N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 2019
Ordinanza del 12 novembre 2019 del Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da F. G.. Circolazione stradale - Patente di guida - Soggetti sottoposti a misure di sicurezza - Previsione che il Prefetto "provvede", anziche' "puo' provvedere", alla revoca della patente nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza - Impossibilita' per la persona destinataria del provvedimento di revoca di conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni anche laddove sopravvenga, prima della scadenza, un provvedimento giurisdizionale dichiarativo della cessazione dello stato di pericolosita'. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 120, commi 2 e 3.(GU n.10 del 4-3-2020 )
TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA Seconda sezione civile Il Tribunale di Reggio Calabria, in composizione monocratica, nella persona del giudice istruttore dott.ssa Lucia Delfino a scioglimento della riserva assunta in data 14 ottobre 2019 ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 4757/2019 del registro generale contenzioso proposto da F. G., nato a ....... il ......... , con il patrocinio dell'avv. Saverio Gatto dal quale e' rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso introduttivo; ricorrente; Contro il Ministero dell'interno (C.F. 80014130928), in persona del Ministro in carica e della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Reggio Calabria (C.F. 80009220809), in persona del prefetto in carica, rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria; resistente. 1. Con ricorso rubricato «in opposizione avverso ordinanza prefettizia di revoca patente di guida», il ricorrente ha impugnato il decreto prefettizio di revoca della patente di guida emesso in data 16 novembre 2018, notificato all'interessato il 28 novembre 2019, adottato in ragione della sottoposizione alla misura di sicurezza della liberta' vigilata, a decorrere dal 25 maggio 2018, giusta provvedimento n. 668/18 ord., emesso, in data 23 maggio 2018, dall'Ufficio di sorveglianza di Reggio Calabria. A sostegno del ricorso - che non puo' che qualificarsi come introduttivo, ex art. 702-bis del codice di procedura civile, di un rito sommario di cognizione non vertendosi in tema di sanzioni amministrative - ha dedotto che: a) il rigido automatismo della revoca della patente contraddice le finalita' rieducative e risocializzative della misura di sicurezza (in particolare, ponendosi in contrasto, con i precetti costituzionali e con l'art. 228 codice penale, comma 4); b) l'espressione legislativa «fatti salvi gli effetti dei provvedimenti riabilitativi», contenuta nell'art. 120 del codice della strada, deve essere interpretata in senso ampio, fino a ricomprendervi il provvedimento del Tribunale di sorveglianza autorizzativo dello svolgimento di attivita' lavorativa che richieda l'uso della patente, diversamente vi sarebbe contraddizione con la previsione che consente di disciplinare la sospensione della patente di guida in modo da non ostacolare il lavoro del sottoposto a liberta' controllata (ex articoli 56 e 62 della legge n. 689/1981); c) il provvedimento e' illegittimo perche' lesivo del diritto al lavoro del deducente, titolare di una ditta. Costituitosi in giudizio, il Ministero ha eccepito la natura di atto amministrativo vincolato della revoca della patente nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza e che una diversa interpretazione delle disposizioni contenute nell'art 120 del codice della strada sarebbe contra legem (richiamando all'uopo Corte costituzionale, n. 36/2016), non potendosi estendere quanto statuito dal giudice delle leggi per la diversa ipotesi di condanna per reati in materia di stupefacenti. Nel corso del procedimento il ricorrente ha prodotto copia dell'ordinanza, depositata in data 9 maggio 2019, del Magistrato di sorveglianza di Reggio Calabria con la quale e' stato dichiarato cessato lo stato di pericolosita' sociale di F. G. e, conseguentemente, revocata nei suoi confronti la misura di sicurezza della liberta' vigilata (applicata dal Magistrato di sorveglianza di Catanzaro in data 23 maggio 2018). 2. La presente controversia ha ad oggetto l'impugnazione del decreto prefettizio di revoca della patente di cui sopra, emesso in ragione ed in seguito al decreto del Tribunale di Reggio Calabria di sottoposizione dell'istante alla misura di sicurezza della liberta' vigilata per la durata di un anno. Il prefetto ha fatto, dunque, applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 120 del codice della strada, commi 1 e 2: «Non possono conseguire la patente di guida, delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'art. 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonche' i soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma 1, lettera f) del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la durata dei predetti divieti... (Omissis) ... 2. Fermo restando quanto previsto dall'art. 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La revoca non puo' essere disposta se sono trascorsi piu' di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1». 