  presso  l'Avvocatura
centrale  dell'istituto,  rappresentato  e  difeso  dagli   avvocati,
Antonietta Coretti, Vincenzo Triolo, Vincenzo Stumpo - ricorrente; 
    Contro A. S. o S., Comune di Firenze - intimati; 
    Avverso la sentenza n. 21/2016 della Corte d'appello di  Firenze,
depositata il 14 gennaio 2016 R.G.N. 405/2015; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
2 aprile 2019 dal consigliere dott. Enrica D'Antonio; 
    Udito il pubblico ministero in persona del sostituto  Procuratore
generale dott. Stefano Visona', che ha concluso per: rimessione  alla
Corte costituzionale; 
    Udito l'avvocato Antonietta Coretti. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
      1. La Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza  del
tribunale  che  aveva  riconosciuto  ad  A.  S.,  cittadina  macedone
residente a Firenze, l'assegno di maternita' ex art. 74  del  decreto
legislativo n. 151/2001  per  la  nascita  della  bambina,  cittadina
italiana in quanto figlia di  padre  italiano.  L'assegno  era  stato
negato dall'INPS perche' in Italia A. S. aveva soltanto  un  permesso
per motivi familiari di durata biennale e non la carta di soggiorno e
non poteva neppure definirsi familiare di  cittadino  comunitario  ai
sensi dell'art. 2 del decreto legislativo n. 30/2007. 
    Invece la Corte territoriale, rilevato che la A.  era  convivente
con il padre italiano della bambina  e  iscritta  all'anagrafe  nella
medesima famiglia, ha ricondotto tale situazione sotto la  previsione
di cui al citato art. 2 del decreto legislativo n.  30/2007,  lettera
B) n. 2, relativa al «partner che abbia contratto  con  il  cittadino
dell'Unione un'unione registrata». 
    Trattandosi di tutelare la maternita', secondo la Corte d'appello
la norma citata doveva interpretarsi nel senso piu' ampio possibile e
in modo tale da avere un  significato  nel  nostro  ordinamento;  che
pertanto,  nel  caso  concreto  la  A.  al  momento   della   domanda
amministrativa aveva diritto alla carta di soggiorno per i  familiari
del cittadino comunitario, essendo irrilevante che detta carta non le
fosse stata ancora rilasciata (il che era poi avvenuto il  19  maggio
2015) e che, per di piu', tale  carta  le  poteva  essere  rilasciata
anche quale ascendente diretta di cittadina italiana. 
    2. Contro la sentenza ha proposto  ricorso  l'INPS  con  un  solo
motivo. La A. e' rimasta intimata. La Procura  generale  ha  concluso
chiedendo sollevarsi questione di legittimita' costituzionale. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    3. Con l'unico  motivo  di  ricorso  l'INPS  denuncia  violazione
dell'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001 e  dell'art.  2  del
decreto legislativo n. 30/2007 affermando sia  l'inapplicabilita'  di
tale   ultima   fonte   al   caso   in   esame   sia   l'infondatezza
dell'interpretazione accolta dalla Corte territoriale con riferimento
alla nozione di familiare. 
    4. Questa Corte ritiene rilevante e non manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del  decreto
legislativo n.  151/2001  nella  parte  in  cui,  per  gli  stranieri
extracomunitari, subordina il diritto  a  percepire  l'indennita'  di
maternita' al possesso della carta  di  soggiorno  (ora  permesso  di
soggiorno UE per soggiornanti lungo periodo), violando tale  precetto
le disposizioni di cui agli articoli  3  e  31,  nonche'  117,  primo
comma, della Costituzione quest'ultimo in relazione agli articoli 20,
21, 24, 31 e 34 della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e  adattata  a
Strasburgo il 12 dicembre 2007. 
    5. In punto di rilevanza, si consideri che il tenore letterale di
quest'ultima norma, la' dove riconosce l'assegno di maternita'  anche
alle madri cittadini di Paesi extracomunitari purche' in possesso  di
carta di soggiorno ai sensi dell'art. 9 del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286, carta di soggiorno di cui la  A.  non  disponeva
all'epoca dei fatti per cui e'  causa,  e'  tale  da  non  consentire
interpretazioni estensive costituzionalmente conformi. 
