N. 15 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 agosto 2019

Ordinanza  del  2  agosto  2019  del  Tribunale   di   Cagliari   nel
procedimento  civile  promosso  da  Bocco  Giuliano  contro   Azienda
Regionale per l'Edilizia Abitativa.. 
 
Locazione - Norme della Regione autonoma  Sardegna  -  Determinazione
  dei canoni di locazione degli alloggi realizzati per  il  personale
  militare - Applicazione delle disposizioni della legge regionale n.
  13 del 1989 sulle assegnazioni e gestione degli alloggi di edilizia
  residenziale pubblica. 
- Legge  della  Regione  autonoma  Sardegna  3  luglio  2003,  n.   7
  ("Disposizioni diverse in materia di edilizia residenziale pubblica
  e  integrazioni  alla  legge  regionale  17  ottobre  1997,  n.  29
  (Istituzione  del  servizio  idrico  integrato,  individuazione   e
  organizzazione degli ambiti  territoriali  ottimali  in  attuazione
  della legge 5 gennaio 1994, n. 36)"), art. 4. 
(GU n.7 del 12-2-2020 )
 
                        TRIBUNALE DI CAGLIARI 
                       Seconda sezione civile 
 
    Il tribunale di Cagliari, in persona del dott. Riccardo Ariu,  ha
pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 2334 del
ruolo affari contenziosi civili dell'anno 2017, tra: 
        Giuliano    Bocco,    codice    fiscale     BCCGLN61T18G203U,
elettivamente domiciliato in Cagliari, via Farina, n. 44,  presso  lo
studio degli avvocati Alessandra  Ibba  e  Davide  Piasotti,  che  lo
rappresentano giusta  procura  speciale  a  margine  del  ricorso  in
opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2508 del 4 novembre 2016
parte opponente contro Azienda Regionale  per  l'edilizia  abitativa,
partita iva n. 03077790925, in  persona  del  direttore  generale  in
carica, elettivamente domiciliata in Cagliari, via C. Battisti n.  6,
presso  il  servizio   affari   legali   della   direzione   generale
dell'Azienda, rappresentata dall'avvocato Silvia Concu giusta procura
speciale a margine della comparsa di costituzione  e  risposta  parte
opposta 
 
                         In fatto e diritto 
 
    In data 8 ottobre 1998 l'allora Istituto autonomo  case  popolari
aveva stipulato con  Giuliano  Bocco,  appartenente  al  corpo  della
polizia Penitenziaria, un contratto di locazione  avente  ad  oggetto
l'alloggio di servizio sito nella piazza Pigafetta n. 11 di Cagliari,
edificato in attuazione della legge 6 marzo 1976, n.  52  (Interventi
straordinari per l'edilizia a favore del personale civile e  militare
della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo  della
guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia  e  del  Corpo
forestale dello Stato), di proprieta' dello Stato e gestito dall'IACP
giuste le previsioni di cui all'art. l della  stessa  legge,  che  al
comma 3 aveva previsto che «I canoni di locazione e la quota annua da
destinare agli istituti autonomi delle case popolari per le spese  di
gestione saranno stabiliti con decreto  del  Ministro  per  i  lavori
pubblici, di concerto con  il  Ministro  per  il  tesoro,  sentiti  i
Ministri interessati e il comitato per l'edilizia residenziale». 
    La stipula del contratto era stata preceduta  dalla  delibera  di
assegnazione dell'1° aprile 1998,  richiamata  in  contratto  con  la
esplicitazione dell'appartenenza  del  conduttore  assegnatario  alla
polizia penitenziaria, del luogo di svolgimento del relativo servizio
e della conseguente destinazione funzionale  dell'alloggio  ai  sensi
della legge n. 52/1976. 
    La Regione Autonoma della Sardegna con  la  legge  n.  13  del  6
aprile 1989 ha dettato la «Disciplina regionale delle assegnazioni  e
gestione degli alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica»,  avente
come ambito di applicazione ai sensi dell'art. 1 «tutti  gli  alloggi
realizzati o recuperati da enti pubblici a totale  carico  o  con  il
concorso od il contributo dello Stato, della Regione, delle  Province
e dei Comuni; a quelli acquisiti, realizzati  o  recuperati  da  enti
pubblici non economici comunque utilizzati per le  finalita'  sociali
proprie  dell'edilizia  residenziale  pubblica»,   regolamentando   i
criteri di calcolo e aggiornamento dei relativi canoni  di  locazione
agli articoli da 31 a 38. 
