N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 gennaio 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 30 gennaio 2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Toscana  -  Disposizioni
  in materia  di  governo  del  territorio  -  Modifiche  alla  legge
  regionale n. 65 del 2014 (Norme per il governo  del  territorio)  -
  Disposizioni  relative  al  titolo  abilitativo  previsto   per   i
  mutamenti di destinazione d'uso di immobili  ricadenti  all'interno
  delle zone omogenee A di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444. 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Toscana  -  Disposizioni
  in materia  di  governo  del  territorio  -  Modifiche  alla  legge
  regionale n. 65 del 2014 (Norme per il governo  del  territorio)  -
  Disciplina dei controlli sulle opere e sulle  costruzioni  in  zone
  soggette a rischio sismico - Richiesta di  autorizzazione  per  gli
  interventi rilevanti - Disciplina della SCIA - Procedimento per  il
  rilascio  dell'autorizzazione  per  gli  interventi   rilevanti   e
  verifiche  della  struttura  regionale  -  Deposito  dei   progetti
  relativi  ad  interventi  di  minore  rilevanza  -   Modalita'   di
  svolgimento delle verifiche  da  parte  della  struttura  regionale
  relativamente ai progetti soggetti a deposito - Interventi privi di
  rilevanza - Varianti non sostanziali  al  progetto,  realizzate  in
  corso  d'opera  -  Realizzazione  dei  lavori   -   Regolamenti   -
  Disposizioni transitorie in materia sismica  -  Introduzione  della
  SCIA in sanatoria in relazione  agli  interventi  realizzati  nelle
  zone sismiche e nelle zone a bassa sismicita'. 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Toscana  -  Disposizioni
  in materia  di  governo  del  territorio  -  Modifiche  alla  legge
  regionale n. 65 del 2014 (Norme per il governo  del  territorio)  -
  Vigilanza e sanzioni -  Disciplina  degli  interventi  eseguiti  in
  assenza di permesso di  costruire,  in  totale  difformita'  o  con
  variazioni essenziali in relazione ai casi di  mutamenti  rilevanti
  delle   destinazioni   d'uso   di   immobili    non    accompagnati
  dall'esecuzione di opere edilizie, ricadenti nelle aree omogenee  A
  di cui al d.m.  n.  1444  del  1968  -  Mutamenti  rilevanti  delle
  destinazioni d'uso di immobili non accompagnati dall'esecuzione  di
  opere edilizie, ricadenti nelle aree omogenee A di cui al  d.m.  n.
  1444 del 1968 - Disciplina degli interventi eseguiti in assenza  di
  SCIA o in difformita' da  essa  o  degli  interventi  di  attivita'
  edilizia libera realizzati in difformita' dalle norme  urbanistiche
  e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici dei Comuni. 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Toscana  -  Disposizioni
  in materia  di  governo  del  territorio  -  Modifiche  alla  legge
  regionale n. 5 del  2010  (Norme  per  il  recupero  abitativo  dei
  sottotetti)  -  Disciplina  degli  interventi   di   recupero   dei
  sottotetti - Caratteristiche tecniche dei sottotetti recuperabili a
  fini abitativi ed ulteriori disposizioni a carattere tecnico. 
- Legge della Regione Toscana 22 novembre 2019, n.  69  (Disposizioni
  in materia di governo del territorio.  Adeguamenti  alla  normativa
  statale in materia di edilizia e di sismica. Modifiche  alle  leggi
  regionali 65/2014, 64/2009, 5/2010 e 35/2015), artt. 30, commi 1, 4
  e 5; 34, commi 1 e 2; 36; 37; 38; 39; 40; 41; 44; 45; 46, comma  1;
  51, comma 6; 53, comma 3; 54, comma 1; 66; 67, comma 2; e 73. 
(GU n.9 del 26-2-2020 )
     Ricorso ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, (c.f. 80188230587) rappresentato e difeso per
legge  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato   (c.f.   80224030587)
ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it - fax  06/96514000  presso  i  cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro la Regione Toscana,  (c.f.  01386030488)  in  persona  del
presidente  della  giunta  pro  tempore  per   la   declaratoria   di
incostituzionalita' della legge della  Regione  Toscana  22  novembre
2019, n. 69, pubblicata nel B.U.R. n. 53 del 25 novembre 2019, avente
ad oggetto  «Disposizioni  in  materia  di  governo  del  territorio.
Adeguamenti alla normativa  statale  in  materia  di  edilizia  e  di
sismica. Modifiche alle  leggi  regionali  numeri  65/2014,  64/2009,
5/2010  e  35/2015.»  in  relazione  alle  disposizioni  di   seguito
indicate, per violazione dell'art. 3  della  Costituzione,  sotto  il
profilo del principio  di  uguaglianza,  in  combinato  disposto  con
l'art. 97, per quanto riguarda il profilo della ragionevolezza,  art.
32, che garantisce il diritto alla salute, nonche' per contrasto  con
norme di principio contenute nel Testo  unico  dell'edilizia  decreto
del Presidente della Repubblica n. 380/2001, l'art. 117, terzo  comma
della  Costituzione,  in  relazione   alle   materia   «governo   del
territorio» «protezione civile» e «tutela della salute», violando  di
norme di principio contenute nel Testo  unico  dell'edilizia  decreto
del Presidente della Repubblica n. 380/2001. 
