N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 2019
Ordinanza del 17 giugno 2019 della Corte di cassazione nel procedimento civile promosso dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) contro A. S. o S. e Comune di Firenze.. Assistenza e solidarieta' sociale - Maternita' e infanzia - Straniero - Assegno di maternita' di base - Requisiti per l'individuazione dei destinatari della prestazione - Previsione, per i cittadini di Stati extracomunitari, della titolarita' del permesso di soggiorno di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 (permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo), anziche' della titolarita' del permesso di soggiorno e di lavoro per almeno un anno in applicazione dell'art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), art. 74.(GU n.44 del 30-10-2019 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezione lavoro composta dagli illustrissimi signori magistrati: dott. Antonio Manna - Presidente; dott.ssa Enrica D'Antonio - rel. consigliere; dott. Umberto Berrino - consigliere; dott. Giulio Fernandes - consigliere; dott.ssa Rossana Mancino - consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 16844-2016 proposto da: I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria n. 29, presso l'Avvocatura centrale dell'istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, Antonietta Coretti, Vincenzo Triolo, Vincenzo Stumpo - ricorrente; Contro A. S. o S., Comune di Firenze - intimati; Avverso la sentenza n. 21/2016 della Corte d'appello di Firenze, depositata il 14 gennaio 2016 R.G.N. 405/2015; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2 aprile 2019 dal consigliere dott. Enrica D'Antonio; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale dott. Stefano Visona', che ha concluso per: rimessione alla Corte costituzionale; Udito l'avvocato Antonietta Coretti. Rilevato in fatto 1. La Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza del tribunale che aveva riconosciuto ad A. S., cittadina macedone residente a Firenze, l'assegno di maternita' ex art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001 per la nascita della bambina, cittadina italiana in quanto figlia di padre italiano. L'assegno era stato negato dall'INPS perche' in Italia A. S. aveva soltanto un permesso per motivi familiari di durata biennale e non la carta di soggiorno e non poteva neppure definirsi familiare di cittadino comunitario ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo n. 30/2007. Invece la Corte territoriale, rilevato che la A. era convivente con il padre italiano della bambina e iscritta all'anagrafe nella medesima famiglia, ha ricondotto tale situazione sotto la previsione di cui al citato art. 2 del decreto legislativo n. 30/2007, lettera B) n. 2, relativa al «partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata». Trattandosi di tutelare la maternita', secondo la Corte d'appello la norma citata doveva interpretarsi nel senso piu' ampio possibile e in modo tale da avere un significato nel nostro ordinamento; che pertanto, nel caso concreto la A. al momento della domanda amministrativa aveva diritto alla carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario, essendo irrilevante che detta carta non le fosse stata ancora rilasciata (il che era poi avvenuto il 19 maggio 2015) e che, per di piu', tale carta le poteva essere rilasciata anche quale ascendente diretta di cittadina italiana. 2. Contro la sentenza ha proposto ricorso l'INPS con un solo motivo. La A. e' rimasta intimata. La Procura generale ha concluso chiedendo sollevarsi questione di legittimita' costituzionale. Ritenuto in diritto 3. Con l'unico motivo di ricorso l'INPS denuncia violazione dell'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001 e dell'art. 2 del decreto legislativo n. 30/2007 affermando sia l'inapplicabilita' di tale ultima fonte al caso in esame sia l'infondatezza dell'interpretazione accolta dalla Corte territoriale con riferimento alla nozione di familiare. 4. Questa Corte ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001 nella parte in cui, per gli stranieri extracomunitari, subordina il diritto a percepire l'indennita' di maternita' al possesso della carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno UE per soggiornanti lungo periodo), violando tale precetto le disposizioni di cui agli articoli 3 e 31, nonche' 117, primo comma, della Costituzione quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007. 5. In punto di rilevanza, si consideri che il tenore letterale di quest'ultima norma, la' dove riconosce l'assegno di maternita' anche alle madri cittadini di Paesi extracomunitari purche' in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, carta di soggiorno di cui la A. non disponeva all'epoca dei fatti per cui e' causa, e' tale da non consentire interpretazioni estensive costituzionalmente conformi. In proposito si tenga presente che la A. cittadina macedone residente a Firenze, titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari, ha chiesto, quale genitore della minore S. M., nata a ... (...) il ... e cittadina italiana in quanto figlia di padre italiano, la concessione dell'assegno di cui all'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001 documentando la propria posizione reddituale e dichiarando di non essere beneficiaria di trattamenti previdenziali di maternita' a carico dell'INPS. L'istituto le aveva negato la prestazione con comunicazione del 4 dicembre 2013, in quanto non titolare di permesso per lungo soggiornanti, pur essendo invece in possesso degli altri requisiti e, in particolare, di quello reddituale. 