N. 24 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 febbraio 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 25 febbraio 2020 (della Regione Liguria). 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  bilancio  2020   -
  Attribuzione ai Comuni, per gli anni  dal  2020  al  2022,  per  il
  ristoro   del   gettito   non   piu'    acquisibile    a    seguito
  dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1  della
  legge n. 147 del 2013, di un contributo complessivo di 300  milioni
  di euro anziche' di un  contributo  nella  misura  di  625  milioni
  assunta nel d.m. 6 novembre 2014, ovvero in altra  misura  comunque
  ritenuta congrua  al  fine  di  reintegrare  i  Comuni  dei  minori
  introiti effettivamente generati per l'introduzione della Tasi. 
- Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2020-2022), art. 1, comma 554, in combinato disposto con l'art.  1,
  comma 892, della legge  30  dicembre  2018,  n.  145  (Bilancio  di
  previsione dello Stato  per  l'anno  finanziario  2019  e  bilancio
  pluriennale per il triennio 2019-2021). 
Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia
  fiscale e per esigenze indifferibili - Disposizioni in  materia  di
  enti locali - Previsione di un incremento del 5 per cento annuo,  a
  partire dall'anno 2020 e fino all'anno 2030  della  percentuale  di
  perequazione a valere quale criterio di distribuzione delle risorse
  del Fondo di solidarieta' comunale tra i Comuni. 
- Decreto-legge 26 ottobre 2019,  n.  124  (Disposizioni  urgenti  in
  materia fiscale e  per  esigenze  indifferibili),  convertito,  con
  modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157, art. 57, comma
  1. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2020 - Fondo  di
  solidarieta' comunale tra i Comuni -  Destinazione,  quanto  a  100
  milioni di euro nel 2020, a specifiche esigenze di  correzione  nel
  riparto del Fondo di solidarieta' comunale. 
- Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2020-2022), art. 1, comma 849. 
(GU n.14 del 1-4-2020 )
    Ricorso ex art. 127, comma 2, della  Costituzione  della  Regione
Liguria (C.F.  00849050109),  in  persona  del  Presidente  e  legale
rappresentante pro tempore, dott. Giovanni Toti, con sede  legale  in
Genova, via Fieschi, 15, rappresentata e difesa, ai fini del presente
giudizio,  dall'avv.  Pietro  Piciocchi  del  Foro  di  Genova  (C.F.
PCCPTR77H10D969U -  PEC  pietro.piciocchi@ordineavvgenova.it)  e  con
domicilio eletto presso l'avv. Andrea Manzi del Foro  di  Roma  (C.F.
MNZNDR64T26I804V  -  PEC   andreamanzi@ordineavvocatiroma.org),   con
studio in Roma, via Federico Confalonieri, 5, giusta procura speciale
in calce al presente atto e delibera della giunta  regionale  n.  107
del 18 febbraio 2020 (doc. n. 1), 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,  nel
domicilio ex lege presso l'Avvocatura generale dello Stato  in  Roma,
via dei Portoghesi, 12, per l'annullamento: 
        dell'art. 1, comma 554, legge n. 160/2019,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale del 30 dicembre 2019, n. 304, per
contrasto con gli articoli 5, 119, commi 1 e 4,  della  Costituzione,
nella parte cui, in combinato disposto con l'art. 1, comma 892, legge
n. 145/2018, per gli anni dal 2020 al 2022, consolida  il  contributo
riconosciuto  ai  comuni  per  il  ristoro  del  gettito   non   piu'
acquisibile a seguito dell'introduzione della TASI di  cui  al  comma
639 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n.  147,  nella  misura
complessiva di euro 300 milioni, anziche' nella misura  di  euro  625
milioni, assunta nel decreto ministeriale 6 novembre 2014, ovvero  in
altra misura comunque ritenuta  congrua  al  fine  di  reintegrare  i
comuni  dei  minori  introiti  effettivamente  generati  per  effetto
dell'introduzione della TASI; 
        dell'art. 57, comma 1, decreto-legge n. 124/2019,  convertito
con legge n. 157/2019, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  -  Serie
generale - del 24 dicembre  2019,  n.  301,  per  contrasto  con  gli
articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte  in
cui  prevede  che  «la  quota  di  cui  al  periodo   precedente   e'
incrementata del 5 per cento annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere
il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030»; 
        dell'art. 1, comma 849, legge n. 160/2019,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - del 30 dicembre 2019,  n.  304,
per contrasto con gli articoli 5  e  119,  commi  1,  3  e  4,  della
Costituzione, nella parte in cui, anziche' reintegrare completamente,
a partire dall'anno 2020, il fondo  di  solidarieta'  comunale  nella
misura di euro  563,4  milioni,  sottratta  dall'art.  47,  comma  8,
decreto-legge n. 66/2014, prevede una somma di  euro  100  milioni  a
ristoro parziale per la medesima causale. 
 
                                Fatto 
 
    1) Il Consiglio delle autonomie  locali  della  Regione  Liguria,
istituito con legge regionale n. 11/2011, con delibera n.  2  del  14
febbraio 2020,  ha  formulato  istanza  al  Presidente  della  giunta
regionale della Liguria, ai sensi dell'art. 32, comma 2, della  legge
n. 87/1953, ai fini della proposizione di ricorso in via principale a
codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale   per   l'annullamento   delle
disposizioni di cui in epigrafe che, in ragione della violazione  dei
parametri   di   seguito   dedotti,   appaiono   gravemente    lesive
dell'autonomia    finanziaria    dei    comuni     della     Liguria,
costituzionalmente garantita, e della loro capacita' di spesa. 
    Al fine di cogliere appieno  la  portata  delle  censure  che  si
appuntano avverso le  suddette  disposizioni,  giova  premettere  che
nell'ultimo decennio il  comparto  delle  amministrazioni  locali  e'
quello che piu' di ogni altro e' stato  chiamato  a  concorrere  agli
obiettivi di risanamento della finanza pubblica. 
    Il contributo, stimato in  oltre  12  miliardi  di  euro,  si  e'
manifestato in una significativa contrazione della  spesa  ed  in  un
incremento della leva fiscale necessaria a compensare il venire  meno
dei trasferimenti dello Stato e la costituzione di  nuovi  importanti
vincoli di parte corrente, quali il Fondo crediti dubbi  esigibilita'
che, al momento attuale, congela oltre 4 miliardi  e  mezzo  di  euro
nelle pieghe dei bilanci dei comuni. 
    Come precisato nel recente  documento  pubblicato  da  IFEL,  «La
finanza  comunale  in  sintesi,  rapporto  2019»,  pag.   107,   «nel
complesso, dal 2010 al 2018 le risorse standard dei comuni  (...)  si
riducono del 35% (...)  l'incidenza  dei  trasferimenti  dello  Stato
scende dal 61% al 15%». 
    2) Le disposizioni impugnate, in parte consolidano per il  futuro
precedenti tagli lineari di risorse ai danni dei comuni,  in  spregio
alla giurisprudenza consolidata di codesta  ecc.ma  Corte  in  ordine
alla necessaria delimitazione temporale dei suddetti  tagli  lineari,
in parte confermano una costante erosione delle entrate a valere  sul
fondo  di  solidarieta'  comunale  per   effetto   dell'incedere   di
meccanismi di riparto delle risorse tra i  comuni  che,  non  ponendo
alcuna considerazione alla clausola costituzionale  che  sancisce  la
garanzia  del  finanziamento  integrale  delle   funzioni   ad   essi
attribuite dalla legge, nonche' alla natura verticale degli strumenti
delineati  dalla  Costituzione  per  la  perequazione  delle   minori
capacita' fiscali, minano la  stabilita'  dei  bilanci  pubblici,  ne
pregiudicano  gli  equilibri,  riducendo,  altresi',  gravemente   la
possibilita' di spesa  degli  enti  locali  per  il  mantenimento  di
servizi fondamentali in favore della cittadinanza. 
    Si ritiene che  tale  evoluzione  -  rectius  involuzione  -  del
sistema della finanza locale non sia in  linea  con  le  disposizioni
costituzionali che sanciscono il principio dell'autonomia finanziaria
degli  enti  locali  costituzionalmente  garantita,  alla  luce   del
magistero di codesta ecc.ma  Corte  in  materia  e  del  percorso  di
attuazione del cosiddetto federalismo fiscale che ormai dieci anni or
sono aveva prefigurato il legislatore e che e' restato in larga parte
inattuato nel comparto dei comuni. 
    3) Ed infatti, con la legge n. 42/2009, il Parlamento, dopo  anni
di tentativi sempre falliti  e  rispondendo  finalmente  ai  ripetuti
solleciti di codesta ecc.ma Corte,  aveva  avviato  l'attuazione  del
dettato costituzionale introdotto nell'art. 119,  della  Costituzione
con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. 
    In particolare, per quanto  concerne  il  cosiddetto  federalismo
municipale, era stato in seguito adottato il decreto  legislativo  n.
23/2011   che   aveva   previsto   un   significativo   potenziamento
dell'autonomia tributaria dei comuni (cfr. articoli 2, 7, 8, 9 e 11),
in  luogo  dell'abolizione  dei  trasferimenti  dello  Stato,   nella
prospettiva di superare il paradigma della finanza derivata in favore
di un sistema di finanza autonoma,  con  precise  garanzie  a  favore
dell'integrita' dei bilanci comunali (cfr. art. 12). 
    Quanto agli strumenti di perequazione, il decreto in esame  aveva
istituito  con  l'art.  2,  comma  3,  il   fondo   sperimentale   di
riequilibrio per la durata di anni tre, da alimentarsi con il gettito
dei tributi indicati nei commi 1 e 2, tutti relativi alla  fiscalita'
immobiliare dello Stato, e mediante una compartecipazione al  gettito
dell'IVA, nella logica di un sistema di perequazione verticale. 
    A regime, invece, sarebbe entrato in vigore il  definitivo  fondo
perequativo per i comuni previsto dall'art. 13 della menzionata legge
delega  sul  federalismo  fiscale,  articolato  in  due   componenti,
relative, rispettivamente, alle funzioni fondamentali e alle funzioni
non fondamentali, ed alimentato con risorse statali. 