    1) L'art. 30 reca «Disposizioni per l'adeguamento alla  normativa
statale della disciplina sui mutamenti di  destinazione  d'uso  senza
opere. Modifiche all'art. 134 legge regionale n. 65/2014». Il comma 1
di tale  disposizione  recita:  «dopo  la  lettera  e)  del  comma  1
dell'art. 134 della  legge  regionale  n.  65/2014,  e'  inserita  la
seguente:  e-bis)  i  mutamenti  urbanisticamente   rilevanti   della
destinazione d'uso di immobili, o di loro parti, anche  nei  casi  in
cui non siano accompagnati dall'esecuzione  di  opere  edilizie,  ove
ricadenti all'interno delle  zone  omogenee  "A"  di  cui  al  d.  m.
1444/1968  o  ad  esse  assimiliate  dagli  strumenti   comunali   di
pianificazione urbanistica». 
    Il successivo comma 4 della  medesima  norma  dispone:  «Dopo  il
comma 2 dell'art. 134 della legge regionale n. 65/2014 e' inserito il
seguente: 
        2-bis. Possono altresi' essere realizzati  mediante  SCIA  in
alternativa al permesso di  costruire  i  mutamenti  urbanisticamente
rilevanti della  destinazione  d'uso  di  cui  al  comma  1,  lettera
e-bis)». 
    Ed ancora il comma 5 prevede: 
    «Dopo il comma 2-bis  dell'art.  134  della  legge  regionale  n.
65/2014, e' inserito il seguente: 
        "2-ter. Nei casi di cui ai commi 2 e 2-bis,  il  procedimento
si svolge secondo quanto disposto dall'art. 145,  restando  ferme  le
sanzioni penali previste dal decreto del Presidente della  Repubblica
n. 380/2001». 
    Risulta  dunque  modificata  la  norma  regionale  che   indicava
tassativamente  gli  interventi  edilizi  soggetti  a   permesso   di
costruire o, in alternativa,  a  SCIA  (Segnalazione  certificata  di
inizio attivita'), introducendo, con la previsione di  cui  al  comma
2-bis, il regime c.d. alternativo, permesso di costruire/SCIA,  anche
per  i  mutamenti  di  destinazione  d'uso  di   immobili   ricadenti
all'interno delle zone omogenee "A" di cui al decreto ministeriale n.
1444/1968. 
    Il riferimento, poi, al procedimento previsto dall'art. 145 della
legge regionale n. 65/2014  sembrerebbe  lasciare  intendere  che  si
tratta della SCIA prevista  dall'art.  22  del  Trattato  sull'Unione
europea e non  della  cd.  super-SCIA  introdotta  dall'art.  23  del
medesimo decreto  del  Presidente  della  Repubblica  e  prevista  in
alternativa   al   permesso   di   costruire   per   gli   interventi
tassativamente indicati nella medesima norma. 
    Il tenore di siffatta novella legislativa determina il  contrasto
con  quanto  previsto  dalla  normativa  statale   e,   segnatamente,
dall'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001 (Testo unico in materia  edilizia),  il  quale
richiede il permesso di costruire quale titolo  abilitativo  per  gli
interventi edilizi  riguardanti  gli  immobili  compresi  nelle  zone
omogenee A, che comportino mutamenti della destinazione d'uso. 
    La disposizione regionale, laddove stabilisce che il procedimento
si svolge secondo quanto disposto dall'art. 145 della legge regionale
n. 65 del 2014, contrasta con la disposizione  di  principio  di  cui
all'art. 23 del  Trattato  sull'Unione  europea.  Tale  disposizione,
infatti, disegna un procedimento «aggravato» che proprio  in  ragione
della rilevanza del titolo, lasciando inalterato il precedente regime
procedimentale  relativo  alla  DIA,  prevede,  nei  casi   di   SCIA
alternativa al permesso di costruire, tra l'altro, l'obbligo  per  il
proprietario dell'immobile o  chi  abbia  titolo  per  presentare  la
segnalazione certificata di inizio attivita',  almeno  trenta  giorni
prima dell'effettivo inizio dei lavori. 
    Diversamente l'art. 145 della legge  regionale  n.  65  del  2014
disciplina un procedimento semplificato concernente la SCIA  in  base
al quale, secondo la disciplina generale concernente la SCIA  stessa,
l'attivita' oggetto della medesima puo' essere  iniziata  dalla  data
della   presentazione    della    segnalazione    all'amministrazione
competente. 
    Ne' puo' essere invocata l'applicazione dell'art. 5  del  decreto
legislativo n. 222 del 2016 secondo il quale le regioni  e  gli  enti
locali, nel disciplinare i regimi amministrativi di  loro  competenza
possono prevedere livelli ulteriori di semplificazione,  dal  momento
che, nel caso di specie, sarebbe annullata qualsiasi  differenza  tra
la  SCIA  e  la  SCIA  alternativa  al  permesso  di  costruire.   La
disposizione in questione, pertanto, appare  adottata  in  violazione
dell'art.  117,  terzo  comma,  della   Costituzione   «governo   del
territorio». 
    2) L'art. 36 «Richiesta  di  autorizzazione  per  gli  interventi
rilevanti.  sostituzione  dell'art.  167  della  legge  regionale  n.
65/2014», prevede testualmente: 
    «1. L'art. 167 della legge regionale n. 65/2014 e' sostituito dal
seguente: 
        «Art. 167 (Richiesta di  autorizzazione  per  gli  interventi
rilevanti). - 1. Fermo restando l'obbligo dei titoli abilitativi  non
si possono iniziare i lavori relativi agli interventi di cui all'art.
94-bis, comma  1,  lettera  a),  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001,  senza  la  preventiva  autorizzazione  della
struttura regionale competente. 
        2. Con la richiesta di  autorizzazione,  da  presentare  allo
sportello unico in via telematica, sono trasmessi: 
          a) il progetto, debitamente firmato  da  un  ingegnere,  un
architetto,  un  geometra  o  un  perito  edile,  nei  limiti   delle
rispettive competenze, nonche' dal direttore dei lavori; 
          b) l'asseverazione di cui all'art. 173. 