    Con la successiva legge n. 7 del 3 luglio 2003 la Regione ha  poi
previsto  all'art.  4,  rubricato  «Determinazione  dei   canoni   di
locazione degli alloggi realizzati per il  personale  militare»,  che
«Per gli alloggi costruiti e gestiti ai sensi  della  legge  6  marzo
1976, n. 52, qualora non siano stati adottati da parte dei competenti
Ministeri i decreti di determinazione  dei  canoni  di  locazione  ai
sensi dell'art. 1, comma 3,  della  stessa  legge,  gli  stessi  sono
determinati secondo le disposizioni di cui alla legge regionale n. 13
del 1989, e successive modifiche ed integrazioni». 
    In applicazione di quest'ultima disposizione normativa, l'Azienda
Regionale per l'edilizia  abitativa  della  Sardegna,  nel  frattempo
succeduta all'IACP, ha ritenuto di dovere  modificare  l'entita'  del
canone di locazione  dovuto  da  Giuliano  Bocco  per  l'alloggio  di
servizio in oggetto, aggiornandolo secondo  i  criteri  di  cui  alla
legge regionale n. 13/1989, stante la mancata adozione nelle more dei
decreti del Ministro per  i  lavori  pubblici,  di  concerto  con  il
Ministro per il tesoro, sentiti i Ministri interessati e il  comitato
per l'edilizia residenziale, di cui al citato art. 1  comma  3  della
legge n. 52/1976. 
    Area ha quindi  chiesto  a  Giuliano  Bocco  il  pagamento  della
differenza tra il canone previsto in contratto e quello rideterminato
ai sensi delle leggi regionali citate, con  decorrenza  dal  mese  di
luglio 2003. 
    In  ragione  del  rifiuto  opposto  dal  conduttore  assegnatario
dell'alloggio di servizio, area  ha  chiesto  e  ottenuto  da  questo
tribunale l'emissione di un decreto ingiuntivo, n.  2508/2016  dell'8
novembre 2016, per l'importo di euro 36.427,96, pari,  appunto,  alla
differenza tra i canoni pattuiti in contratto e quelli aggiornati  in
applicazione della normativa  regionale  richiamata,  con  decorrenza
dal'1° luglio 2003 al 30 giugno 2016. 
    Contro il decreto monitorio Giuliano Bocco ha proposto tempestiva
opposizione,  censurando  la  legittimita'  della  pretesa  dell'ente
gestore dell'alloggio a cagione della incostituzionalita' delle norme
applicate da area: per violazione, in particolare, degli articoli 3 e
117, lettere d) e g) della Costituzione, avendo legiferato la Regione
Sardegna in una materia riservata in via  esclusiva  alla  competenza
legislativa   statale,   oltretutto   in    modo    da    determinare
un'ingiustificata   disparita'   di   trattamento    rispetto    agli
appartenenti alle categorie di cui alla legge n.  52/1976  del  resto
del territorio nazionale. 
    Tempestivamente costituitasi nel giudizio di opposizione, area ha
resistito  alle  avverse  pretese,  sostenendo,  nella  sostanza,  la
legittimita' della propria pretesa e la conformita' alla costituzione
dell'art. 4 della  legge  regionale  n.  7/2003.  Al  riguardo,  area
ritiene sostanzialmente che  la  materia  dell'edilizia  residenziale
pubblica, a seguito della modifica del titolo V della costituzione di
cui all'art. 3 legge costituzionale n. 3/2011,  rientri  ormai  nelle
materie di competenza legislativa  regionale  e  che  nella  generale
categoria dell'edilizia residenziale  pubblica  debbano  comprendersi
anche gli alloggi di servizio di cui alla legge n. 52/1976. 
    Il Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4  della  legge  della  Regione
Autonoma della Sardegna n. 7 del 3 luglio 2003, che, come anticipato,
presenta il seguente testo: 
        art. 4 «Determinazione dei canoni di locazione degli  alloggi
realizzati per il personale militare» - «1. Per gli alloggi costruiti
e gestiti ai sensi della legge 6 marzo 1976, n. 52, qualora non siano
stati adottati  da  parte  dei  competenti  Ministeri  i  decreti  di
determinazione dei canoni di locazione ai sensi dell'art. 1, comma 3,
della  stessa  legge,  gli  stessi  sono   determinati   secondo   le
disposizioni di cui alla legge regionale n. 13 del 1989, e successive
modifiche ed integrazioni». 
    La non manifesta infondatezza della questione dipende  ad  avviso
del tribunale, dalle seguenti ragioni. 
