N. 33 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 ottobre 2019

Ordinanza  del  25  ottobre  2019  del  Tribunale  di   Venezia   nel
procedimento civile promosso da Caffe Centrale snc di Cattapan  Marco
e Greta contro Comune di Venezia. 
 
Sanzioni amministrative - Ordinanza-ingiunzione - Determinazione, con
  ordinanza  motivata,  della  somma  dovuta  per  la  violazione   e
  conseguente  ingiunzione  di  pagamento,  insieme  con  le   spese,
  all'autore della violazione ed alle persone che vi  sono  obbligate
  solidalmente - Mancata previsione di  un  termine  per  l'emissione
  dell'ordinanza ingiunzione. 
- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  art.
  18. 
(GU n.11 del 11-3-2020 )
 
                        TRIBUNALE DI VENEZIA 
 
    Promosso da: 
        attore: Caffe' centrale S.n.c. di Cattapan Marco e Greta; 
        difensore: Grimani Pier Vettor; 
    Nei confronti di: 
        convenuto: Comune di Venezia; 
        difensore: Iannotta Antonio. 
    Il Tribunale di Venezia, I Sezione civile,  in  persona  del  GOT
avv. Giovanni Calasso, con riferimento al giudizio sopra in  epigrafe
ha emesso la seguente ordinanza. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    1. Con ricorso depositato il giorno 11 settembre 2018 la societa'
Caffe' Centrale s.n.c. di Cattapan Marco e Greta ed il sig.  Cattapan
Marco  in  proprio  proponevano   opposizione   avverso   l'ordinanza
ingiunzione n. 15231, 15224, 15223,  15222,  15221  e  15220  del  30
gennaio 2018, notificata il 12 luglio 2018, con la quale il dirigente
del Corpo di Polizia locale del Comune di Venezia aveva comminato  ai
ricorrenti la sanzione pecuniaria di  euro  2.250,00  per  violazione
dell'art. 18 del regolamento CE 178/02  sanzionato  dall'art.  2  del
decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 190, esponendo che: 
        la societa' Caffe' Centrale S.n.c. di Cattapan Marco e  Greta
era titolare  di  un'attivita'  di  somministrazione  di  alimenti  e
bevande in un pubblico esercizio in Venezia San Polo 746; 
        con processi verbali n. 12, 13,  14,  15,  16  e  17  del  28
gennaio 2014. notificati il 24 febbraio 2014, la Capitaneria di porto
Guardia costiera di Venezia del Ministero delle infrastrutture e  dei
trasporti aveva contestato ai ricorrenti la violazione  dell'art.  18
del  regolamento  CE  178/02  «per  aver  detenuto  ai   fini   della
commercializzazione  nell'esercizio  commerciale  all'interno   della
propria cella frigo» i  prodotti  alimentari  indicati  nei  processi
stessi  «senza  avere  un   sistema   idoneo   che   consentisse   la
rintracciabilita' del prodotto ittico  presente  nella  cella  frigo»
rappresentando quindi l'applicabilita' della sanzione di cui all'art.
2 decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 190; 
        con contestuali verbali n. 6, 7, 8, 9,  10  e  11  la  stessa
Guardia  Costiera  aveva  contestato  ai  ricorrenti  la   violazione
dell'art. 2 decreto ministeriale 27 marzo 2002, dell'art.  4  decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 e dell'art. 58 del regolamento CE
1224/90  «per  aver  detenuto  ai  fini   della   commercializzazione
nell'esercizio  commerciale  all'interno  della  propria   cella»   i
predetti   prodotti   alimentari   sprovvisti    di    etichettatura,
prospettando l'applicabilita' della  sanzione  di  cui  all'art.  18,
comma 3 del citato decreto legislativo n. 109/1992; 
        in data 26 marzo 2014  i  ricorrenti  avevano  presentato  al
Sindaco del Comune di Venezia  i  propri  scritti  difensivi  facendo
presente che la rintracciabilita' dei prodotti era comunque garantita
fino al momento del consumo e che il regolamento CE  178/02  non  era
applicabile nella fattispecie trattandosi di prodotti ittici: che  la
carenza di etichettatura era dipesa dal fatto che il coperchio  delle
confezioni sul quale tale etichettatura era  apposta  era  stato  per
errore gettato; che comunque doveva semmai essere applicata  un'unica
sanzione ai sensi dell'art. 8 legge n. 689/1981; 
        con ordinanze n. 15219, 15218, 15217, 15216,  15215  e  15209
del 30 gennaio 2018 il dirigente della Polizia locale aveva applicato
la sanzione pecuniaria di euro 1.800,00  per  l'infrazione  dell'art.
58, comma 5  del  regolamento  CE  1224/09  e  dell'art.  16  decreto
legislativo n. 109/1992; 
        con ordinanza n. 15231, 15224, 15223, 15222, 15221 e 15220 il
dirigente della Polizia locale, disattesi gli scritti  difensivi  «in
quanto la regolamentazione europea obbliga gli operatori della intera
filiera produttiva alla garanzia della tracciabilita' dei prodotti, e
quindi non solo i fornitori degli stessi» aveva applicato la sanzione
pecuniaria  di  euro  2.250,00  per  infrazione  dell'art.   18   del
regolamento CE 178/2002 sanzionato dall'art. 2 decreto legislativo n.
190/2006; 
        l'attivita' di somministrazione di alimenti e bevande,  quale
era quella svolta dai ricorrenti, non era compresa tra quelle  i  cui
titolari erano assoggettati  agli  obblighi  di  cui  alla  normativa
citata, volta a disciplinare la fase anteriore all'utilizzazione  dei
prodotti; 
        il ristoratore a tali  fini  era  equiparato  al  consumatore
