N. 85 SENTENZA 22 aprile - 7 maggio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Appalti  pubblici  -  Procedure  di  affidamento   -   Partecipazione
  dell'impresa mandataria di un raggruppamento temporaneo di  imprese
  (RTI)  successivamente  ammessa   a   concordato   preventivo   con
  continuita' aziendale - Esclusione  -  Denunciata  irragionevolezza
  sotto  piu'  profili,  violazione  della  liberta'  di   iniziativa
  economica e del principio del buon andamento - Non fondatezza delle
  questioni. 
- Decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163,  art.  38,  comma  1,
  lettera a); regio decreto 16 marzo  1942,  n.  267,  art.  186-bis,
  quinto e sesto comma, introdotto dall'art. 33, comma 1, lettera h),
  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.   83,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117, secondo comma, lettera a). 
(GU n.20 del 13-5-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Augusto Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice
dei contratti pubblici relativi a  lavori,  servizi  e  forniture  in
attuazione delle direttive  2004/17/CE  e  2004/18/CE),  e  dell'art.
186-bis, quinto e sesto comma, del regio decreto 16  marzo  1942,  n.
267  (Disciplina   del   fallimento,   del   concordato   preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa), come introdotto dall'art. 33, comma 1,  lettera  h),
del decreto-legge 22 giugno  2012,  n.  83  (Misure  urgenti  per  la
crescita del Paese), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  7
agosto  2012,  n.  134,  promossi  complessivamente   dal   Tribunale
amministrativo regionale per  il  Lazio  con  due  ordinanze  del  29
ottobre 2018 e dal Consiglio di Stato, sezione quinta, con  ordinanza
del 12 giugno 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 40, 41 e 150
del registro ordinanze 2019 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica numeri 12 e  40,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2019. 
    Visti gli atti di costituzione della Guerrato spa, in  proprio  e
quale mandataria  del  raggruppamento  temporaneo  di  imprese  (RTI)
costituito con la Ciclat societa' cooperativa e, quanto  al  giudizio
promosso con l'ordinanza iscritta al n. 41 del reg. ord. 2019,  anche
con la Miorelli Service spa, della Dussmann Service srl, in proprio e
quale mandataria del RTI costituito con la Siram spa,  della  Apleona
HSG spa, gia' Bilfinger Sielv Facility Management spa, in  proprio  e
quale mandataria designata del RTI costituendo con la Markas srl,  la
Vivaldi & Cardino spa, il Gruppo  Servizi  Associati  spa  con  Socio
Unico e la Iscot Italia spa, della Itinera spa, in  proprio  e  quale
mandataria del RTI costituito con la Monaco  spa,  della  Carena  spa
Impresa di  Costruzioni,  in  proprio  e  quale  mandataria  del  RTI
costituito con la ILESP srl, e dell'Anas spa,  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito il Giudice relatore Daria de  Pretis  nell'udienza  del  22
aprile 2020 svolta, ai sensi del decreto della Presidente della Corte
del 24 marzo 2020, punto 1) lettera c), senza discussione  orale,  su
conformi istanze delle parti, pervenute in data 14, 15  e  16  aprile
2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 aprile 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 29 ottobre 2018, iscritta al n. 40 del reg.
ord. 2019, il Tribunale regionale  amministrativo  per  il  Lazio  ha
sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale  del  «combinato
disposto»  degli  artt.  38,  comma  1,  lettera  a),   del   decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE) e 186-bis, quinto e sesto comma,  del  regio
decreto 16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del
concordato  preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e   della
liquidazione coatta amministrativa), come  introdotto  dall'art.  33,
comma 1, lettera h), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83  (Misure
urgenti per la crescita del Paese),  convertito,  con  modificazioni,
nella  legge  7  agosto  2012,   n.   134,   «laddove   consente   la
partecipazione  alle  gare  pubbliche  alle  [i]mprese  singole,   se
sottoposte   a   concordato   con   continuita'   aziendale,   e   ai
[r]aggruppamenti temporanei di [i]mprese, ove vi sia  sottoposta  una
mandante, ma la vieta ai [r]aggruppamenti  temporanei  di  [i]mprese,
nel caso in cui sia la mandataria assoggettata a tale procedura»,  in
riferimento agli artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera a),  della
Costituzione. 
    Le questioni sono sorte nel corso di un giudizio  promosso  dalla
Guerrato spa,  in  proprio  e  quale  mandataria  del  raggruppamento
temporaneo  di  imprese  (RTI)  costituito  con  la  Ciclat  societa'
cooperativa, per l'annullamento del provvedimento con cui  la  Consip
spa ha escluso tale RTI dalla procedura per l'affidamento  di  alcuni
lotti dei «servizi integrati, gestionali ed operativi,  da  eseguirsi
negli istituti e luoghi di cultura pubblici individuati dall'art. 101
del D.Lgs. n. 42/2004», e per il conseguente risarcimento del  danno.
Con motivi aggiunti la medesima  ricorrente  ha  impugnato  anche  il
provvedimento con cui la Consip spa  ha  deliberato  di  escutere  le
garanzie prestate dal RTI per concorrere alla gara. 
    La stazione appaltante ha disposto l'esclusione sull'assunto  che
durante l'iter di svolgimento della gara si  sarebbe  verificato,  in
capo alla Guerrato  spa,  il  requisito  generale  negativo  previsto
all'art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs.  n.  163  del  2006,  ai
sensi del quale «[s]ono esclusi dalla partecipazione  alle  procedure
di affidamento» i soggetti «che si trovano in stato di fallimento, di
liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso  di  cui
all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267,  o  nei
cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una
di tali situazioni». Poiche' la stessa impresa, mandataria  del  RTI,
e' stata ammessa dal Tribunale ordinario di Rovigo, con decreto del 2
maggio 2018, alla procedura di concordato preventivo con  continuita'
aziendale, troverebbe applicazione l'art. 186-bis, sesto comma, della
legge fallimentare, ai sensi del quale «[...] l'impresa in concordato
puo'  concorrere  anche  riunita  in  raggruppamento  temporaneo   di
imprese, purche' non rivesta la qualita' di mandataria e  sempre  che
le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad
una procedura concorsuale». 
    Per quello che qui rileva, la ricorrente nel processo  principale
ha lamentato la violazione dell'art. 38, comma  1,  lettera  a),  del
d.lgs. n. 163 del 2006 e dell'art. 186-bis della legge  fallimentare,
sostenendo che le cause di esclusione dalla partecipazione alla  gara
previste in tali disposizioni non varrebbero per le imprese  che,  in
bonis al momento della presentazione dell'offerta, sono sottoposte  a
concordato preventivo con continuita' aziendale solo nel corso  della
procedura di affidamento, in  particolare  ove  quest'ultima  si  sia
lungamente protratta  nel  tempo,  come  sarebbe  avvenuto  nel  caso
concreto. 
    1.1.- Quanto alla  rilevanza,  il  rimettente  osserva  che  alla
fattispecie dedotta nel giudizio principale, relativa a un  bando  di
gara pubblicato il 5  agosto  2015,  si  dovrebbe  applicare  ratione
temporis l'art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 163 del  2006,
nonostante esso sia  stato  abrogato  dall'art.  216,  comma  1,  del
decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei  contratti
pubblici), secondo cui le disposizioni del nuovo codice dei contratti
pubblici si applicano «alle procedure e ai contratti per  i  quali  i
bandi e gli avvisi con cui si  indice  la  procedura  di  scelta  del
contraente siano  pubblicati  successivamente  alla  data  della  sua
entrata in vigore» (id  est,  successivamente  al  19  aprile  2016).
Inoltre, secondo la  giurisprudenza  amministrativa  i  requisiti  di
partecipazione dovrebbero  essere  posseduti  sia  al  momento  della
presentazione della domanda, sia per tutta la durata della procedura,
cosicche' non assumerebbero rilievo la sopravvenienza della causa  di
esclusione nel corso della gara e la lunga durata di quest'ultima. 
    Il rimettente osserva, altresi', che il «combinato disposto»  del
citato art. 38, comma 1, lettera a), e dell'art.  186-bis,  quinto  e
sesto comma, della legge fallimentare condurrebbe  inevitabilmente  a
escludere dalla gara il RTI di cui la Guerrato spa e' mandataria.  La
deroga introdotta dall'art. 186-bis citato alla regola  generale  che
vieta la partecipazione alla gara dei soggetti sottoposti a procedure
concorsuali  sarebbe  infatti  circoscritta  alle  due  sole  ipotesi
dell'impresa singola e dell'impresa aderente a un RTI in qualita'  di
mandante, cosicche' la regola generale tornerebbe  a  operare  se  in
concordato preventivo con continuita' aziendale  si  trovi  l'impresa
mandataria  di  un   RTI.   Ne'   sarebbe   possibile   una   diversa
interpretazione delle disposizioni censurate, deponendo in tal  senso
anche la loro interpretazione ad opera del Consiglio di Stato. 
    1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, sarebbe violato  in
primo luogo l'art.  3  Cost.,  in  quanto  l'esclusione  dell'impresa
mandataria  di  un  RTI,  oltre  a  non  essere  imposta   da   norme
"stringenti" del  diritto  dell'Unione  europea,  sarebbe  incongrua,
irragionevole e ingiustificata, valendo per tutte  le  altre  ipotesi
indicate, diverse solo per il  modulo  partecipativo  alla  gara,  la
stessa  esigenza  diretta  a  favorire  il  superamento  della  crisi
d'impresa,  che  giustifica  la  deroga  al   generale   divieto   di
partecipazione alle  gare  pubbliche  per  le  imprese  sottoposte  a
procedure concorsuali. 
    Dopo avere descritto la ratio  e  la  disciplina  del  concordato
preventivo con  continuita'  aziendale,  il  rimettente  osserva  che
l'impresa singola risponde da sola  e  in  toto  dell'esecuzione  del
contratto, mentre l'offerta di un RTI e' presentata da una pluralita'
di imprese,  tutte  responsabili  dell'esecuzione  per  la  parte  di
propria competenza, essendo la mandataria  solidalmente  responsabile
nei soli RTI verticali, in  cui  le  prestazioni  principali  gravano
sulla   mandataria   e   quelle   secondarie   sulle   mandanti.   La
partecipazione alla gara della  mandataria  sottoposta  a  concordato
preventivo con  continuita'  aziendale  non  causerebbe  dunque  alla
stazione appaltante un pregiudizio ne' un rischio maggiori rispetto a
quelli  in  ipotesi  prodotti  dalla  partecipazione  di   un'impresa
singola. 
    Si dovrebbe poi considerare che la stazione appaltante sceglie il
contraente  sulla  base  di  parametri  indicati  ex  ante,  mediante
l'indifferenziata valutazione dell'offerta presentata  da  un'impresa
singola o da piu' imprese riunite in RTI. 
    Inoltre,  per  il  caso  di  fallimento  dell'impresa  mandataria
dichiarato nel corso del rapporto contrattuale, lo stesso  d.lgs.  n.
163 del 2006 appresterebbe  un  importante  rimedio  a  favore  della
stazione appaltante, stabilendo, al comma 18  dell'art.  37,  che  la
stessa «[...] puo'  proseguire  il  rapporto  di  appalto  con  altro
operatore economico che sia costituito mandatario [...] purche' abbia
i  requisiti  di  qualificazione  adeguati  ai  lavori  o  servizi  o
forniture ancora da eseguire». Il rimedio sarebbe esperibile anche se
venisse sottoposta a fallimento, in corso  di  contratto,  un'impresa
mandataria di RTI  gia'  in  concordato  preventivo  con  continuita'
aziendale,  sicche'  nemmeno  sotto  questo  profilo  una  previsione
restrittiva come quella  contenuta  all'art.  186-bis,  sesto  comma,
della legge fallimentare sarebbe ragionevole. 
    1.2.1.- In secondo luogo, sarebbero violati gli artt. 41  e  117,
secondo  comma,  lettera  a),  Cost.,   in   quanto   l'irragionevole
esclusione  dell'impresa   mandataria   di   un   RTI   comporterebbe
un'ingiustificata limitazione della liberta' di iniziativa  economica
e  la  lesione  del  principio  della  concorrenza,  costituente   un
«principio   cardine   dell'Unione   europea»   cui    «la    massima
partecipazione alle gare e' funzionale». 
    1.3.- L'irragionevolezza  delle  disposizioni  censurate  sarebbe
confermata  dall'evoluzione  normativa  nella   materia,   che,   pur
essendosi tradotta in previsioni non applicabili nel giudizio a  quo,
esprimerebbe una scelta del legislatore in  linea  con  la  soluzione
auspicata dal rimettente. L'art. 80, comma 5, lettera b), del  d.lgs.
n. 50 del 2016 prevede infatti che sia escluso  dalla  partecipazione
alle procedure di appalto l'operatore  economico  che  «si  trovi  in
stato  di  fallimento,  di   liquidazione   coatta,   di   concordato
preventivo, salvo il caso di concordato con continuita' aziendale,  o
nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di
una di tali situazioni». Superando la  tecnica  del  rinvio  all'art.
