N. 24 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 febbraio 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 25 febbraio 2020 (della Regione Liguria). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2020 - Attribuzione ai Comuni, per gli anni dal 2020 al 2022, per il ristoro del gettito non piu' acquisibile a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013, di un contributo complessivo di 300 milioni di euro anziche' di un contributo nella misura di 625 milioni assunta nel d.m. 6 novembre 2014, ovvero in altra misura comunque ritenuta congrua al fine di reintegrare i Comuni dei minori introiti effettivamente generati per l'introduzione della Tasi. - Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), art. 1, comma 554, in combinato disposto con l'art. 1, comma 892, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili - Disposizioni in materia di enti locali - Previsione di un incremento del 5 per cento annuo, a partire dall'anno 2020 e fino all'anno 2030 della percentuale di perequazione a valere quale criterio di distribuzione delle risorse del Fondo di solidarieta' comunale tra i Comuni. - Decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157, art. 57, comma 1. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2020 - Fondo di solidarieta' comunale tra i Comuni - Destinazione, quanto a 100 milioni di euro nel 2020, a specifiche esigenze di correzione nel riparto del Fondo di solidarieta' comunale. - Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), art. 1, comma 849.(GU n.14 del 1-4-2020 )
Ricorso ex art. 127, comma 2, della Costituzione della Regione Liguria (C.F. 00849050109), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. Giovanni Toti, con sede legale in Genova, via Fieschi, 15, rappresentata e difesa, ai fini del presente giudizio, dall'avv. Pietro Piciocchi del Foro di Genova (C.F. PCCPTR77H10D969U - PEC pietro.piciocchi@ordineavvgenova.it) e con domicilio eletto presso l'avv. Andrea Manzi del Foro di Roma (C.F. MNZNDR64T26I804V - PEC andreamanzi@ordineavvocatiroma.org), con studio in Roma, via Federico Confalonieri, 5, giusta procura speciale in calce al presente atto e delibera della giunta regionale n. 107 del 18 febbraio 2020 (doc. n. 1), Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, nel domicilio ex lege presso l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, via dei Portoghesi, 12, per l'annullamento: dell'art. 1, comma 554, legge n. 160/2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale del 30 dicembre 2019, n. 304, per contrasto con gli articoli 5, 119, commi 1 e 4, della Costituzione, nella parte cui, in combinato disposto con l'art. 1, comma 892, legge n. 145/2018, per gli anni dal 2020 al 2022, consolida il contributo riconosciuto ai comuni per il ristoro del gettito non piu' acquisibile a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella misura complessiva di euro 300 milioni, anziche' nella misura di euro 625 milioni, assunta nel decreto ministeriale 6 novembre 2014, ovvero in altra misura comunque ritenuta congrua al fine di reintegrare i comuni dei minori introiti effettivamente generati per effetto dell'introduzione della TASI; dell'art. 57, comma 1, decreto-legge n. 124/2019, convertito con legge n. 157/2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - del 24 dicembre 2019, n. 301, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte in cui prevede che «la quota di cui al periodo precedente e' incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030»; dell'art. 1, comma 849, legge n. 160/2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - del 30 dicembre 2019, n. 304, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte in cui, anziche' reintegrare completamente, a partire dall'anno 2020, il fondo di solidarieta' comunale nella misura di euro 563,4 milioni, sottratta dall'art. 47, comma 8, decreto-legge n. 66/2014, prevede una somma di euro 100 milioni a ristoro parziale per la medesima causale. Fatto 1) Il Consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria, istituito con legge regionale n. 11/2011, con delibera n. 2 del 14 febbraio 2020, ha formulato istanza al Presidente della giunta regionale della Liguria, ai sensi dell'art. 32, comma 2, della legge n. 87/1953, ai fini della proposizione di ricorso in via principale a codesta ecc.ma Corte costituzionale per l'annullamento delle disposizioni di cui in epigrafe che, in ragione della violazione dei parametri di seguito dedotti, appaiono gravemente lesive dell'autonomia finanziaria dei comuni della Liguria, costituzionalmente garantita, e della loro capacita' di spesa. Al fine di cogliere appieno la portata delle censure che si appuntano avverso le suddette disposizioni, giova premettere che nell'ultimo decennio il comparto delle amministrazioni locali e' quello che piu' di ogni altro e' stato chiamato a concorrere agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica. Il contributo, stimato in oltre 12 miliardi di euro, si e' manifestato in una significativa contrazione della spesa ed in un incremento della leva fiscale necessaria a compensare il venire meno dei trasferimenti dello Stato e la costituzione di nuovi importanti vincoli di parte corrente, quali il Fondo crediti dubbi esigibilita' che, al momento attuale, congela oltre 4 miliardi e mezzo di euro nelle pieghe dei bilanci dei comuni. Come precisato nel recente documento pubblicato da IFEL, «La finanza comunale in sintesi, rapporto 2019», pag. 107, «nel complesso, dal 2010 al 2018 le risorse standard dei comuni (...) si riducono del 35% (...) l'incidenza dei trasferimenti dello Stato scende dal 61% al 15%». 2) Le disposizioni impugnate, in parte consolidano per il futuro precedenti tagli lineari di risorse ai danni dei comuni, in spregio alla giurisprudenza consolidata di codesta ecc.ma Corte in ordine alla necessaria delimitazione temporale dei suddetti tagli lineari, in parte confermano una costante erosione delle entrate a valere sul fondo di solidarieta' comunale per effetto dell'incedere di meccanismi di riparto delle risorse tra i comuni che, non ponendo alcuna considerazione alla clausola costituzionale che sancisce la garanzia del finanziamento integrale delle funzioni ad essi attribuite dalla legge, nonche' alla natura verticale degli strumenti delineati dalla Costituzione per la perequazione delle minori capacita' fiscali, minano la stabilita' dei bilanci pubblici, ne pregiudicano gli equilibri, riducendo, altresi', gravemente la possibilita' di spesa degli enti locali per il mantenimento di servizi fondamentali in favore della cittadinanza. Si ritiene che tale evoluzione - rectius involuzione - del sistema della finanza locale non sia in linea con le disposizioni costituzionali che sanciscono il principio dell'autonomia finanziaria degli enti locali costituzionalmente garantita, alla luce del magistero di codesta ecc.ma Corte in materia e del percorso di attuazione del cosiddetto federalismo fiscale che ormai dieci anni or sono aveva prefigurato il legislatore e che e' restato in larga parte inattuato nel comparto dei comuni. 3) Ed infatti, con la legge n. 42/2009, il Parlamento, dopo anni di tentativi sempre falliti e rispondendo finalmente ai ripetuti solleciti di codesta ecc.ma Corte, aveva avviato l'attuazione del dettato costituzionale introdotto nell'art. 119, della Costituzione con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. In particolare, per quanto concerne il cosiddetto federalismo municipale, era stato in seguito adottato il decreto legislativo n. 23/2011 che aveva previsto un significativo potenziamento dell'autonomia tributaria dei comuni (cfr. articoli 2, 7, 8, 9 e 11), in luogo dell'abolizione dei trasferimenti dello Stato, nella prospettiva di superare il paradigma della finanza derivata in favore di un sistema di finanza autonoma, con precise garanzie a favore dell'integrita' dei bilanci comunali (cfr. art. 12). Quanto agli strumenti di perequazione, il decreto in esame aveva istituito con l'art. 2, comma 3, il fondo sperimentale di riequilibrio per la durata di anni tre, da alimentarsi con il gettito dei tributi indicati nei commi 1 e 2, tutti relativi alla fiscalita' immobiliare dello Stato, e mediante una compartecipazione al gettito dell'IVA, nella logica di un sistema di perequazione verticale. A regime, invece, sarebbe entrato in vigore il definitivo fondo perequativo per i comuni previsto dall'art. 13 della menzionata legge delega sul federalismo fiscale, articolato in due componenti, relative, rispettivamente, alle funzioni fondamentali e alle funzioni non fondamentali, ed alimentato con risorse statali. 