    E' noto che il legislatore nazionale aveva sentito l'esigenza  di
porre in essere  degli  «Interventi  straordinari  per  l'edilizia  a
favore del personale civile  e  militare  della  pubblica  sicurezza,
dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia  di  finanza,  del
Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato».  A
tal fine, con la legge 6 marzo 1976, n. 52 era stata «autorizzata  la
spesa di lire 125 miliardi per la costruzione a cura  degli  istituti
autonomi per le case popolari di alloggi da  assegnare  in  locazione
semplice al personale civile e  militare  della  pubblica  sicurezza,
dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia  di  finanza,  del
Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello  Stato  in
attivita' di servizio». 
    Era stato quindi previsto che, ferma la proprieta' degli  alloggi
in capo allo Stato, gli stessi sarebbero stati  edificati  e  gestiti
dagli IACP. 
    Giusto il disposto dei comma 3 dell'art. 1 della legge era  stato
previsto che «i canoni di locazione e la  quota  annua  da  destinare
agli istituti autonomi delle case popolari per le spese  di  gestione
saranno stabiliti con decreto del Ministro per i lavori pubblici,  di
concerto  con  il  Ministro  per  il  tesoro,  sentiti   i   Ministri
interessati e il comitato per l'edilizia residenziale». 
    Gia' in passato  si  era  posta  la  questione  se,  in  mancanza
dell'adozione dei decreti in parola, gli enti gestori  degli  alloggi
potessero autonomamente  rideterminare  e  aggiornare  l'entita'  dei
canoni previsti  nei  relativi  contratti  di  locazione,  applicando
criteri e  regole  dettati  dalla  normativa  regionale  in  tema  di
edilizia residenziale pubblica. 
    Trattasi, quindi, di questione non estranea a  questo  tribunale,
ne'  alla  giurisprudenza  della  Cassazione  e  della  stessa  Corte
costituzionale. 
    In particolare, l'ex IACP aveva  ritenuto  che  in  virtu'  della
legge n. 560/1993 gli alloggi di  servizio  in  esame  fossero  stati
integralmente  attratti  nella   sfera   dell'edilizia   residenziale
pubblica e aveva quindi preteso di rideterminare i canoni relativi  a
tali alloggi secondo le previsioni della  legge  regionale  sarda  n.
13/1989, introdotta,  appunto,  per  la  disciplina  regionale  delle
assegnazioni  e  gestione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica. All'esito di un giudizio di merito instaurato da un  gruppo
di conduttori di alcuni alloggi di servizio assegnati ai medesimi  ai
sensi della legge n. 52/1976, la Corte di Appello  di  Cagliari,  con
sentenza n.  85/1997,  dopo  avere  premesso  la  peculiarita'  degli
alloggi  di  servizio  in  questione  e  la  loro  estraneita'   alla
generalita' degli alloggi  di  ERP,  anche  in  ordine  agli  aspetti
concernenti la determinazione e l'aggiornamento dei relativi  canoni,
aveva escluso che con la legge n. 560/1993 il  legislatore  nazionale
avesse  inteso  operare  la   equiparazione   pretesa   dallo   IACP,
considerato che  tale  legge  aveva  limitato  l'equiparazione  degli
alloggi di  servizio  a  quelli  di  ERP  ai  soli  lini  della  loro
inclusione nei piani di vendita degli  alloggi.  La  Corte  d'Appello
aveva quindi escluso, ai tini della  determinazione  dei  canoni,  la
applicabilita' della legge regionale 16 aprile 89, n. 13  anche  agli
alloggi di servizio edificati e assegnati ai  sensi  della  legge  n.
52/1976. 
    La Corte di Cassazione (Sez. 1, Sentenza  n.  1731  del  2  marzo
1999), investita della  questione  a  seguito  del  ricorso  proposto
proprio avverso la sentenza della Corte d'Appello di Cagliari,  aveva
pienamente  confermato  ia  impostazione  della  corte  cagliaritana,
considerato che gli alloggi in questione erano  stati  costruiti  con
fondi statali in virtu' della legge 52/1976 per essere  assegnati  al
personale civile e militare della pubblica sicurezza,  dell'arma  dei
carabinieri, del corpo della guardia  di  finanza,  dei  corpo  degli
agenti di custodia e del corpo forestale in  attivita'  di  servizio,
che dalle funzioni trasferite  alle  regioni  ordinarie  erano  state
escluse (art. 93.3 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/77)
quelle relative agli alloggi  di  servizio  del  personale  civile  e
militare dello Stato e che la legge n. 560/1993 si era limitata  alla
equiparazione tra le due categorie di alloggi pubblici ai  soli  fini
della disciplina della loro alienazione. 