186-bis della legge fallimentare e regolando compiutamente  le  cause
di esclusione degli operatori  economici  dalla  partecipazione  alle
procedure di affidamento, la  disposizione  introdurrebbe  cosi'  una
deroga  valida  in  tutti  i  casi  di  concordato   preventivo   con
continuita' aziendale, senza distinguere tra operatori che concorrono
singolarmente o riuniti in RTI  oppure  tra  le  posizioni  rivestite
dalle imprese aderenti al raggruppamento. 
    Un'ulteriore conferma si ricaverebbe dalla  previsione  dell'art.
110, comma 3, del d.lgs. n.  50  del  2016,  secondo  cui  «l'impresa
ammessa al concordato con continuita'  aziendale,  su  autorizzazione
del  giudice  delegato»,  puo':  «a)  partecipare  a   procedure   di
affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture  e  servizi
ovvero essere affidatario di  subappalto»,  ovvero:  «b)  eseguire  i
contratti gia' stipulati dall'impresa fallita o ammessa al concordato
con continuita' aziendale». 
    Le  richiamate  disposizioni  del  nuovo  codice  dei   contratti
prevarrebbero, per l'inequivocita' del dato letterale e per  il  loro
carattere  speciale,  su  quelle  dell'art.   186-bis   della   legge
fallimentare. Se ne  dovrebbe  desumere  l'evidente  irragionevolezza
dell'anteriore disciplina sfavorevole alle imprese mandatarie  di  un
RTI, giacche' la  pur  ampia  discrezionalita'  del  legislatore  nel
regolare  la  materia  non  giustificherebbe   una   cosi'   radicale
diversita' nel tempo del trattamento normativo, ne' in ragione  delle
caratteristiche del concordato preventivo con continuita'  aziendale,
rimaste immutate, ne' in ragione delle garanzie  da  assicurare  alle
stazioni appaltanti. 
    1.4.- Con atto depositato il 2 aprile 2019 si  e'  costituita  in
giudizio la Guerrato spa, in proprio e nella qualita'  di  mandataria
del RTI costituito con la  Ciclat  societa'  cooperativa,  parte  del
processo  principale,  che  ha  concluso  per  la  fondatezza   delle
questioni. 
    L'art. 186-bis, sesto comma,  della  legge  fallimentare  sarebbe
irragionevole, in primo luogo,  per  l'ingiustificata  disparita'  di
trattamento tra le imprese singole e quelle riunite in  un  RTI,  ove
sottoposte a concordato  preventivo  con  continuita'  aziendale,  in
quanto consentirebbe la partecipazione alle gare delle  seconde  solo
se rivestono il ruolo di mandanti. La disparita' di  trattamento  non
sarebbe fondata  su  «peculiari  e  oggettive  ragioni  insite  negli
interessi della stazione appaltante o della massa dei creditori». 
    In secondo luogo, l'irragionevolezza deriverebbe  dalla  illogica
disparita' di trattamento «tra le due fasi di una commessa pubblica»,
posto che il concordato preventivo della mandataria che sopravvenisse
solo nel corso della fase esecutiva non comporterebbe  alcun  divieto
di prosecuzione del rapporto. Le esigenze di  tutela  della  stazione
appaltante sarebbero infatti le stesse in entrambe le fasi. 
    Il citato art. 186-bis, sesto comma,  sarebbe  poi  irragionevole
anche per la  sovrapposizione  di  giurisdizioni  contrastanti  sulla
medesima fattispecie, in quanto finirebbe per  demandare  al  giudice
amministrativo - per il tramite del controllo  giurisdizionale  degli
atti  dell'amministrazione  aggiudicatrice   -   il   sindacato   sul
provvedimento  del  giudice  fallimentare  che  ha   autorizzato   la
partecipazione  alla  gara  dell'impresa  in  concordato  preventivo,
valutandone la compatibilita' con gli interessi dei  creditori  e  la
sostenibilita' finanziaria. Tale sovrapposizione potrebbe  comportare
esiti diametralmente opposti, con «evidenti influssi deteriori» sulle
sorti delle procedure concorsuali. 
    E' lamentata inoltre l'irragionevole mancanza di  una  disciplina
che,  regolando  le  fattispecie  in  cui  lo  stato  di   concordato
preventivo  sopravviene  alla  presentazione  dell'offerta,  permetta
all'incolpevole  operatore  economico  di   adeguarsi   al   precetto
normativo sull'automatica esclusione dalla gara  senza  incorrere  in
conseguenze  pregiudizievoli,  quali  l'escussione   delle   garanzie
prestate  a  titolo  di  cauzione  provvisoria  e   la   segnalazione
all'Autorita' nazionale anticorruzione (ANAC). 
    La   disposizione   censurata   sarebbe   infine    ulteriormente
irragionevole, sotto un profilo connesso al precedente,  nella  parte
in cui consente di sanzionare l'operatore economico con  l'esclusione
dalla gara  e  con  le  altre  gravose  conseguenze  appena  indicate
indipendentemente dalla sua volonta' e in  assenza  di  una  condotta
fraudolenta o anche solo contraria a divieti normativi. 
    1.5.- Con atto depositato il 9  aprile  2019  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso  per  la
non fondatezza delle questioni. 
    La  denunciata  disparita'  di  trattamento   normativo   sarebbe
giustificata  dal  regime  dei  controlli  gravanti  sull'impresa  in
concordato preventivo, rispetto al quale risulterebbe  «difficilmente
declinabile» il modello organizzativo del RTI, che  prevede  in  capo
all'impresa mandataria la rappresentanza esclusiva dei  mandanti  nei
confronti della stazione appaltante per tutta la durata del rapporto.
Sia nei rapporti interni al raggruppamento, che nei rapporti  esterni
con la stazione appaltante, la vigilanza del commissario giudiziale e
la  necessita'  che  i  singoli  atti  dell'impresa   mandataria   in
concordato preventivo siano autorizzati dal tribunale renderebbero lo
svolgimento  del  rapporto,  gestito  da  un  rappresentante   "sotto
tutela", certamente piu' complicato e tale da  minare  «il  paradigma
costituzionale di un'azione amministrativa celere ed efficiente». 
    La vigilanza  esercitata  sulla  sola  impresa  mandataria  dagli
organi della procedura concorsuale non  consentirebbe  di  realizzare
l'effetto utile, per la stazione appaltante, di sottoporre a verifica
anche gli atti  gestori  degli  altri  soggetti  riuniti  nel  RTI  e
obbligati   all'esecuzione   dell'appalto.   L'eventuale   espunzione
dall'ordinamento della disposizione censurata potrebbe, da  un  lato,
compromettere il rapporto sussistente tra il fine pubblico perseguito
dalla  stazione  appaltante  e  l'effettivita'  del  controllo  sugli
operatori obbligati ad adempiere alle  obbligazioni  contrattuale  e,
dall'altro lato, rendere impossibile la  valutazione  concreta  della
possibilita' per la mandataria di  continuare  la  propria  attivita'
senza l'ausilio delle imprese  mandanti  in  bonis.  Diversa  sarebbe
invece  l'ipotesi  dell'ammissione  al  concordato   preventivo   con
continuita' aziendale di un altro operatore economico, in  quanto  la
vigilanza  potrebbe  in  tal  caso  essere  esercitata  in  modo   da
garantire, per la  stazione  appaltante,  «maggiori  certezze»  sulla
capacita'  di  adempiere  dell'appaltatore.   La   diversita'   delle
situazioni messe a confronto giustificherebbe,  pertanto,  l'adozione
di una differente disciplina, in ossequio al principio di uguaglianza
sostanziale. 
    Non  sussisterebbe  neppure  l'irragionevolezza  derivante  dalla
possibilita' di sostituire l'impresa mandataria  assoggettata  a  una
procedura concorsuale diversa  dal  concordato  preventivo,  prevista
all'art. 37, comma 19, del d.lgs. n. 163 del  2006,  in  quanto  tale
disposizione si applicherebbe solo alla fase esecutiva del  contratto
e non a quella della partecipazione alla gara. 
    Quanto alla violazione dell'art. 117, primo  comma,  lettera  a),
Cost., l'esclusione dalla gara di un operatore economico  ammesso  al
concordato preventivo non contrasterebbe con il diritto europeo,  ne'
tantomeno con i principi cardine cui esso si  ispira,  come  ritenuto
dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (e' citata  la  sentenza
28 marzo 2019, in causa C-101/18, Idi srl). 
    Infine, nemmeno la sopravvenuta disciplina della materia, evocata
dal giudice a quo, deporrebbe in  senso  favorevole  all'accoglimento
delle  questioni.  L'impianto   normativo   contestato   risulterebbe
confermato dai piu' recenti sviluppi della stessa  disciplina,  visto
che il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi
d'impresa e dell'insolvenza in  attuazione  della  legge  19  ottobre
2017, n. 155), modificando l'art. 80, comma 5, del d.lgs. n.  50  del
2016,  ne  avrebbe  attuato  il  coordinamento,  mancante  nel  testo
anteriore, con le disposizioni della  legge  fallimentare.  La  nuova
formulazione della lettera b) del comma 5, infatti, nel ribadire  che
l'operatore economico in stato di concordato preventivo,  o  nei  cui
confronti sia in corso un procedimento per la dichiarazione  di  tale
situazione, e' escluso dalla partecipazione alle procedure d'appalto,
mantiene fermo «quanto previsto dall'articolo  95  del  codice  della
crisi di impresa  e  dell'insolvenza  adottato  in  attuazione  della
delega di cui all'articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155». Il
richiamato   art.   95   del   codice   della   crisi   d'impresa   e
dell'insolvenza, a sua volta, stabilisce che «l'impresa in concordato
puo'  concorrere  anche  riunita  in  raggruppamento  temporaneo   di
imprese, purche' non rivesta la qualita' di mandataria e  sempre  che
nessuna  delle  altre  imprese   aderenti   al   raggruppamento   sia
assoggettata ad una procedura concorsuale», cosi' ribadendo la  causa
di esclusione gia' prevista al censurato art. 186-bis,  sesto  comma,
della legge fallimentare. 
    1.6. - La Guerrato spa ha depositato il 30 marzo 2020 una memoria
illustrativa,  nella  quale  replica  alle  deduzioni  difensive  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rilevando  il   carattere
meramente assertivo della tesi che pretende di  desumere  le  ragioni
giustificative della denunciata disparita' di trattamento dal  regime
di controlli e di  vigilanza,  nonche'  di  responsabilita',  cui  e'
sottoposta l'impresa in concordato preventivo, regime che in  realta'
in nulla la differenzierebbe dall'impresa che concorre  singolarmente
e dalle mandanti di un RTI. 
    A tale fine, essa richiama le argomentazioni svolte dal Consiglio
di Stato, sezione quinta, nell'ordinanza iscritta al n. 150 del  reg.
ord. 2019,  che  sarebbero  pertinenti  anche  nel  giudizio  che  la
riguarda, sebbene riferite a fattispecie soggetta al nuovo codice dei
contratti pubblici. 
    1.7.- Con istanza pervenuta il 14 aprile 2020 la Guerrato  spa  e
il Presidente del Consiglio dei ministri hanno chiesto congiuntamente
che  la  questione  venga  decisa  in  camera  di   consiglio   senza
discussione orale, sulla base degli atti depositati,  secondo  quanto
previsto nel decreto della Presidente della Corte costituzionale  del
24 marzo 2020, punto 1), lettera c). 
    2.- Con coeva ordinanza di identico contenuto, iscritta al n.  41
del reg. ord. 2019, il  Tribunale  regionale  amministrativo  per  il
Lazio,  sezione  seconda,  ha   sollevato   analoghe   questioni   di
legittimita' costituzionale del «combinato disposto» degli artt.  38,
comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 163 del 2006 e 186-bis,  quinto  e
sesto comma, della legge fallimentare, lamentando  sotto  gli  stessi
profili la violazione dei medesimi parametri  (artt.  3,  41  e  117,
secondo comma, lettera a, Cost.). 
    Le questioni sono sorte nel corso di un giudizio promosso  sempre
dalla Guerrato spa, in proprio e quale mandataria del RTI  costituito
con la Ciclat societa' cooperativa e la  Miorelli  Service  spa,  per
l'annullamento del provvedimento con cui la  Consip  spa  ha  escluso
tale RTI dalla gara indetta con bando pubblicato il 22 marzo 2014 per
l'affidamento di alcuni lotti dei «servizi integrati,  gestionali  ed
operativi, da eseguirsi negli immobili,  adibiti  prevalentemente  ad
uso   ufficio,   in   uso   a   qualsiasi   titolo   alle   Pubbliche
Amministrazioni, nonche' negli immobili in  uso  a  qualsiasi  titolo
alle Istituzioni Universitarie Pubbliche ed agli Enti ed Istituti  di
ricerca», e per il conseguente risarcimento  del  danno.  Con  motivi
aggiunti,  la  medesima  ricorrente  ha   impugnato   il   successivo
provvedimento con cui la stessa Consip spa ha deliberato di  escutere
le garanzie prestate dal RTI per concorrere alla gara. 