    In proposito si tenga  presente  che  la  A.  cittadina  macedone
residente a Firenze, titolare di permesso  di  soggiorno  per  motivi
familiari, ha chiesto, quale genitore della minore S. M., nata a  ...
(...) il ... e cittadina italiana in quanto figlia di padre italiano,
la  concessione  dell'assegno  di   cui   all'art.   74   del decreto
legislativo n. 151/2001 documentando la propria posizione  reddituale
e dichiarando di non essere beneficiaria di trattamenti previdenziali
di maternita' a carico  dell'INPS.  L'istituto  le  aveva  negato  la
prestazione con comunicazione del 4  dicembre  2013,  in  quanto  non
titolare di permesso per lungo soggiornanti, pur  essendo  invece  in
possesso  degli  altri  requisiti  e,  in  particolare,   di   quello
reddituale. 
    6. La Corte territoriale ha accolto la domanda con argomenti  che
poggiano su un'interpretazione della norma non condivisibile in  base
alla quale la prestazione poteva essere riconosciuta alla  ricorrente
A. quale familiare di cittadino comunitario  ai  sensi  dell'art.  1,
lettera B), del decreto legislativo n. 30/2007. 
    A prescindere dalla questione, solo ipotizzata da parte dell'INPS
senza adeguata motivazione,  dell'inapplicabilita'  dell'art.  1  del
decreto legislativo n.  30/2007,  la  fattispecie  in  esame  non  e'
riconducibile ne' alla figura di familiare di  cui  al  n.  2  ne'  a
quella successiva di cui al n. 4) della disposizione citata. 
    La prima si riferisce agli «ascendenti diretti a carico e  quelli
del coniuge o partner di cui alla lettera B». La ricorrente, infatti,
pur essendo ascendente di cittadina italiana - la figlia  come  sopra
detto e' cittadina italiana - sicuramente non e'  carico  di  questa,
considerato che trattasi di neonata. 
    Ne' e' configurabile la seconda ipotesi  di  cui  al  n.  4,  che
individua  «il  partner  che  abbia  contratto   con   il   cittadino
dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno
Stato membro, qualora la legislazione dello  Stato  membro  ospitante
equipari l'unione registrata  al  matrimonio  e  nel  rispetto  delle
condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato  membro
ospitante». La lettera  della  norma  e'  chiara  nel  richiedere  la
presenza di un'unione registrata secondo la legislazione degli  stati
e, pertanto, la mera convivenza con il padre italiano  della  bambina
non e' riconducibile  all'ipotesi  ben  specifica  considerata  dalla
norma. 
    7. La questione di costituzionalita', come sopra prospettata, che
qui si intende sottoporre all'esame della  Corte  costituzionale  e',
pertanto, rilevante attesa  la  necessita'  di  diretta  applicazione
della norma, come invocata dalla ricorrente A. 
    Non  vi  e'  dubbio,  infatti,  che  qualora  si   dovesse   fare
applicazione della  disposizione  appena  citata,  la  domanda  della
cittadina  extracomunitaria  dovrebbe  essere  rigettata  perche'  e'
pacifico  che,  pur  essendo  presenti  gli   ulteriori   presupposti
richiesti dalla norma per l'erogazione della prestazione, la  A.  non
e' titolare del permesso di lungo soggiorno ex  art.  9  del  decreto
legislativo n. 286 del 1998, ma solo di  permesso  di  soggiorno  per
motivi familiari. 