    4) Cio' posto, a distanza di quasi dieci anni  dalla  definizione
di questo percorso di attuazione del dettato costituzionale, si  deve
prendere atto di come il sistema della finanza locale  abbia  seguito
una direzione diametralmente  opposta  in  quanto  lo  Stato:  i)  ha
soppresso completamente i trasferimenti ordinari agli enti locali che
prima operavano sui fondi  perequativi;  ii)  nell'effettuare  queste
soppressioni, non ha  posto  la  minima  attenzione  all'esigenza  di
consentire una correlata dilatazione  dell'autonomia  tributaria  dei
comuni, cosi' come  voluto  dalla  Costituzione,  tale  da  mantenere
invariate le risorse, posto  che  anche  i  tributi  di  cui  si  era
prefigurata la devoluzione ai comuni  in  base  all'art.  2,  decreto
legislativo   n.   23/2011   sono   rimasti   saldamente   in    capo
all'amministrazione centrale; iii) ha drasticamente ridotto ulteriori
trasferimenti compensativi di minori  gettiti  derivanti  da  manovre
agevolative sui tributi locali, arrecando in tal modo un grave vulnus
all'integrita'  dei  bilanci  comunali;  iv)  inoltre,  al  fine   di
sopperire alla completa assenza dello Stato  nella  perequazione,  il
legislatore ha disposto che una quota estremamente rilevante dell'IMU
dei comuni sia ogni anno trattenuta allo scopo di alimentare il fondo
di solidarieta' comunale ai fini del successivo riparto tra gli  enti
locali; v) a cio' si aggiunga che una porzione importante del gettito
dell'IMU riferito  ai  fabbricati  di  categoria  D  viene  parimenti
trattenuta   dallo   Stato,   con   ulteriore   compressione    delle
disponibilita' di bilancio. 
    5) In particolare, con riguardo al sistema di perequazione,  come
bene evidenziato nel documento di approfondimento del  7  marzo  2018
redatto  dal  servizio  Studi  della   Camera   dei   deputati,   «va
sottolineato che la  struttura  attuale  del  Fondo  di  solidarieta'
comunale   e'   prevalentemente   orizzontale,   essendo   alimentato
esclusivamente  dai  comuni  attraverso   il   gettito   dell'imposta
municipale propria, e  non  anche  dalla  fiscalita'  generale,  come
invece richiesto dalla legge n. 42 del 2009 in riferimento  al  fondo
perequativo per le funzioni fondamentali.  Tuttavia  tale  situazione
dipende dal fatto  che  la  componente  verticale,  finanziata  dallo
Stato, di fatto e' stata annullata dai tagli delle risorse del Fondo,
derivanti dalle misure di concorso alla finanza pubblica previste per
i comuni sulla base dei  principi  del  coordinamento  della  finanza
pubblica, in  relazione  alle  misure  di  contenimento  della  spesa
introdotte dal legislatore a partire dall'anno 2010 ad oggi (art.  16
del decreto-legge n. 95 del 2012, art. 47 del decreto-legge n. 66 del
2014 e art. 1, comma 435, della legge n.  190  del  2014),  cosa  che
comporta  che   i   trasferimenti   complessivi   (al   netto   delle
compensazioni dei tributi soppressi)  risultino  negativi,  ossia  il
comparto dei comuni trasferisce risorse allo Stato». 
    Ne deriva che il paradigma di una finanza autonoma, sancito nella
Costituzione, e' rimasto disatteso e rispetto ad un  passato  in  cui
era lo Stato a trasferire risorse ai comuni, oggi sono i  comuni  che
trasferiscono risorse allo Stato, ragion per cui la capacita' fiscale
dei  comuni,  a  dispetto   dell'autonomia   prevista   nella   Carta
fondamentale, e' stata in parte asservita al bilancio statale. 
    A tal proposito,  come  rilevato  dalla  Corte  dei  conti  nella
relazione sulla gestione  finanziaria  degli  enti  locali  dell'anno
2016,  gli  interventi  di  abolizione  della  TASI   sull'abitazione
principale,  di  esclusione  dalla  tassazione  locale  dei   terreni
agricoli, e altre misure agevolative fiscali, nonche' il  contestuale
incremento  del  fondo  di  solidarieta'  comunale  a   compensazione
(parziale) delle relative  perdite  di  gettito,  hanno  in  sostanza
ridefinito un impianto centralistico del sistema di finanziamento dei
comuni che sembra via via allontanarsi dal  progetto  di  federalismo
municipale avviato con il decreto legislativo n. 23/2011. 
    6) Si puo' agevolmente comprendere la condizione di agonia  e  lo
stato di irreversibile prostrazione in cui versa  la  finanza  locale
che nel giro di pochi anni ha dovuto assorbire la sterilizzazione dei
trasferimenti storici dello Stato, sui quali si reggeva la stabilita'
del bilancio, e la privazione di una cospicua quota di gettito  della
propria IMU destinata alla solidarieta' intercomunale,  essendosi  lo
Stato, come  detto,  inammissibilmente  ritirato  dai  suoi  obblighi
perequativi, in una condizione in cui ogni anno,  anche  per  effetto
dei meccanismi perequativi che in questa sede saranno censurati,  non
v'e' stabilita' di risorse. 
    Se a cio' si aggiunge l'implementazione sempre piu' massiccia  di
ulteriori vincoli di finanza pubblica che, per quanto  condivisibili,
comprimono ulteriormente la capacita' di  spesa  degli  enti  locali,
congelando   risorse   di   parte   corrente,   quali,    a    titolo
esemplificativo, il fondo crediti dubbia esigibilita'  che  nell'anno
2020 raggiunge quota 95 per cento di accantonamento, con possibilita'
di svincolo al 90 per cento ai sensi dell'art. 1, comma 79, legge  n.
160/2019, ovvero il nuovo fondo di garanzia per i crediti commerciali
che la legge di bilancio ha traslato al 2021, incidendo comunque  fin
d'ora  sul  bilancio  pluriennale  degli  enti,  appare   palese   la
situazione  di  grave  squilibrio  strutturale  in  cui  ormai,  loro
malgrado, versano molte amministrazioni locali e come cio'  si  debba
necessariamente riverberare  in  una  significativa  contrazione  dei
servizi offerti ai cittadini. 
    Va da se' che - occorre ribadirlo ulteriormente - si tratta di un
disegno  diametralmente  opposto  alla  visione  dell'autonomia,  del
federalismo fiscale e della clausola di salvaguardia della stabilita'
dei bilanci dei comuni - contenuta nel comma 4 dell'art.  119,  della
Costituzione - che in questi anni e' stata negletta dallo Stato  che,
nel sottrarre le risorse, non ha  posto  la  dovuta  attenzione  alla
garanzia del mantenimento di un livello adeguato dei servizi  erogati
dai comuni, non essendo ancora stati definiti i LEP,  senza  i  quali
ogni meccanismo di  perequazione  appare  largamente  deficitario,  e
permanendo nel sistema della finanza  locale  un  grave  gap,  acuito
dalla ritirata dello Stato, tra il costo dei fabbisogni da finanziare
attinenti alle funzioni fondamentali, pari ad oltre 33 miliardi (cfr.
sito OpenCivitas al link https://www.opencivitas.it/it/cerca-comuni),
e la capacita' fiscale dei comuni che, a livello aggregato, ammonta a
circa 26  miliardi  di  euro  (cfr.  la  relazione  semestrale  della
Commissione parlamentare per l'attuazione  del  federalismo  fiscale,
trasmessa alle Presidenze in data 24 ottobre 2019). 
    7) Ebbene, se cio' poteva essere giustificato in via  temporanea,
alla luce delle note  emergenze  della  finanza  pubblica  -  che  il
Governo della Repubblica, con il convinto concorso del  comparto  dei
comuni,  e'  stato  chiamato  ad  affrontare  a  partire  dalla  fine
dell'anno 2011 - si e' dell'avviso che  un  tale  assetto  non  possa
essere mantenuto a regime,  in  un  arco  temporale  ormai  piu'  che
decennale e con una netta prospettiva di futura perpetuazione, in una
logica  di  sistematica  sottrazione  all'applicazione  delle   norme
costituzionali  richiamate,  quale   emerge,   tra   l'altro,   dalle
disposizioni  oggetto  del  presente  gravame,  le  quali  ineriscono
strettamente sia al tema dell'autonomia finanziaria di entrata  e  di
spesa dei comuni, risolvendosi  in  un  taglio  (illegittimo),  ormai
consolidato e strutturale, di risorse che erano state previste  dallo
Stato a ristoro di minori gettiti dei  tributi  locali  generati  per
effetto dell'introduzione di disposizioni agevolative unilateralmente
decise, sia alla materia dei fondi perequativi, avendo il legislatore
attuato e consolidato una singolare modalita'  di  solidarieta'  che,
come detto, si regge sui bilanci (gia' esangui) degli enti locali, in
una condizione di grave e sistematica carenza  di  risorse  da  parte
dello Stato che si e' sottratto ai suoi chiari obblighi in materia di
perequazione, delineati dalle norme costituzionali. 
    8) A riprova di tale  conclusione,  milita,  peraltro,  anche  la
relazione  semestrale  sull'attuazione   della   legge   delega   sul
federalismo fiscale, approvata  dalla  Commissione  parlamentare  per
l'attuazione del federalismo fiscale, trasmessa  alle  Presidenze  in
data 24 ottobre 2019 che, al paragrafo 3.2, dedica  ampio  spazio  al
problema  della  mancata   attuazione   della   legge   n.   42/2009,
evidenziando che  «tale  fenomeno  si  sostanzia,  pertanto,  in  una
sostanziale disapplicazione dell'art. 119 della  Costituzione»,  fino
ad esprimere lo stesso concetto in termini assai  lapidari,  parlando
di «dieci anni di inadempimento  delle  previsioni  costituzionali  e
della legge n. 42 del 2009» che «non possono non  essere  considerati
per una valutazione obiettiva delle richieste in atto (...)». 
    9) Le disposizioni in  questa  sede  impugnate  -  che  hanno  ad
oggetto il consolidamento pluriennale del cosiddetto Fondo  IMU-TASI,
l'avanzamento della percentuale di perequazione nel riparto del fondo
di solidarieta'  comunale,  nonche'  un'inadeguata  integrazione  del
fondo stesso con risorse statali - arrecano grave danno alle  finanze
dei comuni della Regione Liguria, come si attesta dai  prospetti  che
si versano in atti (doc. n. 2). 
    Di seguito si procedera'  ad  un  esame  distinto  delle  singole
questioni. 
 
                               Diritto 
 
1) Impugnazione  dell'art.  1,  comma  554,  legge  n.  160/2019  per
contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1 e 4, della Costituzione. 
    1.1) Con l'art. 1, commi 639 e seguenti, legge  n.  147/2013,  la
materia dei tributi locali  e'  stata  interessata  da  una  profonda
riforma attraverso l'istituzione dell'Imposta unica comunale (IUC), a
propria volta composta  dall'Imposta  Municipale  propria  (IMU),  di
natura  patrimoniale,  e  da  una  componente  riferita  ai  servizi,
articolata in TASI (tributo per i servizi  indivisibili)  e  in  TARI
(tassa sui rifiuti). 
    La IUC e' stata applicata a partire dall'anno 2014. 
