N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  4  marzo  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente -  Norme  della  Regione  Liguria  -  Modifiche  alla  legge
  regionale n. 8 del 2014 - Immissione di materiale ittico -  Divieto
  di immissione di specie ittiche non autoctone, mediante rilascio di
  individui attualmente o potenzialmente interfecondi illimitatamente
  e in natura. 
Sanita' pubblica - Norme della  Regione  Liguria  -  Costituzione  di
  societa' in house nell'ambito delle aziende ed  enti  del  Servizio
  sanitario regionale. 
Impiego pubblico - Norme della  Regione  Liguria  -  Disposizioni  in
  materia di conferimento di incarichi di direzione apicale. 
- Legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n.  31  (Disposizioni
  collegate alla legge di stabilita' per l'anno 2020), artt. 3, comma
  3; 5; 6; e 31, commi 1 e 2. 
(GU n.16 del 15-4-2020 )
    Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso ex  lege,  dall'Avvocatura  Generale
dello Stato, (C.F. 80224030587, per il  ricevimento  degli  atti  FAX
06-96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso  i  cui
uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12 domicilia 
    nei confronti della Regione Liguria, in  persona  del  Presidente
p.t., per la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della
Legge n. 31 del 27 dicembre 2019 recante "Disposizioni collegate alla
legge di stabilita' per l'anno 2020", con riferimento agli  artt.  3,
comma terzo, 31, commi 1 e 2, 5, 6. 
    La Regione Liguria con la legge sopra  epigrafata,  relativamente
alle norme teste' citate ha ecceduto della propria competenza,  cosi'
come si intende dimostrare con la illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    La legge regionale impugnata con le disposizioni sopra richiamate
e' in contrasto con la competenza esclusiva  statale  in  materia  di
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" (art. 117. comma 2, lett. s)
Cost.), materia quest'ultima "trasversale"  e  "prevalente",  che  si
impone integralmente nei confronti  delle  Regioni  che  non  possono
contraddirla, e a cui fa capo la disciplina  dei  rifiuti,  spettando
allo Stato, per costante giurisprudenza costituzionale, la competenza
a  fissare  livelli  di  tutela   uniforme   sull'intero   territorio
nazionale. 
    Infatti, il carattere  trasversale  della  materia  della  tutela
dell'ambiente, se da  un  lato  legittima  le  Regioni  a  provvedere
attraverso  la  propria  legislazione  esclusiva  o  concorrente   in
relazione  a  temi  che  hanno  riflessi  sulla  materia  ambientale,
dall'altro non costituisce limite  alla  competenza  esclusiva  dello
Stato a  stabilire  regole  omogenee  nel  territorio  nazionale  per
procedimenti e competenze che attengono alla tutela  dell'ambiente  e
alla salvaguardia del territorio (Corte Cost., sentenza  n.  249  del
2009). 
    La   giurisprudenza   costituzionale,   infatti,   e'    costante
nell'affermare, da un lato, che  la  materia  "tutela  dell'ambiente"
rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato,  appunto,
ai  sensi  dell'articolo  117,  secondo   comma,   lett.   s)   della
Costituzione  e  inerisce  ad  un  interesse   pubblico   di   valore
costituzionale primario ed assoluto; dall'altro, che si tratta di una
"materia trasversale", titolo che  legittima  lo  Stato  ad  adottare
disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, anche
in "campi di esperienza" - le cosiddette "materie" in senso proprio -
attribuiti alla competenza legislativa regionale. Ne  deriva  che  le
disposizioni legislative statali adottate in tale ambito  fungono  da
limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, e le
Province autonome, dettano nei settori di loro competenza, essendo ad
esse consentito soltanto, eventualmente, incrementare i livelli della
tutela ambientale, senza, pero', compromettere il punto di equilibrio
fra  esigenze  contrapposte  espressamente  individuata  dalla  norma
statale  (ex  multis  sentenza  n.  197  del  2014,  punto  12.   del
Considerato in diritto). 
    E'  infatti  confermato  dall'insegnamento  della  giurisprudenza
costituzionale (da ultimo,  sentenza  n.  7/2019)  che  il  carattere
trasversale della materia "tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema"
consente al legislatore  regionale  di  adottare  soltanto  norme  di
tutela piu' elevata. 
