N. 24 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 gennaio 2020

Ordinanza dell'8 gennaio 2020 del G.U.P. del Tribunale di Belluno nel
procedimento penale a carico di D. P. F.. 
 
Ordinamento  penitenziario  -  Benefici  penitenziari   -   Modifiche
  all'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 -  Inserimento
  del delitto di peculato di  cui  all'art.  314,  primo  comma,  del
  codice penale tra i  reati  ostativi  alla  concessione  di  alcuni
  benefici penitenziari. 
- Legge 9 gennaio 2019, n. 3  (Misure  per  il  contrasto  dei  reati
  contro  la  pubblica  amministrazione,  nonche'   in   materia   di
  prescrizione del reato e in materia di trasparenza  dei  partiti  e
  movimenti politici), art. 1,  comma  6,  lettera  b),  modificativo
  dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
  sull'ordinamento penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle  misure
  privative e limitative della liberta'), in relazione all'art.  314,
  primo comma, del codice penale. 
(GU n.9 del 26-2-2020 )
 
                         TRIBUNALE DI BELLUNO 
           Ufficio del Giudice per le indagini preliminari 
 
    Il Giudice  dell'udienza  preliminare,  in  funzione  di  Giudice
dell'esecuzione, dott.ssa Elisabetta Scolozzi,  letti  gli  atti  del
procedimento  n.  334/2019  SIEP  Procura  generale  di  Venezia  nei
confronti di D. P. F., nato a ... il ... difeso  d'ufficio  dall'avv.
Agnese Sbraccia del foro di Venezia, attualmente detenuto  presso  la
Casa circondariale ... in esecuzione della sentenza del G.U.P. presso
il Tribunale di Belluno, emessa il  2  febbraio  2016,  riformata  in
punto pena dalla Corte d'Appello di Venezia in data 7  gennaio  2019,
divenuta irrevocabile il 15 aprile 2019, di  condanna  alla  pena  di
anni due e mesi quattro  di  reclusione  per  i  reati  di  cui  agli
articoli 328 e 314 del codice penale, commessi in  Belluno  e  Feltre
dal 20 febbraio al 21 al 24 giugno 2015 (art. 328  codice  penale)  e
dal luglio 2014 all'aprile 2015 (art.  314  codice  penale),  di  cui
all'ordine di carcerazione n. 334/230129  SIEP,  emesso  in  data  16
dicembre 2019 dal Procuratore generale presso la Corte di Appello  di
Venezia, eseguito il giorno 2 gennaio 2020. 
    Sentite le parti all'udienza camerale odierna, convocata ai sensi
dell'art. 666 del codice di procedura penale e sciogliendo la riserva
assunta all'esito della predetta udienza. 
    Ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    1. Con ricorso depositato in data  3  gennaio  2020  il  pubblico
ministero presso il Tribunale di Belluno  ha  proposto  incidente  di
esecuzione ai sensi degli articoli  666  e  seguenti  del  codice  di
procedura penale, chiedendo a questo Giudice, in funzione di  Giudice
dell'esecuzione, il rigetto dell'istanza avanzata  dal  difensore  di
ufficio  di  D.  P.  F.,  con  conseguente  conferma  dell'ordine  di
esecuzione per la carcerazione emesso in data 16 dicembre 2019  dalla
Procura generale di Venezia nei confronti del suo assistito. 
    Il ricorso del pubblico ministero origina  infatti  dall'istanza,
presentata in data 2 gennaio 2020 alla Procura generale  della  Corte
d'Appello di Venezia e con la quale il difensore d'ufficio di  D.  P.
F. ha chiesto la revoca o, in subordine, la  sospensione  dell'ordine
di carcerazione emesso nei  confronti  del  prevenuto  il  giorno  16
dicembre 2019 ed eseguito il  2  gennaio  2020  in  esecuzione  della
sentenza n. 14/2019 della Corte d'Appello di Venezia sopra indicata. 
    Il Procuratore generale nel trasmettere gli atti, per competenza,
al pubblico ministero presso il Tribunale  di  Belluno,  ha  espresso
parere contrario all'accoglimento dell'istanza  rilevando  come,  con
riguardo  all'applicazione  delle  norme  della   legge   n.   3/2019
concernenti la modifica del catalogo dei reati  ostativi  specificati
nell'art.  4-bis  ordinanza  penale,  non  sia   ancora   intervenuta
definizione decisoria da parte della Corte costituzionale. 