        3. Il progetto trasmesso con la richiesta  di  autorizzazione
e'  esauriente  per  planimetria,  piante,  prospetti  e  sezioni   e
accompagnato da una relazione  tecnica,  dal  fascicolo  dei  calcoli
delle strutture portanti, sia in fondazione, sia in elevazione, e dai
disegni dei particolari esecutivi delle strutture. 
        4. La trasmissione della richiesta e  del  relativo  progetto
allegato nei modi e nei termini indicati  nel  presente  articolo  e'
valida anche agli effetti dell'art. 65  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 380/2001, se sottoscritta dal costruttore. 
        5. I  lavori  per  la  realizzazione  degli  interventi  sono
diretti da un ingegnere, un  architetto,  un  geometra  o  un  perito
edile, nei limiti delle rispettive competenze.». 
    In disparte la circostanza dell'utilizzo della parola «richiesta»
non presente nella normativa statale di riferimento, si rileva quanto
segue. 
    Il comma 1 del nuovo  art.  167,  stante  il  disposto  dell'art.
94-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380  del  2001,
introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera  d),  del  decreto-legge  18
aprile 2019, n. 32, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  14
giugno 2019, n. 55,  da  ultimo  modificato  dall'art.  9-quater  del
decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni,
dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, determina  una  sovrapposizione
della normativa regionale a quella  statale,  causando  ambiguita'  e
incertezza in ordine alla disciplina applicabile in  concreto.  Giova
rammentare, in proposito, che e' lo stesso comma 2  dell'art.  94-bis
del Trattato sull'Unione europea a demandare alle regioni  l'adozione
di specifiche elencazioni di adeguamento alle linee guida  a  seguito
della loro emanazione. 
    Al riguardo, deve precisarsi che: 
        la disposizione di cui al comma 2, del predetto  art.  94-bis
del Trattato sull'Unione europea stabilisce che  il  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza  unificata
definisce, le linee guida per l'individuazione, dal  punto  di  vista
strutturale, degli interventi di cui al  medesimo  comma  1,  nonche'
delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non  occorre
il preavviso di cui all'art. 93 e  che  «Nelle  more  dell'emanazione
delle linee  guida,  le  regioni  possono»  soltanto  «confermare  le
disposizioni vigenti. Le elencazioni riconducibili alle categorie  di
interventi di minore rilevanza o privi di  rilevanza,  gia'  adottate
dalle  regioni,  possono  rientrare  nelle  medesime   categorie   di
interventi di cui al comma 1, lettere b) e c).»; 
        comunque non spetta alla regione replicare il contenuto della
disciplina  di  livello  statale,  contenuta,  nel  caso  di  specie,
nell'art. 94-bis comma 3, del Trattato sull'Unione europea in base al
quale «Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento
edilizio, non si  possono  iniziare  lavori  relativi  ad  interventi
"rilevanti",  di  cui  al  comma  1,  lettera  a),  senza  preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della  regione,
in conformita' all'art. 94.». 
    Occorre inoltre rilevare che,  l'incertezza  applicativa  che  la
disposizione in esame determina e' estensibile anche  al  dettato  di
cui ai commi 2, lettera a), 4  e  5  che  si  pongono  in  contrasto,
rispettivamente, con gli articoli 93, commi 2 e 5, e 94, comma 4  del
Trattato sull'Unione europea. Infatti: 
        l'art. 93 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380
del 2001 stabilisce, al  comma  2,  che  «Alla  domanda  deve  essere
allegato il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un
ingegnere, architetto, geometra o perito  edile  iscritto  nell'albo,
nei limiti delle rispettive competenze,  nonche'  dal  direttore  dei
lavori.»; 
        l'art.  93  del  medesimo  decreto   del   Presidente   della
Repubblica dispone, al comma 5, che  «Per  tutti  gli  interventi  il
preavviso  scritto  con  il  contestuale  deposito  del  progetto   e
dell'asseverazione di cui al comma 4, e' valido  anche  agli  effetti
della denuncia dei lavori di cui  all'art.  65»,  non  prevedendo  la
disposizione statale la sottoscrizione del costruttore (ancorche'  al
comma 1 dell'art. 66 del Trattato sull'Unione europea, relativo  alla
denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata
di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed
a struttura metallica, tale sottoscrizione sia richiesta); 
        l'art.  94  dello  stesso  decreto   del   Presidente   della
Repubblica prevede, al comma 4, che «I lavori devono  essere  diretti
da  un  ingegnere,  architetto,  geometra  o  perito  edile  iscritto
nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze». 
    In tema di distorsioni applicative di  disposizioni  legislative,
corre l'obbligo di precisare che nella  sentenza  n.  107  del  2017,
codesta Corte ha avuto modo di osservare che «7.2.2. - Vero  e'  che,
secondo la giurisprudenza di questa  Corte,  non  ogni  incoerenza  o
imprecisione di una norma puo' venire  in  questione  ai  fini  dello
scrutinio di costituzionalita' (sentenze n. 86 del 2017 e n. 434  del
2002). Nondimeno, la stessa e'  invece  censurabile,  alla  luce  del
principio di razionalita' normativa, qualora  la  formulazione  della
stessa sia tale da potere dare luogo ad applicazioni  distorte  (vedi
anche la sentenza n. 10 del 1997) o  ambigue  (sentenza  n.  200  del
2012), che contrastino, a causa dei  diversi  esiti  che  essa  renda
plausibili, il buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  da
intendersi  quale  ordinato,  uniforme  e   prevedibile   svolgimento
dell'azione amministrativa, secondo principi di legalita' e di  buona
amministrazione. 
