N. 183 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 aprile 2019
Ordinanza dell'11 aprile 2019 del G.I.P. del Tribunale di Treviso nel procedimento penale a carico di B. B.. Reati e pene - Delitti previsti dall'art. 590-bis, primo comma, cod. pen. - Regime di procedibilita' - Mancata previsione della procedibilita' a querela. - Decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilita' per taluni reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103).(GU n.44 del 30-10-2019 )
Il giudice per le indagini preliminari, all'esito dell'odierna camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza. Ritiene questo giudice di sollevare questione di legittimita' costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 nella parte in cui non prevede tra i reati perseguibili a querela la fattispecie di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale, per contrasto con gli articoli 76 e 77, comma 1, 3 e 25 della Costituzione, avendo il decreto predetto in particolare violato (per difetto) la delega ricevuta dal Parlamento con legge 23 giugno 2017, n. 103 in ordine all'adozione di «decreti legislativi per la modifica del regime di procedibilita' di taluni reati». 1. La rilevanza della questione nel procedimento a quo. Nei confronti di B. B. e' stato emesso dai giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Treviso il decreto penale n. 422/2017 del 13 aprile 2017 in relazione al reato di cui all'art. 590-bis, comma (1 e) 8 del codice penale; fatto commesso in Paese il 12 luglio 2016. Segnatamente alla B. e' stato contestato, quale conducente dell'autovettura ........ tg. ........... di non avere rispettato il segnale di «STOP» e di svolta obbligatoria a destra (articoli 7, comma 1 e 14, 145 comma 5 e 10 codice della strada) insistenti sul tratto stradale percorso (via San Gottardo di Paese); di avere proseguito la marcia attraversando perpendicolarmente l'intersezione con la SP 53 «Castellana» senza concedere la dovuta precedenza all'autovettura .......... tg. .......... condotta da M. S. che percorreva la SP 53 con direzione Vicenza-Treviso; di avere quindi colliso contro tale utilitaria, cagionando alla conducente lesioni personali gravi (dalle quali e' derivata malattia con prognosi di guarigione superiore a giorni quaranta). Alla B e' inoltre contestato di aver cagionato lesioni lievi ai soggetti trasportati sulla sua autovettura (M. G., D. G. e C. S.). Nessuna delle persone offese ha proposto querela nei confronti della B. Avverso il predetto decreto penale l'imputata, per il tramite del proprio procuratore speciale, ha proposto tempestiva opposizione, instando per la sospensione del procedimento con messa alla prova, sollecitando in via preliminare la questione di legittimita' costituzionale indicata in premessa. Giova sin da subito evidenziare, quanto alla rilevanza della questione, che la fattispecie di reato in concreto ascritta alla B. non appare connotata da alcuna circostanza aggravante ad effetto speciale previste dall'art. 590-bis, comma 2 e seguenti del codice penale, non essendo tale la previsione di cui al comma ottavo (lesioni cagionate a piu' persone), trattandosi di ipotesi di concorso formale di reati per il quale il legislatore ha previsto una unificazione solo quoad penam per mitigare gli effetti del cumulo materiale delle pene, secondo pacifica e consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione (Cassazione, Sezione IV, n. 8083 del 20 settembre 1982). 1.1 La condotta colposa ascritta alla prevenuta e' stata tenuta successivamente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 2 della legge 23 marzo 2016, n. 41 che ha introdotto il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime. La fattispecie tipizzata dall'art. 590-bis del codice penale (cosi' come la fattispecie di cui all'art. 589-bis del codice penale) costituisce autonoma figura delittuosa, non gia' circostanza aggravante ad effetto speciale del reato di lesioni personali colpose di cui all'art. 590 del codice penale (Cassazione, Sezione IV, n. 29721 del 14 giugno 2017, imp. Venni). Configurando autonoma figura di reato, in ossequio al principio generale in tema di procedibilita', il delitto di cui all'art. 590-bis del codice penale e' procedibile d'ufficio (Cassazione, Sezione IV, n. 27425 del 14 giugno 2018, imp. Bertani). 