4) Cio' posto, a distanza di quasi dieci anni dalla definizione di questo percorso di attuazione del dettato costituzionale, si deve prendere atto di come il sistema della finanza locale abbia seguito una direzione diametralmente opposta in quanto lo Stato: i) ha soppresso completamente i trasferimenti ordinari agli enti locali che prima operavano sui fondi perequativi; ii) nell'effettuare queste soppressioni, non ha posto la minima attenzione all'esigenza di consentire una correlata dilatazione dell'autonomia tributaria dei comuni, cosi' come voluto dalla Costituzione, tale da mantenere invariate le risorse, posto che anche i tributi di cui si era prefigurata la devoluzione ai comuni in base all'art. 2, decreto legislativo n. 23/2011 sono rimasti saldamente in capo all'amministrazione centrale; iii) ha drasticamente ridotto ulteriori trasferimenti compensativi di minori gettiti derivanti da manovre agevolative sui tributi locali, arrecando in tal modo un grave vulnus all'integrita' dei bilanci comunali; iv) inoltre, al fine di sopperire alla completa assenza dello Stato nella perequazione, il legislatore ha disposto che una quota estremamente rilevante dell'IMU dei comuni sia ogni anno trattenuta allo scopo di alimentare il fondo di solidarieta' comunale ai fini del successivo riparto tra gli enti locali; v) a cio' si aggiunga che una porzione importante del gettito dell'IMU riferito ai fabbricati di categoria D viene parimenti trattenuta dallo Stato, con ulteriore compressione delle disponibilita' di bilancio. 5) In particolare, con riguardo al sistema di perequazione, come bene evidenziato nel documento di approfondimento del 7 marzo 2018 redatto dal servizio Studi della Camera dei deputati, «va sottolineato che la struttura attuale del Fondo di solidarieta' comunale e' prevalentemente orizzontale, essendo alimentato esclusivamente dai comuni attraverso il gettito dell'imposta municipale propria, e non anche dalla fiscalita' generale, come invece richiesto dalla legge n. 42 del 2009 in riferimento al fondo perequativo per le funzioni fondamentali. Tuttavia tale situazione dipende dal fatto che la componente verticale, finanziata dallo Stato, di fatto e' stata annullata dai tagli delle risorse del Fondo, derivanti dalle misure di concorso alla finanza pubblica previste per i comuni sulla base dei principi del coordinamento della finanza pubblica, in relazione alle misure di contenimento della spesa introdotte dal legislatore a partire dall'anno 2010 ad oggi (art. 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, art. 47 del decreto-legge n. 66 del 2014 e art. 1, comma 435, della legge n. 190 del 2014), cosa che comporta che i trasferimenti complessivi (al netto delle compensazioni dei tributi soppressi) risultino negativi, ossia il comparto dei comuni trasferisce risorse allo Stato». Ne deriva che il paradigma di una finanza autonoma, sancito nella Costituzione, e' rimasto disatteso e rispetto ad un passato in cui era lo Stato a trasferire risorse ai comuni, oggi sono i comuni che trasferiscono risorse allo Stato, ragion per cui la capacita' fiscale dei comuni, a dispetto dell'autonomia prevista nella Carta fondamentale, e' stata in parte asservita al bilancio statale. A tal proposito, come rilevato dalla Corte dei conti nella relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali dell'anno 2016, gli interventi di abolizione della TASI sull'abitazione principale, di esclusione dalla tassazione locale dei terreni agricoli, e altre misure agevolative fiscali, nonche' il contestuale incremento del fondo di solidarieta' comunale a compensazione (parziale) delle relative perdite di gettito, hanno in sostanza ridefinito un impianto centralistico del sistema di finanziamento dei comuni che sembra via via allontanarsi dal progetto di federalismo municipale avviato con il decreto legislativo n. 23/2011. 6) Si puo' agevolmente comprendere la condizione di agonia e lo stato di irreversibile prostrazione in cui versa la finanza locale che nel giro di pochi anni ha dovuto assorbire la sterilizzazione dei trasferimenti storici dello Stato, sui quali si reggeva la stabilita' del bilancio, e la privazione di una cospicua quota di gettito della propria IMU destinata alla solidarieta' intercomunale, essendosi lo Stato, come detto, inammissibilmente ritirato dai suoi obblighi perequativi, in una condizione in cui ogni anno, anche per effetto dei meccanismi perequativi che in questa sede saranno censurati, non v'e' stabilita' di risorse. Se a cio' si aggiunge l'implementazione sempre piu' massiccia di ulteriori vincoli di finanza pubblica che, per quanto condivisibili, comprimono ulteriormente la capacita' di spesa degli enti locali, congelando risorse di parte corrente, quali, a titolo esemplificativo, il fondo crediti dubbia esigibilita' che nell'anno 2020 raggiunge quota 95 per cento di accantonamento, con possibilita' di svincolo al 90 per cento ai sensi dell'art. 1, comma 79, legge n. 160/2019, ovvero il nuovo fondo di garanzia per i crediti commerciali che la legge di bilancio ha traslato al 2021, incidendo comunque fin d'ora sul bilancio pluriennale degli enti, appare palese la situazione di grave squilibrio strutturale in cui ormai, loro malgrado, versano molte amministrazioni locali e come cio' si debba necessariamente riverberare in una significativa contrazione dei servizi offerti ai cittadini. Va da se' che - occorre ribadirlo ulteriormente - si tratta di un disegno diametralmente opposto alla visione dell'autonomia, del federalismo fiscale e della clausola di salvaguardia della stabilita' dei bilanci dei comuni - contenuta nel comma 4 dell'art. 119, della Costituzione - che in questi anni e' stata negletta dallo Stato che, nel sottrarre le risorse, non ha posto la dovuta attenzione alla garanzia del mantenimento di un livello adeguato dei servizi erogati dai comuni, non essendo ancora stati definiti i LEP, senza i quali ogni meccanismo di perequazione appare largamente deficitario, e permanendo nel sistema della finanza locale un grave gap, acuito dalla ritirata dello Stato, tra il costo dei fabbisogni da finanziare attinenti alle funzioni fondamentali, pari ad oltre 33 miliardi (cfr. sito OpenCivitas al link https://www.opencivitas.it/it/cerca-comuni), e la capacita' fiscale dei comuni che, a livello aggregato, ammonta a circa 26 miliardi di euro (cfr. la relazione semestrale della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, trasmessa alle Presidenze in data 24 ottobre 2019). 7) Ebbene, se cio' poteva essere giustificato in via temporanea, alla luce delle note emergenze della finanza pubblica - che il Governo della Repubblica, con il convinto concorso del comparto dei comuni, e' stato chiamato ad affrontare a partire dalla fine dell'anno 2011 - si e' dell'avviso che un tale assetto non possa essere mantenuto a regime, in un arco temporale ormai piu' che decennale e con una netta prospettiva di futura perpetuazione, in una logica di sistematica sottrazione all'applicazione delle norme costituzionali richiamate, quale emerge, tra l'altro, dalle disposizioni oggetto del presente gravame, le quali ineriscono strettamente sia al tema dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa dei comuni, risolvendosi in un taglio (illegittimo), ormai consolidato e strutturale, di risorse che erano state previste dallo Stato a ristoro di minori gettiti dei tributi locali generati per effetto dell'introduzione di disposizioni agevolative unilateralmente decise, sia alla materia dei fondi perequativi, avendo il legislatore attuato e consolidato una singolare modalita' di solidarieta' che, come detto, si regge sui bilanci (gia' esangui) degli enti locali, in una condizione di grave e sistematica carenza di risorse da parte dello Stato che si e' sottratto ai suoi chiari obblighi in materia di perequazione, delineati dalle norme costituzionali. 8) A riprova di tale conclusione, milita, peraltro, anche la relazione semestrale sull'attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, approvata dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, trasmessa alle Presidenze in data 24 ottobre 2019 che, al paragrafo 3.2, dedica ampio spazio al problema della mancata attuazione della legge n. 42/2009, evidenziando che «tale fenomeno si sostanzia, pertanto, in una sostanziale disapplicazione dell'art. 119 della Costituzione», fino ad esprimere lo stesso concetto in termini assai lapidari, parlando di «dieci anni di inadempimento delle previsioni costituzionali e della legge n. 42 del 2009» che «non possono non essere considerati per una valutazione obiettiva delle richieste in atto (...)». 9) Le disposizioni in questa sede impugnate - che hanno ad oggetto il consolidamento pluriennale del cosiddetto Fondo IMU-TASI, l'avanzamento della percentuale di perequazione nel riparto del fondo di solidarieta' comunale, nonche' un'inadeguata integrazione del fondo stesso con risorse statali - arrecano grave danno alle finanze dei comuni della Regione Liguria, come si attesta dai prospetti che si versano in atti (doc. n. 2). Di seguito si procedera' ad un esame distinto delle singole questioni. Diritto 1) Impugnazione dell'art. 1, comma 554, legge n. 160/2019 per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1 e 4, della Costituzione. 1.1) Con l'art. 1, commi 639 e seguenti, legge n. 147/2013, la materia dei tributi locali e' stata interessata da una profonda riforma attraverso l'istituzione dell'Imposta unica comunale (IUC), a propria volta composta dall'Imposta Municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, e da una componente riferita ai servizi, articolata in TASI (tributo per i servizi indivisibili) e in TARI (tassa sui rifiuti). La IUC e' stata applicata a partire dall'anno 2014. Tuttavia, le aliquote massime di IMU e TASI, cosi' come definite dalla legge n. 147/2013, non garantivano ai comuni lo stesso gettito prodotto dal previgente regime IMU di cui all'art. 13, decreto-legge n. 201/2011. Conseguentemente, con decreto-legge n. 16/2014, convertito con legge n. 68/2014, e' stata apportata una modifica al comma 731 dell'art. 1, legge n. 147/2013, prevendendo che «Per l'anno 2014, e' attribuito ai comuni un contributo di 625 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, e' stabilita, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, la quota del contributo di cui al periodo precedente di spettanza di ciascun comune, tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI». 