    Il pubblico ministero bellunese, nel decidere di  non  sospendere
l'ordine di esecuzione in esame, ha sollevato incidente di esecuzione
avanti a questo Giudice rilevando come detto ordine e'  stato  emesso
in forza dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge 9 gennaio 2019,
n. 3, che ha incluso il delitto di peculato (art.  314,  comma  primo
del codice penale) nell'elenco dei reati  ostativi  alla  sospensione
dell'ordine  di  carcerazione  previsto  dall'art.  4-bis   ordinanza
penale, a sua volta espressamente richiamato dall'art. 656, comma  9,
lettera a), codice  di  procedura  penale.  Ad  avviso  del  pubblico
ministero istante deve trovare applicazione, nel caso di  specie,  il
principio del tempus regit actum in quanto l'art. 656 del  codice  di
procedura penale e' norma di  carattere  processuale,  mentre  l'art.
4-bis, legge n. 354/1975, e' norma aperta utilizzata dal  legislatore
per riversarvi le scelte in tema di allarme e  pericolosita'  sociale
che di volta in volta ritiene discrezionalmente di adottare. 
    In assenza, dunque, di una disciplina transitoria, l'applicazione
della norma processuale (art. 656 del codice di procedura penale)  in
vigore al momento  del  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  n.
14/2016 della Corte d'Appello di Venezia,  impedisce  la  sospensione
dell'ordine di esecuzione. 
    A seguito del ricorso e' stata fissata udienza camerale all'esito
della quale il pubblico ministero ha reiterato  la  propria  istanza,
riportandosi integralmente ai motivi  gia'  esposti  per  iscritto  e
chiedendo, in subordine, che sia sollevata questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B), legge n. 3 del 2019. 
    Il difensore ha ribadito quanto affermato nella  propria  istanza
in  cui  ha  fatto  presente  che  pende  giudizio  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3/2019
nella  parte  in  cui  ha  inserito  i  reati  contro   la   pubblica
amministrazione  tra  quelli  ostativi  alla  concessione  di  alcuni
benefici penitenziari  senza  prevedere  un  regime  transitorio  che
dichiari applicabile la norma ai soli fatti commessi  successivamente
alla  sua   entrata   in   vigore,   ritenendo   pertanto   che   sia
costituzionalmente  illegittima  un'applicazione  retroattiva   della
preclusione alle misure alternative  (e  di  conseguenza  la  mancata
sospensione dell'ordine di esecuzione anche per pene contenute  entro
i quattro anni) con riguardo ai fatti commessi prima dell'entrata  in
vigore della nuova  disciplina  (31  gennaio  2019)  ed  in  caso  di
decisione divenuta  irrevocabile  in  data  successiva  a  quella  di
vigenza della legge medesima. 
    2. Sussiste preliminarmente la competenza di  questo  Giudice  ex
art. 665,  comma  2,  codice  di  procedura  penale  considerato  che
l'incidente di esecuzione proposto riguarda una sentenza  emessa  dal
G.U.P. del Tribunale di Belluno riformata in punto pena  dalla  Corte
d'Appello  di  Venezia;  in  ogni  caso,  il  provvedimento  divenuto
irrevocabile per ultimo e' una seconda sentenza resa da questo G.U.P.
in data 26 novembre 2019, divenuta definitiva il 30 dicembre 2019. 
    3. I fatti di peculato (art. 314, comma primo, codice penale) per
i quali e' intervenuta la sentenza di condanna definitiva di  cui  si
discute (n. 14/2016) a carico di D. P. F., sono  stati  commessi  nel
2014 e 2015 e, dunque, in epoca anteriore  alla  novella  legislativa
del  2019  che  ha  ampliato  il  novero  dei  reati  ostativi   alla
sospensione dell'ordine di esecuzione della pena. 
    L'emissione dell'ordine di carcerazione a seguito  del  passaggio
in giudicato della sentenza di condanna nei confronti del  D.  P.  si
fonda infatti sulla inclusione  del  reato  di  peculato  (art.  314,
codice penale) nel testo dell'art. 4-bis, comma 1, legge n.  354  del
1975 (ordinanza penale), cosi' come novellato ai sensi  dell'art.  1,
comma 6, della legge n. 3/2019. 