    8. Ne' detta rilevanza deve  essere  esclusa  dalla  verifica  di
compatibilita' della norma denunciata con la previsione dell'art. 12,
paragrafo 1 lettera e), della direttiva UE n. 2011/98, che impone  la
parita' di trattamento in favore dei «lavoratori dei Paesi  terzi  di
cui all'art. 3  paragrafo  1,  lettera  ,b)  e  c)»  e  che,  laddove
l'incompatibilita' si evidenzi  anche  previo  ricorso  pregiudiziale
alla CGUE, conduce alla inapplicabilita' alla  fattispecie  in  esame
della disposizione in esame in ragione della prevalenza  del  diritto
euro  unitario  sul  diritto  nazionale.   Non   e',   infatti,   qui
richiamabile la direttiva citata atteso che, all'epoca dei fatti  che
hanno riguardato la  ...  ,  tale  direttiva  non  era  stata  ancora
recepita dallo Stato italiano ed  anzi  ancora  non  era  scaduto  il
termine fissato per il suo  recepimento  (25  dicembre  2013).  Detta
situazione esime questo Collegio dal dover esaminare  se  il  diniego
della corresponsione dell'indennita' di maternita' di cui all'art. 74
del  decreto  legislativo  n.  281/2001  debba  essere  valutato   in
relazione all'art. 12 della direttiva citata, pur dovendosi  rilevare
che la Corte di giustizia ha gia'  affermato  che,  in  pendenza  del
termine per la trasposizione  di  una  direttiva,  gli  Stati  membri
devono astenersi dall'adottare disposizioni che possano compromettere
gravemente il risultato prescritto dalla direttiva  stessa  (sentenza
Inter Environnement Wallonie, punto 45). 
    9. L'art. 74 del decreto  legislativo  recita  testualmente  «Per
ogni  figlio  nato  dal  1°  gennaio  2001,  o  per  ogni  minore  in
affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla  stessa
data, alle donne residenti, cittadine italiane  o  comunitarie  o  in
possesso di carta di soggiorno  ai  sensi  dell'art.  9  del  decreto
legislativo  25  luglio   1998,   n.   286,   che   non   beneficiano
dell'indennita' di cui agli articoli 22, 66 e 70 del  presente  testo
unico, e' concesso un assegno di maternita' ..». 
    I successivi commi 4 e 5 prevedono specifici  limiti  di  reddito
per  poter  usufruire  di'  tale  prestazione  e   stabiliscono   che
«L'assegno di maternita' di cui al comma 1, nonche' l'integrazione di
cui al comma 6, spetta qualora il nucleo  familiare  di  appartenenza
della madre risulti in possesso di risorse economiche  non  superiori
ai valori dell'indicatore della situazione economica (ISE), di cui al
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, tabella 1, pari a lire  50
milioni annue con riferimento a nuclei familiari con tre componenti.»
ed il comma successivo stabilisce: «Per nuclei familiari con  diversa
composizione detto requisito economico e'  riparametrato  sulla  base
della scala di equivalenza prevista dal predetto decreto  legislativo
n.  109  del  1998,  tenendo  anche  conto  delle  maggiorazioni  ivi
previste.». 
    Il settimo comma prevede, poi, la rivalutazione  dell'importo  al
1° gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell'indice  dei
prezzi al consumo per le famiglie di  operai  e  impiegati  calcolato
dall'ISTAT. 
    10.  Circa  la  non  manifesta  infondatezza  della   prospettata
questione   di   legittimita'   costituzionale,   va   rilevato   che
l'indennita' in esame costituisce prestazione  assistenziale  erogata
dall'INPS, una tantum, in mancanza  di  altre  prestazioni  collegate
alla maternita' e in favore di situazioni familiari meno agiate.  Ove
il genitore sia cittadino extracomunitario, si  richiede  l'ulteriore
requisito della titolarita' del permesso di lungo soggiorno ex art. 9
del decreto legislativo n. 286 del 1998, con la  conseguenza  che  la
prestazione puo' essere erogata  solo  ai  cittadini  extracomunitari
che, ai fini dell'ottenimento  del  permesso  in  questione,  abbiano
dimostrato di disporre di un reddito non inferiore all'importo  annuo
dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai  familiari,
di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'art.  29,
comma 3, lettera b) del decreto legislativo n. 286 del 1998,  nonche'
di' un alloggio idoneo e di aver superato un test di conoscenza della
lingua italiana. 