1.2) In concreta attuazione di tale disposizione, e' stato adottato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 novembre 2014, il quale, all'art. 1, ha disposto il riparto, in favore dei singoli comuni, del «contributo compensativo», secondo la misura spettante a ciascun ente in base all'allegato A. Tali importi, secondo quanto specificato nel decreto (art. 1, comma 3), sono stati determinati «sulla base della metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali nella seduta del 30 luglio 2014». Il 29 luglio 2014, infatti, il Ministero dell'economia e delle finanze aveva emesso una nota metodologica che prevedeva il riparto del fondo complessivo di 625 milioni di euro in favore dei comuni, «tenendo conto dei gettiti effettivi e standard IMU e TASI di ciascun ente». Nella menzionata seduta del 30 luglio 2014 la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali esprimeva il proprio parere favorevole sulla suddetta nota metodologica. Peraltro, in detto documento viene dato atto del fatto che le disposizioni di cui al decreto-legge n. 16/2014 (che quantificavano, come visto, il contributo a favore dei comuni in 625 milioni di euro) erano orientate ad «agevolare il raggiungimento da parte dei comuni, nel quadro del nuovo assetto della tassazione immobiliare locale, di un ammontare di risorse analogo a quello ottenuto con l'IMU, come determinatosi nel 2013, nonche' a favorire l'introduzione di detrazioni TASI sull'abitazione principale (...)». La quantificazione del fondo, in altri termini, doveva essere tale da garantire non solo la copertura integrale del minor introito derivante dalla fiscalita' immobiliare locale, ma, altresi', la possibilita' per i comuni di introdurre detrazioni per la TASI sull'abitazione principale. Sulla base di tali documenti, pertanto, era conseguentemente riconosciuto espressamente dal Ministero dell'economia e delle finanze il diritto dei comuni ad ottenere il ristoro per la perdita subita a causa del minor gettito, per i titoli di cui si e' detto, nella misura di euro 625 milioni di euro, somma effettivamente sufficiente a coprire i minori introiti conseguenti alle modifiche legislative. 1.3) Tuttavia, senza alcuna giustificazione e, soprattutto, senza alcuna attenzione al livello dei fabbisogni da finanziare, a partire dall'anno 2015, l'ammontare del fondo statale, e conseguentemente del contributo per tale titolo riconosciuto ai comuni, e' stato ex abrupto drasticamente ed illegittimamente ridotto. Per l'anno 2015, infatti, il fondo complessivo e' stato determinato in 530 milioni di euro, in forza dell'art. 8, comma 10, decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015, convertito con legge n. 125/2015; per l'anno 2016 il fondo e' stato determinato in 390 milioni di euro, ai sensi del comma 20, dell'art. 1, della legge n. 208/2015; per l'anno 2017 il fondo complessivo e' stato quantificato, con ulteriore ingiustificato abbattimento, in 300 milioni di euro, come specificato nel comma 1 dell'art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017, attuativo dell'art. 1, comma 439, della legge n. 232/2016; per l'anno 2018 il comma 870 dell'art. 1 della legge n. 205/2017 ha previsto che « (...) a titolo di ristoro del gettito non piu' acquisibile dai comuni a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e' attribuito ai comuni interessati un contributo complessivo di 300 milioni di euro nella misura indicata per ciascun ente nella tabella B allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017»; per l'anno 2019 il comma 892, dell'art. 1, della legge n. 145/2018 ha previsto che «Per ciascuno degli anni dal 2019 al 2033, a titolo di ristoro del gettito non piu' acquisibile dai comuni a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e' attribuito ai comuni interessati un contributo complessivo di 190 milioni di euro annui da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale finalizzati alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprieta' comunale». 1.4) Tale disposizione non si e' limitata a ridurre ulteriormente il fondo ma ha previsto, altresi', una specifica destinazione delle risorse destinate ai comuni che, essendo preordinate a ristorare la diminuzione dei precedenti gettiti di tributi locali per manovre decise dallo Stato, per definizione avrebbero dovuto essere libere e, invece, oggi assumono natura vincolata per l'importo di 190 milioni di euro, importo, peraltro, addirittura cristallizzato fino al 2033. Senonche', con decreto-legge n. 135/2018, convertito con legge n. 12/2019, e' stato poi introdotto, sempre all'art. 1 della suindicata legge n. 145/2018, il comma 895-bis il quale dispone che «A titolo di ristoro del gettito non piu' acquisibile dai comuni a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639, dell'art. 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e' attribuito ai comuni interessati un contributo complessivo di 110 milioni di euro per l'anno 2019, da ripartire con decreto del Ministero dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, da emanare entro il 30 aprile 2019, in proporzione al peso del contributo di ciascun ente di cui alla tabella B allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017». L'ammontare del Fondo IMU-TASI, per effetto di tale intervento normativo, e' stato pertanto ricostituito, per l'anno 2019, nella somma di euro 300 milioni, ancorche' euro 190 milioni, come detto, abbiano una destinazione vincolata ad interventi di manutenzione pluriennale di strade e scuole fino al 2033. 1.5) Da ultimo, con riferimento agli anni 2020 e seguenti, l'art. 1, comma 554, legge n. 160/2019, disposizione in questa sede impugnata, ha previsto quanto segue: «Per gli anni 2020, 2021 e 2022, a titolo di ristoro del gettito non piu' acquisibile dai comuni a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e' attribuito ai comuni interessati un contributo complessivo di 110 milioni di euro annui da ripartire secondo gli importi indicati per ciascun comune nell'allegato A al decreto del Ministero dell'interno 14 marzo 2019, recante: «Riparto a favore dei comuni del contributo compensativo, pari complessivamente a 110 milioni di euro, per l'anno 2019». Il legislatore, pertanto, con tale disposizione, in combinato disposto con l'art. 1, comma 892, legge n. 145/2018, ha definitivamente consolidato, per gli anni dal 2020 al 2022 il Fondo IMU-TASI nella misura di euro 300 milioni, che dal 2023 e fino al 2033 si riducono a 190 milioni, in luogo dei 625 milioni attestati dal Ministero dell'economia e delle finanze per assicurare il ristoro del minor gettito effettivo derivato ai comuni in seguito alla legge n. 147/2013. 1.6) Cio' posto, all'esito di tale evoluzione normativa, risulta evidente che lo Stato, come piu' avanti verra' meglio specificato, in conseguenza dei tagli «lineari» delle risorse del fondo istituito con il decreto-legge n. 16/2014, abbia palesemente leso l'interesse dei comuni a vedersi integralmente ristorare le perdite di gettito subite, limitandosi a riconoscere ormai solo trasferimenti parzialmente compensativi - peraltro in costante erosione - dei minori gettiti che sono conseguiti all'introduzione delle modifiche normative alla tassazione immobiliare locale e alle varie agevolazioni fiscali sui tributi locali, quali, ad esempio, l'esenzione dall'IMU e dalla TASI sull'abitazione principale. Non v'e' chi non veda come l'effetto finale di tale impostazione obliteri completamente il dettato costituzionale poiche' lo Stato ha definitivamente eroso un'entrata propria del Comune, riducendo illegittimamente, immotivatamente ed arbitrariamente, in maniera rilevante, i trasferimenti agli enti locali che avrebbero dovuto ristorare le perdite di gettito subite, con grave violazione del principio costituzionale di autonomia finanziaria. 1.7) Cio' posto, il legislatore statale, nel ridurre drasticamente e progressivamente l'ammontare dei trasferimenti statali all'uopo istituiti nel 2014, ha sostanzialmente imposto sine die ai comuni che si sono visti decrementare il gettito nel 2013 per effetto dell'introduzione della TASI e di ulteriori agevolazioni volute dallo Stato sui propri tributi una contrazione della propria spesa necessaria per l'espletamento delle funzioni assegnate dalla legge, con cio' evidentemente ledendo i principi costituzionali che riconoscono e promuovono le autonomie locali, imponendo un adeguamento dei principi e dei metodi della legislazione nazionale alle esigenze dell'autonomia e del decentramento (art. 5 della Costituzione), nonche' i principi costituzionali che riconoscono espressamente ai comuni l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa (art. 119, comma 1, della Costituzione), nonche' ancora il precetto costituzionale, contenuto nel comma 4 dell'art. 119, della Costituzione, secondo cui le risorse derivanti dalle entrate previste in Costituzione consentono ai comuni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite, disposizione, quest'ultima, che trova attuazione, con riguardo all'attuazione del federalismo fiscale, anche nell'art. 11, comma 1, lettera d) e d), legge n. 42/2009. 