N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 marzo 2020 (della Regione Siciliana). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2020 - Semplificazione ed efficientamento dei processi di programmazione, vigilanza ed attuazione degli interventi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione - Modifica del decreto-legge n. 34 del 2019 - Previsione che l'Agenzia per la coesione territoriale procede, "sentite" e non piu' "d'intesa con" le amministrazioni interessate, ad una riclassificazione degli strumenti programmatori e delle risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione. Regioni - Legge di bilancio 2020 - Istituzione di zone economiche speciali - Previsione che il soggetto per l'amministrazione dell'area (ZES) e' identificato in un Comitato di indirizzo composto, tra gli altri, da un Commissario straordinario del Governo, che lo presiede. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2020 - Riconoscimento a favore dei liberi consorzi e delle citta' metropolitane della Regione Siciliana di un contributo di 80 milioni di euro annui determinato per ciascun ente in proporzione al concorso alla finanza pubblica. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2020 - Istituzione dell'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI) e dell'imposta sul consumo delle bevande analcoliche - Disciplina delle modalita' di imposizione, di accertamento e riscossione, dei soggetti obbligati, della misura e delle esenzioni. - Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), art. 1, commi 309, lettera a), 316, lettera a), da 634 a 658, da 661 a 676 e 875.(GU n.16 del 15-4-2020 )
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore Sebastiano Musumeci, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli avvocati Marina Valli (pec: marina.valli@pec.it) e Vincenzo Farina (pec: v.farinavvpa@pec.it) dell'ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione siciliana (fax 091-6254244), elettivamente domiciliato presso la sede dell'ufficio della Regione siciliana in Roma - via Marghera n. 36 - ed autorizzato dalla giunta regionale a proporre il presente ricorso; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna n. 370 presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici e' elettivamente domiciliato in Roma - via dei Portoghesi n. 12 - per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 309, lettera a), 316, lettera a), 875, da 634 a 658 e da 661 a 676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 30 dicembre 2019, n. 304 - Supplemento ordinario. Fatto Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 30 dicembre 2019, n. 304 - Supplemento ordinario - e' stata pubblicata la legge 27 dicembre 2019, n. 160, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022». - L'art. 1, comma 309, cosi' dispone: al decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, sono apportate le seguenti modificazioni: a) «All'art. 44 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: "d'intesa con" sono sostituite dalla seguente: "sentite" e le parole: "autorita' delegata per la coesione" sono sostituite dalle seguenti: "e la coesione territoriale"; [...]». - L'art. 1, comma 316, cosi' dispone: al decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, sono apportate le seguenti modificazioni: a) «all'art. 4, il comma 6 e' sostituito dal seguente: "6. La regione, o le regioni nel caso di ZES interregionali, formulano la proposta di istituzione della ZES, specificando le caratteristiche dell'area identificata. Il soggetto per l'amministrazione dell'area ZES, di seguito "soggetto per l'amministrazione", e' identificato in un Comitato di indirizzo composto da un commissario straordinario del Governo, nominato ai sensi dell'art. 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che lo presiede, dal Presidente dell'Autorita' di sistema portuale, da un rappresentante della regione, o delle regioni nel caso di ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. [...]». - L'art. 1, comma 875, cosi' dispone: «A decorrere dall'anno 2020 e' riconosciuto a favore dei liberi Consorzi e delle citta' metropolitane della Regione siciliana un contributo di 80 milioni di euro annui. Il contributo spettante a ciascun ente e' determinato in proporzione al concorso alla finanza pubblica di cui all'art. 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, al netto della riduzione della spesa di personale registrata da ciascun ente nel periodo dal 2014 al 2018, dei contributi ricevuti dalla Regione siciliana a valere sulla somma complessiva di 70 milioni di euro di cui all'art. 1, comma 885, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonche' degli importi non piu' dovuti di cui all'art. 