N. 193 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2019

Ordinanza  del  16  luglio  2019  del   G.I.P.   del   Tribunale   di
Caltanissetta nel procedimento penale a carico di A. U.. 
 
Ordinamento penitenziario - Modifiche all'art. 4-bis, comma 1,  della
  legge n. 354 del 1975 - Inserimento di determinati reati contro  la
  pubblica amministrazione tra i reati ostativi alla  concessione  di
  alcuni benefici penitenziari -  Mancata  previsione  di  un  regime
  transitorio. 
- Legge 9 gennaio 2019, n. 3  (Misure  per  il  contrasto  dei  reati
  contro  la  pubblica  amministrazione,  nonche'   in   materia   di
  prescrizione del reato e in materia di trasparenza  dei  partiti  e
  movimenti politici), art. 6, comma 1, lettera b)  [recte:  art.  1,
  comma 6, lettera b) ], modificativo dell'art. 4-bis, comma 1, della
  legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'). 
(GU n.46 del 13-11-2019 )
 
                     TRIBUNALE DI CALTANISSETTA 
           Sezione del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il  Giudice  dell'esecuzione,  dott.ssa  Valentina  A.M.   Balbo,
esaminata l'istanza depositata in cancelleria il 19 giugno  2019  con
la quale U. A., nato a... il ...,  in  atto  detenuto  in  espiazione
pena, ha chiesto in via  principale  la  sospensione  dell'ordine  di
carcerazione  emesso  dalla  Procura  della  Repubblica   presso   il
Tribunale di Caltanissetta notificato il 7 giugno  2019  ed,  in  via
gradata, di investire la  Corte  costituzionale  dello  scrutinio  di
legittimita' dell'art. 6, comma primo, della legge n. 3/2019, laddove
nell'ampliare il novero dei reati c.d.  «ostativi»  di  cui  all'art.
4-bis dell'Ordinamento Penitenziario, non ha previsto una  disciplina
transitoria tesa ad escludere dall'incidenza  della  stessa  legge  i
fatti commessi fino al 31 gennaio 2019; 
    esaminati gli atti e sciogliendo la riserva  formulata  all'esito
dell'udienza camerale del 9 luglio 2019; 
 
