N. 107 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 ottobre 2019

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 15 ottobre 2019  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sicurezza pubblica - Norme  della  Regione  Veneto  -  Norme  per  il
  riconoscimento e il sostegno della funzione sociale  del  controllo
  di vicinato - Riconoscimento della funzione sociale  del  controllo
  di vicinato - Interventi  per  la  promozione  e  il  sostegno  del
  controllo di vicinato - Iniziative attuative - Analisi del  sistema
  di controllo di vicinato. 
- Legge della Regione Veneto 8 agosto  2019,  n.  34  (Norme  per  il
  riconoscimento ed il sostegno della funzione sociale del  controllo
  di   vicinato   nell'ambito   di   un   sistema   di   cooperazione
  interistituzionale integrata per la promozione  della  sicurezza  e
  della legalita'), intero testo, e articoli 1;  2,  in  particolare,
  commi 2, 3 e 4; 3, in particolare, comma 2, lettera b); 4, comma 1,
  lettera a); e 5. 
(GU n.47 del 20-11-2019 )
    Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge; 
    contro la Regione Veneto, in persona del presidente della  giunta
regionale in carica, con sede a Venezia, Palazzo Balbi  -  Dorsoduro,
3901  -  30123  Venezia  per  la  declaratoria  della  illegittimita'
costituzionale,  giusta  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri
assunta nella seduta del giorno 3 ottobre 2019,  della  intera  legge
della Regione del Veneto 8  agosto  2019,  n.  34  -  pubblicata  nel
Bollettino ufficiale della Regione del Veneto n. 89 del 9 agosto 2019
- e, comunque, degli articoli 1, 2 - e, in particolare, dei commi  2,
3 e 4 -, 3 - e, in particolare, del comma 2, lettera b) -,  4,  comma
1, lettera a) - e 5. 
Premessa. 
    In data 9 agosto 2019, sul n. 89 del Bollettino  ufficiale  della
Regione del Veneto, e' stata pubblicata la legge regionale  8  agosto
2019, n. 34, intitolata «Norme per il riconoscimento ed  il  sostegno
della funzione sociale del controllo di vicinato  nell'ambito  di  un
sistema  di  cooperazione   interistituzionale   integrata   per   la
promozione della sicurezza e della legalita'». 
    L'art. 1 enuncia le finalita'  della  legge  stabilendo  che  «La
Regione del Veneto concorre allo sviluppo  della  civile  e  ordinata
convivenza nelle citta' e  nel  proprio  territorio,  promuovendo  la
collaborazione fra  amministrazioni  statali,  istituzioni  locali  e
societa'  civile,  nel   rispetto   delle   relative   competenze   e
responsabilita', al fine di sostenere processi di partecipazione alle
politiche pubbliche per  la  promozione  della  sicurezza  urbana  ed
integrata, di incrementare i livelli di consapevolezza dei  cittadini
circa le problematiche del  territorio  e  di  favorire  la  coesione
sociale e solidale.». 
    Per concorrere  al  perseguimento  di  tali  finalita'  la  legge
regionale  riconosce  e  sostiene  il  controllo  di  vicinato   come
strumento  di  prevenzione  finalizzato  alla  partecipazione   della
regione alle politiche pubbliche per la  promozione  della  sicurezza
urbana ed integrata. 
    In  particolare,  l'art.  2,  comma  2,  della  legge   definisce
«controllo di  vicinato  quella  forma  di  cittadinanza  attiva  che
favorisce lo sviluppo di una cultura di partecipazione al tema  della
sicurezza urbana ed integrata per  il  miglioramento  della  qualita'
della vita e dei livelli di coesione  sociale  e  territoriale  delle
comunita',  svolgendo  una  finzione  di  osservazione,   ascolto   e
monitoraggio, quale contributo funzionale all'attivita' istituzionale
di prevenzione generale e controllo del territorio.  Non  costituisce
comunque oggetto dell'azione di controllo di vicinato l'assunzione di
iniziative di intervento per la  repressione  di  reati  o  di  altre
condotte a vario  titolo  sanzionabili,  nonche'  la  definizione  di
iniziative a qualsivoglia titolo incidenti sulla  riservatezza  delle
persone». 
    Il successivo comma 3 dell'art. 2 precisa che  «Il  controllo  di
vicinato si attua attraverso  una  collaborazione  tra  enti  locali,
Forze dell'ordine, Polizia locale e con l'organizzazione di gruppi di
soggetti residenti nello stesso quartiere o in zone  contigue  o  ivi
esercenti attivita' economiche, che,  in  conformita'  alla  presente
legge, integrano l'azione dell'amministrazione locale di appartenenza
per il miglioramento della vivibilita' del territorio e  dei  livelli
di coesione ed inclusione sociale e territoriale»; mentre il comma  4
prevede che «La Giunta regionale del Veneto promuove  la  stipula  di
accordi o protocolli di intesa per il controllo di vicinato  con  gli
Uffici territoriali di Governo da parte degli enti locali in  materia
di  tutela  dell'ordine  e  sicurezza  pubblica,  nei  quali  vengono
definite e regolate le funzioni svolte da soggetti  giuridici  aventi
quale propria finalita' principale il controllo di vicinato,  secondo
la  definizione  di  cui  alla  presente  legge.  Ove  ricorrano   le
condizioni, viene sostenuto il coinvolgimento dei soggetti  giuridici
di cui al presente comma, nelle  forme  previste  nei  Patti  per  la
sicurezza urbana, di cui al decreto-legge 20 febbraio  2017,  n.  14,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18  aprile  2017,  n.  48,
recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle citta'». 
    L'art. 3 della legge indica gli interventi per la promozione e il
sostegno del controllo di vicinato prevedendo, in particolare, che la
Giunta regionale del Veneto, al fine di favorire  la  conoscenza,  lo
sviluppo e il radicamento nel territorio del controllo di vicinato  e
delle relative iniziative, definisce programmi di intervento, tra gli
altri e per quanto qui interessa, nei seguenti ambiti: a) scambio  di
conoscenze,  informazioni  ed   esperienze   sui   diversi   fenomeni
partecipativi della cittadinanza alle politiche di  sicurezza  urbana
ed integrata e sulla loro incidenza sul territorio,  anche  favorendo
l'attivazione da parte dei comuni di sportelli informativi su ruolo e
funzioni del controllo  di  vicinato»  (comma  2,  lettera  a));  «b)
attivita' di ricerca, documentazione, comunicazione  ed  informazione
circa le azioni realizzate e di analisi sui risultati conseguiti, con
particolare riguardo  al  livello  di  impatto  sulla  sicurezza  nel
contesto di riferimento» (comma 2, lettera b)). 