    Operata tale premessa il comma 3 dell'articolo 3,  che  sotto  la
rubrica  "Modifiche  alla  legge  regionale  1  aprile  2014,  n.   8
«disciplina della pesca nelle acque interne e  norme  per  la  tutela
della  relativa  fauna  ittica  e  dell'ecosistema  acquatico»",  nel
modificare il  comma  1  dell'articolo  16  di  detta  legge  prevede
espressamente che 
    " 1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 12 del decreto del
Presidente della Repubblica  8  settembre  1997,  n.  357  E  vietata
l'immissione di specie ittiche non autoctone,  mediante  rilascio  di
individui attualmente o potenzialmente interfecondi,  illimitatamente
e in natura." 
    Tale  norma  appare  in  contrasto  con  il   disposto   di   cui
all'articolo 12, comma 3 e s.m.i. del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento  recante  attuazione
della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione  degli  habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche),  che  vieta  l'immissione  in  natura  di  specie  e  di
popolazioni  non  autoctone,  salva  la   possibilita'   di   deroghe
rilasciate  dal  Ministero  dell'Ambiente,  senza  prevedere   alcuna
distinzione. 
    Siffatto divieto si applica anche nei confronti di  specie  e  di
popolazioni autoctone per  il  territorio  italiano  quando  la  loro
introduzione interessa porzioni di  territorio  esterne  all'arca  di
distribuzione naturale. Secondo i criteri adottati ai sensi del comma
1 del citato articolo 12 da parte del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare con proprio  decreto,  nel  rispetto
delle finalita' del regolamento e della salute e del benessere  delle
specie. 
    La norma della  legge  regionale  in  esame,  nella  sua  attuale
formulazione, risulta pertanto meno restrittiva rispetto  alla  norma
nazionale  e  potrebbe,  tra  l'altro,  consentire  l'immissione   di
soggetti di specie non autoctone purche' sterili. 
    Giova ricordare che la materia era gia'  stata  affrontata  nella
precedente legge della Regione Liguria n. 29 del  27  dicembre  2018,
oggetto di relativa impugnativa da parte del ministero  dell'ambiente
e  per  la  quale  risulta  ancora  pendente  relativo  giudizio   di
legittimita' Costituzionale in via principale ex articolo 127. Cost.,
avviato su ricorso depositato l'8 marzo 2020 (GU n. 22 del 29  maggio
2019). 
    La modifica alla Legge regionale 1 aprile 2014,  n.  8,  inoltre,
non tiene conto del contrasto: 
        - con il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230 recante
"Adeguamento  della  normativa  nazionale   alle   disposizioni   del
regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del  Consiglio
del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire
l'introduzione e la diffusione delle  specie  esotiche  invasive  che
all'art 6, comma 1, vieta il rilascio nell'ambiente di  esemplari  di
specie esotiche invasive  di  rilevanza  unionale,  transnazionale  o
nazionale; 
        - con le previsioni  di  cui  al  regolamento  (CE)  708/2007
"relativo all'impiego in acquacoltura di specie esotiche e di  specie
localmente  assenti",  che  prevedono  l'adozione  di  una  serie  di
procedure e provvedimenti volti a  garantire  un'adeguata  protezione
degli habitat acquatici dai rischi derivanti dall'impiego  di  specie
alloctone in acquacoltura. 
    Al riguardo l'invasione della  competenza  statale  deriva  dalla
circostanza che la legge regionale impugnata  autorizza  direttamente
le immissioni di specie  alloctone,  superando  l'intero  sistema  di
verifiche preventive e di autorizzazioni e soprattutto il divieto  di
introduzione, previsti dalla normativa statale di  settore  attuativa
di precise prescrizioni di diritto europeo - espresse dal regolamento
(UE) n. 1143 del 2014 e dal regolamento  CE  n.  708  del  2007  -  e
comunque fondante su standard uniformi di tutela  dell'ambiente,  non
differenziabili tra Regione e Regione. 