    7.2.3. - D'altro canto questa  Corte  ha  gia'  chiarito  che,  a
differenza di quanto accade  per  il  giudizio  in  via  incidentale,
giudizio concreto e senza  parti  necessarie,  "il  giudizio  in  via
principale  puo'  concernere  questioni  sollevate  sulla   base   di
interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili"  (sentenza
n. 412 del 2004; nello stesso  senso,  sentenza  n.  3  del  2016)  o
"prospettate in termini dubitativi o alternativi"  (sentenza  n.  189
del 2016). Orientamenti, questi, che sebbene elaborati in riferimento
ai requisiti di ammissibilita', servono altresi' ad  evidenziare  che
nel giudizio in via d'azione vanno tenute presenti anche le possibili
distorsioni applicative di determinate  disposizioni  legislative;  e
cio' ancor di piu' nei casi in cui su una legge non si  siano  ancora
formate prassi interpretative in grado di modellare o restringere  il
raggio delle sue astratte potenzialita' applicative (sentenze n.  449
del 2005, n. 412 del 2004 e n. 228 del 2003). 
    Si e' parimenti affermato, con riferimento anche  all'impugnativa
regionale, che possono risultare costituzionalmente illegittime  "per
irragionevolezza [...] norme statali dal significato ambiguo, tali da
porre le regioni in una condizione di obiettiva incertezza, allorche'
a norme siffatte esse debbano attenersi nell'esercizio delle  proprie
prerogative di autonomia" (sentenza n. 160 del 2016). 
    Cio' vale, a  maggior  ragione,  nel  caso  in  cui  l'ambiguita'
semantica riguardi una disposizione regionale foriera di  sostanziali
dubbi interpretativi che rendono concreto il rischio  di  un'elusione
del principio fondamentale stabilito dalla norma statale.  In  questa
ipotesi, l'esigenza unitaria sottesa  al  principio  fondamentale  e'
pregiudicata  dal  significato   precettivo   non   irragionevolmente
desumibile dalla disposizione regionale: lungi  dal  tradursi  in  un
mero inconveniente di  fatto,  l'eventuale  distonia  interpretativa,
contraddittoria rispetto alla norma statale, costituisce  conseguenza
diretta della modalita' di formulazione della disposizione, che  deve
essere dichiarata, dunque, costituzionalmente illegittima.». 
    Infine, nella sentenza n. 89  del  2019,  codesto  Giudice  delle
leggi ha avuto modo di affermare che « ..."possono trovare  ingresso,
nel giudizio in via principale, questioni promosse in via cautelativa
ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come
possibili,  purche'  non  implausibili  e  comunque   ragionevolmente
desumibili dalle disposizioni impugnate" (ex multis, sentenza n.  103
del 2018, punto 4.1. del Considerato in diritto). Nel giudizio in via
principale possono dunque essere dedotte "anche le lesioni in ipotesi
derivanti da distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate"
(sentenza n. 270 del 2017, punto 4.2. del Considerato in diritto).». 
    Alla luce delle  dirimenti  considerazioni  espresse  da  codesta
Corte, l'art.  36  della  legge  regionale  in  esame,  che  contiene
disposizioni che si sovrappongono e si differenziano  dagli  articoli
93, 94 e 94-bis del Trattato sull'Unione europea, appaiono presentare
profili  di  illegittimita'  costituzionale,  con  riferimento   agli
articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    In via subordinata, in ragione del  contrasto  con  il  parametro
interposto rappresentato dagli stessi articoli 93, 94  e  94-bis  del
medesimo decreto del Presidente della  Repubblica,  nel  senso  sopra
precisato, le disposizioni stesse violano l'art.  117,  terzo  comma,
della Costituzione «protezione civile» e «governo del territorio». 
    Cio' appare confermato, in coerenza con gli orientamenti espressi
da codesta Corte costituzionale  secondo  i  quali,  le  disposizioni
contenute nel Capo IV del testo unico per l'edilizia (d.P.R.  n.  380
del 2001) che dispongono determinati adempimenti procedurali  per  le
zone sismiche costituiscono principio fondamentale quando  rispondono
ad esigenze unitarie, da ritenere particolarmente pregnanti a  fronte
del rischio sismico (C. cost. n. 60 del 2017, n. 300  e  n.  101  del
2013; n. 201 del 2012; n. 254 del 2010; n. 248 del 2009; n.  182  del
2006). 
    Da ultimo, nella sentenza n.  232  del  2017,  codesta  Corte  ha
ribadito che l'art. 94 del decreto del Presidente della Repubblica n.
380  del  2001,  costituisce  una  disposizione  di  principio,   con
specifico riguardo agli articoli 93 e 65  del  predetto  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  380  del  2001,  ha  avuto  modo  di
osservare  che  «Anche  in  tal  caso  si  tratta   di   disposizioni
riconducibili alla materia  della  "protezione  civile",  di  cui  la
necessita' della previa autorizzazione scritta costituisce  principio
fondamentale, al quale sono strettamente e  strumentalmente  connessi
gli obblighi di preventiva "[d] enuncia dei  lavori  e  presentazione
dei progetti di costruzioni in zone sismiche",  nonche'  di  generale
preventiva denuncia dei lavori allo  sportello  unico,  di  cui  agli
articoli 93 e 65 del medesimo testo unico edilizia.». 