    11. A fronte  di  cio',  e  segnatamente  della  limitazione  dei
possibili beneficiari in ragione della fruizione di redditi modesti o
addirittura estremamente bassi, non pare seriamente dubitabile che la
prestazione in esame costituisca un sostegno economico in un  momento
in cui le esigenze della persona sono maggiori, sostegno  finalizzato
a soddisfare bisogni essenziali collegati alla nascita o all'adozione
di un bambino,  in  un  contesto  caratterizzato  da  redditi  bassi,
rappresentando un aiuto che  puo'  essere  determinante  al  fine  di
evitare che una madre  possa  trovarsi,  al  momento  del  parto,  in
condizioni di poverta' assoluta. 
    12.  La  disposizione   suscita   il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 3 della  Costituzione,  sotto
il profilo della irragionevolezza e della disparita' di  trattamento,
dell'art. 31 della Costituzione e dell'art. 117,  primo  comma  della
Costitutzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31
e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    13. Sotto profilo della possibile violazione  dell'art.  3  della
Costituzione  la  norma   appare   introdurre   un'ingiustificata   e
irragionevole disparita' di  trattamento  tra  cittadini  italiani  e
stranieri, legalmente soggiornanti in Italia, prevedendo solo  per  i
secondi l'ulteriore requisito di essere in possesso  della  carta  di
soggiorno,   ora   soggiornanti   di   lungo   periodo,   escludendo,
contraddittoriamente,  dalla  fruizione  della  medesima  prestazione
sociale, pur a fronte di situazioni di  parita'  di  bisogno,  intere
categorie di soggetti, selezionati non in  base  all'entita'  o  alla
natura del bisogno, ma ad un criterio privo di ogni collegamento  con
questo, quale la titolarita' del  permesso  di  lungo  soggiorno  che
presuppone una durata pregressa  della  residenza  in  Italia  almeno
quinquennale,   un   reddito   comunque   almeno   pari   all'importo
dell'assegno sociale, un alloggio idoneo e la conoscenza della lingua
italiana: determinando, con cio', l'esclusione di  chi  si  trovi  in
situazione di maggior bisogno rispetto a tale categoria e  disparita'
di trattamento  tra  situazioni  identiche  o  analoghe,  lesive  del
principio di eguaglianza. 
    Non appare, invero, sussistere  alcuna  ragionevole  correlazione
tra la residenza protratta nel tempo e la funzione della  prestazione
in esame avente il ruolo di sostegno  economico  volto  a  soddisfare
bisogni immediati e indifferibili, a fronteggiare  esigenze  primarie
legate  alla  nascita  di  un  bambino  o  alla  sua  adozione,  poco
influenzati dalla sussistenza o meno del radicamento  nel  territorio
dello Stato. 
    14. Inoltre, la disposizione in esame non si  raccorda  in  alcun
modo con la previsione contenuta nell'art. 41 del decreto legislativo
n. 286 del  1998  (disposizione  appartenente  all'insieme  di  norme
contenute nel testo unico che l'art. 1,  comma  4,  definisce  «norme
fondamentali di riforma  economico-sociale  della  Repubblica»)  che,
riconosce in linea  generale  parita'  di  trattamento,  rispetto  ai
cittadini italiani, in materia di  assistenza  sociale  ai  cittadini
extracomunitari titolari di permesso di soggiorno e di lavoro  validi
per almeno un anno. 
    Si osservi che, comunque, la previsione dell'art. 41 citato,  nel
prevedere una permanenza almeno annuale, esclude eventuali timori  di
erogazione dell'assegno anche a favore di stranieri  solo  dei  tutto
momentaneamente in Italia. 
