N. 208 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 luglio 2019
Ordinanza del 18 luglio 2019 del Tribunale di Siracusa nel procedimento penale a carico di V. G.. Reati e pene - Reato di furto monoaggravato - Trattamento sanzionatorio - Previsione della pena minima edittale della multa in euro 927,00. - Codice penale, art. 625, primo comma.(GU n.48 del 27-11-2019 )
TRIBUNALE DI SIRACUSA in composizione monocratica Il Giudice, dott. Liborio Mazziotta, all'esito dell'odierna camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza (ex art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87) nel procedimento a carico di V. G., nato a ..., il ..., attualmente sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per questa causa, imputato in concorso con D. M. A., nato a ... il ... (per il quale si procede separatamente), «del reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 2 c.p., perche', in concorso fra loro, al fine di profitto, dopo aver forzato la saracinesca del garage ove era custodito, si impossessavano del motociclo marca modello, di colore targato e del casco di proprieta' di M. A. Con l'aggravante di avere commesso con violenza sulle cose, avendo forzato la saracinesca del garage. In Siracusa, il 30 maggio 2019. Recidiva reiterata specifica infraquinquennale per entrambi», per il quale e' stato arrestato in flagranza di reato. Ritenuto in fatto In data 30 maggio 2019, V. G. e D. M. A. venivano tratti in arresto da personale del NOR dei CC di Siracusa e presentati nella medesima data per la convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo per il reato di furto aggravato. In sede di convalida V. G. ammetteva parzialmente l'addebito, cioe' di aver sottratto il motociclo, ma di non aver forzato la saracinesca, addebitando a se' stesso la responsabilita' dell'accaduto; D. M. A., invece, negava l'addebito, dichiarandosi estraneo al furto, ma di essere intervenuto in un momento successivo. Il giudice convalidava l'arresto e, non accogliendo la richiesta del pubblico ministero, applicava la misura degli arresti domiciliaci per V. G. e alcuna per D. M. A. , concedendo poi il richiesto termine a difesa. All'udienza del 20 giugno 2019 i difensori, muniti di procura speciale, chiedevano procedersi con rito abbreviato e il Tribunale, ammesso il rito, rinviava per discussione. All'odierna udienza il Tribunale, acquisito preliminarmente certificazione dal quale risulta lo stato di tossico dipendenza dell'imputato V. G. con riferimento a cocaina e benzodiazepine, sentite le conclusioni delle parti, stralciava la posizione del coimputato D. M. A. per il quale veniva pronunciata sentenza mediante lettura del dispositivo per il reato di ricettazione di cui all'art. 648 c.p., cosi' riqualificato il fatto allo stesso ascritto. Per quanto attiene alla posizione di V. G., dall'esame del fascicolo del pubblico ministero, acquisito al fascicolo del dibattimento, stante la volonta' di definizione del procedimento mediante rito abbreviato, risulta pienamente provata la sua penale responsabilita' per il reato di furto monoaggravato, cosi come a lui contestato. In particolare: in data 30 maggio 2019 alle ore 3,15 circa, l'attenzione di operanti del NOR dei CC di Siracusa, mentre effettuavano controlli finalizzati alla prevenzione e repressione di reati contro il patrimonio e la persona, veniva attirata da due soggetti a bordo di un motociclo di colore targato, i quali, non appena avvistati i Carabinieri, attuavano delle manovre repentine al fine di eludere il controllo; dopo una brevissima fuga, i due lasciavano il motociclo all'interno del cortile condominiale di ... e tentavano di darsi alla fuga nascondendosi dietro dei veicoli in sosta; raggiunti i due soggetti, gli operanti chiedevano spiegazioni in merito al possesso del motociclo, senza, pero', che ne venisse data alcuna. Veniva accertato nell'immediatezza che il motociclo presentava la rottura del bloccasterzo e del cilindretto di accensione; i due soggetti venivano identificati in V. G. e D. M. A.; veniva individuato il proprietario del motociclo in M. A., il quale, dopo aver accertato