N. 103 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 ottobre 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8  ottobre  2019  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica -  Norme  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  -
  Modificazioni alla legge provinciale n. 7 del 2001 - Partecipazione
  alla spesa sanitaria - Attribuzione alla Giunta  provinciale  della
  competenza ad  adottare  provvedimenti  per  limitare  gli  accessi
  inappropriati ai  servizi  di  pronto  soccorso  negli  ospedali  -
  Previsione che pone a carico del paziente, anche  se  esentato  dal
  pagamento del ticket, le prestazioni differibili fruite  in  pronto
  soccorso,  nella  misura  stabilita  dalla  Giunta  provinciale   -
  Attribuzione  alla  Giunta  provinciale   della   competenza   alla
  fissazione dei criteri di applicazione e  all'individuazione  delle
  tipologie di pazienti escluse dal pagamento. 
- Legge della Provincia autonoma di Bolzano  30  luglio  2019,  n.  6
  (Assestamento del bilancio di previsione della  Provincia  autonoma
  di  Bolzano  per  l'anno  finanziario  2019  e  per   il   triennio
  2019-2021), art. 6 (recte: 9), comma 1. 
(GU n.45 del 6-11-2019 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e     difeso      dall'Avvocatura      generale      dello      Stato
(ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000) presso cui  e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Contro Provincia autonoma di Bolzano in  persona  del  presidente
pro tempore della Giunta provinciale; 
    per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
provinciale della Provincia autonoma di Bolzano 30 luglio 2019, n. 6,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale del Trentino-Alto  Adige  del  1°
agosto 2019, n. 31, Supplemento n. 4, limitatamente all'art. 9, comma
1. 
 
                                Fatto 
 
    La legge provinciale di Bolzano n. 6/2019 detta disposizioni  per
l'assestamento del bilancio di previsione  della  Provincia  autonoma
per l'anno finanziario 2019 e per il triennio 2019-2021. 
    Limitatamente all'art. 9, comma 1, indicato in epigrafe, la legge
provinciale e' costituzionalmente illegittima e, giusta delibera  del
Consiglio dei ministri del 26 settembre 2019, viene impugnata  per  i
seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m), Costituzione. 
    L'art. 36 della legge provinciale 5 marzo 2001,  n.  7  rubricato
«Partecipazione alla spesa  ospedaliera»  al  comma  5  dispone:  «La
Giunta  provinciale  puo'  assoggettare  le  prestazioni  di   pronto
soccorso, effettuate presso un presidio ospedaliero della provincia e
non seguite da ricovero, alla vigente normativa sulla  partecipazione
alla spesa sanitaria.». 
    La legge n. 6 del 30  luglio  2019  della  Provincia  di  Bolzano
introduce nell'art. 36 sopra citato il comma 5-bis il quale  dispone:
«La Giunta provinciale emana provvedimenti per limitare  gli  accessi
inappropriati ai servizi di pronto  soccorso  negli  ospedali.  Fatto
salvo quanto previsto dal comma 5, le prestazioni differibili  fruite
in pronto soccorso sono  interamente  a  carico  della/del  paziente,
anche se esentata/o dal pagamento del ticket, nella misura  stabilita
dalla Giunta provinciale. La Giunta provinciale fissa  i  criteri  di
applicazione della presente  disposizione  nonche'  le  tipologie  di
pazienti escluse dal pagamento». 
    1.1. La disposizione impugnata vuole contribuire a  contenere  il
fenomeno dell'abuso del pronto soccorso, in  quanto  in  primo  luogo
dispone che la Giunta adotti provvedimenti per limitare  gli  accessi
inappropriati ai servizi di pronto soccorso. 
    Si tratta, in questa  parte,  di  una  disposizione  estremamente
generica  perche'  non  chiarisce  l'oggetto  e  i  presupposti   dei
provvedimenti che  la  Giunta  dovrebbe  adottare;  cio',  nonostante
l'intento chiaramente restrittivo che  la  disposizione  dichiara  di
perseguire, che imporrebbe di precisare in modo tassativo le  ipotesi
in cui si pretende di escludere gli assistiti dalla fruizione di  una
prestazione essenziale quale quella del pronto soccorso. 
    1.2. In secondo luogo la disposizione impugnata prevede che tutti
gli utenti compresi gli stessi utenti esenti, paghino l'intero  costo
della prestazione  quando  la  prestazione  sia  classificabile  come
differibile. 
    Con  tale  previsione  la  Provincia  adotta  il   metodo   della
penalizzazione   economica    per    raggiungere    l'obiettivo    di
decongestionare i servizi di pronto soccorso. 
    1.3. L'art. 9, comma 1, in esame cosi'  disponendo  viola  l'art.
117, comma 2, lettera m), della Costituzione relativo alla competenza
statale esclusiva in materia di livelli essenziali di assistenza. 
    Si deve premettere che il servizio di pronto soccorso rientra tra
i  livelli  essenziali  di  assistenza  garantiti  dal  decreto   del
Presidente del Consiglio  dei  ministri  12  gennaio  2017  (Gazzetta
Ufficiale, Serie generale n. 65 del 18 marzo 2017). 
    L'art. 37 di tale decreto prevede infatti: «Pronto soccorso. 
    1. Nell'ambito dell'attivita' di  pronto  soccorso,  il  Servizio
sanitario  nazionale   garantisce   l'esecuzione   degli   interventi
diagnostico terapeutici di urgenza, i primi accertamenti diagnostici,
clinici strumentali e di laboratorio e gli interventi necessari  alla
stabilizzazione  del  paziente,  nonche',   quando   necessario,   il
trasporto assistito. 
