N. 24 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 gennaio 2020
Ordinanza dell'8 gennaio 2020 del G.U.P. del Tribunale di Belluno nel procedimento penale a carico di D. P. F.. Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Modifiche all'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 - Inserimento del delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, del codice penale tra i reati ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari. - Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche' in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), art. 1, comma 6, lettera b), modificativo dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), in relazione all'art. 314, primo comma, del codice penale.(GU n.9 del 26-2-2020 )
TRIBUNALE DI BELLUNO Ufficio del Giudice per le indagini preliminari Il Giudice dell'udienza preliminare, in funzione di Giudice dell'esecuzione, dott.ssa Elisabetta Scolozzi, letti gli atti del procedimento n. 334/2019 SIEP Procura generale di Venezia nei confronti di D. P. F., nato a ... il ... difeso d'ufficio dall'avv. Agnese Sbraccia del foro di Venezia, attualmente detenuto presso la Casa circondariale ... in esecuzione della sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Belluno, emessa il 2 febbraio 2016, riformata in punto pena dalla Corte d'Appello di Venezia in data 7 gennaio 2019, divenuta irrevocabile il 15 aprile 2019, di condanna alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione per i reati di cui agli articoli 328 e 314 del codice penale, commessi in Belluno e Feltre dal 20 febbraio al 21 al 24 giugno 2015 (art. 328 codice penale) e dal luglio 2014 all'aprile 2015 (art. 314 codice penale), di cui all'ordine di carcerazione n. 334/230129 SIEP, emesso in data 16 dicembre 2019 dal Procuratore generale presso la Corte di Appello di Venezia, eseguito il giorno 2 gennaio 2020. Sentite le parti all'udienza camerale odierna, convocata ai sensi dell'art. 666 del codice di procedura penale e sciogliendo la riserva assunta all'esito della predetta udienza. Ha pronunciato la seguente Ordinanza 1. Con ricorso depositato in data 3 gennaio 2020 il pubblico ministero presso il Tribunale di Belluno ha proposto incidente di esecuzione ai sensi degli articoli 666 e seguenti del codice di procedura penale, chiedendo a questo Giudice, in funzione di Giudice dell'esecuzione, il rigetto dell'istanza avanzata dal difensore di ufficio di D. P. F., con conseguente conferma dell'ordine di esecuzione per la carcerazione emesso in data 16 dicembre 2019 dalla Procura generale di Venezia nei confronti del suo assistito. Il ricorso del pubblico ministero origina infatti dall'istanza, presentata in data 2 gennaio 2020 alla Procura generale della Corte d'Appello di Venezia e con la quale il difensore d'ufficio di D. P. F. ha chiesto la revoca o, in subordine, la sospensione dell'ordine di carcerazione emesso nei confronti del prevenuto il giorno 16 dicembre 2019 ed eseguito il 2 gennaio 2020 in esecuzione della sentenza n. 14/2019 della Corte d'Appello di Venezia sopra indicata. Il Procuratore generale nel trasmettere gli atti, per competenza, al pubblico ministero presso il Tribunale di Belluno, ha espresso parere contrario all'accoglimento dell'istanza rilevando come, con riguardo all'applicazione delle norme della legge n. 3/2019 concernenti la modifica del catalogo dei reati ostativi specificati nell'art. 4-bis ordinanza penale, non sia ancora intervenuta definizione decisoria da parte della Corte costituzionale. Il pubblico ministero bellunese, nel decidere di non sospendere l'ordine di esecuzione in esame, ha sollevato incidente di esecuzione avanti a questo Giudice rilevando come detto ordine e' stato emesso in forza dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha incluso il delitto di peculato (art. 314, comma primo del codice penale) nell'elenco dei reati ostativi alla sospensione dell'ordine di carcerazione previsto dall'art. 4-bis ordinanza penale, a sua volta espressamente richiamato dall'art. 656, comma 9, lettera a), codice di procedura penale. Ad avviso del pubblico ministero istante deve trovare applicazione, nel caso di specie, il principio del tempus regit actum in quanto l'art. 656 del codice di procedura penale e' norma di carattere processuale, mentre l'art. 4-bis, legge n. 354/1975, e' norma aperta utilizzata dal legislatore per riversarvi le scelte in tema di allarme e pericolosita' sociale che di volta in volta ritiene discrezionalmente di adottare. In assenza, dunque, di una disciplina transitoria, l'applicazione della norma processuale (art. 656 del codice di procedura penale) in vigore al momento del passaggio in giudicato della sentenza n. 14/2016 della Corte d'Appello di Venezia, impedisce la sospensione dell'ordine di esecuzione. A seguito del ricorso e' stata fissata udienza camerale all'esito della quale il pubblico ministero ha reiterato la propria