che la saracinesca con apertura a comando elettronico del suo garage sito al piano terra dello stabile di ... era stata forzata e che erano stati asportati il motociclo e il casco, raggiungeva gli operanti e riconosceva senza dubbio il motociclo e il casco; sia il motociclo, sia il casco venivano immediatamente riconsegnati al legittimo proprietario; infine, era necessario l'ausilio di un carro attrezzi per il recupero del motociclo, essendo impossibile inserire la chiave all'interno del blocchetto di accensione, a causa della sua rottura. in sede di interrogatorio di garanzia sono emersi elementi che permettono di affermare che V. G. e' l'autore del furto del motociclo. Quest'ultimo, infatti, ammetteva pacificamente di aver sottratto il motociclo dal garage in cui veniva custodito, di averlo fatto da solo e di aver incontrato solo in un momento successivo D. M. A. , il quale saliva a bordo del motociclo D. M. A. sostanzialmente confermava la versione di V. G., dichiarando di essere uscito dalla propria dimora durante la notte, di aver incontrato V. G. casualmente, di essere salito a bordo del motociclo. Va rilevato che nemmeno la difesa ha contestato la penale responsabilita' dell'imputato in ordine al reato contestato, formulando come richiesta finale quella della condanna a pena edittale contenuta, previo riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle contestate aggravanti. Quanto all'aggravante dell'aver commesso il fatto con violenza sulle cose (art. 625, comma 1, n. 2 c.p.), questa si ritiene provata, nonostante la negazione dell'imputato in sede di interrogatorio, dal momento che M. (persona offesa dal reato) dichiarava, in sede di denuncia-querela, di essersi accorto che «la saracinesca dello stesso [il garage], la cui apertura, comandata elettronicamente, era stata forzata e dall'interno mancava proprio il motociclo in disamina ed il casco di mia proprieta' di colore blu che ho lasciato sul motociclo». Non ci sono motivi per non credere a quanto dichiarato da quest'ultimo, peraltro neppure costituitosi parte civile nell'odierno procedimento e, quindi, privo di alcuna pretesa di tipo economica. A tal proposito appare del tutto inverosimile la ricostruzione fornita dall'imputato V. G., secondo la quale la saracinesca fosse in parte gia' aperta e che lo stesso si fosse limitato a sollevarla. Sarebbe del tutto illogico custodire un motociclo all'interno di un garage, con apertura automatica, e lasciare la saracinesca aperta durante la notte. Per quanto attiene alle circostanze attenuanti generiche, esse non possono essere concesse, dal momento che non emergono elementi significativi in tal senso, non potendo la confessione, peraltro nel caso di arresto in flagranza di reato, per cio' solo fondare la concessione delle predette, senza, inoltre, dimenticare che l'imputato non ammetteva di aver forzato la saracinesca, cosi' di fatto negando la sussistenza dell'aggravante contestata e non manifestava alcuna volonta' di risarcire il danno cagionato. Inoltre, la documentazione medica prodotta all'odierna non puo' ritenersi significativa in tal senso, dal momento che - come peraltro perfettamente sostenuto dalla difesa - lo stato di tossicodipendenza non puo' fungere da giustificazione alla commissione di delitti e che non vi e' prova alcuna che al momento della commissione del fatto V. G. fosse in stato di astinenza dall'assunzione di sostanze stupefacenti. Quanto alla recidiva contestata, si ritiene di doverla riconoscere. L'imputato, infatti, ha riportato numerose condanne, anche per reati della stessa indole (danneggiamento e rapina) e, pertanto, si tratta di soggetto che non ha dimostrato, nel corso del suo percorso di vita, di voler tenersi lontano dal circuito penale, ma anzi con cadenza regolare ricade nel delitto, per giunta delitti non bagatellari, che ledono in maniera intensa il bene giuridico tutelato, accentuando la pericolosita' della condotta oggetto del presente procedimento. Cio' posto, dunque, ritenuta la penale responsabilita' dell'imputato e dovendo il Tribunale emettere una pronuncia di condanna, la pena applicabile allo