    2. Nelle unita' operative di pronto  soccorso  e'  assicurata  la
funzione di triage che  sulla  base  delle  condizioni  cliniche  dei
pazienti e del loro  rischio  evolutivo  determina  la  priorita'  di
accesso al percorso diagnostico terapeutico. 
    3. E' altresi' assicurata all'interno del PS/DEA la  funzione  di
Osservazione   breve   intensiva   (OBI)   al   fine   di   garantire
l'appropriatezza dei percorsi assistenziali complessi.». 
    In materia di rapporti tra livelli essenziali di  assistenza,  in
specie, sanitaria e compartecipazione degli assistiti  alla  relativa
spesa, si debbono altresi' premettere i principi affermati da codesta
Corte costituzionale nella sentenza n. 203/2008, ove si legge: 
        «Questa Corte ha avuto occasione di fissare  alcuni  principi
sulle  forme  di  finanziamento  delle  prestazioni   sanitarie.   In
particolare, e' stato chiarito che "il  diritto  alla  salute  spetta
ugualmente  a  tutti  i  cittadini  e  va  salvaguardato  sull'intero
territorio nazionale.  Non  e'  pertanto  casuale  che  la  spesa  in
questione sia  prevalentemente  rigida  e  non  si  presti  a  venire
manovrata, in  qualche  misura,  se  non  dagli  organi  centrali  di
governo"». Nell'ipotesi di introduzione di quote di partecipazione al
costo delle prestazioni, questa Corte ha precisato: «Per non  violare
l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio, la  sfera  di
operativita' di una norma siffatta  dev'essere,  invero,  ridotta  ai
minimi termini; mentre e' soltanto lo Stato che dispone  [...]  della
potesta'  di  circoscrivere  in  tal  senso  la  spesa,   per   mezzo
dell'introduzione di tickets o con il ricorso ad analoghe  misure  di
contenimento»; cio' perche', «la'  dove  sono  in  gioco  funzioni  e
diritti  costituzionalmente  previsti   e   garantiti,   e'   infatti
indispensabile superare la prospettiva del  puro  contenimento  della
spesa pubblica, per assicurare la certezza del  diritto  ed  il  buon
andamento  delle  pubbliche  amministrazioni,   mediante   discipline
coerenti e destinate a durare nel tempo» (sentenza n. 245 del 1984). 
    Questa Corte ha,  inoltre,  precisato  che  il  ticket  e'  stato
originariamente introdotto  «piu'  in  funzione  di  dissuasione  dal
consumo eccessivo di medicinali  che  in  funzione  di  finanziamento
della spesa sanitaria», mentre «la successiva evoluzione  legislativa
ha  [...]  attribuito  al  ticket  una  sempre  maggiore  valenza  di
strumento per la riduzione della spesa pubblica in materia  sanitaria
ed  ha  correlativamente  disposto  un'articolata  disciplina   delle
esenzioni» (sentenza n, 184 del 1993). 
    Dopo la riforma del titolo V della parte  II  della  Costituzione
questa Corte ha avuto modo di ribadire la necessita', gia'  segnalata
nella sua pregressa giurisprudenza, che la spesa sanitaria  sia  resa
compatibile con «la limitatezza delle disponibilita' finanziarie  che
annualmente e' possibile destinare, nel quadro di una  programmazione
generale degli interventi di carattere assistenziale  e  sociale,  al
settore sanitario» (sentenza n.  111  del  2005).  Cio'  implica  che
«l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore  della
tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione  del
servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce  degli  obiettivi
della finanza pubblica e del contenimento della spesa»  (sentenza  n.
193 del 2007). Tuttavia, la  stessa  offerta  «minimale»  di  servizi
sanitari non puo' essere unilateralmente imposta dallo Stato, ma deve
essere  concordata  per  alcuni  aspetti  con  le  regioni,  con   la
conseguenza che «sia le prestazioni che  le  regioni  sono  tenute  a
garantire  in  modo  uniforme  sul  territorio  nazionale,   sia   il
corrispondente livello di finanziamento sono oggetto di concertazione
tra lo Stato e le regioni stesse» (sentenza n. 98 del 2007). 
    6.3. - Alla luce dei principi generali prima riassunti,  si  deve
tener conto del concreto inquadramento  delle  prestazioni  sanitarie
cui si riferisce il presente giudizio. 
    Le prestazioni di  assistenza  specialistica  ambulatoriale  sono
comprese  nei  livelli  essenziali  di   assistenza   sanitaria:   in
particolare, l'Allegato 1, punto 2.E del decreto del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 29  novembre  2001  (Definizione  dei  livelli
essenziali di assistenza) prevede che  in  tale  tipo  di  assistenza
rientrino  le  prestazioni  terapeutiche   e   riabilitative   e   la
diagnostica strumentale e di laboratorio. Lo stesso  decreto  esclude
poi alcune di queste prestazioni dai livelli di assistenza, ponendole
a carico degli assistiti. Proprio per assicurare l'uniformita'  delle
prestazioni che rientrano nei livelli essenziali di assistenza (LEA),
spetta allo Stato determinare la ripartizione dei  costi  relativi  a
tali prestazioni tra il Servizio sanitario nazionale e gli assistiti,
sia prevedendo specifici casi di esenzione a  favore  di  determinate
categorie di soggetti, sia stabilendo soglie di compartecipazione  ai
costi, uguali in tutto il territorio nazionale. L'esclusione  di  una
determinazione unilaterale ad  opera  dello  Stato  delle  misure  di
contenimento della spesa sanitaria ha portato alla stipulazione di un
protocollo di intesa tra Governo,  regioni  e  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano per un patto nazionale  sulla  salute,  condiviso
dalla Conferenza Stato-regioni nella seduta del 28 settembre 2006.  A
tale protocollo ha fatto seguito un'intesa (provvedimento  5  ottobre
2006, n. 2648), in cui, al punto 4.5, «si conviene  di  omogeneizzare
le forme di compartecipazione alla spesa in funzione di una  maggiore
appropriatezza delle prestazioni». 
