N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 ottobre 2020
Ordinanza del 25 ottobre 2019 del Tribunale di Venezia nel procedimento civile promosso da Caffe Centrale snc di Cattapan Marco e Greta contro Comune di Venezia. Sanzioni amministrative - Ordinanza-ingiunzione - Determinazione, con ordinanza motivata, della somma dovuta per la violazione e conseguente ingiunzione di pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente - Mancata previsione di un termine per l'emissione dell'ordinanza ingiunzione. - Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), art. 18.(GU n.11 del 11-3-2020 )
TRIBUNALE DI VENEZIA Promosso da: attore: Caffe' Centrale snc di Cattapan Marco e Greta; difensore: Grimani Pier Vettor; Nei confronti di: convenuto: Comune di Venezia; difensore: Iannoti Antonio. Il Tribunale di Venezia, I Sezione civile, in persona del GOT avv. Giovanni Calasso, con riferimento al giudizio sopra in epigrafe ha emesso la seguente ordinanza. Svolgimento del processo 1. Con ricorso depositato il giorno 11 settembre 2018 la societa' Caffe' Centrale s.n.c. di Cattapan Marco e Greta ed il sig. Cattapan Marco in proprio proponevano opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione nn. 15219, 15218, 15217, 15216, 15215 e 15209 del 30 gennaio 2018, notificata il 12 luglio 2018, con la quale il dirigente della Polizia locale aveva applicato la sanzione pecuniaria di euro 1.800,00 per l'infrazione dell'art. 58, comma 5 del regolamento CE n. 1224/09 e dell'art. 16 decreto legislativo n. 109/92 esponendo che: la societa' Caffe' Centrale snc di Cattapan Marco e Greta era titolare di un'attivita' di somministrazione di alimenti e bevande in un pubblico esercizio in Venezia San Polo n. 746; con processi verbali n. 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del 28 gennaio 2014, notificati il 24 febbraio 2014, la Capitaneria di porto Guardia costiera di Venezia del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva contestato ai ricorrenti la violazione dell'art. 18 del regolamento CE n. 178/02 «per aver detenuto ai fini della commercializzazione nell'esercizio commerciale all'interno della propria cella frigo» i prodotti alimentari indicati nei processi stessi «senza avere un sistema idoneo che consentisse la rintracciabilita' del prodotto ittico presente nella cella frigo» rappresentando quindi l'applicabilita' della sanzione di cui all'art. 2 decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 190; con contestuali verbali nn. 6, 7, 8, 9, 10 e 11 la stessa Guardia costiera aveva contestato ai ricorrenti la violazione dell'art. 2 decreto ministeriale 27 marzo 2002, dell'art. 4 decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 e dell'art. 58 del regolamento CE n. 1224/90 «per aver detenuto ai fini della commercializzazione nell'esercizio commerciale all'interno della propria cella» i predetti prodotti alimentari sprovvisti di etichettatura, prospettando l'applicabilita' della sanzione di cui all'art. 18, comma 3 del citato decreto legislativo n. 109/1992; in data 26 marzo 2014 i ricorrenti avevano presentato al sindaco del Comune di Venezia i propri scritti difensivi facendo presente che la rintracciabilita' dei prodotti era comunque garantita fino al momento del consumo e che il regolamento CE n. 178/02 non era applicabile nella fattispecie trattandosi di prodotti ittici; che la carenza di etichettatura era dipesa dal fatto che il coperchio delle confezioni sul quale tale etichettatura era apposta era stato per errore gettato; che comunque doveva semmai essere applicata un'unica sanzione ai sensi dell'art. 8, legge n. 689/1981; con ordinanza nn. 15231, 15224, 15223, 15222, 15221 e 15220 del 30 gennaio 2018, notificata il 12 luglio 2018, il dirigente del Corpo di polizia locale del Comune di Venezia aveva comminato ai ricorrenti la sanzione pecuniaria di euro 2.250,00 per violazione dell'art. 18 del regolamento CE n. 178/02 sanzionato dall'art. 