N. 23 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2018

Ordinanza  del  13  dicembre  2018  del  Tribunale   di   Lecce   nel
procedimento penale a carico di S. M.. 
 
Reati e pene - Sospensione condizionale della  pena  -  Obblighi  del
  condannato - Previsione che la sospensione condizionale della pena,
  quando e' concessa a persona che ne ha gia' usufruito, debba essere
  subordinata all'adempimento dell'obbligo delle  restituzioni  o  al
  pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno. 
- Codice penale, art. 165, comma secondo, come  modificato  dall'art.
  2, comma 1,  lettera  b),  della  legge  11  giugno  2004,  n.  145
  (Modifiche  al  codice  penale  e  alle  relative  disposizioni  di
  coordinamento e transitorie in materia di sospensione  condizionale
  della pena e di termini per la riabilitazione del condannato). 
(GU n.9 del 26-2-2020 )
 
                   IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCE 
                        Prima sezione penale 
 
    In composizione  monocratica  nella  persona  del  giudice  dott.
Stefano Sernia. 
    All'udienza  del  giorno  13  dicembre  2018,  nel  processo   n.
1763/2017 RGT, pendente nei confronti di S .  .  . M  .  .  .   ,  ha
pronunziato la seguente ordinanza a seguito di citazione  diretta  ai
sensi dell'art. 550 del codice di  procedura  penale,  si  procede  a
giudizio nei confronti di S . .  .   M  .  .  . imputato  di  essersi
indebitamente appropriato della somma complessiva di euro 4.568,00, a
lui consegnata a piu'  riprese  perche'  ne  operasse  il  versamento
all'Inps per conto di Q . . . S . . .  , a pagamento trimestrale  dei
contributi su lui gravanti quale datore di lavoro di G . . .  G  .  .
. . 
    Originariamente orientato a richiedere  l'ammissione  alla  messa
alla prova, l'imputato ha abbandonato tale primitiva istanza  per  la
difficolta' di trovare un accordo con  la  p.o.,  pur  disponibile  a
concedere una rateizzazione del  risarcimento;  di  fatto,  l'entita'
mensile delle quote rateali che l'imputato  si  diceva  in  grado  di
corrispondere, a tacitazione  del  danno,  era  talmente  esiguo  che
avrebbe, tra l'altro, comportato l'estinzione del danno in  un  tempo
superiore a quello massimo di sospendibilita' del processo  ai  sensi
dell'art. 464-quater, comma 5, lettera a)  del  codice  di  procedura
penale. 
    All'udienza del 6 dicembre 2018 l'imputato ha quindi  abbandonato
l'originaria richiesta  di  ammissione  alla  messa  alla  prova,  ed
avanzato - a mezzo del difensore procuratore speciale - richiesta  di
applicazione  della  pena  ai  sensi  dell'art.  444  del  codice  di
procedura penale,  secondo  tale  calcolo:  pena  base  anni  uno  di
reclusione ed euro 300,00 di multa, aumentata ad anni uno e mesi  due
di reclusione  ed  euro  350,00  di  multa  in  considerazione  della
contestata aggravante di cui all'art. 61 n.  11  del  codice  penale;
quindi ridotta per il rito alla pena di mesi dieci di  reclusione  ed
euro 250,00 di multa; subordinatamente alla concessione del beneficio
della sospensione condizionale della pena. 
    La pena e'  legale  e  congrua;  la  querela  in  atti  introduce
elementi  incompatibili  con  una  pronunzia   di   assoluzione   per
sussistenza  della  prova  dell'innocenza,   ed   il   fatto   appare
correttamente qualificato;  l'imputato,  nonostante  l'eta'  avanzata
(nato nel 1946, aveva circa 67 anni all'epoca dei fatti; 72 alla data
odierna) e' gravato da un  solo  risalentissimo  precedente  di  poco
conto (atteso che per esso riporto' condanna mite,  nella  misura  di
mesi due e giorni venti di reclusione),  ed  il  fatto  contestatogli
appare verosimilmente del tutto occasionale, in quanto espressione di
una  deviazione  dalla  retta  via  in  un  momento  di   difficolta'
economica,  psicologica  ed  esistenziale  che  non  e'  riuscito   a
fronteggiare in maniera adeguata (dall'indagine svolta dallo UEPE  ai
fini dell'elaborazione del progetto per la messa alla prova,  risulta
che egli abbia condotto una vita di lavoro come  dipendente  pubblico
sino alla pensione, con regolare vita  famigliare,  complicata  pero'
dalla difficolta' di far  fronte  alla  condizione  depressiva  della
moglie, da lui affrontata  in  assenza  di  alcun  tipo  di  sostegno
affettivo  ed  in  piena  solitudine);  l'istanza,  ivi  compresa  la