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come indicati nella tabella 2 allegata al decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. Il contributo di cui al periodo precedente e' versato dal Ministero dell'interno all'entrata del bilancio dello Stato a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti. In considerazione di quanto disposto dal periodo precedente, ciascun ente beneficiario non iscrive in entrata le somme relative ai contributi attribuiti e iscrive in spesa il concorso alla finanza pubblica di cui all'art. 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, al netto di un importo corrispondente alla somma dei contributi stessi». - L'art. 1, commi da 634 a 658, istituisce: «l'imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego, di seguito denominati "MACSI", che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari; i MACSI, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, sono realizzati con l'impiego, anche parziale, di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica» e ne disciplina le modalita' di imposizione - accertamento e riscossione, i soggetti obbligati, la misura, le esenzioni. - L'art. 1, commi da 661 a 676, istituisce: «l'imposta sul consumo delle bevande analcoliche, come definite al comma 662, di seguito denominate "bevande edulcorate". Ai fini dei commi da 661 a 676, per bevande edulcorate si intendono i prodotti finiti e i prodotti predisposti per essere utilizzati come tali previa diluizione, rientranti nelle voci NC 2009 e 2202 della nomenclatura combinata dell'Unione europea, condizionati per la vendita, destinati al consumo alimentare umano, ottenuti con l'aggiunta di edulcoranti e aventi un titolo alcolometrico inferiore o uguale a 1,2 per cento in volume [...]», e ne disciplina le modalita' di imposizione - accertamento e riscossione, i soggetti obbligati, la misura, le esenzioni. Le richiamate disposizioni che, a vario titolo, recano contrasto al principio di leale collaborazione e di coordinamento nell'attuazione delle politiche regionali, di uguaglianza e di corretto funzionamento del mercato sono illegittime per i seguenti motivi di Diritto Art. 1, comma 309, lettera a). Violazione degli articoli 14, 15, 17 e 20 dello Statuto regionale. Violazione degli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. L'art. 1, comma 309, nella parte in cui modifica l'art. 44 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 - convertito con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 - disponendo che l'Agenzia per la coesione territoriale procede, «sentite» e non piu' «d'intesa» con le amministrazioni interessate ad una riclassificazione degli strumenti programmatori variamente denominati a carico delle risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2004/2013 e 2014/2020 e delle risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione di cui all'art. 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, viola gli articoli 14, 15, 17 e 20 dello Statuto della Regione siciliana, nonche' gli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito e della rimozione degli squilibri economico e sociali e di coesione territoriale. L'art. 44 del suddetto decreto, nella sua formulazione antecedente, prevedeva che la pluralita' degli attuali documenti programmatori di ciascuna amministrazione centrale, regione o citta' metropolitana titolare di risorse a valere sul Fondo sviluppo e coesione fosse riorganizzata dall'Agenzia per la coesione territoriale - d'intesa con le amministrazioni interessate - nel quadro di un unico piano operativo. Invero, i patti per lo sviluppo, in precedenza denominati patti per il Sud, sono uno strumento di cooperazione territoriale interistituzionale per l'attuazione degli interventi nelle regioni e nelle citta' metropolitane del Mezzogiorno. I patti sono firmati dal Presidente del Consiglio o dall'autorita' delegata per la coesione e dal Presidente della regione o sindaco della citta' metropolitana e definiscono le linee strategiche per lo sviluppo del proprio territorio, per cui contengono una ricognizione degli strumenti e delle risorse a disposizione e degli interventi prioritari da realizzare. Il singolo patto considera il complesso delle risorse disponibili, provenienti dai PON e POR dei Fondi strutturali della vecchia programmazione 2007-2013 e dal Fondo sviluppo e coesione della vecchia programmazione 2007-2013, nonche' dai PON e POR dei Fondi strutturali 2014-2020, dai Fondi di