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 190; contestualmente con l'ordinanza citata il dirigente della Polizia locale aveva applicato la sanzione pecuniaria di euro 1.800,00 per l'infrazione dell'art. 58, comma 5 del regolamento CE n. 1224/09 e dell'art. 16 decreto legislativo n. 109/1992; il regolamento CE n. 1224/09, in particolare l'art. 58 che disciplinava la tracciabilita' dei prodotti mediante etichettatura non poteva applicarsi al consumatore finale ovvero all'esercente l'attivita' di somministrazione di alimenti e bevande bensi' solo agli operatori che intervengono fini alla vendita dei prodotti atteso che l'art. 58 faceva riferimento agli operatori, i quali secondo l'art. 4 sono i soggetti che intervengono nelle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione, distribuzione e vendita al dettaglio dei prodotti ittici; l'amministrazione aveva comminato due volte la medesima sanzione una sanzione specifica ai ricorrenti in considerazione del fatto che i prodotti rinvenuti nella cella frigorifera erano privi di etichettatura, sanzionando nuovamente i ricorrenti gia' sanzionati; l'applicazione della sanzione per violazione dell'art. 58 del regolamento CE n. 1224/09 escludeva l'applicabilita' della sanzione di cui all'art. 18 del regolamento CE n. 178/02 in applicazione dell'art. 8 della legge n. 689/1981 che stabiliva che «salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette piu' violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione piu' grave, aumentata sino al triplo»; la sanzione applicata ai sensi del regolamento CE n. 178/02 era stata impugnata con separato ricorso di cui si chiedeva la riunione con applicazione in subordine in un'unica sanzione. 2. Con comparsa depositata il 17 gennaio 2019 si costituiva il Comune di Venezia rilevando che: i sei processi verbali oggetto dell'ordinanza ingiunzione opposta attenevano alla violazione dell'art. 18 regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, come sanzionato dall'art. 2 decreto legislativo n. 190/2006; tale disposizione comunitaria era strettamente connessa con l'art. 58 del regolamento CE n. 1224/2009 del Consiglio del 20 novembre 2009, il quale, invece, provvedeva una serie di norme in materia di tracciabilita' specifiche per i prodotti della pesca e dell'acquacoltura il cui scopo era quello di implementare un sistema di controllo dell'attivita' di pesca coerente con gli scopi del primo; i ricorrenti erano stati sanzionati «per aver detenuto ai fini della commercializzazione nell'esercizio commerciale» prodotti sprovvisti di etichettatura e pertanto non rintracciabili come imponeva la normativa nazionale e comunitaria; il «Caffe' Centrale» non poteva essere considerato «consumatore finale» in quanto utilizzava il prodotto alimentare in un'attivita' d'impresa nel settore alimentare (ai sensi dell'art. 3, paragrafo legge n. 18 reg. (CE) n. 178/2002) consistente nel preparare il pesce per l'immissione dello stesso nel mercato, attraverso un'attivita' di vendita/cessione del prodotto ittico dietro corrispettivo del prezzo con conseguente sua assoggettabilita' alla disciplina sulla tracciabilita' prevista per i prodotti della pesca dall'art. 58 del regolamento (CE) n. 1224/2009; non vi era stata alcuna duplicazione di sanzione atteso che l'art. 58 del reg. CE n. 1224/2009 riguardava specificamente i prodotti della pesca, mentre l'art. 18 reg. CE n. 178/2002 concerneva tutti i prodotti alimentari in generale, compresi i mangimi attendo, peraltro, la prima alla mancanza di informazioni fornite dalle etichette stesse, mentre la seconda a un piu' generale obbligo di tracciabilita' del prodotto assolto attraverso anche la etichettatura; l'affermazione in merito all'applicabilita' dell'art. 8, legge n. 689/1981 basata sull'equiparazione dei due regolamenti comunitari era priva di fondamento e, di conseguenza, l'applicazione di due sanzioni, una per violazione dell'art. 58 regolamento (CE) n. 1224/2009, l'altra (oggetto del giudizio «parallelo» recante R.G. n. 8927/2018) per la violazione dell'art. 18 del regolamento (CE) n. 178/2002, era del tutto corretta avendo finalita' differenti. 3. Autorizzato il deposito di memorie conclusive il Tribunale, con ordinanza del giorno 11 settembre 2019, invitava le parti a prendere posizione sul decorso del tempo inerente l'emissione e la notifica dell'ordinanza-ingiunzione avvenuta a distanza di oltre quattro anni dalla data di accertamento dei fatti contestati. Depositati scritti difensivi, all'udienza del 21 ottobre 2019 le parti chiedevano che il giudizio fosse deciso. Cio' posto, essendo evidente la rilevanza della questione di costituzionalita' ai fini della adozione dei provvedimenti decisori della causa civile in esame, appare opportuno svolgere brevemente i motivi di diritto in base ai quali questo giudicante