    15. Neppure le considerazioni svolte nella recente sentenza della
Corte  costituzionale  n.  50  del  2019,  in  tema  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge n.  388  del  2000
nella parte in cui subordina diritto a percepire  l'assegno  sociale,
per gli stranieri extracomunitari alla  titolarita'  della  carta  di
soggiorno (ora permesso di lungo soggiorno) pare possa  risolvere  il
dubbio di costituzionalita' relativo alla norma in esame. Infatti, in
tale occasione, il soddisfacimento di tale  condizione  per  il  solo
straniero extracomunitario e' stata  ritenuta  non  irragionevole  in
base al fatto che l'assegno sociale e'  misura  che,  rivolgendosi  a
chiunque abbia compiuto 65 anni di eta', persegue finalita' peculiari
e diverse rispetto a quelle proprie delle misure di assistenza legate
a specifiche  esigenze  di  tutela  sociale  della  persona  che  non
tollerano  discriminazioni,   come   nel   caso   delle   invalidita'
psicofisiche. Ha, in particolare, affermato la Corte  costituzionale,
nella sentenza da ultimo citata, citata  che  «  [...]  Tali  persone
ottengono infatti, alle soglie dell'uscita dal mondo del  lavoro,  un
sostegno da parte della collettivita' nella quale hanno operato  (non
a caso il legislatore esige in capo al cittadino stesso una residenza
almeno  decennale  in  Italia),  che  e'   anche   un   corrispettivo
solidaristico per quanto doverosamente offerto al progresso materiale
o spirituale della societa' (art. 4 della Costituzione)». 
    Nella citata pronuncia  si  e',  tuttavia,  specificato  che  «la
Costituzione  impone   di   preservare   l'uguaglianza   nell'accesso
all'assistenza sociale tra cittadini  italiani  e  comunitari  da  un
lato, e cittadini extracomunitari dall'altro, soltanto con riguardo a
servizi  e  prestazioni  che,  nella  soddisfazione  di  «un  bisogno
primario dell'individuo che non tollera  un  distinguo  correlato  al
radicamento territoriale» (sentenza n. 222 del 2013),  riflettano  il
godimento dei diritti inviolabili della persona.  Per  questa  parte,
infatti, la prestazione non e' tanto una  componente  dell'assistenza
sociale (che l'art. 38, primo comma, della  Costituzione  riserva  al
«cittadino»), quanto  un  necessario  strumento  di  garanzia  di  un
diritto inviolabile della persona (art. 2 della Costituzione)». 
    Sembra invero che la  tutela  della  maternita'  anche  sotto  il
profilo  del  sostegno  economico  al  momento  della  nascita  possa
rientrare nella definizione  di  cui  sopra,  cui  secondo  la  Corte
costituzionale, deve essere subordinata la  parita'  di  trattamento.
Decisiva  risulta  essere,  a  riguardo,  la  considerazione  che  la
maternita' gode di una diretta tutela costituzionale. 
    16.  Il  profilo  di  irragionevolezza  appena  illustrato  e  la
disparita' di trattamento che ne consegue, in definitiva,  dovrebbero
condurre alla declaratoria  di  incostituzionalita',  per  violazione
dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 74 legge n. 151/2001  nella
parte in cui richiede  ai  soli  cittadini  extracomunitari  ai  fini
dell'erogazione dell'indennita' di maternita'  anche  la  titolarita'
del permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso
di soggiorno e di lavoro per almeno un  anno  in  applicazione  della
disposizione generale contenuta nell'art. 41 del decreto  legislativo
n. 286 del 1998, norma che  rappresenta  l'equilibrato  bilanciamento
tra il  diritto  dell'extra  comunitario  di  fruire,  a  parita'  di
trattamento con i cittadini  italiani,  delle  misure  di  assistenza
sociale ed il riscontro di una presenza dello stesso  non  temporanea
ne' episodica sul territorio nazionale. 
    17. La norma in esame deve essere  valutata  anche  in  relazione
all'art. 31 della Costituzione giacche' l'irragionevole disparita' di
trattamento,  che  genera  la  norma  denunciata  nei  riguardi   dei
cittadini extracomunitari,  produce  anche  l'effetto  di  violare  i
diritti  protetti  dall'art.  31  della  Costituzione,   laddove   la
Repubblica si e' fatta carico di agevolare con  misure  economiche  e
altre provvidenze la formazione della famiglia  e  di  proteggere  la
maternita'  e  l'infanzia.  La  maternita',  in  quanto  oggetto   di
specifica tutela costituzionale, non puo' restare priva di ogni forma
di tutela come avverrebbe per le ipotesi a cui si riferisce l'art. 74
in esame, da inserirsi nel  quadro  dei  diritti  fondamentali  della
persona. 