    L'art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006,  che  comprende
l'impugnata lettera p), precisa che le norme ivi contenute sono volte
alla  realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  per  il
triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo  di  intesa  di  cui
sopra. 
    7. - L'esigenza di adottare misure efficaci di contenimento della
spesa sanitaria e la necessita' di garantire, nello stesso  tempo,  a
tutti i cittadini, a parita' di condizioni, una serie di  prestazioni
che rientrano nei livelli essenziali di assistenza (entrambe  fornite
di basi costituzionali  messe  in  rilievo  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte), rendono compatibile con la Costituzione la  previsione
di un ticket fisso, anche se non si tratta dell'unica forma possibile
per realizzare gli obiettivi prima indicati. 
    Lo scopo perseguito e', da una parte, quello di evitare l'aumento
incontrollato della spesa sanitaria,  derivante  dall'inesistenza  di
ogni forma di compartecipazione ai costi da parte degli assistiti, e,
dall'altra, quello di non rendere piu' o meno onerose  nelle  diverse
regioni prestazioni che si collocano nella fascia  delle  prestazioni
minime indispensabili per assicurare a tutti i cittadini il godimento
del diritto alla salute. 
    Sia  la  previsione  di  un  ticket  fisso  uguale  in  tutto  il
territorio nazionale (che  peraltro  ha  avuto  vigenza  limitata  al
periodo intercorrente tra il 1° gennaio e il 20 maggio 2007), sia  il
ricorso a  forme  diverse  di  compartecipazione  degli  assistiti  -
entrambe previste dalle norme statali che si sono succedute nel tempo
e  tutte  impugnate  dalla  Regione  Veneto  -  sono   da   ritenersi
compatibili  con  i  principi  costituzionali,  nella  considerazione
bilanciata dell'equilibrio della finanza pubblica e  dell'uguaglianza
di tutti i cittadini nell'esercizio dei diritti fondamentali, tra cui
indubbiamente va ascritto il diritto alla salute.  La  scelta  di  un
sistema o di un altro appartiene all'indirizzo politico dello  Stato,
nel confronto con quello delle regioni. Nella specie, l'intesa di cui
prima s'e' fatta menzione stabilisce con chiarezza che i  criteri  di
compartecipazione devono assumere carattere  omogeneo.  Ne'  potrebbe
essere diversamente, giacche' non sarebbe ammissibile  che  l'offerta
concreta di una prestazione sanitaria rientrante nei LEA si  presenti
in modo diverso nelle varie regioni. Giova precisare che dell'offerta
concreta  fanno  parte  non  solo  la  qualita'  e  quantita'   delle
prestazioni che devono essere assicurate sul territorio, ma anche  le
soglie di accesso, dal punto di vista economico, dei  cittadini  alla
loro fruizione.». 
    1.4.  Cio'  premesso,  si  deve  rilevare,  quanto   alla   prima
disposizione, che attribuisce alla Giunta provinciale la  generica  e
non specificata competenza ad adottare «provvedimenti»  per  limitare
gli «accessi inappropriati» al pronto soccorso, che  l'incidenza  sui
livelli essenziali di  assistenza  si  coglie  nello  stesso  intento
unilateralmente limitativo della fruibilita' del servizio nella  sola
Provincia di Bolzano, che la norma enuncia. E' invece noto,  come  si
e' visto in premessa e come anche  si  vedra'  in  prosieguo,  che  i
livelli essenziali di assistenza debbono essere uniformi su tutto  il
territorio nazionale, e che  quindi  tali  livelli  essenziali  vanno
fissati in modo compartecipato e condiviso dallo Stato e da tutte  le
regioni. 
    La  previsione  di  interventi  restrittivi   unilaterali   della
Provincia, per di piu' senza una predeterminazione di criteri, incide
inammissibilmente su questo assetto, tanto piu' nel  momento  in  cui
sono state proposte dal Ministero della salute alle regioni le  nuove
linee guida per i servizi di pronto  soccorso,  volte  ad  aggiornare
l'accordo Stato - regioni in materia stipulato nel 2003. 
    Nelle nuove linee guida elaborate dal Tavolo di lavoro  istituito
presso il Ministero della salute ed inviate alle regioni nello scorso
mese di giugno si prevedono nuovi codici numerici per la  definizione
delle priorita' (c.d. Triage) e  nuovi  standard  per  l'Osservazione
breve intensiva (OBI) e azioni per ridurre  il  sovraffollamento  tra
cui il blocco dei ricoveri programmati e  l'implementazione  del  bed
management. 
    Nuovi codici di priorita' per il Triage. 
    Nel modello proposto  dal  Ministero  si  adotta  un  sistema  di
codifica a 5 codici numerici di priorita', con codice da 1 a  5.  «La
nuova codifica - si legge nelle linee guida - consente di focalizzare
l'attenzione sulle  condizioni  cliniche  che  rientrano  nell'ambito
dell'urgenza differibile, individuando l'ambito  delle  patologie  da
definire come urgenza minore». L'implementazione della codifica  a  5
codici numerici di  priorita'  e  il  conseguente  superamento  della
codifica con i codici colore dovra' avvenire  progressivamente  entro
18 mesi dalla pubblicazione del documento. 