    Tale riforma ha ampliato il numero  delle  fattispecie  criminose
rientranti nella clausola di cui all'art.  4-bis,  ordinanza  penale,
ostative alla concessione dei benefici indicati  nel  comma  1  della
norma attraendo nel suo campo di applicazione numerosi  reati  contro
la pubblica amministrazione, tra cui quelli in ordine ai quali il  D.
P. e' stato riconosciuto colpevole. 
    Il reato commesso dal prevenuto, ed  irrevocabilmente  giudicato,
e' infatti rappresentato dal  peculato,  fattispecie  che,  in  forza
della novellazione del 2019, risulta  ora  «posizionata»  all'interno
dell'art. 4-bis,  comma  1,  ordinanza  penale.  In  virtu'  di  tale
modifica legislativa il reato di peculato entra  a  far  parte  della
«famiglia»  delle   fattispecie   cd.   ostative,   nel   senso   che
l'assegnazione al lavoro esterno,  i  permessi  premio  e  le  misure
alternative  alla  detenzione  (esclusa  la  liberazione  anticipata)
possono essere concesse ai condannati per peculato solo nelle ipotesi
di collaborazione effettiva  con  la  giustizia  ai  sensi  dell'art.
58-ter, ordinanza penale o nei casi di collaborazione  impossibile  o
inesigibile e sempre in presenza di avvenuta acquisizione di elementi
tali da escludere l'attualita' di collegamenti  con  la  criminalita'
organizzata, terroristica o eversiva. 
    Tale disposizione si collega indiscutibilmente a  quella  di  cui
all'art.  656,  comma  9,  codice  di  procedura  penale,  che  vieta
l'emissione  del  provvedimento   di   sospensione   dell'ordine   di
carcerazione (previsto come obbligatorio al comma  5  della  medesima
disposizione nelle ipotesi di  condannato  non  raggiunto  da  misura
cautelare carceraria, la' dove la pena inflitta non sia superiore  ad
anni quattro di reclusione), nei  confronti  dei  condannati  «per  i
delitti di cui all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975,  n.  354  e
successive modificazioni». 
    Non essendo stata prevista alcuna disciplina transitoria, e sulla
base del consolidato orientamento della Corte di cassazione che vuole
le norme quali l'art. 4-bis della legge  n.  354/1975,  avere  natura
squisitamente processuale, l'ostativita' ha  determinato  l'immediata
emissione dell'ordine di esecuzione della pena da scontare  a  carico
del D. P. 
    4.  Va  sottolineato  come  i  profili  di  dubbia   legittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 1,  comma  6,  lettera  B)
della legge n. 3 del 2019, nella parte in cui  ha  inserito  all'art.
4-bis, ordinanza penale, il riferimento al delitto di peculato,  sono
stati gia' evidenziati dalla Prima  sezione  penale  della  Corte  di
cassazione che, adita  su  ricorso  proposto  dal  Procuratore  della
Repubblica presso  il  Tribunale  di  Como  avverso  l'ordinanza  del
Giudice per le indagini preliminari di Como dell'8  marzo  2019,  con
decisione n. 31853 del 18  giugno/18  luglio  2019  -  ritenutane  la
rilevanza e la non manifesta infondatezza - ha  sollevato  d'ufficio,
con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale «dell'art. 1, comma 6, lettera  B)  della
legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce  all'art.
4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento  al
delitto di peculato di cui all'art, 314, primo comma, codice penale»,
disponendo  -  correlativamente  -  la   sospensione   del   relativo
procedimento. 
    Tale rimessione segue le altre che sono state proposte  da  molti
giudici di merito proprio in relazione  all'inclusione  nell'art.  1,
comma 6, lettera B), legge n. 3/2019, dei reati  contro  la  pubblica
amministrazione, ed in particolare il peculato, tra  quelli  ostativi
alla concessione di alcuni benefici penitenziari ai  sensi  dell'art.
