N. 105 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 ottobre 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 15 ottobre 2019  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Paesaggio - Beni culturali - Norme della  Regione  Puglia  -  Turismo
  rurale - Modifiche e integrazioni alla legge regionale  n.  20  del
  1998 - Consolidamento, restauro e ristrutturazione  di  edifici  di
  interesse storico o artistico,  al  fine  della  trasformazione  in
  strutture ricettive. 
- Legge della Regione Puglia 9  agosto  2019,  n.  43  ("Modifiche  e
  integrazioni alla legge regionale 22 luglio 1998,  n.  20  (Turismo
  rurale) e interpretazione autentica  dell'articolo  2  della  legge
  regionale 12 dicembre 2016, n. 38 (Norme in  materia  di  contrasto
  agli incendi boschivi e di interfaccia)"), art. 1. 
(GU n.46 del 13-11-2019 )
    Ricorso  per  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello  Stato,
presso i cui uffici domicilia in Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12;
Ricorrente; 
    Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della  giunta
p.t.; Resistente; 
    Per la declaratoria  di  incostituzionalita'  dell'art.  1  della
legge regionale 9 agosto 2019, n. 43, pubblicata nel B.U.R. n. 91 del
9 agosto 2019, avente ad oggetto «Modifiche e integrazioni alla legge
regionale 22 luglio 1998, n. 20 (Turismo  rurale)  e  interpretazione
autentica dell'art. 2 della legge regionale 12 dicembre 2016,  n.  38
(Norme  in  materia  di  contrasto  agli  incendi   boschivi   e   di
interfaccia)», giusta delibera del Consiglio dei ministri  3  ottobre
2019. 
    La legge in epigrafe indicata contiene  talune  disposizioni  che
eccedono dalle  competenze  regionali  ed  invadono  quelle  statali,
ponendosi in contrasto con i principi costituzionali di cui agli art.
9  e  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,   che
riconoscono  la  tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio  e  dei  beni
culturali come valore  costituzionalmente  garantito  e  affidano  la
stessa  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato,  come  andiamo  ad
argomentare in dettaglio. 
    1. L'art. 1, comma 1, della legge  regionale  in  esame,  con  le
lettere a) e b) apporta modifiche all'art. 1, comma  2,  della  legge
regionale  n.  20/1998,   concernente   il   turismo   rurale.   Esso
testualmente recita: 
        «1. All'articolo 1 della legge 22 luglio 1998, n. 20 (Turismo
rurale), sono apportate le seguenti modifiche: 
a) al comma 2: 
1)  la  parola:   "consentiti",   e'   sostituita   dalla   seguente:
"consentite"; 
        2)  sono  soppresse  le  seguenti  parole:  ",  immutata   la
volumetria fuori terra esistente"; 
        3)  le  parole:  "e  fatti  salvi",  sono  sostituite   dalle
seguenti: "e fatte salve"; 
        4) prima della parola: "caratteristiche", sono  soppresse  le
seguenti: "i prospetti originari e". 
b) al comma 3, dopo la parola:  "ampliamento,  "  sono  soppresse  le
seguenti: ", da effettuarsi esclusivamente mediante la  realizzazione
di volumi interrati, "; 
c) i commi 6 e 7 sono abrogati.» 
    A seguito delle modifiche introdotte, i  commi  2-3  dell'art.  1
della legge regionale n. 20/1998, risultano avere il seguente testo: 
        «2.  Nell'ambito  di  tutto  il  territorio  regionale   sono
consentite  e  fatte  salve  le  caratteristiche  architettoniche   e
artistiche  dell'immobile,  il  consolidamento,  il  restauro  e   la
ristrutturazione  di  edifici  rurali,   masserie,   frulli,   torri,
fortificazioni e, in genere, antichi manufatti  censiti  nel  catasto
agricolo urbano, rientranti  nel  regime  giuridico  della  legge  1°
giugno 1939, n. 1089 o suscettibili di  essere  assoggettati  a  tale
regime per essere stati eseguiti  da  oltre  cinquant'anni,  al  fine
della trasformazione dell'immobile  in  strutture  ricettive  di  cui
all'art. 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217. 
        3. L'eventuale ampliamento deve assicurare la conservazione e
il recupero  di  manufatti  sotterranei  preesistenti  quali  ipogei,
trappeti, cisterne, granai, cavita' naturali, etc.» 