    Anche in tale fattispecie, la stazione appaltante ha  escluso  il
RTI sull'assunto che durante lo svolgimento della gara sarebbe venuto
meno,  in  capo  alla  Guerrato  spa,  il   requisito   generale   di
partecipazione, posto che tale impresa mandataria era  stata  ammessa
alla procedura di concordato preventivo  con  continuita'  aziendale.
Analoghi sono, altresi', i motivi qui rilevanti  posti  a  fondamento
del ricorso introduttivo del processo principale. 
    2.1.- Con atto depositato il 2 aprile 2019 si  e'  costituita  in
giudizio la Guerrato spa, in proprio e nella qualita'  di  mandataria
del RTI costituito con la Ciclat societa' cooperativa e  la  Miorelli
Service spa, parte del processo principale, che ha  concluso  per  la
fondatezza delle questioni, per ragioni identiche  a  quelle  esposte
nel giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 40 del  reg.  ord.
2019. 
    2.2.- Con atto depositato il  9  aprile  2019  si  e'  costituita
Apleona HSG spa (gia' Bilfinger Sielv Facility  Management  spa),  in
proprio e nella qualita' di mandataria designata del RTI  costituendo
con la Markas srl, la  Vivaldi  &  Cardino  spa,  il  Gruppo  Servizi
Associati spa con socio unico  e  la  Iscot  Italia  spa,  parte  del
processo principale, che ha concluso  per  la  non  fondatezza  delle
questioni. Tale raggruppamento ha partecipato alla procedura di  gara
e si e' collocato al secondo posto in relazione a un lotto. 
    Secondo Apleona HSG spa, il  divieto  di  cui  all'art.  186-bis,
sesto comma, della legge fallimentare  risponderebbe  a  una  precisa
scelta del legislatore, diretta a tutelare  l'interesse  pubblico  al
corretto  e  puntuale  adempimento  delle  prestazioni   oggetto   di
affidamento, con il  fine  di  evitare  che  la  stazione  appaltante
contratti con  soggetti  inaffidabili  sotto  il  profilo  tecnico  e
finanziario. 
    Le ragioni del divieto sarebbero da ricercare  nella  particolare
rilevanza del ruolo rivestito dalla mandataria all'interno di un RTI,
quale obbligata solidale nei confronti della  stazione  appaltante  e
rappresentante esclusiva, anche processuale, delle imprese  mandanti,
ai sensi dell'art. 37 del d.lgs. n. 163 del 2006. 
    La diversa disciplina dettata  dall'art.  186-bis,  sesto  comma,
della legge fallimentare per la mandataria e per la mandante  avrebbe
lo scopo di  contemperare  l'interesse  al  risanamento  dell'impresa
ammessa al  concordato  preventivo  con  l'interesse  della  stazione
appaltante alla corretta e completa  esecuzione  del  contratto.  Per
questo essa non sarebbe dunque ne' irragionevole, ne' ingiustificata. 
    Anche altre disposizioni, in  diversi  settori  dell'ordinamento,
collegano alle vicende patologiche dell'impresa  partecipante  a  una
procedura  di  gara  trattamenti  normativi  differenziati   per   la
mandataria di un RTI, ispirati alla  stessa  ratio  sottesa  all'art.
186-bis, sesto comma, della  legge  fallimentare.  Cosi'  l'art.  95,
comma 1, del decreto legislativo 6 settembre  2011,  n.  159  (Codice
delle leggi antimafia e delle misure di  prevenzione,  nonche'  nuove
disposizioni in materia di documentazione antimafia,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n.  136),  in  materia  di
misure interdittive antimafia,  stabilisce  che  «[s]e  taluna  delle
situazioni da cui emerge un tentativo di infiltrazione mafiosa  [...]
interessa un'impresa diversa da quella mandataria  che  partecipa  ad
un'associazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le  cause  di
divieto o di sospensione [...] non operano nei confronti delle  altre
imprese partecipanti quando la  predetta  impresa  sia  estromessa  o
sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto». 
    La  violazione  del  principio   di   uguaglianza   non   sarebbe
configurabile anche perche' la norma assunta dal rimettente a tertium
comparationis, contenuta nell'art. 186-bis della legge  fallimentare,
la' dove consente eccezionalmente a un'impresa ammessa al  concordato
preventivo  con  continuita'  aziendale  di  partecipare  alla  gara,
derogherebbe alla  regola  generale  di  esclusione  del  concorrente
soggetto a una procedura concorsuale, stabilita dall'art.  38,  comma
1, lettera a), del  d.lgs.  n.  163  del  2006,  e  in  quanto  norma
derogatoria  non   potrebbe   dunque,   secondo   la   giurisprudenza
costituzionale, essere estesa ad altri casi (e' citata la sentenza n.
231 del 2009). 
    La scelta legislativa non si porrebbe nemmeno in contrasto con il
diritto  dell'Unione  europea,  apparendo  essa  compatibile  con   i
precetti di cui all'art. 45, paragrafo 2,  lettere  a)  e  b),  della
direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  31
marzo  2004,   relativa   al   coordinamento   delle   procedure   di
aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di  forniture  e  di
servizi, che rimettono agli Stati membri il potere  discrezionale  di
determinare le condizioni di applicabilita' delle cause di esclusione
dalle pubbliche gare delle imprese soggette a procedure concorsuali. 
    Neppure sarebbe pertinente il richiamo all'art. 37 del d.lgs.  n.
163 del 2006, sulla prosecuzione del rapporto  contrattuale  mediante
la  sostituzione  con  un  altro  operatore  economico   dell'impresa
mandataria sottoposta a fallimento. La disposizione riguarda la  fase
di  esecuzione  del  contratto,  rispetto  alla   quale   prevarrebbe
l'interesse pubblico al completamento dell'appalto, mentre nella fase
di partecipazione alla gara prevarrebbe  l'interesse  della  stazione
appaltante a contrattare con un soggetto che garantisce  solidita'  e
affidabilita', come  affermato  dalla  giurisprudenza  amministrativa
rispetto alla citata disciplina delle misure interdittive antimafia. 
    Infine, non  si  potrebbero  trarre  argomenti  nel  senso  della
fondatezza delle questioni dalle sopravvenute disposizioni del  nuovo
codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n.  50  del  2016,  di
rango pari a quelle censurate e dichiaratamente non  applicabili  nel
giudizio principale. L'ampia  discrezionalita'  del  legislatore  nel
disciplinare la  materia,  riconosciuta  anche  dal  rimettente,  non
consentirebbe di censurare un modello normativo come quello in esame,
che mira a raggiungere un punto di  equilibrio  tra  le  contrapposte
esigenze della liberta' di iniziativa economica di  cui  all'art.  41
Cost.,  da  un  lato,  e  del  buon  andamento,   dell'efficienza   e
dell'economicita'  dell'azione  amministrativa  di  cui  all'art.  97
Cost., dall'altro. 
    2.3.- Con atto depositato il 9 aprile 2019 si  e'  costituita  in
giudizio anche la Dussmann Service srl, in proprio e  nella  qualita'
di mandataria del RTI costituito con la Siram spa, parte del processo
principale, che ha concluso per la non  fondatezza  delle  questioni.
Tale raggruppamento ha partecipato alla procedura di  gara  e  si  e'
collocato al secondo posto  in  relazione  a  un  diverso  lotto  del
medesimo appalto. 
    A suo avviso, proprio il diverso modulo partecipativo  alla  gara
giustificherebbe, contrariamente a quanto afferma il  rimettente,  la
scelta legislativa di differenziare l'ipotesi in cui l'impresa assume
la veste di "capogruppo mandataria" all'interno di un  RTI.  Essa  si
troverebbe infatti in  una  posizione  assolutamente  peculiare,  che
determina a  suo  carico  l'assunzione  di  una  responsabilita'  non
limitata all'esecuzione delle prestazioni  di  competenza.  Ai  sensi
dell'art. 37 del d.lgs. n.  163  del  2006,  la  mandataria  risponde
sempre e comunque in solido nei confronti della  stazione  appaltante
ed e' titolare della  rappresentanza  esclusiva,  anche  processuale,
delle imprese mandanti  «per  tutte  le  operazioni  e  gli  atti  di
qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo  il  collaudo  o
atto equivalente, fino all'estinzione di ogni rapporto». 
    Si tratterebbe di un ruolo non conciliabile con lo stato di crisi
dell'impresa, che sarebbe aggravato dagli oneri e  dagli  adempimenti
che lo status di  mandataria  impone  nella  gestione  dei  contratti
pubblici, nonche' dalla responsabilita' che essa assume, come  visto,
per gli eventuali inadempimenti delle imprese mandanti. 
    Tale peculiare  condizione  dell'impresa  ammessa  al  concordato
preventivo e la sua ridotta  capacita'  finanziaria  imporrebbero  il
rispetto di particolari cautele, tradotte dal legislatore nel divieto
di assumere la veste di capogruppo mandataria. La scelta  legislativa
sarebbe frutto di un complesso bilanciamento degli interessi pubblici
e privati coinvolti nel procedimento, identificati  nella  promozione
della continuita' aziendale ai fini del  risanamento  delle  imprese,
nella garanzia  della  massa  dei  creditori  e  nella  tutela  della
corretta esecuzione dell'appalto. 
    La diversita' di disciplina tra l'impresa singola e la mandataria
di un RTI, censurata dal giudice a quo, sarebbe  dunque  giustificata
dalla  diversita'  delle  situazioni  poste  a  confronto.  L'impresa
singola ammessa al concordato preventivo  con  continuita'  aziendale
risponde della sola attivita' svolta direttamente, in relazione  alla
quale l'ordinamento appresta, a tutela della stazione appaltante,  le
garanzie  previste  dall'art.  186-bis,  quinto  comma,  della  legge
fallimentare,  mentre  l'impresa  mandataria  partecipa   alla   gara
nell'ambito  di   una   compagine   plurisoggettiva,   assumendo   la
responsabilita' anche per le attivita' che devono svolgere  le  altre
imprese aderenti al raggruppamento. Tanto piu' il diverso trattamento
normativo appare ragionevole nella fattispecie dedotta nel giudizio a
quo,  che  riguarda  un   raggruppamento   verticale,   in   cui   la
responsabilita' delle imprese  mandanti  e'  limitata  all'esecuzione
delle prestazioni di  rispettiva  competenza,  mentre  la  capogruppo
mandataria  ha  la  responsabilita'  solidale  nei  confronti   della
stazione appaltante. 
    Non sussisterebbe neppure la  violazione  degli  altri  parametri
evocati   dal   rimettente.   Il   principio   di   concorrenza   non
determinerebbe  per  l'amministrazione  l'obbligo  di  avvalersi   di
imprese in crisi e la scelta legislativa risulterebbe  fondata,  come
visto,  su  un  ragionevole  bilanciamento  degli  opposti  interessi
pubblici e privati coinvolti nella materia. 
    Nessun  rilievo  potrebbe  ascriversi  infine   alla   disciplina
contenuta nel nuovo codice degli appalti pubblici di cui al d.lgs. n.
50 del 2016, pacificamente non applicabile nel giudizio a  quo  e  in
ogni caso interpretata dalla giurisprudenza amministrativa  anche  in
senso difforme a quello fatto proprio dal rimettente. 
    2.4.- Con atto depositato il 9  aprile  2019  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso  per  la
non  fondatezza   delle   questioni   sulla   scorta   delle   stesse
considerazioni esposte nell'atto di intervento nel giudizio  promosso
con l'ordinanza iscritta al n. 40 del reg. ord. 2019. 
    2.5.- La Guerrato spa ha depositato il 27 marzo 2020 una  memoria
illustrativa di contenuto identico a quella presentata  nel  giudizio
promosso con l'ordinanza iscritta  al  n.  40  del  reg.  ord.  2019,
ribadendo le gia' formulate conclusioni. 
    2.6.- Nella memoria illustrativa pervenuta il 1° aprile 2020, per
mezzo di posta elettronica certificata, la Dussmann  Service  srl  ha
richiamato  le  ragioni  di  infondatezza  delle  questioni   dedotte
nell'atto di costituzione,  concernenti  la  posizione  assolutamente
peculiare assunta dall'impresa mandataria  di  un  RTI,  sia  per  il
regime  della  sua  responsabilita'  nei  confronti  della   stazione
appaltante, sia per la titolarita'  della  rappresentanza  esclusiva,
anche processuale, delle imprese mandanti «per tutte le operazioni  e
gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche  dopo  il
collaudo o atto equivalente, fino all'estinzione di ogni rapporto». 
    La diversita' della disciplina sarebbe giustificata, nell'ipotesi
della  soggezione  della  mandataria  a  concordato  preventivo   con
continuita'  aziendale,  sia   dalla   difficolta'   per   un'impresa
sottoposta al regime di tutela di svolgere utilmente e  celermente  i
complessi e gravosi compiti gestori che spettano alla mandataria, sia
dal regime di responsabilita' connesso a  tale  funzione,  posto  che
l'impresa che per legge deve essere garantita da terzi  non  potrebbe
essere a propria volta, sempre per legge, responsabile in solido (con
funzione sostanzialmente di garanzia) dell'esecuzione non solo  della
propria quota di obbligazioni ma di tutto l'oggetto dell'appalto. 