4-bis ordinanza penale (vd. ordinanza del  Giudice  per  le  indagini
preliminari del Tribunale di Napoli  del  2  aprile  2019;  ordinanza
Corte d'Appello di Lecce del 27 marzo 2019 - 4 aprile 2019; ordinanza
Giudice per le indagini preliminari di Cagliari del 10  giugno  2019;
ordinanza della  Corte  d'Appello  di  Caltanissetta  n.  238  dell'8
ottobre 2019). 
    Peraltro, i profili di dubbia legittimita'  costituzionale  della
norma erano stati evidenziati  anche  da  altra  sezione  penale  (la
sesta) della Corte di cassazione che, con  sentenza  n.  535  del  14
marzo 2019, pur osservando che la questione come dinanzi proposta non
era rilevante nel caso di specie, l'ha  ritenuta  non  manifestamente
infondata. 
    5.  Questo  Giudice,  considerato  che  non  opera,  nel  sistema
processuale penale, la cd. sospensione  impropria  del  procedimento,
condividendo le argomentazioni poste a fondamento  dell'ordinanza  n.
31853 resa dalla Corte di cassazione il 18 giugno  2019  e  ritenuta,
altresi', la rilevanza della  questione  nel  presente  procedimento,
ritiene che debba essere sollevata, in questa sede, analoga questione
di legittimita' costituzionale disponendo, nelle more della decisione
dei giudici costituzionali, ex art 666, comma 7, codice di  procedura
penale, la sospensione dell'efficacia  dell'ordine  di  carcerazione,
come richiesta all'odierna udienza dalla difesa. 
    Va  rilevato  al  proposito  che  risulta  possibile,  ai   sensi
dell'art. 23, comma 3, legge n. 87 del 1953, l'attivazione  d'ufficio
del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Sussiste  inoltre  la  natura  giurisdizionale  del  procedimento
attivato  dal   pubblico   ministero   innanzi   a   questo   giudice
dell'esecuzione allo scopo di ottenere - a fronte della richiesta del
difensore   di    revoca/sospensione    provvisoria    dell'efficacia
dell'ordine di carcerazione emesso nei confronti di D. P. F.,  e  del
suo rigetto  ad  opera  del  pubblico  ministero,  che  ha  sollevato
incidente  di  esecuzione  -  una  pronuncia  di  efficacia/validita'
dell'ordine di carcerazione  stesso,  trattandosi  di  stabilire,  da
parte dell'organo giurisdizionale competente in via funzionale  sulle
questioni  insorte  posteriormente  al  giudicato  ed  incidenti   su
diritti, quale sia l'esatta modalita'  di  attuazione  dei  contenuti
della decisione irrevocabile. L'orientamento giurisprudenziale  circa
la sindacabilita' dell'ordine di carcerazione da  parte  del  Giudice
dell'esecuzione risale nel tempo (Cass., sez. 1, 23 ottobre 1991,  n.
3922) ed e' stato ripreso anche successivamente ed in  tempi  recenti
(Cass., sez. 1, n. 41592/2009; Cass., sez. 34427/2018, Cass., sez. 1,
ordinanza n. 31853 del 18 luglio 2019). 
    Nel caso di specie,  il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 6, lettera b) della legge n. 3 del 9 gennaio 2019,
nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma 1 della  legge  26
luglio 1975, n. 354, il riferimento al delitto  di  peculato  di  cui
all'art. 314, primo comma, codice penale e impedisce  la  sospensione
dell'ordine di esecuzione (art. 656,  comma  9,  lettera  a),  cocice
procedura penale), e' rilevante e non manifestamente infondato. 
    In punto rilevanza va osservato come nella vicenda in esame  alla
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma  anzidetta
conseguirebbe  l'immediata  operativita'  della  disciplina  prevista
dall'art. 656, comma 5, codice di procedura penale (secondo  cui  «se
la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non
e' superiore a tre anni, quattro anni  nei  casi  previsti  dall'art.
47-ter, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, o  sei  anni  nei
casi di cui agli articoli 90 e  94  del  testo  unico  approvato  con
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre  1990,  n.  309,  e
successive  modificazioni,  il  pubblico  ministero,   salvo   quanto
previsto dai commi 7 e  9,  ne  sospende  l'esecuzione.  L'ordine  di
esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al  condannato
e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione ... con  l'avviso
che entro trenta giorni puo'  essere  presentata  istanza,  corredata
dalle  indicazioni  e  dalla  documentazione  necessarie,  volta   ad
ottenere  la  concessione  di  una  delle  misure  alternative   alla
detenzione ... »). In caso di dichiarata  costituzionalita',  dunque,
il D. P. potrebbe ottenere  l'immediata  sospensione  dell'ordine  di
esecuzione, aprendosi per lui il termine per proporre  richiesta,  da
libero, di misure alternative alla detenzione per l'esecuzione  della
pena. 