finale  con  la  conseguenza  che  i  ricorrenti  non  erano   tenuti
all'osservanza della norma in questione; 
        il regolamento CE  1224/09,  in  particolare  l'art.  58  che
disciplina la tracciabilita' dei prodotti mediante etichettatura  non
poteva  applicarsi  al  consumatore   finale   ovvero   all'esercente
l'attivita' di somministrazione di alimenti  e  bevande  bensi'  solo
agli operatori che intervengono fini alla vendita dei prodotti atteso
che l'art. 58 faceva riferimento  agli  operatori,  i  quali  secondo
l'art. 4 sono i soggetti che intervengono nelle fasi  di  produzione,
trasformazione,  commercializzazione,  distribuzione  e  vendita   al
dettaglio dei prodotti ittici; 
        il regolamento CE n. 1224/09 era norma speciale  rispetto  al
regolamento   CE   178/02,   tenuto   conto   che   disciplinava   la
commercializzazione e, in particolare, la tracciabilita' dei prodotti
ittici in forma specifica e puntuale; 
        l'Amministrazione aveva comminato una sanzione  specifica  ai
ricorrenti in considerazione del fatto che i prodotti rinvenuti nella
cella  frigorifera  erano   privi   di   etichettatura,   sanzionando
nuovamente i ricorrenti gia' sanzionati; 
        l'applicazione della sanzione per violazione dell'art. 58 del
regolamento CE 1224/09 escludeva l'applicabilita' della  sanzione  di
cui  all'art.  18  del  regolamento  CE  n.  178/02  in  applicazione
dell'art. 8 della legge n. 689/1981 che stabiliva che «salvo che  sia
diversamente stabilito» dalla legge, chi con un'azione  od  omissione
viola diverse disposizioni che prevedono  sanzioni  amministrative  o
commette piu' violazioni della  stessa  disposizione,  soggiace  alla
sanzione prevista per la violazione piu'  grave,  aumentata  sino  al
triplo». 
    2. Con comparsa depositata il 17 gennaio 2019  si  costituiva  il
Comune di Venezia rilevando che: 
        i sei processi  verbali  oggetto  dell'ordinanza  ingiunzione
opposta attenevano alla violazione dell'art. 18 regolamento  (CE)  n.
178/2002 del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,  come  sanzionato
dall'art. 2, decreto legislativo n. 190/2006; 
        tale disposizione comunitaria era strettamente  connessa  con
l'art. 58 del regolamento  CE  n.  1224/2009  del  Consiglio  del  20
novembre 2009, il quale, invece, prevedeva  una  serie  di  norme  in
materia di tracciabilita' specifiche per i  prodotti  della  pesca  e
dell'acquacoltura il cui scopo era quello di implementare un  sistema
di controllo dell'attivita' di  pesca  coerente  con  gli  scopi  del
primo; 
        i ricorrenti erano stati sanzionati  «per  aver  detenuto  ai
fini della commercializzazione nell'esercizio commerciale all'interno
della propria cella frigo»  prodotti  privi  di  un  sistema  che  ne
consentisse la tracciabilita'; 
        il  «Caffe'   Centrale»   non   poteva   essere   considerato
«consumatore finale» in quanto utilizzava il prodotto  alimentare  in
un'attivita' d'impresa nel settore alimentare (ai sensi dell'art.  3,
paragrafo 1, n. 18 reg. (CE) n. 178/2002) consistente  nel  preparare
il pesce  per  l'immissione  dello  stesso  nel  mercato,  attraverso
un'attivita'  di  vendita/cessione   del   prodotto   ittico   dietro
corrispettivo del prezzo con conseguente sua  assoggettabilita'  alla
disciplina sulla tracciabilita' prevista per i prodotti  della  pesca
dall'art. 58 del regolamento (CE) n. 1224/2009; 
        non vi era stata alcuna duplicazione di sanzione  atteso  che
l'art. 58 del regolamento CE 1224/2009  riguardava  specificamente  i
prodotti della  pesca,  mentre  l'art.  18  regolamento  CE  178/2002
concerneva tutti  i  prodotti  alimentari  in  generale,  compresi  i
mangimi attendo, peraltro, la prima  alla  mancanza  di  informazioni
fornite dalle etichette stesse, mentre la seconda a un piu'  generale
obbligo di tracciabilita' del prodotto assolto  attraverso  anche  la
etichettatura; 
        l'affermazione  in  merito  all'applicabilita'  dell'art.  8,
legge n.  689/1981  basata  sull'equiparazione  dei  due  regolamenti
comunitari era priva di fondamento e, di conseguenza,  l'applicazione
di due sanzioni, una per violazione dell'art. 58 regolamento (CE)  n.
1224/2009, l'altra (oggetto del giudizio «parallelo» recante R.G.  n.
8927/2018) per la violazione dell'art. 18  del  regolamento  (CE)  n.
178/2002, era del tutto corretta avendo finalita' differenti. 
    3. Autorizzato il deposito di memorie  conclusive  il  Tribunale,
con ordinanza del giorno 11  settembre  2019,  invitava  le  parti  a
prendere posizione sul decorso del tempo inerente  l'emissione  e  la
notifica dell'ordinanza-ingiunzione  avvenuta  a  distanza  di  oltre
quattro anni dalla data di accertamento dei fatti contestati. 
    Depositati scritti difensivi, all'udienza del 21 ottobre 2019  le
parti chiedevano che il giudizio fosse deciso. 
    Cio' posto, essendo evidente  la  rilevanza  della  questione  di
costituzionalita' ai fini della adozione dei  provvedimenti  decisori
della causa civile in esame, appare opportuno svolgere  brevemente  i
motivi  di  diritto  in  base  ai  quali  questo  giudicante  ritiene
costituzionalmente illegittima l'ordinanza impugnata  per  violazione
degli articoli 1 e 2 della legge n. 241/1990. 
 