condizione  subordinante  della  concessione  del   beneficio   della
sospensione  condizionale  della  pena,  sarebbe  quindi  accoglibile
laddove non vi ostasse la prescrizione dell'art. 165,  comma  2,  del
codice penale. 
    Infatti, come rilevato dal giudicante alla precedente udienza del
6  dicembre  2018,  l'imputato  risulta  aver  goduto  del   suddetto
beneficio gia' una volta, in  relazione  alla  sentenza  di  condanna
emessa nei suoi confronti in data  3  febbraio  10970  dal  Tribunale
militare di Bari (unica condanna che risulta aver mai  riportato),  i
cui effetti penali perdurano,  atteso  che  non  risulta  essere  mai
intervenuta riabilitazione;  quale  conseguenza  di  tale  precedente
concessione del beneficio, questo puo' essere nuovamente concesso, ai
sensi dell'art. 165, comma 2, del codice penale, solo  subordinandolo
all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni o  del  risarcimento;
la lettera  della  norma  e'  tale  da  non  consentire  di  ritenere
possibile riconoscere alcuna  rilevanza  alle  cause  per  cui  detto
obbligo non possa essere adempiuto, atteso che, con l'art.  2,  comma
1, lettera b), della legge  n.  145/2004,  sono  state  espressamente
abrogate  le  parole  «salvo   che   cio'   sia   impossibile»,   che
precedentemente mitigavano e circoscrivevano la portata  dell'obbligo
in oggetto. Ne consegue che,  interpretando  la  norma  alla  ricerca
dell'intenzione del Legislatore  secondo  quanto  espresso  dal  dato
letterale e da  quello  cronologico  (che  evidenzia  una  scelta  di
modifica, in senso restrittivo, dei requisiti per  la  concedibilita'
del beneficio), appare evidente che la volonta' del  Legislatore  sia
stata  quella  di  escludere  la  concessione  del  beneficio   della
sospensione condizionale della pena, per la seconda volta, a chi  non
sia in grado, anche senza sua colpa ed  oltre  la  sua  volonta',  di
risarcire il danno o  di  assolvere  all'obbligo  di  procedere  alle
restituzioni. 
    Cio', a parere del giudicante, pone la norma, nella  sua  attuale
formulazione in  contrasto  col  principio  di  eguaglianza  espresso
dall'art. 3 della Costituzione. 
    Presupposto della concedibilita' del beneficio della  sospensione
condizionale della pena e' la previsione che l'imputato  si  asterro'
per  il  futuro,  dalla  commissione  di  altri  delitti;   in   tale
prospettiva, il risarcimento del danno, o l'assolvimento dell'obbligo
di procedere alle restituzioni,  assumono  rilievo,  sostanzialmente,
quale prova  di  resipiscenza  e  ravvedimento,  atta  a  fondare  la
prognosi di futura correttezza dei comportamenti, in tutti quei  casi
in cui tale prognosi avrebbe potuto essere dubbia. 
    La norma, come risultante dalla modifica apportata  dall'art.  2,
comma 1, lettera b), della legge n. 145/2004, appare invece contraria
al principio di eguaglianza, ed a quello di razionalita'  che  ne  e'
alla base, in quanto: 
        a) appare operare una presunzione assoluta di immeritevolezza
del  beneficio  se  non  accompagnato  da  una   prova   fattiva   di
resipiscenza, tipizzando peraltro  quest'ultima  necessariamente  nel
risarcimento  del  danno:  scelta  irrazionale,  e  suscettibile   di
realizzare disparita' di trattamento,  essendo  possibile  immaginare
forme diverse di comportamento,  ben  maggiormente  significative  di
ravvedimento (si pensi ad esempio alla scelta di dedicare la  propria
vita all'assistenza  i  bisognosi,  od  alle  vittime  dei  reati,  o
all'educazione dei giovani per recuperarli dalla devianza, ecc.), che
invece vengono irragionevolmente  escluse  dal  novero  dei  fatti  e
comportamenti valutabili dal giudice al fine  delle  sue  valutazioni
circa la regolarita' del futuro comportamento del reo; 
        b) condiziona la possibilita' di accesso al beneficio  ad  un
comportamento  il  cui  mancato  compimento  puo'   dipendere   dalle
condizioni  economiche  del  reo,  cosi'  operando  un'ingiustificata
disparita' di trattamento tra gli imputati, a seconda del loro  censo
ed in violazione del principio di eguaglianza, e cio', per  di  piu',
in materia penale. 
    Non appare a questo punto  inopportuno  ricordare  che  la  Corte
costituzionale, gia'  con  la  sentenza  n.  49  del  1975,  ebbe  ad
esprimere considerazioni in linea con quelle appena svolte, ritenendo