    2.  La   norma   regionale,   cosi'   come   modificata,   amplia
considerevolmente, rispetto alla precedente formulazione,  la  platea
degli interventi finora assentibili sui manufatti  storici  pugliesi,
confliggendo con le competenze esclusive attribuite al Ministero  per
i beni e le attivita' culturali (e per  esso,  alle  Soprintendenze),
dalla parte Seconda del Codice dei beni culturali e del  paesaggio  -
decreto legislativo n. 42/2004. 
    La norma contrasta, peraltro,  sia  con  le  competenze  generali
statali in materia di paesaggio e ambiente sia con  l'impostazione  e
la ratio della legislazione statale  nel  senso  di  non  individuare
specificamente gli interventi consentiti sui  beni  culturali,  ferma
restando la necessita' dell'autorizzazione culturale di cui  all'art.
21, o di rimettere alla  pianificazione  la  vestizione  dei  vincoli
paesaggistici, anche ai fini della disciplina  e  dell'autorizzazione
di cui agli articoli 145-146 del Codice  dei  Beni  culturali  e  del
paesaggio. 
    In seguito alla modifica normativa, infatti, sono consentiti  con
legge regionale  interventi  di  particolare  rilevanza  su  immobili
vincolati ai sensi della citata parte II del Codice,  interventi  che
prima della modifica erano vietati; infatti, vengono eliminati alcuni
limiti in precedenza previsti, in particolare: 
        alla lettera a), con la soppressione delle  parole  «immutata
la volumetria  fuori  terra  esistente»  [punto  2]  e  «i  prospetti
originari e» [punto 4]; 
        alla  lettera  b),  con  la  soppressione  delle  parole  «da
effettuarsi  esclusivamente  mediante  la  realizzazione  di   volumi
interrati». 
    Cosi' operando, si finisce per consentire sia  ampliamenti  fuori
terra sia la modifica dei prospetti. 
    Ne' puo' valere il  richiamo  alla  necessita'  dell'acquisizione
dell'autorizzazione della Soprintendenza, di cui  al  comma  4  della
legge regionale n. 20 del 1998, in  quanto  la  normativa  regionale,
peraltro  in  materia  di  competenza  esclusiva  statale,   ingenera
confusione e aspettative nell'utenza, indotta  a  ritenere  possibili
ampie   trasformazioni   dell'immobile,   a   scapito    della    sua
«conservazione» e «integrita'». 
    Inoltre, le modifiche contrastano con  l'iniziale  spirito  della
legge  regionale  n.  20/1998  che,  oltre  alla  valorizzazione  del
patrimonio storico artistico rurale, intendeva assicurarne  anche  la
tutela. 
    3. Sulla questione, si richiama il  costante  orientamento  della
Corte costituzionale che ha posto una precisa  linea  di  distinzione
tra le competenze legislative statali e  regionali,  riservando  allo
Stato la competenza tutte le volte in cui  oggetto  della  disciplina
sia un bene tutelato, anche avendo riguardo al  «supporto  materiale»
inciso dalla normativa. 
    In particolare, gia' con la sentenza n. 9 del 2004  la  Corte  ha
sottolineato che  rientra  tra  le  attivita'  costituenti  «tutela»,
riservata in via esclusiva allo Stato, quella diretta «a conservare i
beni  culturali  e  ambientali»,  ossia  diretta  «principalmente  ad
impedire che il bene possa degradarsi nella sua  struttura  fisica  e
quindi nel suo contenuto culturale». 
    I  limiti  della  competenza  regionale  in  materia  sono  stati
ribaditi in molteplici occasioni, con riferimento sia  al  patrimonio
culturale che a quello paesaggistico; si vedano, fra le tante,  Corte
costituzionale 29 gennaio 2016, n. 11 [«La giurisprudenza  di  questa
corte e' costante nell'affermare che, in base all'art. 117, 2° comma,
lettera s), Cost., la tutela  del  paesaggio  costituisce  un  ambito
riservato alla potesta' legislativa esclusiva  statale  (sentenze  n.