    I predetti rilievi di illegittimita' costituzionale si  intendono
riferiti anche all'art. 34, comma 1 della legge  regionale  in  esame
che  richiama  il  disposto  dell'art.  167,  comma  2,  della  legge
regionale n. 65 del 2014, sostituito dal predetto art. 36 della legge
regionale in esame. 
    3) Parimenti i profili di  illegittimita'  sopra  evidenziati  si
riscontrano anche con riferimento: 
        all'art. 37 «Procedimento per il rilascio dell'autorizzazione
e verifiche della struttura  regionale.  Sostituzione  dell'art.  168
della legge regionale n.  65/2014.»,  comma  3  (L'autorizzazione  e'
rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta ed e'  trasmessa  al
richiedente per via telematica), che si pone in sovrapposizione e  in
contrasto con l'art. 94, comma 2, del  Trattato  sull'Unione  europea
(L'autorizzazione  e'  rilasciata   entro   sessanta   giorni   dalla
richiesta, ed entro quaranta giorni dalla stessa  in  riferimento  ad
interventi finalizzati all'installazione  di  reti  di  comunicazione
elettronica a banda ultralarga, e viene comunicata al comune,  subito
dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza)  e  comma  4
(Gli adempimenti di cui al presente articolo  sono  prescritti  anche
per le varianti  comportanti  mutamenti  sostanziali  alle  strutture
portanti che, nel corso dei lavori, si intenda apportare al  progetto
originario) che si pone in sovrapposizione e in contrasto con  l'art.
94-bis, comma 2 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380
del 2001; 
        all'art. 38 «Deposito dei progetti relativi ad interventi  di
minore rilevanza. Sostituzione dell'art. 169 della legge regionale n.
65/2014», con riferimento al comma 1 e ai commi 2, lettera a), 4 e  5
che riportano una formulazione identica a quella di cui al nuovo art.
167 della legge n. 65 del 2014,  commi  2,  lettera  a),  4  e  5.  I
medesimi  rilievi  di  illegittimita'  costituzionale  si   intendono
riferiti anche all'art. 34, comma 2 della legge  regionale  in  esame
che richiama il disposto dell'art. 169, della legge regionale  n.  65
del 2014, sostituito dal predetto art. 38 della  legge  regionale  in
esame; 
        all'art. 39 «Modalita'  di  svolgimento  delle  verifiche  da
parte della struttura regionale relativamente ai progetti soggetti  a
deposito.  Sostituzione  dell'art.  170  della  legge  regionale   n.
65/2014», che si riferisce agli interventi di  cui  all'art.  94-bis,
comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della  Repubblica  n.
380 del 2001, che si pone in sovrapposizione e in contrasto con  tale
articolo del Trattato sull'Unione europea e in  particolare,  con  il
comma 2; 
        all'art.  40  «Interventi  privi  di  rilevanza.  Inserimento
dell'art. 170-bis nella legge regionale n. 65/2014», che al  comma  1
stabilisce che  «Sentito  il  Comitato  tecnico  scientifico  per  il
rischio sismico di  cui  all'art.  3-bis  della  legge  regionale  16
ottobre 2009, n. 58 (Norme in materia di prevenzione e riduzione  del
rischio sismico), sono individuati interventi  strutturali  privi  di
rilevanza di cui all'art. 94-bis, comma 1, lettera  c),  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 380/2001, elencati dal regolamento
di cui all'art. 181)» anch'esso in sovrapposizione e in contrasto con
l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea e in particolare,  con
il comma 2, nonche', laddove al  comma  5  prevede  che  «I  progetti
relativi agli interventi di cui al comma 1 non  sono  assoggettati  a
controllo» con il comma 5 dello stesso art. 94-bis il  quale  dispone
che per gli interventi, non  soggetti  ad  autorizzazione  preventiva
(interventi di «minore rilevanza» o «privi di rilevanza»), le regioni
possono istituire controlli anche con modalita' a campione; 
        all'art. 41 «Varianti non sostanziali al progetto, realizzate
in corso d'opera. Inserimento dell'art. 170-ter nella legge regionale
n. 65/2014», il quale stabilisce che "1. Sentito il Comitato  tecnico
scientifico per il rischio sismico di cui all'art. 3-bis della  legge
regionale n. 58/2009, sono individuate le varianti non sostanziali di
cui all'art. 94-bis,  comma  2,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001, elencate dal regolamento di cui all'art. 181. 
        2. I progetti relativi alle  varianti  non  sostanziali  sono
assoggettate al deposito prima della trasmissione della relazione  di
cui all'art. 175.", anch'esso in sovrapposizione e in  contrasto  con
l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea e in particolare,  con
il comma 2»; 
        all'art. 44 «Realizzazione dei lavori. Sostituzione dell'art.
174 della legge regionale n. 65/2014», che al nuovo art. 174, comma 4
(A struttura ultimata e, comunque, entro sessanta giorni dal  termine
dei lavori, il direttore dei lavori trasmette allo sportello unico la
relazione di  cui  all'art.  65  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001,  fermo  restando  quanto  previsto  dall'art.