    La Cassazione aveva quindi escluso dalla  sfera  di  applicazione
della legge regionale sarda n. 13 del 1989 gli alloggi in parola. 
    Ma il rilievo maggiore si rinviene nei  principi  chiariti  dalla
Suprema Corte con la sentenza resa a Sezioni Unite n.  19548  del  19
dicembre 2013. 
    La Cassazione in tale occasione ha avuto modo di precisare: 
        che l'affermazione secondo cui tutti gli alloggi, per il solo
fatto della loro appartenenza allo Stato e agli enti pubblici,  siano
ascrivibili alla categoria della edilizia  residenziale  pubblica  e'
superata dalla nozione di edilizia residenziale pubblica,  introdotta
dalla legge 22 ottobre  1971,  n.  865,  in  sostituzione  di  quella
edilizia economica e popolare in precedenza  vigente,  che  definisce
l'attivita' posta in essere dallo Stato e da altri enti pubblici  per
provvedere direttamente o  indirettamente  all'apprestamento  e  alla
messa a disposizione  dei  cittadini  di  abitazioni  a  basso  costo
destinate in particolare ai ceti meno abbienti; 
        che, pertanto, tale nozione non puo' estendersi a  tutti  gli
alloggi  appartenenti  allo  Stato  e  da  esso  costruiti   per   la
realizzazione di finalita' non  gia'  di  carattere  sociale,  bensi'
strettamente funzionali all'attuazione  degli  scopi  piu'  immediati
dell'azione amministrativa:, 
        che tra gli  immobili  che  non  rientrano  nella  disciplina
dell'edilizia residenziale pubblica vi sono, tra gli  altri,  proprio
gli alloggi di servizio; 
        che l'eccezionalita' della disciplina di cui alla legge n. 52
del 1976 si rinviene  anche  in  ordine  allo  speciale  criterio  di
determinazione del canone degli alloggi di servizio, che  costituisce
eccezione rispetto ai criteri  di  determinazione  del  canone  degli
alloggi di ERP; 
        che, in ordine  alla  questione  della  esatta  delimitazione
della nozione di alloggio di servizio, se  cioe'  essa  debba  essere
circoscritta  agli  alloggi  strumentali  per  lo   svolgimento   del
servizio, e per cio' stesso gratuiti (alloggi di  servizio  in  senso
stretto), o debba essere esteso fino a comprendere anche gli  alloggi
di servizio concessi a pagamento ai dipendenti  statali  nell'intento
di evitar loro  le  difficolta'  di  soddisfare  l'esigenza  primaria
dell'abitazione nelle  localita'  ove  maggiore  e'  la  crisi  degli
alloggi, eliminando cosi' i riflessi negativi di tale situazione  sul
funzionamento  degli  uffici,  deve  essere  preferita   quest'ultima
interpretazione; 
        che tale interpretazione era stata fatta propria dalla stessa
Corte costituzionale con la sentenza 15 novembre 1985, n. 287, e  con
la decisione in data 7 dicembre 1994, n. 417, la quale,  pronunciando
su una questione di costituzionalita' sollevata nei  confronti  della
legge 24 dicembre 1993, n. 560, aveva ribadito  che  il  concetto  di
alloggio di servizio che definisce la riserva di  competenza  statale
comprende anche gli immobili di proprieta'  dello  Stato  e  di  enti
pubblici destinati ad uso abitativo dei  propri  dipendenti,  la  cui
assegnazione  sia  comunque  condizionata  dalla  prestazione  di  un
servizio  determinato  presso  uffici  del  luogo  in  cui  si  trova
l'immobile, poiche' tali immobili, non meno degli alloggi di servizio
in  senso  stretto,  si  differenziano  dalla  destinazione   propria
dell'edilizia residenziale pubblica in quanto hanno in  via  primaria
una  finalita'  organizzativa  del  buon  andamento  della   pubblica
amministrazione, facilitando ai suoi dipendenti il reperimento  nella
sede del proprio ufficio di appartamenti decorosi con  un  canone  di
affitto proporzionato allo stipendio, e solo  indirettamente,  e  non
necessariamente, contribuiscono alla finalita'  sociale  generale  di
favorire l'accesso all'abitazione dei cittadini meno abbienti. 
    Le sezioni unite avevano quindi concluso ribadendo  il  principio
secondo cui la disciplina in materia di determinazione del canone  di
locazione degli alloggi  di  servizio  deve  essere  quella  prevista
dall'art. 1, comma 3, della legge 6 marzo 1976, n. 52. 