cofinanziamento regionale e dal Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, oltre a eventuali finanziamenti specifici. In particolare, il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), rappresenta lo strumento che concentra e da' unita' programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale. L'intervento del FSC e' finalizzato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi di consistenza progettuale ovvero realizzativa, tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati quantificabili e misurabili, anche per quanto attiene al profilo temporale. L'intesa istituzionale di programma e' lo strumento di attuazione della politica regionale-nazionale. Con il documento: «Osservazioni e proposte di emendamenti della conferenza delle regioni delle province autonome 19/93/CR05/C3-C11», con riferimento al ddl di conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi, le regioni e province autonome, pur condividendo l'obiettivo generale della norma, finalizzata alla semplificazione ed efficientamento dei differenti cicli di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), hanno ritenuto necessario richiamare i principi base che ispirano e regolano il Fondo. A tal riguardo hanno evidenziato che il FSC e', assieme ai Fondi strutturali europei, lo strumento finanziario principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e soprattutto la rimozione degli squilibri economico e sociali in attuazione all'art. 119, comma 5 della Costituzione italiana. In tale ottica, il Fondo e' finalizzato quindi a dare unita' programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, volti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del paese, nonche' a garantire, in considerazione del suo carattere pluriennale coerente con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, la unitarieta' e la complementarieta' delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i Fondi comunitari. Alla luce di queste considerazioni le regioni hanno proposto i seguenti emendamenti testuali. 1) Art. 44, comma 1: dopo la frase: «l'Agenzia per la coesione territoriale procede» e' aggiunto il seguente periodo: «d'intesa con le amministrazioni interessate». Motivazione: la modifica prevede che la riclassificazione degli attuali documenti programmatori del FSC, variamente denominati, effettuata dall'Agenzia per la coesione territoriale avvenga d'intesa con le amministrazioni interessate. [...] Del resto la Corte costituzionale, in precedenti vicende sottoposte al suo esame (sentenza n. 6/2004) aveva gia' affermato che il legislatore statale e' tenuto a vincolare l'attuazione della propria normativa al raggiungimento di una intesa, basata sulla reiterazione delle trattative al fine di un esito condiviso in conferenza Stato-regioni o in Conferenza unificata, a seconda che siano in discussione solo interessi e competenze statali e regionali o anche degli enti locali. Nella giurisprudenza della Corte, infatti, le conferenze sono ritenute le sedi piu' qualificate per realizzare la leale collaborazione, che permea tutte le regole relative ai rapporti tra Stato e regioni, e consentire, in specie alle regioni, di svolgere un ruolo costruttivo nella determinazione del contenuto di atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale. Di conseguenza, le intese assurgono a vero e proprio accordo amministrativo, di particolare rilevanza, tramite cui gli enti pubblici rappresentativi concertano fra di loro le modalita' di perseguimento degli interessi pubblici di propria competenza, assumendo la natura di strumento ordinario di definizione delle materie o attivita' di interesse comune tra Stato e sistema delle autonomie. In questo senso e' stato ritenuto fondamentale l'allargamento del consenso sostanziale tra i diversi livelli di governo, titolari di competenze sempre piu' trasversali e quindi bisognose di coordinamento. E' appena il caso di rammentare come i Fondi per la coesione potendo finanziare una grande gamma di interventi intercettano svariate competenze della Regione siciliana. Di qui la lesione sia degli articoli dello Statuto che prevedono in capo alla regione, nelle materie dai medesimi elencate, la competenza legislativa esclusiva, art. 14, e concorrente, art. 17, e, per tutte, la competenza amministrativa, art. 20, come pure le norme del titolo V della Costituzione applicabili per effetto e nei limiti di cui all'alt 10 L.C. n. 3/2001. La disposizione si sospetta di illegittimita' costituzionale anche con riferimento alle norme dello Statuto recanti la competenza regionale in materia di enti locali, articoli 