    Tuttavia, le aliquote massime di IMU e TASI, cosi' come  definite
dalla legge n. 147/2013, non garantivano ai comuni lo stesso  gettito
prodotto dal previgente regime IMU di cui all'art. 13,  decreto-legge
n. 201/2011. 
    Conseguentemente, con decreto-legge n.  16/2014,  convertito  con
legge n. 68/2014, e'  stata  apportata  una  modifica  al  comma  731
dell'art. 1, legge n. 147/2013, prevendendo che «Per l'anno 2014,  e'
attribuito ai comuni un  contributo  di  625  milioni  di  euro.  Con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di  concerto  con
il Ministro  dell'interno,  e'  stabilita,  secondo  una  metodologia
adottata sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie  locali,  la
quota del contributo di cui al periodo  precedente  di  spettanza  di
ciascun comune, tenendo  conto  dei  gettiti  standard  ed  effettivi
dell'IMU e della TASI». 
    1.2) In  concreta  attuazione  di  tale  disposizione,  e'  stato
adottato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6
novembre 2014, il quale, all'art.  1,  ha  disposto  il  riparto,  in
favore dei singoli comuni, del «contributo compensativo», secondo  la
misura spettante a ciascun ente in base all'allegato A. 
    Tali importi, secondo quanto specificato  nel  decreto  (art.  1,
comma 3),  sono  stati  determinati  «sulla  base  della  metodologia
adottata sentita la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali nella
seduta del 30 luglio 2014». 
    Il 29 luglio 2014, infatti, il Ministero  dell'economia  e  delle
finanze aveva emesso una nota metodologica che prevedeva  il  riparto
del fondo complessivo di 625 milioni di euro in  favore  dei  comuni,
«tenendo conto dei gettiti effettivi e standard IMU e TASI di ciascun
ente». 
    Nella  menzionata  seduta  del  30  luglio  2014  la   Conferenza
Stato-citta'  ed  autonomie  locali  esprimeva  il   proprio   parere
favorevole sulla suddetta nota metodologica. 
    Peraltro, in detto documento viene dato atto  del  fatto  che  le
disposizioni di cui al decreto-legge n. 16/2014 (che  quantificavano,
come visto, il contributo a favore dei comuni in 625 milioni di euro)
erano orientate ad «agevolare il raggiungimento da parte dei  comuni,
nel quadro del nuovo assetto della tassazione immobiliare locale,  di
un ammontare di risorse analogo a quello  ottenuto  con  l'IMU,  come
determinatosi  nel  2013,  nonche'  a  favorire   l'introduzione   di
detrazioni TASI sull'abitazione principale (...)». 
    La quantificazione del fondo, in  altri  termini,  doveva  essere
tale da garantire non solo la copertura integrale del minor  introito
derivante dalla  fiscalita'  immobiliare  locale,  ma,  altresi',  la
possibilita' per i  comuni  di  introdurre  detrazioni  per  la  TASI
sull'abitazione principale. 
    Sulla base di  tali  documenti,  pertanto,  era  conseguentemente
riconosciuto  espressamente  dal  Ministero  dell'economia  e   delle
finanze il diritto dei comuni ad ottenere il ristoro per  la  perdita
subita a causa del minor gettito, per i titoli di cui  si  e'  detto,
nella misura di  euro  625  milioni  di  euro,  somma  effettivamente
sufficiente a coprire i minori introiti  conseguenti  alle  modifiche
legislative. 
    1.3) Tuttavia, senza alcuna giustificazione e, soprattutto, senza
alcuna attenzione al livello dei fabbisogni da finanziare, a  partire
dall'anno 2015, l'ammontare del fondo statale, e conseguentemente del
contributo per tale  titolo  riconosciuto  ai  comuni,  e'  stato  ex
abrupto drasticamente ed illegittimamente ridotto. 
    Per  l'anno  2015,  infatti,  il  fondo  complessivo   e'   stato
determinato in 530 milioni di euro, in forza dell'art. 8,  comma  10,
decreto-legge n. 78 del 19  giugno  2015,  convertito  con  legge  n.
125/2015; per l'anno 2016  il  fondo  e'  stato  determinato  in  390
milioni di euro, ai sensi del comma 20, dell'art. 1, della  legge  n.
208/2015; per l'anno 2017 il fondo complessivo e' stato quantificato,
con ulteriore ingiustificato abbattimento, in 300  milioni  di  euro,
come specificato nel comma 1 dell'art. 3 del decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 10  marzo  2017,  attuativo  dell'art.  1,
comma 439, della legge n. 232/2016; per  l'anno  2018  il  comma  870
dell'art. 1 della legge n. 205/2017 ha previsto che « (...) a  titolo
di ristoro del gettito non piu'  acquisibile  dai  comuni  a  seguito
dell'introduzione della TASI di cui al comma 639  dell'art.  1  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, e' attribuito ai  comuni  interessati
un contributo  complessivo  di  300  milioni  di  euro  nella  misura
indicata per ciascun ente nella tabella B  allegata  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017»; per l'anno 2019
il comma 892, dell'art. 1, della legge n. 145/2018  ha  previsto  che
«Per ciascuno degli anni dal 2019 al 2033, a titolo  di  ristoro  del
gettito non piu' acquisibile dai comuni a  seguito  dell'introduzione
della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della  legge  27  dicembre
2013, n. 147, e'  attribuito  ai  comuni  interessati  un  contributo
complessivo  di  190  milioni  di  euro   annui   da   destinare   al
finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale finalizzati
alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di  proprieta'
comunale». 
    1.4) Tale disposizione non si e' limitata a ridurre ulteriormente
il fondo ma ha previsto, altresi', una specifica  destinazione  delle
risorse destinate ai comuni che, essendo preordinate a  ristorare  la
diminuzione dei precedenti gettiti  di  tributi  locali  per  manovre
decise dallo Stato, per definizione avrebbero dovuto essere libere e,
invece, oggi assumono natura vincolata per l'importo di  190  milioni
di euro, importo, peraltro, addirittura cristallizzato fino al 2033. 
    Senonche', con decreto-legge n. 135/2018, convertito con legge n.
12/2019, e' stato poi introdotto, sempre all'art. 1 della  suindicata
legge n. 145/2018, il comma 895-bis il quale dispone che «A titolo di
ristoro del  gettito  non  piu'  acquisibile  dai  comuni  a  seguito
dell'introduzione della TASI di cui al comma 639, dell'art. 1,  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, e' attribuito ai  comuni  interessati
un contributo complessivo di 110 milioni di euro per l'anno 2019,  da
ripartire con decreto del Ministero dell'interno di concerto  con  il
Ministero dell'economia e delle finanze, previa  intesa  in  sede  di
Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, da emanare entro  il  30
aprile 2019, in proporzione al peso del contributo di ciascun ente di
cui alla tabella B allegata al decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri 10 marzo 2017». 
    L'ammontare del Fondo IMU-TASI, per effetto  di  tale  intervento
normativo, e' stato pertanto ricostituito,  per  l'anno  2019,  nella
somma di euro 300 milioni, ancorche' euro 190  milioni,  come  detto,
abbiano una destinazione  vincolata  ad  interventi  di  manutenzione
pluriennale di strade e scuole fino al 2033. 
    1.5) Da ultimo, con riferimento agli anni 2020 e seguenti, l'art.
1,  comma  554,  legge  n.  160/2019,  disposizione  in  questa  sede
impugnata, ha previsto quanto segue: «Per gli anni 2020, 2021 e 2022,
a titolo di ristoro del gettito non piu'  acquisibile  dai  comuni  a
seguito dell'introduzione della TASI di cui al comma 639 dell'art.  1
della legge 27  dicembre  2013,  n.  147,  e'  attribuito  ai  comuni
interessati un contributo complessivo di 110 milioni di euro annui da
ripartire  secondo  gli   importi   indicati   per   ciascun   comune
nell'allegato A al decreto del Ministero dell'interno 14 marzo  2019,
recante: «Riparto a favore dei comuni  del  contributo  compensativo,
pari complessivamente a 110 milioni di euro, per l'anno 2019». 
    Il legislatore, pertanto, con  tale  disposizione,  in  combinato
disposto  con  l'art.  1,  comma   892,   legge   n.   145/2018,   ha
definitivamente consolidato, per gli anni dal 2020 al 2022  il  Fondo
IMU-TASI nella misura di euro 300 milioni, che dal  2023  e  fino  al
2033 si riducono a 190 milioni, in luogo dei  625  milioni  attestati
dal Ministero dell'economia e delle finanze per assicurare il ristoro
del minor gettito effettivo derivato ai comuni in seguito alla  legge
n. 147/2013. 
    1.6) Cio' posto, all'esito di tale evoluzione normativa,  risulta
evidente che lo Stato, come piu' avanti verra' meglio specificato, in
conseguenza dei tagli «lineari» delle risorse del fondo istituito con
il decreto-legge n. 16/2014, abbia palesemente leso  l'interesse  dei
comuni a  vedersi  integralmente  ristorare  le  perdite  di  gettito
subite,  limitandosi   a   riconoscere   ormai   solo   trasferimenti
parzialmente compensativi -  peraltro  in  costante  erosione  -  dei
minori gettiti che sono conseguiti all'introduzione  delle  modifiche
normative  alla  tassazione   immobiliare   locale   e   alle   varie
agevolazioni  fiscali  sui  tributi  locali,   quali,   ad   esempio,
l'esenzione dall'IMU e dalla TASI sull'abitazione principale. 
    Non v'e' chi non veda come l'effetto finale di tale  impostazione
obliteri completamente il dettato costituzionale poiche' lo Stato  ha
definitivamente  eroso  un'entrata  propria  del  Comune,   riducendo
illegittimamente,  immotivatamente  ed  arbitrariamente,  in  maniera
rilevante, i trasferimenti agli  enti  locali  che  avrebbero  dovuto
ristorare le perdite di gettito  subite,  con  grave  violazione  del
principio costituzionale di autonomia finanziaria. 
    1.7)  Cio'   posto,   il   legislatore   statale,   nel   ridurre
drasticamente  e  progressivamente  l'ammontare   dei   trasferimenti
statali all'uopo istituiti nel 2014, ha sostanzialmente imposto  sine
die ai comuni che si sono visti decrementare il gettito nel 2013  per
effetto dell'introduzione della  TASI  e  di  ulteriori  agevolazioni
volute dallo Stato sui propri tributi una contrazione  della  propria
spesa necessaria per l'espletamento delle  funzioni  assegnate  dalla
legge, con cio' evidentemente ledendo i principi  costituzionali  che
riconoscono  e  promuovono  le   autonomie   locali,   imponendo   un
adeguamento dei principi e dei metodi  della  legislazione  nazionale
alle esigenze  dell'autonomia  e  del  decentramento  (art.  5  della
Costituzione), nonche'  i  principi  costituzionali  che  riconoscono
espressamente ai comuni l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa
(art. 119, comma 1, della Costituzione), nonche' ancora  il  precetto
costituzionale,  contenuto  nel  comma   4   dell'art.   119,   della
Costituzione, secondo cui le risorse derivanti dalle entrate previste
in Costituzione consentono ai comuni di finanziare  integralmente  le
funzioni pubbliche loro attribuite, disposizione,  quest'ultima,  che
trova  attuazione,  con  riguardo  all'attuazione   del   federalismo
fiscale, anche nell'art. 11, comma 1,  lettera  d)  e  d),  legge  n.