    Le situazioni messe a confronto non sarebbero dunque  omogenee  e
cio'  escluderebbe  la  violazione  del  principio  di   uguaglianza.
Inoltre, la partecipazione  alle  pubbliche  gare  delle  imprese  in
concordato preventivo con continuita' aziendale, in forma individuale
o quali mandanti in un RTI, costituirebbe un'eccezione  al  principio
generale di esclusione di chi e' soggetto  a  procedure  concorsuali,
sicche' non si potrebbe neppure parlare di un  tertium  comparationis
rispetto  al  quale  la  disciplina  denunciata   avrebbe   carattere
ingiustificatamente derogatorio. 
    La  normativa  sopravvenuta,  valorizzata  dal  rimettente,   non
deporrebbe in  senso  favorevole  all'accoglimento  delle  questioni,
anche perche' il testo in vigore dell'art. 80, comma 5,  lettera  b),
del d.lgs. n. 50 del  2016  riproduce  il  rinvio  espresso  all'art.
186-bis della legge fallimentare, confermando la ragionevolezza della
scelta operata dal  legislatore.  Alla  stessa  conclusione  dovrebbe
pervenirsi osservando che nel d.lgs. n. 14 del 2019 e' riprodotta una
disposizione  identica  a  quella  dell'art.  186-bis   della   legge
fallimentare. 
    Quanto alle deduzioni  svolte  nell'atto  di  costituzione  della
Guerrato spa, si ribadisce che le situazioni messe  a  confronto  dal
rimettente sarebbero diverse, anche per  l'evidente  ampliamento  del
rischio per l'impresa connesso al ruolo della  mandataria,  che  deve
garantire la corretta esecuzione dell'appalto anche per le mandanti e
che  e'  il  punto  di  riferimento  ineludibile  per   la   stazione
appaltante. Ne' si comprende quale parametro  costituzionale  sarebbe
violato per il  fatto  che  le  norme  censurate  consentirebbero  la
sovrapposizione  del  sindacato  del  giudice   ordinario   in   sede
fallimentare e del giudice amministrativo  in  sede  di  impugnazione
degli atti dell'amministrazione. Infine, la lamentata mancanza di una
disciplina in grado di  regolare  le  situazioni  sopravvenute  e  di
permettere all'operatore di adeguarsi  al  precetto  normativo  senza
conseguenze  pregiudizievoli  non   costituirebbe   un   profilo   di
costituzionalita' soggetto al sindacato della Corte. 
    2.7.- Anche Apleona  HSG  spa  ha  fatto  pervenire  una  memoria
illustrativa  il  1°  aprile   2020,   nella   quale   ripropone   le
argomentazioni  svolte  nell'atto  di  costituzione  e  insiste   per
l'infondatezza delle questioni. 
    2.8.- Con istanze pervenute  il  14  e  il  15  aprile  2020,  la
Guerrato spa e la Dussmann Service srl hanno chiesto che la questione
venga decisa in camera di consiglio senza  discussione  orale,  sulla
base degli  atti  depositati,  secondo  quanto  previsto  nel  citato
decreto del 24 marzo 2020, punto 1), lettera c). 
    Analoghe richieste  con  contestuale  istanza  di  rimessione  in
termini sono state presentate il 16 aprile 2020 dalla Apleona HSG spa
e dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    3.- Con ordinanza del 12 giugno 2019, iscritta al n. 150 del reg.
ord. 2019, il  Consiglio  di  Stato,  sezione  quinta,  ha  sollevato
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  186-bis,  sesto
comma, della legge fallimentare, nella parte  in  cui  esclude  dalla
partecipazione a  procedure  di  affidamento  di  contratti  pubblici
l'impresa in concordato  preventivo  con  continuita'  aziendale  che
rivesta la qualita' di mandataria di  un  RTI,  in  riferimento  agli
artt. 3, 41 e 97 Cost. 
    Le questioni sono  sorte  nel  corso  di  un  giudizio  d'appello
promosso dalla Itinera spa, in proprio e  quale  mandataria  del  RTI
costituito con la Monaco spa, avverso la sentenza  pronunciata  il  3
aprile 2019 dal Tribunale amministrativo regionale  per  la  Toscana.
Con tale sentenza il TAR aveva respinto il ricorso  presentato  dalla
stessa  Itinera  spa  per  l'annullamento  dell'aggiudicazione  a  un
diverso RTI, di cui e' mandataria Carena spa Impresa di  costruzioni,
dell'appalto  relativo  ai  lavori  di  realizzazione  di  un  tronco
stradale. 
    Per quello che qui rileva, il provvedimento di aggiudicazione  e'
stato impugnato per violazione dell'art. 186-bis, sesto comma,  della
legge fallimentare, sull'assunto che la stazione appaltante Anas  spa
avrebbe illegittimamente ammesso la Itinera spa alla gara  nonostante
la  medesima,  quale  mandataria  del  RTI  risultato  aggiudicatario
dell'appalto, si trovasse  in  stato  di  concordato  preventivo  con
continuita' aziendale. 
    Il TAR aveva respinto il ricorso ritenendo  che  il  citato  art.
186-bis,  sesto  comma,  fosse  stato  implicitamente  abrogato   dal
sopravvenuto art. 80, comma 5, lettera b), cod.  contratti  pubblici,
che, escludendo dalle gare pubbliche chi e'  sottoposto  a  procedure
concorsuali salvo il caso del concordato preventivo  con  continuita'
aziendale, non rinvia all'art. 186-bis  della  legge  fallimentare  e
all'eccezione in esso prevista per l'impresa mandataria  di  un  RTI.
Cio' che determinerebbe il  superamento  dell'eccezione  prevista  in
quest'ultima disposizione e  l'ammissione  alla  partecipazione  alle
gare di tutte le imprese in  concordato  preventivo  con  continuita'
aziendale, anche mandatarie di RTI. 
    L'appellante nel processo principale ha censurato in parte qua la
sentenza di primo grado osservando che le anzidette disposizioni  non
sarebbero tra loro incompatibili, in  quanto  l'art.  186-bis,  sesto
comma, della legge fallimentare disciplina  la  situazione  peculiare
dell'impresa mandataria di un RTI che si trova in stato di concordato
preventivo  con  continuita'  aziendale,  rispetto  alla  quale   non
opererebbe la deroga all'esclusione dalle gare prevista all'art.  80,
comma 5, lettera b), cod. contratti pubblici per le  imprese  che  si
trovano nel medesimo stato. In tale situazione,  dunque,  sarebbe  di
nuovo applicabile la regola generale, prevista  anch'essa  al  citato
art. 80, comma 5,  lettera  b),  secondo  cui  l'operatore  economico
sottoposto a fallimento o che  si  trovi  in  stato  di  liquidazione
coatta o di concordato preventivo  e'  escluso  dalla  partecipazione
alle procedure di affidamento dei contratti pubblici. 
    3.1.-  Dopo  avere   respinto   la   preliminare   eccezione   di
irricevibilita' del ricorso introduttivo del giudizio di primo  grado
riproposta in appello dalle parti resistenti, il Consiglio  di  Stato
motiva sulla rilevanza delle questioni osservando  innanzitutto  che,
contrariamente a quanto  ritenuto  dal  TAR,  l'art.  186-bis,  sesto
comma, della legge  fallimentare  non  sarebbe  stato  implicitamente
abrogato dall'art. 80, comma 5, lettera b), cod. contratti  pubblici.
Tra le due norme esisterebbe infatti un rapporto di  specialita':  il
citato art. 80, comma 5, lettera b), stabilirebbe la regola  generale
di esclusione dalle  gare  degli  operatori  economici  in  stato  di
fallimento, liquidazione coatta  e  concordato  preventivo,  con  una
deroga, anch'essa generale, per coloro che si  trovano  in  stato  di
concordato preventivo  con  continuita'  aziendale;  l'art.  186-bis,
sesto comma, della legge fallimentare disciplinerebbe invece il  caso
specifico  dell'impresa  in  concordato  preventivo  con  continuita'
aziendale riunita in RTI, subordinando  la  sua  partecipazione  alla
gara  alla  duplice  condizione  che  non  rivesta  la  qualita'   di
mandataria e che al RTI non aderiscano imprese sottoposte a procedure
concorsuali. 
    Il rimettente osserva inoltre che l'art.  186-bis,  sesto  comma,
della legge fallimentare si applicherebbe anche dopo la pronuncia del
decreto di omologazione del concordato preventivo. L'art.  181  della
legge fallimentare, secondo cui la procedura di concordato preventivo
«si chiude» con tale  pronuncia,  nulla  disponendo  per  il  periodo
successivo  all'omologazione,  non  consentirebbe  di  sostenere   la
contraria tesi del pieno riacquisto della capacita'  contrattuale  in
capo all'imprenditore gia' in concordato preventivo. Per  il  periodo
successivo, l'art. 136 della stessa legge fallimentare riconoscerebbe
comunque al giudice delegato, al curatore e al comitato dei creditori
ampi poteri di intervento e  la  distinzione  operata  dall'art.  80,
comma  5,  lettera  b),  tra  l'operatore  economico  «in  stato   di
concordato preventivo» e quello che abbia «in corso  un  procedimento
per la dichiarazione» di tale situazione lascerebbe  comprendere  che
il primo e' quello gia' ammesso al concordato. 
    Sempre sulla rilevanza, il giudice a quo afferma  infine  che  il
secondo motivo di gravame - con il quale si  deduce  che  Carena  spa
Impresa di costruzioni non avrebbe potuto partecipare  alla  gara  in
mancanza di autorizzazione rilasciata dal tribunale  fallimentare  in
sede  di   omologazione   del   concordato   preventivo   -   sarebbe
inammissibile, stante il divieto dei nova in  appello  ex  art.  104,
comma 1, dell'Allegato 1  (Codice  del  processo  amministrativo)  al
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al  governo  per
il riordino del processo amministrativo). 
    Il giudizio non potrebbe dunque essere definito  senza  applicare
il censurato art. 186-bis, sesto  comma,  della  legge  fallimentare,
cio'  che  condurrebbe  ad  accogliere  l'appello  e   a   confermare
l'esclusione dalla  procedura  di  gara  del  raggruppamento  la  cui
mandataria e' in concordato preventivo. 
    3.1.1.-  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,   la   norma
censurata   violerebbe   innanzitutto    l'art.    3    Cost.,    per
l'irragionevolezza della scelta del legislatore. 
    La questione e' sollevata sotto tre distinti profili. 
    3.1.2.- L'art. 186-bis, sesto  comma,  della  legge  fallimentare
introdurrebbe un'irragionevole disparita'  di  trattamento  "esterna"
fra l'impresa che riveste la qualita'  di  mandataria  di  un  RTI  e
l'impresa che,  trovandosi  nella  stessa  situazione  di  concordato
preventivo  con  continuita'  aziendale,   partecipa   come   singola
offerente  oppure  come  mandataria  di  un  consorzio  ordinario  di
concorrenti di cui all'art. 45, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 50
del 2016. 
    La ratio della disciplina che consente all'impresa in  concordato
preventivo con continuita' aziendale di partecipare alle procedure di
affidamento dei contratti pubblici, pur con le cautele  previste  dal
quarto e quinto comma dell'art. 186-bis della  legge  fallimentare  e
dal comma 3 dell'art. 110 del d.lgs.  n.  50  del  2016,  sarebbe  di
favorire la percezione di ricavi da commesse pubbliche  per  superare
lo stato di crisi. La  differente  disciplina  riservata  all'impresa
mandataria di un RTI rispetto all'impresa che  concorre  uti  singula
non sarebbe pertanto ragionevole,  valendo  anche  per  la  prima  la
medesima ratio. 
    Il diverso trattamento non sarebbe giustificato dalla qualita' di
rappresentante  esclusiva  delle  imprese  mandanti   assunta   dalla
mandataria di un RTI nei confronti della stazione appaltante ai sensi
dell'art. 48, comma  15,  del  d.lgs.  n.  50  del  2016:  anch'essa,
infatti, contratterebbe con la stazione appaltante come un  operatore
economico che partecipa singolarmente, con la sola differenza che gli
effetti dei suoi atti si  riverberano  nella  sfera  giuridica  delle
mandanti. 
    Un diverso  trattamento  non  sarebbe  giustificato  nemmeno  dal
regime  di  responsabilita'  solidale  dell'impresa  mandataria   nei
confronti  della  stazione  appaltante,  del  subappaltatore  o   dei
fornitori ex art. 48, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016,  in  quanto
tale regime, efficace anche per  le  mandanti,  sarebbe  «identico  a
quello dell'impresa che abbia stipulato il contratto  singolarmente»,
risolvendosi nell'obbligo  di  eseguire  per  intero  la  prestazione
dedotta in contratto o di risarcire l'intero danno da  inadempimento.