    Per l'attuazione delle iniziative di promozione  e  sostegno  del
controllo di vicinato l'art. 4,  comma  1,  lettera  a)  della  legge
prevede, in stretta correlazione con quanto disposto dal gia'  citato
art.  2,  comma  4,  che  la  giunta  regionale:  «a)   relativamente
all'iniziativa di  cui  al  comma  2,  lettera  a)  dell'art.  3,  si
confronta, senza assunzione di oneri,  con  gli  enti  locali  e  con
soggetti  giuridici  aventi  quale   propria   finalita'   statutaria
principale il controllo di vicinato, individuati prioritariamente tra
i gruppi di controllo che collaborano all'attuazione  dei  protocolli
di intesa tra le amministrazioni comunali e gli  Uffici  territoriali
di Governo». 
    L'art.  5,  rubricato  «Analisi  del  sistema  di  controllo   di
vicinato», prevede, infine, che «1. La Giunta regionale  al  fine  di
incentivare e sostenere la  diffusione  del  controllo  di  vicinato,
promuove altresi' la creazione di una banca  dati,  che  raccolga  le
misure attuative  dei  protocolli  di  intesa  e  dei  patti  per  la
sicurezza urbana sottoscritti nel territorio regionale che  prevedano
forme di coinvolgimento di vicinato. Tale banca dati  consentira'  la
gestione degli elementi informativi  sul  sistema  provenienti  dagli
enti locali che svolgono attivita' di controllo di  vicinato;  a  tal
fine, la Giunta regionale stipula intese con gli enti locali e con  i
soggetti istituzionali competenti in materia di  ordine  e  sicurezza
pubblica. 2. La banca dati  consentira'  la  definizione  di  analisi
sull'evoluzione dell'efficacia del  controllo  di  vicinato  e  sulla
situazione concernente le potenziali tipologie di reati  ed  il  loro
impatto sul sistema territoriale». 
    La legge regionale all'esame - nella sua interezza  e,  comunque,
con le disposizioni riportate in epigrafe -, se per un  verso  eccede
l'ambito della competenza legislativa  regionale,  dall'altro  invade
quello attribuito al potere  legislativo  statale,  cosi'  impingendo
nella violazione tanto dell'art.  117,  comma  2,  lettera  h)  della
Costituzione  -  che  riserva  allo  Stato  la  materia  dell'«ordine
pubblico e sicurezza» - quanto dell'art. 118, comma 3, della Carta  -
che parimenti rimette alla legge statale la disciplina delle forme di
coordinamento fra Stato e regione nella materia de qua -; inoltre,  e
nel contempo, intervenendo, come  si  dira',  sulle  attribuzioni  di
organi ed uffici statali, viola pure il limite di cui  all'art.  117,
comma 2, lettera g) della Costituzione che ancora una  volta  riserva
alla competenza legislativa esclusiva dello  Stato  l'«ordinamento  e
organizzazione amministrativa dello Stato». 
    La legge della Regione Veneto n. 34/2019 viene pertanto impugnata
nella  sua  interezza  nonche'  quanto  alle  disposizioni  in  apice
indicate affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita'  costituzionale
e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
    Per comprendere il senso delle censure  che  si  muoveranno  alla
legge e alle norme regionali impugnate, appare opportuno ricostruire,
seppure sinteticamente, la cornice normativa all'interno della  quale
si colloca la disciplina regionale del controllo di vicinato. 
    Tale quadro  normativo  e'  rappresentato  del  decreto-legge  20
febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla  legge  18
aprile 2017, n. 48,  recante  «Disposizioni  urgenti  in  materia  di
sicurezza  delle  citta'»,  il  quale,  in  dichiarata   applicazione
dell'art. 118, comma 3, della Costituzione - che,  come  s'e'  detto,
rimette alla legge statale la disciplina delle forme di coordinamento
fra Stato e regione nella materia, tra l'altro, di cui  alla  lettera
h) dell'art. 117, comma 2, Cost.: «ordine pubblico e sicurezza»  -  ,
ha introdotto misure e strumenti in tema di sicurezza, in particolare
delle citta', intesi a sviluppare al massimo grado la collaborazione,
il coordinamento e l'integrazione  tra  i  soggetti  istituzionali  a
vario titolo interessati (Stato,  regioni,  province  autonome,  enti
locali, forze di polizia statali e locali). 
    A  tale  scopo  il  decreto   ha   individuato,   quali   settori
d'intervento, da un lato,  la  sicurezza  integrata,  dall'altro,  la
sicurezza urbana. 
1. La sicurezza integrata. 
    La  sicurezza  integrata  e'  definita  quale  «l'insieme   degli
interventi assicurati dallo  Stato,  dalle  regioni,  dalle  Province
autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali,  nonche'  da  altri
soggetti istituzionali, al fine di concorrere,  ciascuno  nell'ambito
delle  proprie  competenze  e  responsabilita',  alla  promozione   e
all'attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il
benessere delle comunita' territoriali» (cosi' l'art. l, comma 2, del
decreto-legge n. 14/2017). 
    «Ferme restando le competenze esclusive dello Stato in materia di
ordine pubblico e sicurezza», il decreto-legge  ha  previsto  che  le
linee generali delle politiche  pubbliche  per  la  promozione  della
sicurezza  integrata  sono  adottate,  su   proposta   del   Ministro
dell'interno, con accordo sancito in  sede  di  Conferenza  unificata
Stato-Regioni (accordo in effetti sancito nella seduta del 24 gennaio
2018) (art. 2, comma 1). 