3. Come dedotto dalla parte resistente la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 9 febbraio 2018, si e' pronunciata su altra fattispecie ricompresa nella norma citata, ravvisando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Occorre, dapprima, interrogarsi se la pronuncia richiamata possa applicarsi, in via estensiva o per mezzo di un'interpretazione costituzionalmente orientata, alle fattispecie relative alle misure di sicurezza o di prevenzione, per come, invero, sostenuto da una parte minoritaria della giurisprudenza di merito. Ad esempio, di recente, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Prima) con la decisione pubblicata il 5 agosto 2019 (n. 01852/2019 REG.PROV.COLL), ha affermato che «Le argomentazioni della Corte costituzionale, anche se riferite al caso specifico della condanna per reati in materia di stupefacenti, sono infatti di portata generale, potendo essere estese, nell'ambito di un'interpretazione costituzionalmente orientata, ad ogni ipotesi in cui la revoca della patente sia correlata all'avvenuta applicazione di una misura restrittiva, che sottenda valutazioni discrezionali. In particolare, i principi posti dalla Corte risultano riferibili alla revoca conseguente all'applicazione di misure di prevenzione, ai sensi dell'art. 120, comma 2, del codice della strada, poiche' queste ultime implicano l'esercizio di un potere discrezionale, sia con riferimento ai presupposti, sia in relazione all'individuazione della misura concretamente applicabile, secondo la disciplina posta dal decreto legislativo n. 159/2011, ed in passato, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423». Pur condividendo e richiamando gli argomenti esposti a sostegno della lettura costituzionalmente orientata, reputa il Tribunale adito che, a tale esito, nella presente fattispecie, non possa pervenirsi in via interpretativa poiche' la sentenza n. 22/2018 ha esplicitamente interessato, soltanto, l'ipotesi di revoca del titolo di guida a seguito di condanna per reati in materia di stupefacenti (come pare ribadire la Corte costituzionale nella pronuncia n. 80/2019), approfondendo, in particolare, il profilo di irragionevolezza della disposizione in esame rispetto alla discrezionalita' della parallela misura del «ritiro» della patente ex art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. 4. Nel solco dell'esclusione di un'interpretazione estensiva della pronuncia d'incostituzionalita', si muove anche il Tribunale di Lecco, con l'ordinanza n. 105 del 28 gennaio 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 10 luglio 2019, con la quale ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimita' della norma sopra citata, nella parte in cui introduce un automatismo di revoca della patente da parte dell'Autorita' amministrativa in caso di applicazione di una misura di sicurezza (la cui Camera di consiglio risulta, dal sito istituzionale, gia' fissata in data 15 gennaio 2020). Analoga questione di costituzionalita' e' stata anche sollevata con ordinanza del Tribunale amministrativo regionale Marche, sezione I, n. 519 del 24 luglio 2018, (reg. ordinanza n. 163 del 2018 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 novembre 2018, n. 46), per ragioni di diritto condivise e che sono da intendersi qui integralmente richiamate. Tuttavia, stante la dubbia applicabilita' dell'istituto della sospensione necessaria, previsto dall'art. 295 del codice di procedura civile, con riferimento alle pendenti «controversie» di legittimita' costituzionale, e' necessario ed opportuno vagliare l'incidente di costituzionalita' ai sensi dell'art. 23 della legge 3 novembre 1953, n. 87, sia pure evidenziando la pendenza di accomunabili casi. 5. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' dell'art. 120 del codice della strada, palesemente rilevante nel presente giudizio stante il richiamo nel decreto prefettizio alla natura vincolata del contenuto del provvedimento (tanto da escludere l'obbligo di comunicare all'interessato l'avvio del procedimento ex art. 7 legge n. 241/1990), pare sufficiente aggiungere che, alla luce delle stesse considerazioni espresse dalla Corte costituzionale, nell'ambito del comma 2 dell'art. 120 del codice della strada, e' irragionevole ipotizzare la contemporanea presenza di un potere discrezionale di revoca, a fronte di condanne in materia di stupefacenti e di un potere vincolato, a fronte dell'applicazione di misure di prevenzione. Tanto le condanne indicate, quanto le misure in questione, sottendono apprezzamenti discrezionali dell'autorita' competente; sicche' sarebbe priva di giustificazione una loro ipotetica diversa incidenza sul potere di revoca, in un caso divenuto discrezionale e, nell'altro, vincolato. L'automatismo previsto dall'art. 120, in raffronto alla discrezionalita' prevista per coloro che hanno subito una condanna per reati in materia di stupefacenti, pare porsi in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Con riferimento alle misure di sicurezza l'esistenza di un meccanismo automatico di revoca della patente appare irragionevole poiche' viene collegato, sempre e comunque, il medesimo effetto ad una varieta' di fattispecie non omogenee tra loro, che presuppongono differenti valutazioni di pericolosita' del soggetto. Emerge, inoltre, l'ulteriore profilo di irragionevolezza dell'art. 120, comma 2, del codice della strada, nella contraddizione tra scopi e poteri esercitati dalle diverse autorita' (giudice e prefetto) di fronte alla medesima vicenda. Il magistrato di sorveglianza esercita un potere discrezionale, ai sensi degli articoli 228 del codice penale e 190 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nello stabilire le prescrizioni alle quali