1.2 Il Parlamento, con legge 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 16, lettera a) (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario), ha delegato il Governo ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi, per la modifica della disciplina del regime di procedibilita' per taluni reati [...] secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere la procedibilita' a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il reato di cui all'art. 610 del codice penale e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilita' d'ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per eta' o per infermita'; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero circostanze indicate nell'art. 339 del codice penale; 3) nei reati contro il patrimonio il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravita'; ... La norma prosegue con l'indicazione delle regole transitorie relativamente alle ipotesi di reato divenute perseguibili a querela ai sensi di quanto disposto alla lettera a). L'obiettivo della riforma delegata al Governo (nelle intenzioni del delegante, per come espresse nella relazione illustrativa) e' quello di condizionare alla valutazione della persona offesa la perseguibilita' di reati di non particolare gravita' e che presidiano beni strettamente individuali; l'intervento normativo del resto si ricollega alla volonta' del legislatore di favorire la nuova disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (in un'ottica di deflazione dei carichi processuali, favorita anche da meccanismi conciliativi che si perfezionano per lo piu' nelle fasi preliminari del giudizio) secondo la previsione di cui al nuovo art. 162-ter introdotta con la medesima legge n. 103 del 2017, applicabile per l'appunto ai soli reati procedibili a querela remissibile. 1.2.1 In esecuzione della delega ricevuta, il Governo con decreto legislativo n. 10 aprile 2018, n. 36, ha dettato la nuova disciplina di procedibilita' per taluni reati sia estendendo la procedibilita' a querela ad alcune ipotesi criminose contro la persona e contro il patrimonio, sia limitando, per alcuni reati procedibili a querela nelle ipotesi - base, le circostanze aggravanti che ne determinano la procedibilita' d'ufficio (cio' che si e' verificato ad esempio per la minaccia aggravata, con il limite dato dalle modalita' di cui all'art. 339 del codice penale). Il termine di un anno assegnato dal Parlamento all'Esecutivo per l'emanazione dei decreti legislativi e' ampiamente scaduto (il 3 agosto 2018): la potesta' normativa assegnata con la legge n. 103/2017 al Governo si e' dunque esaurita con l'adozione del decreto legislativo n. 36/2018. Il legislatore delegato non ha compreso tra i reati perseguibili a querela, per quanto d'interesse nel presente procedimento, il delitto di lesioni personali stradali gravi di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale, nonostante in astratto lo stesso rientrasse, quanto a natura (reato contro la persona) e limiti edittali (pena detentiva inferiore ad anni quattro) tra le fattispecie soggette a modifica del regime di procedibilita' secondo il chiaro principio e criterio direttivo dettato dalla legge delega n. 103/2017 e non ricadesse nelle espresse eccezioni alla regola generale indicata, non avendo il parlamento delegante escluso tale figura delittuosa dal novero di quelle alle quali era riferita la modifica in ordine alla procedibilita'. 2. La non manifesta infondatezza della questione. 