1.8) Infatti, come si e' detto, al fine di compensare e ristorare i minori introiti in favore dei comuni a seguito delle misure fiscali adottate dallo Stato a vantaggio dei contribuenti, e dunque delle minori entrate di gettito locale per IMU e TASI, il decreto-legge n. 16/2014 aveva previsto al comma 731 dell'art. 1 della legge n. 147/2013 l'attribuzione ai comuni del fondo di 625 milioni di euro. Tale ammontare era stato determinato - come si evince dalla nota metodologica resa, con il parere favorevole della Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, in conformita' alla previsione del suddetto comma 731, dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 29 luglio 2014 - secondo i criteri indicati dall'art. 11 della legge delega sul federalismo fiscale. Tale documento ha precisato, segnatamente, che il «principale riferimento per l'ammontare del contributo di 625 milioni previsto dal decreto-legge n. 16/2014» e' stato individuato dal legislatore nel «saldo netto tra il fabbisogno totale da finanziare e le risorse disponibili». Sempre secondo le indicazioni della nota metodologica ministeriale, «il fabbisogno complessivo di ciascun comune e' costituito da tre componenti; i) lo sforzo fiscale dell'IMU sull'abitazione principale non piu' esercitabile dai comuni (gettito effettivo IMU relativo alle abitazioni principali e alle relative pertinenze stimato per il 2013); ii) l'onere delle detrazioni a favore delle abitazioni principali e relative pertinenze tali da garantire in corrispondenza di un'aliquota massima TASI l'esenzione per un numero di immobili sostanzialmente uguale agli immobili esentati con l'IMU; iii) la TASI ad aliquota di base (...) non concretamente applicabile sugli immobili diversi dall'abitazione principale per effetto di cui al comma 677», secondo il quale la somma delle aliquote TASI e IMU non puo' superare l'aliquota massima pari al 10,6 per mille. Nella nota viene, altresi', specificato come sono state calcolate le «risorse aggiuntive disponibili». 1.9) Il saldo netto fra tali poste ha determinato la quantificazione del fondo in 625 milioni di euro; appare, dunque, evidente come si intendesse con cio' ristorare integralmente la perdita di gettito subita dai comuni a seguito delle agevolazioni fiscali per i contribuenti, adottate dallo Stato, cio' in attuazione di un principio di invarianza di gettito che dovrebbe ispirare ogni modifica legislativa che incida sulle entrate degli enti locali, in conformita' ai dettami del federalismo fiscale. Nel caso in esame tale principio, che trova la propria fonte nelle disposizioni costituzionali sopra richiamate, e' dunque stato palesemente violato. 1.10) Si eccepisce, pertanto, l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni normative sopra rubricate le quali infrangono il principio di autonomia finanziaria, incorrendo in tale guisa nel divieto dei cosiddetti «tagli lineari», ovvero dei tagli ai trasferimenti statali diretti a ristorare perdite di gettito degli enti locali che si perpetuano nel tempo (addirittura, nella fattispecie, dal 2023 al 2033 il fondo viene ulteriormente ridotto e portato a 190 milioni di euro). Tale condotta viola palesemente i principi costituzionali sopra richiamati che sono stati ripetutamente disvelati dalla consolidata giurisprudenza costituzionale. Cio', peraltro, in presenza di una «perdurante inattuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione)» (cfr. in motivazione, Corte costituzionale, sentenza n. 122 del 20 maggio 2019, Considerato in diritto, n. 5, terzo paragrafo). 1.11) Codesta ecc.ma Corte ha precisato, al riguardo, che «norme statali che fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla condizione, tra l'altro, che si limitino a prevedere un contenimento complessivo della spesa corrente dal carattere transitorio (ex multis, tra le piu' recenti, sentenze n. 154 del 2017, n. 65 del 2016, n. 218 e n. 189 del 2015; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2014, n. 236 e n. 229 del 2013, n. 217, n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011). Non e' in discussione il potere del legislatore statale di programmare risparmi anche di lungo periodo relativi al complesso della spesa pubblica aggregata. E questa Corte ha, anzi, gia' chiarito che «una censura che lamenta il presunto carattere permanente dello specifico contributo non e' provata dalla circostanza che essa si aggiunga agli effetti delle precedenti manovre di finanza pubblica» (sentenza n. 154 del 2017). Tuttavia, le singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare il carattere della temporaneita', al fine di definire in modo appropriato, anche tenendo conto delle scansioni temporali dei cicli di bilancio e piu' in generale della situazione economica del Paese, «il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, evitando la sostanziale estensione dell'ambito temporale di precedenti manovre che potrebbe sottrarre al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici di queste ultime in un periodo piu' lungo» (sentenza n. 169 del 2017). Questa Corte ritiene che venga appunto sottratta al trasparente confronto parlamentare la valutazione delle ricadute di lungo periodo di una manovra economica, tutte le volte in cui la relativa durata venga raddoppiata, attraverso la tecnica normativa dell'aggiunta progressiva di ulteriori annualita' a quelle inizialmente previste (...). Non e' un caso, del resto, che gia' nella sentenza n. 141 del 2016, proprio con riferimento al contributo imposto dal primo periodo dell'art. 46, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, come convertito, questa Corte avesse segnalato che il costante «ricorso a tale tecnica normativa potrebbe, infatti, prestare al canone della transitorieta' un ossequio solo formale, in assenza di plausibili e riconoscibili ragioni che impediscano in concreto al legislatore di ridefinire e rinnovare complessivamente, secondo le ordinarie scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, alla luce di mutamenti sopravvenuti nella situazione economica del Paese», ribadendo, nella successiva sentenza n. 154 del 2017 e sempre con riferimento al medesimo contributo, l'invito al legislatore ad evitare il ricorso a tale tecnica» (Corte costituzionale, sentenza n. 103 del 2018). E ancora: «la riduzione sproporzionata delle risorse, non corredata da adeguate misure compensative, e' infatti in grado di determinare un grave vulnus all'espletamento da parte delle Province [e dei comuni] delle funzioni espressamente conferite dalla legge (...). Dunque la forte riduzione delle risorse destinate a funzioni esercitate con carattere di continuita' ed in settori di notevole rilevanza sociale risulta manifestamente irragionevole proprio per l'assenza di proporzionate misure che ne possano in qualche modo giustificare il dimensionamento (su analoga questione, sentenza n. 188 del 2015)» (Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2016). 1.12) Detti principi devono, a maggior ragione, valere nel caso che ci occupa in cui - a fronte dell'obbligo di assolvimento di funzioni previste dalla legge in capo ai comuni e, nel contempo, della sostanziale mancata attuazione del federalismo fiscale con riguardo alle entrate degli enti locali - la disposizione impugnata ha consolidato il taglio lineare del cosiddetto Fondo IMU TASI, determinandolo per gli anni dal 2020 al 2022, in euro 300 milioni, anziche' in euro 625 milioni individuati dal competente Ministero al fine di garantire ai comuni il ristoro integrale della perdita di gettito sofferta, cio' che viene ulteriormente aggravato dal fatto che dal 2023 e fino al 2033 il contributo sara' ulteriormente ridotto a 190 milioni di euro. 1.13) In tale contesto, Regione Liguria, richiesta dal Consiglio delle autonomie locali, impugna la disposizione sopra rubricata per contrasto con l'art. 5, della Costituzione e con l'art. 119, commi 1 e 4, della Costituzione, nella parte cui, per gli anni dal 2020 al 2022, ha consolidato il contributo riconosciuto ai comuni per il ristoro del gettito non piu' acquisibile a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella misura complessiva di euro 300 milioni, anziche' nella misura di euro 625 milioni, assunta nel decreto ministeriale 6 novembre 2014, ovvero in altra misura comunque ritenuta congrua al fine di reintegrare i comuni dei minori introiti effettivamente generati per effetto dell'introduzione della TASI e di assicurare loro risorse adeguate per l'esercizio delle funzioni ad essi assegnate dalla Costituzione e dalla legge. 