42/2009. 
    1.8) Infatti, come si e' detto, al fine di compensare e ristorare
i minori introiti in favore dei comuni a seguito delle misure fiscali
adottate dallo Stato a vantaggio dei  contribuenti,  e  dunque  delle
minori entrate di gettito locale per IMU e TASI, il decreto-legge  n.
16/2014 aveva previsto al  comma  731  dell'art.  1  della  legge  n.
147/2013 l'attribuzione ai comuni del fondo di 625 milioni di euro. 
    Tale ammontare era stato determinato - come si evince dalla  nota
metodologica  resa,  con  il  parere  favorevole   della   Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali, in conformita' alla previsione  del
suddetto comma 731, dal Ministero dell'economia e  delle  finanze  in
data 29 luglio 2014 - secondo i criteri indicati dall'art.  11  della
legge delega sul federalismo fiscale. 
    Tale documento ha precisato,  segnatamente,  che  il  «principale
riferimento per l'ammontare del contributo di  625  milioni  previsto
dal decreto-legge n. 16/2014» e' stato  individuato  dal  legislatore
nel «saldo netto tra il fabbisogno totale da finanziare e le  risorse
disponibili». 
    Sempre   secondo   le   indicazioni   della   nota   metodologica
ministeriale,  «il  fabbisogno  complessivo  di  ciascun  comune   e'
costituito  da  tre  componenti;  i)  lo  sforzo   fiscale   dell'IMU
sull'abitazione principale non piu' esercitabile dai comuni  (gettito
effettivo IMU relativo alle abitazioni  principali  e  alle  relative
pertinenze stimato per il  2013);  ii)  l'onere  delle  detrazioni  a
favore delle abitazioni principali  e  relative  pertinenze  tali  da
garantire in corrispondenza di un'aliquota massima  TASI  l'esenzione
per un  numero  di  immobili  sostanzialmente  uguale  agli  immobili
esentati con l'IMU; iii) la  TASI  ad  aliquota  di  base  (...)  non
concretamente  applicabile  sugli  immobili  diversi  dall'abitazione
principale per effetto di cui al comma  677»,  secondo  il  quale  la
somma delle aliquote TASI e IMU non puo' superare l'aliquota  massima
pari al 10,6 per mille. 
    Nella nota viene, altresi', specificato come sono state calcolate
le «risorse aggiuntive disponibili». 
    1.9)  Il  saldo  netto  fra  tali   poste   ha   determinato   la
quantificazione del fondo in 625 milioni  di  euro;  appare,  dunque,
evidente come si  intendesse  con  cio'  ristorare  integralmente  la
perdita di gettito subita dai comuni  a  seguito  delle  agevolazioni
fiscali per i contribuenti, adottate dallo Stato, cio' in  attuazione
di un principio di invarianza di gettito che dovrebbe  ispirare  ogni
modifica legislativa che incida sulle entrate degli enti  locali,  in
conformita' ai dettami del federalismo fiscale. 
    Nel caso in esame tale principio,  che  trova  la  propria  fonte
nelle disposizioni costituzionali sopra richiamate, e'  dunque  stato
palesemente violato. 
    1.10) Si  eccepisce,  pertanto,  l'illegittimita'  costituzionale
delle disposizioni normative sopra rubricate le quali  infrangono  il
principio di autonomia finanziaria,  incorrendo  in  tale  guisa  nel
divieto  dei  cosiddetti  «tagli  lineari»,  ovvero  dei   tagli   ai
trasferimenti statali diretti a ristorare perdite  di  gettito  degli
enti  locali  che  si  perpetuano  nel  tempo   (addirittura,   nella
fattispecie, dal 2023 al 2033 il fondo viene ulteriormente ridotto  e
portato a 190 milioni di euro). 
    Tale condotta viola palesemente i principi  costituzionali  sopra
richiamati che sono stati ripetutamente disvelati  dalla  consolidata
giurisprudenza costituzionale. 
    Cio', peraltro, in presenza di una «perdurante inattuazione della
legge 5 maggio  2009,  n.  42,  (Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione)»
(cfr. in motivazione, Corte costituzionale, sentenza n.  122  del  20
maggio 2019, Considerato in diritto, n. 5, terzo paragrafo). 
    1.11) Codesta ecc.ma Corte ha precisato, al riguardo, che  «norme
statali che fissano limiti alla spesa  delle  regioni  e  degli  enti
locali possono qualificarsi principi  fondamentali  di  coordinamento
della finanza pubblica alla condizione, tra l'altro, che si  limitino
a prevedere un contenimento  complessivo  della  spesa  corrente  dal
carattere transitorio (ex multis, tra le piu'  recenti,  sentenze  n.
154 del 2017, n. 65 del 2016, n. 218 e n. 189 del 2015; nello  stesso
senso, sentenze n. 44 del 2014, n. 236 e n. 229 del 2013, n. 217,  n.
193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011). 
    Non e' in  discussione  il  potere  del  legislatore  statale  di
programmare risparmi anche di lungo  periodo  relativi  al  complesso
della spesa  pubblica  aggregata.  E  questa  Corte  ha,  anzi,  gia'
chiarito  che  «una  censura  che  lamenta  il   presunto   carattere
permanente  dello  specifico  contributo   non   e'   provata   dalla
circostanza che  essa  si  aggiunga  agli  effetti  delle  precedenti
manovre di finanza pubblica» (sentenza n. 154 del 2017). Tuttavia, le
singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare
il carattere  della  temporaneita',  al  fine  di  definire  in  modo
appropriato, anche tenendo conto delle scansioni temporali dei  cicli
di bilancio e piu' in generale della situazione economica del  Paese,
«il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli
enti locali, evitando la sostanziale estensione dell'ambito temporale
di  precedenti  manovre   che   potrebbe   sottrarre   al   confronto
parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici  di
queste ultime in un periodo piu' lungo» (sentenza n. 169 del 2017). 
    Questa Corte ritiene che venga appunto sottratta  al  trasparente
confronto parlamentare la valutazione delle ricadute di lungo periodo
di una manovra economica, tutte le volte in cui  la  relativa  durata
venga raddoppiata,  attraverso  la  tecnica  normativa  dell'aggiunta
progressiva di ulteriori annualita' a  quelle  inizialmente  previste
(...). 
    Non e' un caso, del resto, che gia' nella  sentenza  n.  141  del
2016, proprio con riferimento al contributo imposto dal primo periodo
dell'art. 46, comma  6,  del  decreto-legge  n.  66  del  2014,  come
convertito, questa Corte avesse segnalato che il costante «ricorso  a
tale tecnica normativa potrebbe, infatti, prestare  al  canone  della
transitorieta' un ossequio solo formale, in assenza di  plausibili  e
riconoscibili ragioni che impediscano in concreto al  legislatore  di
ridefinire  e  rinnovare  complessivamente,  secondo   le   ordinarie
scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro delle  relazioni
finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, alla luce  di
mutamenti  sopravvenuti  nella  situazione  economica   del   Paese»,
ribadendo, nella successiva sentenza n. 154 del  2017  e  sempre  con
riferimento  al  medesimo  contributo,  l'invito  al  legislatore  ad
evitare il ricorso a tale tecnica» (Corte costituzionale, sentenza n.
103 del 2018). 
    E  ancora:  «la  riduzione  sproporzionata  delle  risorse,   non
corredata da adeguate misure compensative, e'  infatti  in  grado  di
determinare un grave vulnus all'espletamento da parte delle  Province
[e dei comuni] delle funzioni  espressamente  conferite  dalla  legge
(...). Dunque la forte riduzione delle risorse destinate  a  funzioni
esercitate con carattere di continuita' ed  in  settori  di  notevole
rilevanza sociale risulta manifestamente  irragionevole  proprio  per
l'assenza di proporzionate misure che  ne  possano  in  qualche  modo
giustificare il dimensionamento (su analoga  questione,  sentenza  n.
188 del 2015)» (Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 2016). 
    1.12) Detti principi devono, a maggior ragione, valere  nel  caso
che ci occupa in cui -  a  fronte  dell'obbligo  di  assolvimento  di
funzioni previste dalla legge in capo  ai  comuni  e,  nel  contempo,
della sostanziale mancata  attuazione  del  federalismo  fiscale  con
riguardo alle entrate degli enti locali - la  disposizione  impugnata
ha consolidato il taglio  lineare  del  cosiddetto  Fondo  IMU  TASI,
determinandolo per gli anni dal 2020 al 2022, in  euro  300  milioni,
anziche' in euro 625 milioni individuati dal competente Ministero  al
fine di garantire ai comuni il ristoro  integrale  della  perdita  di
gettito sofferta, cio' che viene ulteriormente  aggravato  dal  fatto
che dal 2023 e fino al 2033 il contributo sara' ulteriormente ridotto
a 190 milioni di euro. 
    1.13) In tale contesto, Regione Liguria, richiesta dal  Consiglio
delle autonomie locali, impugna la disposizione sopra  rubricata  per
contrasto con l'art. 5, della Costituzione e con l'art. 119, commi  1
e 4, della Costituzione, nella parte cui, per gli anni  dal  2020  al
2022, ha consolidato il contributo  riconosciuto  ai  comuni  per  il
ristoro del gettito non piu' acquisibile a seguito  dell'introduzione
della TASI di cui al comma 639 dell'art. 1 della  legge  27  dicembre
2013, n. 147, nella misura complessiva di euro 300 milioni,  anziche'
nella misura di euro 625 milioni, assunta nel decreto ministeriale  6
novembre 2014, ovvero in altra misura comunque  ritenuta  congrua  al
fine di reintegrare  i  comuni  dei  minori  introiti  effettivamente
generati per effetto dell'introduzione della  TASI  e  di  assicurare
loro  risorse  adeguate  per  l'esercizio  delle  funzioni  ad   essi
assegnate dalla Costituzione e dalla legge. 
2) Impugnazione dell'art. 57, comma  1,  decreto-legge  n.  124/2019,
convertito con legge n. 157/2019, nella parte in cui prevede che  «la
quota di cui al periodo precedente e' incrementata del  5  per  cento
annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per  cento
a decorrere dall'anno 2030», per contrasto con gli articoli 5 e  119,
commi 1, 3 e 4, della Costituzione. 