    Le linee guida precisano poi che la «suddivisione in 5 codici  di
priorita', allo scopo di meglio ridistribuire la popolazione  che  si
presenta in PS. Infatti, il "codice verde", essendo di gran lunga  il
piu'  attribuito,  non  consente  di  differenziare  adeguatamente  i
pazienti meritevoli di maggior  impegno  assistenziale  da  quelli  a
minore  carico  gestionale,  esponendoli   al   rischio   di   eventi
sfavorevoli o di sottovalutazione». 
    Allo stesso modo «l'utilizzo di una numerazione  da  1  a  5  per
definire i codici di accesso, in sostituzione dei colori, allo  scopo
di evitare la confusione con altri codici colore  (rosa,  argento  et
altri), non indicativi di una priorita' d'accesso, ma di un  percorso
dedicato». Inoltre «l'utilizzo del codice di priorita' esclusivamente
per l'individuazione della priorita' di accesso alle cure e la  presa
in  carico  del  paziente  avviene   al   Triage   e   non   coincide
necessariamente con l'inizio della visita medica».  L'implementazione
della codifica a 5 codici numerici  di  priorita'  e  il  conseguente
superamento della  codifica  con  i  codici  colore  dovra'  avvenire
progressivamente entro  18  mesi  dalla  pubblicazione  del  presente
documento. 
    Per una corretta gestione  del  percorso  diagnostico-terapeutico
dei pazienti che accedono al P.S. si raccomanda un tempo ottimale  di
6 ore e comunque non superiore alle 8 ore dall'arrivo, anche nel caso
di presentazioni cliniche complesse, in aderenza a quanto evidenziato
nella letteratura internazionale. 
    Il Triage. 
    Il  documento  costituisce  un  aggiornamento  delle   Linee   di
indirizzo sul Triage emanate con l'Accordo Stato-regioni del 2003  e,
nel ridefinire  la  funzione  di  Triage,  sviluppa  le  possibilita'
organizzative,  in  linea  con  i   recenti   dati   di   letteratura
internazionale e con l'attuale fase di ridisegno del  nostro  sistema
sanitario, allo scopo di migliorare la presa in carico del paziente e
l'inizio del trattamento urgente. 
    Il Triage e' l'inizio del percorso di pronto soccorso ed  ha  due
obiettivi: 
        individuare le priorita' di accesso alle cure; 
        indirizzare    il    paziente    all'appropriato     percorso
diagnostico-terapeutico. 
    Nel documento si ribadisce che il Triage in pronto  soccorso  «e'
una funzione infermieristica effettuata da personale con  appropriate
competenze e attuata sulla  base  di  linee  guida  e  protocolli  in
continuo aggiornamento. L'infermiere di Triage e' dotato di autonomia
professionale, in relazione  alle  competenze  acquisite  durante  il
corso di formazione, puo' essere  specificatamente  autorizzato  alla
somministrazione  di  alcuni  farmaci,  all'esecuzione  di   prelievi
ematici ed all'inizio di trattamenti, qualora queste attivita'  siano
previste da protocolli interni.». 
    Percorsi rapidi (Fast Track, See and Treat). 
    Il See and Treat e' un modello  di  risposta  assistenziale  alle
urgenze minori che si  basa  sull'adozione  di  specifici  protocolli
medico-infermieristici  condivisi  per  il  trattamento  di  problemi
clinici preventivamente definiti. Il paziente viene preso  in  carico
in una  determinata  area  del  pronto  soccorso  dall'infermiere  in
possesso di formazione specifica che applica le procedure previste da
protocolli  condivisi  e  validati,  assicura  il  completamento  del
percorso   e   puo'   essere    specificamente    autorizzato    alla
somministrazione di alcuni  farmaci.  Si  tratta  di  un  modello  di
risposta  assistenziale  alle  urgenze  minori  di  pertinenza   mono
specialistica. 
    Percorso pediatrico. 
    Si spiega come particolare attenzione dovra' essere dedicata alla
rilevazione e  al  trattamento  del  dolore  pediatrico.  Per  questo
motivo, dovranno essere disponibili ed  utilizzate,  correttamente  e
costantemente, dall'infermiere addetto al triage  le  scale  validate
del dolore pediatrico, specifiche per fasce d'eta'. 
    Linee guida Osservazione breve intensiva (OBI). 
    Nel documento sono anche definiti  vari  aspetti  di  continuita'
all'interno del percorso di cura del  paziente  in  pronto  soccorso,
OBI, ricovero, individuando i limiti temporali delle prestazioni. 
    «L'OBI - si legge - costituisce una modalita' di  gestione  delle
emergenze-urgenze per pazienti con problemi  clinici  acuti  ad  alto
grado di criticita' ma a basso  rischio  evolutivo,  oppure  a  bassa
criticita' ma con potenziale  rischio  evolutivo,  aventi  un'elevata
probabilita' di reversibilita', con necessita' di un iter diagnostico
e terapeutico non differibile e/o non  gestibile  in  altri  contesti
assistenziali. Dal punto di vista organizzativo l'OBI e'  una  unita'
funzionale del pronto soccorso. 
    Le funzioni dell'OBI si realizzano in: 
        osservazione clinica; 
        terapia a breve termine di patologie a complessita' moderata; 
        possibilita' di  approfondimento  diagnostico  -  terapeutico
finalizzato al ricovero appropriato o alla dimissione. 