210 del 2014, Foro it., 2014, I, 2651; e n. 235 del 2011, id.,  2011,
I, 2575)  e  che  la  tutela  paesaggistica  apprestata  dallo  Stato
costituisce un limite inderogabile alla disciplina che le  regioni  e
le province autonome possono dettare nelle materie di loro competenza
(sentenze n. 101 del 2010, id., 2010, I, 2967; n. 437 e  n.  180  del
2008, ibid., 394, e id., 2008, I, 2075; n. 378 e  n.  367  del  2007,
id., Rep. 2008, voce Trentino-Alto Adige, n. 50, e ibid.,  voce  Beni
culturali, paesaggistici e ambientali, n. 66). ... Il codice dei beni
culturali e del paesaggio definisce dunque, con efficacia  vincolante
anche per le regioni,  i  rapporti  tra  le  prescrizioni  del  piano
paesaggistico e le prescrizioni di carattere urbanistico ed  edilizio
- sia contenute in un atto di pianificazione, sia  espresse  in  atti
autorizzativi puntuali, come il permesso di costruire  -  secondo  un
modello di prevalenza delle prime,  non  alterabile  ad  opera  della
legislazione regionale.»]; Corte costituzionale 29 ottobre  2009,  n.
272 e Corte costituzionale 5 maggio 2006, n. 182 [che  richiama  «...
il sistema di organizzazione delle competenze delineato  dalla  legge
statale a tutela del paesaggio, che costituisce un  livello  uniforme
di tutela, non derogabile dalla regione, nell'ambito di una materia a
legislazione  esclusiva  statale,  ma  anche  della  legislazione  di
principio nelle materie concorrenti  del  governo  del  territorio  e
della valorizzazione dei beni culturali.»]. 
    Con specifico riferimento al  «paesaggio»  i  cui  valori  devono
ritenersi  compresi  nella  disposizione  di  cui  all'art.  9  della
Costituzione e la cui tutela  deve,  parimenti,  ritenersi  riservata
allo Stato, richiamiamo quanto statuito dall'importante  sentenza  26
novembre 2002, n.  478,  ove  la  Corte  costituzionale,  chiamata  a
giudicare della legittimita' costituzionale della  normativa  statale
(art. 149, decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490)  e  regionale
(art. 14, legge regionale Sicilia 30 aprile 1991,  n.  10)  applicate
nella pianificazione paesistica delle Isole Eolie, ha riaffermato  il
principio per  cui  «la  tutela  del  bene  culturale  e'  nel  testo
costituzionale  contemplata  insieme  a  quella   del   paesaggio   e
dell'ambiente come espressione  di  principio  fondamentale  unitario
dell'ambito territoriale in cui si svolge la vita dell'uomo (sentenza
n.  85/1998)  e  tali  forme  di  tutela  costituiscono  una  endiadi
unitaria» (v. sentenza 18 ottobre 2001, n. 3) ed ha sottolineato  che
«rispetto a dette materie non puo' configurarsi ne'  un  assorbimento
nei  compiti  di  autogestione  del  territorio,   come   espressione
dell'autonomia  comunale,  ne'  tanto  meno  una  esclusivita'  delle
funzioni  comunali  in  forza  della  stessa   autonomia   in   campo
urbanistico. Invece, attraverso i piani urbanistici  il  comune  puo'
nella sua autonomia, in relazione ad esigenze particolari  e  locali,
imporre limiti  e  vincoli  piu'  rigorosi  o  aggiuntivi  anche  con
riguardo  a  beni  vincolati  a  tutela  di  interessi  culturali  ed
ambientali». 
    La tutela del paesaggio, quindi, deve ritenersi  contenuta  nella
previsione della lettera s), comma 2, dell'art. 117.  In  tal  senso,
come e' noto, si e' pronunciata l'adunanza plenaria del Consiglio  di
Stato con la decisione 14 dicembre 2001, n. 9, ove il Collegio ha tra
l'altro ribadito che «nell'ambito della tutela dell'ambiente  rientra
anche  quella  del  paesaggio»,  richiamando  all'uopo  il  principio
costituzionale   del   «paesaggio-ambiente»   (sancito    da    Corte
costituzionale n. 378/2000 e n. 85/1998) e il titolo XVI del Trattato
CE (come ridefinito dal Trattato  di  Amsterdam  del  1997),  ove  e'
prevista la politica comunitaria nella materia dell'ambiente. 
    4. La disposizione regionale, quindi, viola gli articoli 9 e 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione: l'art. 9 sancisce  che
la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico
della Nazione e l'art. 117, secondo comma, lettera s),  riserva  allo
Stato  la  competenza  legislativa   nella   materia   della   tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. 
    Il loro combinato  disposto  delinea  in  maniera  chiarissima  i
valori costituzionali garantiti e  gli  ambiti  di  intervento  dello
Stato e della regione: entrambi questi  profili  sono  violati  dalla
disciplina regionale oggetto di censura. 