    2.1) La disposizione impugnata cosi' prevede: "La lettera c)  del
comma 449 dell'art. 1 della  legge  11  dicembre  2016,  n.  232,  e'
sostituita dalla seguente: «c) destinato, per euro  1.885.643.345,70,
eventualmente incrementati della quota di cui  alla  lettera  b)  non
distribuita  e  della  quota  dell'imposta  municipale   propria   di
spettanza  dei  comuni  connessa  alla   regolazione   dei   rapporti
finanziari, ai comuni delle regioni a statuto ordinario, di cui il 40
per cento per l'anno 2017 e il 45 per cento per gli anni 2018 e 2019,
da distribuire tra i predetti comuni sulla base della differenza  tra
le  capacita'  fiscali  e  i  fabbisogni  standard  approvati   dalla
Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il  30  settembre
dell'anno precedente a quello di riferimento.  La  quota  di  cui  al
periodo precedente e' incrementata del 5 per  cento  annuo  dall'anno
2020, sino a raggiungere il valore del  100  per  cento  a  decorrere
dall'anno  2030.  Ai  fini  della   determinazione   della   predetta
differenza la Commissione tecnica per i fabbisogni standard,  di  cui
all'art. 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n.  208,  propone
la metodologia per  la  neutralizzazione  della  componente  rifiuti,
anche  attraverso  l'esclusione   della   predetta   componente   dai
fabbisogni e dalle capacita' fiscali standard.  Tale  metodologia  e'
recepita nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui
al comma 451 del presente  articolo.  L'ammontare  complessivo  della
capacita' fiscale perequabile dei  comuni  delle  regioni  a  statuto
ordinario  e'  determinato  in  misura   pari   al   50   per   cento
dell'ammontare complessivo della capacita' fiscale da perequare  sino
all'anno 2019. A  decorrere  dall'anno  2020  la  predetta  quota  e'
incrementata del 5 per cento annuo, sino a raggiungere il valore  del
100 per cento a decorrere dall'anno 2029.  La  restante  quota,  sino
all'anno 2029, e', invece, distribuita assicurando a  ciascun  comune
un importo pari all'ammontare algebrico della medesima componente del
Fondo di solidarieta' comunale  dell'anno  precedente,  eventualmente
rettificata, variato in misura corrispondente alla  variazione  della
quota di fondo non ripartita  secondo  i  criteri  di  cui  al  primo
periodo»". 
    La norma citata dispone un incremento del 5 per  cento  annuo,  a
partire dall'anno 2020 e fino all'anno  2030,  della  percentuale  di
perequazione a valere quale criterio di distribuzione  delle  risorse
del fondo di solidarieta' comunale tra i comuni. 
    Dall'anno  2030,  pertanto,  l'intero  ammontare  del  fondo   di
solidarieta' comunale sara' distribuito sulla base  della  differenza
tra capacita' fiscali e fabbisogni standard. 
    2.2) Cio' posto, al fine di cogliere la portata e gli effetti  di
tale disposizione, giova premettere alcune sintetiche  considerazioni
sulla  materia  dei  fondi  perequativi,  sulla  recente   evoluzione
normativa in tale ambito, sulle disposizioni  costituzionali  vigenti
nella materia e, soprattutto, sugli insegnamenti resi  dal  magistero
di codesta ecc.ma Corte al riguardo, onde verificare come gli  stessi
siano palesemente disattesi dalla disposizione impugnata. 
    L'art. 119, comma 3, della Costituzione stabilisce che «la  legge
dello  Stato  istituisce  un  fondo  perequativo,  senza  vincoli  di
destinazione, per  i  territori  con  minore  capacita'  fiscale  per
abitante»; sulla base del comma  successivo,  le  risorse  attribuite
agli enti locali - tributi ed entrate  propri,  compartecipazione  al
gettito dei tributi erariali riferibile al loro territorio, quote del
fondo perequativo - «consentono (...) di finanziare integralmente  le
funzioni pubbliche loro attribuite». 
    In coerenza con tale indicazione, l'art. 13, legge n. 42/2009  ha
dettato i principi ed i criteri direttivi per  la  costruzione  e  la
distribuzione dei fondi perequativi di comuni e Province che, secondo
quanto stabilito nella delega, dovevano essere alimentati con risorse
tratte dalla fiscalita' statale e,  come  detto,  in  funzione  della
garanzia   dello   svolgimento   delle   «funzioni   pubbliche   loro
attribuite». 
    Nella prospettiva della delega per  il  federalismo  fiscale,  la
perequazione delle risorse  finanziarie  manteneva,  quindi,  la  sua
naturale vocazione solidaristica a salvaguardia dell'attivita'  degli
enti locali  che,  attraverso  il  pieno  dispiegarsi  della  propria
autonomia tributaria, non riuscivano ad  essere  autosufficienti:  la
perequazione ipotizzata aveva, inoltre, natura chiaramente verticale,
nel senso che era lo Stato chiamato a perequare, destinando parte del
gettito  dei  suoi  tributi  ad  alimentare  i  fondi  perequativi  e
lasciando che l'autonomia tributaria dei  comuni  si  dispiegasse  in
modo pieno, senza prelievi da  parte  dello  Stato,  a  supporto  del
finanziamento delle funzioni ad essi attribuite. 
    2.3) In virtu' della citata legge n. 42/2009 e' stato adottato il
gia' menzionato decreto legislativo n. 23/2011 che, tra  l'altro,  ha
attuato la delega legislativa sui  fondi  perequativi  per  gli  enti
locali e,  al  fine  di  consentire  lo  sviluppo  del  principio  di
autonomia tributaria, aveva, altresi', previsto la cessione di alcuni
tributi dallo Stato ai comuni. 
    Non  si  dimentichi,  infatti,  che  obiettivo   dichiarato   del
legislatore, in attuazione del dettato costituzionale, era quello  di
portare il  sistema  delle  autonomie  territoriali  da  una  finanza
derivata ad una finanza autonoma. 
    Per quanto interessa nella presente sede, il decreto in esame  ha
istituito  con  l'art.  2,  comma  3,  il   fondo   sperimentale   di
riequilibrio per la durata di anni tre, da alimentarsi con il gettito
dei tributi indicati nei commi 1 e 2, tutti relativi alla  fiscalita'
immobiliare dello Stato, e mediante una compartecipazione degli  enti
locali al gettito dell'imposta sul valore aggiunto. 
    A regime, invece, sarebbe entrato in vigore il  definitivo  fondo
perequativo per i comuni previsto dall'art. 13 della menzionata legge
delega  sul  federalismo  fiscale,  articolato  in  due   componenti,
relative, rispettivamente, alle funzioni fondamentali e alle funzioni
non fondamentali. 
    Fondi - si insiste - sempre alimentati con  gettito  dei  tributi
dello Stato. 
    2.4) Sennonche', con la legge di  bilancio  per  l'anno  2013  e'
stata disposta l'abrogazione del fondo sperimentale di riequilibrio e
l'istituzione di un nuovo fondo di solidarieta' intercomunale che  ha
profondamente sconvolto il sistema che, in  armonia  con  i  principi
dell'art. 119, della Costituzione, era stato prima delineato. 
    In sintesi, l'art. 1, comma 380, lettera b), legge n. 228/2012 ha
stabilito  che  il  nuovo  fondo  di  solidarieta'   comunale   viene
alimentato non piu' con il gettito dei tributi erariali  bensi'  «con
una quota dell'imposta municipale propria  di  spettanza  dei  comuni
(...) definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di  concerto
con il Ministro dell'interno, previo accordo  da  sancire  presso  la
Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali (. ..)». 
    2.5)  Gia'  tale  impostazione,  ad  avviso  di  questa   difesa,
costituisce una prima grave  violazione  del  dettato  costituzionale
alla luce dell'insegnamento di  codesta  ecc.ma  Corte  sulla  natura
tipizzata e verticale dei fondi perequativi delineata  nella  riforma
del titolo V della parte  seconda  della  Costituzione  (ex  plurimis
Corte costituzionale, sentenza n. 176 del 2012; nello  stesso  senso,
Corte costituzionale, sentenza n. 46 del 2013). 
    Ancora piu' esplicitamente, sotto tale profilo, la sentenza n. 61
del 2018 per la quale «la nostra Carta  costituzionale  contempla  un
sistema  perequativo  di  tipo  verticale  che  prevede  l'intervento
diretto a carico del bilancio dello Stato». 
    Va sottolineato, peraltro, che sul  funzionamento  del  fondo  di
solidarieta', in particolare  sotto  il  profilo  distributivo  delle
risorse effettivamente disponibili per ciascun comune,  hanno  inciso
profondamente i tagli determinati dalle misure  di  finanza  pubblica
poste a carico dei comuni a partire dall'anno 2010,  applicati  sulla
base di criteri diversi (spending review, revisione  base  imponibile
dell'IMU, riduzione del fondo di solidarieta' comunale),  ragion  per
cui e' ormai acclarata una condizione di grave squilibrio strutturale
tra le  risorse  disponibili  per  i  comuni  attraverso  le  proprie
capacita' fiscali e  le  quote  del  fondo  di  solidarieta'  di  cui
beneficiano  da  un  lato,  e  il  costo  dei   fabbisogni   standard
dall'altro, squilibrio che ammonta a circa 9 miliari  di  euro  (cfr.
Relazione sulle manovre di finanza pubblica a carico delle regioni  e
degli enti locali, a  cura  della  Ragioneria  generale  dello  Stato
trasmessa  alla  Commissione  parlamentare   per   l'attuazione   del
federalismo fiscale a febbraio 2018). 
    2.6) Quanto ai criteri di riparto, invece, l'art. 1,  comma  449,
lettera c), legge n.  232/2016  aveva  originariamente  previsto  che
l'ammontare del fondo fosse distribuito sulla base  della  differenza
tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard secondo la  seguente
progressione temporale: 40 per cento per l'anno 2017;  55  per  cento
per l'anno 2018; 70 per cento per  l'anno  2019;  85  per  cento  per
l'anno 2020; 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. 
    Poiche' una cosi' pronunciata progressione della  perequazione  -
in una condizione di latitanza dello Stato che, a decorrere dall'anno
2014, non aveva immesso piu' risorse nel fondo - avrebbe generato  un
autentico sconquasso nei bilanci dei  comuni  che,  caratterizzandosi
per maggiori capacita' fiscali, contribuiscono maggiormente al  fondo
e ricevono meno di altri, pregiudicandone gravemente l'equilibrio, si
e'  optato  per  un  approccio  piu'  graduale   alla   perequazione,
prevedendone, dapprima il congelamento per  l'anno  2019,  in  deroga
alla citata disposizione, mediante l'art.  1,  comma  921,  legge  n.