Si tratterebbe anzi di un regime di responsabilita' contrattuale piu'
favorevole per la stazione appaltante, come sempre accade  quando  il
creditore puo' contare sulla  solidarieta'  nel  lato  passivo  delle
obbligazioni. 
    Un'analoga irragionevole disparita' di trattamento  sussisterebbe
poi rispetto all'impresa  mandataria  in  concordato  preventivo  con
continuita'  aziendale  nell'ambito  di  un  consorzio  ordinario  di
concorrenti di cui all'art. 45, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 50
del 2016,  per  la  quale  varrebbe  la  disciplina  generale  e  non
opererebbe il divieto di partecipazione ex art. 186-bis, sesto comma,
della legge fallimentare. 
    3.1.3.- Un'ulteriore irragionevole disparita'  di  trattamento  -
questa  volta  "interna"  alla  disposizione  censurata   -   sarebbe
individuabile fra l'impresa mandataria e  l'impresa  mandante  di  un
RTI, che entrambe si trovino in concordato preventivo con continuita'
aziendale. A  parita'  di  condizioni,  la  seconda  puo'  concorrere
infatti alla procedura di affidamento, sempre che non vi siano  altre
imprese   aderenti   assoggettate   a   procedura   concorsuale.   Il
conferimento della rappresentanza esclusiva, anche processuale,  alla
mandataria non sarebbe decisiva in  senso  contrario,  in  quanto  ai
sensi dell'art. 48, comma  15,  del  d.lgs.  n.  50  del  2016  «[l]a
stazione  appaltante,  tuttavia,  puo'  far  valere  direttamente  le
responsabilita' facenti capo ai mandanti». 
    3.1.4.- L'art. 186-bis, sesto comma,  della  legge  fallimentare,
contrasterebbe poi con il principio di  ragionevolezza  "intrinseca",
per   l'incongruenza   della   scelta   del   legislatore    rispetto
all'obiettivo di tutelare  i  creditori  dell'impresa  in  concordato
preventivo, posto che l'esclusione assoluta dalla partecipazione alle
procedure di affidamento dei contratti pubblici -  e  la  conseguente
sottrazione al giudice della procedura concorsuale della «valutazione
comparata tra commessa da affidare e stato dell'impresa» - negherebbe
all'impresa mandataria di un RTI «la chance di ottenere un flusso  di
denaro utile al superamento dello stato di crisi». 
    3.1.5.- Ad avviso del rimettente, la norma censurata si  porrebbe
altresi' in contrasto con l'art. 41 Cost.  Essa  infatti  limiterebbe
l'autonomia contrattuale dell'impresa in  concordato  preventivo  con
continuita' aziendale, anziche' favorirne il libero  dispiegarsi,  in
conformita' all'utilita' sociale, per l'acquisizione  di  clienti  di
sicura affidabilita', quali i soggetti pubblici. 
    3.1.6.- Infine, sarebbe violato l'art. 97  Cost.,  per  contrasto
con il principio di buon andamento dell'amministrazione, in quanto la
norma  censurata  limiterebbe  ingiustificatamente  il  potere  delle
pubbliche amministrazioni di scegliere il contraente piu' qualificato
e capace. 
    3.2.- Con atto depositato il 22 ottobre 2019 si e' costituita  in
giudizio la Itinera spa, in proprio e nella  qualita'  di  mandataria
del RTI costituito con Monaco spa, parte del processo principale, che
ha concluso per l'inammissibilita' e comunque per la  non  fondatezza
delle questioni. 
    Dopo avere riferito che  nelle  more  del  presente  giudizio  la
Carena spa Impresa di costruzioni, mandataria del RTI  aggiudicatario
della gara, e' stata dichiarata fallita dal  Tribunale  ordinario  di
Genova per inadempimento del piano concordatario, essa ha eccepito in
via preliminare l'inammissibilita' delle  questioni  per  difetto  di
motivazione sulla rilevanza. 
    La stazione appaltante sarebbe partita  dall'erroneo  presupposto
dell'intervenuta chiusura del concordato  preventivo  a  seguito  del
decreto di omologazione e  avrebbe  cosi'  omesso  di  verificare  in
concreto la sussistenza o meno  delle  condizioni  di  applicabilita'
dell'eccezionale deroga al divieto di partecipazione alle gare  delle
imprese sottoposte a procedure concorsuali posta  dall'art.  186-bis,
sesto comma, della legge fallimentare. Di conseguenza, il  giudice  a
quo, muovendo invece dalla condivisibile tesi per  cui  lo  stato  di
concordato preventivo non si chiude  con  l'omologazione  ma  con  il
decreto che accerta l'adempimento del  piano  concordatario,  avrebbe
dovuto esporre le ragioni che lo hanno indotto a valutare nel  merito
la sussistenza delle anzidette condizioni di applicabilita'  anziche'
annullare  senz'altro  l'aggiudicazione   lasciando   alla   stazione
appaltante tale valutazione «in sede  di  rinnovazione  del  segmento
procedimentale illegittimo», ai sensi dell'art.  34,  comma  2,  cod.
proc. amm., secondo cui «in nessun caso il giudice  puo'  pronunciare
con riferimento a poteri amministrativi non ancora esauriti». 
    Nel merito, osserva che il giudice a quo,  pur  avendo  colto  la
ratio dell'art. 186-bis della legge fallimentare, la' dove  introduce
per le imprese in concordato  preventivo  con  continuita'  aziendale
un'eccezione al generale  divieto  di  partecipazione  alle  gare  di
coloro che sono sottoposti a una  procedura  concorsuale,  posto  dal
codice dei contratti pubblici, non si sarebbe  avveduto  della  ratio
della norma che, limitando tale eccezione, preclude la partecipazione
dell'impresa mandataria di un RTI, ai sensi  del  sesto  comma  dello
stesso art. 186-bis. 
    Il fine della tutela dei creditori  dell'impresa  in  concordato,
che, secondo il rimettente, il legislatore avrebbe inteso raggiungere
«prim'ancora che  quello  della  garanzia  dell'impegno  assunto  dal
raggruppamento  nei  confronti  della   stazione   appaltante»,   non
rappresenterebbe  l'unico   scopo   perseguito   della   disposizione
censurata, la cui ratio differenziatrice  troverebbe  giustificazione
nella prevalente esigenza di proteggere la  realizzazione  dell'opera
dai  rischi  connessi   all'instabilita'   finanziaria   dell'impresa
capogruppo, quale responsabile generale dell'adempimento. Inoltre, la
disposizione proteggerebbe la funzionalita' del RTI, che non potrebbe
essere guidato da un'impresa «la cui capacita' decisionale e  la  cui
posizione sono soggette a regole particolari e a una sorta di  tutela
pubblica» ad opera degli organi della procedura. 
    La medesima ratio sussisterebbe anche  ragionando  nell'esclusiva
ottica della tutela dei  creditori  dell'impresa  in  concordato,  in
quanto il ruolo di mandataria implica  l'assunzione  di  obbligazioni
aggiuntive rispetto alle imprese mandanti che hanno assunto l'impegno
di eseguire lavori scorporabili o prestazioni secondarie di  servizi,
come ammetterebbe lo stesso giudice a quo. 
    La diversita' delle posizioni della mandataria  e  delle  imprese
mandanti  si  desumerebbe  anche  dalla  disciplina  della  fase   di
esecuzione del contratto che prevede la possibilita' di continuare il
rapporto nel  caso  di  fallimento  della  mandataria,  purche'  cio'
avvenga  attraverso  la  sua  sostituzione  con  un  altro  operatore
economico avente i requisiti necessari (art. 48, comma 17, del d.lgs.
n. 50 del 2016). 
    Non  avrebbe  «senso»,  ad  avviso  della  parte,  comparare   la
situazione della mandataria con  quella  dell'impresa  in  concordato
preventivo  che,  concorrendo  singolarmente,  potrebbe  assumere  le
stesse obbligazioni, trattandosi di situazione estranea  alla  logica
della disciplina del RTI. 
    La mancanza di un analogo divieto per l'impresa mandataria di  un
consorzio ordinario ex art. 45, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 50
del 2016 non sarebbe decisiva in  senso  contrario,  in  quanto  tale
mancanza potrebbe porre,  semmai,  un  problema  di  legittimita'  di
questa disciplina, senza  considerare  che  l'omogeneita'  delle  due
fattispecie indurrebbe a estendere applicativamente  la  disposizione
censurata al consorzio ordinario. 
    L'interesse pubblico al corretto svolgimento degli appalti e alla
realizzazione di opere di pubblica utilita'  sarebbe  compreso  nella
nozione di «utilita' sociale» che  giustifica  la  limitazione  della
liberta' di iniziativa economica, sicche'  neppure  sussisterebbe  la
violazione dell'art. 41 Cost. 
    Infine,  la  disposizione  censurata,  lungi  dal   rappresentare
un'eccezione nel  sistema,  si  salderebbe  al  generale  divieto  di
partecipazione delle imprese soggette a procedure  concorsuali,  onde
non  potrebbe  ritenersi  pregiudicato  l'interesse   pubblico   alla
selezione della miglior offerta, in  violazione  dell'art.  97  Cost.
D'altra parte, seguendo la prospettiva del  rimettente,  si  dovrebbe
ritenere  contraria  a  tale  parametro  tutta  la   disciplina   che
condiziona la partecipazione delle imprese  alle  gare  a  stringenti
requisiti, «talvolta ben meno correlati  alle  esigenze  di  regolare
andamento dell'azione amministrativa» rispetto a quelli  che  vengono
in rilievo in questa sede. 
    3.3.- Con atto depositato il 17 ottobre 2019 si e' costituita  in
giudizio l'Anas spa, parte del processo principale, che  ha  concluso
per la fondatezza delle questioni, rimettendosi  in  via  preliminare
alla  valutazione   di   questa   Corte   in   ordine   all'eventuale
inammissibilita'  delle   questioni   per   difetto   di   rilevanza,
sull'assunto,  disatteso  dal  rimettente,  che  il  censurato   art.
186-bis,  sesto  comma,  della  legge  fallimentare   sarebbe   stato
implicitamente abrogato, per incompatibilita', dal sopravvenuto  art.
80, comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016. 
    Nel  merito,  l'Anas  spa  aderisce  alle  censure  avanzate  dal
rimettente. 
    Quanto alla violazione dell'art.  3  Cost.  per  irragionevolezza
"esterna", osserva che impedire all'impresa in concordato  preventivo
con continuita' aziendale di rivestire il ruolo di mandataria  di  un
RTI, consentendole invece di concorrere alla gara in  forma  singola,
sarebbe irragionevole in quanto il codice dei contratti  pubblici  e,
prim'ancora,   «le   Direttive   comunitarie»   non    ammetterebbero
discriminazioni  tra  diverse  forme  di  partecipazione  (singola  o
associata) di  operatori  economici,  in  applicazione  del  generale
principio di neutralita' della veste  formale  dell'imprenditore.  In
questa prospettiva, la preclusione introdotta dalla  norma  censurata
ostacolerebbe la piena affermazione dei principi europei di  liberta'
di  stabilimento  e  di  libera  prestazione  dei  servizi.   Sarebbe
contraddetta anche la ratio dell'istituto del RTI, che e'  quella  di
accrescere la competitivita' delle imprese e di assicurare  una  piu'
competente esecuzione delle opere, consentendo allo stesso tempo alla
stazione appaltante di avere un  unico  interlocutore  e  di  restare
almeno   parzialmente   indifferente   alle   vicende   interne   del
raggruppamento, come se avesse quale controparte un unico soggetto  e
non una  pluralita'  di  imprese.  La  sintesi  tra  le  contrapposte
esigenze della stazione appaltante di avere un interlocutore unico  e
delle imprese di conservare la propria  autonomia  si  compendierebbe
nel contratto di mandato con rappresentanza, sicche' il divieto posto
dall'art. 186-bis, sesto  comma,  della  legge  fallimentare  non  si
giustificherebbe  nemmeno   facendo   riferimento   al   collegamento
negoziale tra contratto d'appalto e contratto di mandato. 
    Alle  medesime  conclusioni  condurrebbe  il  confronto  con   la
situazione dell'impresa mandataria di un consorzio ordinario, che non
soggiace alla stessa preclusione, pur sussistendo tra i  due  modelli
partecipativi alla gara  un'evidente  affinita'.  Entrambi  sarebbero
infatti caratterizzati  dall'essere  un'aggregazione  occasionale  di
imprese per un'unica gara e differirebbero  solo  per  il  regime  di
rappresentanza nei  confronti  della  stazione  appaltante,  che  nel
consorzio  spetta  agli  organi  consortili  cui  e'  statutariamente
attribuita. 