istanza, riportandosi integralmente ai motivi gia' esposti per iscritto e chiedendo, in subordine, che sia sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B), legge n. 3 del 2019. Il difensore ha ribadito quanto affermato nella propria istanza in cui ha fatto presente che pende giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3/2019 nella parte in cui ha inserito i reati contro la pubblica amministrazione tra quelli ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari senza prevedere un regime transitorio che dichiari applicabile la norma ai soli fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore, ritenendo pertanto che sia costituzionalmente illegittima un'applicazione retroattiva della preclusione alle misure alternative (e di conseguenza la mancata sospensione dell'ordine di esecuzione anche per pene contenute entro i quattro anni) con riguardo ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina (31 gennaio 2019) ed in caso di decisione divenuta irrevocabile in data successiva a quella di vigenza della legge medesima. 2. Sussiste preliminarmente la competenza di questo Giudice ex art. 665, comma 2, codice di procedura penale considerato che l'incidente di esecuzione proposto riguarda una sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Belluno riformata in punto pena dalla Corte d'Appello di Venezia; in ogni caso, il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo e' una seconda sentenza resa da questo G.U.P. in data 26 novembre 2019, divenuta definitiva il 30 dicembre 2019. 3. I fatti di peculato (art. 314, comma primo, codice penale) per i quali e' intervenuta la sentenza di condanna definitiva di cui si discute (n. 14/2016) a carico di D. P. F., sono stati commessi nel 2014 e 2015 e, dunque, in epoca anteriore alla novella legislativa del 2019 che ha ampliato il novero dei reati ostativi alla sospensione dell'ordine di esecuzione della pena. L'emissione dell'ordine di carcerazione a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna nei confronti del D. P. si fonda infatti sulla inclusione del reato di peculato (art. 314, codice penale) nel testo dell'art. 4-bis, comma 1, legge n. 354 del 1975 (ordinanza penale), cosi' come novellato ai sensi dell'art. 1, comma 6, della legge n. 3/2019. Tale riforma ha ampliato il numero delle fattispecie criminose rientranti nella clausola di cui all'art. 4-bis, ordinanza penale, ostative alla concessione dei benefici indicati nel comma 1 della norma attraendo nel suo campo di applicazione numerosi reati contro la pubblica amministrazione, tra cui quelli in ordine ai quali il D. P. e' stato riconosciuto colpevole. Il reato commesso dal prevenuto, ed irrevocabilmente giudicato, e' infatti rappresentato dal peculato, fattispecie che, in forza della novellazione del 2019, risulta ora «posizionata» all'interno dell'art. 4-bis, comma 1, ordinanza penale. In virtu' di tale modifica legislativa il reato di peculato entra a far parte della «famiglia» delle fattispecie cd. ostative, nel senso che l'assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (esclusa la liberazione anticipata) possono essere concesse ai condannati per peculato solo nelle ipotesi di collaborazione effettiva con la giustizia ai sensi dell'art. 58-ter, ordinanza penale o nei casi di collaborazione impossibile o inesigibile e sempre in presenza di avvenuta acquisizione di elementi tali da escludere l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva. Tale disposizione si collega indiscutibilmente a quella di cui all'art. 656, comma 9, codice di procedura penale, che vieta l'emissione del provvedimento di sospensione dell'ordine di carcerazione (previsto come obbligatorio al comma 5 della medesima disposizione nelle ipotesi di condannato non raggiunto da misura cautelare carceraria, la' dove la pena inflitta non sia superiore ad anni quattro di reclusione), nei confronti dei condannati «per i delitti di cui all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni». Non essendo stata prevista alcuna disciplina transitoria, e sulla base del consolidato orientamento della Corte di cassazione che vuole le norme quali l'art. 4-bis della legge n. 354/1975, avere natura squisitamente processuale, l'ostativita' ha determinato l'immediata emissione dell'ordine di esecuzione della pena da scontare a carico del D. P. 4. Va sottolineato come i profili di dubbia legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3 del 2019, nella parte in cui ha inserito all'art. 4-bis, ordinanza penale, il riferimento al delitto di peculato, sono stati gia' evidenziati dalla Prima sezione penale della Corte di cassazione che, adita su ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Como dell'8 marzo 2019, con decisione n. 31853 del 18 giugno/18 luglio 2019 - ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza - ha sollevato d'ufficio, con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale «dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento al delitto di peculato di cui all'art, 314, primo comma, codice penale», disponendo - correlativamente - la sospensione del relativo procedimento. Tale rimessione segue le altre che sono state proposte da molti giudici di merito proprio in relazione all'inclusione nell'art. 1, comma 6, lettera B), legge n. 3/2019, dei reati contro la pubblica amministrazione, ed in particolare il peculato, tra quelli ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari ai sensi dell'art. 4-bis ordinanza penale (vd. ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 2 aprile 2019; ordinanza Corte d'Appello di Lecce del 27 marzo 2019 - 4 aprile 2019; ordinanza Giudice per le indagini preliminari di Cagliari del 10 giugno 2019; ordinanza della Corte d'Appello di Caltanissetta n. 238 dell'8 ottobre 2019). Peraltro, i profili di dubbia legittimita' costituzionale della norma erano stati evidenziati anche da altra sezione penale (la sesta) della Corte di cassazione che, con sentenza n. 535 del 14 marzo 2019, pur osservando che la questione come dinanzi proposta non era rilevante nel caso di specie, l'ha ritenuta non manifestamente infondata. 5. Questo Giudice, considerato che non opera, nel sistema processuale penale, la cd. sospensione impropria del procedimento, condividendo le argomentazioni poste a fondamento dell'ordinanza n. 31853 resa dalla Corte di cassazione il 18 giugno 2019 e ritenuta, altresi', la rilevanza della questione nel presente procedimento, ritiene che debba essere sollevata, in questa sede, analoga questione di legittimita' costituzionale disponendo, nelle more della decisione dei giudici costituzionali, ex art 666, comma 7, codice di procedura penale, la sospensione dell'efficacia dell'ordine di carcerazione, come richiesta all'odierna udienza dalla difesa. Va rilevato al proposito che risulta possibile, ai sensi dell'art. 23, comma 3, legge n. 87 del 1953, l'attivazione d'ufficio del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Sussiste inoltre la natura giurisdizionale del procedimento attivato dal pubblico ministero innanzi a questo giudice dell'esecuzione allo scopo di ottenere - a fronte della richiesta del difensore di revoca/sospensione provvisoria dell'efficacia dell'ordine di carcerazione emesso nei confronti di D. P. F., e del suo rigetto ad opera del pubblico ministero, che ha sollevato incidente di esecuzione - una pronuncia di efficacia/validita' dell'ordine di carcerazione stesso, trattandosi di stabilire, da parte dell'organo giurisdizionale competente in via funzionale sulle questioni insorte posteriormente al giudicato ed incidenti su diritti, quale sia l'esatta modalita' di attuazione dei contenuti della decisione irrevocabile. L'orientamento giurisprudenziale circa la sindacabilita' dell'ordine di carcerazione da parte del Giudice dell'esecuzione risale nel tempo (Cass., sez. 1, 23 ottobre 1991, n. 3922) ed e' stato ripreso anche successivamente ed in tempi recenti (Cass., sez. 1, n. 41592/2009; Cass., sez. 34427/2018, Cass., sez. 1, ordinanza n. 31853 del 18 luglio 2019). Nel caso di specie, il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera b) della legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento al delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale e impedisce la sospensione dell'ordine di esecuzione (art. 656, comma 9, lettera a), cocice procedura penale), e' rilevante e non manifestamente infondato. In punto rilevanza va osservato come nella vicenda in esame alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma anzidetta conseguirebbe l'immediata operativita' della disciplina prevista dall'art. 656, comma 5, codice di procedura penale (secondo cui «se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non e' superiore a tre anni, quattro anni nei casi previsti dall'art. 47-ter, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione ... con l'avviso che entro trenta giorni puo' essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione ... »). In caso di dichiarata costituzionalita', dunque, il D. P. potrebbe ottenere l'immediata sospensione dell'ordine di esecuzione, aprendosi per lui il termine per proporre richiesta, da libero, di misure alternative alla detenzione per l'esecuzione della pena. Al contrario, l'affermazione della costituzionalita' della norma impugnata determinerebbe l'immediato ripristino di validita' del titolo esecutivo, oggetto di sospensione (provvisoria) in questa sede, e dunque l'accoglimento del ricorso avanzato dal pubblico ministero, con applicazione delle nuove disposizioni legislative individuate nell'art. 4-bis, comma 1, ordinanza penale come riformato e 656, comma 9, codice di procedura penale. Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza della questione, vanno richiamate le considerazioni gia' svolte dalla Corte di cassazione, qui interamente condivise, secondo cui «l'inserimento del delitto di peculato nella disposizione di cui all'art. 4-bis, comma 1, impone di interrogarsi sulla idoneita' di tale fattispecie di reato - presa in esame in rapporto esclusivamente al titolo - a sostenere la ragionevole formulazione (art. 3 della Costituzione) di quella sottostante presunzione legale di accentuata pericolosita' sociale del suo autore che legittima l'iscrizione nel particolare catalogo, con tutto cio' che ne deriva in punto di limitazione della discrezionalita' del momento giurisdizionale in sede di individualizzazione del percorso di espiazione della pena (art. 27 della Costituzione) ... ... Non si puo' tuttavia non rilevare come la soluzione adottata, di inibire l'accesso a misure alternative alla detenzione ai condannati per determinati gravi reati, abbia determinato una rilevante compressione della finalita' rieducativa della pena. Ed infatti, la tipizzazione per titoli di reato non appare consona ai principi di proporzione e di individualizzazione della pena che caratterizzano il trattamento penitenziario, mentre appare preoccupante la tendenza alla configurazione normativa del "tipo di autore", per i quali la rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe non essere perseguita ...; ... Cio' che rileva ... al fine della proposizione del dubbio di legittimita' costituzionale e' la considerazione della esistenza o meno di una congrua base logico-empirica capace di sostenere la avvenuta qualificazione del delitto di peculato come fondante la descritta presunzione legale di accentuata pericolosita'. Infatti, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale - ripresa e ribadita di recente nella sentenza n. 141 del 2019 (in specie, si veda il paragrafo 7.1 Cons. dir.) - l'individuazione dei fatti punibili, cosi' come la determinazione della pena per ciascuno di essi, costituisce materia affidata alla discrezionalita' del legislatore. Gli apprezzamenti in ordine alla "meritevolezza" e al "bisogno di pena" - dunque, sull'opportunita' del ricorso alla tutela penale e sui livelli ottimali della stessa - sono per loro natura, tipicamente politici (v. sentenze n. 95 del 2019 e n. 394 del 2006). Le scelte legislative in materia sono pertanto censurabili, in sede di sindacato di legittimita' costituzionale, solo ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio (ex plurimis, sentenze n. 95 del 2019, n. 273 e n. 47 del 2010; ordinanze n. 249 e n. 71 del 2007; nonche', con particolare riguardo al trattamento sanzionatorio, sentenze n. 179 del 2017, n. 236 e n. 148 del 2016). La manifesta irragionevolezza delle scelte legislative, come si dira' subito, sempre secondo l'insegnamento del giudice delle leggi, si deve valutare sulla base dei dati generalizzati di comune esperienza. Ad avviso del Collegio appare, dunque, lecito dubitare del fondamento logico e criminologico di simile approdo nel caso del peculato, e cio' in rapporto alla avvertita necessita' per cui le presunzioni assolute, li' dove limitano un diritto fondamentale della persona, finiscono con il violare il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell'id quod plerumque accidit; evenienza che si riscontra segnatamente allorche' sia "agevole" formulare ipotesi di accadimenti contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa (v. Corte costituzionale n. 139 del 2010 e successive decisioni intervenute sul tema delle presunzioni di adeguatezza della custodia cautelare in carcere di cui all'art. 275 del codice di procedura penale; circa inoltre la necessaria utilizzazione, in sede di formulazione di una presunzione legale, del portato delle comuni esperienze gia' della Corte costituzionale n. 19 del 1966). In particolare la condotta di peculato, per come configurata dal legislatore, non appare contenere - fermo restando il suo comune disvalore - alcuno dei connotati idonei a sostenere una accentuata e generalizzata considerazione di elevata pericolosita' del suo autore, trattandosi di condotta di approfittamento, a fini di arricchimento personale, di una particolare condizione di fatto (il possesso di beni altrui per ragioni correlate al servizio) preesistente, realizzata ontologicamente senza uso di violenza o minaccia verso terzi e difficilmente inquadrabile - sul piano della frequenza statistica delle forme di manifestazione - in contesti di criminalita' organizzata o evocativi di condizionamenti omertosi. La connotazione di elevata pericolosita' di "ogni" autore di simile condotta - che ben potrebbe risolversi in un'unica occasione di consumazione, isolata e marcatamente episodica - espressa dalla legge n. 3 del 2019 pare dunque contrastare con la mera osservazione delle caratteristiche obiettive del tipo legale, in chiave di dubbio circa il rispetto del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Ne' dall'esame dei lavori preparatori della legge citata e' dato rinvenire - in particolare quanto al peculato - una esposizione chiara di criteri di metodo