2.1 In merito alla mancata inclusione del reato di cui all'art. 590-bis del codice penale, nell'ipotesi "base" di cui al comma primo, tra le fattispecie per le quali prevedersi la procedibilita' a querela, il legislatore delegato, nella relazione al primo disegno di decreto, ha dedotto che: in tema di lesioni personali il legislatore ha effettuato un'equiparazione, ai fini della descrizione della figura di reato, tra malattia (derivante appunto dalle lesioni subite) e stato di incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni (come si rileva dalla disposizione in punto di circostanza aggravante di cui all'art. 583, comma 1 n. 1) del codice penale, laddove si fa specifico riferimento all'incapacita' della vittima di attendere alle ordinarie occupazioni); il delitto di lesioni si connota quindi per un evento (la malattia) che ben puo' consistere in uno stato di incapacita': non avendo il delegante precisato di quale tipo di incapacita' si debba tenere conto (se totale o parziale, temporanea o permanente), il delegato ha accolto la nozione piu' ampia; la piena fungibilita' tra la nozione di malattia e quella di incapacita' (in qualche modo collegata pur sempre ad una infermita' quale effetto diretto della condotta lesiva) determina l'inclusione della fattispecie di lesioni colpose stradali tra le ipotesi per le quali la procedibilita' a querela e' esclusa alla luce del limite dettato dalla legge delega n. 103 del 2017 all'art. 1, comma 16, lettera a) n. 1), vale a dire per il ricorrere della condizione di incapacita' della persona offesa per infermita'. Con identica motivazione l'esecutivo ha giustificato l'omessa inclusione del delitto di lesioni dolose determinanti malattia superiore ai venti giorni tra le ipotesi procedibili a querela. 2.1.1 Questo giudice remittente ritiene che il legislatore delegato ha ricondotto la fattispecie di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale de qua tra le eccezioni al criterio generale specifico dettato dal delegante - avente ad oggetto tutti i reati contro la persona puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni - in violazione della delega ricevuta, per le ragioni che si vanno ad esporre. Ed invero, benche' il delegante non abbia indicato in modo espresso (all'art. 1, comma 16, lettera a) n. 1) della legge delega) a quale nozione di incapacita' dovesse farsi riferimento, la menzionata circostanza ostativa deve ritenersi riferita ai casi nei quali le particolari condizioni di vulnerabilita' della vittima, per eta' o infermita', preesistano al comportamento criminoso dell'autore del reato e siano percio' da questo indipendenti; trattasi dunque, nell'intenzione del delegante, di particolari condizioni di debolezza della vittima, sfruttate dall'agente per la realizzazione del reato: cio' che connota senza dubbio di maggior gravita' il fatto reato e dunque giustifica, a maggior tutela di persone offese particolarmente vulnerabili ed in stato di «minorata difesa», la procedibilita' d'ufficio. Nell'ipotesi delittuosa in esame, viceversa, lo stato di incapacita' cui fa riferimento il delegato e' una conseguenza dell'azione illecita posta in essere dall'agente, attiene ad un concetto prettamente civilistico (rilevante ai fini risarcitori) di assenza della capacita' di attendere alle ordinarie occupazioni, che tuttavia non incide in alcun modo sullo stato di vulnerabilita' della vittima, di sua soggezione all'autore del reato, di minorata difesa nei suoi confronti e dunque appare del tutto inconferente ed estranea rispetto all'insorgere della necessita' di una tutela «rafforzata» della persona offesa, secondo criteri necessariamente astratti cui far corrispondere la gravita' del reato. La contingente malattia conseguente alle lesioni da sinistro stradale, se puo' incidere in fatto sulla possibilita' della vittima di sporgere querela (in quanto ad esempio impossibilitata a deambulare), non la pregiudica in alcun modo, sotto un profilo giuridico, nell'esercizio dei suoi diritti, stanti le specifiche tutele previste dagli articoli 121 del codice penale e 77 del codice di procedura penale. In altre parole, quando il legislatore delegante ha escluso dal novero dei reati contro la persona quelli nei quali la p.o. sia incapace per infermita' o eta', ha inteso riferirsi ad uno stato di vulnerabilita' della vittima, preesistente ed autonoma rispetto al reato commesso in suo danno. Che tale fosse l'intenzione del legislatore risulta in modo esplicito dal tenore (fortemente critico) del parere fornito dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati (cui la prima versione del decreto legislativo era stato inviato con la relazione accompagnatoria nella quale si dava conto del motivo dell'esclusione, come sopra riportato): la