    Tali  linee  generali  -  le  quali  devono  tenere  conto  della
necessita' di migliorare la qualita' della vita e del territorio e di
favorire l'inclusione sociale e la  riqualificazione  socio-culturale
delle aree interessate - (art.  2,  comma  1-bis)  -,  sono  rivolte,
prioritariamente, a coordinare, per lo svolgimento  di  attivita'  di
interesse  comune,  l'esercizio   delle   competenze   dei   soggetti
istituzionali coinvolti, anche con  riferimento  alla  collaborazione
tra le forze di polizia e la polizia  locale,  nei  seguenti  settori
d'intervento: 
        a) scambio informativo tra la polizia locale e  le  forze  di
polizia presenti sul territorio; 
        b) interconnessione, a  livello  territoriale,  tra  le  sale
operative della polizia locale  e  quelle  delle  forze  di  polizia,
nonche'  regolamentazione  dell'utilizzo  in  comune  di  sistemi  di
sicurezza tecnologica per il controllo delle aree e  delle  attivita'
soggette a rischio; 
        c) aggiornamento professionale integrato  per  gli  operatori
della polizia locale e delle forze di polizia (art. 2, comma 1). 
    Il successivo art. 3 del decreto ha individuato gli strumenti  di
attuazione delle linee generali adottate prevedendo che «lo Stato, le
regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono concludere
specifici accordi per la promozione della sicurezza integrata,  anche
diretti a disciplinare gli interventi a sostegno della  formazione  e
dell'aggiornamento professionale del personale della polizia  locale»
(comma 1). 
    Le regioni e le province autonome, anche sulla base degli accordi
sanciti in sede di  Conferenza  unificata,  possono  poi  «sostenere,
nell'ambito  delle  proprie  competenze  e  funzioni,  iniziative   e
progetti volti ad attuare interventi di  promozione  della  sicurezza
integrata nel territorio di riferimento, ivi  inclusa  l'adozione  di
misure di sostegno  finanziario  a  favore  dei  comuni  maggiormente
interessati da fenomeni di criminalita' diffusa» (comma 2). 
2. La sicurezza urbana. 
    La sicurezza urbana e' invece intesa  quale  «bene  pubblico  che
afferisce alla vivibilita' e al decoro delle citta'»  da  perseguire,
anche  attraverso  gli  interventi  sotto  descritti,   mediante   il
prioritario contributo integrato dello Stato,  delle  regioni,  delle
Province autonome di Trento e  Bolzano  e  degli  enti  locali,  «nel
rispetto delle rispettive competente e funzioni» (art. 4, comma 1): 
        riqualificazione e recupero delle aree o dei siti degradati; 
        eliminazione dei fattori  di  marginalita'  e  di  esclusione
sociale; 
        prevenzione  della  criminalita',  in  particolare  di   tipo
predatorio; 
        promozione della cultura del rispetto della legalita'; 
        affermazione di piu' elevati livelli di  coesione  sociale  e
convivenza civile. 
    In coerenza con le linee generali di cui al punto che  precede  e
nel rispetto di  linee  guida  adottate,  su  proposta  del  Ministro
dell'interno,  con  accordo   raggiunto   in   sede   di   Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali - accordo poi  sancito  nella  seduta
del 26 luglio 2018 -, l'art. 5, comma 1, del decreto prevede  che  il
prefetto e il sindaco possano sottoscrivere patti  -  definiti  Patti
per l'attuazione della sicurezza urbana - con i quali individuare, in
relazione  alla  specificita'  dei  singoli  contesti   territoriali,
interventi finalizzati alla: 
        «a) prevenzione e  contrasto  dei  fenomeni  di  criminalita'
diffusa e predatoria attraverso servizi e interventi di  prossimita',
in particolare a vantaggio delle  zone  maggiormente  interessate  da
fenomeni di degrado, anche coinvolgendo, mediante  appositi  accordi,
le reti territoriali di volontari per la  tutela  e  la  salvaguardia
dell'arredo urbano,  delle  aree  verdi  e  dei  parchi  cittadini  e
favorendo l'impiego delle forze di polizia per far fronte ad esigenze
straordinarie  di  controllo  del  territorio,   nonche'   attraverso
l'installazione di sistemi di videosorveglianza; 
        b) promozione e tutela della legalita', anche mediante mirate
iniziative  di  dissuasione  di  ogni  forma  di  condotta  illecita,
compresi l'occupazione arbitraria di immobili e lo  smercio  di  beni
contraffatti o falsificati, nonche' la prevenzione di altri  fenomeni
che comunque comportino turbativa del  libero  utilizzo  degli  spazi
pubblici; 
        c)  promozione  del  rispetto  del   decoro   urbano,   anche
valorizzando  forme  di  collaborazione  interistituzionale  tra   le
amministrazioni competenti, finalizzate a  coadiuvare  l'ente  locale
nell'individuazione di aree urbane su cui insistono plessi scolastici
e sedi universitarie, musei, aree e  parchi  archeologici,  complessi
monumentali  o  altri  istituti  e  luoghi  di  cultura  o   comunque
interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite  a  verde
pubblico, da sottoporre a particolare tutela ...; 
        d)  promozione  dell'inclusione,  della  protezione  e  della
solidarieta' sociale mediante azioni e progetti per l'eliminazione di
fattori di marginalita', anche  valorizzando  la  collaborazione  con
enti o associazioni operanti nel privato sociale, in coerenza con  le
finalita'  del  Piano  nazionale  per  la  lotta  alla   poverta'   e
all'esclusione sociale» (art. 5, comma 2). 
    In sintesi, il legislatore ha affidato al prefetto e al  sindaco,
attraverso la stipulazione di tali patti, l'attuazione sul territorio
- nel rispetto delle linee generali sulla sicurezza integrata e dalle
linee guida sulla sicurezza urbana - dei progetti di sicurezza urbana
aventi gli obiettivi sopra indicati. 
    Nel  concludere  la  sintetica  ricostruzione  della   disciplina
statale in materia di sicurezza pare opportuno sottolineare  come  la
stessa sia assolutamente in  linea  con  l'interpretazione  dell'art.