145/2018, quindi, a mezzo della norma in questa  sede  impugnata,  il
riavvio, ancorche' in una  quota  del  5  per  cento  annuo,  fino  a
raggiungere il 100 per cento nell'anno 2030. 
    2.7) Sta di fatto che,  sebbene  questa  misura  abbia  in  parte
mitigato gli effetti dell'incedere della perequazione, essa, anche in
chiave prospettiva, arreca grande nocumento alle finanze  dei  comuni
della  Liguria  che,  per  effetto  di  una   grave   distorsione   e
sperequazione del sistema  catastale  in  Italia,  che  discrimina  i
cittadini liguri in comparazione con tutti  gli  altri  a  motivo  di
valori catastali inopinatamente elevati, sono i primi  per  capacita'
fiscale (capacita' media pro capite italiana  euro  475  -  capacita'
media pro capite nei  comuni  liguri  euro  776  -  fonte:  Relazione
semestrale  della  Commissione  parlamentare  per  l'attuazione   del
federalismo fiscale, cit., pag. 32); incedere della perequazione che,
fondata su questa base irragionevole ed in una strutturale situazione
di carenza di risorse, non assicura stabilita' e certezza di  finanze
ai comuni della Liguria, imponendo loro una continua contrazione  dei
servizi,  nonostante   gli   altri   tributi   versati   dai   propri
amministrati, con cio' contraddicendo uno  dei  principi  cardine  in
materia  finanziaria  stabilito  dall'art.  149,  comma  2,   decreto
legislativo n. 267/2000, diretta derivazione dell'art. 119, comma  1,
della Costituzione, in virtu' del quale «Ai comuni e alle province la
legge  riconosce,  nell'ambito  della  finanza  pubblica,   autonomia
finanziaria fondata su certezza di  risorse  proprie  e  trasferite»,
nonche', in ultima analisi, mortificando  la  cifra  del  federalismo
che, a fronte di maggiori tributi  versati,  dovrebbe  condurre  alla
restituzione di maggiori servizi. 
    Questo anche nella logica  del  principio  della  responsabilita'
nell'esercizio della rappresentanza democratica (ex plurimis sentenza
n. 18 del 2019). 
    2.8) La  progressione  della  perequazione,  oltre  ad  aggravare
ulteriormente la violazione del  precetto,  piu'  volte  ribadito  da
codesta ecc.ma Corte, per cui gli strumenti perequativi delineati dal
nostro ordinamento costituzionale sono di tipo verticale, non si basa
su una considerazione attenta circa la capacita' degli  enti  che  ne
traggono  nocumento  di   mantenere   inalterato   il   livello   del
finanziamento  delle  funzioni  ad  essi  attribuite   nel   rispetto
dell'art. 119, comma 4, della Costituzione. 
    In senso contrario, tenuto conto del grave squilibrio strutturale
che caratterizza il sistema derivante  da  una  chiara  insufficienza
delle risorse sul fronte  delle  entrate,  della  permanente  mancata
definizione dei  LEP,  unitamente  alla  considerazione  per  cui  la
definizione dei fabbisogni standard, ai sensi  dell'art.  3,  decreto
legislativo n. 216/2010, attiene alle sole funzioni fondamentali  dei
comuni, la conclusione non puo' che essere una sola: nel  sistema  di
finanziamento dei comuni permane una rilevante carenza di risorse che
non consente agli enti con maggiori capacita'  fiscali,  sempre  piu'
incisi dalla perequazione, di fare fronte al finanziamento  integrale
delle funzioni loro  attribuite,  con  violazione  della  piu'  volte
citata clausola di salvaguardia di cui all'art. 119, comma  4,  della
Costituzione. 
    2.9) In questa cornice di riferimento, che lo Stato  non  ha  mai
smentito,  ipotizzare   l'avanzamento   della   perequazione   appare
un'operazione quantomeno velleitaria, quasi accademica, un  esercizio
teoretico, esclusivamente fondato su una ricostruzione virtuale e non
effettiva della realta'. 
    In definitiva, poiche' lo Stato continua  ad  essere  grandemente
assente  nell'immissione  di  risorse  nel  fondo   di   solidarieta'
comunale, che e' di  natura  orizzontale,  in  luogo  di  quella  che
dovrebbe essere la sua caratterizzazione verticale, si ritiene che la
disposizione impugnata, nella parte in cui  prevede  la  progressione
della perequazione, perpetui un sistema perequativo orizzontale e non
assicuri  ai  comuni  un  ammontare  di   risorse   sufficiente   per
l'integrale esercizio  delle  loro  funzioni,  con  cio'  violando  i
parametri costituzionali rubricati. 
    2.10) A  maggior  riprova  di  tale  conclusione,  si  consideri,
altresi', che il meccanismo di  riparto  delle  risorse  fondato  sul
raffronto tra capacita' fiscali e fabbisogni standard  e'  totalmente
insufficiente  a  misurare  l'effettiva  capacita'  di  un  ente   ad
assolvere  integralmente  all'esercizio  delle   funzioni   ad   esso
attribuito in base  alla  legge  perche'  assume,  in  sostanza,  che
l'unica  spesa  da  considerare  per  decidere  dell'ammontare  delle
risorse  sia  quella  per  funzioni  fondamentali,  quantificata  nei
fabbisogni standard, prescindendo dalla considerazione di  una  serie
di altri oneri che non si riconducono alle funzioni  fondamentali  ma
che, per altro verso, gravano sui bilanci degli  enti  locali  e  che
devono trovare  soddisfacimento  nelle  loro  capacita'  fiscali  (le
quali, appunto, non sono solo assorbite da fabbisogni standard,  come
l'attuale sistema sembrerebbe assumere). 
    Si ponga  attenzione,  ad  esempio,  alla  necessita'  per  molte
amministrazioni di misurarsi con la gestione di  un  debito  che,  al
momento dell'istituzione del fondo di solidarieta' comunale nel 2012,
era assai ingente e che impegna grandemente le capacita' fiscali  dei
comuni per essere soddisfatto. 
    2.11) Nel caso dei comuni della Liguria, si puo'  considerare  la
condizione del comune capoluogo di regione  che  presenta  un  debito
che, sebbene in costante e virtuosa riduzione, e'  uno  dei  maggiori
del comparto, per oltre  1  miliardo  e  100  milioni  di  euro,  con
un'incidenza sulla parte  corrente  di  quasi  120  milioni  di  euro
all'anno:  un  sistema  equo,  davvero   rispettoso   del   principio
dell'autonomia finanziaria, nella parte in cui tende a raggiungere un
punto di vera sostenibilita' e di perequazione, dovrebbe farsi carico
di prendere in esame tutti i fattori che condizionano la capacita' di
spesa di un ente, non limitandosi a raffrontare capacita'  fiscali  e
fabbisogni standard, come se il bilancio non dovesse farsi carico  di
altre gravose situazioni, eredita' di anni passati. 
    Un altro caso emblematico per  quanto  riguarda  i  comuni  della
Liguria deriva dal problema, acuitosi negli ultimi  anni,  del  grave
dissesto idrogeologico che  ha  visto  impegnate  le  amministrazioni
locali in un grande sforzo finanziario a carico  dei  propri  bilanci
per porre rimedio a situazioni che si riverberano sulla  sicurezza  e
sulla pubblica  incolumita'  dei  cittadini  e  che  altrove  non  si
riscontrano. 
    Cosi' come la difficile condizione  viabilistica  -  che  in  non
pochi casi ha determinato situazioni di vero e proprio isolamento per
molti  comuni  della  Regione,   aggravata   dalle   note   emergenze
infrastrutturali acuite a seguito della drammatica vicenda del crollo
del Ponte Morandi - importa cospicui  oneri  di  cui,  tuttavia,  nel
riparto delle risorse non si tiene in alcun conto. 
    2.12) Si rammenta  che  codesta  ecc.ma  Corte  ha  ripetutamente
insegnato che «(...) in base al testo dell'art.  119,  le  regioni  -
come gli enti locali -  sono  dotate  di  "autonomia  finanziaria  di
entrata e di spesa" (primo comma)  e  godono  di  "risorse  autonome"
rappresentate da tributi ed entrate  propri,  nonche'  dispongono  di
compartecipazioni  al  gettito  di  tributi  erariali  riferibile  al
proprio territorio istituisce un fondo perequativo "senza vincoli  di
destinazione" (terzo comma). Nel loro complesso tali  risorse  devono
consentire alle regioni ed agli  altri  enti  locali  "di  finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite" (quarto  comma)»
(Corte costituzionale, sentenza n. 423/2004). 
    E ancora, in un  caso  che  aveva  riguardato  una  significativa
decurtazione di risorse alle Province del Piemonte, la Corte ebbe  ad
affermare  con  parole  nette  dalle  quali  non  v'e'   ragione   di
discostarsi: «l'entita' della riduzione delle risorse necessarie  per
le  funzioni  conferite  alle  Province   piemontesi   si   riverbera
sull'autonomia di queste ultime,  entrando  in  contrasto  con  detti
parametri  costituzionali,  nella  misura  in  cui  non  consente  di
finanziare   adeguatamente   le   funzioni   stesse.    La    lesione
dell'autonomia  finanziaria  si  riflette  inevitabilmente  sul  buon
andamento dell'azione amministrativa in quanto la  diminuzione  delle
risorse in cosi' elevata percentuale, «in assenza di correlate misure
che ne possano giustificare il dimensionamento attraverso il recupero
di efficienza o una riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo
conferite» (sentenza n. 188 del 2015),  costituisce  una  menomazione
della  autonomia  stessa,  che  comporta  contestualmente  un   grave
pregiudizio all'assolvimento delle funzioni attribuite in  attuazione
della legge n. 59 del 1997, e  delle  altre  disposizioni  statali  e
regionali   in   tema   di   decentramento   amministrativo»   (Corte
costituzionale, sentenza n. 10 del 2016). 
    2.13) Ebbene,  la  clausola  di  salvaguardia  in  esame  non  e'
rispettata dalla disposizione impugnata, che sotto le mentite spoglie
della perequazione tradisce, in realta', un nuovo taglio lineare  nel
tempo progressivamente crescente per un numero assai significativo di
comuni, tra cui quelli liguri, di guisa che risulta  compromesso,  in
ultima analisi, anche il  fondamentale  canone  della  valorizzazione
delle autonomie locali che figura tra i principi cardine della nostra
Carta,  nonche',  in  ragione  delle  motivazioni  gia'  esposte,  il
precetto costituzionale dell'autonomia finanziaria di  entrata  e  di
spesa delle amministrazioni locali di  cui  all'art.  119,  comma  1,
della Costituzione. 