170-bis per  gli  interventi  privi  di  rilevanza)  e  comma  5  (La
relazione di cui al  comma  4  e'  trasmessa  allo  sportello  unico,
unitamente ai certificati  sui  materiali  di  cui  all'art.  65  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e al giornale dei
lavori strutturali), che si pone in sovrapposizione  e  in  contrasto
con l'art. 65, comma 6 del Trattato sull'Unione europea (Ultimate  le
parti della costruzione che incidono sulla stabilita'  della  stessa,
entro il termine di sessanta giorni, il direttore dei lavori deposita
allo sportello unico, tramite  PEC,  una  relazione  sull'adempimento
degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3, allegando: 
          a) i certificati delle prove sui materiali impiegati emessi
da laboratori di cui all'art. 59; 
          b) per le opere in conglomerato armato  precompresso,  ogni
indicazione inerente alla tesatura dei cavi ed ai sistemi di messa in
coazione; 
          c) l'esito delle eventuali prove di  carico,  allegando  le
copie dei relativi verbali firmate per copia conforme); 
        all'art. 45 «Regolamenti. Sostituzione  dell'art.  181  della
legge regionale n. 65/2014), il quale, in particolare, demanda  a  un
regolamento regionale l'individuazione di: varianti  non  sostanziali
ai progetti gia' autorizzati o depositati, ai sensi dell'art. 170-ter
(lettera d); interventi per la realizzazione di nuove costruzioni che
si discostino dalle usuali tipologie o che, per la  loro  particolare
complessita' strutturale, richiedono piu' articolate  calcolazioni  e
verifiche, da assoggettare all'autorizzazione  di  cui  all'art.  167
(lettera  e);  interventi  privi  di  rilevanza  nei  riguardi  della
pubblica incolumita' di cui all'art.  170-bis  (lettera  f);  edifici
strategici e rilevanti da assoggettare  ad  autorizzazione  ai  sensi
dell'art. 167 (lettera e); le piccole modifiche, prive di  rilevanza,
eseguite in corso  d'opera  e  non  configurabili  come  varianti  al
progetto (lettera f). Tali disposizioni si pongono in sovrapposizione
e in contrasto con l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione  europea  e
in particolare, con i commi 1 e 2; 
        all'art. 73 «Disposizioni transitorie in materia di  sismica»
si pongono in sovrapposizione e in contrasto con  l'art.  94-bis  del
Trattato sull'Unione europea e in particolare, con i commi 1 e 2. 
    4) L'art. 46, rubricato «Adeguamento  della  normativa  regionale
alla  normativa  statale.  Introduzione  della  SCIA  in   sanatoria.
Modifiche all'art. 182 della legge regionale n. 65/2014», al comma 1,
sostituendo il comma 2 del citato art. 182, dispone: «Nei casi di cui
al comma 1 [accertamento  di  conformita'],  la  struttura  regionale
competente rilascia l'autorizzazione in sanatoria oppure  l'attestato
di avvenuto deposito in sanatoria entro sessanta giorni dalla data di
trasmissione  della  relativa  istanza.   Oltre   che   al   soggetto
interessato, la struttura regionale competente trasmette tali atti al
comune ai fini del rilascio dei titoli in sanatoria o ai  fini  delle
verifiche di propria competenza nel caso di SCIA in sanatoria,  fermo
restando quanto previsto al comma 3». 
    La modifica citata, lungi dall'adeguare la normativa regionale  a
quella statale, come indicato nella  rubrica,  sembra  introdurre  un
titolo in sanatoria non contemplato dalla legislazione statale. 
    Al riguardo, nel precisare che l'istituto della SCIA in sanatoria
non e' ammesso nelle ipotesi di cui all'art. 23, comma 1 del Trattato
sull'Unione europea (cfr. art. 36, comma l, in base al quale, in tali
ipotesi si rende necessario il rilascio del permesso di costruire  in
sanatoria), ma soltanto nei casi previsti dall'art. 37  del  medesimo
decreto del Presidente della Repubblica. 
    Occorre  rilevare  che  la  disposizione  censurata  si  pone  in
contrasto con il principio della «doppia conformita'» dal momento che
la disciplina regionale non sembra prevedere il rispetto anche  della
normativa sismica sia al momento della realizzazione dell'intervento,
sia al momento della presentazione della domanda. 
    Al riguardo, alla luce della sentenza n. 101 del 2013 (richiamata
anche nella recente sentenza n. 290 del 2019),  nella  quale  codesta
Corte costituzionale ha affermato che «Se pertanto, nel  sistema  dei
principi  delineati  dalla  normativa  statale,  sia  gli  interventi
edilizi soggetti a permesso di costruire,  sia  quelli  consentiti  a
seguito di denuncia, presuppongono  sempre  la  previa  verifica  del
rispetto delle norme  sismiche,  non  pare  possa  dubitarsi  che  la
verifica della doppia conformita', alla quale  l'art.  36  del  testo
unico subordina  il  rilascio  dell'accertamento  di  conformita'  in
sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da
comprendersi  nelle  norme  per  l'edilizia,  sia  al  momento  della
realizzazione dell'intervento che al momento di  presentazione  della
domanda di sanatoria», la disposizione regionale si pone in contrasto
con l'art. 36, commi  1  e  37,  comma  4  del  Trattato  sull'Unione
europea, in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione
«governo del territorio». 
    5) L'art. 51, al comma 6, introduce dopo la lettera b) del  comma
8 dell'art. 196 della legge regionale n. 65  del  2014,  la  seguente
lettera  b-bis):  «b-bis)  nei  casi  di  mutamenti  urbanisticamente
rilevanti della destinazione d'uso di immobili, o di loro parti,  non
accompagnati  dall'esecuzione  di  opere  edilizie,   ove   ricadenti
all'interno delle zone omogenee "A" di cui al decreto ministeriale n.
1444/1968 lavori  pubblici  o  ad  esse  assimilate  dagli  strumenti
comunali di pianificazione urbanistica.». 
    Con tale modifica gli interventi di cui alla  richiamata  lettera
b-bis) vengono sottratti dall'applicazione dei commi 3,  4  e  5  del
predetto art. 196. 
    La disposizione si pone in contrasto con  le  previsioni  di  cui
all'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  380  del
2001. 