6. La Corte territoriale ha accolto la domanda con argomenti che poggiano su un'interpretazione della norma non condivisibile in base alla quale la prestazione poteva essere riconosciuta alla ricorrente A. quale familiare di cittadino comunitario ai sensi dell'art. 1, lettera B), del decreto legislativo n. 30/2007. A prescindere dalla questione, solo ipotizzata da parte dell'INPS senza adeguata motivazione, dell'inapplicabilita' dell'art. 1 del decreto legislativo n. 30/2007, la fattispecie in esame non e' riconducibile ne' alla figura di familiare di cui al n. 2 ne' a quella successiva di cui al n. 4) della disposizione citata. La prima si riferisce agli «ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera B». La ricorrente, infatti, pur essendo ascendente di cittadina italiana - la figlia come sopra detto e' cittadina italiana - sicuramente non e' carico di questa, considerato che trattasi di neonata. Ne' e' configurabile la seconda ipotesi di cui al n. 4, che individua «il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante». La lettera della norma e' chiara nel richiedere la presenza di un'unione registrata secondo la legislazione degli stati e, pertanto, la mera convivenza con il padre italiano della bambina non e' riconducibile all'ipotesi ben specifica considerata dalla norma. 7. La questione di costituzionalita', come sopra prospettata, che qui si intende sottoporre all'esame della Corte costituzionale e', pertanto, rilevante attesa la necessita' di diretta applicazione della norma, come invocata dalla ricorrente A. Non vi e' dubbio, infatti, che qualora si dovesse fare applicazione della disposizione appena citata, la domanda della cittadina extracomunitaria dovrebbe essere rigettata perche' e' pacifico che, pur essendo presenti gli ulteriori presupposti richiesti dalla norma per l'erogazione della prestazione, la A. non e' titolare del permesso di lungo soggiorno ex art. 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, ma solo di permesso di soggiorno per motivi familiari. 8. Ne' detta rilevanza deve essere esclusa dalla verifica di compatibilita' della norma denunciata con la previsione dell'art. 12, paragrafo 1 lettera e), della direttiva UE n. 2011/98, che impone la parita' di trattamento in favore dei «lavoratori dei Paesi terzi di cui all'art. 3 paragrafo 1, lettera ,b) e c)» e che, laddove l'incompatibilita' si evidenzi anche previo ricorso pregiudiziale alla CGUE, conduce alla inapplicabilita' alla fattispecie in esame della disposizione in esame in ragione della prevalenza del diritto euro unitario sul diritto nazionale. Non e', infatti, qui richiamabile la direttiva citata atteso che, all'epoca dei fatti che hanno riguardato la ... , tale direttiva non era stata ancora recepita dallo Stato italiano ed anzi ancora non era scaduto il termine fissato per il suo recepimento (25 dicembre 2013). Detta situazione esime questo Collegio dal dover esaminare se il diniego della corresponsione dell'indennita' di maternita' di cui all'art. 74 del decreto legislativo n. 281/2001 debba essere valutato in relazione all'art. 12 della direttiva citata, pur dovendosi rilevare che la Corte di giustizia ha gia' affermato che, in pendenza del termine per la trasposizione di una direttiva, gli Stati membri devono astenersi dall'adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (sentenza Inter Environnement Wallonie, punto 45). 9. L'art. 74 del decreto legislativo recita testualmente «Per ogni figlio nato dal 1° gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla stessa data, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che non beneficiano dell'indennita' di cui agli articoli 22, 66 e 70 del presente testo unico, e' concesso un assegno di maternita' ..». I successivi commi 4 e 5 prevedono specifici limiti di reddito per poter usufruire di' tale prestazione e stabiliscono che «L'assegno di maternita' di cui al comma 1, nonche' l'integrazione di cui al comma 6, spetta qualora il nucleo familiare di appartenenza della madre risulti in possesso di risorse economiche non superiori ai valori dell'indicatore della situazione economica (ISE), di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, tabella 1, pari a lire 50 milioni annue con riferimento a nuclei familiari con tre componenti.» ed il comma successivo stabilisce: «Per nuclei familiari con diversa composizione detto requisito economico e' riparametrato sulla base della scala di equivalenza prevista dal predetto decreto legislativo n. 109 del 1998, tenendo anche conto delle maggiorazioni ivi previste.». Il settimo comma prevede, poi, la rivalutazione dell'importo al 1° gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT. 10. Circa la non manifesta infondatezza della prospettata questione di legittimita' costituzionale, va rilevato che l'indennita' in esame costituisce prestazione assistenziale erogata dall'INPS, una tantum, in mancanza di altre prestazioni collegate alla maternita' e in favore di situazioni familiari meno agiate. Ove il genitore sia cittadino extracomunitario, si richiede l'ulteriore requisito della titolarita' del permesso di lungo soggiorno ex art. 