                       Motivazioni di diritto 
 
    Non vi sono dubbi che  lo  strumento  espressivo  della  potesta'
autoritativa della pubblica amministrazione, per superare  il  vaglio
di legittimita' e non incorrere in vizi  patologici  che  ne  possano
inficiare la validita' e l'efficacia, deve essere conforme ai dettami
della legge, tanto che per patologia del provvedimento amministrativo
si intende la difformita' di quest'ultimo alle norme di  legge  e  ai
principi generali dell'Ordinamento  interno  e  comunitario,  al  cui
rispetto  l'attivita'  amministrativa  deve  improntarsi   ai   sensi
dell'art.  1  della  legge  n.  241/1990  con  la   conseguenza   che
l'attivita'  amministrativa  che  lede  i  principi  dell'ordinamento
comunitario e' illegittima. 
    Cio' premesso, poiche' l'accertamento della lesione incide in via
sostanziale sulle questioni che interessano il contenzioso in essere,
e' necessario verificare se il provvedimento sanzionatorio  emesso  a
distanza di anni dal giorno in cui e' stata commessa  la  violazione,
risulti  effettivamente  coerente  con  i  principi   sanciti   dalla
Costituzione stante l'aperto contrasto e la manifesta violazione  dei
principi costituzionali  di  cui  agli  articoli  97,  117,  3  della
Costituzione. Invero la legge n. 689/1981 e,  in  particolare  l'art.
18, non prevede un termine per l'emissione dell'ordinanza ingiunzione
consentendo di fatto e senza la previsione di una norma giuridica, in
palese violazione dei principi di imparzialita' e di  buon  andamento
dell'amministrazione, nonche' dei vincoli derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi  internazionali,  che  un  provvedimento
sanzionatorio amministrativo venga emesso e notificato a distanza  di
molti anni dal giorno in cui e' stata commesso il fatto. 
 
