N. 15 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 febbraio 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 febbraio 2020 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Polizia mortuaria - Norme della Regione Calabria - Interpretazione autentica dell'art. 8, comma 2, della legge regionale n. 48 del 2019 (Disposizioni in materia funeraria e polizia mortuaria) relativo ai requisiti dell'impresa funebre e dei soggetti ad essa collegati - Interpretazione secondo la quale gli accordi, con altre imprese funebri certificate, per l'ottenimento dei requisiti devono, a pena di nullita', essere realizzati stabilmente e non in modo temporaneo, sotto la forma del consorzio, di societa' consortili o di altra forma di societa' di persone o capitali. - Legge della Regione Calabria 5 dicembre 2019, n. 53 ("Interpretazione autentica dell'art. 8, comma 2 della legge regionale 29 novembre 2019, n. 48 (Disposizioni in materia funeraria e polizia mortuaria)"), art. 1.(GU n.11 del 11-3-2020 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Calabria, in persona del presidente della giunta pro tempore, per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 1 della legge regionale n. 53 del 5 dicembre 2019, pubblicata nel B.U.R. n. 135 del 5 dicembre 2019, avente ad oggetto «Interpretazione autentica dell'art. 8, comma 2, della legge regionale 29 novembre 2019 n. 48 (disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria)», giusta delibera del Consiglio dei ministri 29 gennaio 2020. La legge della Regione Calabria n. 53 del 5 dicembre 2019, recante «Interpretazione autentica dell'art. 8, comma 2 della legge regionale 29 novembre 2019, n. 48 (disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria)», presenta profili d'illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 1, per violazione degli articoli 41 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, nei termini che si passa ad esporre. 1. Si premette che la legge n. 48 del 2019, interpretata dalla legge reg. n. 53/2019, ha riproposto disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria che erano gia' contenute nella legge regionale della Calabria n. 22 del 26 giugno 2018 (recante la medesima rubrica «Disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria»), e per le quali il Consiglio dei ministri, nella riunione dell'8 agosto 2018, aveva deliberato l'impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale. Tale legge e' stata successivamente interamente abrogata dalla legge regionale 30 aprile 2019, n. 7, inducendo il Governo a rinunciare al ricorso (con delibera del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2019). 2. La legge n. 48/2019 e' stata impugnata dinanzi alla Corte costituzionale dalla Presidenza del Consiglio con ricorso notificato in data 28 gennaio 2010 e regolarmente depositato, per la rinnovata violazione dell'art. 117, comma 2, lettere e-l-m) Cost. Anche per la legge n. 53/2019 oggetto del presente ricorso, si ripropongono le criticita' gia' enunziate avverso la legge n. 48/2019, prima fra tutte l'invasione della sfera di esclusiva competenza statale, come e' reso evidente dal fatto che la legge principale e quella di sua interpretazione autentica ricalcano, in parte, il disegno di legge Atto Senato n. 2492 - Disciplina delle attivita' nel settore funerario e disposizioni in materia di dispersione e conservazione delle ceneri - presentato in data 21 luglio 2016 (ed il cui ultimo esame risale al mese di ottobre del 2017) e che dovra' costituire il perimetro (statale) all'interno del quale le regioni saranno chiamate a svolgere «compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo» (art. 3 del disegno di legge n. 2492). La cornice normativa statale di riferimento nella materia in esame e' completa ed esaustiva, come costituita da: a) regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.» (art. 343); b) codice civile (disposizioni concernenti gli atti di disposizione del proprio corpo, ex art. 5; testamento, art. 587 e segg.); c) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, «Approvazione del regolamento di polizia mortuaria.» (articoli 78-81); d) legge 30 marzo 2001, n. 130, recante «Disposizioni in materia di cremazione e dispersioni delle ceneri.» (art. 3). A queste fonti non si puo' sovrapporre un intervento legislativo regionale, neppure in caso di (presunta) inerzia del legislatore statale, sia in considerazione dell'esistenza di una disciplina completa del settore sia per le ragioni esposte dal Consiglio di Stato con parere reso nell'Adunanza della Sezione Prima del 29 ottobre 2003, n. 2957: «(omissis) Si premette che la legge 30 marzo 2001, n. 130, recante disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, non e' una legge delega, come tale inapplicabile in carenza di esercizio della delega, ma una legge ordinaria, diretta ad innovare la normativa vigente in materia di cremazione e in particolare il regolamento di polizia mortuaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. E' bensi' vero che a tale scopo la legge si affida alla emanazione di un successivo regolamento per dare piena attuazione ai principi e alle regole dettate dall'art. 3 della stessa legge, ma non e' sostenibile che, decorso ormai ampiamente il termine stabilito di sei mesi dalla data di entrata in vigore, la mancata emanazione del regolamento privi la legge di qualsiasi efficacia, specialmente in ordine alla normativa preesistente di rango secondario. Le disposizioni legislative di mero principio costituiscono comunque criterio interpretativo delle norme previgenti e quelle alle quali puo' riconoscersi efficacia precettiva per compiutezza di disciplina (self executing) devono ritenersi senz'altro applicabili.». 