                               Osserva 
 
    Ad A. U. e' stata applicata ex  articoli  444  e  ss.  codice  di
procedura penale con sentenza n. 22 del 12 febbraio 2019,  definitiva
il 28 maggio 2019, emessa dal Giudice  per  le  Indagini  Preliminari
presso il Tribunale di Caltanissetta,  la  pena  di  anni  tre,  mesi
undici e giorni dieci di reclusione per diversi fatti  reato  avvinti
dalla continuazione tra cui anche una violazione  dell'art.  319  del
codice penale, ovvero il delitto di corruzione per un atto  contrario
ai doveri di ufficio, commesso tra il 16 maggio 2017 ed il 31  maggio
2017. 
    L'art. 6, comma primo, lettera b) della legge 9 gennaio  2019  n.
3, entrata in vigore il 31 gennaio 2019 ha  modificato  l'art.  4-bis
della legge 26 luglio 1975  n.  354,  inserendo  i  reati  contro  la
pubblica amministrazione - e quindi anche il reato di corruzione  per
il quale all'A. e' stata applicata la prefata pena - tra i c.d. reati
ostatavi che non consentono una sospensione  della  esecuzione  della
pena ex art. 656, comma 5 codice di procedura penale  in  virtu'  del
successivo comma nove, lettera a) della stessa norma. 
    Deve pure dirsi che  a  seguito  dell'intervento  legislativo  di
ampliamento  del  novero  dei   reati   ostativi   alla   sospensione
dell'esecuzione della pena per l'attivazione delle misure alternative
alla detenzione, la Procura  della  Repubblica  di  Caltanissetta  ha
emesso nei confronti dell'A. un ordine di carcerazione notificato  il
7 giugno 2019 per l'espiazione della pena di anni tre, mesi undici  e
giorni dieci applicata con la sentenza  n.  22/2019  emessa  dal  GIP
presso il Tribunale di Caltanissetta il 12 febbraio  2019  definitiva
il 28 maggio 2019. 
    Si ritiene che l'istanza diretta  al  giudice  dell'esecuzione  e
proposta in via principale non possa trovare accoglimento. 
    Sostiene  l'istante  che  l'ordine  di  carcerazione  emesso  dal
pubblico ministero sarebbe illegittimo  in  quanto  emesso  senza  la
sospensione  prevista  dal  quinto  comma  dell'art.  656  codice  di
procedura penale  non  potendosi  applicare  al  caso  di  specie  il
disposto del novellato art. 4-bis della  legge  354/1975  considerato
che l' inclusione, tra gli altri, del reato di cui all'art.  319  del
codice penale per il quale  gli  e'  stata  applicata  la  pena  gia'
definitiva,  sarebbe  avvenuta  in   un   momento   successivo   alla
commissione dei fatti e  sinanco  al  momento  in  cui  fu  raggiunto
l'accordo con il pubblico ministero  per  l'applicazione  della  pena
stessa. 
    Ha altresi' dedotto che, in tal guisa, l'ordine  di  carcerazione
emesso si e' risolto in un aggravamento del trattamento sanzionatorio
sostanziale e ha  richiamato,  a  sostegno  della  propria  tesi,  il
provvedimento reso in analoga fattispecie del Giudice per le Indagini
Preliminari presso il Tribunale di Como reso l'8 marzo  2019  che  ha
ritenuto come l'entrata in vigore della legge  n.  3/2019  non  possa
impedire la sospensione  della  carcerazione  disposta  in  forza  di
titolo esecutivo sorto per condanne relative a fatti pregressi al  31
gennaio 2019. 
    Questo  Giudice   non   ritiene   tuttavia   condivisibile   tale
prospettazione difensiva. 
    Non si ignora invero il precedente del G.I.P. presso il Tribunale
di Como che ha fondato il provvedimento di sospensione dell'ordine di
carcerazione emesso al pubblico ministero per reato ostativo divenuto
tale - a seguito della emanazione ed entrata in vigore della legge n.
3/2019 - dopo la sua commissione; neppure e' revocabile in dubbio che
tale  orientamento  giurisprudenziale  ed  anche  la  difesa  dell'A.
abbiano ricercato un fondamento alla sospensione detta nel  principio
sovranazionale di cui all'art. 7 CEDU e nel principio di cui all'art.
25 Cost.  e  in  una  lettura  sostanzialistica  delle  modalita'  di
esecuzione della sanzione o della misura imposta. 
    In definitiva dalla natura processuale o sostanziale della  norma
in esame  -  e  segnatamente  dal  complesso  dei  principi  espressi
dall'art. 656 codice di procedura penale e dalle norme alle quali ivi
si rinvia - ne discende l'operativita' o meno  del  principio  tempus
regit actum o del principio del favor rei. 
    Orbene applicando il primo dei due principi  le  norme  dell'art.
4-bis legge n. 354/1975 come modificate  dalla  legge  n.  3/2019  si
dovrebbero applicare - come difatti e' avvenuto nel caso di specie  -
senza eccezioni non appena entrate in vigore; mentre in  ossequio  al
principio del favor rei dovrebbe applicarsi la disciplina in  materia
di accesso alle misure alternative vigente ai momento  del  fatto  e'
giammai quella sopravvenuta. 