Commissione invero ha ribadito come la circostanza ostativa (all'inclusione del reato tra quelli perseguibili a querela) connessa all'incapacita' per infermita' e eta', debba essere riferita ai casi nei quali le «particolari condizioni di vulnerabilita' della vittima preesistano al comportamento criminoso dell'autore del reato e siano percio' da questo indipendenti». La Commissione, nell'esprimere parere favorevole al disegno di decreto inviatole, ha posto quale condizione che fosse ricompresa nel novero dei reati perseguibili a querela la fattispecie di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale. La Commissione medesima ha condiviso la scelta del Governo di preservare la procedibilita' d'ufficio per le ipotesi aggravate di lesioni stradali di cui all'art. 590-bis, commi 4, 5 e 6 del codice penale, per l'indubbia valenza delle regole cautelari violate. A ben vedere, l'esclusione di tali ipotesi dalla procedibilita' a querela, pienamente conforme alla delega ricevuta dal Parlamento, risulta connessa alla sussistenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale, espressamente previste nella legge delega quali eccezioni alla trasformazione della procedibilita' - art. 1, comma 16, lettera a) n. 2) legge n. 103/2017. 2.2 Nonostante il parere sul primo schema di decreto legislativo su richiamato, il testo definitivo licenziato dal Governo non ha ricompreso il delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale tra quelli procedibili a querela, invocando (questa volta) a giustificazione del mantenimento della procedibilita' d'ufficio anche «il particolare allarme sociale» della fattispecie, la cui peculiare gravita' e' stata ravvisata nell'essere l'evento lesivo conseguenza della violazione di una regola cautelare di condotta dettata a presidio della sicurezza della circolazione stradale. 2.2.1 Va rilevato sul punto che il legislatore delegante ha fissato con estrema precisione le eccezioni al principio generale dettato in materia di procedibilita' a querela dei reati contro le persone ed il patrimonio, stabilendo limiti espressi tra i quali non e' stata inserita violazione delle norme in materia di circolazione stradale. Posto che il Parlamento, a non piu' di un anno dalla legge delega, era intervenuto introducendo l'autonoma fattispecie di lesioni stradali gravi o gravissime, con ogni evidenza, se avesse inteso escludere detta fattispecie dal novero di quelle perseguibili a querela avrebbe previsto un'esplicita eccezione. Cio' che non e' stato. Ancora, va rilevato come la violazione di norma cautelare (generica o specifica) costituisca il presupposto comune di qualunque reato colposo, senza per cio' solo identificarne la gravita'. Ed infatti il legislatore, nel dettare la disciplina di cui all'art. 590-bis del codice penale introdotta nel 2016, ha operato la distinzione in merito alla gravita' delle condotte ricadenti nella fattispecie prevedendo ipotesi circostanziate, connotate dalla violazione di norme cautelari specifiche, significative di particolare allarme quanto a gravita' del fatto e grado della colpa (si pensi all'ipotesi di lesioni gravi o gravissime cagionate da chi si fosse posto alla guida in stato ebbrezza o di alterazione psico-fisica). La violazione di norma cautelari particolarmente pregnanti e' stata dunque espressamente prevista dal legislatore e sanzionata con ben maggiore severita' rispetto all'ipotesi di base, connotata da mera (generica) violazione delle norme sulla circolazione. Ebbene, essendo le previsioni in parola circostanze aggravanti ad effetto speciale (caratterizzate da aumenti superiori ad un terzo della pena prevista per la fattispecie di base di cui al comma 1), le stesse sono per cio' solo escluse dal novero di quelle procedibili a querela ai sensi dell'art. 1, comma 16, lettera a) n. 2) legge n. 103/2017. Va da ultimo sottolineato come la previsione di procedibilita' a querela del delitto di lesioni stradali gravi (nella previsione di base) non fa che ripristinare il regime di procedibilita' gia' previsto per il reato di cui all'art. 590, comma 2 e 3 del codice penale (lesioni colpose gravi o gravissime, commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale), anteriormente