118, comma 3, Cost. offerta da codesta ecc.ma Corte la  quale  e'  da
tempo costante nell'affermare che «in materia di ordine  e  sicurezza
pubblica  l'ordinamento   statale   persegue   opportune   forme   di
coordinamento tra Stato ed enti territoriali» (cfr. sentenze  n.  105
del 2006 e  n.  55  del  2001)  o  forme  di  accordi  fra  gli  enti
interessati volti  «a  migliorare  le  condizioni  di  sicurezza  dei
cittadini e del territorio» (sentenze n. 105 del 2006 e  n.  134  del
2004). 
    Circostanza che avrebbe  dovuto  indurre  la  Regione  Veneto  ad
astenersi   dall'adottare   la   legge    regionale    impugnata    e
dall'introdurre, con essa, disposizioni che, come si  avra'  modo  di
dimostrare  piu'   avanti,   invadono   apertamente   le   competenze
legislative esclusive dello Stato. 
A - La legge regionale del Veneto n. 34/2019. 
    Come si evince, all'evidenza,  dalla  mera  lettura  delle  norme
sopra riprodotte nonche' delle altre da essa recate, la  legge  della
Regione Veneto n. 34/2019 ha un contenuto omogeneo  ed  unitario  nel
senso che essa - e tutte le disposizioni nelle quali  si  articola  -
detta una disciplina organica ed  esaustiva  del  c.d.  controllo  di
vicinato. 
    Per tale ragione - e a prescindere dai vizi di  costituzionalita'
che inficiano singole disposizioni delle quali si dira' in seguito -,
essa viene impugnata nella sua interezza. 
    Non ignora questa difesa l'insegnamento di codesta Corte  secondo
il quale e' inammissibile l'impugnativa di una intera legge «ove cio'
comporti la genericita' delle censure» (sentenza n. 195 del  2015)  o
«quando le censure adeguatamente  motivate  riguardino  solo  singole
disposizioni, mentre quella indirizzata  all'intero  testo  normativo
sia del tutto generica» (sentenze n. 137 del 2019 e n. 64 del 2007). 
    Cionondimeno, questo patrocinio ritiene che nella fattispecie  il
ricorso sia ammissibile proprio perche'  l'unitarieta'  e  l'unicita'
dell'oggetto e l'organicita' ed esaustivita' della disciplina sono da
tali da rendere incostituzionale l'intera normativa. 
    Essa, infatti, interviene in materia -  l'ordine  pubblico  e  la
sicurezza - in radice preclusa  al  legislatore  regionale  dall'art.
117,  comma  2,  lettera  h)  Cost.,  pone  regole  di  coordinamento
interistituzionale in detta materia  anch'esse  riservate  al  (solo)
legislatore statale dall'art. 118, comma 3, della Carta  e,  come  se
non bastasse, «dispone» pure delle competenze e delle attribuzioni di
organi ed uffici pubblici statali  in  violazione  della  riserva  di
legislazione statale ancora una volta stabilita dall'art. 117,  comma
2, lettera g) della Costituzione. 
    Rinviando per piu' ampi sviluppi a quanto si dira' in prosieguo a
proposito delle singole disposizioni specificamente censurate,  preme
in questa sede ribadire, in termini generali,  che  l'intera  materia
della «sicurezza» - a prescindere dalle forme nelle quali essa  viene
declinata: sicurezza integrata o sicurezza urbana - forma oggetto, al
pari dell'ordine pubblico, di riserva di legislazione  statale  (art.
117, comma 2, lettera h) Cost.): tant'e' vero  che,  come  pure  s'e'
detto, del tutto coerentemente la stessa  Costituzione  riserva  allo
Stato la disciplina delle forme di coordinamento  dell'attivita'  dei
pubblici poteri - regioni comprese -  nella  suddetta  materia  (art.
118, comma 3, Cost.). 
    E proprio nell'esercizio di queste  attribuzioni  il  legislatore
statale ha provveduto, con il decreto-legge n. 14/2017, non  soltanto
a disciplinare la  materia  ma,  in  ossequio  a  quel  principio  di
reciproco rispetto delle rispettive competenze costantemente ribadito
dallo stesso decreto, a delineare - e a circoscrivere -, con assoluta
precisione, il ruolo dei vari attori istituzionali - e, tra questi, e
in primis, quello delle regioni -, gli ambiti di intervento  dell'uno
e dell'altro nonche' le relative modalita'. 
    Quanto alla sicurezza integrata, le competenze  delle  regioni  e
delle province autonome, da esercitarsi nel quadro ed  in  attuazione
delle linee generali convenute in sede di Conferenza unificata,  sono
limitate, essenzialmente su base pattizia -  a  mezzo  di  «specifici
accordi» con lo Stato, recita l'art. 3, comma 1, del  decreto  -,  ai
settori d'intervento indicati dal precedente art. 2,  settori  tra  i
quali non figura  il  controllo  di  vicinato  e  che  essenzialmente
attengono,  per  un   verso,   allo   scambio   di   informazioni   e
all'interconnessione, a livello territoriale, tra la polizia locale e
le forze di polizia e, per un altro, all'aggiornamento  professionale
dei relativi operatori. 
    La competenza delle regioni e  delle  province  autonome  e'  poi
estesa, anche sulla base degli accordi di cui sopra,  al  sostegno  -
«nell'ambito delle proprie competenze e funzioni»,  chiarisce  l'art.
3,  comma  2,  del  decreto  -  di   iniziative   progettuali   volte
all'attuazione di interventi di promozione della sicurezza  integrata
nel territorio di riferimento, ivi inclusa l'adozione  di  misure  di
sostegno finanziario a favore dei comuni maggiormente interessati  da
fenomeni di criminalita' diffusa. 
    Pare peraltro evidente a chi scrive che  le  misure  di  sostegno
delle quali discorre la disposizione, non soltanto debbano di  regola
iscriversi  anch'esse  nel  quadro  convenzionale  che   caratterizza
l'intera materia, ma, soprattutto,  si  risolvano  essenzialmente  in
interventi amministrativi di supporto - di sostegno, appunto -, prima
di tutto economico - v.  il  riferimento  esplicito  alle  misure  di
sostegno finanziario a favore dei comuni maggiormente interessati  da
fenomeni di criminalita' diffusa - e, poi, eventualmente logistico  e
funzionale, di attivita' riconducibili alla sicurezza integrata  come
definita dall'art. 1  del  decreto  e,  in  particolare,  ai  settori
d'intervento indicati dall'art. 2. 