                               Motivi 
 
1)  Violazione  dei  principio  di  imparzialita'  e  buon  andamento
dell'amministrazione. 
    E' fatto non contestato che il procedimento sanzionatorio  e'  un
procedimento  amministrativo  che   si   conclude   con   l'emissione
dell'ordinanza-ingiunzione per la  quale  la  legge  non  precisa  il
termine entro il  quale  debba  essere  emessa,  pur  stabilendo  dei
termini   precisi   in   cui   debba   avvenire   la    contestazione
(immediatamente o entro 90 giorni dall'accertamento); il  termine  di
giorni 60 entro cui la parte puo' effettuare il pagamento  in  misura
ridotta, se previsto, ovvero il termine di  giorni  30  per  produrre
memorie formulando istanza per essere sentito. 
    Ebbene, dal momento  in  cui  l'interessato  e'  stato  ascoltato
ovvero da quando l'Amministrazione ha ricevuto il rapporto  da  parte
degli organi accertatori,  non  vi  e'  un  termine  legislativamente
previsto entro il quale l'Autorita'  amministrativa  deve  completare
l'istruttoria ed emettere la decisione finale decidendo  se  disporre
l'archiviazione o irrogare la sanzione,  come  invece,  previsto  dal
codice della Strada per le sanzioni dallo stesso disciplinate. 
    L'art. 2 della legge n. 241/1990, come  modificato  dall'art.  7,
comma 1, della legge n. 69 del 2009, stabilisce che  il  procedimento
amministrativo debba concludersi entro i termine di giorni 90 tant'e'
che la «mancata o tardiva emanazione del  provvedimento  nei  termini
costituisce elemento di valutazione  della  performance  individuale,
nonche' di responsabilita'  disciplinare  e  amministrativo-contabile
del dirigente e del funzionario inadempiente». 
    D'altra parte il decorso  del  termine  consente  alla  parte  di
chiedere al Giudice amministrativo la nomina  di  un  commissario  ad
acta  al  fine  di  ottenere  una  condanna  dell'amministrazione   a
provvedere. 
    Alla luce di quanto sopra ai procedimenti  sanzionatori  che  non
sono altro che dei procedimenti amministrativi,  deve  applicarsi  il
principio di cui all'art.  2  della  legge  n.  241/1990  per  quanto
disciplinato all'art. 97 della Costituzione. Cio' pero', non comporta
in via automatica l'invalidita' delle ordinanze ingiunzioni emesse  e
notificate oltre il termine sopra menzionato con la  conseguenza  che
la definizione di procedimenti anche  durati  per  diversi  anni,  ma
entro il termine prescrizionale di cinque anni - come nel caso de quo
- viene riconosciuta valida  dalla  giurisprudenza,  pur  essendo  in
aperto contrasto con la necessita'  di  assicurare  la  certezza  dei
diritti  dei  privati  con  conseguente   violazione   dei   principi
dell'affidamento e  di  conclusione  e  proporzionalita'  dell'azione
amministrativa. 
    Codesta ecc.ma Corte ha  esaminato  la  questione,  dichiarandola
inammissibile o infondata, facendo pero' riferimento agli articoli 24
e 11 della Costituzione  che  sanciscono  dei  principi  inerenti  la
disciplina dell'attivita' giurisdizionale che non possono  applicarsi
al  procedimento  sanzionatorio  che  ha   carattere   esclusivamente
amministrativo (Corte cost. ordinanza, 26 febbraio 2010, n. 77). 
    Il termine prescrizionale quinquennale,  pertanto,  puo'  trovare
applicazione  solo  in  caso   di   attivita'   processuale   e   non
amministrativa. Considerare efficace detto termine comporta il  venir
meno  del  principio  dell'affidamento   e   della   proporzionalita'
dell'azione amministrativa. 
2) Violazione dei vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e
dagli obblighi internazionali. 
    Il predetto principio dell'affidamento, evidenziato  anche  dalla
dottrina e' stato riconosciuto dalla  giurisprudenza  comunitaria  e,
precisamente dalla Corte di giustizia e dal Tribunale di primo  grado
(Trib. I Grado CE, 17 dicembre  1998,  causa  T-203/96;  Tribunale  I
Grado CE, 13 marzo  2003,  n.  125),  che  hanno  affermato  che  «il
principio della tutela  dell'affidamento  fa  parte  dell'ordinamento