4. Cio' premesso, l'art. 1 della legge in esame, al fine di chiarire la portata di tale ultima previsione, dispone che: «Il comma 2 dell'art. 8 (Requisiti dell'impresa funebre e dei soggetti ad essa collegati) della legge regionale 29 novembre 2019, n. 48 (Disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria) va interpretato sottintendendo che gli accordi previsti nel suddetto comma, devono, a pena di nullita', essere realizzati stabilmente e non in modo temporaneo, sotto la forma del consorzio, di societa' consortili o di altra forma di societa' di persone o capitali, nelle forme previste e regolamentate dal Codice civile e dalle norme vigenti in materia di commercio». Tale norma regionale che, nel fornire l'interpretazione autentica del secondo comma dell'art. 8, prevede, a pena di nullita', la stabilita' dell'accordo posto in essere per l'esercizio dell'attivita' di impresa funebre, si pone in contrasto con il principio del libero accesso al mercato, materia demandata alla legislazione esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, sia con il principio di liberta' dell'iniziativa economica privata, in violazione dell'art. 41 della Costituzione. L'illegittimita' della norma in esame trova conferma in quanto stabilito dall'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato con il parere AS 1153 del 6 novembre 2014 - reso in ordine alla legge regionale della Campania n. 12/2001, recante «Codice delle attivita' e delle imprese funebri», come modificata dalla legge regionale 25 luglio 2013, n. 7 - alla stregua del quale «l'imposizione di un rapporto di lavoro continuativo del lavoratore costituisce un vincolo organizzativo rigido, suscettibile di restringere indebitamente l'accesso al mercato». La norma interpretativa, infatti, restringe indebitamente il libero accesso al mercato funebre, creando un vincolo illegittimo dal quale consegue la violazione del principio di libera concorrenza, materia demandata alla legislazione esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, secondo i principi dettati dalla stessa Corte costituzionale in occasione di pronunzie su altre leggi regionali che introducevano restrizioni, anche indirette, a quel principio: si vedano le sentenze n. 59/2017 (sui criteri di determinazione dei canoni di concessione) e n. 98/2017 (sugli orari di apertura degli esercizi commerciali) nonche', per affermazioni di carattere generale, la sentenza della Corte costituzionale, 13 gennaio 2004, n. 14: «L'inclusione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza nella lettera e) dall'art. 117, 2° comma, Cost., evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale di unificare in capo allo stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero paese; strumenti che, in definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo degli altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inserite nel circuito economico». Anche recentemente, dichiarando l'illegittimita' costituzionale di una normativa regionale che imponeva indebitamente vincoli al libero esercizio dell'attivita' privata, la Corte costituzionale (con sentenza 11 gennaio 2019 n. 5, in termini con la precedente sentenza n. 30 del 2016) ha ribadito che il vincolo imposto dalla legge regionale: «incide negativamente sul livello di tutela della concorrenza fissato dalla legge statale. Per quanto di contenuto in se' non irragionevole, la disposizione eccede dunque l'ambito costituzionalmente definito della potesta' legislativa regionale». Sempre in materia di tutela del principio della libera concorrenza e della libera attivita' economica privata, citiamo ad ulteriore sostegno delle nostre eccezioni: Corte costituzionale 26 marzo 2015, n. 47, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 14 legge regionale Piemonte 3 agosto 2004, n. 19, nella parte in cui imponeva ai proprietari ed ai gestori degli impianti di telecomunicazione e radiodiffusione il pagamento di spese per attivita' istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni all'installazione e modifica di impianti fissi; Corte costituzionale 11 giugno 2014, n. 165, che ha dichiarato, tra l'altro, incostituzionali gli art. 20 legge regionale Toscana 28 settembre 2012 n. 52 e 6 legge regionale Toscana 5 aprile 2013 n. 13, nella parte in cui assumevano la distanza minima tra gli esercizi commerciali quale elemento qualificante delle «strutture di vendita in forma aggregata», 18 legge regionale Toscana n. 13/13, nella parte in cui imponeva il funzionamento contestuale delle modalita' «servito» e delle modalita' «self-service» durante l'orario di apertura dell'impianto di distribuzione del carburante, 5, 2° comma, legge regionale Toscana n. 13/13, nella parte in cui esigeva che gli esercizi commerciali di vendita in outlet esponessero il solo prezzo finale di vendita; Corte costituzionale 14 marzo 2014, n. 49, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 16 legge regionale Veneto 31 dicembre 2012, n. 55, nella parte in cui, con riguardo all'esercizio del commercio in forma itinerante sulle aree demaniali marittime, stabiliva che ciascun operatore non potesse essere titolare di nulla osta in piu' di un comune; Corte costituzionale, 15 maggio 2014, n. 125, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 9 legge regionale Umbria 6 maggio 2013, n. 10, nella parte in cui attribuisce la qualifica di «polo commerciale» ad esercizi commerciali per il solo fatto che questi siano adiacenti o vicini e a prescindere dalla volonta' degli esercenti di unirsi in un polo commerciale e di conseguenza sottopone anche gli esercizi di vicinato alla complessa procedura autorizzatoria prevista per le grandi strutture di vendita o per le medie strutture superiori di tipologia M3 ed introduce nuovamente dei vincoli anche in relazione al rispetto di distanze minime obbligatorie tra attivita' commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio. Tanto premesso e considerato, richiamate le argomentazioni esposte nel menzionato ricorso del 28 gennaio 2020, cui il presente chiediamo venga riunito, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 29 gennaio 2020.
P.Q.M. Si chiede che la Corte costituzionale adita voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Calabria n. 53 del 5 dicembre 2019, recante «Interpretazione autentica dell'art. 8, comma 2 della legge regionale 29 novembre 2019, n. 48 (disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria)», per violazione dell'art. 41 e dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei ministri. Roma, 3 febbraio 2020 L'Avvocato dello Stato: Albenzio