    In questa prospettiva, il «sostegno» del quale  parla  l'art.  3,
comma 2, del decreto-legge n. 14/2017 non puo' quindi estendersi alla
disciplina legislativa del controllo di vicinato sia  perche'  questo
e', come s'e' detto, estraneo agli anzidetti settori d'intervento sia
perche' una regolamentazione per via legale del  fenomeno  contrasta,
per il suo carattere  autoritativo  ed  unilaterale,  con  il  modulo
convenzionale che informa l'intera materia sia,  infine,  perche'  la
«legificazione» del controllo di vicinato eccede certamente  l'ambito
delle misure di sostegno che, in base  alla  legge  statale  ed  agli
accordi  che  sono  a  questa  seguiti,  le  autonomie  locali   sono
legittimate ad adottare in un ambito, come s'e' detto, per  principio
precluso al legislatore regionale. 
    Considerazioni sostanzialmente analoghe possono  svolgersi  anche
quanto alla sicurezza urbana, la  cui  disciplina  e'  essenzialmente
contenuta, come previsto dall'art. 5 del  pluricitato  decreto-legge,
nei «Patti per l'attuazione della sicurezza  urbana»  stipulati,  nel
rispetto  delle  linee  guida  convenute  in   sede   di   Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali, tra il prefetto ed  il  sindaco  del
territorio di riferimento. 
    E' ben vero che tra gli obiettivi prioritariamente perseguiti dai
Patti figura anche - art. 5, comma 2, lettera a) in precedenza citato
- la prevenzione ed il contrasto dei fenomeni di criminalita' diffusa
e predatoria anche attraverso il  coinvolgimento,  mediante  appositi
accordi, delle reti territoriali di volontari  per  la  tutela  e  la
salvaguardia dell'arredo  urbano,  delle  aree  verdi  e  dei  parchi
cittadini:  ma  e'  altrettanto  vero  che  la  disposizione  intende
riferirsi non  gia'  al  controllo  di  vicinato  ma,  come  chiarito
dall'accordo raggiunto in data 26 luglio 2018 in sede  di  Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali, a figure di volontari gia' da  tempo
previste, disciplinate ed operanti a livello locale. 
    Ne' a diversa conclusione puo' indurre la circostanza che  l'art.
4 del decreto preveda il concorso prioritario - accanto allo Stato  e
agli enti locali - delle regioni  e  delle  province  autonome  nella
realizzazione degli interventi  diretti  al  perseguimento  del  bene
pubblico sicurezza urbana perche', anche  a  questo  proposito,  puo'
ripetersi quanto teste' osservato in merito al fatto che il principio
del rispetto delle rispettive competenze e  funzioni  -  non  a  caso
ribadito, in fine, dallo stesso art. 4 del decreto - osta  a  che  le
regioni intervengano in via legislativa su materie che,  come  quella
della sicurezza, sono ad esse, per principio e norma  costituzionale,
assolutamente precluse. 
    L'intervento regionale  non  puo'  peraltro  essere  giustificato
neppure  dalla  considerazione  -  che  qui  si  formula   per   mera
completezza difensiva - che il controllo di vicinato e' estraneo alla
materia della sicurezza sia perche' cosi'  non  e'  -  posto  che  il
controllo  di  vicinato  e',  in  se',  strettamente   funzionale   e
strumentale, attraverso il controllo  «sociale»  del  territorio,  al
perseguimento di piu' elevati livelli di sicurezza - sia  perche'  lo
stesso legislatore veneto lo considera tale nel  momento  in  cui  lo
qualifica espressamente come «strumento di prevenzione ... funzionale
all'attivita' istituzionale di prevenzione generale e  controllo  del
territorio» (v. art. 2, commi 1 e 2, legge regionale n.  34/2019)  e,
dunque, quale strumento di prevenzione, anche criminale. 
    In definitiva, il controllo di  vicinato  avrebbe  semmai  potuto
trovare  riconoscimento  e  ricevere  disciplina  nell'ambito   degli
accordi e dei patti previsti dalla normativa statale  in  materia  di
sicurezza,  nel  rispetto  delle   competenze   dei   vari   soggetti
istituzionali e delle funzioni attribuite ai vari livelli di governo,
all'interno della cornice regolatoria apprestata dallo Stato  con  il
decreto-legge n. 14/2017 e nel quadro convenzionale ivi previsto. 
    Quel che e' certo  e'  che  la  Regione  Veneto  non  era  invece
legittimata a legiferare  in  materia,  essendo  detto  coordinamento
riservato alla legislazione statale la quale,  con  il  decreto-legge
piu' volte citato, ha appunto previsto un complesso di  azioni  e  di
interventi dello Stato, delle regioni, delle province autonome, degli
enti  locali  e  degli  altri  soggetti  istituzionali  al  fine   di
concorrere,  secondo  le  competenze  e  le  funzioni  di   ciascuno,
all'attuazione di un sistema unitario ed integrato di  sicurezza  per
il benessere delle comunita' locali. 
    Infine, e come pure s'e' detto e come meglio si  dira'  trattando
delle singole disposizioni, la legge regionale impugnata, attribuendo
compiti ad organi ed apparati statali (v. l'art.  2,  commi  3  e  4,
della legge regionale), viola anche l'art. 117, comma 2,  lettera  g)
della Carta - e la riserva di legislazione statale ivi  stabilita  in
materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e
degli enti pubblici nazionali» - atteso che, come chiarito da codesta
ecc.ma Corte, «le forme di  collaborazione  e  di  coordinamento  che
coinvolgono compiti e attribuzioni di organi dello Stato non  possono
essere  disciplinate  unilateralmente   e   autoritativamente   dalle
regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potesta' legislativa: esse
debbono trovare il loro fondamento e il  loro  presupposto  in  leggi
statali che le prevedono o le consentano, o in accordi tra  gli  enti
interessati» (sentenza n. 134 del 2004). 
B - Gli articoli 1, 2 - in particolare, i commi 2, 3 e 4 - e 4, comma
1, lettera a) della legge regionale del Veneto n. 34/2019. 