    Tanto premesso, si  ritiene  di  aderire  a  quel  consolidato  e
granitico  principio  giurisprudenziale  ex  quo   «le   disposizioni
concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative
alla  detenzione,  non  riguardando  l'accertamento   del   reato   e
l'irrogazione della pena, ma soltanto le  modalita'  esecutive  della
stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e,  pertanto,
(in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al
principio "tempus regit actum" e non alle regole dettate  in  materia
di successione di norme penali nel tempo» (v.  Cass.  Pen.,  Sez.  1,
sentenza n. 11580 del 5 febbraio 2013 Cc. - dep. 12 marzo 2013 -  Rv.
255310-01 - in archivio C.E.D.). 
    Deve anche sottolinearsi come nel precedente qui citato la  Corte
di Cassazione ha affermato  il  principio  della  natura  processuale
delle norme disciplinanti  le  modalita'  di  esecuzione  della  pena
proprio con riferimento ad una precedente  modifica  dell'art.  4-bis
della  legge  n.  354  del  1975,  relativa  alla  previsione   della
concedibilita' dei permessi premio ai  detenuti  per  il  delitto  di
sequestro  di  persona  a  scopo  di  estorsione  solo  in  caso   di
collaborazione con la giustizia. 
    L'inapplicabilita' del principio dell'art. 2 e dell'art. 25 Cost.
al caso di specie e l'assenza di una disciplina  transitoria  dettata
contestualmente alla rimodulazione nel  2019  dell'art.  4-bis  della
legge 26 luglio 1975 n. 354, comportano il rigetto del  primo  motivo
di  doglianza  teso  ad  ottenere  un  provvedimento  di  sospensione
dell'ordine di esecuzione della pena emesso nei confronti di A. U. 
    Si condividono invece  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
prospettati  dall'istante,  considerando  non  affetta  da  manifesta
infondatezza la questione di illegittimita' costituzionale  dell'art.
6 comma primo, lettera B)  della  legge  9  gennaio  2019  n.  3,  in
riferimento all'art. 117 Costituzione, cosi come integrato  dall'art.
7 CEDU, cio' in quanto avendo l'art. 6 prefato ampliato il novero dei
reati ostativi di cui all'art. 4-bis legge n. 354/1975 includendovi i
reati contro la pubblica amministrazione non ha  previsto  un  regime
intertemporale. 
    Invero ritenuta la natura processuale  dell'intervento  normativa
come si e' gia' detto, cio' comporta una retroattivita' della stessa,
a causa della  mancata  previsione  di  un  regime  transitorio,  con
conseguente applicabilita' immediata del nuovo  intervento  normativo
anche ai fatti commessi prima delle entrata in vigore della legge  n.
3/2019 ovvero prima del 31 gennaio 2019. 
    Simile ricaduta appare in contrasto  con  quella  interpretazione
che  la  Corte  EDU  ha  piu'  volte  sposato  riguardo  a  normative
implicanti modifiche delle modalita' esecutive della pena. 
    La Corte EDU, infatti, ha avuto modo di affermare con riferimento
al beneficio penitenziario  tipico  dell'ordinamento  spagnolo  della
«redencion de penas por Trabajo» - ovvero di una riduzione della pena
da scontare  in  considerazione  di  giorni  di  lavoro  intramurario
espletati - che non puo' essere  inflitta  una  pena  piu'  grave  di
quella applicabile al momento in cui il reato e' stato  commesso  (V.
Corte di Strasburgo del 21 dicembre 2013 in caso Del Rio Prada contro
Spagna). 
    Peraltro  anche  la  Corte  di   Cassazione   aderendo   a   tale
impostazione, con recentissimo arresto, ha  affermato  che  «l'omessa
previsione di una disciplina transitoria circa l'applicabilita' della
disposizione  (come  novellata)  possa  suscitare  fondati  dubbi  di
incostituzionalita' in relazione ai riverberi processuali sull'ordine
di esecuzione, in quanto non  piu'  suscettibile  di  sospensione  in
forza della previsione dell'art. 656, comma  9  codice  di  procedura
penale. Va  difatti  considerato  come,  secondo  il  disposto  della
lettera a del comma 9 dell'art. 656, la  sospensione  dell'ordine  di
esecuzione della sentenza di  condanna  ad  una  pena  detentiva  non
superiore  a  quattro  anni  (giusta   anche   la   declaratoria   di
incostituzionalita' con sentenza della Corte costituzionale  2  marzo
2018 numero 41) per il termine di trenta giorni al fine di consentire
al condannato in stato di liberta' di avanzare istanza di concessione
di una delle misure alternative previste dalla legge n. 354 del 1975,
sospensione prevista dal comma 5 dello  stesso  articolo,  non  possa
essere disposta nei confronti dei condannati per i delitti di cui  al
citato art. 4-bis. Orbene, avuto riguardo al diritto vivente quale si
connota   la   luce   del   diritto   positivo   e   della    lettura
giurisprudenziale e fino ad ora consolidata a seguito della decisione