14, lettera o) e 15, atteso che la novella da essa recata svilisce anche il ruolo delle citta' metropolitane, escluse come la regione dal partecipare utilmente alle decisioni programmatorie, per la parte di risorse del FSC di cui sono titolari. E' infatti consolidato l'orientamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale secondo cui «le regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale» (sentenza n. 298/2009) e cio' considerato che «la stretta connessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). La norma in esame, pertanto, declassando l'intesa gia' correttamente prevista ad un mero parere, finisce per pregiudicare il dovuto coordinamento nell'attuazione della politica regionale-nazionale. L'intesa, infatti, quale strumento di dialogo e soprattutto di concertazione, risulta, alla luce delle argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale, ampiamente valorizzato. La legge n. 131 del 2003 poi, nel dettare le norme di adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla riforma costituzionale, prevede diffusamente il ricorso all'istituto dell'intesa o dell'accordo: quest'ultimo, nell'assumere la natura di strumento ordinario di definizione delle materie o attivita' di interesse comune tra Stato e sistema delle autonomie, finisce per essere «istituzionalizzato». La previsione dell'intesa, imposta dal principio costituzionale di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma che superi l'intesa, attribuendo drasticamente e palesemente la decisione ad un solo soggetto. Nella fattispecie de qua l'intervento statale e' ammesso a condizione, tuttavia che siano assicurati strumenti effettivi di partecipazione della regione e delle autonomie locali. Ritenere legittima la modifica riportata significherebbe espropriare della potesta' decisionale un soggetto istituzionale. Al contrario, spetta al legislatore stabilire «un sistema che imponga comportamenti rivolti verso lo scambio di informazioni e alla manifestazione della volonta' di ciascuna delle parti e, in ultima ipotesi, contenga previsioni le quali assicurino il raggiungimento del risultato, senza la prevalenza di una parte sull'altra» (cfr. sentenze numeri: 285/2005, 383/2005, 24/2007, 121/2010, 33/2011 e 165/2011). Art. 1, comma 316, lettera a). Violazione degli articoli 14, 17 e 20 dello Statuto regionale. Violazione degli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. L'art. 1, comma 316, nella parte in cui modifica l'art. 4 del decreto-legge n. 91/2017, prevedendo che il soggetto per l'amministrazione dell'area ZES (Zona economica speciale) e' identificato in un Comitato di indirizzo composto da un commissario straordinario del Governo, nominato ai sensi dell'art. 11, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che lo presiede, in luogo del presidente dell'Autorita' di sistema, viola a sua volta gli articoli 14, 17 e 20 dello Statuto della Regione siciliana nonche' gli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione dagli stessi sancito e della rimozione degli squilibri economico e sociali. L'art. 4 del decreto-legge n. 91/2017, nel prevedere che il Comitato di indirizzo delle ZES sia presieduto dal presidente dell'Autorita' di sistema portuale, garantiva la compartecipazione, tra Stato e regioni interessate, nell'individuazione dell'organo di vertice e di indirizzo. Invero, l'art. 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, prevede espressamente che il Presidente dell'Autorita' di sistema portuale e' nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti d'intesa con i presidenti delle regioni interessate. Codesta Corte costituzionale e' intervenuta, proprio sulla fattispecie in esame con la sentenza n. 378 del 2005, nella quale e' stato evidenziato, in particolare, che il richiamato art. 8 della legge n. 84/1994, alla luce della sopravvenuta legge costituzionale n. 3 del 2001, esige «una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto di nomina, quale forma di attuazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e la regione, ed esclude ogni possibilita' di declassamento dell'attivita' di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attivita' consultiva non vincolante. [...]». Sulla base di tali premesse la Corte ha, anche, specificato che «la scelta, operata dal legislatore statale nel 1994, di coinvolgere la regione nel procedimento di nomina del presidente costituisce riconoscimento del ruolo del porto nell'economia regionale e, prima ancora, locale [...]». Orbene, la ZES e' una zona geograficamente delimitata, costituita anche da aree territoriali non adiacenti