all'introduzione dell'autonoma figura di cui all'art. 590-bis del codice penale 3. Le norme costituzionali violate. Per quanto sopra evidenziato, la mancata inclusione del delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale tra le ipotesi di reato perseguibili a querela di parte costituisce violazione (per difetto) della delega accordata dal Parlamento al Governo con la legge n. 103/2017, art. 1, comma 16, lettera a), delega nella quale in modo esplicito e preciso il delegante ha indicato al delegato il principio generale cui uniformarsi (procedibilita' a querela dei reati contro la persona puniti con pena pecuniaria ovvero con detentiva non superiore ad anni quattro di reclusione, sola o congiunta a pena pecuniaria) ed i limiti entro cui fare applicazione della regola generale, limiti tra i quali non figura la violazione (generica) di norma cautelari poste a tutela della circolazione stradale. Il decreto legislativo n. 36/2018, disattendendo (per difetto) la legge di delega della funzione legislativa, risulta violare l'art. 76 della Costituzione, disciplinante la delega della funzione legislativa al Governo, nel caso di specie intervenuta per effetto dell'adozione della legge n. 103/2017, art.1, comma 16, lettera a), con determinazione dei principi e criteri direttivi (come sopra indicati), espressamente forniti al Governo, per un limitato periodo di tempo (un anno dall'entrata in vigore della legge delega) e per un oggetto definito (vale a dire la modifica della disciplina del regime di procedibilita' per taluni reati). Il medesimo decreto risulta inoltre violare l'art. 77, comma 1 della Costituzione, disciplinante i limiti (qui violati per difetto) entro i quali l'esecutivo puo' emanare decreti aventi valore di legge ordinaria: ed invero il Governo, nel non ricomprendere il delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale tra le fattispecie perseguibili a querela, ha oltrepassato il chiaro limite dettatogli da! Parlamento, tradendo cosi' l'intentio legislatoris ed omettendo di prevedere una fattispecie di reato, sotto il profilo della condizione di procedibilita', cosi' come concepita dal delegante. Per tale aspetto il decreto legislativo n. 36/2018 appare violare altresi' il disposto di cui all'art. 25, comma 2 della Costituzione, che sancisce in materia penale il principio di stretta legalita'. Con riferimento alla rilevanza, quanto alla violazione degli articoli 76 e 77, comma 1 e 25 della Costituzione, della non completa attuazione della delega parlamentare da parte del Governo, giova evidenziare che in recente sentenza (n. 127 del 26 maggio 2017) la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi in ordine alla legittimita' del decreto legislativo n. 8/2016 nella parte in cui non ha operato la depenalizzazione delle fattispecie punite con la multa o l'ammenda e ricomprese nel codice penale, ha avuto modo di affermare come possa assumere rilievo in astratto, ai fini della violazione della legge delega, la scelta del Governo di escludere dalla depenalizzazione i reati del codice, quando la scelta stessa non trovi riscontro esplicito nella legge delega, sull'assunto che nel caso in cui la delega sia chiara e puntuale nel prevedere criteri ed eccezioni a cui l'esecutivo debba attenersi nell'emanazione della norma delegata, non vi sia spazio per la discrezionalita' del delegato. Nella medesima pronuncia la Corte costituzionale ha rilevato altresi' che la «coerenza fra legge delega e decreto legislativo assume, del resto, peculiare crucialita' quando, come accade nella presente fattispecie, siano in questione scelte di politica criminale compiute dal Parlamento, nel senso della depenalizzazione di alcune fattispecie di reato. In tal caso, il controllo sul rispetto dell'art. 76 della Costituzione, e quindi sulle modalita' di esercizio, da parte del Governo, della funzione legislativa delegata, e' anche strumento di garanzia del principio di riserva di legge sancito, in materia penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione, che attribuisce al Parlamento funzione centrale, tanto nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili (sentenza n. 5 del 