stesso, a seguito della modifica legislativa introdotta con l'art. 1, comma 7, legge 23 giugno 2017, n. 103, e' quella «della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 927 a euro 1.500» (successivamente da aumentarsi per la recidiva ai sensi dell'art. 63, comma 4 c.p. e da diminuirsi per la scelta del rito). Considerato in diritto Ritiene il Tribunale che sussistano i presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 27 Cost., dell'art. 625, comma 1 c.p. - cosi' come modificato dall'art. 1, comma 7, legge 23 giugno 2017, n. 103 - nella parte in cui prevede la pena minima edittale della multa in euro 927,00, in rapporto con la pena minima edittale della multa stabilita dall'art. 625, comma 2 c.p. in euro 206,00. Rilevanza della questione. La questione e' rilevante nel caso di specie, in quanto: il reato contestato per il quale e' stata accertata la penale responsabilita' dell'imputato e' quello di cui agli articoli 624 e 625, comma 1, n. 2) c.p.; la contestata e ritenuta recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale e' circostanza aggravante a effetto speciale meno grave di quella di cui all'art. 625, comma 1, n. 2) c.p. e, pertanto, da' luogo a un aumento eventuale fino a un terzo, ai sensi dell'art. 63, cc. 4 c.p., da applicarsi sulla pena di cui all'art. 625, comma 1 c.p.; l'aumento per le due circostanze aggravanti non e' oggetto di bilanciamento con alcuna circostanza attenuante, non riconosciuta nel caso di specie per le motivazioni sopra espresse; il fatto e' stato commesso in data 30 maggio 2019 e, dunque, successivamente all'entrata in vigore dell'art. 1. comma 7, legge 23 giugno 2017, n. 103. Ne consegue che la pena base da applicarsi e' quella prevista dall'attuale art. 625, comma 1 c.p., cioe' la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 927,00 a euro 1.500,00. E' evidente che il minimo edittale della multa previsto per il furto monoaggravato (euro 927,00) e' significativamente superiore a quello previsto per il delitto di furto pluriaggravato di cui all'art. 625, comma 2 c.p., stabilito in euro 206,00 e, per i profili di seguito descritti, e' da ritenersi incostituzionale. Non manifesta infondatezza della questione. La questione si palesa non manifestamente infondata sotto due parametri costituzionali, cioe' gli articoli 3 e 27 Cost. Invero, si ravvisa il difetto di ragionevolezza del minimo edittale della multa previsto per il meno grave delitto di furto monoaggravato, di cui all'art 625, comma 1 c.p., cosi' come risultante dalla modifica introdotta dall'art. 1, comma 7, legge 23 giugno 2017, n. 103, laddove lo si raffronti con il minimo edittale stabilito per il piu' grave delitto di furto pluriaggravato di cui all'art. 625, comma 2 c.p. Non e', infatti, giustificato che per un reato meno grave sia previsto un trattamento sanzionatorio - seppur limitato alla sola pena pecuniaria - piu' oneroso, rispetto a quello previsto per un reato oggettivamente piu' grave. Del resto, a conferma di quanto si sostiene, prima della novella di cui all'art. 1, comma 7, legge 23 giugno 2017, n. 103, tale disparita' di trattamento sanzionatorio non sussisteva, in quanto, a fronte del medesimo minimo edittale per il furto pluriaggravato (stabilito in euro 206,00 e non inciso dalla novella legislativa), il furto monoaggravato era punito nel minimo con la multa pari a euro 103,00, ossia la meta' del minimo della multa prevista per il furto pluriaggravato, pena da reputarsi proporzionata alla diversa e minore gravita' del fatto. Diversamente, allo stato attuale, per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 7, legge 23 giugno 2017, n. 103, sussiste un'evidente disparita' di trattamento tra imputati condannati per il delitto di furto pluriaggravato rispetto a quelli condannati per il furto monoaggravato, in relazione al minimo edittale della loro pena pecuniaria. Ne deriva che il minimo edittale della multa attualmente previsto per il furto monoaggravato non e' adeguato all'effettiva responsabilita' penale dell'autore di tale delitto e non svolge, dunque, la funzione rieducativa di cui all'art. 27 Cost., risultando