che presentino un nesso economico funzionale e che comprenda almeno un'area portuale. Le modalita' per l'istituzione di una ZES, la sua durata, i criteri generali per l'identificazione e la delimitazione dell'area nonche' i criteri che ne disciplinano l'accesso e le condizioni speciali sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata. Ciascuna ZES e' istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta delle regioni interessate. Le ZES, secondo la disciplina contenuta nel successivo art. 5, del decreto-legge n. 91/2017, hanno l'obiettivo di attrarre investimenti esteri o extra-regionali, attraverso incentivi, agevolazioni fiscali, deroghe normative ecc., costituendo nel contempo una strategica riorganizzazione del tessuto delle aree di sviluppo industriale di proprieta' pubblica. Ne consegue, per l'importanza strategica delle ZES, la necessita' di una direzione al vertice che sia il frutto di una codeterminazione con la regione richiedente l'istituzione della singola zona. La scelta di far presiedere il Comitato di indirizzo di ciascuna ZES da un commissario straordinario nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, al di fuori di qualsiasi «intesa» sulla nomina con le regioni coinvolte, appare inserita in violazione degli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, essendo stata introdotta in spregio del principio di leale collaborazione sancito dalle predette norme costituzionali. La sentenza n. 154 del 2017, riguardo al principio di leale collaborazione richiede «un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico [...] sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche»; cio' in ossequio ad un sistema costituzionale sempre piu' orientato verso meccanismi di concertazione orizzontale tra i diversi livelli di Governo (sul punto, cfr. Corte costituzionale, sentenza 4 novembre 2003, n. 329). Al riguardo e' infine da precisare che, al pari di quanto messo in luce nel precedente motivo di ricorso, anche la presente disposizione prescindendo dal coinvolgere la regione (ora nella scelta relativa alla governance) pregiudica il corretto dispiegarsi delle svariate competenze regionali coinvolte dall'istituzione e operativita' delle ZES comportando cosi' violazione anche degli evocati parametri statutari. Art. 1, comma 875. Violazione degli articoli 14, lettera o) e 15 dello Statuto regionale. Violazione degli articoli 3, 119, 5 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. L'art. 1, comma 875, nella parte in cui stabilisce a favore dei liberi Consorzi e delle citta' metropolitane della Regione siciliana un contributo di 80 milioni di euro annui, determinato per ciascuno ente in proporzione al concorso alla finanza pubblica - di cui all'art. 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - al netto della riduzione della spesa di personale registrata da ciascun ente nel periodo dal 2014 al 2018, dei contributi ricevuti dalla Regione siciliana a valere sulla somma complessiva di 70 milioni di euro - di cui all'art. 1, comma 885, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 - nonche' degli importi non piu' dovuti - di cui all'art. 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come indicati nella tabella 2 allegata al decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 - viola tutti gli evocati parametri di costituzionalita'. La regione procede percio' alla sua impugnativa anche a tutela delle prerogative degli enti locali che ne sono destinatari, in virtu' della propria competenza statutaria in materia di enti locali. La disposizione e' da censurare infatti per contrasto con il principio di ragionevolezza e proporzionalita' delle leggi e di leale collaborazione e di uguaglianza, in particolare sotto l'aspetto della mancata attuazione di quanto gia' concordato con la regione e della rimozione degli squilibri economico e sociali. Al contempo si configura violazione dell'autonomia finanziaria degli enti siciliani di area vasta, che vengono a disporre mezzi finanziari insufficienti per l'adempimento dei propri compiti. L'art. 1, comma 875, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nel prevedere un contributo di 80 milioni di euro a favore delle citta' metropolitane e dei liberi Consorzi siciliani determina un arretramento nel processo di risanamento finanziario degli enti in questione, anche alla luce della circostanza che nell'anno precedente tale contributo, era stato quantificato in 100 milioni di euro in virtu' all'accordo integrativo del 10 maggio 2019 tra il Presidente della regione, il Ministro per il Sud e il Ministro dell'economia e delle