ritiene costituzionalmente illegittima l'ordinanza impugnata per violazione degli articoli 1 e 2 della legge n. 241/1990. Motivazioni di diritto Non vi sono dubbi che lo strumento espressivo della potesta' autoritativa della pubblica amministrazione, per superare il vaglio di legittimita' e non incorrere in vizi patologici che ne possano inficiare la validita' e l'efficacia, deve essere conforme ai dettami della legge, tanto che per patologia del provvedimento amministrativo si intende la difformita' di quest'ultimo alle norme di legge e ai principi generali dell'Ordinamento interno e comunitario, al cui rispetto l'attivita' amministrativa deve improntarsi ai sensi dell'art. 1 della legge n. 241/1990 con la conseguenza che l'attivita' amministrativa che lede i principi dell'ordinamento comunitario e' illegittima. Cio' premesso, poiche' l'accertamento della lesione incide in via sostanziale sulle questioni che interessano il contenzioso in essere, e necessario verificare se il provvedimento sanzionatorio emesso a distanza di anni dal giorno in cui e' stata commessa la violazione, risulti effettivamente coerente con i principi sanciti dalla Costituzione stante l'aperto contrasto e la manifesta violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli 97, 117, 3 della Costituzione. Invero la legge n. 689/1981 e, in particolare l'art. 18, non prevede un termine per l'emissione dell'ordinanza ingiunzione consentendo di fatto e senza la previsione di una norma giuridica, in palese violazione dei principi di imparzialita' e di buon andamento dell'amministrazione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, che un provvedimento sanzionatorio amministrativo venga emesso e notificato a distanza di molti anni dal giorno in cui e' stata commesso il fatto. Motivi l) Violazione del principio di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione E' fatto non contestato che il procedimento sanzionatorio e' un procedimento amministrativo che si conclude con l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione per la quale la legge non precisa il termine entro il quale debba essere emessa, pur stabilendo dei termini precisi in cui debba avvenire la contestazione (immediatamente o entro 90 giorni dall'accertamento); il termine di giorni sessanta entro cui la parte puo' effettuare il pagamento in misura ridotta, se previsto, ovvero il termine di giorni trenta per produrre memorie formulando istanza per essere sentito. Ebbene, dal momento in cui l'interessato e' stato ascoltato ovvero da quando l'amministrazione ha ricevuto il rapporto da parte degli organi accertatori, non vi e' un termine legislativamente previsto entro il quale l'Autorita' amministrativa deve completare l'istruttoria ed emettere la decisione finale decidendo se disporre l'archiviazione o irrogare la sanzione, come invece, previsto dal codice della strada per le sanzioni dallo stesso disciplinate. L'art. 2 della legge n. 241/1990, come modificato dall'art. 7, comma 1, della legge n. 69 del 2009, stabilisce che il procedimento amministrativo debba concludersi entro i termini di giorni novanta tant'e' che la «mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonche' di responsabilita' disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente». D'altra parte il decorso del termine consente alla parte di chiedere al giudice amministrativo la nomina di un commissario ad acta al fine di ottenere una condanna dell'amministrazione a provvedere. Alla luce di quanto sopra ai procedimenti sanzionatori che non sono altro che dei procedimenti amministrativi, deve applicarsi il principio di cui all'art. 2 della legge n. 241/1990 per quanto disciplinato all'art. 97 della Costituzione. Cio' pero', non comporta in via automatica l'invalidita' delle ordinanze ingiunzioni emesse e notificate oltre il termine sopra menzionato con la conseguenza che la definizione di procedimenti anche durati per diversi anni, ma entro il termine prescrizionale di cinque anni - come nel caso de quo - viene riconosciuta valida dalla giurisprudenza, pur essendo in appello contrasto con la necessita' di assicurare la certezza dei diritti dei privati con conseguente violazione dei principi dell'affidamento e di conclusione e proporzionalita' dell'azione amministrativa. Codesta Ecc.ma Corte ha esaminato la questione, dichiarandola inammissibile o infondata, facendo pero' riferimento agli articoli 24 e 11 della Costituzione che sanciscono dei principi inerenti la disciplina dell'attivita' giurisdizionale che non possono applicarsi al procedimento sanzionatorio che ha carattere esclusivamente amministrativo (Corte cost. ordinanza, 26 febbraio 2010, n. 77). Il termine prescrizionale quinquennale, pertanto, puo' trovare applicazione solo in caso di attivita' processuale e non amministrativa. Considerare efficace detto termine comporta il venir meno del principio dell'affidamento e della proporzionalita' dell'azione amministrativa. 2) Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali Il predetto principio dell'affidamento, evidenziato anche dalla dottrina e' stato riconosciuto dalla giurisprudenza comunitaria e, precisamente dalla Corte di giustizia e dal Tribunale di primo grado (Trib. I Grado CE, 17 dicembre 1998, causa T-203/96; tribunale I Grado CE, 13 marzo 2003, n. 125), che hanno affermato che «il principio della tutela dell'affidamento fa parte dell'ordinamento giuridico comunitario» e deve essere rispettato non solo dalle istituzioni comunitarie, ma anche dagli Stati membri nell'esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie (Corte di Giustizia Sez. II 14 dicembre 2006 - sentenze 3 dicembre 1998 causa C-381/97 e 26 aprile 2005 causa C-376/02). In ambito europeo, invero, il legittimo affidamento riguarda non solo gli atti amministrativi, ma anche gli atti legislativi e opera nei rapporti tra gli Stati membri, tra questi e le istituzioni comunitarie, tra queste ultime e i cittadini. In particolare, con riferimento agli atti amministrativi detto principio e' ingenerato da un comportamento delle istituzioni o degli Stati membri capace di far nascere un'aspettativa. Tale comportamento puo' consistere in un atto di amministrazione attiva, che accresca la sfera giuridica soggettiva dei destinatari dell'atto, ovvero nell'inerzia, piu' o meno qualificata, per effetto della quale non viene rimossa la situazione di vantaggio di cui il cittadino beneficia e nella quale egli confida. Il legittimo affidamento, quindi, puo' insorgere a seguito dell'adozione di un atto ampliativo della sfera giuridica soggettiva o per la mancata adozione di un atto sfavorevole ed ha trovato applicazione anche nelle sentenze in tema di revoca dell'atto amministrativo, che opera in relazione al ragionevole lasso di tempo trascorso tra l'atto e la sua revoca. Tanto piu' che la semplice prassi amministrativa non puo' ingenerare un affidamento legittimo e pertanto puo' essere rimossa, con ogni conseguenza per il privato, anche a seguito di una pronuncia della Corte di giustizia di segno contrario. Alla luce di quanto sopra e' evidente che una prolungata inerzia dell'amministrazione e' comportamento idoneo a far sorgere nel destinatario della sanzione sull'avvenuta archiviazione del relativo procedimento tanto piu' che l'archiviazione non viene comunicata all'interessato. Ne deriva che un'ordinanza ingiunzione messa dopo diversi anni dall'avvio del procedimento e' illegittima del violazione dell'art. 1 della legge n. 241/90. 3. Violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione Il principio del legittimo affidamento trova affermazione in molti rami del diritto ed in particolare nei rapporti tra l'amministrazione e il privato cittadino. I livelli della tutela sono molteplici e la sua violazione puo' scaturire non solo da un atto illegittimo, che e' possibile sindacare sotto il profilo dell'eccesso di potere, ma anche a seguito della adozione di' un atto legittimo ma dannoso e persino dalla inerzia colpevole. Il legittimo affidamento e' dunque un canone dell'azione amministrativa, corollario della imparzialita', che affonda le sue radici proprio nella nozione di uguaglianza sostanziale consacrata nell'art. 3 della Costituzione.
P.Q.M. Letti gli articoli 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il Tribunale ordinario di Venezia, in persona del GOT dott. Giovanni Calasso, ritenuta non manifestamente infondata e rilevante, per la decisione del presente giudizio, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge n. 689/1981 per violazione degli articoli 97, 117 e 3 della Costituzione nei termini e per le ragioni di cui in motivazione; Dispone la sospensione del procedimento in corso; Ordina la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Si comunichi. Venezia, 22 ottobre 2019 Il GOT: Calasso