    Al contrario, l'affermazione della costituzionalita' della  norma
impugnata determinerebbe  l'immediato  ripristino  di  validita'  del
titolo esecutivo, oggetto  di  sospensione  (provvisoria)  in  questa
sede, e dunque  l'accoglimento  del  ricorso  avanzato  dal  pubblico
ministero, con  applicazione  delle  nuove  disposizioni  legislative
individuate nell'art. 4-bis, comma 1, ordinanza penale come riformato
e 656, comma 9, codice di procedura penale. 
    Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza della  questione,
vanno  richiamate  le  considerazioni  gia'  svolte  dalla  Corte  di
cassazione, qui interamente condivise, secondo cui «l'inserimento del
delitto di peculato nella disposizione di cui all'art.  4-bis,  comma
1, impone di interrogarsi sulla  idoneita'  di  tale  fattispecie  di
reato - presa in esame in  rapporto  esclusivamente  al  titolo  -  a
sostenere la ragionevole formulazione (art. 3 della Costituzione)  di
quella sottostante presunzione  legale  di  accentuata  pericolosita'
sociale del suo autore che  legittima  l'iscrizione  nel  particolare
catalogo, con tutto cio' che ne deriva in punto di limitazione  della
discrezionalita'   del   momento   giurisdizionale   in    sede    di
individualizzazione del percorso di espiazione della  pena  (art.  27
della Costituzione) ... 
    ... Non si puo' tuttavia non rilevare come la soluzione adottata,
di  inibire  l'accesso  a  misure  alternative  alla  detenzione   ai
condannati  per  determinati  gravi  reati,  abbia  determinato   una
rilevante compressione della finalita'  rieducativa  della  pena.  Ed
infatti, la tipizzazione per titoli di reato non  appare  consona  ai
principi di proporzione  e  di  individualizzazione  della  pena  che
caratterizzano   il   trattamento   penitenziario,   mentre    appare
preoccupante la tendenza alla configurazione normativa del  "tipo  di
autore", per i quali la rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe
non essere perseguita ...; 
    ... Cio' che rileva ... al fine della proposizione del dubbio  di
legittimita' costituzionale e' la considerazione  della  esistenza  o
meno di una congrua  base  logico-empirica  capace  di  sostenere  la
avvenuta qualificazione del delitto  di  peculato  come  fondante  la
descritta presunzione legale di  accentuata  pericolosita'.  Infatti,
per costante giurisprudenza della Corte costituzionale  -  ripresa  e
ribadita di recente nella sentenza n. 141 del  2019  (in  specie,  si
veda il paragrafo  7.1  Cons.  dir.)  -  l'individuazione  dei  fatti
punibili, cosi' come la determinazione della  pena  per  ciascuno  di
essi,  costituisce  materia  affidata   alla   discrezionalita'   del
legislatore. Gli apprezzamenti in ordine alla  "meritevolezza"  e  al
"bisogno di pena" - dunque, sull'opportunita' del ricorso alla tutela
penale e sui livelli ottimali della stessa - sono  per  loro  natura,
tipicamente politici (v. sentenze n. 95 del 2019 e n. 394 del  2006).
Le scelte legislative in materia sono pertanto censurabili,  in  sede
di sindacato di  legittimita'  costituzionale,  solo  ove  trasmodino
nella  manifesta  irragionevolezza  o  nell'arbitrio  (ex   plurimis,
sentenze n. 95 del 2019, n. 273 e n. 47 del 2010; ordinanze n. 249  e
n. 71 del 2007; nonche',  con  particolare  riguardo  al  trattamento
sanzionatorio, sentenze n. 179 del 2017, n. 236 e n. 148  del  2016).
La manifesta irragionevolezza delle scelte legislative, come si dira'
subito, sempre secondo l'insegnamento del  giudice  delle  leggi,  si
deve valutare sulla base dei dati generalizzati di comune esperienza.