    Ora, proprio dall'esame delle pronunce della Corte costituzionale
richiamate dalla Cassazione si evince come  il  giudice  delle  leggi
avesse chiarito che  dovevano  ritenersi  inclusi  nella  riserva  di
competenza statale anche gli alloggi di servizio in senso lato, cioe'
gli alloggi di proprieta' dello Stato o di enti pubblici destinati ad
uso abitativo dei loro dipendenti condizionatamente alla  prestazione
in loco di un determinato servizio, e che la  relativa  normativa  e'
eccezionale rispetto a quella generale degli alloggi  di  ERP,  tanto
che 
    la  legge  n.   560/93,   con   apposita,   quanto   eccezionale,
disposizione,  aveva  dovuto  precisare  che   la   possibilita'   di
alienazione era prevista  oltre  che  per  gli  alloggi  di  edilizia
residenziale, anche per quelli di servizio (diversi da quelli esclusi
dall'art. 1, comma 3). 
    La Consulta aveva inoltre precisato: che gli alloggi di cui  alla
legge n. 52 del 1976, destinati al personale civile e militare  della
pubblica sicurezza,  dell'Arma  dei  carabinieri  e  di  altri  corpi
speciali dello  Stato,  sono  sicuramente  estranei  al  concetto  di
edilizia residenziale pubblica; che lo scopo della legge n.  560/1993
non era certo quello di ridisegnare questa categoria  ai  fini  della
disciplina giuridica  generale;  e  che  si  tratta  di  alloggi  non
costituenti una submateria dell'edilizia residenziale pubblica bensi'
una categoria distinta. 
    Particolarmente significativo, ad avviso di questo tribunale,  e'
il passaggio della sentenza n. 417 del 7  dicembre  1994  in  cui  si
afferma: 
        «la  Corte  non  ha  ragione   di   discostarsi   dalla   sua
giurisprudenza,  rappresentata  dalla  sentenza  n.  287  del   1985,
condivisa dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato, secondo
cui il concetto di alloggio di servizio, che definisce la riserva  di
competenza  statale  piu'  volte  rammentata,  comprende  anche   gli
immobili, di proprieta' dello Stato o di enti pubblici, destinati  ad
uso abitativo dei propri dipendenti, la cui assegnazione sia comunque
condizionata dalla prestazione di un servizio determinato presso  gli
uffici del luogo in cui si trova l'immobile (c.d. alloggi di servizio
in senso ampio). Tali immobili, non meno degli alloggi di servizio in
senso  stretto,   si   differenziano   dalla   destinazione   propria
dell'edilizia residenziale  pubblica.  Questa  ha  essenzialmente  ed
esclusivamente finalita' sociali» (cfr. sentenza n.  347  del  1993),
che la qualificano come servizio pubblico deputato alla «Provvista di
alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti»  (sentenze  nn.
155  e  217  del  1988).  Gli  alloggi  di  servizio,  invece,  hanno
primariamente una finalita' organizzativa del  buon  andamento  della
pubblica amministrazione, facilitando ai  suoi  dipendenti,  e  cosi'
favorendone la mobilita', il reperimento nella sede del loro  ufficio
di appartamenti decorosi con canone  di  affitto  proporzionato  allo
stipendio.   Solo   indirettamente   e   non   necessariamente   essi
contribuiscono alla finalita' sociale generale di favorire  l'accesso
all'abitazione  dei  cittadini  meno  abbienti.  La  detta  finalita'
organizzativa integra  la  materia  degli  alloggi  di  servizio  nel
trattamento normativo del pubblico impiego statale o  parastatale,  e
quindi  esige  che  l'assegnazione  degli  alloggi,  in   affitto   o
eccezionalmente in proprieta', sia regolata da condizioni uniformi su
tutto il territorio nazionale, in  guisa  di  evitare  disparita'  di
trattamento. Sotto questo profilo,  che  coinvolge  il  principio  di
razionalita', l'interpretazione, qui  confermata,  della  riserva  di
competenza statale nella materia de qua trova conforto  nel  criterio
statuito dalla sentenza n.  217  del  1988,  per  cui  le  competenze
legislative provinciali (o regionali) incontrano in ogni caso precisi
limiti costituzionali posti a presidio  di  imprescindibili  esigenze
unitarie riconoscibili su scala nazionale. 
    In ragione dei principi appena  ricordati,  cosi'  come  spiegati
dalla Corte costituzionale  e  fatti  propri  dalla  Cassazione,  non
sembra a questo tribunale che un mutamento di indirizzo possa  essere
derivato dalla riforma dell'art. 117 Cost., di cui all'art.  3  legge
costituzionale n. 3/2001, ne' dalle  previsioni  di  cui  al  decreto
legislativo n. 112/1998. 