finanze e alla successiva norma di recepimento contenuta nell'art. 38-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con la legge 28 giugno 2019, n. 58, concernente misure di sostegno in favore degli enti di area vasta. Se, pertanto la ratio della norma in oggetto e' quella di neutralizzare gli effetti del prelievo forzoso da parte dello Stato, sembra invece si concretizzi un orientamento in senso contrario, essendo il nuovo contributo di importo ampiamente insufficiente per compensare il debito pregresso, come invece avvenuto per le altre regioni, sia a Statuto speciale che ordinario. In particolare, la disposizione statale, per quanto riguarda la spesa del personale, fa riferimento al periodo 2014/2018, senza valutare come, dal 2018 in poi, la spesa del personale sia aumentata per via della corresponsione degli aumenti contrattuali e degli arretrati discendenti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto enti locali per il periodo 2016-2018. Si rappresenta, altresi', che la Corte dei conti - Sezione delle autonomie, nell'ambito dell'audizione sull'atto Camera n. 977/2019 ha evidenziato un'ulteriore esigenza di copertura finanziaria per tali enti di circa euro 107 milioni nel 2020. Nella fattispecie e' stato sottolineato che: «l'art. 27, comma 4, della legge regionale n. 15/2015 prevede che, ai fini dell'individuazione delle risorse necessarie per il finanziamento delle funzioni "proprie" dei liberi Consorzi comunali, il Presidente della regione, previa delibera di giunta e sentite le Commissioni affari istituzionali e bilancio dell'assemblea regionale siciliana, emani uno o piu' decreti, sulla base di un'intesa con i competenti organi dello Stato in ordine alla definizione dei reciproci rapporti, allo scopo di assicurare lo svolgimento dei compiti istituzionali dei liberi Consorzi comunali. [...] Con l'accordo tra lo Stato e la Regione siciliana 12 luglio 2017 e' stato previsto un concorso finanziario in favore di citta' metropolitane e liberi Consorzi da parte della regione di 70 milioni annui aggiuntivi rispetto al rendiconto 2016 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017 e comma 885 dell'art. 1 della legge n. 145/2018). L'accordo firmato il 19 dicembre 2018 tra il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Presidente della Regione siciliana [...] al punto 5, affronta il tema degli equilibri strutturali delle citta' metropolitane e dei liberi Consorzi siciliani, prevedendo che entro il 30 settembre 2019 il Governo si impegna a trovare adeguate soluzioni per il sostegno ai liberi Consorzi e citta' metropolitane della Regione siciliana, al fine di garantire parita' di trattamento rispetto alle province e citta' metropolitane del restante territorio nazionale e di favorire l'equilibrio dei relativi bilanci, nonche' a considerare le misure di coesione e di perequazione infrastrutturale [...]. La prospettata parita' di trattamento appare, verosimilmente parametrata alla possibilita' per gli enti siciliani, di conseguire sui propri bilanci i medesimi effetti prodotti per i bilanci degli enti delle regioni a Statuto ordinario in termini di ristoro del taglio di cui al comma 418, dell'art. 1 della legge n. 190/2014, non compensato dal taglio di cui all'art. 47 del decreto-legge n. 66/2014 [...]. Un obiettivo sostenibile [...] potrebbe essere quello di puntare al ripristino delle condizioni di equilibrio antecedenti ai tagli, assumendo come base di partenza per valutare la congruenza di un intervento finanziario utile al delineato scopo, l'entita' dello squilibrio di circa 100 milioni [...] e quantificando il rimborso nella misura dei disavanzi accumulati negli anni [...]. In questa prospettiva sembrano auspicabili misure legislative straordinarie [...] consistenti nella «continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il «perseguimento delle finalita' pubbliche» (sentenza Corte costituzionale n. 274/2017) [...] dal momento che l'equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dall'individuazione delle pertinenti risorse (sentenza n. 184/2016). Nel sindacato di costituzionalita', quindi, «copertura finanziaria ed equilibrio integrano una clausola generale [...]». Orbene, in ambiti come quello in esame, questa Corte e' chiamata a verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato dalla Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee, richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi (Corte costituzionale n. 1/2014). Nella specie, le suddette condizioni non sono soddisfatte. Quando le risorse proprie non consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite deve essere lo Stato ad intervenire con apposito Fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale per abitante e con ulteriori risorse aggiuntive ai fini di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarieta' sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni (art. 119, terzo, quarto e quinto comma della Costituzione). Da qui l'esigenza di una legislazione finanziaria ispirata alla valorizzazione dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo della tutela dei cittadini residenti nei comuni con maggiore difficolta' economica e della riduzione/eliminazione della sperequazione tra i livelli dei servizi erogati dagli enti di base nelle comunita' piu' povere e in quelle piu' ricche. Questa esigenza solidaristica nei confronti delle comunita' meno abbienti trova puntuale risposta - come gia' rilevato - in piu' articoli della Costituzione e, in particolare, nell'art. 119 della Costituzione, il quale fissa le forme e i limiti che devono guidare il legislatore ordinario nell'inveramento dei principi ivi indicati. Il richiamato parametro costituzionale bilancia le ragioni dell'autonomia, quelle dei vincoli finanziari dell'Unione europea e quelle della solidarieta' verso le comunita' economicamente meno munite. (Corte costituzionale n. 4/2020). Al contempo, il principio di leale collaborazione «richiede un confronto autentico [...] sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche» (sentenza n. 154 del 2017), in caso contrario, «una condotta meramente passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione, si risolverebbe in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale» e costituirebbe un «indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione amministrativa» (sentenza n. 219 del 2013). In forza dei principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale, la preventiva e unilaterale determinazione del contributo delle autonomie speciali alla manovra di finanza pubblica, per essere conforme a Costituzione e compatibile con gli statuti d'autonomia, dovrebbe lasciare un effettivo «margine di negoziabilita'» alle regioni autonome, da svilupparsi in tempi ragionevoli ed in maniera proporzionata all'autonomia organizzativa e di spesa della regione. (Corte costituzionale n. 6/2019). La proporzionalita' e la conseguente conformita' a Costituzione dei prelievi a carico delle autonomie territoriali e dei contributi agli stessi erogati sono strettamente dipendenti dal sincronico raffronto con le singole manovre di finanza pubblica che li dispongono (sentenza n. 154 del 2017). Nel caso di specie, invece la disposizione normativa oltre che presentarsi non conforme sotto il profilo degli indici di determinazione del contributo spettante a ciascun ente, non e' stata il frutto di una codeterminazione, in assenza di qualsiasi accordo inerente l'esercizio finanziario 2020. L'art. 1, commi da 634 a 658 e da 661 a 676. Violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione ed art. 36 dello Statuto della Regione siciliana e correlate norme di attuazione di cui al D.P.Reg. n. 1074/1965, con riferimento al contrasto con gli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione. L'art. 1, commi da 634 a 658 e da 661 a 676, nella misura in cui istituisce e disciplina le modalita' di imposizione, accertamento e riscossione, i soggetti obbligati, la misura, le esenzioni, rispettivamente della imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego, «MACSI» e dell'imposta sul consumo delle bevande analcoliche, viola gli articoli 117, terzo comma e 119 della Costituzione ed art. 36 dello Statuto della Regione siciliana e correlate norme di attuazione di cui al D.P.Reg. n. 1074/1965, con riferimento al contrasto con gli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione, sotto l'aspetto delle distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato e degli effetti sul gettito fiscale della regione. Cio' a causa della riduzione del fatturato del comparto dovuta alla maggiorazione del costo dei prodotti colpiti dalle imposte de quibus, oltre alle ripercussioni occupazionali, effetti che derivano dalla portata discriminatoria e dalla mancata gradualita' e proporzionalita' degli introdotti tributi. L'illegittimita' delle disposizioni relative alle nuove imposte nel danneggiare i soggetti obbligati, fabbricanti di MACSI e produttori di bevande analcoliche, ridonda in lesione dell'autonomia finanziaria della regione. Le imprese dei relativi settori aventi sede o stabilimenti in Sicilia rappresentano una riduzione del fatturato del comparto dovuta alla maggiorazione