Ad avviso del Collegio appare, dunque, lecito dubitare del fondamento
logico e criminologico di simile approdo nel  caso  del  peculato,  e
cio' in rapporto alla avvertita necessita'  per  cui  le  presunzioni
assolute, li' dove limitano un diritto  fondamentale  della  persona,
finiscono con il violare il principio di uguaglianza di cui  all'art.
3 se non rispondono a dati  di  esperienza  generalizzati,  riassunti
nella formula  dell'id  quod  plerumque  accidit;  evenienza  che  si
riscontra segnatamente allorche' sia "agevole" formulare  ipotesi  di
accadimenti  contrari  alla  generalizzazione  posta  a  base   della
presunzione stessa  (v.  Corte  costituzionale  n.  139  del  2010  e
successive  decisioni  intervenute  sul  tema  delle  presunzioni  di
adeguatezza della custodia cautelare in carcere di cui  all'art.  275
del  codice  di  procedura  penale;  circa  inoltre   la   necessaria
utilizzazione, in sede di formulazione di una presunzione legale, del
portato delle comuni esperienze gia' della Corte costituzionale n. 19
del  1966).  In  particolare  la  condotta  di  peculato,  per   come
configurata dal legislatore, non appare contenere - fermo restando il
suo comune disvalore - alcuno dei connotati idonei  a  sostenere  una
accentuata e generalizzata considerazione  di  elevata  pericolosita'
del suo autore, trattandosi di condotta di approfittamento, a fini di
arricchimento personale, di una particolare condizione di  fatto  (il
possesso  di  beni  altrui  per  ragioni   correlate   al   servizio)
preesistente, realizzata ontologicamente  senza  uso  di  violenza  o
minaccia verso terzi e difficilmente inquadrabile - sul  piano  della
frequenza statistica delle forme di manifestazione - in  contesti  di
criminalita' organizzata o evocativi di condizionamenti omertosi.  La
connotazione di elevata pericolosita'  di  "ogni"  autore  di  simile
condotta - che ben  potrebbe  risolversi  in  un'unica  occasione  di
consumazione, isolata e marcatamente episodica - espressa dalla legge
n. 3 del 2019 pare dunque contrastare con la mera osservazione  delle
caratteristiche obiettive del tipo legale, in chiave di dubbio  circa
il rispetto del principio di ragionevolezza di cui all'art.  3  della
Costituzione. Ne'  dall'esame  dei  lavori  preparatori  della  legge
citata e' dato rinvenire - in particolare quanto al  peculato  -  una
esposizione chiara di criteri di metodo e  di  osservazione  empirica
idonei a giustificare simile scelta, di certo portatrice - come si e'
detto - di forti limitazioni a diritti costituzionalmente  garantiti.
L'apprezzamento concreto delle caratteristiche obiettive del fatto  e
della personalita' dell'autore viene peraltro  sottratto  -  in  tale
dimensione - alla discrezionalita' del Tribunale di sorveglianza (con
anticipazione degli  effetti  pregiudizievoli  in  tema  di  liberta'
personale derivante dalla previsione di legge di  cui  all'art,  656,
comma 9 del codice di procedura penale) finendo  con  il  determinare
l'ulteriore  dubbio  -  che  si  intende  esprimere  -  di   concreto
pregiudizio al principio di  individualizzazione  della  pena  e  del
finalismo  rieducativo  di  cui   all'art.   27,   comma   3,   della
Costituzione. La selezione  delle  fattispecie  di  reato  "ostative"
comporta l'attrazione dei condannati per tali fatti - al di la' delle
condizioni soggettive e dei profili di quantificazione  concreta  del
trattamento sanzionatorio  -  in  un  sottosistema  che  nel  rendere
marginale la discrezionalita' del giudice incide concretamente  sulla
dimensione rieducativa della  pena,  esaltandone  -  per  converso  -
l'aspetto di  prevenzione  generale  a  fini  di  deterrenza.  Simile
assetto - ove non assistito da fondata base empirica della  selezione
- si ricollega esclusivamente ad un automatismo. Sul tema  va  dunque
evidenziato che nel percorso  di  ragionata  diffidenza  del  giudice
delle leggi verso l'utilizzo di presunzioni legali di  pericolosita',
correlate alla commissione  di  uno  specifico  fatto  di  reato,  si
inserisce, di recente,  il  contenuto  della  decisione  della  Corte