    Come s'e' detto in narrativa, l'art. 2, comma 2, nel fornire  una
definizione del controllo di vicinato quale  «forma  di  cittadinanza
attiva che favorisce lo sviluppo di una cultura di partecipazione  al
tema della sicurezza urbana ed integrata per il  miglioramento  della
qualita' della vita e dei livelli di coesione sociale e  territoriale
delle  comunita'»,  attribuisce  allo   stesso   «una   funzione   di
osservazione, ascolto e  monitoraggio,  quale  contributo  funzionale
all'attivita' istituzionale di prevenzione generale e  controllo  del
territorio». 
    Al proposito, e' di tutta evidenza come  la  citata  disposizione
regionale violi palesemente il riparto di  competenze  fissato  dagli
art.  117,  comma  2,  lettera  h)  e  118,  comma  3,  della   Carta
fondamentale che riserva alla potesta' legislativa esclusiva  statale
tanto la materia dell'ordine pubblico e  della  sicurezza  quanto  la
disciplina di forme di coordinamento fra Stato  e  regione  in  detta
materia. 
    Ed invero, attribuendo al controllo di vicinato  la  funzione  di
contribuire all'attivita' istituzionale di prevenzione  generale  dei
fenomeni devianti e di  controllo  del  territorio,  la  disposizione
impugnata  finisce,  inevitabilmente,   per   invadere   le   cennate
competenze esclusive statali. 
    Codesta ecc.ma Corte, in una decisione in cui ha ritenuto violata
la competenza statale in materia di «ordine  pubblico  e  sicurezza»,
ha, invero, sottolineato  che  la  disciplina  di  un'attivita',  per
quanto connessa al  contrasto  di  fenomeni  criminali,  puo'  venire
assegnata  alla  legge  regionale  se  e'  «tale  da   poter   essere
ricondott[a] a materie o funzioni di  spettanza  regionale  ovvero  a
interessi di  rilievo  regionale»  (sentenza  n.  35  del  2012,  con
richiamo alla sentenza n. 4 del 1991); ed infatti,  «[l]a  promozione
della legalita',  in  quanto  tesa  alla  diffusione  dei  valori  di
civilta' e pacifica convivenza su cui si regge la Repubblica, non  e'
attribuzione monopolistica, ne' puo' divenire oggetto di contesa  tra
i distinti livelli di legislazione e di governo», essendo  necessario
unicamente che le «misure predisposte a tale scopo nell'esercizio  di
una  competenza  propria  della  Regione  [...]   non   costituiscano
strumenti  di  politica  criminale;  ne',  in  ogni  caso,   generino
interferenze,  anche  potenziali,  con  la  disciplina   statale   di
prevenzione e repressione dei reati» (sentenza n. 35  del  2012,  con
richiamo alle sentenze n. 325 del 2011 e n. 55 del 2001). 
    Interferenze, non potenziali, bensi' reali,  sono  invece  quelle
che la disposizione di cui all'art. 2, comma  2,  della  legge  della
Regione Veneto n. 34/2019 genera  all'evidenza  nel  momento  in  cui
trasforma il controllo di  vicinato  in  uno  strumento  di  politica
criminale. 
    Ne' vale ad escludere la  fondatezza  della  esposta  censura  il
fatto che l'art. 1  della  legge  regionale  gravata  presti  formale
ossequio alle «competenze e  responsabilita'»  delle  amministrazioni
statali o il secondo periodo della disposizione all'esame  rechi  una
sorta di clausola di salvaguardia con la quale  viene  precisato  che
«Non  costituisce  comunque  oggetto  dell'azione  di  controllo   di
vicinato l'assunzione di iniziative di intervento per la  repressione
di reati o di altre condotte a vario titolo sanzionabili, nonche'  la
definizione di  iniziative  a  qualsivoglia  titolo  incidenti  sulla
riservatezza delle persone». 
    Al proposito, si evidenzia che la  materia  dell'ordine  e  della
sicurezza pubblica  attiene  non  solo  alla  repressione  dei  reati
quanto, anche, e forse soprattutto, alla  prevenzione  degli  stessi;
funzione, quest'ultima, che la disposizione impugnata  esplicitamente
attribuisce, come piu' sopra evidenziato, all'attivita' di  controllo
di vicinato. 
    Il comma 3 dell'art. 2 stabilisce che «Il controllo  di  vicinato
si  attua  attraverso  una  collaborazione  tra  enti  locali,  Forze
dell'ordine, Polizia locale  e  con  l'organizzazione  di  gruppi  di
soggetti residenti nello stesso quartiere o in zone  contigue  o  ivi
esercenti attivita' economiche, che,  in  conformita'  alla  presente
legge, integrano l'azione dell'amministrazione locale di appartenenza
per il miglioramento della vivibilita' del territorio e  dei  livelli
di coesione ed inclusione sociale e territoriale». 
    Il comma 4 del medesimo art. 2  prevede  poi,  come  riferito  in
narrativa, che «La Giunta regionale del Veneto promuove la stipula di
accordi o protocolli di intesa per il controllo di vicinato  con  gli
Uffici territoriali di Governo da parte degli enti locali in  materia
di  tutela  dell'ordine  e  sicurezza  pubblica,  nei  quali  vengono
definite e regolate le funzioni svolte da soggetti  giuridici  aventi
quale propria finalita' principale il controllo di vicinato,  secondo
la definizione di cui alla presente legge. 
    Tali disposizioni,  oltre  a  violare  anch'essa  il  riparto  di
competenze fissato dall'art. 117, comma 2,  lettera  h)  della  Carta
fondamentale  -  che,  come  s'e'  detto,   riserva   alla   potesta'
legislativa esclusiva statale la materia dell'ordine pubblico e della
sicurezza -, atteso che richiamano la  definizione  di  controllo  di
vicinato di cui all'art. 2, comma 2, della legge regionale,  invadono
pure la competenza legislativa esclusiva dello Stato  in  materia  di
«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici  nazionali»  (art.  117,   comma   2,   lettera   g)   della
Costituzione). 