    Disposizioni quali quella impugnata, in  conclusione,  non  fanno
altro che aggravare per i comuni che «perdono» dalla perequazione  le
gia' rilevanti difficolta'  nel  finanziamento  delle  funzioni  loro
attribuite che derivano, in ultima  analisi,  da  una  carenza  ormai
strutturale di introiti adeguati al valore della spesa. 
    Il portato finale di questo sistema determina  che  al  cittadino
che  versa  piu'  tributi  non  possono  essere  restituiti  maggiori
servizi, anche in disparte la  problematica,  gia'  accennata,  della
grave sperequazione che deriva dalle disomogenee rappresentazioni del
Catasto in Italia, foriera di discriminazione tra i cittadini, e  che
pregiudica, prima tra tutte le regioni, la Liguria. 
    2.14) Alla  luce  delle  precedenti  considerazioni,  si  chiede,
pertanto, a  codesta  ecc.ma  Corte  di  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 57,  comma  1,  decreto-legge  n.  124/2019,
convertito con legge n. 157/2019, nella parte in cui prevede che  «la
quota di cui al periodo precedente e' incrementata del  5  per  cento
annuo dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per  cento
a decorrere dall'anno 2030». 
3) Impugnazione  dell'art.  1,  comma  849,  legge  n.  160/2019  per
contrasto  con  gli  articoli  5  e  119,  commi  1,  3  e  4,  della
Costituzione. 
    3.1) La disposizione in oggetto  cosi'  dispone:  «Al  comma  449
dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n.  232,  dopo  la  lettera
d-ter) e' aggiunta la seguente: "d-quater) destinato,  quanto  a  100
milioni di euro nel 2020, 200 milioni di euro nel 2021,  300  milioni
di euro nel 2022, 330 milioni di euro nel 2023 e 560 milioni di  euro
annui a decorrere dal 2024, a specifiche esigenze di  correzione  nel
riparto del Fondo di solidarieta'  comunale,  da  individuare  con  i
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al secondo e
al terzo periodo.  I  comuni  beneficiari  nonche'  i  criteri  e  le
modalita' di riparto delle risorse di cui al periodo precedente  sono
stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di
cui al comma 451. Per l'anno 2020  i  comuni  beneficiari  nonche'  i
criteri e le modalita' di riparto  delle  risorse  di  cui  al  primo
periodo sono stabiliti con un apposito  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, su  proposta  del  Ministro  dell'interno  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  da  adottare
entro il  31  gennaio  2020  previa  intesa  in  sede  di  Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali"». 
    Con  tale  disposizione  il  legislatore  ha  inteso  avviare  un
percorso di progressivo recupero ed innesto nel fondo di solidarieta'
comunale delle risorse venute meno per  effetto  del  taglio  lineare
praticato nel 2014 che le aveva azzerate. 
    3.2) Ad avviso di questa Regione, tuttavia, tale integrazione  e'
del tutto insufficiente affinche' possa considerarsi assolto il ruolo
assegnato dalla Costituzione allo Stato nella cosiddetta perequazione
verticale. 
    Si rammenta che con l'art. 47,  comma  8,  del  decreto-legge  n.
66/2014, convertito con legge n. 89/2014, come  modificato  dall'art.
1, comma 451, lettera b), legge n. 190/2014, e' stato disposto che il
fondo di solidarieta', come determinato ai sensi dell'art.  1,  comma
380-ter, legge n. 228/2012, fosse ridotto «di 375,6 milioni  di  euro
per l'anno 2014 e di 563,4 milioni di euro per  ciascuno  degli  anni
dal 2015 al 2017». 
    Il legislatore del 2014 aveva espressamente previsto che i  tagli
ai  finanziamenti  statali   fossero   disposti,   per   ragioni   di
contenimento  della  spesa  pubblica  riconducibili  alla  cosiddetta
«spending review», inizialmente per il triennio 2015-2017, poi esteso
anche all'anno 2018 con legge n. 232/2016. 
    3.3) Giova fin d'ora precisare che il motivo per  cui  il  taglio
lineare e'  stato  temporalmente  delimitato  e'  da  ascrivere  alla
necessita' di porre ossequio al consolidato insegnamento  di  codesta
ecc.ma Corte  costituzionale  per  la  quale,  in  tema  di  rapporti
finanziari tra lo Stato e  le  autonomie  territoriali,  «le  singole
misure di contenimento della  spesa  pubblica  devono  presentare  il
carattere della temporaneita'» (Corte costituzionale, sentenza n. 103
del 2018). 
    Ne consegue che, in ossequio a tali autorevoli  indicazioni,  con
decorrenza dall'1° gennaio 2019 e per tutte le annualita' successive,
queste risorse avrebbero dovuto essere integralmente ripristinate. 
    E, invece, con la legge di  stabilita'  per  il  2019  (legge  n.
145/2018), all'art. 1, comma 921, e' stato previsto che il  fondo  di
solidarieta'  comunale  venga   determinato   nell'esatto   ammontare
dell'anno precedente, come definito dal decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 7 marzo 2018, e quindi senza  ripristinare  le
risorse «tagliate» solo temporaneamente dal citato art. 47, comma  8,
decreto-legge n. 66/2014. 
    In particolare,  l'art.  1,  comma  921,  legge  n.  145/2018  ha
stabilito che «il fondo di solidarieta' comunale di cui  all'art.  1,
comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (...)  e'
confermato per l'anno 2019 sulla  base  degli  importi  indicati  per
ciascun ente, negli allegati al decreto del Presidente del  Consiglio
dei ministri 7 marzo 2018 (...)». 
    3.4) La disposizione impugnata, contenuta nella legge di bilancio
per il  2020,  ben  lungi  dall'integrare  completamente  le  risorse
improvvidamente venute meno, ne prevede una lenta ricostituzione,  in
ragione della quale solo a partire dall'anno 2024, vale  a  dire  ben
dieci anni dopo l'applicazione del taglio, le amministrazioni  locali
potranno vedersi  completamente  ristorate  della  sottrazione  delle
risorse da esse subita. 
    3.5) Cio' posto, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte si  e'
ripetutamente espressa sulla necessaria delimitazione  temporale  dei
cosiddetti tagli lineari agli enti locali, quale  quello  subito  per
effetto del decreto-legge n. 66/2014. 
    E' cosi' stato autorevolmente  sancito  che  «norme  statali  che
fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti  locali  possono
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica alla condizione, tra l'altro, che si limitino a prevedere un
contenimento  complessivo  della   spesa   corrente   dal   carattere
transitorio (ex multis, tra le piu'  recenti,  sentenze  n.  154  del
2017, n. 65 del 2016, n. 218 e n. 189 del 2015; nello  stesso  senso,
n. 44 del 2014, n. 236 e n. 229 del 2013, n. 217, n. 193 e n. 148 del
2012, n.  182  del  2011).  Non  e'  in  discussione  il  potere  del
legislatore statale di programmare risparmi anche  di  lungo  periodo
relativi al complesso della spesa pubblica aggregata. E questa  Corte
ha, anzi, gia' chiarito che «una  censura  che  lamenta  il  presunto
carattere permanente dello specifico contributo non e' provata  dalla
circostanza che  essa  si  aggiunga  agli  effetti  delle  precedenti
manovre di finanza pubblica» (sentenza n. 154 del 2017). Tuttavia, le
singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare
il carattere  della  temporaneita',  al  fine  di  definire  in  modo
appropriato, anche tenendo conto delle scansioni temporali dei  cicli
di bilancio e piu' in generale della situazione economica del  Paese,
«il quadro delle relazioni finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli
enti locali, evitando la sostanziale estensione dell'ambito temporale
di  precedenti  manovre   che   potrebbe   sottrarre   al   confronto
parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici  di
queste ultime in un periodo piu' lungo» (sentenza n. 169 del 2017). 
    Questa Corte ritiene che venga appunto sottratta  al  trasparente
confronto parlamentare la valutazione delle ricadute di lungo periodo
di una manovra economica, tutte le volte in cui  la  relativa  durata
venga raddoppiata,  attraverso  la  tecnica  normativa  dell'aggiunta
progressiva di ulteriori annualita' a quelle inizialmente previste. 
    Non e' un caso, del resto, che gia' nella  sentenza  n.  141  del
2016, proprio con riferimento al contributo imposto dal primo periodo
dell'art. 46, comma  6,  del  decreto-legge  n.  66  del  2014,  come
convertito, questa Corte avesse segnalato che il costante «ricorso  a
tale tecnica normativa potrebbe, infatti, prestare  al  canone  della
transitorieta' un ossequio solo formale, in assenza di  plausibili  e
riconoscibili ragioni che impediscano in concreto al  legislatore  di
ridefinire  e  rinnovare  complessivamente,  secondo   le   ordinarie
scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro delle  relazioni
finanziarie tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, alla luce  di
mutamenti  sopravvenuti  nella  situazione  economica   del   Paese»,
ribadendo, nella successiva sentenza n. 154 del  2017  e  sempre  con
riferimento  al  medesimo  contributo,  l'invito  al  legislatore  ad
evitare il ricorso a tale tecnica» (Corte costituzionale, sentenza n.
103 del 2018). 
    2.6) Ulteriori profili di incostituzionalita', a sommesso  avviso
di questa difesa, derivano dalle seguenti considerazioni. 
    Il fondo di solidarieta' comunale, a dispetto del  suo  nomen,  a
seguito  della  riduzione,  fino  alla   totale   soppressione,   del
finanziamento ad opera dello Stato disposta con il  decreto-legge  n.
66/2014, ed ora, nonostante la sua molto parziale ricostituzione, non
costituisce affatto uno  strumento  di  perequazione  a  vantaggio  e
tutela  degli  enti  locali;  esso,  al  contrario,  rappresenta  uno
strumento  attraverso  il  quale  sono  di   fatto   sistematicamente
sottratte ingenti risorse alle amministrazioni locali  per  sopperire
all'abdicazione dello Stato dai suoi obblighi di  perequazione  e  di
solidarieta' nei confronti dei comuni con minori capacita' fiscali. 
    Come  gia'  evidenziato,  attraverso  il  fondo  di  solidarieta'
comunale, la capacita' fiscale dei comuni, nel suo valore  aggregato,
pari a 26 miliardi circa, gia' insufficiente a raggiungere  il  costo
dei fabbisogni (pari ad oltre 33  miliardi,  come  risulta  dal  sito
OpenCivitas, al link https://www.opencivitas.it/it/cerca-comuni),  e'
stata asservita al bilancio dello Stato, in spregio del principio  di
autonomia tributaria, scolpito  nella  riforma  del  titolo  V  della
Costituzione, realizzata con la legge costituzionale n. 3/2001. 