    Inoltre, la normativa regionale de qua viola  l'art.  117,  primo
comma, Cost. per il contrasto con il  principio  di  precauzione  che
trova relativa espressione  nelle  disposizioni  della  Direttiva  n.
92/43/CEE, relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali e  della  flora  e  della  fauna  selvatiche  (direttiva
Habitat), le quali consentono  agli  Stati  membri,  in  funzione  di
conservazione dell'equilibrio ambientale, di  vietare  l'introduzione
di specie alloctone, come ha  fatto  il  legislatore  italiano  senza
incontrare censura ne' in sede europea ne' da parte delle Regioni. 
    Come dianzi accennato  l'introduzione,  la  reintroduzione  e  il
ripascimento delle specie ittiche sono regolate dal gia' citato  art.
12 dei d.P.R. n. 357 del 1997, come modificato dal d.P.R.  n.120  del
2003 e successivamente sostituito dall'art. 2, comma 1,  del  decreto
del Presidente della Repubblica. 5 luglio 2019. n. 102, in attuazione
della cd. Direttiva Habitat (art. 22. lettere a  e  b)  che  richiede
agli Stati membri di valutare l'opportunita' di  reintrodurre  specie
autoctone  qualora  questa  misura  possa   contribuire   alla   loro
conservazione, sia di regolamentare,  ed  eventualmente  vietare.  Le
introduzioni di specie alloctone  che  possano  arrecare  pregiudizio
alla conservazione degli habitat o delle specie autoctone. 
    Lo  Stato  italiano  ha  esercitato  la  sua  competenza  con  il
richiamato d.P.R. n. 357 del 1997,  come  modificato  da  ultimo  nel
2019, attraverso la fissazione del divieto d'immissione in natura  di
specie e di popolazioni non autoctone (art. 12, comma  3).  E  di  un
regime derogatorio attivabile su istanza delle Regioni o  degli  enti
di gestione delle aree,  finalizzata  a  richiedere  l'immissione  in
natura delle specie e delle popolazioni non autoctone  (articolo  12,
comma 4)  per  motivate  ragioni  di  rilevante  interesse  pubblico,
connesse a esigenze ambientali, economiche, sociali  e  culturali,  e
comunque in modo che non sia arrecato alcun pregiudizio agli  habitat
naturali nella loro area di ripartizione naturale ne'  alla  fauna  e
alla flora selvatiche locali. 
    L'autorizzazione e' rilasciata con  provvedimento  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (articolo  12,
comma 5), sentiti il Ministero delle politiche agricole,  alimentari,
forestali e del turismo e il Ministero della  salute,  previo  parere
del Consiglio del Sistema nazionale di cui all'articolo 13, comma  2,
della legge n. 132 del 2016, entro sessanta  giorni  dal  ricevimento
della istanza. 
    L'autorizzazione anzidetta e', altresi' subordinata (articolo 12,
comma 6) alla valutazione di uno specifico  studio  del  rischio  che
l'immissione comporta per  la  conservazione  delle  specie  e  degli
habitat naturali, predisposto dagli enti richiedenti sulla  base  dei
criteri di cui al comma 1 dello stesso articolo 12. 
    Resta ferma la potesta',  del  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, ove lo ritenga necessario all'esito
della valutazione di non autorizzare l'immissione. 
    Palese  e'  da  ritenersi,  dunque,  il  conflitto  della   norma
regionale de qua con i vincoli e parametri  fissati  dalla  normativa
statale al fine di evitare che l'immissione di  specie  alloctone  in
ambito naturale non arrechi pregiudizio all'ecosistema e alle  specie
e alle popolazioni autoctone. 
    Relativamente all'immissione di specie ittiche nei  corpi  idrici
regionali, la Corte Costituzionale ha poi affermato che la disciplina
«dell'introduzione,  della  reintroduzione  e  del  ripopolamento  di
specie animali rientra nella  esclusiva  competenza  statale  di  cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera   s),   della   Costituzione
trattandosi di regole di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e non
solo  di  discipline  d'uso  della  risorsa   ambientale-faunistica».
Nell'esercizio di tale sua competenza esclusiva, finalizzata  ad  una
«tutela piena ed adeguata» dell'ambiente, lo Stato «puo' porre limiti
invalicabili di tutela (Corte Cost. sentenza n. 30  del  2009;  nello
stesso senso, sentenza n. 288 del 2012). 