    Quanto alla mancanza di ragionevolezza "interna",  con  specifico
riguardo alle posizioni della mandataria e delle imprese mandanti, la
censurata  preclusione  gravante  sulla  prima  non  potrebbe  essere
giustificata   facendo   riferimento   a   un   diverso   regime   di
responsabilita' nei confronti della stazione  appaltante,  posto  che
tutte le imprese raggruppate sarebbero sottoposte allo stesso regime,
senza sostanziali differenze. Un diverso trattamento avrebbe  ragione
d'essere se fosse motivato  dall'esigenza  di  tutelare  la  stazione
appaltante   da   eventuali   ricadute   negative    connesse    alla
responsabilita' solidale che vincola mandataria e mandanti, ma  anche
tale profilo non condurrebbe a una diversa conclusione, posto che nel
caso di RTI orizzontale la solidarieta' si estenderebbe a  tutti  gli
operatori economici raggruppati, mentre nel  RTI  verticale  ciascuna
impresa che abbia assunto parti scorporabili dell'opera o prestazioni
secondarie di servizi risponderebbe comunque individualmente,  «ferma
la responsabilita' della capogruppo». Il  regime  di  responsabilita'
proprio  delle  imprese  riunite  in  RTI,  dunque,  non   solo   non
aggraverebbe     la     posizione      dell'appaltatore      rispetto
all'aggiudicazione dell'appalto in  forma  singola,  «ma,  per  certi
aspetti, la attenu[erebbe]». 
    Si dovrebbe giungere alle stesse conclusioni avendo riguardo alla
responsabilita'  solidale  delle  imprese  partecipanti  al  RTI  nei
confronti dei subappaltatori e fornitori: la  posizione  dell'impresa
mandataria sarebbe «neutra», posto  che  la  stessa  impresa  avrebbe
assunto una piena responsabilita' nei confronti degli stessi soggetti
se avesse partecipato in forma singola. 
    Quanto  all'irragionevolezza   "intrinseca",   correttamente   il
giudice  a  quo  avrebbe  rilevato  che  la  disposizione   censurata
contrasterebbe  con  il  suo  obiettivo  di  tutelare   i   creditori
dell'impresa in  concordato  preventivo  con  continuita'  aziendale,
impedendo di ottenere un flusso di denaro utile al superamento  della
crisi d'impresa. 
    La  stessa  irragionevolezza  si  configurerebbe   anche   avendo
riguardo al favor  legislativo  per  il  ricorso  alle  procedure  di
concordato preventivo come  strumento  di  composizione  della  crisi
finalizzato a favorire la conservazione di valori aziendali. 
    Quanto alle violazioni degli  artt.  41  e  97  Cost.,  la  parte
ribadisce e sviluppa le considerazioni svolte sul punto dal giudice a
quo. 
    3.4.- Con atto depositato il 14 ottobre 2019 si e' costituita  in
giudizio anche la Carena spa Impresa di  costruzioni,  in  proprio  e
nella qualita' di mandataria del RTI costituito  con  la  ILESP  srl,
parte del processo principale,  che  ha  concluso  per  l'irrilevanza
delle questioni e, in subordine, per la loro fondatezza nel merito. 
    Sull'eccezione preliminare di irrilevanza delle questioni osserva
che,  contrariamente  a  quanto  affermato  dal  rimettente,   l'art.
186-bis,  sesto  comma,  della  legge  fallimentare,  sarebbe   stato
abrogato implicitamente dall'art. 80, comma 5, lettera b), del d.lgs.
n. 50 del 2016; e, in subordine, che lo stesso  art.  186-bis,  sesto
comma, non si applicherebbe al caso in cui il  concordato  preventivo
con continuita' aziendale dell'impresa mandataria di un RTI si  fosse
chiuso, prim'ancora della presentazione dell'offerta, a  seguito  del
decreto di omologazione, con il conseguente  riacquisto  della  piena
capacita' contrattuale in capo all'operatore economico  rientrato  in
bonis, come si  sarebbe  verificato  nella  fattispecie  dedotta  nel
giudizio a quo. 
    Sotto questo secondo profilo, le ragioni addotte  dal  giudice  a
quo, sulla permanenza in capo agli organi della  procedura  di  «ampi
poteri  di  intervento»  anche  dopo  l'omologazione  del  concordato
preventivo,  muoverebbero  da  un'erronea  ricostruzione  del  quadro
normativo. Nella fase esecutiva del piano concordatario, infatti,  il
giudice delegato non avrebbe poteri autorizzatori e il suo  ruolo  si
limiterebbe  al  controllo,  tramite   il   commissario   giudiziale,
dell'attivita' gestoria svolta dagli amministratori della societa'. 
    Il  giudice  a  quo  avrebbe  inoltre  errato  nel  ritenere  che
l'operatore economico «in stato di concordato», di cui  all'art.  80,
comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016, e' quello  che,  gia'
ammesso  alla  procedura  ai  sensi   dell'art.   163   della   legge
fallimentare, ha ottenuto il decreto di  omologazione  ai  sensi  del
successivo art. 181. Secondo una corretta interpretazione letterale e
sistematica della  pertinente  disciplina  tale  operatore  economico
sarebbe invece quello ammesso alla procedura di concordato preventivo
non ancora omologato, mentre  l'operatore  con  un  «procedimento  in
corso», di cui sempre al citato art. 80, comma 5, lettera b), sarebbe
quello  che,  avendo  presentato  il  ricorso  per  l'ammissione   al
concordato,  ai  sensi  dell'art.   161,   comma   6,   della   legge
fallimentare, e' in attesa del decreto di ammissione. 
    Il richiamo del rimettente  alla  necessita'  dell'autorizzazione
del giudice delegato per partecipare alla gara, di cui all'art.  110,
comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, sarebbe poi  contraddittorio,  da
un lato perche' lo stesso rimettente afferma che nel giudizio  a  quo
la  questione  concernente  l'autorizzazione   e'   inammissibile   e
inconferente,  dall'altro   lato   perche'   la   citata   previsione
disciplinerebbe la diversa ipotesi dell'impresa ammessa al concordato
preventivo con continuita' aziendale, nulla disponendo per  l'ipotesi
in cui il piano concordatario sia  stato  omologato.  In  ogni  caso,
nella specie l'autorizzazione, estesa alla partecipazione a tutte  le
gare d'appalto, sarebbe stata rilasciata dal Tribunale di  Genova  in
sede di omologazione dello specifico concordato preventivo. 
    Nel  merito,  le  questioni  dovrebbero  essere  accolte,  previa
riunione del giudizio con quelli promossi dal TAR Lazio. 
    3.5.- Con atto depositato il 22 ottobre 2019  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso  per  la
non  fondatezza   delle   questioni   sulla   scorta   delle   stesse
considerazioni esposte nell'atto di intervento nel giudizio  promosso
con ordinanza iscritta al n. 40 reg. ord. 2019, con  la  precisazione
che il coordinamento  tra  le  previsioni  dell'art.  186-bis,  sesto
comma, della legge fallimentare, e dell'art. 80 del d.lgs. n. 50  del
2016 si dovrebbe effettuare, come correttamente ritenuto dal  giudice
a quo, in base al principio di specialita'. 
    3.6.- La Itinera spa ha fatto pervenire il 1°  aprile  2020,  per
mezzo di posta elettronica  certificata,  una  memoria  illustrativa,
nella quale chiede preliminarmente che questa Corte  restituisca  gli
atti al giudice a quo perche' valuti nuovamente  la  rilevanza  delle
questioni, sull'assunto che nel processo  principale  sarebbe  venuta
meno  la  necessita'  di  applicare  la  disposizione  censurata  per
definire il giudizio nel merito, essendosi verificati  i  presupposti
per una pronuncia in rito di cessazione della materia del contendere.
Le  circostanze  sopravvenute  -  ulteriori  rispetto  alla  sentenza
dichiarativa del fallimento della Carena spa Impresa di  costruzioni,
gia' menzionata nell'atto  di  costituzione  -  sarebbero  costituite
dalla revoca  dell'aggiudicazione  dell'appalto  al  RTI  in  cui  e'
mandataria la Carena spa Impresa di costruzioni  e  dalla  successiva
aggiudicazione a favore del RTI composto dalla stessa Itinera  spa  e
dalla Monaco spa, provvedimenti entrambi non impugnati. Cio'  avrebbe
comportato il «totale soddisfacimento dell'interesse di Itinera  spa,
nuova e incontestata aggiudicataria dell'appalto». 
    Pur  dichiarandosi  consapevole  che  anche  il  venir  meno  del
giudizio a quo non  incide  sul  giudizio  costituzionale,  ai  sensi
dell'art. 18 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale,  la  parte  osserva  che  nella  specie  il  processo
principale non sarebbe, ne' estinto, ne' interrotto, ne' sospeso  per
causa diversa dalla  pendenza  dell'incidente  di  costituzionalita',
sicche' la soluzione piu' appropriata, trattandosi  di  un  mutamento
che attiene alla situazione sostanziale dedotta in giudizio, potrebbe
consistere per l'appunto nella restituzione degli atti al rimettente. 
    Nel resto, vengono richiamati gli argomenti gia' svolti nei sensi
dell'inammissibilita' o dell'infondatezza delle questioni. 
    3.7.- Con istanza pervenuta il 15  aprile  2020  tutte  le  parti
hanno congiuntamente chiesto che la questione venga decisa in  camera
di  consiglio  senza  discussione  orale,  sulla  base   degli   atti
depositati, secondo quanto previsto nel citato decreto del  24  marzo
2020, punto 1), lettera c). 
    L'Anas spa ha contestualmente depositato brevi note  con  cui  si
oppone alla richiesta di restituzione degli atti al giudice a  quo  e
richiama, nel resto, le argomentazioni e le conclusioni gia' svolte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con  due  ordinanze  coeve  e  di  contenuto  sostanzialmente
identico, iscritte ai numeri 40 e 41 del reg. ord. 2019, il Tribunale
amministrativo per il Lazio dubita della legittimita'  costituzionale
del «combinato disposto» degli artt. 38, comma  1,  lettera  a),  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e 186-bis, quinto e  sesto  comma,
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina  del  fallimento,
del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata  e  della
liquidazione coatta amministrativa), in riferimento agli artt. 3,  41
e 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione. 
    Le questioni sono sorte nel corso di due giudizi  aventi  analogo
oggetto e promossi  dalla  stessa  societa'  (la  Guerrato  spa),  in
proprio e quale mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese
(RTI).   La   ricorrente   nei   processi   principali   ha   chiesto
l'annullamento dei provvedimenti di esclusione del predetto RTI dalle
procedure di affidamento  di  alcuni  lotti  di  «servizi  integrati,
gestionali ed operativi» e, con motivi aggiunti, l'annullamento delle
delibere di escussione delle garanzie prestate dal  RTI  al  fine  di
concorrere alle gare. 
    La stazione appaltante ha disposto l'esclusione sull'assunto  che
durante l'iter di svolgimento delle gare  si  sarebbe  verificato  in
capo  all'impresa  mandataria  del  RTI  il  requisito  generale   di
esclusione previsto dall'art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs.  n.
163 del 2006, ai sensi del quale «[s]ono esclusi dalla partecipazione
alle procedure di affidamento» i soggetti «che si trovano in stato di
fallimento, di liquidazione coatta, di concordato  preventivo,  salvo
il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo  1942,
n. 267, o nei cui riguardi  sia  in  corso  un  procedimento  per  la
dichiarazione di una  di  tali  situazioni».  Essendo  infatti  stata
ammessa l'impresa mandataria alla procedura di concordato  preventivo
con continuita' aziendale, troverebbe applicazione il richiamato art.
186-bis, sesto comma, della legge fallimentare, ai  sensi  del  quale
«l'impresa  in  concordato   puo'   concorrere   anche   riunita   in
raggruppamento temporaneo di imprese, purche' non rivesta la qualita'
di  mandataria  e  sempre  che   le   altre   imprese   aderenti   al
raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale». 
    1.1.- Quanto alla  rilevanza,  il  rimettente  osserva  che  alle
fattispecie dedotte nei  giudizi  principali  si  dovrebbe  applicare
ratione temporis l'art. 38, comma 1, lettera a), del  d.lgs.  n.  163
del 2006, ancorche' abrogato dal decreto legislativo 18 aprile  2016,
n. 50 (Codice dei contratti pubblici), in quanto  quest'ultimo  trova
applicazione  solo  per  le   procedure   e   i   contratti   banditi
successivamente all'entrata in vigore del nuovo codice dei  contratti
pubblici, ai sensi del suo art. 216, comma 1. 
    Il «combinato disposto» del citato art. 38, comma 1, lettera  a),
e dell'art. 186-bis, quinto e sesto comma, della  legge  fallimentare
condurrebbe cosi' inevitabilmente a ritenere  legittima  l'esclusione
dalle gare del raggruppamento di imprese  di  cui  la  ricorrente  e'
mandataria.  La  deroga  introdotta  dall'art.  186-bis  della  legge
fallimentare alla regola generale che vieta  la  partecipazione  alla
gara dei soggetti sottoposti a procedure concorsuali sarebbe  infatti
circoscritta  alle  due  sole  ipotesi   dell'impresa   «singola»   e
dell'impresa aderente a un  RTI  in  qualita'  di  mandante,  con  la
conseguenza che la regola generale tornerebbe a operare se, come  nel
caso di specie, l'impresa mandataria di un RTI si trova in concordato
preventivo  con  continuita'   aziendale.   Ne'   sarebbe   possibile
interpretare diversamente le disposizioni censurate. 