2) Impugnazione dell'art. 57, comma 1, decreto-legge n. 124/2019, convertito con legge n. 157/2019, nella parte in cui prevede che «la quota di cui al periodo precedente e' incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030», per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione. 2.1) La disposizione impugnata cosi' prevede: "La lettera c) del comma 449 dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e' sostituita dalla seguente: «c) destinato, per euro 1.885.643.345,70, eventualmente incrementati della quota di cui alla lettera b) non distribuita e della quota dell'imposta municipale propria di spettanza dei comuni connessa alla regolazione dei rapporti finanziari, ai comuni delle regioni a statuto ordinario, di cui il 40 per cento per l'anno 2017 e il 45 per cento per gli anni 2018 e 2019, da distribuire tra i predetti comuni sulla base della differenza tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento. La quota di cui al periodo precedente e' incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030. Ai fini della determinazione della predetta differenza la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, di cui all'art. 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, propone la metodologia per la neutralizzazione della componente rifiuti, anche attraverso l'esclusione della predetta componente dai fabbisogni e dalle capacita' fiscali standard. Tale metodologia e' recepita nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 451 del presente articolo. L'ammontare complessivo della capacita' fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario e' determinato in misura pari al 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacita' fiscale da perequare sino all'anno 2019. A decorrere dall'anno 2020 la predetta quota e' incrementata del 5 per cento annuo, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2029. La restante quota, sino all'anno 2029, e', invece, distribuita assicurando a ciascun comune un importo pari all'ammontare algebrico della medesima componente del Fondo di solidarieta' comunale dell'anno precedente, eventualmente rettificata, variato in misura corrispondente alla variazione della quota di fondo non ripartita secondo i criteri di cui al primo periodo»". La norma citata dispone un incremento del 5 per cento annuo, a partire dall'anno 2020 e fino all'anno 2030, della percentuale di perequazione a valere quale criterio di distribuzione delle risorse del fondo di solidarieta' comunale tra i comuni. Dall'anno 2030, pertanto, l'intero ammontare del fondo di solidarieta' comunale sara' distribuito sulla base della differenza tra capacita' fiscali e fabbisogni standard. 2.2) Cio' posto, al fine di cogliere la portata e gli effetti di tale disposizione, giova premettere alcune sintetiche considerazioni sulla materia dei fondi perequativi, sulla recente evoluzione normativa in tale ambito, sulle disposizioni costituzionali vigenti nella materia e, soprattutto, sugli insegnamenti resi dal magistero di codesta ecc.ma Corte al riguardo, onde verificare come gli stessi siano palesemente disattesi dalla disposizione impugnata. L'art. 119, comma 3, della Costituzione stabilisce che «la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale per abitante»; sulla base del comma successivo, le risorse attribuite agli enti locali - tributi ed entrate propri, compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibile al loro territorio, quote del fondo perequativo - «consentono (...) di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». In coerenza con tale indicazione, l'art. 13, legge n. 42/2009 ha dettato i principi ed i criteri direttivi per la costruzione e la distribuzione dei fondi perequativi di comuni e Province che, secondo quanto stabilito nella delega, dovevano essere alimentati con risorse tratte dalla fiscalita' statale e, come detto, in funzione della garanzia dello svolgimento delle «funzioni pubbliche loro attribuite». Nella prospettiva della delega per il federalismo fiscale, la perequazione delle risorse finanziarie manteneva, quindi, la sua naturale vocazione solidaristica a salvaguardia dell'attivita' degli enti locali che, attraverso il pieno dispiegarsi della propria autonomia tributaria, non riuscivano ad essere autosufficienti: la perequazione ipotizzata aveva, inoltre, natura chiaramente verticale, nel senso che era lo Stato chiamato a perequare, destinando parte del gettito dei suoi tributi ad alimentare i fondi perequativi e lasciando che l'autonomia tributaria dei comuni si dispiegasse in modo pieno, senza prelievi da parte dello Stato, a supporto del finanziamento delle funzioni ad essi attribuite. 2.3) In virtu' della citata legge n. 42/2009 e' stato adottato il gia' menzionato decreto legislativo n. 23/2011 che, tra l'altro, ha attuato la delega legislativa sui fondi perequativi per gli enti locali e, al fine di consentire lo sviluppo del principio di autonomia tributaria, aveva, altresi', previsto la cessione di alcuni tributi dallo Stato ai comuni. Non si dimentichi, infatti, che obiettivo dichiarato del legislatore, in attuazione del dettato costituzionale, era quello di portare il sistema delle autonomie territoriali da una finanza derivata ad una finanza autonoma. Per quanto interessa nella presente sede, il decreto in esame ha istituito con l'art. 2, comma 3, il fondo sperimentale di riequilibrio per la durata di anni tre, da alimentarsi con il gettito dei tributi indicati nei commi 1 e 2, tutti relativi alla fiscalita' immobiliare dello Stato, e mediante una compartecipazione degli enti locali al gettito dell'imposta sul valore aggiunto. A regime, invece, sarebbe entrato in vigore il definitivo fondo perequativo per i comuni previsto dall'art. 13 della menzionata legge delega sul federalismo fiscale, articolato in due componenti, relative, rispettivamente, alle funzioni fondamentali e alle funzioni non fondamentali. Fondi - si insiste - sempre alimentati con gettito dei tributi dello Stato. 2.4) Sennonche', con la legge di bilancio per l'anno 2013 e' stata disposta l'abrogazione del fondo sperimentale di riequilibrio e l'istituzione di un nuovo fondo di solidarieta' intercomunale che ha profondamente sconvolto il sistema che, in armonia con i principi dell'art. 119, della Costituzione, era stato prima delineato. In sintesi, l'art. 1, comma 380, lettera b), legge n. 228/2012 ha stabilito che il nuovo fondo di solidarieta' comunale viene alimentato non piu' con il gettito dei tributi erariali bensi' «con una quota dell'imposta municipale propria di spettanza dei comuni (...) definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali (. ..)». 2.5) Gia' tale impostazione, ad avviso di questa difesa, costituisce una prima grave violazione del dettato costituzionale alla luce dell'insegnamento di codesta ecc.ma Corte sulla natura tipizzata e verticale dei fondi perequativi delineata nella riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (ex plurimis Corte costituzionale, sentenza n. 176 del 2012; nello stesso senso, Corte costituzionale, sentenza n. 46 del 2013). Ancora piu' esplicitamente, sotto tale profilo, la sentenza n. 61 del 2018 per la quale «la nostra Carta costituzionale contempla un sistema perequativo di tipo verticale che prevede l'intervento diretto a carico del bilancio dello Stato». Va sottolineato, peraltro, che sul funzionamento del fondo di solidarieta', in particolare sotto il profilo distributivo delle risorse effettivamente disponibili per ciascun comune, hanno inciso profondamente i tagli determinati dalle misure di finanza pubblica poste a carico dei comuni a partire dall'anno 2010, applicati sulla base di criteri diversi (spending review, revisione base imponibile dell'IMU, riduzione del fondo di solidarieta' comunale), ragion per cui e' ormai acclarata una condizione di grave squilibrio strutturale tra le risorse disponibili per i comuni attraverso le proprie capacita' fiscali e le quote del fondo di solidarieta' di cui beneficiano da un lato, e il costo dei fabbisogni standard dall'altro, squilibrio che ammonta a circa 9 miliari di euro (cfr. Relazione sulle manovre di finanza pubblica a carico delle regioni e degli enti locali, a cura della Ragioneria generale dello Stato trasmessa alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale a febbraio 2018). 2.6) Quanto ai criteri di riparto, invece, l'art. 1, comma 449, lettera c), legge n. 232/2016 aveva originariamente previsto che l'ammontare del fondo fosse distribuito sulla base della differenza tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard secondo la seguente progressione temporale: 40 per cento per l'anno 2017; 55 per cento per l'anno 2018; 70 per cento per l'anno 2019; 85 per cento per l'anno 2020; 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Poiche' una cosi' pronunciata progressione della perequazione - in una condizione di latitanza dello Stato che, a decorrere dall'anno 2014, non aveva immesso piu' risorse nel fondo - avrebbe generato un autentico sconquasso nei bilanci dei comuni che, caratterizzandosi per maggiori capacita' fiscali, contribuiscono maggiormente al fondo e ricevono meno di altri, pregiudicandone gravemente l'equilibrio, si e' optato per un approccio piu' graduale alla perequazione, prevedendone, dapprima il congelamento per l'anno 2019, in deroga alla citata disposizione, mediante l'art. 1, comma 921, legge n. 145/2018, quindi, a mezzo della norma in questa sede impugnata, il riavvio, ancorche' in una quota del 5 per cento annuo, fino a raggiungere il 100 per cento nell'anno 2030. 