    Tempi massimi in OBI. 
    Nelle linee guida si specifica come «l'ammissione dei pazienti in
O.B.I., laddove appropriata, deve avvenire entro un tempo massimo  di
6 ore dalla presa in carico e la permanenza non deve superare  le  36
ore dalla presa in carico al triage». 
    Il trattamento in OBI puo' esitare a sua volta in: 
        ricovero  presso  una  unita'  di  degenza  della   struttura
ospedaliera  (che  inizia  dall'ora   di   dimissione   dall'OBI)   o
trasferimento presso altra struttura per acuti; 
        dimissione con  affidamento  alle  strutture  territoriali  o
residenziali, prevedendo se necessario il controllo presso  strutture
ambulatoriali dell'Azienda sanitaria (follow up). 
    Standard strutturali dell'OBI. 
    Le linee guida precisano come  l'area  di  OBI  «e'  attivata  in
locali dedicati ed abitualmente e' collocata in posizione adiacente o
comunque nelle immediate vicinanze del  pronto  soccorso.  Il  locale
dedicato all'OBI, organizzato  in  strutture  open-space  e/o  a  box
singoli, e' opportunamente attrezzato per garantire la  tutela  della
privacy ed il comfort del paziente». 
    Standard personale OBI. 
    La postazione e' l'unita' dedicata al paziente ove si  realizzano
le attivita' di assistenza,  diagnosi  e  cura,  nel  rispetto  della
privacy e del comfort. La dotazione delle postazioni dedicate all'OBI
e' individuata mediante il criterio  di  una  postazione  ogni  5.000
accessi al pronto soccorso. 
    Inoltre si  precisa  che  la  dotazione  di  personale  assegnato
all'OBI, in modo integrato con il pronto soccorso,  e'  proporzionale
alle dimensioni della struttura, intendendo per dimensione il  numero
di postazioni operanti. 
    Per un modulo di 5-8 postazioni, si indica come dotazione  minima
la presenza di una unita' infermieristica  nelle  24  ore  e  di  una
unita' medica per almeno 8 ore diurne non continuative. 
    Il personale dell'OBI opera in maniera integrata e coordinata con
il restante personale del pronto  soccorso  e,  ove  presente,  della
Medicina   d'urgenza,   al   fine   di   garantire   la   continuita'
assistenziale. 
    Azioni per ridurre il sovraffollamento in pronto soccorso. 
    In generale nel documento si definiscono le  azioni  che  possono
essere introdotte  per  ridurre  il  fenomeno  e  che  principalmente
«richiedono un'azione integrata con la rete dei servizi  territoriali
sanitari e sociali presenti a livello locale». 
    Di seguito sono elencate  le  principali  azioni  da  attuarsi  a
livello di rete dei servizi ospedalieri e territoriali: 
        definizione   per   ciascun   territorio   di   percorsi   di
«affidamento diretto» per la presa in carico da  parte  delle  Unita'
operative ospedaliere dei casi urgenti gia' seguiti dalle stesse (es.
pazienti    oncologici    -     nefrologici-ematologici-     supporto
trasfusionale-urologici); 
        definizione  per  ciascun  territorio  di  percorsi  per   la
gestione delle urgenze ambulatoriali con classe di priorita' di  tipo
U (entro 72 ore); 
        implementazione presso ciascun pronto soccorso  di  modalita'
strutturate  per  la   gestione   l'informazione/indirizzamento   dei
pazienti verso la rete dei servizi sociali sociosanitari per percorsi
complessi; 
        definizione  per  ciascun  territorio   di   protocolli   per
l'identificazione,  trattamento,  dimissione  e   presa   in   carico
sanitaria e/o sociale dei «frequent user»; 
        definizione per ciascun territorio di percorsi condivisi  tra
ospedale e territorio per la gestione del «fine vita» con particolare
riferimento ai pazienti in Assistenza domiciliare integrata  (ADI)  e
in strutture protette; 
        realizzare e rafforzare i servizi territoriali e  soprattutto
la  loro  capacita'  di  intercettare  quanto  sarebbe  inappropriato
nell'ambito del pronto soccorso,  incentivando  la  realizzazione  di
Aggregazioni funzionali territoriali (AFT), di  Unita'  complesse  di
cure primarie (UCCP) o anche di  case  della  salute  e  ospedali  di
comunita', hospice; 
        attivazione di soluzioni volte a migliorare  l'accessibilita'
ai  servizi  di   continuita'   assistenziale,   quali   ad   esempio
l'attivazione del numero unico europeo 116117. 
    Nelle linee guida si definiscono, poi, altre azioni specifiche: 
        adozione di  protocolli  per  la  gestione  di  casi  clinici
specifici (es.: dolore toracico, ictus); 
        adozione dei percorsi di Fast Track per prestazioni  a  bassa
complessita'; 
        monitoraggio dei tempi di  esecuzione  e  refertazione  degli
esami  radiologici,  di   laboratorio   e   delle   consulenze,   per
incrementare il grado di efficienza della fase di processo; 
        individuazione  di  percorsi  dedicati  per  le   prestazioni
specialistiche rivolte al pronto soccorso, che devono essere separati
da quelli rivolti ai pazienti degenti e ambulatoriali;  inoltre,  per
garantire la tempestivita' di completamento dell'iter diagnostico  in
pronto  soccorso,  deve  essere  sempre  specificato  il  livello  di
priorita' distinguendo tra «emergenza» ed «urgenza»; 
        adozione di strumenti di comunicazione (sistemi  informativi)
volti a condividere con i servizi ed il personale coinvolto i livelli
di priorita'  e  le  informazioni  sullo  stato  di  avanzamento  dei
percorsi. 