    E' evidente, infatti, che  la  richiesta  della  titolarita'  del
permesso di lungo soggiorno per l'erogazione di un sostegno economico
al momento della nascita del bambino o della sua  adozione  impedisce
di  fatto  e  irrimediabilmente  la  realizzazione   della   garanzia
costituzionale per quei figli e per quelle famiglie  in  cui  nessuno
dei genitori e' in possesso del  permesso  di  lungo  soggiorno,  pur
trovandosi le stesse famiglie in modo non episodico  o  temporaneo  a
risiedere in territorio nazionale e vivendo nelle  medesime,  se  non
peggiori, condizioni economiche. 
    L'effetto, inevitabile, pare essere quello  di  negare  per  tali
nuclei  familiari  e  per  i   loro   nuovi   nati,   in   radice   e
irrimediabilmente,  la  realizzazione  del  diritto   sancito   dalla
Costituzione  con  effetti  disgreganti  del  tessuto  sociale  della
Nazione nel nucleo originario ed essenziale della famiglia. 
    18. Quanto ai profili comunitari va  rilevato  che  la  norma  in
esame pare violare anche l'art. 117, primo comma, della Costituzione,
in  relazione  agli  articoli  20,  21,  24,  33  e  34  CDFUE,  che,
rispettivamente, enunciano il principio di uguaglianza e  il  divieto
di discriminazioni, anche per cittadinanza,  riconoscono  il  diritto
dei bambini «alla protezione e  alle  cure  necessarie  per  il  loro
benessere», garantiscono «la  protezione  della  famiglia  sul  piano
giuridico, economico e sociale» nonche' riconoscono  «il  diritto  di
accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e  ai  servizi  sociali
che assicurano protezione». 
    Non e' invece qui richiamabile, come prima si  e'  precisato,  la
direttiva n. 2011/98. 
    19.  Consegue  alle  argomentazioni  sin  qui  svolte  che   deve
dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 74 del decreto  legislativo  n.
151/2001, in relazione agli articoli 3 della Costituzione,  31  della
Costituzione e 117, primo comma, della Costituzione  quest'ultimo  in
relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata  a  Nizza  il  7
dicembre 2000 e adattata a Strasburgo  il  12  dicembre  2007,  nella
parte in cui richiede ai  soli  cittadini  extracomunitari,  ai  fini
dell'erogazione dell'indennita' di maternita', anche  la  titolarita'
del permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso
di soggiorno e di lavoro per almeno un anno,  in  applicazione  della
disposizione generale contenuta nell'art. 41 del decreto  legislativo
n. 286 del 1998. 
    A norma dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,  va  dichiarata
la sospensione del presente procedimento con l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria provvedera' alla
notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente
del Consiglio dei ministri  e  alla  comunicazione  della  stessa  ai
Presidenti della Camera del deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di cassazione,  visti  l'art.  134  della  Costituzione,
l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  rilevante  e   non
manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001  in  relazione  agli
articoli 3 della Costituzione, 31 della  Costituzione  e  117,  primo
comma, della Costituzione quest'ultimo in relazione agli articoli 20,
21, 24, 31 e 34 della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e  adattata  a
Strasburgo il 12 dicembre 2007, nella parte in cui richiede  ai  soli
cittadini extracomunitari ai fini dell'erogazione dell'indennita'  di
maternita' anche la titolarita'  dei  permesso  unico  di  soggiorno,
anziche' la titolarita' del permesso di soggiorno  e  di  lavoro  per
almeno un anno in applicazione dell'art. 41 del  decreto  legislativo
n. 286 del 1998. 
    Sospende il presente procedimento. 
    Manda la cancelleria per gli adempimenti previsti  dall'art.  23,
ultimo comma, legge 11  marzo  1953,  n.  87  e  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso in Roma il 2 aprile 2019. 
 
                        Il Presidente: Manna