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, con la conseguenza che la prestazione puo' essere erogata solo ai cittadini extracomunitari che, ai fini dell'ottenimento del permesso in questione, abbiano dimostrato di disporre di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'art. 29, comma 3, lettera b) del decreto legislativo n. 286 del 1998, nonche' di' un alloggio idoneo e di aver superato un test di conoscenza della lingua italiana. 11. A fronte di cio', e segnatamente della limitazione dei possibili beneficiari in ragione della fruizione di redditi modesti o addirittura estremamente bassi, non pare seriamente dubitabile che la prestazione in esame costituisca un sostegno economico in un momento in cui le esigenze della persona sono maggiori, sostegno finalizzato a soddisfare bisogni essenziali collegati alla nascita o all'adozione di un bambino, in un contesto caratterizzato da redditi bassi, rappresentando un aiuto che puo' essere determinante al fine di evitare che una madre possa trovarsi, al momento del parto, in condizioni di poverta' assoluta. 12. La disposizione suscita il dubbio di legittimita' costituzionale per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza e della disparita' di trattamento, dell'art. 31 della Costituzione e dell'art. 117, primo comma della Costitutzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 13. Sotto profilo della possibile violazione dell'art. 3 della Costituzione la norma appare introdurre un'ingiustificata e irragionevole disparita' di trattamento tra cittadini italiani e stranieri, legalmente soggiornanti in Italia, prevedendo solo per i secondi l'ulteriore requisito di essere in possesso della carta di soggiorno, ora soggiornanti di lungo periodo, escludendo, contraddittoriamente, dalla fruizione della medesima prestazione sociale, pur a fronte di situazioni di parita' di bisogno, intere categorie di soggetti, selezionati non in base all'entita' o alla natura del bisogno, ma ad un criterio privo di ogni collegamento con questo, quale la titolarita' del permesso di lungo soggiorno che presuppone una durata pregressa della residenza in Italia almeno quinquennale, un reddito comunque almeno pari all'importo dell'assegno sociale, un alloggio idoneo e la conoscenza della lingua italiana: determinando, con cio', l'esclusione di chi si trovi in situazione di maggior bisogno rispetto a tale categoria e disparita' di trattamento tra situazioni identiche o analoghe, lesive del principio di eguaglianza. Non appare, invero, sussistere alcuna ragionevole correlazione tra la residenza protratta nel tempo e la funzione della prestazione in esame avente il ruolo di sostegno economico volto a soddisfare bisogni immediati e indifferibili, a fronteggiare esigenze primarie legate alla nascita di un bambino o alla sua adozione, poco influenzati dalla sussistenza o meno del radicamento nel territorio dello Stato. 14. Inoltre, la disposizione in esame non si raccorda in alcun modo con la previsione contenuta nell'art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (disposizione appartenente all'insieme di norme contenute nel testo unico che l'art. 1, comma 4, definisce «norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica») che, riconosce in linea generale parita' di trattamento, rispetto ai cittadini italiani, in materia di assistenza sociale ai cittadini extracomunitari titolari di permesso di soggiorno e di lavoro validi per almeno un anno. Si osservi che, comunque, la previsione dell'art. 41 citato, nel prevedere una permanenza almeno annuale, esclude eventuali timori di erogazione dell'assegno anche a favore di stranieri solo dei tutto momentaneamente in Italia. 15. Neppure le considerazioni svolte nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2019, in tema di legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 nella parte in cui subordina diritto a percepire l'assegno sociale, per gli stranieri extracomunitari alla titolarita' della carta di soggiorno (ora permesso di lungo soggiorno) pare possa risolvere il dubbio di costituzionalita' relativo alla norma in esame. Infatti, in tale occasione, il soddisfacimento di tale condizione per il solo straniero extracomunitario e' stata ritenuta non irragionevole in base al fatto che l'assegno sociale e' misura che, rivolgendosi a chiunque abbia compiuto 65 anni di eta', persegue finalita' peculiari e diverse rispetto a quelle proprie delle misure di assistenza legate a specifiche esigenze di tutela sociale della persona che non tollerano discriminazioni, come nel caso delle invalidita' psicofisiche. Ha, in particolare, affermato la Corte costituzionale, nella sentenza da ultimo citata, citata che « [...] Tali persone ottengono infatti, alle soglie dell'uscita dal mondo del lavoro, un sostegno da parte della collettivita' nella quale hanno operato (non a caso il legislatore esige in capo al cittadino stesso una residenza almeno decennale in Italia), che e' anche un corrispettivo solidaristico per quanto doverosamente offerto al progresso materiale o spirituale della societa' (art. 4 della Costituzione)». Nella citata pronuncia si e', tuttavia, specificato che «la Costituzione impone di preservare l'uguaglianza nell'accesso all'assistenza sociale tra cittadini italiani e comunitari da un lato, e cittadini extracomunitari dall'altro, soltanto con riguardo a servizi e prestazioni che, nella soddisfazione di «un bisogno primario dell'individuo che non tollera un distinguo correlato al radicamento territoriale» (sentenza n. 222 del 2013), riflettano il godimento dei diritti inviolabili della persona. Per questa parte, infatti, la prestazione non e' tanto una componente dell'assistenza sociale (che l'art. 38, primo comma, della Costituzione riserva al «cittadino»), quanto un necessario strumento di garanzia di un diritto inviolabile della persona (art. 2 della Costituzione)». Sembra invero che la tutela della maternita' anche sotto il profilo del sostegno economico al momento della nascita possa rientrare nella definizione di cui sopra, cui secondo la Corte costituzionale, deve essere subordinata la parita' di trattamento. Decisiva risulta essere, a riguardo, la considerazione che la maternita' gode di una diretta tutela costituzionale. 