    1.2.-  Le  norme  censurate,  nel  loro   «combinato   disposto»,
violerebbero innanzitutto l'art. 3 Cost., in quanto  per  le  diverse
ipotesi indicate  (impresa  «singola»,  impresa  mandante  e  impresa
mandataria di un RTI), che differiscono tra loro solo per  il  modulo
partecipativo alla gara,  varrebbe  infatti  la  stessa  esigenza  di
favorire il superamento della  crisi  d'impresa,  che  giustifica  la
deroga al generale divieto di partecipazione alle gare pubbliche  per
le imprese sottoposte a procedure concorsuali. 
    Violerebbero inoltre gli artt. 41 e 117, secondo  comma,  lettera
a), Cost., in quanto l'irragionevole esclusione  dalle  procedure  di
affidamento di contratti pubblici dell'impresa mandataria di  un  RTI
sottoposta  a  concordato  preventivo   con   continuita'   aziendale
limiterebbe ingiustificatamente la liberta' di iniziativa economica e
si  porrebbe  in  contrasto  con  il  principio  della   concorrenza,
costituente un  «principio  cardine  dell'Unione  europea»,  cui  «la
massima partecipazione alle gare e' funzionale». 
    2.- Con ordinanza iscritta al n.  150  del  reg.  ord.  2019,  il
Consiglio  di  Stato,  sezione  quinta,  dubita  a  sua  volta  della
legittimita' costituzionale dell'art.  186-bis,  sesto  comma,  della
legge fallimentare, nella parte in cui  esclude  dalle  procedure  di
affidamento dei contratti pubblici l'impresa in concordato preventivo
con continuita' aziendale che rivesta la qualita' di mandataria di un
RTI, in riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost. 
    Le questioni sono  sorte  nel  corso  di  un  giudizio  d'appello
promosso dalla Itinera spa, in proprio e quale mandataria di un  RTI,
avverso la sentenza con cui il Tribunale amministrativo regionale per
la Toscana aveva respinto il ricorso presentato dalla stessa  Itinera
spa  per  l'annullamento  dell'aggiudicazione  a   un   diverso   RTI
dell'appalto  relativo  ai  lavori  di  realizzazione  di  un  tronco
stradale. 
    Per quello che  qui  rileva,  la  ricorrente,  risultata  seconda
classificata,  aveva  impugnato   l'aggiudicazione   per   violazione
dell'art.   186-bis,   sesto   comma,   della   legge   fallimentare,
sull'assunto  dell'illegittimita'  dell'ammissione  alla   gara   del
raggruppamento affidatario,  la  cui  mandataria  era  in  concordato
preventivo con continuita' aziendale. 
    Il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso ritenendo  il
citato  art.  186-bis,  sesto  comma,  implicitamente  abrogato   dal
sopravvenuto art. 80, comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016,
che, nella versione originaria, esclude dalle gare pubbliche  chi  e'
sottoposto a procedure  concorsuali  salvo  il  caso  del  concordato
preventivo con continuita' aziendale, e non rinvia  all'art.  186-bis
della  legge  fallimentare  e  all'eccezione  in  esso  prevista  per
l'impresa mandataria di un RTI. Non operando piu' la deroga  prevista
in quest'ultima disposizione  potrebbero  essere  ammesse  alle  gare
tutte le imprese in concordato preventivo con continuita'  aziendale,
anche mandatarie di RTI. 
    2.1.- Quanto  alla  rilevanza,  il  Consiglio  di  Stato  ritiene
innanzitutto  che  l'art.   186-bis,   sesto   comma,   della   legge
fallimentare non sia  stato  implicitamente  abrogato  dall'art.  80,
comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016, operando tra  le  due
norme un rapporto di specialita' per cui la seconda fissa  la  regola
generale  di  esclusione  degli  operatori  economici  sottoposti   a
procedure concorsuali, con una deroga, anch'essa generale, per coloro
che si trovano in stato  di  concordato  preventivo  con  continuita'
aziendale; mentre la prima disciplina il caso specifico  dell'impresa
in concordato preventivo con continuita' aziendale riunita in RTI. 
    L'art.  186-bis,  sesto  comma,  della  legge   fallimentare   si
applicherebbe  inoltre  anche  dopo  la  pronuncia  del  decreto   di
omologazione  del  concordato  preventivo,   non   potendosi   trarre
argomenti in senso contrario dalla disciplina contenuta  nella  legge
fallimentare. 
    2.2.- La norma censurata violerebbe innanzi tutto l'art. 3 Cost. 
    La questione e' sollevata sotto tre distinti profili: 
    1)  l'art.  186-bis,  sesto  comma,  della   legge   fallimentare
introdurrebbe un'irragionevole disparita'  di  trattamento  "esterna"
fra l'impresa che riveste la qualita'  di  mandataria  di  un  RTI  e
l'impresa che, nella stessa situazione di concordato  preventivo  con
continuita' aziendale, partecipa come singola offerente  oppure  come
mandataria di un consorzio ordinario di concorrenti di  cui  all'art.
45, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 50 del 2016; 
    2) un'ulteriore irragionevole disparita' di trattamento -  questa
volta "interna" alla disposizione censurata -  sarebbe  individuabile
fra l'impresa mandataria e  l'impresa  mandante  di  un  RTI  che  si
trovino in concordato preventivo con continuita' aziendale. A parita'
di condizioni, la seconda puo' concorrere infatti alla  procedura  di
affidamento,  sempre  che  non  vi  siano  altre   imprese   aderenti
assoggettate a procedura concorsuale; 
    3)  l'art.  186-bis,  sesto  comma,  della   legge   fallimentare
contrasterebbe poi con il principio di  ragionevolezza  "intrinseca",
per l'incongruenza della  scelta  operata  dal  legislatore  rispetto
all'obiettivo di tutelare  i  creditori  dell'impresa  in  concordato
preventivo, giacche' l'esclusione assoluta dalla partecipazione  alle
gare negherebbe all'impresa  mandataria  di  un  RTI  «la  chance  di
ottenere un flusso di denaro utile  al  superamento  dello  stato  di
crisi». 
    2.3.- L'art.  186-bis,  sesto  comma,  si  porrebbe  altresi'  in
contrasto  con  l'art.  41  Cost.  perche'  limiterebbe   l'autonomia
contrattuale dell'impresa in concordato  preventivo  con  continuita'
aziendale, anziche' favorirne «il libero dispiegarsi», in conformita'
all'utilita'  sociale,  per  l'acquisizione  di  clienti  di   sicura
affidabilita' quali i soggetti pubblici. 
    Infine, sarebbe violato l'art. 97 Cost.,  per  contrasto  con  il
principio di buon andamento dell'amministrazione, in quanto la  norma
censurata limiterebbe ingiustificatamente il potere  delle  pubbliche
amministrazioni di scegliere il contraente piu' qualificato e capace. 
    3.- I giudizi vanno riuniti  per  essere  definiti  con  un'unica
pronuncia, vertendo  su  questioni  in  gran  parte  coincidenti  per
oggetto e per motivi di censura, e  vengono  trattati  in  camera  di
consiglio senza discussione orale, sulla base degli atti  depositati,
secondo quanto previsto nel  decreto  della  Presidente  della  Corte
costituzionale  del  24  marzo  2020,  punto  1),  lettera   c),   in
accoglimento delle conformi  richieste  di  tutte  le  parti,  previa
rimessione in termini di quelle presentate tardivamente. 
    4.- Prima di esaminare il merito vanno affrontati alcuni  profili
preliminari. 
    4.1.- Quanto ai giudizi promossi con le ordinanze del TAR  Lazio,
e' necessario in  primo  luogo  individuare  correttamente  l'oggetto
delle questioni in rapporto alle censure dedotte. 
    Come visto, il TAR dubita della legittimita'  costituzionale  del
«combinato disposto» dell'art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs. n.
163 del 2006 e dell'art. 186-bis, quinto e sesto comma,  della  legge
fallimentare, sull'assunto che alle  procedure  sottoposte  alla  sua
cognizione siano applicabili ratione temporis i requisiti  di  ordine
generale per la partecipazione alle gare previsti al citato art.  38,
disposizione poi abrogata dal nuovo codice dei contratti pubblici  di
cui al d.lgs. n. 50 del 2016. 
    Il presupposto e' corretto quanto all'applicabilita'  del  citato
art. 38, comma 1, lettera a), giacche' i bandi  di  gara  di  cui  si
tratta risultano pubblicati, stando alle ordinanze di rimessione,  in
date anteriori a quella di entrata in vigore del  d.lgs.  n.  50  del
2016 (19 aprile 2016). Ai sensi dell'art. 216, comma 1, dello  stesso
decreto legislativo, infatti, il nuovo codice dei contratti  pubblici
si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi con  cui
si indice la gara sono pubblicati successivamente a tale data. 
    La norma ritenuta lesiva,  tuttavia,  e'  quella  risultante  dal
combinato disposto, oltre che del citato art. 38,  comma  1,  lettera
a), del solo sesto comma dell'art. 186-bis della legge  fallimentare,
nella parte in cui esclude dalle  gare  l'impresa  in  concordato  di
continuita' mandataria di un RTI. La prima disposizione fa «salvo  il
caso di cui all'articolo 186-bis» allo scopo di introdurre, a  favore
delle imprese in concordato di continuita', una  deroga  alla  regola
generale di esclusione dalle gare di chi e'  sottoposto  a  procedura
concorsuale. Il rinvio all'art. 186-bis comporta che siano  applicati
i limiti ivi previsti di  operativita'  della  deroga,  tra  i  quali
rientra il caso dell'impresa mandataria di un RTI. La caducazione  di
tale limite - che ove applicato importerebbe di respingere i  ricorsi
nei processi principali - appare sufficiente a  eliminare  il  vulnus
costituzionale lamentato dal giudice a quo, poiche' farebbe  ricadere
l'impresa mandataria nell'ambito di  operativita'  della  deroga  che
consente all'imprenditore in concordato  preventivo  con  continuita'
aziendale, in  presenza  delle  altre  condizioni  previste  all'art.
186-bis, di partecipare alle gare. 
    Il quinto comma dell'art. 186-bis, in tema di  oneri  documentali
gravanti sull'impresa in  concordato  che  intenda  partecipare  alla
gara, non deve dunque essere necessariamente applicato per definire i
giudizi a quibus, in base alla prospettazione fornita dal rimettente.
Ne consegue che le questioni relative ad esso sono inammissibili  per
difetto di rilevanza. 
    4.1.1.- Nei medesimi giudizi, il rimettente evoca tra i parametri
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  a),  Cost.,  lamentando   una
violazione del principio della concorrenza, quale «principio  cardine
dell'Unione europea» a  cui  «la  massima  partecipazione  alle  gare
[sarebbe] funzionale». 
    Il parametro evocato e' del  tutto  inconferente,  in  quanto  la
lettera a) del secondo comma dell'art.  117  Cost.  attribuisce  allo
Stato  la  competenza  esclusiva,  tra  l'altro,  nella  materia  dei
«rapporti dello Stato con l'Unione europea», mentre la  censura,  pur
nella sua laconicita', non attiene al riparto di attribuzioni tra  lo
Stato  e  le  regioni.  Le  stesse   conclusioni   varrebbero   anche
ipotizzando che il giudice a quo sia incorso in un refuso, intendendo
riferirsi alla «tutela della concorrenza», di cui alla lettera e) del
secondo comma dell'art. 117 Cost. 
    La questione e' dunque inammissibile (sentenze n. 198  del  2019,
n. 63 del 2016, n. 269 e n. 181 del 2014). 
    4.1.2.- Parimenti inammissibili sono le  censure  prospettate  da
una parte  costituita  (la  Guerrato  spa,  ricorrente  nei  processi
principali), ulteriori rispetto a quelle formulate dal giudice a  quo
in riferimento all'art. 3 Cost. Secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte, infatti, «non possono essere presi  in  considerazione,
oltre i limiti in queste fissate, ulteriori questioni  o  profili  di
costituzionalita' dedotti dalle parti, sia che siano  stati  eccepiti
ma non fatti propri dal giudice a  quo,  sia  che  siano  diretti  ad
ampliare o  modificare  successivamente  il  contenuto  delle  stesse
ordinanze (ex plurimis, sentenze n. 271 del 2011, n. 236 del 2009, n.
56 del 2009, n. 86 del 2008)» (sentenza n. 203 del 2016; nello stesso
senso, sentenza n. 56 del 2015). 
    4.2.- Profili di  inammissibilita'  per  irrilevanza  sono  stati
prospettati anche nel giudizio promosso con l'ordinanza del Consiglio
di Stato. 
    4.2.1.-  Una  parte  costituita  (la  Carena   spa   Impresa   di
costruzioni) ha eccepito il difetto di rilevanza delle questioni:  in
via  principale  perche',  contrariamente  a  quanto  affermato   dal
rimettente, l'art. 186-bis, sesto  comma,  della  legge  fallimentare
sarebbe stato implicitamente abrogato dall'art. 80, comma 5,  lettera
b), del d.lgs. n. 50 del 2016; in subordine, perche' lo  stesso  art.