    Le regioni, infatti, non possono dettare norme che,  come  quelle
ora  gravate,  prevedano  forme  di  collaborazione  tra   le   Forze
dell'ordine  ed  altri  soggetti  o,  anche  se  al  solo   fine   di
promuoverli, la stipula di accordi dai quali deriveranno  obblighi  a
carico dei titolari e dei preposti ad organi ed uffici pubblici dello
Stato, quali sono le Prefetture - Uffici  territoriali  del  Governo,
senza con cio'  impingere  nell'organizzazione  amministrativa  dello
Stato e dei suoi apparati (per riferimenti in questo senso  v.  Corte
costituzionale n. 134/2004). 
    Ne', al fine di escludere  la  sussistenza  di  tale  violazione,
varrebbe affermare che il comma 4 dell'art. 2 si conclude, prevedendo
che, «Ove ricorrano le condizioni, viene sostenuto il  coinvolgimento
dei soggetti giuridici di cui al presente comma, nelle forme previste
nei Patti per  la  sicurezza  urbana,  di  cui  al  decreto-legge  20
febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla  legge  18
aprile 2017, n. 48,  recante  «Disposizioni  urgenti  in  materia  di
sicurezza delle citta'». 
    Ed invero, il richiamo alla  disciplina  statale  in  materia  di
sicurezza integrata e di sicurezza urbana di cui al decreto-legge  n.
14/2017 risulta condizionato alla sussistenza di non meglio precisate
«condizioni»: dal che logicamente discende che, in mancanza  di  tali
condizioni, gli accordi o i protocolli di intesa per il controllo  di
vicinato potranno essere stipulati tra gli  Uffici  territoriali  del
Governo e gli enti locali  anche  in  forme  diverse  dai  Patti  per
l'attuazione della sicurezza urbana. 
    La medesima censura di violazione  della  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato in materia  di  «ordinamento  e  organizzazione
amministrativa dello Stato e degli  enti  pubblici  nazionali»  (art.
117, comma 2, lettera g) Cost.) vale anche per la disposizione di cui
all'art. 4, comma 1, lettera a), in quanto strettamente  correlata  a
quella di cui all'art. 2, comma 4; essa  prevede,  infatti,  che  per
l'attuazione delle iniziative di promozione e sostegno del  controllo
di vicinato, la Giunta regionale: «a) relativamente all'iniziativa di
cui  al  comma  2,  lettera  a)  dell'art.  3,  si  confronta,  senza
assunzione di oneri, con gli enti locali  e  con  soggetti  giuridici
aventi quale propria finalita' statutaria principale il controllo  di
vicinato, individuati prioritariamente tra i gruppi di controllo  che
collaborano  all'attuazione  dei  protocolli   di   intesa   tra   le
amministrazioni comunali e gli Uffici territoriali di Governo». 
    Anche qui si fa riferimento alla stipula  di  accordi  dai  quali
deriveranno obblighi a carico dei titolari e dei preposti  ad  organi
ed uffici pubblici dello Stato, quali sono  le  Prefetture  -  Uffici
territoriali del Governo, con una norma  regionale  che,  ancora  una
volta, per cio'  stesso  impinge  nell'organizzazione  amministrativa
dello Stato e che, comunque, attribuisce rilievo giuridico a soggetti
privati  le  cui  competenze  risultano  assolutamente  generiche   e
indefinite. 
C - L'art. 3 e, in particolare, il comma 2, lettera  b)  della  legge
regionale del Veneto n. 34/2019. 
    L'art. 3, comma 2, lettera b) della legge della Regione Veneto n.
34/19 prevede che la Giunta regionale del Veneto, al fine di favorire
la conoscenza, lo  sviluppo  e  il  radicamento  nel  territorio  del
controllo  di  vicinato  e  delle  relative   iniziative,   definisce
programmi di  intervento,  tra  l'altro,  nel  seguente  ambito:  «b)
attivita' di ricerca, documentazione, comunicazione  ed  informazione
circa le azioni realizzate e di analisi sui risultati conseguiti, con
particolare riguardo  al  livello  di  impatto  sulla  sicurezza  nel
contesto di riferimento». 
    Anche  tale  disposizione  viola,  apertamente,   la   competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  ordine  pubblico  e
sicurezza di cui all'art. 117, comma 2, lettera h) della Costituzione
atteso che, nel prevedere che  i  programmi  di  intervento  definiti
dalla Giunta regionale del Veneto riguardino, tra  gli  altri,  anche
l'ambito sopra indicato, essa genera - per usare le parole di codesta
ecc.ma  Corte  -   «interferenze,   anche   [semplicemente:   n.d.r.]
potenziali», sull'attivita' degli organi statali competenti, quali il
Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, cui
l'art. 6, comma 1, lettera a) della legge 1° aprile 1981,  n.  121  -
«Nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica  sicurezza»  -
demanda l'analisi strategica interforze  dei  fenomeni  criminali  ai
fini del supporto dell'Autorita' nazionale di pubblica sicurezza. 
    La  norma  regionale  che  qui  si  censura  rischia  dunque   di
compromettere quelle funzioni primariamente dirette a tutelare  «beni
fondamentali, quali l'integrita' fisica o psichica delle persone,  la
sicurezza dei possessi ed ogni  altro  bene  che  assume  prioritaria
importanza  per  l'esistenza  stessa  dell'ordinamento»  (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 105 del 2006, con richiamo a sentenza  n.
290 del  2001)  che  costituiscono  l'essenza  stessa  della  materia
dell'ordine pubblico e della sicurezza. 
    Ne, al fine di sottrarre la disposizione  alla  esposta  censura,
varrebbe sminuirne la portata attribuendole il solo e semplice  scopo
di formare culturalmente le coscienze degli operatori o dei cittadini
che   fruiscono   degli   eventuali   servizi,   atteso   che    tale
interpretazione riduttiva  e'  recisamente  esclusa  dal  significato
letterale, particolarmente chiaro, della norma. 
D - L'art. 5 della legge regionale del Veneto n. 34/2019. 
    L'art.  5,  rubricato  «Analisi  del  sistema  di  controllo   di
vicinato», prevede, infine, che «1. La Giunta regionale  al  fine  di
incentivare e sostenere la  diffusione  del  controllo  di  vicinato,
promuove altresi' la creazione di una banca  dati,  che  raccolga  le
misure attuative dei protocolli di intesa e dei patti per  la  sicure
sottoscritti  nel  territorio  regionale  che  prevedano   forme   di
coinvolgimento di vicinato. Tale banca dati consentira'  la  gestione
degli elementi informativi sul sistema provenienti dagli enti  locali
che svolgono attivita' di controllo  di  vicinato;  a  tal  fine,  la
Giunta regionale stipula intese con gli enti locali e con i  soggetti
istituzionali competenti in materia di ordine e  sicurezza  pubblica.