del costo dei prodotti, quantificata nella filiera per l'anno 2021 in un range che va dal 10 al 27%. Alla rilevante diminuzione del fatturato conseguira' per la Regione siciliana un minor gettito fiscale anche per le ripercussioni sui livelli occupazionali dei comparti atteso che alcune aziende preannunciano una riduzione del proprio personale del 40%. Per non dire del rischio di abbandono della produzione o delocalizzazione fuori dall'Italia. Invero, l'esercizio del potere discrezionale in materia tributaria da parte del legislatore incontra il suo limite nella ragionevolezza della scelta legislativa, che deve sapere raccordarsi con il principio di capacita' contributiva, di uguaglianza e della libera iniziativa economica. Nella fattispecie in esame si tratta di una tassazione aggiuntiva che colpisce determinati settori economici, provocando un ingente flessione del mercato ed una correlata riduzione dei consumi, con chiara arbitraria discriminazione. Il sacrificio patrimoniale a cui e' sottoposta una determinata categoria di imprese, lasciando indenne altre a parita' di capacita' contributiva, risulta arbitrario ed irragionevole e, pertanto, in contrasto con gli articoli 41, 53 e 3 della Costituzione (Corte costituzionale del 9 febbraio 2015, n. 10). L'eccessivo gravame fiscale imposto nega le garanzie di proprieta' ed iniziativa privata connesse alle garanzie della liberta' della persona umana, le quali sarebbero svuotate di potere di espressione, senza i mezzi economici per il relativo esercizio. Sicche', la mancata coerenza logica e giuridica della misura dei tributi, rispetto alle garanzie accordate alla liberta' di iniziativa economica ed alla proprieta' dell'impresa, si prestano ad essere valutate quale eccesso legislativo della potesta' tributaria. In sostanza, anche per la delimitazione del dovere tributario, vale piu' che mai il principio della coerenza del sistema costituzionale preordinato nel suo complesso alla tutela della persona umana, che e' negata qualora le imposte gravino irragionevolmente sulle iniziative, sul patrimonio e sul reddito dei soggetti, che ne siano i titolari e che esprimano la loro personalita', svolgendo attivita' economiche di acquisizione, produzione e scambio di beni. L'esercizio della potesta' tributaria deve essere contenuto, secondo le garanzie accordate dalla Costituzione, in rapporto alla titolarita' ed al godimento dei beni, nonche' allo svolgimento delle attivita' sulle quali l'esercizio della potesta' tributaria stessa incide. Appare, di contro, ultroneo, sostenere che i diritti fondamentali e la tutela dell'ambiente, in particolare, si pongano su un piano superiore e non comunicante rispetto ai diritti del mercato e che non possano mai essere sacrificati a favore di altri valori. Tale atteggiamento potrebbe, anzi, comportare una compressione dei diritti dell'uomo e della libera iniziativa economica. Sembra invece assai piu' utile prendere atto della reciproca interferenza fra gli stessi ed orientare la scelta legislativa sul procedimento piu' appropriato per realizzare un bilanciamento tra i superiori valori. In questa direzione e' fondamentale un uso sapiente delle clausole generali, e in particolare della ragionevolezza e della solidarieta' sociale, tenendo conto, a livello macroeconomico, della dimensione collettiva degli interessi coinvolti.
P.Q.M. Per quanto sopra esposto e per quanto si fa riserva di ulteriormente dedurre, si chiede che voglia codesta ecc.ma Corte Costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 2019, n. 160 e precisamente: dell'art. 1, commi 309, lettera a) per violazione degli articoli 14, 15, 17 e 20 dello Statuto regionale e degli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; dell'art. 1, comma 316, lettera a) per violazione degli articoli 14, 17 e 20 dello Statuto regionale e degli articoli 5, 118, 119 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; dell'art. 1, comma 875, per violazione degli articoli 14, lettera o) e 15 dello Statuto regionale e degli articoli 3, 119, 5 e 120 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; dell'art. 1, commi da 634 a 658 e da 661 a 676 per violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione e dell'art. 36 dello Statuto regionale e correlate norme di attuazione di cui al D.P.Reg. n. 1074/1965 e successive modificazioni, con riferimento al contrasto con gli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione. Si allega al presente atto: delibera della giunta regionale di autorizzazione a proporre il presente ricorso. Palermo-Roma, 24 febbraio 2020 Gli Avvocati: Valli - Farina