    Parimenti  violati   sono   quei   principi   secondo   la   loro
codificazione nel Codice dei beni culturali e del paesaggio - decreto
legislativo n. 42/2004, come enunciati nel  testo  normativo  e  come
interpretati dalla costante giurisprudenza amministrativa;  si  veda,
fra le tante, sul primato della competenza legislativa statale, Cons.
Stato Sez. VI, 29 gennaio 2013, n. 533 [ove si legge che Il paesaggio
non dev'essere limitato al significato di  bellezza  naturale  ma  va
inteso come complesso dei valori inerenti al territorio;  il  termine
«paesaggio»   indica   essenzialmente   l'ambiente   complessivamente
considerato come bene «primario» ed «assoluto»  necessitante  di  una
tutela  unitaria  e  supportata   pure   da   competenze   regionali,
nell'ambito  degli   standard   stabiliti   dallo   Stato.   Mediante
l'imposizione dei vincoli paesistici, si  garantisce  la  tutela  del
paesaggio  ed   anche   dell'ambiente.   La   tutela   ambientale   e
paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario,  dev'essere
considerata un valore primario ed assoluto, che  precede  e  comunque
costituisce un limite alla  tutela  degli  altri  interessi  pubblici
assegnati alla competenza concorrente delle regioni,  in  materia  di
governo del territorio e  di  valorizzazione  dei  beni  culturali  e
ambientali.] e Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2017, n. 1183  [ove  si
ribadisce, secondo il principio affermato dalla Corte  costituzionale
con la sentenza n.  11  del  29  gennaio  2016,  che  la  tutela  del
paesaggio - in base al disposto dell'art. 117, 2° comma,  lettera  s)
Cost. - costituisce un ambito  riservato  alla  potesta'  legislativa
statale;  dal  che  consegue:  a)  che  la   tutela   del   paesaggio
concretamente  prevista  dallo  stato  rappresenta  un   limite   non
derogabile da parte delle regioni e  delle  province  autonome  nelle
materie urbanistica e edilizia,  che  fanno  parte  del  governo  del
territorio  previsto  dall'art.  117,  3°  comma,  Cost;  b)  che  la
disciplina di tutela contenuta nell'art. 145 decreto  legislativo  n.
42/2004   che   dispone   il   coordinamento   della   pianificazione
paesaggistica, assume il valore di norma costituzionale interposta e,
in concreto, prevede un principio di prevalenza della  pianificazione
paesaggistica non alterabile ad opera della legislazione  regionale];
sul contenuto e l'estensione del concetto  di  tutela,  Cons.  Stato,
sez.  VI,  24  novembre  2015,  n.  5325  [ove  si  sottolinea   che,
considerata la natura esclusiva della competenza statale  in  materia
di tutela del paesaggio, si deve escludere che la regione  possa  con
propri atti,  di  qualsiasi  natura,  ingerirsi  nel  dimensionamento
effettivo del potere  di  valutazione  statale  e  ridurre  -  e  per
categorie generali - il livello di tutela paesaggistica fissato dalla
legge dello stato: diversamente, in rottura anche  del  principio  di
eguaglianza, si contrasterebbe l'esigenza,  piu'  volte  sottolineata
anche dalla Corte costituzionale,  di  assicurare  pari  standard  di
protezione minima in tutto il territorio  nazionale;  la  tutela  del
paesaggio va cioe' assicurata come valore  primario  (art.  9  Cost.)
attraverso un'applicazione similare degli istituti della tutela, tale
da escludere la pluralita'  degli  interventi  delle  amministrazioni
regionali e locali.]. 
    Tanto premesso e considerato, giusta la  delibera  del  Consiglio
dei ministri in epigrafe indicata; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede che la Corte  costituzionale  adita  voglia  dichiarare
l'illeggittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge regionale  9
agosto 2019, n. 43, pubblicata nel B.U.R. n. 91 del  9  agosto  2019,
avente ad oggetto «Modifiche e integrazioni alla legge  regionale  22
luglio 1998, n.  20  (Turismo  rurale)  e  interpretazione  autentica
dell'articolo 2 della legge regionale 12 dicembre 2016, n. 38  (Norme
in materia di contrasto agli incendi  boschivi  e  di  interfaccia)»,
nelle parti oggetto di censura, per violazione  degli  articoli  9  e
117, comma 2, lettera s), della Costituzione. 
    Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei ministri. 
 
        Roma, 7 settembre 2019 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Albenzio