2.  La   banca   dati   consentira'   la   definizione   di   analisi
sull'evoluzione dell'efficacia del  controllo  di  vicinato  e  sulla
situazione concernente le potenziali tipologie di reati  ed  il  loro
impatto sul sistema territoriale.». 
    Anche tale disposizione viola, in modo evidente,  il  riparto  di
competenze fissato dall'art. 117, comma 2,  lettera  h)  della  Carta
fondamentale che riserva alla potesta' legislativa esclusiva  statale
la materia dell'ordine pubblico e della sicurezza. 
    Essa, infatti, determina una  sovrapposizione  o,  comunque,  una
interferenza  con  le  banche  dati  formate  e  tenute  dal   Centro
elaborazione dati (CED) interforze istituito presso  il  Dipartimento
della  pubblica  sicurezza  del  Ministero  dell'interno   ai   sensi
dell'art. 7, comma 1, della legge n.  121/1981  per  la  raccolta  di
informazioni e dati provenienti dalle Forze  di  polizia  finalizzate
all'attivita'  di  analisi,  classificazione  e   valutazione   delle
informazioni in materia di prevenzione e repressione dei reati  e  di
tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. 
    La norma regionale promuove infatti  la  costituzione,  da  parte
della Giunta regionale, di una  «banca  dati»  parallela,  alimentata
dagli elementi  informativi  forniti  da  enti  locali  che  svolgono
attivita' di controllo di vicinato, suscettibile, ancora  una  volta,
di interferire con l'attivita' degli organi statali competenti. 
    In base al comma 2 dell'art. 5 della legge regionale  n.  34/2019
la «banca dati»  regionale  dovrebbe  assolvere  anche  all'ulteriore
funzione  di  consentire  «la  definizione  di  analisi   ...   sulla
situazione concernente le potenziali tipologie di reati  ed  il  loro
impatto sul sistema territoriale». 
    In tal modo, pero', la disposizione  regionale  invade,  in  modo
eclatante, la competenza esclusiva dello Stato in tema di prevenzione
dei reati e si discosta, peraltro, da altre esperienze regionali che,
nel rispetto del riparto di competenze fissato dalla  Costituzione  e
dalle leggi ordinarie, hanno, invero, previsto la  mera  possibilita'
per  le  polizie  locali  di  collegarsi  alla  banca  dati  del  CED
interforze. 
    Ne', al fine di escludere il rischio di una sovrapposizione o  di
un'interferenza della banca dati regionale con le banche dati formate
dal CED interforze, varrebbe opporre che la banca dati  regionale  ha
il solo scopo di monitorare le attivita' amministrative svolte  dagli
enti locali in attuazione dei protocolli di intesa e dei patti per la
sicurezza  e  di  verificarne  gli  effetti:   tale   interpretazione
riduttiva risulta, infatti, smentita, all'evidenza, dal chiaro tenore
letterale  della  disposizione  regionale  che,  come   s'e'   detto,
attribuisce alla banca dati, tra le altre, la funzione di  consentire
analisi «sulla situazione  concernente  le  potenziali  tipologie  di
reati ed il loro impatto sul sistema territoriale.». 
    Si evidenzia, inoltre, che le gia' richiamate linee-guida di  cui
all'accordo sancito in sede di Conferenza unificata prevedono  (gia')
espressamente la possibilita'  di  costituire,  nei  comuni  sedi  di
circoscrizioni di decentramento amministrativo di cui all'art. 17 del
T.U.E.L. - decreto legislativo 18 agosto  2000,  n.  267  -  appositi
Tavoli  di  Osservazione  (TdO),  regolamentati  nei  Patti  per   la
sicurezza, coordinati da dirigenti delle Prefetture  e  composti  dai
presidenti   delle   circoscrizioni   e   dai   responsabili    delle
articolazioni delle Forze di  polizia  e  delle  polizie  locali.  La
finalita' dei predetti tavoli e' appunto l'individuazione  di  azioni
di prevenzione e di contrasto da  porre  in  essere  con  le  risorse
disponibili, anche attraverso momenti di  confronto  con  i  comitati
civici e gli  altri  soggetti  esponenziali  degli  interessi  e  dei
bisogni delle "realta' di quartiere». 
    Tale funzione, di carattere preventivo e propositivo, dei  Tavoli
di osservazione, nei quali  trovano  adeguata  espressione  anche  le
istanze espresse da gruppi di privati,  dimostra,  ove  ve  ne  fosse
ancora bisogno, che la costituzione di un'ulteriore  banca  dati  per
l'analisi di fenomeni criminali, oltre a tradursi nella invasione, da
parte della Regione Veneto, della competenza esclusiva dello Stato in
materia di ordine pubblico e sicurezza, risulta, nei fatti, del tutto
superflua. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente
illegittimi e conseguentemente annullare, per i motivi sopra indicati
ed illustrati, l'intera legge della Regione del Veneto 8 agosto 2019,
n. 34 - pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione del  Veneto
n. 89 del 9 agosto 2019 - o, quantomeno,  gli  articoli  1,  2  -  in
particolare, i commi 2, 3 e 4 -, 3 -  in  particolare,  il  comma  2,
lettera b) -, 4 - comma 1, lettera a) - e 5. 
    Con  l'originale  notificato  del  ricorso  si  depositeranno   i
seguenti atti e documenti: 
        1. attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione  del  giorno  3  ottobre  2019,
della determinazione di impugnare la legge della Regione del Veneto 8
agosto 2019, n. 34 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla
allegata relazione  del  Ministro  per  gli  affari  regionali  e  le
autonomie; 
        2. copia  della  legge  regionale  impugnata  pubblicata  nel
Bollettino ufficiale della Regione del Veneto  n.  89  del  9  agosto
2019. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
        Roma, 7 ottobre 2019 
 
           Il Vice Avvocato generale dello Stato: Mariani