    Al riguardo, si evidenzia che codesta Corte costituzionale, nella
sentenza n. 140 del 2018 ha affermato che «Le  deroghe  al  principio
della demolizione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio  del
comune - previste dall'art. 31, comma 5, decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 - sono fondate su un rapporto  di  stretta
connessione con la regola base. In  ragione  di  questo  collegamento
esse   contribuiscono   a   definire   la   portata   del   principio
fondamentale.».  Alla  luce  delle  indicazioni  di  codesta   Corte,
pertanto, la disposizione regionale in questione  viola  l'art.  117,
terzo comma, della Costituzione, violando un  principio  fondamentale
nella materia «governo del territorio». 
    6) L'art. 53, al comma 3, inserisce, dopo il  comma  6  dell'art.
200 della legge regionale n. 65 del 2014, il seguente comma:  «6-bis.
Nel caso dei mutamenti urbanisticamente rilevanti della  destinazione
d'uso di cui all'art. 135, comma 2, lettera  e-bis)  eseguiti,  senza
opere  edilizie,  in  assenza  o  in  difformita'  dalla  SCIA  e  in
difformita' dalle  norme  urbanistiche  o  dalle  prescrizioni  degli
strumenti della pianificazione  urbanistica  comunali,  oppure  dalla
disciplina di  cui  all'art.  98,  il  comune  ordina  la  cessazione
dell'utilizzazione  difforme  dell'immobile,  disponendo  che  questa
avvenga entro il termine massimo di sei mesi.». 
    Detta disposizione si pone in contrasto con la norma di principio
nella materia «governo del territorio» di cui all'art. 31,  comma  3,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 che stabilisce che
«3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e  al
ripristino dello stato dei  luoghi  nel  termine  di  novanta  giorni
dall'ingiunzione,  il  bene  e  l'area  di  sedime,  nonche'   quella
necessaria,  secondo  le  vigenti  prescrizioni  urbanistiche,   alla
realizzazione di opere analoghe a quelle abusive  sono  acquisiti  di
diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita  non
puo'  comunque  essere  superiore  a  dieci  volte   la   complessiva
superficie utile abusivamente  costruita.».  Analogo  rilievo  sembra
poter valere anche con riferimento  all'art.  54,  che  al  comma  1,
introduce dopo il comma 2 dell'art. 201 della legge regionale  n.  65
del 2014 il seguente comma 2-bis:  «2-bis.  Nel  caso  dei  mutamenti
della destinazione d'uso di  immobili,  o  di  loro  parti,  eseguiti
all'interno della stessa categoria funzionale, in  assenza  di  opere
edilizie,  in  difformita'   dalle   norme   urbanistiche   o   dalle
prescrizioni  degli  strumenti   della   pianificazione   urbanistica
comunali, oppure dalla disciplina  di  cui  all'art.  98,  il  comune
ordina  la  cessazione  dell'utilizzazione  difforme   dell'immobile,
disponendo che questa avvenga entro il termine massimo di sei mesi.». 
    7) L'art. 66, introduce, dopo il comma 2, dell'art. 2 della legge
regionale n. 5 del 2010 il seguente comma 2-bis: 
    «2-bis. Qualora consentita dagli strumenti urbanistici  comunali,
la destinazione  d'uso  residenziale  puo'  essere  conseguita  anche
contestualmente alla  realizzazione  degli  interventi  di  cui  alla
presente legge, fermo restando  quanto  previsto  all'art.  3,  comma
4-bis. In tal caso gli interventi diretti al recupero dei  sottotetti
sono soggetti: 
        a) a permesso di costruire ai sensi  dall'articolo  comma  1,
lettera e-bis), della legge  regionale  n.  65/2014,  fermo  restando
quanto disposto dall'art. 134,  comma  2-bis,  della  medesima  legge
regionale, ove ricadenti all'interno delle zone omogenee "A"  di  cui
al decreto ministeriale  n.  1444/1968  lavori  pubblici  o  ad  esse
assimilate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica; 
        b) a segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA)  nei
casi diversi da quelli di cui alla lettera a).». 
    Posto che gli interventi diretti al recupero dei sottotetti  sono
inquadrabili nella categoria  degli  interventi  di  ristrutturazione
edilizia, con specifico riferimento  alla  lettera  b)  del  predetto
comma 2-bis, si rileva un contrasto con il combinato  disposto  degli
articoli 10, comma 1, lettera c), 23, comma 1, lettera a) e 22, comma
1, lettera c). Cio', in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,
«governo del territorio». 
    8) L'art. 67, al comma 2, inserisce, dopo il comma 4 dell'art.  3
della legge regionale n. 5 del 2010, il seguente comma 4-bis: «4-bis.
Le superfici dei locali  sottotetto  derivanti  dagli  interventi  di
recupero di cui alla presente legge non sono computate  ai  fini  del
rispetto delle superfici minime  e  dei  requisiti  igienico-sanitari
fissati  dalla  normativa   vigente   per   le   unita'   immobiliari
residenziali.». 
    La disposizione, nella parte in cui prevede che le superfici  dei
locali sottotetto derivanti dagli interventi di recupero di cui  alla
predetta legge regionale n. 5 del 2010, «non sono computate  ai  fini
del rispetto delle superfici minime e dei requisiti igienico-sanitari
fissati  dalla  normativa   vigente   per   le   unita'   immobiliari
residenziali» si  pone  in  contrasto  con  il  parametro  interposto
rappresentato  dal  decreto  ministeriale  5  luglio  1975,   recante
«Modificazioni  alle   istruzioni   ministeriali   20   giugno   1896
relativamente all'altezza minima ed  ai  requisiti  igienico-sanitari
principali dei locali d'abitazione» il quale, agli articoli  2  e  3,
stabilisce che: 
        «2. Per ogni abitante deve essere assicurata  una  superficie
abitabile non inferiore a mq. 14, per i primi 4 abitanti, e  mq.  10,
per ciascuno dei successivi. 