    A tali limiti e Regioni devono, dunque, adeguarsi nel dettare  le
normative d'uso dei beni ambientali,  o  comunque  nell'esercizio  di
altre  proprie  competenze,  rimanendo  libere,  ove   lo   ritengano
opportuno,  di   definire,   nell'esercizio   della   loro   potesta'
legislativa, «limiti di tutela dell'ambiente anche  piu'  elevati  di
quelli statali» (Corte Cost., sentenza  n.  30  dei  2009;  in  senso
conforme Corte Cost., sentenza n. 151 del 2011). 
    Alla luce di quanto anzidetto e' da  ritenersi  che  l'intervento
legislativo della Regione Liguria si ponga in evidente contrasto  con
i principi sanciti dalla normativa  statale  ed  eurounitaria  dianzi
citata, consentendo l'immissione di specie alloctone nei corpi idrici
naturali, senza considerare in alcun modo gli effetti sul popolamento
ittico originario e, piu' in generale, sull'ecosistema acquatico,  di
per se' lesivo della fauna autoctona a prescindere dalla  sterilita'.
Per quanto precede la norma qui censurata  (art.  3  comma  3)  viola
l'art. 117, commi primo e secondo, lett.  s)  della  Costituzione  in
riferimento ai parametri statali ed eurounitari teste' citati. 
    La disposizione contenuta nell'articolo 31 comma 1,  della  Legge
regionale Liguria 31 dicembre 2019,  n.  31,  attribuisce  alle  "...
aziende ed enti del Servizio Sanitario Regionale, nel rispetto  delle
disposizioni di cui al decreto legislativo 19  agosto  2016,  n.  175
(Testo unico in materia di  societa'  a  partecipazione  pubblica)  e
successive  modificazioni  e  integrazioni"  la  facolta'   di   "...
costituire societa' in house che abbiano  per  oggetto  attivita'  di
produzione  di  beni  e  servizi  strettamente  necessarie   per   il
perseguimento   delle   proprie   finalita'   istituzionali,    anche
riguardanti le attivita' logistico-alberghiere  comprendenti  servizi
sociosanitari, socio-assistenziali e ausiliari". 
    Al riguardo, si rappresenta che la disposizione  sopra  riportata
appare superflua ed,  al  contempo,  interviene  in  una  materia  di
competenza legislativa esclusiva statale. 
    In particolare, sotto quest'ultimo aspetto, l'articolo 31,  comma
1, della L.r. Liguria n.  31/2019,  interviene  in  un  ambito  -  la
disciplina delle societa' in house  -  che  appartiene  alla  materia
della "tutela della concorrenza" di competenza "legislativa esclusiva
statale" in contrasto  con  l'art.  117,  comma  2,  lett.  e)  della
Costituzione. 
    Inoltre, si fa presente che  la  disposizione  in  esame,  e'  in
contrasto  con  i  vincoli  di  scopo   e   di   attivita'   previsti
dall'articolo 4, commi 1 e 2, del D.Lgs. N. 175/2016, in  particolare
nella parte in cui consente la  costituzione  di  societa'  in  house
aventi  ad  oggetto   attivita'   "...   riguardanti   le   attivita'
logistico-alberghiere    comprendenti     servizi     socio-sanitari,
socio-assistenziali e ausiliari". 
    Si precisa, altresi', che l'art. 9 bis, comma 4,  del  d.lgs.  N.
502 del  1992  (recante  il  riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria) prevede che: "Al di fuori dei programmi di sperimentazione
di cui al presente  articolo,  e'  fatto  divieto  alle  aziende  del
Servizio sanitario  nazionale  di  costituire  societa'  di  capitali
aventi per oggetto sociale  lo  svolgimento  di  compiti  diretti  di
tutela della salute" .  Tale  disposizione  non  rientra  tra  quelle
abrogate dal d.lgs. N. 175/2016. 