    A  prescindere  da  queste  azioni   preventive,   il   documento
suggerisce  anche  le  azioni  da  mettere  in  atto   in   caso   di
iperafflusso: 
        definizione di un numero preordinato di posti letto, di  area
medica  e  chirurgica,  quotidianamente  a  disposizione  del  pronto
soccorso, al fine di assicurare le  esigenze  ordinarie  di  ricovero
urgente di tale servizio; 
        implementazione di un cruscotto  in  grado  di  rappresentare
l'effettiva  situazione  dei  posti  letto  disponibili  o   che   si
renderanno disponibili in tempi brevi; 
        pianificazione di un  numero  di  dimissioni  medio  pari  al
bisogno  quotidiano  del  pronto  soccorso,   anche   attraverso   il
monitoraggio della durata di degenza dei pazienti; 
        definizione di modalita' che garantiscano la possibilita'  di
dimissione  dai  reparti  anche  nei  giorni  prefestivi  e  festivi,
soprattutto a ridosso del fine settimana, almeno  per  quei  pazienti
che dispongano gia' o non richiedano un percorso di presa in carico a
livello territoriale; 
        adozione di specifiche procedure  organizzative  aziendali  e
interaziendali che garantiscano il rapido back transfer dei  pazienti
dai centri Hub  di  riferimento  ai  centri  Spoke,  con  l'obiettivo
prioritario  di  decongestionare  i  centri  a  maggior  afflusso  di
pazienti; 
        definizione di accordi di rete con i presidi ospedalieri  e/o
cliniche, che non hanno ruolo nella rete dell'emergenza-urgenza,  per
la disponibilita' di posti letto per acuti e per post-acuti; 
        istituzione della stanza/area di ricovero («Admission Room»),
aree  dell'ospedale  ed  esterne  al  pronto  soccorso,  dedicate  ai
pazienti  in  attesa  di  ricovero,  come  soluzione  provvisoria  da
utilizzare nel caso di grave sovraffollamento; 
        definizione di percorsi che consentano nelle situazioni  piu'
gravi la possibilita' di  ricovero  in  altro  presidio  ospedaliero,
previa verifica della reale disponibilita' del posto letto,  e  senza
interferire significativamente con l'attivita' di accettazione pronto
soccorso / ospedale; 
        definizione di percorsi  ambulatoriali  post-pronto  soccorso
per la presa  in  carico  del  paziente  al  fine  di  garantire  una
dimissione sicura e una minore percentuale di re-ingressi  in  pronto
soccorso; 
        blocco temporaneo dei ricoveri programmati o non urgenti  per
un   intervallo   di   tempo   rapportato    alla    severita'    del
sovraffollamento. Inizialmente la  soluzione  dovra'  interessare  le
Unita'    operative     dell'area     medica,     compresa     l'area
medico-specialistica,  e  in  seconda  istanza  le  Unita'  operative
dell'area chirurgica. 
    Come si vede, il quadro della  riorganizzazione  dei  servizi  di
pronto soccorso e' tecnicamente complesso e  in  marcata  evoluzione.
Esso deve essere completato attraverso l'intesa tra lo Stato e  tutte
le regioni  e  province  autonome,  proprio  al  fine  di  assicurare
l'uniformita' del servizio in tutto il territorio nazionale. 
    In questo quadro, il problema  del  ricorso  eccessivo  e  spesso
indebito al servizio di pronto soccorso e' soltanto  una  parte,  sia
pure  importante,  che  non  puo'  essere  affrontata   separatamente
dall'insieme.  Inoltre,  come  mostra  il   documento   che   si   e'
sintetizzato, il problema del ricorso eccessivo e indebito al  pronto
soccorso va risolto con misure organizzative, in particolare mediante
il  coordinamento  tra  reparti  di   pronto   soccorso   e   servizi
territoriali, come sopra illustrato a pag. 11. Non certo  con  misure
unilaterali di cui neppure si precisano i presupposti  e  la  natura.
Misure  di  questo  genere  hanno  il  solo  effetto  di   modificare
riduttivamente, in una determinata area del territorio nazionale,  il
livello essenziale del servizio di  pronto  soccorso,  compromettendo
sia l'esercizio da parte dello Stato della  competenza  esclusiva  in
materia di livelli essenziali di assistenza, sia l'uniformita'  della
riorganizzazione del servizio condivisa  tra  lo  Stato  e  tutte  le
regioni e province autonome. 
    1.5. Vizi analoghi presenta la seconda parte  della  disposizione
impugnata, nella quale  si  prevede  direttamente  la  penalizzazione
economica a carico di coloro che si rivolgano al pronto soccorso  per
prestazioni «differibili». 
    Come e' noto a livello nazionale, a partire dal 1° gennaio  2007,
l'art. 1, comma 796, lettera  p),  della  legge  n.  296/2006  (legge
finanziaria 2007), come unica misura  restrittiva  degli  accessi  al
servizio di pronto soccorso, prevede  a  carico  degli  assistiti  il
pagamento di un ticket di 25  euro  per  le  prestazioni  erogate  in
pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero, classificate con
«codice bianco» (prestazioni non urgenti, paziente in condizioni  non
critiche), ad eccezione di traumi ed avvelenamenti acuti. 