delle  Sezioni  Unite   del   2006,   le   disposizioni   concernenti
l'esecuzione delle  pene  detentive  e  le  misure  alternative  alla
detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e  l'irrogazione
della pena ma soltanto  le  modalita'  esecutive  della  stessa  sono
considerate norme penali processuali e non  sostanziali.  E  pertanto
ritenute soggette in assenza di una specifica disciplina  transitoria
al principio tempus regit actum e non alle regole dettate in  materia
di successione di norme penali  nel  tempo  dall'art.  2  del  codice
penale e dall'art. 25 della Costituzione - Sezioni unite numero 24561
del 30 maggio 2006 - in  applicazione  di  tale  interpretazione  con
riferimento  al  reato  ascritto,  al  ricorrente  non  sarebbe  piu'
possibile disporre la sospensione dell'esecuzione sensi del combinato
disposto dell'art. 656, comma 9 codice di procedura  penale  in  base
all'art. 4-bis ordinamento penitenziario come novellato  nel  gennaio
2019. D'altra parte non  e'  revocabile  in  dubbio  che  nella  piu'
recente giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo ai
fini del riconoscimento delle garanzie convenzionali  i  concetti  di
illecito  penale  e  di  pena  abbiano   assunto   una   connotazione
antiformalista e sostanzialista privilegiando si alla  qualificazione
formale data dall'ordinamento, all'etichetta assegnata la valutazione
in ordine al tipo, alla durata, agli effetti, nonche' alle  modalita'
di esecuzione della sanzione della misura imposta.  Significativa  in
tal senso e' la pronuncia resa nel caso del Rio Prada  contro  Spagna
del 21 ottobre 2013 la' dove la Grande Camera  della  Corte  Edu  nel
ravvisare  una  violazione   dell'art.   7   della   convenzione   ha
riconosciuto rilevanza anche al mutamento giurisprudenziale  in  tema
di un istituto riportabile alla liberazione anticipata  previsto  dal
nostro ordinamento  in  quanto  suscettibile  di  comportare  effetti
peggiorativi giungendo  dunque  ad  affermare  che  il  rispetto  del
principio. D'altronde in precedenza  il  legislatore  aveva  adottato
disposizioni transitorie finalizzate  a  temperare  il  principio  di
immediata applicazione delle modifiche  dell'art.  4-bis  ordinamento
penitenziario, quali quelle contenute nell'art. 4  del  decreto-legge
13 maggio 1991 numero 152 e nell'art. 4 comma  1  legge  23  dicembre
2002 n. 279 che inseriva i reati di cui agli articoli 600,  601,  602
del   codice   penale    nell'art.    4-bis    citato,    limitandone
l'applicabilita' ai soli reati commessi  successivamente  all'entrata
in vigore della legge». 
    Cio' posto si ravvisa un dubbio di costituzionalita' della  nuova
normativa introdotta nel gennaio 2019. 
    Peraltro  nel  caso  trattato  dalla  Corte  di   Cassazione   la
questione, pur ritenuta non manifestamente infondata,  non  e'  stata
sollevata dinanzi al Giudice delle Leggi per irrilevanza, perche'  la
Corte di Cassazione non ha competenze di giudice  dell'esecuzione  ai
sensi dell'art. 665 codice di procedura penale. 
    La medesima questione di' legittimita'  costituzionale  ai  sensi
dell'art. 23, comma secondo, legge n. 87/1953 ha rilevanza  nel  caso
in esame, in quanto  se  la  legge  n.  3/2019  avesse  previsto  una
disciplina transitoria tesa a limitare la sua  applicazione  ai  soli
fatti commessi successivamente  alla  sua  entrata  in  vigore  -  31
gennaio 2019 - , il ricorso dell'Amico avrebbe  trovato  accoglimento
avendo lo stesso commesso la  violazione  dell'art.  319  del  codice
penale, ovvero il delitto di corruzione  per  un  atto  contrario  ai
doveri di ufficio, tra il l6 maggio 2017  ed  il  31  maggio  2017  e
l'ordine di esecuzione della pena sarebbe stato sospeso. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, 
    solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  6.
comma primo, lettera B) della legge 9 gennaio 2019 n. 3, nella  parte
in cui, ampliando il novero dei reati «ostativi» ai  sensi  dell'art.
4-bis legge n. 354/1975, includendovi  i  reati  contro  la  pubblica
amministrazione, ha mancato di  preveder  un  regime  intertemporale,
poiche' in contrasto con gli articoli 3, 24, 25, 27, 111,  117  della
Costituzione (quest'ultimo integrato dall'art. 7 CEDU); 
    sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale; 
    manda alla cancelleria per gli ulteriori adempimenti tra  cui  la
comunicazione alle parti  del  presente  provvedimento,  al  Pubblico
Ministero, al Presidente del Consiglio dei ministri e  ai  Presidenti
delle Camere del Parlamento. 
 
      Caltanissetta, 16 luglio 2019 
 
            Il Giudice per le Indagini Preliminari: Balbo