    Al riguardo, area sostiene che  la  disciplina  dell'entita'  dei
canoni di locazione degli alloggi di servizio non rientri tra  quelle
riservate allo Stato ai sensi dell'art. 117, commi 2  e  3,  cost.  e
che, pertanto, rientri  nella  competenza  legislativa  regionale  ai
sensi dell'art. 117, comma 4, cost. 
    Ad avviso di area, la tesi in parola sarebbe stata accolta  anche
dalla Corte di Appello  di  Cagliari  in  una  recente  sentenza,  n.
339/2009, con  cui,  mutando  il  proprio  precedente  indirizzo,  il
giudice di  appello  avrebbe  oltretutto  ritenuto  che  la  potesta'
normativa in materia di determinazione del canone  degli  alloggi  di
servizio  sarebbe  stata  attribuita   alle   Regioni   dal   decreto
legislativo n. 112/2008. 
    Ad avviso di questo tribunale, tuttavia, le ragioni di area volte
a  difendere  la  legittimita'  costituzionale  dell'art.   4   legge
regionale n. 7/2003 non appaiono condivisibili, cosi' come non appare
condivisibile il ragionamento della Corte di Appello sviluppato nella
sentenza richiamata. 
    A parte la circostanza che in detta sentenza nemmeno e'  indicata
la norma del decreto legislativo n. 112/2008 che  avrebbe  esteso  la
potesta' normativa delle Regioni alla materia di alloggi di servizio,
compreso l'aspetto della determinazione  del  relativo  canone,  deve
osservarsi come il decreto legislativo n. 112/2008, disciplinante  il
«Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo  1997,  n.  59»,  al  Titolo  III  -  Territorio   ambiente   e
infrastrutture, Capo II - Territorio e  urbanistica,  Sezione  III  -
Edilizia residenziale pubblica, si sia limitato alla riorganizzazione
del  riparto  delle  competenze  funzionali   tra   Stato   ed   enti
territoriali limitatamente alla materia della  edilizia  residenziale
pubblica, senza effettuare non  solo  alcuna  equiparazione  tra  gli
alloggi di ERP e quelli di servizio,  ma  nemmeno  addirittura  alcun
richiamo, neppure implicito, a quest'ultima tipologia di alloggi. 
    Dalla semplice lettura delle relative disposizioni normative,  di
cui agli articoli dal 59 al 64, si evince peraltro  come  la  materia
trattata  dal  legislatore  sia  stata  esclusivamente  quella  della
edilizia residenziale pubblica nella sua  classica  accezione,  quale
strumento di intervento sociale a  tutela  delle  fasce  deboli:  nel
quadro  degli  obiettivi  generali  delle   politiche   sociali   ...
definizione dei criteri per,  favorire  l'accesso  al  mercato  delle
locazioni dei  nuclei  familiari  meno  abbienti  e  agli  interventi
concernenti il sostegno finanziario al reddito. 
    Pertanto, ad avviso del tribunale,  deve  ritenersi  che  laddove
all'art. 60,  lettera  e),  e'  stata  individuata  tra  le  funzioni
assegnate alle Regioni anche quella avente ad oggetto la  «fissazione
dei criteri per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale
destinati all'assistenza abitativa, nonche' alla  determinazione  dei
relativi  canoni»,  il  legislatore  abbia  inteso  circoscrivere  la
relativa  competenza  alla  sola  materia  della  ERP   strettamente,
storicamente e ordinariamente intesa, senza includervi  quella  degli
alloggi di servizio o degli alloggi pubblici  destinati  ad  altre  e
diverse finalita'. 
    Allo  stesso  modo,  non  appare  pertinente  il  richiamo   alla
giurisprudenza della Corte costituzionale di  cui  alla  sentenza  n.
94/2007. 
    Con la pronuncia in esame, difatti, la Consulta si e' occupata di
numerosi ricorsi  proposti  da  diverse  Regioni  sostenenti  che  la
materia  dell'edilizia  residenziale  pubblica  rientri  ormai  nella
competenza legislativa  regionale  ai  sensi  dell'art.  117,  quarto
comma, Cost. Nel  dichiarare  fondati  i  ricorsi,  la  Corte  si  e'
tuttavia pronunciata sulla sola materia della «edilizia  residenziale
pubblica», senza avervi affatto  incluso  gli  alloggi  di  servizio,
rispondenti, come piu'  volte  precisato,  a  obiettivi  di  politica
legislativa differenti e pertanto ricompresi in altre  materie.  Ne',
in  alcun  modo,  appare  che  la  Corte  abbia  solo  ventilato   la
possibilita' considerare  compresi  nella  materia  della  ERP  dalla
stessa trattata in sentenza anche gli alloggi di servizio di cui alla
legge n. 52/1976. 