che  il  risarcimento  assumeva  rilevanza  nella  sua  capacita'  di
esprimere  un  ravvedimento,  e  la  costituzionalita'  della   norma
poggiava peraltro sulla possibilita', per il  giudice,  di  escludere
tale obbligo in considerazione della  effettiva  capacita'  economica
del condannato, statuendo che «La facolta' del giudice  di  concedere
la sospensione condizionale della pena subordinatamente all'effettiva
riparazione del danno cagionato dal reato previsto dall'art. 165  del
codice penale non contrasta con l'art. 3 della Costituzione,  poiche'
risponde  ad  una  apprezzabile  esigenza  di  politica   legislativa
tendente ad eliminare le conseguenze dannose degli illeciti penali ed
a garantire che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui
a quel processo di ravvedimento che  costituisce  lo  scopo  precipuo
dell'istituto stesso della sospensione  condizionale  della  pena.  E
cio' tenuto anche conto che l'art. 165 del codice penale riconosce al
giudice il potere di subordinare o meno all'adempimento  dell'obbligo
di  risarcimento  la  sospensione  della  pena,   a   seguito   della
valutazione della capacita'  economica  del  condannato,  potere  che
costituisce mezzo idoneo per evitare che si realizzi in  concreto  un
trattamento di sfavore  a  carico  del  reo  in  funzione  delle  sue
condizioni economiche». 
    La circostanza che, allo stato della normativa vigente,  sia  del
tutto irrilevante, ai fini del  riconoscimento  del  beneficio  della
sospensione condizionale  della  pena,  l'impossibilita'  o  meno  di
procedere al risarcimento  del  danno,  rende  irrilevante  qualsiasi
accertamento sull'effettivita' o  meno  di  tale  impossibilita',  ed
impedisce  pertanto  di  indagare  quali  siano   effettivamente   le
capacita' economiche dell'imputato, in quanto  si  tratterebbe,  allo
stato,  di  accertamento  estraneo  ai  fini  della  prova  per  come
descritti dall'art. 187 del codice di procedura penale; peraltro,  la
circostanza  che  l'imputato  abbia  desistito  dalla  richiesta   di
ammissione  alla  messa  alla  prova  (il  cui  buon  esito  comporta
l'esclusione  di  una  pronunzia   di   condanna),   per   l'asserita
incapacita' di procedere al risarcimento del danno (peraltro, in quel
rito, costituente  requisito  non  dotato  di  assoluta  necessita'),
induce  a  ritenere  che  effettivamente  egli  versi  in  condizioni
economiche che non gli consentano di provvedere al  risarcimento  del
danno o alle restituzioni. 
    La questione di incostituzionalita' dell'art. 165, comma  2,  del
codice penale, come  risultante  dalla  modifica  ad  esso  apportata
dall'art. 2 comma 1, lettera b),  della  legge  n.  145/2004,  appare
pertanto rilevante ai  fini  della  decisione  e  non  manifestamente
infondata. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 1, della legge costituzionale n.  1/48,  e  23
della  legge  n.  87/53,   dichiara   d'ufficio   rilevante   e   non
manifestamente   infondata    la    questione    di    illegittimita'
costituzionale dell'art.  165,  comma  2,  del  codice  penale,  come
risultante dalla modifica ad esso apportata  dall'art.  2,  comma  1,
lettera b) della legge n. 145/2004, per contrasto con l'art. 3  della
Costituzione, nella parte in cui le suddette norme di legge ordinaria
subordinano  la  possibilita'  di  concedere   il   beneficio   della
sospensione condizionale della pena, a chi gia' ne abbia  goduto  una
volta, alla condizione che egli necessariamente risarcisca il danno o
provveda alle restituzioni, senza assegnare alcuna rilevanza al  caso
in cui cio' non sia possibile; 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza,  al  difensore
dell'imputato, all'imputato, al pubblico ministero, ed al  Presidente
del Consiglio dei ministri, e la sua comunicazione ai Presidenti  dei
due rami del Parlamento; 
    Dispone la successiva trasmissione  della  presente  ordinanza  e
degli atti del procedimento, unitamente  alla  prova  dell'esecuzione
delle notificazioni e delle comunicazioni previste dalla legge,  alla
Corte  costituzionale   per   la   decisione   della   questione   di
costituzionalita' cosi sollevata; 
    Sospende  il  procedimento  sino  alla  decisione   della   Corte
costituzionale. 
        Lecce, 13 dicembre 2018 
 
                         Il Giudice: Sernia