sproporzionato rispetto a quello previsto per il furto pluriaggravato. Va rilevato che l'intervento che si richiede alla Corte costituzionale non e' quello di sostituirsi alle scelte del legislatore in materia sanzionatoria penale, bensi' di emendare le scelte di quest'ultimo in riferimento a grandezze gia' rinvenibili nell'ordinamento. E' noto che tale intervento e' legittimato solo mediante l'indicazione di un tertium comparationis, da cui evincere la manifesta arbitrarieta' e irragionevolezza della norma la cui costituzionalita' e' in discussione. (Corte Cost. 148/2016 e Corte Cost. 22/2007). Nel caso di specie il metro di paragone, da cui evincere l'arbitrarieta' e l'irragionevolezza del trattamento sanzionatorio del furto monoaggravato, e' dato dall'art. 625, comma 2 c.p., che per un reato oggettivamente piu' grave prevede, in relazione al minimo della pena pecuniaria, un piu' favorevole trattamento sanzionatorio. Si ritiene, quindi, che la soluzione conforme ai parametri costituzionali sia quella di ripristinare il previgente minimo edittale della multa previsto per il delitto di cui all'art. 625, comma 1 c.p. stabilito in euro 103,00. E' necessaria, pertanto, la trasmissione della presente ordinanza, unitamente agli atti del fascicolo, alla Corte costituzionale, cui consegue la sospensione del procedimento. Sospensione che non deve riguardare anche i termini di custodia cautelare in corso di esecuzione, cosi' come affermato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui «la pregiudiziale costituzionale, per espressa previsione normativa (legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, secondo comma), determina la sospensione obbligatoria del procedimento che priva il giudice della «potestas decidendi» fino alla definizione della pregiudiziale medesima, ne' alle parti e' attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale, essendo immodificabili ed insindacabili sia l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale sia il pedissequo provvedimento di sospensione; tuttavia, nell'ipotesi in cui venga obbligatoriamente sospeso un procedimento in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di aver maturato il diritto a riacquistare lo «status libertatis» per il verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo di cui all'art. 306 codice procedura penale , non incontra alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e puo' quindi promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o ad uno dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi dell'art. 279 codice di procedura penale, un'azione di accertamento finalizzata alla declaratoria della sopravvenuta caducazione della misura ed all'ottenimento dell'ordinanza di immediata liberazione o di cessazione della misura estinta, secondo quanto dispongono rispettivamente, il primo e il secondo comma del predetto art. 306 codice di procedura penale; trattasi, invero, di azione di natura dichiarativa, rivolta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, esperibile in ogni tempo salvo il limite della preclusione ove la questione abbia gia' formato oggetto di giudicato cautelare nelle sedi proprie» (Cass. SSUU, sentenza n. 8 del 17 aprile 1996 (dep. 3 luglio 1996) Rv. 205258).
P.Q.M. Visti gli articoli 3, 27 e 137 Cost., nonche' l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 625, comma 1 c.p. nella parte in cui stabilisce il minimo edittale della multa in euro 927,00 irragionevolmente eccessivo e sproporzionato in riferimento all'art. 625, comma 2 c.p., con conseguente violazione dei principi di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e di colpevolezza di cui all'art. 27 Cost., Sospende il presente procedimento a carico di V. G., nato a ..., il ... e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 625, comma 1 c.p., nella parte indicata. La presente ordinanza viene pubblicata mediante lettura in udienza. Manda alla cancelleria perche' la medesima sia inviata alla Corte costituzionale, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai presidenti di Camera e Senato. Siracusa, 18 luglio 2019 Il Giudice: Mazziotta