2.7) Sta di fatto che, sebbene questa misura abbia in parte mitigato gli effetti dell'incedere della perequazione, essa, anche in chiave prospettiva, arreca grande nocumento alle finanze dei comuni della Liguria che, per effetto di una grave distorsione e sperequazione del sistema catastale in Italia, che discrimina i cittadini liguri in comparazione con tutti gli altri a motivo di valori catastali inopinatamente elevati, sono i primi per capacita' fiscale (capacita' media pro capite italiana euro 475 - capacita' media pro capite nei comuni liguri euro 776 - fonte: Relazione semestrale della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, cit., pag. 32); incedere della perequazione che, fondata su questa base irragionevole ed in una strutturale situazione di carenza di risorse, non assicura stabilita' e certezza di finanze ai comuni della Liguria, imponendo loro una continua contrazione dei servizi, nonostante gli altri tributi versati dai propri amministrati, con cio' contraddicendo uno dei principi cardine in materia finanziaria stabilito dall'art. 149, comma 2, decreto legislativo n. 267/2000, diretta derivazione dell'art. 119, comma 1, della Costituzione, in virtu' del quale «Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite», nonche', in ultima analisi, mortificando la cifra del federalismo che, a fronte di maggiori tributi versati, dovrebbe condurre alla restituzione di maggiori servizi. Questo anche nella logica del principio della responsabilita' nell'esercizio della rappresentanza democratica (ex plurimis sentenza n. 18 del 2019). 2.8) La progressione della perequazione, oltre ad aggravare ulteriormente la violazione del precetto, piu' volte ribadito da codesta ecc.ma Corte, per cui gli strumenti perequativi delineati dal nostro ordinamento costituzionale sono di tipo verticale, non si basa su una considerazione attenta circa la capacita' degli enti che ne traggono nocumento di mantenere inalterato il livello del finanziamento delle funzioni ad essi attribuite nel rispetto dell'art. 119, comma 4, della Costituzione. In senso contrario, tenuto conto del grave squilibrio strutturale che caratterizza il sistema derivante da una chiara insufficienza delle risorse sul fronte delle entrate, della permanente mancata definizione dei LEP, unitamente alla considerazione per cui la definizione dei fabbisogni standard, ai sensi dell'art. 3, decreto legislativo n. 216/2010, attiene alle sole funzioni fondamentali dei comuni, la conclusione non puo' che essere una sola: nel sistema di finanziamento dei comuni permane una rilevante carenza di risorse che non consente agli enti con maggiori capacita' fiscali, sempre piu' incisi dalla perequazione, di fare fronte al finanziamento integrale delle funzioni loro attribuite, con violazione della piu' volte citata clausola di salvaguardia di cui all'art. 119, comma 4, della Costituzione. 2.9) In questa cornice di riferimento, che lo Stato non ha mai smentito, ipotizzare l'avanzamento della perequazione appare un'operazione quantomeno velleitaria, quasi accademica, un esercizio teoretico, esclusivamente fondato su una ricostruzione virtuale e non effettiva della realta'. In definitiva, poiche' lo Stato continua ad essere grandemente assente nell'immissione di risorse nel fondo di solidarieta' comunale, che e' di natura orizzontale, in luogo di quella che dovrebbe essere la sua caratterizzazione verticale, si ritiene che la disposizione impugnata, nella parte in cui prevede la progressione della perequazione, perpetui un sistema perequativo orizzontale e non assicuri ai comuni un ammontare di risorse sufficiente per l'integrale esercizio delle loro funzioni, con cio' violando i parametri costituzionali rubricati. 2.10) A maggior riprova di tale conclusione, si consideri, altresi', che il meccanismo di riparto delle risorse fondato sul raffronto tra capacita' fiscali e fabbisogni standard e' totalmente insufficiente a misurare l'effettiva capacita' di un ente ad assolvere integralmente all'esercizio delle funzioni ad esso attribuito in base alla legge perche' assume, in sostanza, che l'unica spesa da considerare per decidere dell'ammontare delle risorse sia quella per funzioni fondamentali, quantificata nei fabbisogni standard, prescindendo dalla considerazione di una serie di altri oneri che non si riconducono alle funzioni fondamentali ma che, per altro verso, gravano sui bilanci degli enti locali e che devono trovare soddisfacimento nelle loro capacita' fiscali (le quali, appunto, non sono solo assorbite da fabbisogni standard, come l'attuale sistema sembrerebbe assumere). Si ponga attenzione, ad esempio, alla necessita' per molte amministrazioni di misurarsi con la gestione di un debito che, al momento dell'istituzione del fondo di solidarieta' comunale nel 2012, era assai ingente e che impegna grandemente le capacita' fiscali dei comuni per essere soddisfatto. 2.11) Nel caso dei comuni della Liguria, si puo' considerare la condizione del comune capoluogo di regione che presenta un debito che, sebbene in costante e virtuosa riduzione, e' uno dei maggiori del comparto, per oltre 1 miliardo e 100 milioni di euro, con un'incidenza sulla parte corrente di quasi 120 milioni di euro all'anno: un sistema equo, davvero rispettoso del principio dell'autonomia finanziaria, nella parte in cui tende a raggiungere un punto di vera sostenibilita' e di perequazione, dovrebbe farsi carico di prendere in esame tutti i fattori che condizionano la capacita' di spesa di un ente, non limitandosi a raffrontare capacita' fiscali e fabbisogni standard, come se il bilancio non dovesse farsi carico di altre gravose situazioni, eredita' di anni passati. Un altro caso emblematico per quanto riguarda i comuni della Liguria deriva dal problema, acuitosi negli ultimi anni, del grave dissesto idrogeologico che ha visto impegnate le amministrazioni locali in un grande sforzo finanziario a carico dei propri bilanci per porre rimedio a situazioni che si riverberano sulla sicurezza e sulla pubblica incolumita' dei cittadini e che altrove non si riscontrano. Cosi' come la difficile condizione viabilistica - che in non pochi casi ha determinato situazioni di vero e proprio isolamento per molti comuni della Regione, aggravata dalle note emergenze infrastrutturali acuite a seguito della drammatica vicenda del crollo del Ponte Morandi - importa cospicui oneri di cui, tuttavia, nel riparto delle risorse non si tiene in alcun conto. 2.12) Si rammenta che codesta ecc.ma Corte ha ripetutamente insegnato che «(...) in base al testo dell'art. 119, le regioni - come gli enti locali - sono dotate di "autonomia finanziaria di entrata e di spesa" (primo comma) e godono di "risorse autonome" rappresentate da tributi ed entrate propri, nonche' dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al proprio territorio istituisce un fondo perequativo "senza vincoli di destinazione" (terzo comma). Nel loro complesso tali risorse devono consentire alle regioni ed agli altri enti locali "di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite" (quarto comma)» (Corte costituzionale, sentenza n. 423/2004). E ancora, in un caso che aveva riguardato una significativa decurtazione di risorse alle Province del Piemonte, la Corte ebbe ad affermare con parole nette dalle quali non v'e' ragione di discostarsi: «l'entita' della riduzione delle risorse necessarie per le funzioni conferite alle Province piemontesi si riverbera sull'autonomia di queste ultime, entrando in contrasto con detti parametri costituzionali, nella misura in cui non consente di finanziare adeguatamente le funzioni stesse. La lesione dell'autonomia finanziaria si riflette inevitabilmente sul buon andamento dell'azione amministrativa in quanto la diminuzione delle risorse in cosi' elevata percentuale, «in assenza di correlate misure che ne possano giustificare il dimensionamento attraverso il recupero di efficienza o una riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo conferite» (sentenza n. 188 del 2015), costituisce una menomazione della autonomia stessa, che comporta contestualmente un grave pregiudizio all'assolvimento delle funzioni attribuite in attuazione della legge n. 59 del 1997, e delle altre disposizioni statali e regionali in tema di decentramento amministrativo» (Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2016). 2.13) Ebbene, la clausola di salvaguardia in esame non e' rispettata dalla disposizione impugnata, che sotto le mentite spoglie della perequazione tradisce, in realta', un nuovo taglio lineare nel tempo progressivamente crescente per un numero assai significativo di comuni, tra cui quelli liguri, di guisa che risulta compromesso, in ultima analisi, anche il fondamentale canone della valorizzazione delle autonomie locali che figura tra i principi cardine della nostra Carta, nonche', in ragione delle motivazioni gia' esposte, il precetto costituzionale dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle amministrazioni locali di cui all'art. 119, comma 1, della Costituzione. Disposizioni quali quella impugnata, in conclusione, non fanno altro che aggravare per i comuni che «perdono» dalla perequazione le gia' rilevanti difficolta' nel finanziamento delle funzioni loro attribuite che derivano, in ultima analisi, da una carenza ormai strutturale di introiti adeguati al valore della spesa. Il portato finale di questo sistema determina che al cittadino che versa piu' tributi non possono essere restituiti maggiori servizi, anche in disparte la problematica, gia' accennata, della grave sperequazione che deriva dalle disomogenee rappresentazioni del Catasto in Italia, foriera di discriminazione tra i cittadini, e che pregiudica, prima tra tutte le regioni, la Liguria. 