deve attenersi la persona sottoposta a liberta' vigilata. A norma dell'art. 228 del codice penale «la sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale». Analogo indirizzo si legge nell'ultimo comma del citato art. 190 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale secondo cui «La vigilanza e' esercitata in modo da non rendere difficoltosa alla persona che vi e' sottoposta la ricerca di un lavoro e da consentirle di attendervi con la necessaria tranquillita'». Puo' ancora citarsi l'art. 62, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) il quale prevede, con riferimento alle misure della liberta' controllata e della semidetenzione, che «quando il condannato svolge un lavoro per il quale la patente di guida costituisce indispensabile requisito, il magistrato di sorveglianza puo' disciplinare la sospensione in modo da non ostacolare il lavoro del condannato». La norma che prevede, invece, un potere prefettizio vincolato, senza possibili deroghe o autorizzazioni per comprovate esigenze lavorative, pone, quindi, ulteriori dubbi, non manifestamente infondati, di disparita' di trattamento, sproporzionalita' e irragionevolezza in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 6. Ulteriore, e per certi versi piu' evidente, profilo di irragionevolezza della disposizione in esame - rilevante nel presente caso - e', poi, ravvisabile nel permanere della «revoca» amministrativa, fino alla scadenza dei tre anni ex comma 3 dell'art. 120, allorquando sopravviene un provvedimento giurisdizionale (nel presente caso dell'Ufficio di sorveglianza che ha revocato la misura di sicurezza della liberta' vigilata) dichiarativo della cessazione della pericolosita' sociale. Vale ancora rilevare che mentre la durata complessiva delle misure di sicurezza e' variabile in relazione alla pericolosita' sociale del destinatario, ferma restando la loro durata minima, la revoca della patente di guida ha una durata predeterminata, desumibile dal comma 3 dell'art. 120 del codice della strada che finisce per prescindere - una volta revocato il titolo abilitativo alla guida secondo l'automatismo gia' descritto - da ogni valutazione sulla pericolosita' sociale del destinatario. Non pare equivocabile, difatti, che con l'espressione di cui al comma 3 dell'art. 120, il legislatore abbia inteso significare che il destinatario del provvedimento di revoca puo' riottenere la patente solo dopo che siano «trascorsi almeno tre anni» dalla cessazione del relativo status (v. Consiglio di Stato, sentenza n. 1712/2016). Una tale lettura si basa sul testo del comma 1 (per il quale per tutta la durata della misura il sottoposto alla misura di prevenzione o sicurezza non puo' avere la patente di guida) e del comma 3 (che, altrimenti, rimarrebbe privo di significato nel caso di emanazione di una misura di prevenzione o di sicurezza avente durata inferiore e/o successivamente revocata). La mancata previsione del potere/dovere in capo all'autorita' prefettizia di riesaminare o rivalutare il provvedimento adottato, cosi' trasformandolo in sanzione amministrativa, appare irragionevole e sproporzionata, in violazione degli articoli 3 e 27 della Carta costituzionale. Per le ragioni che precedono non puo' dichiararsi «cessata la materia del contendere», come richiesto dal ricorrente sulla base del sopravvenuto provvedimento di revoca della misura di sicurezza, ma deve sollevarsi l'incidente di costituzionalita' nei termini di cui in dispositivo. 7. Non essendo consentito al giudice di merito estendere gli effetti di una precedente sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 22 del 2018) a fattispecie analoghe e rimanendo la revoca della patente di guida a seguito della irrogazione di misure di prevenzione, espressione di attivita' vincolata (cfr. Cassazione sezioni unite 14 maggio 2014, n. 10406/14, TAR Lazio, Roma, I-ter, 17 gennaio 2018, n. 548, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice ordinario), e' precluso l'esame delle argomentazioni addotte a sostegno dell'istanza cautelare svolta in seno al giudizio di merito, a prescindere dalla sua rituale proposizione e dalla sua generica formulazione. Allo stato e nelle more della decisione dei riferiti incidenti di costituzionalita', difatti, non puo' dirsi sussistere il cosiddetto fumus della pretesa azionata sul solo presupposto della non manifesta infondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale della disciplina applicabile alla controversia (sull'argomento, cfr. Cassazione, Sezione L, sentenza n. 13415 del 12 dicembre 1991), dovendo restare il sindacato di costituzionalita' attributo al giudice delle leggi anche quando e' finalizzato alla tutela incidentale e di urgenza.
P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Calabria: a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza e, per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede, al comma 3, che «La persona destinataria del provvedimento di revoca non puo' conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi almeno tre anni» anche nel caso in cui sopravvenga, prima dello scadere dei tre anni, un provvedimento giurisdizionale dichiarativo della cessazione dello stato di pericolosita' del medesimo soggetto; b) dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; c) dispone che, a cura della Cancelleria del tribunale, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Reggio Calabria, 12 novembre 2019 Il Giudice: Delfino