    Poco rileva, pertanto che la Corte abbia individuato tre  livelli
di potenziale disciplina normativa della materia, evidenziando che il
terzo livello, attinente alla gestione del patrimonio immobiliare  di
edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti  autonomi
per le case popolari o degli altri  enti  che  a  questi  sono  stati
sostituiti ad  opera  della  legislazione  regionale,  rientri  nella
competenza delle Regioni ai sensi  del  quarto  comma  dell'art.  117
cost. 
    Fermo quanto appena esposto, nel rinnovato assetto costituzionale
di riparto delle competenze  tra  Stato  e  Regioni,  ad  avviso  del
tribunale nulla e' mutato in ordine alla  materia  nella  quale  sono
attratti gli alloggi di servizio. 
    Difatti,  se  e'  vero,   come   gia'   enunciato   dalla   Corte
costituzionale, che tutti gli alloggi  di  servizio,  sia  quelli  in
senso stretto che quelli  in  senso  ampio,  si  differenziano  dalla
destinazione  propria  dell'edilizia  residenziale  pubblica,  avendo
primariamente una finalita' organizzativa del  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione,  rispondendo  solo  indirettamente  e  non
necessariamente a finalita' sociale generale  di  favorire  l'accesso
all'abitazione dei cittadini meno abbienti, e se e' vero che la detta
finalita' organizzativa integra la materia degli alloggi di  servizio
nel trattamento normativa del pubblico impiego statale o parastatale,
e quindi  esige  che  l'assegnazione  degli  alloggi,  in  affitto  o
eccezionalmente in proprieta', sia regolata da condizioni uniformi su
tutto il territorio nazionale, in  guisa  di  evitare  disparita'  di
trattamento  a  presidio   di   imprescindibili   esigenze   unitarie
riconoscibili  su  scala  nazionale,  ad  avviso  del  tribunale  nel
rinnovato assetto di cui al modificato art. 117 cost.  la  disciplina
degli alloggi di servizio dovrebbe trovare la sua collocazione  nelle
materie di cui: 
        alle lettera d) e h), in quanto gli alloggi di servizio  sono
funzionalmente  strumentali  al   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione di appartenenza  del  beneficiario  dell'alloggio  e,
trattandosi nel caso di specie, di  alloggi  destinati  al  personale
civile  e  militare   della   pubblica   sicurezza,   dell'Arma   dei
carabinieri, del Corpo della guardia  di  finanza,  del  Corpo  degli
agenti di custodia e del Corpo forestale  dello  Stato,  la  relativa
disciplina attiene all'organizzazione e al conseguente buon andamento
della Difesa, delle Forze  armate  e  della  sicurezza  dello  Stato,
nonche' dell'ordine pubblico e della sicurezza; 
        alla lettera g), quanto al buon andamento dell'ordinamento  e
dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti  pubblici
nazionali in generale. 
    Che la disciplina normativa della materia in esame  debba  essere
riservata allo Stato si  desume  anche  dalla  esigenza,  piu'  volte
evidenziata dalla Corte costituzionale, che, stante la loro  funzione
strumentale all'organizzazione e al conseguente buon andamento  della
pubblica amministrazione,  vi  sia  una  sostanziale  omogeneita'  di
disciplina su tutto il territorio  nazionale,  in  guisa  di  evitare
disparita' di trattamento  a  presidio  di  imprescindibili  esigenze
unitarie riconoscibili su scala nazionale. 
    Esigenza  che  verrebbe  irrimediabilmente  frustrata  qualora  i
criteri di  determinazione  del  canone  degli  alloggi  di  servizio
potessero essere disciplinati in maniera  differente  sul  territorio
nazionale,  cosi'  determinando  un   irragionevole   disparita'   di
trattamento in violazione dell'art. 3 cost. 
    Tanto piu' che  i  criteri  di  determinazione  dell'entita'  del
canone degli alloggi di ERP prescritti dalla legge regionale sarda n.
13/1989, la cui applicazione agli alloggi di  servizio  di  cui  alla
legge n. 52/1976 e' stata appunto prevista espressamente dall'art.  4
legge regionale, n. 7/2003, nulla hanno a che vedere con la  funzione
propria degli  alloggi  di  servizio  in  parola,  essendo  calibrati
essenzialmente sull'esigenza sociale di tutela delle fasce deboli  in
ragione del  reddito  e  delle  peculiarita'  disagevoli  del  nucleo
familiare. 