    La disposizione statale ora citata dispone precisamente: «Per  le
prestazioni erogate in regime  di  pronto  soccorso  ospedaliero  non
seguite da ricovero, la  cui  condizione  e'  stata  codificata  come
codice bianco, ad eccezione di quelli afferenti al pronto soccorso  a
seguito di traumatismi ed  avvelenamenti  acuti,  gli  assistiti  non
esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 25 euro. La
quota fissa per le prestazioni erogate in regime di  pronto  soccorso
non e', comunque, dovuta dagli assistiti non esenti di eta' inferiore
a 14 anni. Sono fatte salve  le  disposizioni  eventualmente  assunte
dalle regioni che, per  l'accesso  al  pronto  soccorso  ospedaliero,
pongono a carico degli assistiti oneri piu' elevati».  In  base  alla
norma statale, sono quindi innanzitutto  esclusi  dal  pagamento  del
ticket gli assistiti esenti e i minori di anni 14. 
    La norma provinciale impugnata pone invece a  carico  dell'utente
il costo della prestazione di  pronto  soccorso  non  urgente,  anche
quando si tratta di  paziente  esentato  dal  pagamento  del  ticket,
rimettendo alla Giunta il  potere  di  individuare  le  tipologie  di
pazienti escluse dal pagamento del ticket,  che  potrebbero,  quindi,
anche non coincidere con quelle previste dalle  disposizioni  statali
in materia. 
    In  tal  modo   la   norma   provinciale   incide   sul   diritto
all'esenzione, diritto che deve essere garantito a livello  nazionale
in modo uniforme per alcune categorie di  assistiti,  e  comporta  il
collaterale rischio di  tradursi  in  un  ostacolo  all'accesso  alle
prestazioni sanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza. 
    Da quanto esposto consegue che l'art. 9, comma 1 cit  non  e'  in
linea con quanto previsto  dalla  normativa  nazionale  ricordata  in
materia di partecipazione alla spesa relativa alle  prestazioni  rese
in pronto soccorso. 
    In secondo luogo, la norma impugnata comporta,  come  presupposto
della penalizzazione economica dell'utente (a  cui  viene  addebitato
l'intero costo della prestazione) la valutazione della differibilita'
della prestazione che si richiede al pronto  soccorso,  giudizio  che
puo' esprimere soltanto il medico e non certo il paziente, e soltanto
ex  post,  cioe'  all'esito  del  controllo  clinico  effettuato  sul
paziente. Laddove tale carattere di differibilita' della  prestazione
non e' all'evidenza prevedibile  ex  ante  dal  paziente  stesso  nel
momento in cui si rivolge al pronto soccorso. 
    La evidente remora economica all'accesso al pronto  soccorso  che
cosi' si introduce crea una vera e propria barriera all'ingresso, con
una limitazione alla fruibilita' del servizio che riduce  per  questo
il livello del servizio di pronto soccorso garantito dalla  provincia
e incide quindi in modo diretto sui livelli essenziali di assistenza. 
    L'impostazione della norma statale (il citato art. 1, comma  796,
lettera p) della legge n.  296/2006)  fa  invece  perno  su  un  dato
meramente obiettivo, da accertare ex post, quale  e'  la  circostanza
che l'accesso al pronto soccorso non sia stato seguito  da  ricovero.
In tal caso, richiedere all'assistito un concorso di spesa  entro  il
limite di venticinque euro appare una  misura  atta  a  bilanciare  i
contrapposti interessi, dell'assistito  alla  prestazione  di  pronto
soccorso, e del servizio sanitario nazionale a  limitare  per  quanto
possibile tali prestazioni ai casi di vera necessita'; senza  che  si
crei  una  insuperabile  barriera   all'ingresso   preclusiva   della
fruizione del livello essenziale del servizio. 
    Non potrebbe valere in contrario la considerazione che lo  stesso
art. 1, comma 796, lettera p) fa «salve le disposizioni eventualmente
assunte  dalle  regioni  che,  per  l'accesso  al   pronto   soccorso
ospedaliero, pongono a carico degli assistiti oneri piu' elevati». 
    In primo luogo, va osservato che la previsione si limita  a  fare
salvi gli eventuali maggiori oneri che le regioni possano  prevedere,
ma non abilita le regioni e province autonome a prevedere presupposti
di fatto, per obbligare l'assistito al concorso  pecuniario,  diversi
da quelli fissati dalla norma statale.  E  tale  norma,  come  si  e'
visto,  fa  discendere  l'obbligazione  dell'assistito   dalla   sola
circostanza che, ex post, l'accesso al pronto soccorso non sia  stato
seguito da ricovero; laddove la  disposizione  provinciale  impugnata
introduce il diverso presupposto  (come  detto,  consistente  in  una
impossibile valutazione prognostica che lo stesso assistito  dovrebbe
operare)  che  vengano  richieste  al  pronto  soccorso   prestazioni
differibili. 
    In secondo luogo, la norma  statale  fa  espressamente  salve  le
categorie esenti, che  la  norma  provinciale  invece  include  nella
platea dei potenziali obbligati. 
    In  terzo  luogo,   e'   evidente   l'eccessiva   gravosita'   e,
soprattutto, imprevedibilita' dell'onere  economico  posto  a  carico
dell'assistito, cui si richiede il pagamento dell'intero costo  della
prestazione, e non un semplice importo predeterminato  e  forfetario,
come e' il c.d. ticket. 
    La norma provinciale si traduce, cosi', in sostanza  in  un  vero
divieto (limite di fatto, apprezzabile ex art. 3, comma 2  Cost.)  di
accedere al pronto soccorso allorche' possa porsi il semplice  dubbio
che  la   prestazione   sia   differibile   (specialmente   allorche'
l'assistito non disponga di rilevanti risorse economiche). 