e di osservazione empirica idonei a giustificare simile scelta, di certo portatrice - come si e' detto - di forti limitazioni a diritti costituzionalmente garantiti. L'apprezzamento concreto delle caratteristiche obiettive del fatto e della personalita' dell'autore viene peraltro sottratto - in tale dimensione - alla discrezionalita' del Tribunale di sorveglianza (con anticipazione degli effetti pregiudizievoli in tema di liberta' personale derivante dalla previsione di legge di cui all'art, 656, comma 9 del codice di procedura penale) finendo con il determinare l'ulteriore dubbio - che si intende esprimere - di concreto pregiudizio al principio di individualizzazione della pena e del finalismo rieducativo di cui all'art. 27, comma 3, della Costituzione. La selezione delle fattispecie di reato "ostative" comporta l'attrazione dei condannati per tali fatti - al di la' delle condizioni soggettive e dei profili di quantificazione concreta del trattamento sanzionatorio - in un sottosistema che nel rendere marginale la discrezionalita' del giudice incide concretamente sulla dimensione rieducativa della pena, esaltandone - per converso - l'aspetto di prevenzione generale a fini di deterrenza. Simile assetto - ove non assistito da fondata base empirica della selezione - si ricollega esclusivamente ad un automatismo. Sul tema va dunque evidenziato che nel percorso di ragionata diffidenza del giudice delle leggi verso l'utilizzo di presunzioni legali di pericolosita', correlate alla commissione di uno specifico fatto di reato, si inserisce, di recente, il contenuto della decisione della Corte costituzionale n. 149 del 2018 (intervenuta sulla particolare previsione di cui all'art. 58-quater, comma 4, ordinamento penale) nel cui ambito si e' ribadito che la finalita' rieducativa della pena e' "ineliminabile" ed esige "valutazioni individualizzate", rese impossibili da rigidi automatismi legali da ritenersi contrastanti con i principi di proporzionalita' ed individualizzazione della pena; analoga posizione di sfavore verso le predeterminazioni legali, qui in tema di durata delle inibizioni sanzionatorie (per contrasto con i principi di proporzionalita' della pena e di necessaria individualizzazione della medesima) risulta espressa, di recente, nel settore delle pene accessorie da Corte costituzionale n. 222 del 2018. Cio' rende - ad avviso del collegio - necessaria la prospettazione di tale ulteriore parametro, nell'ambito del promosso giudizio incidentale» (Cosi' Corte di cassazione, ordinanza n. 31853 del 18 giugno 2019 - 18 luglio 2019). E' evidente che i condivisibili ragionamenti della Corte di cassazione valgono pienamente nel caso di specie, che attiene allo snodo processuale tipico dell'esecuzione della pena oggetto dell'ordine emesso dalla Procura generale. E dunque, l'inserimento del delitto di peculato nella disposizione dell'art. 4-bis, comma 1, ordinanza penale impone di interrogarsi sulla idoneita' di tale fattispecie di reato a sostenere la ragionevole formulazione (art. 3 Cost.) di quella sottostante presunzione legale di accentuata pericolosita' sociale del suo autore, che legittima l'iscrizione nel particolare catalogo, con tutto cio' che ne deriva in punto di limitazione della discrezionalita' del momento giurisdizionale in sede di individualizzazione del percorso di espiazione della pena (art. 27 Cost.). 6. Per tutte le ragioni sinora espresse va sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3 del 9 gennaio 2019, con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale. Ne consegue la sospensione del presente procedimento, ai sensi dell'art. 23, legge n. 87 del 1953, previa sospensione dell'efficacia dell'ordine di carcerazione emesso dal Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Venezia in data 16 dicembre 2019 a carico di D. P. F., nei confronti del quale deve, quindi, essere ordinata l'immediata scarcerazione, se non detenuto per altra causa.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva, con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento al delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale. Sospende il presente procedimento previa sospensione dell'efficacia dell'ordine di carcerazione emesso dal Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Venezia in data 16 dicembre 2019 a carico di D. P. F., ordinandone l'immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Da' lettura della presente ordinanza, a valere quale notifica, alle parti del giudizio presenti in aula (al pubblico ministero, dott. Simone Marcon, e al difensore d'ufficio, avv. Agnese Sbraccia, oggi sostituita giusta delega dall'avv. Paolo Zaglio). Manda alla cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza a Della Porta Ferdinando. Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri. Manda alla cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Belluno, 8 gennaio 2020 Il Giudice dell'esecuzione: Scolozzi