2014), quanto nella selezione delle materie da depenalizzare». Nel caso in esame, non puo' sfuggire come la riforma in tema di procedibilita' a querela di alcune fattispecie, nell'ottica di una complessiva deflazione del sistema penale, sia questione strettamente attinente a scelte di politica criminale operate dal Parlamento e come dunque il controllo sul rispetto della delega dal Parlamento stesso conferita al Governo nella suddetta materia debba essere particolarmente stringente, anche a tutela del principio di cui all'art. 25 della Costituzione. Va a questo punto sottolineato come la costante giurisprudenza della Corte costituzionale abbia affermato che il contenuto della delega legislativa e dei suoi principi e criteri direttivi debba essere individuato accertando il complessivo contesto normativo e le finalita' che la ispirano, con la precisazione che la discrezionalita' del legislatore delegato, comunque sussistente, sara' tanto meno ampia quanto piu' elevato il grado di specificita' dei criteri fissati nella legge delega, e che l'attivita' del delegato dovra' inserirsi in modo coerente nel complessivo quadro normativo, rispettando la ratio della legge delega (sentenza numeri 56 e 250 del 2016), procedendo all'approvazione di norme che si mantengano comunque nell'alveo delle scelte di fondo operate dalla legge delega, senza contrastare con gli indirizzi generali desumibili da questa (sentenza n. 229 del 2014). Orbene, nel caso in esame, l'obiettivo della legge delega, chiaramente desumibile dalla relazione illustrativa, e' quello di condizionare alla valutazione della persona offesa la perseguibilita' di reati non particolarmente gravi (in relazione alla pena edittale prevista per gli stessi, ed in assenza di particolari circostanze aggravanti e/o condizioni di vulnerabilita' della persona offesa), evitando cosi', per tali ipotesi, l'automatismo tra il verificarsi di evento lesivo colposo e la sottoposizione a processo penale del soggetto agente, determinato dalla procedibilita' d'ufficio per determinati reati e dall'obbligatorieta' dell'azione penale. Piu' in generale la ratio della legge delega, risulta strettamente connessa all'esigenza di deflazione del sistema penale, in un'ottica di razionalizzazione delle risorse disponibili e di diminuzione del numero dei procedimenti. Tale finalita' del resto e' resa ben evidente dall'introduzione dell'istituto dell'estinzione del reato a seguito di condotte riparatorie di cui al nuovo art. 162-ter del codice penale, previsto dall'art. 1, comma 1 dalla medesima legge n. 103/2017, (non a caso) applicabile ai soli reati perseguibili a querela rimettibile. L'ottica del legislatore delegato appare pertanto chiara e le modifiche al codice penale delegate coerenti allo scopo prefisso: aumentare le ipotesi di reati perseguibili a querela, prevedendo al contempo l'estinzione dei reati stessi qualora dall'agente siano poste in essere condotte riparatorie, al fine di evitare la celebrazione di processi ai quali le stesse persone offese non hanno (piu') interesse, una volta ottenuta soddisfazione (in termini risarcitori) dall'autore del reato in loro danno. Nel caso in esame dunque, i criteri dettati dalla legge delega appaiono, come sopra gia' rilevato, specifici e chiari nell'indicare i reati oggetto della revisione delegata in punto di procedibilita', oltre che nel sancire i limiti oltre i quali deve mantenersi la procedibilita' d'ufficio. Ancora, certamente l'ambito di operativita' della delega attiene a scelte di politica criminale. Cio' che pertanto, in ossequio ai principi dettati dalle pronunce della Corte costituzionale su menzionate, comporta una limitazione assolutamente stringente della discrezionalita' del delegato nella suddetta materia. Valutata da ultimo la ratio complessiva della legge delega, si osserva come la mancata ricomprensione, da parte del delegato, del delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale tra le fattispecie perseguibili a querela esuli da un contesto di legittima discrezionalita', ponendosi in modo irragionevole in contrasto con l'impianto normativo complessivo dettato dal delegante, cosi' violando il principio sancito dall'art. 3 