costituzionale  n.  149  del  2018  (intervenuta  sulla   particolare
previsione di cui all'art. 58-quater, comma  4,  ordinamento  penale)
nel cui ambito si e' ribadito che la finalita' rieducativa della pena
e' "ineliminabile"  ed  esige  "valutazioni  individualizzate",  rese
impossibili da rigidi automatismi legali  da  ritenersi  contrastanti
con i principi di proporzionalita' ed individualizzazione della pena;
analoga posizione di sfavore verso le predeterminazioni  legali,  qui
in tema di durata delle inibizioni sanzionatorie (per contrasto con i
principi   di   proporzionalita'   della   pena   e   di   necessaria
individualizzazione della medesima) risulta espressa, di recente, nel
settore delle pene accessorie da  Corte  costituzionale  n.  222  del
2018.  Cio'  rende  -  ad  avviso  del  collegio  -   necessaria   la
prospettazione di tale ulteriore parametro, nell'ambito del  promosso
giudizio incidentale» (Cosi' Corte di cassazione, ordinanza n.  31853
del 18 giugno 2019 - 18 luglio 2019). 
    E' evidente che  i  condivisibili  ragionamenti  della  Corte  di
cassazione valgono pienamente nel caso di specie,  che  attiene  allo
snodo  processuale  tipico   dell'esecuzione   della   pena   oggetto
dell'ordine emesso dalla Procura generale. 
    E  dunque,  l'inserimento   del   delitto   di   peculato   nella
disposizione dell'art. 4-bis, comma 1,  ordinanza  penale  impone  di
interrogarsi sulla idoneita' di tale fattispecie di reato a sostenere
la ragionevole formulazione (art.  3  Cost.)  di  quella  sottostante
presunzione  legale  di  accentuata  pericolosita'  sociale  del  suo
autore, che legittima  l'iscrizione  nel  particolare  catalogo,  con
tutto  cio'  che  ne   deriva   in   punto   di   limitazione   della
discrezionalita'   del   momento   giurisdizionale   in    sede    di
individualizzazione del percorso di espiazione della  pena  (art.  27
Cost.). 
    6. Per tutte le ragioni sinora espresse va sollevata questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6,  lettera  B)  della
legge n. 3 del 9 gennaio 2019, con riferimento agli articoli 3  e  27
della Costituzione, nella parte  in  cui  inserisce  all'art.  4-bis,
comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il delitto di peculato di
cui all'art. 314, primo comma, codice penale. 
    Ne consegue la sospensione del presente  procedimento,  ai  sensi
dell'art. 23, legge n. 87 del 1953, previa sospensione dell'efficacia
dell'ordine di carcerazione emesso dal Procuratore generale presso la
Corte d'Appello di Venezia in data 16 dicembre 2019 a carico di D. P.
F., nei confronti del quale deve, quindi, essere ordinata l'immediata
scarcerazione, se non detenuto per altra causa. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ritenuta la rilevanza
e la  non  manifesta  infondatezza,  solleva,  con  riferimento  agli
articoli  3  e  27  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3  del
9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma  1
della legge 26 luglio 1975, n. 354,  il  riferimento  al  delitto  di
peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale. 
    Sospende   il   presente    procedimento    previa    sospensione
dell'efficacia dell'ordine di  carcerazione  emesso  dal  Procuratore
generale presso la Corte d'Appello di Venezia  in  data  16  dicembre
2019 a carico di D. P. F., ordinandone l'immediata  scarcerazione  se
non detenuto per altra causa. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Da' lettura della presente ordinanza, a  valere  quale  notifica,
alle parti del giudizio presenti  in  aula  (al  pubblico  ministero,
dott. Simone Marcon, e al difensore d'ufficio, avv. Agnese  Sbraccia,
oggi sostituita giusta delega dall'avv. Paolo Zaglio). 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  comunicazione  della  presente
ordinanza a Della Porta Ferdinando. 
    Manda alla cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza
al Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  comunicazione  della  presente
ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Belluno, 8 gennaio 2020 
 
                Il Giudice dell'esecuzione: Scolozzi