giuridico comunitario»  e  deve  essere  rispettato  non  solo  dalle
istituzioni comunitarie, ma anche dagli Stati  membri  nell'esercizio
dei poteri loro  conferiti  dalle  direttive  comunitarie  (Corte  di
giustizia Zez. II 14 dicembre 2006 - Sentenze 3 dicembre  1998  causa
C-381/97 e 26 aprile 2005 causa C-376/02). 
    In ambito europeo, invero, il legittimo affidamento riguarda  non
solo gli atti amministrativi, ma anche gli atti legislativi  e  opera
nei rapporti tra gli  Stati  membri,  tra  questi  e  le  istituzioni
comunitarie, tra queste ultime e i cittadini. 
    In particolare, con riferimento agli  atti  amministrativi  detto
principio e' ingenerato da un comportamento delle istituzioni o degli
Stati membri capace di far nascere un'aspettativa. Tale comportamento
puo' consistere in un atto di amministrazione attiva, che accresca la
sfera  giuridica  soggettiva  dei   destinatari   dell'atto,   ovvero
nell'inerzia, piu' o meno qualificata, per effetto  della  quale  non
viene  rimossa  la  situazione  di  vantaggio  di  cui  il  cittadino
beneficia e nella  quale  egli  confida.  Il  legittimo  affidamento,
quindi, puo' insorgere a seguito dell'adozione di un atto  ampliativo
della sfera giuridica soggettiva o per la mancata adozione di un atto
sfavorevole ed ha trovato applicazione anche nelle sentenze  in  tema
di  revoca  dell'atto  amministrativo,  che  opera  in  relazione  al
ragionevole lasso di tempo trascorso tra  l'atto  e  la  sua  revoca.
Tanto piu' che la semplice prassi amministrativa non puo'  ingenerare
un affidamento legittimo e pertanto puo'  essere  rimossa,  con  ogni
conseguenza per il privato, anche a seguito di  una  pronuncia  della
Corte di giustizia di segno contrario. 
    Alla luce di quanto sopra e' evidente che una prolungata  inerzia
dell'Amministrazione  e'  comportamento  idoneo  a  far  sorgere  nel
destinatario della sanzione sull'avvenuta archiviazione del  relativo
procedimento tanto piu'  che  l'archiviazione  non  viene  comunicata
all'interessato. 
    Ne deriva che un'ordinanza ingiunzione messa  dopo  diversi  anni
dall'avvio del procedimento e' illegittima del violazione dell'art. 1
della legge n. 241/1990. 
3. Violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3  della
Costituzione. 
    Il principio del  legittimo  affidamento  trova  affermazione  in
molti  rami  del  diritto  ed  in  particolare   nei   rapporti   tra
l'amministrazione e il privato cittadino. I livelli della tutela sono
molteplici e la sua violazione puo' scaturire non  solo  da  un  atto
illegittimo, che e' possibile sindacare sotto il profilo dell'eccesso
di potere, ma anche a seguito della adozione di un atto legittimo  ma
dannoso e persino dalla inerzia colpevole. 
    Il  legittimo  affidamento  e'  dunque  un   canone   dell'azione
amministrativa, corollario della imparzialita', che  affonda  le  sue
radici proprio nella nozione di  uguaglianza  sostanziale  consacrata
nell'art. 3 della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letti gli articoli 134 e 137 della Costituzione,  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87, il Tribunale ordinario di Venezia, in persona  del  GOT  dott.
Giovanni Calasso, ritenuta non manifestamente infondata e  rilevante,
per la decisione del presente giudizio, la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 18 della legge n.  689/1981  per  violazione
degli articoli 97, 117 e 3 della Costituzione nei termini  e  per  le
ragioni di cui in motivazione; 
    Dispone la sospensione del procedimento in corso; 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  al  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  e  la  comunicazione  della  stessa  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; 
    Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla  Corte  costituzionale
insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle  notificazioni
e delle comunicazioni prescritte. 
    Si comunichi. 
        Venezia, 22 ottobre 2019 
 
                           Il GOT: Calasso