    La   legge   regionale   sarda   in   esame,   pertanto,   appare
costituzionalmente illegittima sia per avere il legislatore regionale
invaso un campo che l'art. 117 cost.  riserva  in  via  esclusiva  al
legislatore  statale,  sia  per  avere  realizzato,   in   violazione
dell'art. 3 cost., un risultato palesemente discriminatorio  a  danno
degli assegnatari degli alloggi di servizio della Sardegna rispetto a
quelli delle altre regioni italiane. 
    E' appena il caso  di  evidenziare  che  le  scelte  di  politica
legislativa statale, che nel caso di specie hanno avuto l'effetto  di
favorire gli appartenenti alle forze armate e  alle  altre  categorie
beneficiarie degli alloggi di servizio, non sono  certo  censurabili,
in  quanto  pacificamente  giustificate   dalle   esigenze   al   cui
soddisfacimento alloggi in discorso sono funzionai mente preordinati. 
    Cade in errore area, pertanto,  quando  a  giustificazione  della
norma regionale sotto accusa evidenzia che  la  norma  mira  a  porre
rimedio  all'inerzia  dello  Stato,  che,  non  emanando  i   decreti
ministeriali di cui al comma 3 dell'art. 1 legge n.  52/1976,  ha  di
fatto determinato la formazione di una sacca di privilegio  a  favore
di categorie di soggetti che pagano canoni di  entita'  assolutamente
irrisoria, sia in  generale,  che  rispetto  alla  generalita'  degli
assegnatari degli immobili di ERP. 
    Non e'  dato  superare  i  profili  di  illegittimita'  segnalati
attraverso   la   strada   dell'interpretazione    costituzionalmente
orientata, che consente di evitare il  giudizio  davanti  alla  Corte
costituzionale  allorquando  al  giudice   sia   offerta   un'opzione
ermeneutica in armonia con il dettato costituzionale. 
    Nel caso di specie,  difatti,  lo  strumento  interpretativo  non
permette di individuare  alcuna  soluzione  rispettosa  dei  principi
costituzionali  per  i  quali   viene   denunciata   la   violazione,
considerato che la norma regionale  censurata  prevede  espressamente
l'applicazione di altra legge regionale ai tini della  determinazione
dei canone di locazione degli alloggi di cui alla legge n. 52/1976. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  appare  altresi'
rilevante, considerato che  senza  una  pronuncia  di  illegittimita'
dell'art. 4 legge  regionale  n.  7/2003,  l'applicazione  di  questa
determinerebbe il diritto di area di pretendere  il  pagamento  delle
somme oggetto del decreto ingiuntivo opposto,  pari  alla  differenza
tra i canoni contrattualmente previsti e quelli ricalcolati dall'ente
gestore ai sensi della legge regionale  n.  13/1989,  con  decorrenza
dalla data di entrata in vigore della legge denunciata. 
    Se,  invece,  l'art.   4   citato   dovesse   essere   dichiarato
costituzionalmente illegittimo,  le  somme  anzidette  non  sarebbero
dovute e l'opponente Giuliano Bocco sarebbe tenuto a pagare  ad  area
il  canone  cosi'  come   determinato   in   contratto,   salvi   gli
aggiornamenti ed adeguamenti frutto del procedimento di cui  comma  3
della legge  n.  52/1976,  ma  non  quelli  ricalcolati  da  area  in
applicazione dei criteri di cui  ad  altra  regionale,  la  legge  n.
13/1989, disciplinante i soli alloggi di ERP. 
    Il   presente   procedimento,   non   potendo   essere   definito
indipendentemente dalla  risoluzione  della  segnalata  questione  di
legittimita' costituzionale deve essere, conseguentemente, sospeso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale, visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87: 
        1.  solleva,  in  quanto  rilevante  e   non   manifestamente
infondata, in relazione agli art. 3  e  117  della  Costituzione,  la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della  legge
della Regione Autonoma della Sardegna n. 7 del 3 luglio 2003; 
        2. ordina la sospensione della presente causa; 
        3. ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale in Roma; 
        4. ordina la  notificazione  del  presente  provvedimento  al
Presidente della Giunta della Regione autonoma della Sardegna ed alle
parti di causa; 
        5.  ordina  la  comunicazione  della  presente  ordinanza  al
Presidente del  Consiglio  regionale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna; 
        6. manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. 
      Cagliari, 2 agosto 2019 
 
                          Il Giudice: Ariu