    L'incidenza sui livelli  essenziali,  che  e'  compito  del  solo
legislatore  statale  fissare,   e',   quindi,   indiscutibile,   con
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione. 
    Al riguardo codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n.
187 del 2012 (cfr. considerando in diritto 3.3.2)  ha  stabilito  che
«la disciplina in materia di ticket, determinando il  costo  per  gli
assistiti dei relativi servizi  sanitari,  non  costituisce  solo  un
principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica   diretto   al
contenimento della spesa sanitaria, ma incide anche sulla quantita' e
sulla qualita' delle prestazioni garantite, e,  quindi,  sui  livelli
essenziali di assistenza.  La  misura  della  compartecipazione  deve
essere omogenea  su  tutto  il  territorio  nazionale,  giacche'  non
sarebbe  ammissibile  che  l'offerta  concreta  di  una   prestazione
sanitaria rientrante nei LEA si presenti in modo diverso nelle  varie
regioni, considerato che dell'offerta concreta fanno parte  non  solo
la  qualita'  e  quantita'  delle  prestazioni  che   devono   essere
assicurate sul territorio, ma anche le soglie di accesso,  dal  punto
di vista economico, dei cittadini alla loro  fruizione  (sentenza  n.
203 del 2008). E cio' vale anche  rispetto  alle  regioni  a  statuto
speciale  che  sostengono  il  costo  dell'assistenza  sanitaria  nei
rispettivi territori, in quanto la natura stessa dei cosiddetti  LEA,
che riflettono tutele necessariamente uniformi del bene della salute,
impone di riferirne la disciplina  normativa  anche  ai  soggetti  ad
autonomia speciale (sentenza n. 134 del 2006)». 
2. Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    La disposizione impugnata, incentrandosi su oneri economici posti
a carico dell'assistito, si traduce altresi' inevitabilmente  in  una
norma  di  carattere  finanziario,  inerente  la   parte   a   carico
dell'assistito dei costi del servizio sanitario nazionale  nella  sua
specifica espressione di servizi di pronto soccorso. 
    In tal modo la disposizione impugnata viola l'art. 117,  comma  3
della Costituzione in quanto contrasta con  i  principi  fondamentali
dettati  dallo  Stato  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, che la legislazione regionale e' tenuta a rispettare. 
    Il principio di coordinamento finanziario specificamente  violato
e' quello enunciato dal riportato art.  1,  comma  796,  lettera  p),
della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007). 
    Come si e'  visto  la  norma  statale  coordina  le  esigenze  di
contenimento della spesa sanitaria in materia di pronto soccorso  con
il principio  della  tendenziale  gratuita'  del  servizio  sanitario
nazionale prevedendo che il  concorso  a  carico  dell'assistito  non
possa  superare  i  25  curo  a  prestazione   qualora   questa   sia
classificabile come codice bianco e non sia seguita da ricovero. Solo
a queste restrittive condizioni, la norma statale fa salve  eventuali
norme regionali che prevedano oneri maggiori;  e  purche'  si  tratti
comunque di oneri del tipo «ticket», vale  a  dire  predeterminati  e
forfetari. 
    Porre  ex  post  prestazioni  non  urgenti   a   totale   e   non
preventivabile  carico   dell'assistito,   come   fa   la   normativa
provinciale impugnata, implica quindi una  radicale  incompatibilita'
con il richiamato principio di coordinamento finanziario. 
    Tale incompatibilita' non potrebbe, infine, essere esclusa  dalla
salvaguardia dell'applicazione del comma 5 dell'art. 36  della  legge
provinciale n. 7/2001, apparentemente operata  dal  comma  5-bis  qui
impugnato. 
    Il comma 5 prevede che «La Giunta provinciale  puo'  assoggettare
le prestazioni di pronto  soccorso,  effettuate  presso  un  presidio
ospedaliero della provincia e non seguite da ricovero,  alla  vigente
normativa sulla partecipazione alla spesa sanitaria.»;  in  tal  modi
rinviando, per le prestazioni non seguite da  ricovero,  alla  citata
normativa statale. 
    L'area delle prestazioni non seguite da ricovero contemplate  dal
comma 5 include infatti necessariamente le «prestazioni  differibili»
ora contemplate dal  comma  5-bis  e  poste  integralmente  a  carico
dell'assistito. Non potrebbe, quindi, sostenersi che  le  prestazioni
differibili si pongano, come grado di urgenza,  ancora  al  di  sotto
delle prestazioni non seguite da ricovero, e cosi'  giustifichino  la
grave  penalizzazione   economica   introdotta   dalla   disposizione
impugnata. 
    L'inserimento  asistematico  del  comma  5-bis,   al   contrario,
sovrapponendo la «nuova» categoria delle prestazioni «differibili»  a
quella, uniformemente assunta a livello nazionale, delle  prestazioni
«non  seguite  da  ricovero»,  svuota  di   contenuto   concretamente
applicabile la previgente disposizione del  comma  5  che  si  poneva
invece  in  perfetta  coerenza  con  il  principio  di  coordinamento
finanziario qui evocato. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Presidente del Consiglio come  sopra  rappresentato  e  difeso
ricorre  a  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  affinche'  voglia
dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6,  comma  1,
della legge provinciale di Bolzano 30 luglio 2019, n. 6. 
    Si produce in estratto conforme la  delibera  del  Consiglio  dei
ministri del 26 settembre 2019. 
        Roma, 30 settembre 2019 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Aiello