    L'art. 119 della Costituzione, al comma  3,  stabilisce  che  «la
legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza  vincoli  di
destinazione, per  i  territori  con  minore  capacita'  fiscale  per
abitante»; il successivo comma 4, inoltre, precisa  che  «le  risorse
derivanti dalle fonti  di  cui  ai  commi  precedenti  consentono  ai
comuni, alle province, alle citta' metropolitane e  alle  regioni  di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». 
    Per ragioni di sintesi espositiva e per non tediare ulteriormente
codesta ecc.ma Corte, non si ripetono le  precedenti  considerazioni,
peraltro suffragate da autorevoli organismi quali la Corte dei  conti
e gli uffici studi della Camera dei deputati, inerenti  al  fatto  di
come la disciplina del fondo di solidarieta'  comunale,  sopravvenuta
nel 2012, abbia profondamente  stravolto  il  dettato  costituzionale
improntato al canone dell'autonomia ed  i  principi  contenuti  nella
legge  delega  sul  federalismo  fiscale  nella  materia  dei   fondi
perequativi. 
    2.7)  Tale  conclusione,  invero,  non  muta  per  effetto  della
ricostituzione  progressiva  delle  risorse  statali   che   appaiono
largamente insufficienti, pure nella loro modulazione  tra  gli  anni
2020 e 2024, per ripristinare un sistema di  perequazione  verticale,
quale e' quello delineato dal nostro sistema costituzionale. 
    Si consideri, a questo riguardo, che, ai sensi dell'art. 1, comma
380-ter, lettera a), legge n. 228/2012, l'ammontare  complessivo  del
fondo di solidarieta' comunale per  la  parte  non  compensativa  dei
minori gettiti derivanti  da  disposizioni  agevolative  dello  Stato
ammonta a 2.768,8 milioni di euro prelevati ai comuni  da  una  quota
dell'imposta  municipale  propria.  Il  concorso  dello  Stato,   per
converso,  ammonta  per  l'anno  2020  a  soli   100   milioni,   che
diventeranno  564  milioni  nel  2024,   sempreche'   frattanto   non
interverranno modifiche di tipo recessivo. 
    2.8) Questi numeri attestano in modo evidente che il  sistema  di
perequazione delle capacita' fiscali dei comuni  vigente  nel  nostro
Paese, nonostante gli ultimi interventi dello Stato, resta di  natura
saldamente orizzontale. 
    Tuttavia, come gia' evidenziato, la necessaria natura «verticale»
dei meccanismi perequativi previsti dalla  Costituzione  e'  stata  a
piu' riprese ribadita da codesta Corte, la  quale  ha  affermato  che
l'art. 119 della Costituzione e le  relative  norme  attuative  «sono
esplicite nello stabilire che gli interventi perequativi  e  solidali
devono garantire risorse aggiuntive rispetto a  quelle  reperite  per
l'esercizio  delle  normali  funzioni  e  che  tali  risorse   devono
provenire dallo Stato». 
    Da cio', secondo la Corte, deriva «l'implicito riconoscimento del
principio di tipicita' delle ipotesi  e  dei  procedimenti  attinenti
alla perequazione regionale, che caratterizza la  scelta  legislativa
di perequazione verticale effettuata in sede di riforma del titolo  V
della Costituzione mediante la legge costituzionale 18 ottobre  2001,
n. 3» (Corte costituzionale, sentenza n. 176 del 2012; sentenza n. 46
del 2013). 
    Ed ancora, con specifico riferimento all'art. 119, comma 3, della
Costituzione,  codesta  Corte  ha  ribadito  che  «la  nostra   Carta
costituzionale contempla un sistema perequativo di tipo verticale che
prevede l'intervento diretto  a  carico  del  bilancio  dello  Stato»
(Corte costituzionale, sentenza n. 61 del 2018). 
    2.9) Alla luce di quanto precede e' possibile concludere che: 
        a) la Costituzione prevede unicamente  strumenti  perequativi
di natura verticale, che si estrinsecano in un trasferimento da parte
dello Stato in favore delle autonomie locali  di  risorse  aggiuntive
rispetto a quelle da questi reperite per  l'esercizio  delle  normali
funzioni, cosi' palesandosi il vero e proprio cortocircuito logico di
un  sistema  che,  dissimulando  con  la  perequazione  una   vistosa
operazione di riduzione di risorse ai comuni, sottrae di fatto denaro
agli enti locali, senza porre  alcuna  attenzione  alla  clausola  di
salvaguardia  dell'art.  119,  comma  4,  della   Costituzione,   con
riferimento alla garanzia dell'integrale assolvimento delle  finzioni
loro attribuite; 
        b) gli strumenti perequativi individuati  dalla  Costituzione
sono tassativi,  con  la  conseguenza  che  gli  interventi  volti  a
compensare  la  minore   capacita'   fiscale   dei   territori   piu'
svantaggiati puo' avvenire «solo attraverso quei moduli legislativi e
procedimentali non collidenti con  il  dettato  dell'art.  119  della
Costituzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 176 del 2012). 
    Ne consegue che la disciplina del fondo di solidarieta' comunale,
nella misura in cui  prevede  un  meccanismo  perequativo  di  natura
sostanzialmente orizzontale, che  resta  tale  anche  in  prospettiva
futura, dove la contribuzione  dei  comuni  e'  largamente  eccedente
quella, minima, dello  Stato,  e'  palesemente  incostituzionale  per
violazione  degli  articoli  5  e  119,  commi  1,  3  e   4,   della
Costituzione. 
    2.10) D'altra parte, il  fatto  che  gli  interventi  legislativi
descritti abbiano trasformato  il  fondo  di  solidarieta'  comunale,
attribuendogli una natura di fatto «orizzontale», e'  confermato  dal
gia' citato documento datato 7 marzo 2018 redatto dal servizio  Studi
della Camera dei deputati, nel quale si precisa testualmente che «va,
in ultima analisi, sottolineato che la struttura attuale del fondo di
solidarieta'  comunale  e'   prevalentemente   orizzontale,   essendo
alimentato  esclusivamente   dai   comuni   attraverso   il   gettito
dell'imposta  municipale  propria,  e  non  anche  dalla   fiscalita'
generale, come invece  richiesto  dalla  legge  n.  42  del  2009  in
riferimento  al  fondo  perequativo  per  le  funzioni  fondamentali.
Tuttavia  tale  situazione  dipende  dal  fatto  che  la   componente
verticale, finanziata dallo Stato, di fatto e'  stata  annullata  dai
tagli delle risorse del Fondo, derivanti  dalle  misure  di  concorso
alla finanza pubblica previste per i comuni sulla base  dei  principi
del coordinamento della finanza pubblica, in relazione alle misure di
contenimento  della  spesa  introdotte  dal  legislatore  a   partire
dall'anno 2010 ad oggi (art. 16 del decreto-legge  n.  95  del  2012,
art. 47 del decreto-legge n. 66 del 2014 e art. 1, comma  435,  della
legge n. 190  del  2014),  cosa  che  comporta  che  i  trasferimenti
complessivi (al netto  delle  compensazioni  dei  tributi  soppressi)
risultino negativi, ossia il comparto dei comuni trasferisce  risorse
allo Stato». 
    L'esatto contrario della volonta' del legislatore  costituzionale
e di quanto a piu' riprese ribadito da questa ecc.ma Corte in  ordine
alla natura necessariamente della perequazione e alla tipicita' degli
strumenti perequativi. 
    2.11)  In   conclusione,   la   disposizione   impugnata   appare
incostituzionale, posto che: i) perpetua  per  una  durata  piu'  che
doppia rispetto a quella iniziale il taglio lineare disposto  con  il
decreto-legge n. 66/2014, in spregio alle disposizioni costituzionali
di cui in rubrica; ii) prevede un  innesto  di  risorse  statali  nel
fondo di solidarieta' comunale del  tutto  insufficiente,  largamente
inferiore alla contribuzione comunale, affinche' si  possa  predicare
la natura verticale della perequazione. 
    Si formula auspicio, pertanto,  affinche'  codesta  ecc.ma  Corte
possa cogliere l'opportunita' della  presente  impugnativa  anche  al
fine di impartire al legislatore indicazioni utili per  riportare  il
sistema della finanza locale al rispetto dei principi  costituzionali
in materia. 
    2.12) Per tali ragioni,  Regione  Liguria  ricorre,  su  espressa
richiesta del Consiglio delle  autonomie  locali,  a  codesta  ecc.ma
Corte costituzionale per ottenere l'annullamento l'art. 1, comma 849,
legge n. 160/2019, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3
e 4, della Costituzione, nella parte in cui, anziche' ricostituire, a
partire dall'anno 2020,  il  fondo  di  solidarieta'  comunale  nella
misura di euro 563,4 milioni, sottratta  per  effetto  dell'art.  47,
comma 8,  decreto-legge  n.  66/2014,  stabilisce  un  meccanismo  di
ricomposizione progressiva che, allo stato, ne consentira'  il  pieno
reintegro solo nell'anno 2024. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale, in  accoglimento  del
presente ricorso, dichiarare costituzionalmente illegittime, ai sensi
dell'art. 136, della Costituzione, le seguenti disposizioni: 
        art. 1, comma 554, legge n. 160/2019, per contrasto  con  gli
articoli 5, 119, commi 1 e 4, della Costituzione,  nella  parte  cui,
per gli anni dal 2020 al 2022, in combinato disposto  con  l'art.  1,
comma 892, legge n. 145/2018, consolida il contributo riconosciuto ai
comuni per il ristoro del gettito  non  piu'  acquisibile  a  seguito
dell'introduzione della TASI di cui al comma 639, dell'art. 1,  della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella misura complessiva di euro  300
milioni, anziche' nella misura  di  euro  625  milioni,  assunta  nel
decreto ministeriale 6 novembre 2014, ovvero in altra misura comunque
ritenuta congrua al fine di reintegrare i comuni dei minori  introiti
effettivamente generati per effetto dell'introduzione della TASI; 
        art. 57, comma 1, decreto-legge n. 124/2019,  convertito  con
legge n. 157/2019, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3
e 4, della Costituzione, nella parte in cui prevede che «la quota  di
cui al periodo precedente e'  incrementata  del  5  per  cento  annuo
dall'anno 2020, sino a raggiungere il valore  del  100  per  cento  a
decorrere dall'anno 2030»; 
        art. 1, comma 849, legge n. 160/2019, per contrasto  con  gli
articoli 5 e 119, commi 1, 3 e 4, della Costituzione, nella parte  in
cui, anziche' reintegrare completamente, a partire dall'anno 2020, il
fondo di solidarieta' comunale nella misura di  euro  563,4  milioni,
sottratta dall'art. 47, comma 8, decreto-legge  n.  66/2014,  prevede
una somma di euro 100 milioni a  ristoro  parziale  per  la  medesima
causale. 
    Con la massima osservanza. 
      Genova-Roma, 22 febbraio 2020 
 
                           Avv. Piciocchi