    Da ultimo, il comma 2 dell'art. 31 della medesima Legge regionale
prevede che: "Le procedure assunzionali del personale delle  societa'
di cui al comma 1 si conformano alle disposizioni di cui all'articolo
19, comma  2,  del  D.Lgs.  175/2016  e  successive  modificazioni  e
integrazioni". 
    In proposito, si fa presente che tale disposizione e'  superflua,
tenuto conto che l'articolo 19, comma 2, del D.Lgs. N.  175/2016,  si
applica a tutte le societa' a controllo pubblico. 
    L'Articolo 5 che prevede che "Nel quadro dell'economia  di  spesa
derivante dall'impiego in piu' enti del settore  regionale  allargato
del medesimo personale con qualifica dirigenziale, nel caso in cui  a
un dirigente a tempo  indeterminato,  anche  esterno  alla  dirigenza
regionale, sia assegnato l'incarico di direzione apicale di  piu'  di
un ente ovvero di  struttura  anche  regionale,  l'incarico  si  puo'
configurare   quale    struttura    organizzativa    complessa    con
determinazione dell'ente  di  appartenenza.  Con  determinazione  del
Direttore generale competente possono  essere  affidate  e  delegate,
nell'ambito del Dipartimento  di  afferenza  e  senza  oneri  per  il
bilancio regionale, ai  suddetto  dirigente,  titolare  di  struttura
regionale,   incaricato   della    responsabilita'    di    struttura
organizzativa  complessa,  le   finzioni   anche   vicarie   di   cui
all'articolo 15-bis della legge regionale  4  dicembre  2009,  n.  59
(Norme sul modello organizzativo  e  sulla  dirigenza  della  Regione
Liguria) e successive modificazioni e integrazioni". 
    Il succitato articolo 15-bis della L.R. n.  59  del  2009  a  sua
volta dispone "Il Vice Direttore  generale,  struttura  organizzativa
complessa,   esercita   le   finzioni   dirigenziali   complesse   di
Dipartimento o della Direzione centrale o della  Segreteria  generale
ad esso espressamente attribuite dalla Giunta regionale all'atto  del
conferimento dell'incarico e le altre funzioni ad esso  delegate  dal
Direttore competente o dai Segretario Generale" . 
    L'articolo 6 dispone la soppressione delle parole "da  almeno  un
quinquennio" dal comma 6 dell'articolo 24 della LR 59/2009 che, a sua
volta, detta disposizioni in materia  di  conferimento  di  incarichi
dirigenziali di struttura organizzativa complessa. 
    Tanto premesso si rappresenta che i predetti articoli 5 e 6,  nel
dettare disposizioni in  materia  di  conferimento  di  incarichi  di
direzione apicale, se pur ricondotti  "nel  quadro  dell'economia  di
spesa" che il legislatore regionale intenderebbe perseguire, sono  in
contrasto con quanto previsto dagli articoli 23 e 19  del  d.lgs.  n.
165 del 2001, tanto sotto il profilo procedimentale del conferimento,
quanto in ordine ai requisiti che i  candidati  all'incarico  debbono
possedere, tra i quali deve includersi il riferimento  all'esperienza
quinquennale, stralciato dalla norma regionale e invero richiesto dal
citato articolo 23 del d.lgs. 165 del 2001,  ai  fini  del  passaggio
dalla seconda alla prima fascia dirigenziale,  nonche'  dall'articolo
19, comma 6, in ordine  al  conferimento  di  incarichi  dirigenziali
esterni. In ragione delle suesposte motivazioni, gli articoli 5  e  6
sono  in  evidente  contrasto  con  l'art.  117,  comma  2  lett.  l)
Costituzione che riserva alla competenza  esclusiva  dello  Stato  la
materia dell'ordinamento civile. 
    Al riguardo si richiama la costante giurisprudenza costituzionale
che  ha  ricondotto  la  materia  del  rapporto  di  lavoro  pubblico
regionale all'ordinamento civile di cui all'art. 117, comma  secondo,
lett. l) (sentenza n. 257/2016). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude 
    perche' siano dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt.
3, comma 3, 31, commi 1 e 2, 5 e 6 della legge della Regione  Liguria
n. 31/2019. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
Ministri in data 25 febbraio 2020. 
 
        Roma, 28 febbraio 2020 
 
          Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Figliolia