2.14) Alla luce delle precedenti considerazioni, si chiede, pertanto, a codesta ecc.ma Corte di dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 57, comma 1, decreto-legge n. 124/2019, convertito con legge n. 157/2019, nella parte in cui prevede che «la quota di cui al periodo precedente e' incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030». 3) Impugnazione dell'art. 1, comma 849, legge n. 160/2019 per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione. 3.1) La disposizione in oggetto cosi' dispone: «Al comma 449 dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo la lettera d-ter) e' aggiunta la seguente: "d-quater) destinato, quanto a 100 milioni di euro nel 2020, 200 milioni di euro nel 2021, 300 milioni di euro nel 2022, 330 milioni di euro nel 2023 e 560 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, a specifiche esigenze di correzione nel riparto del Fondo di solidarieta' comunale, da individuare con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al secondo e al terzo periodo. I comuni beneficiari nonche' i criteri e le modalita' di riparto delle risorse di cui al periodo precedente sono stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 451. Per l'anno 2020 i comuni beneficiari nonche' i criteri e le modalita' di riparto delle risorse di cui al primo periodo sono stabiliti con un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 gennaio 2020 previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali"». Con tale disposizione il legislatore ha inteso avviare un percorso di progressivo recupero ed innesto nel fondo di solidarieta' comunale delle risorse venute meno per effetto del taglio lineare praticato nel 2014 che le aveva azzerate. 3.2) Ad avviso di questa Regione, tuttavia, tale integrazione e' del tutto insufficiente affinche' possa considerarsi assolto il ruolo assegnato dalla Costituzione allo Stato nella cosiddetta perequazione verticale. Si rammenta che con l'art. 47, comma 8, del decreto-legge n. 66/2014, convertito con legge n. 89/2014, come modificato dall'art. 1, comma 451, lettera b), legge n. 190/2014, e' stato disposto che il fondo di solidarieta', come determinato ai sensi dell'art. 1, comma 380-ter, legge n. 228/2012, fosse ridotto «di 375,6 milioni di euro per l'anno 2014 e di 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017». Il legislatore del 2014 aveva espressamente previsto che i tagli ai finanziamenti statali fossero disposti, per ragioni di contenimento della spesa pubblica riconducibili alla cosiddetta «spending review», inizialmente per il triennio 2015-2017, poi esteso anche all'anno 2018 con legge n. 232/2016. 3.3) Giova fin d'ora precisare che il motivo per cui il taglio lineare e' stato temporalmente delimitato e' da ascrivere alla necessita' di porre ossequio al consolidato insegnamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale per la quale, in tema di rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, «le singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare il carattere della temporaneita'» (Corte costituzionale, sentenza n. 103 del 2018). Ne consegue che, in ossequio a tali autorevoli indicazioni, con decorrenza dall'1° gennaio 2019 e per tutte le annualita' successive, queste risorse avrebbero dovuto essere integralmente ripristinate. E, invece, con la legge di stabilita' per il 2019 (legge n. 145/2018), all'art. 1, comma 921, e' stato previsto che il fondo di solidarieta' comunale venga determinato nell'esatto ammontare dell'anno precedente, come definito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 marzo 2018, e quindi senza ripristinare le risorse «tagliate» solo temporaneamente dal citato art. 47, comma 8, decreto-legge n. 66/2014. In particolare, l'art. 1, comma 921, legge n. 145/2018 ha stabilito che «il fondo di solidarieta' comunale di cui all'art. 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (...) e' confermato per l'anno 2019 sulla base degli importi indicati per ciascun ente, negli allegati al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 marzo 2018 (...)». 3.4) La disposizione impugnata, contenuta nella legge di bilancio per il 2020, ben lungi dall'integrare completamente le risorse improvvidamente venute meno, ne prevede una lenta ricostituzione, in ragione della quale solo a partire dall'anno 2024, vale a dire ben dieci anni dopo l'applicazione del taglio, le amministrazioni locali potranno vedersi completamente ristorate della sottrazione delle risorse da esse subita. 3.5) Cio' posto, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte si e' ripetutamente espressa sulla necessaria delimitazione temporale dei cosiddetti tagli lineari agli enti locali, quale quello subito per effetto del decreto-legge n. 66/2014. E' cosi' stato autorevolmente sancito che «norme statali che fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla condizione, tra l'altro, che si limitino a prevedere un contenimento complessivo della spesa corrente dal carattere transitorio (ex multis, tra le piu' recenti, sentenze n. 154 del 2017, n. 65 del 2016, n. 218 e n. 189 del 2015; nello stesso senso, n. 44 del 2014, n. 236 e n. 229 del 2013, n. 217, n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011). Non e' in discussione il potere del legislatore statale di programmare risparmi anche di lungo periodo relativi al complesso della spesa pubblica aggregata. E questa Corte ha, anzi, gia' chiarito che «una censura che lamenta il presunto carattere permanente dello specifico contributo non e' provata dalla circostanza che essa si aggiunga agli effetti delle precedenti manovre di finanza pubblica» (sentenza n. 154 del 2017). Tuttavia, le singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare il carattere della temporaneita', al fine di definire in modo appropriato, anche tenendo conto delle scansioni temporali dei cicli di bilancio e piu' in generale della situazione economica del Paese, «il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, evitando la sostanziale estensione dell'ambito temporale di precedenti manovre che potrebbe sottrarre al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici di queste ultime in un periodo piu' lungo» (sentenza n. 169 del 2017). Questa Corte ritiene che venga appunto sottratta al trasparente confronto parlamentare la valutazione delle ricadute di lungo periodo di una manovra economica, tutte le volte in cui la relativa durata venga raddoppiata, attraverso la tecnica normativa dell'aggiunta progressiva di ulteriori annualita' a quelle inizialmente previste. Non e' un caso, del resto, che gia' nella sentenza n. 141 del 2016, proprio con riferimento al contributo imposto dal primo periodo dell'art. 46, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, come convertito, questa Corte avesse segnalato che il costante «ricorso a tale tecnica normativa potrebbe, infatti, prestare al canone della transitorieta' un ossequio solo formale, in assenza di plausibili e riconoscibili ragioni che impediscano in concreto al legislatore di ridefinire e rinnovare complessivamente, secondo le ordinarie scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, alla luce di mutamenti sopravvenuti nella situazione economica del Paese», ribadendo, nella successiva sentenza n. 154 del 2017 e sempre con riferimento al medesimo contributo, l'invito al legislatore ad evitare il ricorso a tale tecnica» (Corte costituzionale, sentenza n. 103 del 2018). 2.6) Ulteriori profili di incostituzionalita', a sommesso avviso di questa difesa, derivano dalle seguenti considerazioni. Il fondo di solidarieta' comunale, a dispetto del suo nomen, a seguito della riduzione, fino alla totale soppressione, del finanziamento ad opera dello Stato disposta con il decreto-legge n. 66/2014, ed ora, nonostante la sua molto parziale ricostituzione, non costituisce affatto uno strumento di perequazione a vantaggio e tutela degli enti locali; esso, al contrario, rappresenta uno strumento attraverso il quale sono di fatto sistematicamente sottratte ingenti risorse alle amministrazioni locali per sopperire all'abdicazione dello Stato dai suoi obblighi di perequazione e di solidarieta' nei confronti dei comuni con minori capacita' fiscali. Come gia' evidenziato, attraverso il fondo di solidarieta' comunale, la capacita' fiscale dei comuni, nel suo valore aggregato, pari a 26 miliardi circa, gia' insufficiente a raggiungere il costo dei fabbisogni (pari ad oltre 33 miliardi, come risulta dal sito OpenCivitas, al link https://www.opencivitas.it/it/cerca-comuni), e' stata asservita al bilancio dello Stato, in spregio del principio di autonomia tributaria, scolpito nella riforma del titolo V della Costituzione, realizzata con la legge costituzionale n. 3/2001. L'art. 119 della Costituzione, al comma 3, stabilisce che «la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale per abitante»; il successivo comma 4, inoltre, precisa che «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». Per ragioni di sintesi espositiva e per non tediare ulteriormente codesta ecc.ma Corte, non si ripetono le precedenti considerazioni, peraltro suffragate da autorevoli organismi quali la Corte dei conti e gli uffici studi della Camera dei deputati, inerenti al fatto di come la disciplina del fondo di solidarieta' comunale, sopravvenuta nel 2012, abbia profondamente stravolto il dettato costituzionale improntato al canone dell'autonomia ed i principi contenuti nella legge delega sul federalismo fiscale nella materia dei fondi perequativi. 