della Costituzione: ed invero l'esclusione predetta, non solo incide sulla procedibilita' del delitto, impedendo alla persona offesa di valutare in modo autonomo se avanzare o meno allo Stato istanza di punizione dell'autore del reato, ma preclude a fortiori alla medesima persona offesa la possibilita' di rinunciare alla pretesa punitiva gia' avanzata, rimettendo la querela sporta (una volta che ad esempio, come spesso accade, in limine del procedimento la stessa abbia ottenuto l'integrale risarcimento da parte dell'Assicurazione). Inoltre, in manifesta inosservanza dei principi e dei criteri direttivi posti dalla legge di delega, rende inoperante la causa estintiva del reato che si fonda sulle condotte riparatorie (ai sensi del novello art. 162-ter del codice penale, dalla medesima legge delega introdotto), disincentivando lo stesso risarcimento, al quale non puo' comunque conseguire una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato. Il giudice in questa sede remittente si e' posta il problema del raffronto tra la disciplina, sotto il profilo della procedibilita', del delitto di lesioni stradali gravi e quella dettata per il reato di lesioni colpose gravi commesso con violazione delle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro: vero che per tale ultima tipologia di reato e' prevista la procedibilita' d'ufficio, e tuttavia la giustificazione si appalesa in linea, in questo caso e contrariamente a quanto accade per le lesioni stradali, con i principi e criteri direttivi dettati dal legislatore delegante, in considerazione della particolare condizione di vulnerabilita' ed influenzabilita' della vittima, lavoratore alle dipendenze (o comunque subordinato) di colui che tenendo la condotta contraria alla norma cautelare, ha cagionato le lesioni (ovvero non ha impedito il verificarsi delle stesse ai sensi del combinato disposto degli articoli 40, comma 2 e 590 del codice penale). Tale condizione di fragilita', seppur non connessa all'eta' e all'infermita' della persona offesa, giustifica una tutela rafforzata della vittima, gia' espressamente prevista nell'ultimo comma dell'art. 590 del codice penale, a differenza di quanto disciplinato in relazione alle lesioni colpose gravi per violazione delle norme sulla circolazione stradale - anteriormente all'introduzione della autonoma fattispecie di cui all'art. 590-bis del codice penale, comunque procedibili a querela. In tale contesto, l'esclusione dalla procedibilita' a querela delle lesioni gravi connesse a violazione di regole dettate in materia di sicurezza sul lavoro appare conformarsi all'impianto normativo generale della legge delega. Cio' che, per quanto sopra esposto, non sembra potersi affermare in relazione all'esclusione delle lesioni stradali. Ribadita la rilevanza della questione nel caso (essendo il procedimento a carico di B. iniziato d'ufficio, in carenza di querela) e la non manifesta infondatezza della questione posta, per quanto sopra argomentato, si ritiene di dover investire codesta ecc.ma Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale relativa al decreto legislativo n. 36/2018, nella parte in cui in violazione dell'art. 1, comma 16, lettera a) della legge n. 103/2017, non ha compreso tra i reati perseguibili a querela le lesioni stradali gravi di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale, per contrasto con gli articoli 76 e 77, comma 1, 25 e 3 della Costituzione.
P.Q.M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 nei termini che seguono: nella parte in cui non ricomprende tra i reati perseguibili a querela il delitto di cui all'art. 590-bis, comma 1 del codice penale, in violazione dei principi e criteri direttivi dettati dall'art. 1, comma 16, lettera a) della legge 23 giugno 2017, n. 103, per ritenuto contrasto con gli articoli 76, 77 comma 1, 25 e 3 della Costituzione; Sospende il presente procedimento a carico di B. B.; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisi i' presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, nella parte indicata e nei termini richiamati. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Treviso, 11 aprile 2019 Il Giudice per le Indagini Preliminari: De Stefani