16. Il profilo di irragionevolezza appena illustrato e la disparita' di trattamento che ne consegue, in definitiva, dovrebbero condurre alla declaratoria di incostituzionalita', per violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 74 legge n. 151/2001 nella parte in cui richiede ai soli cittadini extracomunitari ai fini dell'erogazione dell'indennita' di maternita' anche la titolarita' del permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso di soggiorno e di lavoro per almeno un anno in applicazione della disposizione generale contenuta nell'art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998, norma che rappresenta l'equilibrato bilanciamento tra il diritto dell'extra comunitario di fruire, a parita' di trattamento con i cittadini italiani, delle misure di assistenza sociale ed il riscontro di una presenza dello stesso non temporanea ne' episodica sul territorio nazionale. 17. La norma in esame deve essere valutata anche in relazione all'art. 31 della Costituzione giacche' l'irragionevole disparita' di trattamento, che genera la norma denunciata nei riguardi dei cittadini extracomunitari, produce anche l'effetto di violare i diritti protetti dall'art. 31 della Costituzione, laddove la Repubblica si e' fatta carico di agevolare con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e di proteggere la maternita' e l'infanzia. La maternita', in quanto oggetto di specifica tutela costituzionale, non puo' restare priva di ogni forma di tutela come avverrebbe per le ipotesi a cui si riferisce l'art. 74 in esame, da inserirsi nel quadro dei diritti fondamentali della persona. E' evidente, infatti, che la richiesta della titolarita' del permesso di lungo soggiorno per l'erogazione di un sostegno economico al momento della nascita del bambino o della sua adozione impedisce di fatto e irrimediabilmente la realizzazione della garanzia costituzionale per quei figli e per quelle famiglie in cui nessuno dei genitori e' in possesso del permesso di lungo soggiorno, pur trovandosi le stesse famiglie in modo non episodico o temporaneo a risiedere in territorio nazionale e vivendo nelle medesime, se non peggiori, condizioni economiche. L'effetto, inevitabile, pare essere quello di negare per tali nuclei familiari e per i loro nuovi nati, in radice e irrimediabilmente, la realizzazione del diritto sancito dalla Costituzione con effetti disgreganti del tessuto sociale della Nazione nel nucleo originario ed essenziale della famiglia. 18. Quanto ai profili comunitari va rilevato che la norma in esame pare violare anche l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli 20, 21, 24, 33 e 34 CDFUE, che, rispettivamente, enunciano il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazioni, anche per cittadinanza, riconoscono il diritto dei bambini «alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere», garantiscono «la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale» nonche' riconoscono «il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione». Non e' invece qui richiamabile, come prima si e' precisato, la direttiva n. 2011/98. 19. Consegue alle argomentazioni sin qui svolte che deve dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001, in relazione agli articoli 3 della Costituzione, 31 della Costituzione e 117, primo comma, della Costituzione quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, nella parte in cui richiede ai soli cittadini extracomunitari, ai fini dell'erogazione dell'indennita' di maternita', anche la titolarita' del permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso di soggiorno e di lavoro per almeno un anno, in applicazione della disposizione generale contenuta nell'art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998. A norma dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata la sospensione del presente procedimento con l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. La cancelleria provvedera' alla notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera del deputati e del Senato della Repubblica.
P.Q.M. La Corte di cassazione, visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del decreto legislativo n. 151/2001 in relazione agli articoli 3 della Costituzione, 31 della Costituzione e 117, primo comma, della Costituzione quest'ultimo in relazione agli articoli 20, 21, 24, 31 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, nella parte in cui richiede ai soli cittadini extracomunitari ai fini dell'erogazione dell'indennita' di maternita' anche la titolarita' dei permesso unico di soggiorno, anziche' la titolarita' del permesso di soggiorno e di lavoro per almeno un anno in applicazione dell'art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998. Sospende il presente procedimento. Manda la cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 23, ultimo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma il 2 aprile 2019. Il Presidente: Manna