2.7) Tale conclusione, invero, non muta per effetto della ricostituzione progressiva delle risorse statali che appaiono largamente insufficienti, pure nella loro modulazione tra gli anni 2020 e 2024, per ripristinare un sistema di perequazione verticale, quale e' quello delineato dal nostro sistema costituzionale. Si consideri, a questo riguardo, che, ai sensi dell'art. 1, comma 380-ter, lettera a), legge n. 228/2012, l'ammontare complessivo del fondo di solidarieta' comunale per la parte non compensativa dei minori gettiti derivanti da disposizioni agevolative dello Stato ammonta a 2.768,8 milioni di euro prelevati ai comuni da una quota dell'imposta municipale propria. Il concorso dello Stato, per converso, ammonta per l'anno 2020 a soli 100 milioni, che diventeranno 564 milioni nel 2024, sempreche' frattanto non interverranno modifiche di tipo recessivo. 2.8) Questi numeri attestano in modo evidente che il sistema di perequazione delle capacita' fiscali dei comuni vigente nel nostro Paese, nonostante gli ultimi interventi dello Stato, resta di natura saldamente orizzontale. Tuttavia, come gia' evidenziato, la necessaria natura «verticale» dei meccanismi perequativi previsti dalla Costituzione e' stata a piu' riprese ribadita da codesta Corte, la quale ha affermato che l'art. 119 della Costituzione e le relative norme attuative «sono esplicite nello stabilire che gli interventi perequativi e solidali devono garantire risorse aggiuntive rispetto a quelle reperite per l'esercizio delle normali funzioni e che tali risorse devono provenire dallo Stato». Da cio', secondo la Corte, deriva «l'implicito riconoscimento del principio di tipicita' delle ipotesi e dei procedimenti attinenti alla perequazione regionale, che caratterizza la scelta legislativa di perequazione verticale effettuata in sede di riforma del titolo V della Costituzione mediante la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (Corte costituzionale, sentenza n. 176 del 2012; sentenza n. 46 del 2013). Ed ancora, con specifico riferimento all'art. 119, comma 3, della Costituzione, codesta Corte ha ribadito che «la nostra Carta costituzionale contempla un sistema perequativo di tipo verticale che prevede l'intervento diretto a carico del bilancio dello Stato» (Corte costituzionale, sentenza n. 61 del 2018). 2.9) Alla luce di quanto precede e' possibile concludere che: a) la Costituzione prevede unicamente strumenti perequativi di natura verticale, che si estrinsecano in un trasferimento da parte dello Stato in favore delle autonomie locali di risorse aggiuntive rispetto a quelle da questi reperite per l'esercizio delle normali funzioni, cosi' palesandosi il vero e proprio cortocircuito logico di un sistema che, dissimulando con la perequazione una vistosa operazione di riduzione di risorse ai comuni, sottrae di fatto denaro agli enti locali, senza porre alcuna attenzione alla clausola di salvaguardia dell'art. 119, comma 4, della Costituzione, con riferimento alla garanzia dell'integrale assolvimento delle finzioni loro attribuite; b) gli strumenti perequativi individuati dalla Costituzione sono tassativi, con la conseguenza che gli interventi volti a compensare la minore capacita' fiscale dei territori piu' svantaggiati puo' avvenire «solo attraverso quei moduli legislativi e procedimentali non collidenti con il dettato dell'art. 119 della Costituzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 176 del 2012). Ne consegue che la disciplina del fondo di solidarieta' comunale, nella misura in cui prevede un meccanismo perequativo di natura sostanzialmente orizzontale, che resta tale anche in prospettiva futura, dove la contribuzione dei comuni e' largamente eccedente quella, minima, dello Stato, e' palesemente incostituzionale per violazione degli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione. 2.10) D'altra parte, il fatto che gli interventi legislativi descritti abbiano trasformato il fondo di solidarieta' comunale, attribuendogli una natura di fatto «orizzontale», e' confermato dal gia' citato documento datato 7 marzo 2018 redatto dal servizio Studi della Camera dei deputati, nel quale si precisa testualmente che «va, in ultima analisi, sottolineato che la struttura attuale del fondo di solidarieta' comunale e' prevalentemente orizzontale, essendo alimentato esclusivamente dai comuni attraverso il gettito dell'imposta municipale propria, e non anche dalla fiscalita' generale, come invece richiesto dalla legge n. 42 del 2009 in riferimento al fondo perequativo per le funzioni fondamentali. Tuttavia tale situazione dipende dal fatto che la componente verticale, finanziata dallo Stato, di fatto e' stata annullata dai tagli delle risorse del Fondo, derivanti dalle misure di concorso alla finanza pubblica previste per i comuni sulla base dei principi del coordinamento della finanza pubblica, in relazione alle misure di contenimento della spesa introdotte dal legislatore a partire dall'anno 2010 ad oggi (art. 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, art. 47 del decreto-legge n. 66 del 2014 e art. 1, comma 435, della legge n. 190 del 2014), cosa che comporta che i trasferimenti complessivi (al netto delle compensazioni dei tributi soppressi) risultino negativi, ossia il comparto dei comuni trasferisce risorse allo Stato». L'esatto contrario della volonta' del legislatore costituzionale e di quanto a piu' riprese ribadito da questa ecc.ma Corte in ordine alla natura necessariamente della perequazione e alla tipicita' degli strumenti perequativi. 2.11) In conclusione, la disposizione impugnata appare incostituzionale, posto che: i) perpetua per una durata piu' che doppia rispetto a quella iniziale il taglio lineare disposto con il decreto-legge n. 66/2014, in spregio alle disposizioni costituzionali di cui in rubrica; ii) prevede un innesto di risorse statali nel fondo di solidarieta' comunale del tutto insufficiente, largamente inferiore alla contribuzione comunale, affinche' si possa predicare la natura verticale della perequazione. Si formula auspicio, pertanto, affinche' codesta ecc.ma Corte possa cogliere l'opportunita' della presente impugnativa anche al fine di impartire al legislatore indicazioni utili per riportare il sistema della finanza locale al rispetto dei principi costituzionali in materia. 2.12) Per tali ragioni, Regione Liguria ricorre, su espressa richiesta del Consiglio delle autonomie locali, a codesta ecc.ma Corte costituzionale per ottenere l'annullamento l'art. 1, comma 849, legge n. 160/2019, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte in cui, anziche' ricostituire, a partire dall'anno 2020, il fondo di solidarieta' comunale nella misura di euro 563,4 milioni, sottratta per effetto dell'art. 47, comma 8, decreto-legge n. 66/2014, stabilisce un meccanismo di ricomposizione progressiva che, allo stato, ne consentira' il pieno reintegro solo nell'anno 2024.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare costituzionalmente illegittime, ai sensi dell'art. 136, della Costituzione, le seguenti disposizioni: art. 1, comma 554, legge n. 160/2019, per contrasto con gli articoli 5, 119, commi 1 e 4, della Costituzione, nella parte cui, per gli anni dal 2020 al 2022, in combinato disposto con l'art. 1, comma 892, legge n. 145/2018, consolida il contributo riconosciuto ai comuni per il ristoro del gettito non piu' acquisibile a seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639, dell'art. 1, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella misura complessiva di euro 300 milioni, anziche' nella misura di euro 625 milioni, assunta nel decreto ministeriale 6 novembre 2014, ovvero in altra misura comunque ritenuta congrua al fine di reintegrare i comuni dei minori introiti effettivamente generati per effetto dell'introduzione della TASI; art. 57, comma 1, decreto-legge n. 124/2019, convertito con legge n. 157/2019, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte in cui prevede che «la quota di cui al periodo precedente e' incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030»; art. 1, comma 849, legge n. 160/2019, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte in cui, anziche' reintegrare completamente, a partire dall'anno 2020, il fondo di solidarieta' comunale nella misura di euro 563,4 milioni, sottratta dall'art. 47, comma 8, decreto-legge n. 66/2014, prevede una somma di euro 100 milioni a ristoro parziale per la medesima causale. Con la massima osservanza. Genova-Roma, 22 febbraio 2020 Avv. Piciocchi