        Le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq.
9, se per una persona, e di mq. 14, se per due persone. 
        Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza  di  soggiorno
di almeno mq. 14.». 
        «3 ... l'alloggio monostanza, per una persona, deve avere una
superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq. 28, e
non inferiore a mq. 38, se per due persone.». 
    Al riguardo, si rappresenta che il Consiglio di Stato,  Sez.  IV,
nella sentenza n. 1997 del 2014, ancorche' con riferimento alle norme
in tema di altezza minima ed aereoilluminazione previste dal predetto
decreto del Ministro della sanita' del 5 luglio  1975,  ha  precisato
che: 
        «"...Come chiarito da Corte costituzionale n.  256/1996,  "la
disciplina del condono non vale ad escludere ogni  obbligo  da  parte
del comune di accertamento delle condizioni  di  salubrita'  ai  fini
dell'abitabilita' degli edifici.". "Ne' rileva" - prosegue la Corte -
"la circostanza che l'art. 35, ventesimo comma,  preveda,  a  seguito
della concessione  in  sanatoria,  il  rilascio  del  certificato  di
abitabilita' o agibilita' anche in deroga  ai  requisiti  fissati  da
norme  regolamentari,  purche'  non   sussista   contrasto   con   le
disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica e di prevenzione
degli incendi e degli infortuni, poiche' la deroga  non  riguarda,  i
requisiti richiesti da disposizioni legislative". Ne deriva che "deve
escludersi una automaticita' assoluta nel rilascio del certificato di
abitabilita' pur nella piu' semplice forma disciplinata  dal  decreto
del Presidente  della  Repubblica  n.  425  del  1994  a  seguito  di
concessione in sanatoria, dovendo invece il comune verificare che  al
momento del rilascio del certificato di abitabilita' siano  osservate
non solo le disposizioni di cui all'art. 221 del  testo  unico  delle
leggi  sanitarie  (rectius,  di  cui  all'art.  4  del  decreto   del
Presidente della Repubblica n. 425 del 1994),  ma,  altresi',  quelle
previste da altre disposizioni di legge in materia di abitabilita'  e
servizi essenziali relativi e  rispettiva  normativa  tecnica,  quali
quelle a tutela delle acque  dall'inquinamento,  quelle  sul  consumo
energetico, ecc.». 
    Nel caso di specie, rileva il  Consiglio  di  Stato,  «ad  essere
violate sono le norme in tema di altezza minima ed aereoilluminazione
che, seppur previste dal decreto del Ministro  della  sanita'  del  5
luglio  1975  (e  quindi  da  norme   di   carattere   regolamentare)
costituiscono diretta attuazione degli articoli 218, 344  e  345  del
testo unico delle leggi sanitarie del  27  luglio  1934  n.  126.  Il
carattere secondario  della  fonte  non  toglie  che  esse  attengano
direttamente alla salubrita' e vivibilita' degli  ambienti,  ossia  a
condizioni tutelate direttamente da norme primarie e  costituzionali.
In questi casi, cioe', la norma secondaria  concretizza  il  generico
imperativo della norma primaria sostanziandone  il  contenuto  minimo
inderogabile in direzione di una  tutela  della  salute  e  sicurezza
degli ambienti. La verifica dell'abitabilita' non puo' prescinderne. 
    Del resto, una diversa interpretazione che giungesse a  sostenere
la derogabilita' dei requisiti minimi di salubrita', per il sol fatto
di essere fissati con norma regolamentare si porrebbe sicuramente  in
contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3  della
Costituzione, oltre che con l'art. 32 della stessa...». 
    Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, che  si  ritiene
ben possa attagliarsi al caso di specie in relazione alla  violazione
dei citati articoli  del  decreto  ministeriale  5  luglio  1975,  in
materia di superfici minime degli alloggi, le disposizioni  regionali
in commento violano il principio di ragionevolezza di cui all'art.  3
della Costituzione e l'art. 32  della  stessa  per  contrasto  con  i
parametri interposti  rappresentati  dalle  citate  disposizioni  del
decreto ministeriale 5 luglio 1975. 
    In via subordinata, viene in rilievo la violazione dell'art. 117,
terzo comma, della Costituzione «governo del  territorio»  e  «tutela
della salute». 
 
                                P.Q.M. 
 
    della legge della  Regione  Toscana  22  novembre  2019,  n.  69,
pubblicata nel B.U.R. n. 53 del 25 novembre 2019, avente  ad  oggetto
«Disposizioni in materia di governo del territorio. Adeguamenti  alla
normativa statale in materia di edilizia e di sismica. Modifiche alle
leggi regionali  numeri  65/2014,  64/2009,  5/2010  e  35/2015.»  in
relazione alle disposizioni  sopra  indicate,  per  violazione  degli
articoli 3 della Costituzione, sotto  il  profilo  del  principio  di
uguaglianza, in combinato disposto con l'art. 97, per quanto riguarda
il profilo della ragionevolezza, art. 32, che garantisce  il  diritto
alla salute;  l'art.  117,  terzo  comma  3  della  Costituzione,  in
relazione alle materia «governo del territorio» «protezione civile» e
«tutela della salute», violando di norme di principio  contenute  nel
Testo unico dell'edilizia decreto del Presidente della Repubblica  n.
380/2001. 
        Roma, 24 gennaio 2020 
 
                p. L'Avvocato dello Stato: Figliolia