186-bis, sesto  comma,  non  si  applicherebbe  al  caso  in  cui  il
concordato  preventivo   con   continuita'   aziendale   dell'impresa
mandataria  di  un  RTI  si  sia  chiuso  prima  della  presentazione
dell'offerta, a seguito del decreto di omologazione ex art. 181 della
legge fallimentare, che  determinerebbe  il  riacquisto  della  piena
capacita' contrattuale in capo all'operatore economico  ritornato  in
bonis,  come  avvenuto  nella  fattispecie   dedotta   nel   processo
principale. 
    Entrambe le eccezioni sono infondate. 
    Secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa   Corte,   «una
questione di legittimita' puo' ritenersi validamente posta qualora il
giudice a quo  fornisca  un'interpretazione  non  implausibile  della
disposizione contestata "che per una valutazione compiuta in una fase
meramente iniziale del processo, egli ritenga di voler applicare  nel
giudizio principale e su cui nutra dubbi non arbitrari di conformita'
a determinate  norme  costituzionali"  (sentenza  n.  51  del  2015)»
(sentenza n. 11 del 2018).  E'  dunque  sufficiente,  ai  fini  della
motivazione sulla rilevanza, che il rimettente illustri in  modo  non
implausibile  «le  ragioni  che  giustificano  l'applicazione   della
disposizione  censurata  e  determinano  la  pregiudizialita'   della
questione  sollevata   rispetto   alla   definizione   del   processo
principale» (ex plurimis, sentenza n. 105 del 2018). 
    Risultano non implausibili, in primo luogo,  le  ragioni  addotte
dal giudice a quo sulla permanente vigenza,  nella  parte  censurata,
dell'art. 186-bis, sesto comma, della legge fallimentare,  che  fanno
leva, come visto, sulla specialita' della norma rispetto a quella, di
carattere generale, dell'art. 80, comma 5, lettera a), del d.lgs.  n.
50 del 2016. 
    Tali ragioni trovano  conforto  negli  univoci  elementi  offerti
dall'evoluzione della normativa di riferimento. Il testo  attualmente
in vigore dell'art. 80, comma 5, lettera b), del  d.lgs.  n.  50  del
2016, sostituito dall'art. 1, comma 20, lettera o),  numero  3),  del
decreto-legge 18 aprile 2019, n.  32  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore  dei  contratti  pubblici,  per  l'accelerazione
degli interventi  infrastrutturali,  di  rigenerazione  urbana  e  di
ricostruzione  a  seguito  di  eventi   sismici),   convertito,   con
modificazioni,  nella  legge  14  giugno   2019,   n.   55,   prevede
l'esclusione   dalla   partecipazione   alla   procedura    d'appalto
dell'imprenditore che «sia stato sottoposto a fallimento o  si  trovi
in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o [nei cui
confronti] sia in corso [...] un procedimento per la dichiarazione di
una  di  tali  situazioni,  fermo  restando  quanto  previsto   [...]
dall'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267». 
    Sebbene  la  disposizione,  in  tale  nuova   formulazione,   sia
applicabile solo a partire dalla sua entrata in vigore,  e'  evidente
che, rinviando di nuovo espressamente all'art.  186-bis  della  legge
fallimentare, il  legislatore  ha  inteso  rimediare  a  quello  che,
nell'originaria versione dell'art.  80,  comma  5,  lettera  b),  del
d.lgs. n. 50 del 2016, appariva un mero difetto di coordinamento  con
la legge fallimentare.  Coordinamento  mantenuto  anche  nella  nuova
modifica dello stesso art. 80, comma 5, lettera b), del d.lgs. n.  50
del 2016 - introdotta dall'art. 372, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della  crisi  d'impresa  e
dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017,  n.  155),
la cui entrata in vigore, gia' fissata al 15 agosto  2020,  e'  stata
recentemente differita al 1° settembre 2021 dall'art. 5, comma 1, del
decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23  (Misure  urgenti  in  materia  di
accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri
speciali nei settori strategici, nonche'  interventi  in  materia  di
salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali),
in corso di conversione - che  sostituisce  il  riferimento  all'art.
186-bis della legge fallimentare con quello all'art. 95 dello  stesso
codice della crisi  d'impresa  e  dell'insolvenza,  che  al  comma  5
riproduce letteralmente il contenuto del sesto comma del citato  art.
186-bis. 
    Anche la motivazione sull'applicabilita'  della  norma  censurata
all'ipotesi  del  concordato  preventivo  omologato   consente   alla
questione di superare il vaglio di ammissibilita', poiche' il giudice
a quo ha argomentato non implausibilmente in ordine  alla  permanenza
in  capo  agli  organi  della  procedura  concorsuale,   anche   dopo
l'omologazione  del  concordato  preventivo,  di  «ampi   poteri   di
intervento», tali  da  giustificare  una  disciplina  uniforme  della
partecipazione dell'impresa in concordato di  continuita'  alle  gare
pubbliche per tutte le fasi del concordato preventivo e sino alla sua
definitiva esecuzione. 
    4.2.2.-  L'inammissibilita'   delle   questioni   sollevate   dal
Consiglio di Stato, per difetto di motivazione  sulla  rilevanza,  e'
stata eccepita sotto un diverso profilo da un'altra parte  costituita
nel giudizio costituzionale (la Itinera spa, appellante nel  processo
principale). 
    A suo avviso, la stazione appaltante, nell'aggiudicare  l'appalto
al raggruppamento capeggiato dalla Carena spa Impresa di costruzioni,
avrebbe erroneamente ritenuto che il decreto di omologazione comporti
la chiusura del concordato preventivo, omettendo cosi' di  verificare
in  concreto  la  sussistenza  delle  condizioni  di   applicabilita'
dell'eccezionale deroga al divieto di partecipazione alle gare  delle
imprese sottoposte a procedure concorsuali posta  dall'art.  186-bis,
sesto comma, della legge fallimentare. Di conseguenza  il  giudice  a
quo, muovendo dalla tesi (condivisa dall'eccipiente) per cui lo stato
di concordato preventivo non si chiude con l'omologazione, ma con  il
decreto che accerta l'adempimento del  piano  concordatario,  avrebbe
dovuto esporre le ragioni che lo hanno indotto a valutare nel  merito
la sussistenza delle anzidette condizioni di applicabilita'  anziche'
annullare  senz'altro  l'aggiudicazione   lasciando   alla   stazione
appaltante tale valutazione «in sede  di  rinnovazione  del  segmento
procedimentale  illegittimo»,  ai  sensi  dell'art.  34,   comma   2,
dell'Allegato 1  (Codice  del  processo  amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), secondo cui «in nessun caso il
giudice puo' pronunciare con riferimento a poteri amministrativi  non
ancora esauriti». 
    Nemmeno questa eccezione e' fondata, poiche' il giudice a quo  ha
dato conto in modo sufficiente e non implausibile, come visto,  della
necessita' di applicare la norma censurata per definire  il  processo
principale. 
    4.2.3.- Nella memoria illustrativa, la Itinera spa chiede poi che
questa Corte restituisca gli  atti  al  Consiglio  di  Stato  perche'
valuti nuovamente la rilevanza della  questione,  deducendo  che  nel
giudizio a quo sarebbe venuta meno  la  necessita'  di  applicare  la
disposizione censurata per definire il merito, essendosi verificati i
presupposti per una pronuncia in rito di cessazione della materia del
contendere. Le circostanze sopravvenute sarebbero la dichiarazione di
fallimento della mandataria del RTI aggiudicatario  dell'appalto,  la
revoca dell'aggiudicazione e la successiva  aggiudicazione  a  favore
del RTI di cui e' mandataria la stessa  Itinera  spa,  provvedimenti,
questi ultimi, entrambi non impugnati.  Cio'  avrebbe  comportato  il
«totale  soddisfacimento  dell'interesse  di  Itinera  spa,  nuova  e
incontestata aggiudicataria dell'appalto». 
    La richiesta di restituzione degli atti non e' fondata. 
    Per  costante  giurisprudenza,  «il   giudizio   incidentale   di
costituzionalita' e' autonomo rispetto al giudizio a quo,  nel  senso
che non risente delle vicende di fatto  successive  all'ordinanza  di
rimessione  che  concernono  il   rapporto   dedotto   nel   processo
principale, come previsto dall'art. 18 delle Norme integrative per  i
giudizi davanti alla Corte  costituzionale.  Pertanto,  la  rilevanza
della questione deve essere  valutata  alla  luce  delle  circostanze
sussistenti  al  momento  dell'ordinanza  di  rimessione,  senza  che
assumano rilievo eventi sopravvenuti (ex plurimis, sentenze n. 242  e
n. 162 del 2014, n. 120 del 2013, n. 274  e  n.  42  del  2011)»  (ex
plurimis, sentenza n. 264 del  2017),  tra  i  quali  deve  ritenersi
compresa anche la cessazione, per qualsiasi causa, della materia  del
contendere nel giudizio rimasto sospeso davanti al rimettente. 
    5.-  Nel  merito,  occorre  prendere  le  mosse   dalle   dedotte
violazioni dell'art. 3 Cost. 
    Il TAR rimettente lamenta la lesione del principio di uguaglianza
per  la  irragionevole  disparita'  di  trattamento   fra   l'impresa
mandataria di un RTI,  esclusa  dalla  partecipazione  alle  gare,  e
l'impresa che concorra individualmente o che rivesta la  qualita'  di
mandante,   che   invece   puo'   parteciparvi   (alla    condizione,
quest'ultima, che non vi siano altre  imprese  riunite  sottoposte  a
procedure concorsuali). 
    Le censure poggiano sull'assunto  che  per  tutte  le  situazioni
considerate, diverse tra loro solo per il modulo  partecipativo  alla
gara, varrebbe la stessa esigenza di favorire  il  superamento  della
crisi d'impresa sottesa all'istituto del  concordato  preventivo  con
continuita'   aziendale,   in   deroga   al   generale   divieto   di
partecipazione alle  gare  pubbliche  per  le  imprese  sottoposte  a
procedure concorsuali, e che non vi sarebbe motivo  di  differenziare
la  posizione  dell'impresa  mandataria  di  un  RTI   che   non   si
presenterebbe, sotto questo profilo, diversa dalla altre. 
    Per quanto riguarda in particolare  il  raffronto  con  l'impresa
«singola», il rimettente osserva che questa risponde  da  sola  e  in
toto dell'esecuzione  del  contratto,  mentre  nel  caso  di  offerta
presentata da una pluralita' di imprese riunite  in  RTI  tutte  sono
responsabili dell'esecuzione per la parte di propria competenza e  la
mandataria lo e' inoltre solidalmente nei RTI verticali,  in  cui  le
prestazioni principali gravano su di essa e quelle  secondarie  sulle
mandanti. L'ipotesi della partecipazione alla gara  della  mandataria
sottoposta a concordato  preventivo  con  continuita'  aziendale  non
presenterebbe dunque per la stazione appaltante pregiudizi  o  rischi
maggiori rispetto  all'ipotesi  della  partecipazione  di  un'impresa
singola. 
    Il Consiglio di Stato solleva analoghi profili di illegittimita',
prospettando:  a)  un'irragionevole  disparita'  di   trattamento   -
"esterna" al censurato art. 186-bis,  sesto  comma  -  fra  l'impresa
mandataria di un RTI e quella che  partecipa  individualmente  oppure
come mandataria di un  consorzio  ordinario  di  concorrenti  di  cui
all'art. 45, comma 2, lettera e), del  d.lgs.  n.  50  del  2016;  b)
un'ulteriore irragionevole disparita' di trattamento -  questa  volta
"interna" alla disposizione censurata - fra  l'impresa  mandataria  e
l'impresa mandante di un RTI, che si trovino in concordato preventivo
con continuita' aziendale. 
    Il diverso trattamento non sarebbe giustificato dalla qualita' di
rappresentante esclusiva del raggruppamento assunta dalla  mandataria
nei confronti della stazione appaltante. Anche la mandataria  infatti
conclude il contratto alla stessa stregua di un  operatore  economico
che partecipa singolarmente, con la sola differenza che  gli  effetti
dei suoi atti si riverberano nella sfera giuridica delle mandanti. Il
conferimento  poi  della  rappresentanza  esclusiva  processuale  non
sarebbe decisivo in senso contrario, in quanto ai sensi dell'art. 48,
comma 15, del d.lgs. n. 50  del  2016  la  stazione  appaltante  puo'
comunque «far valere direttamente le responsabilita' facenti capo  ai
mandanti». 
    Un diverso  trattamento  non  sarebbe  giustificato  neppure  dal
regime di responsabilita' solidale dell'impresa mandataria, in quanto
tale regime, efficace anche per  le  mandanti,  sarebbe  «identico  a
quello dell'impresa che abbia stipulato il contratto singolarmente» e
si risolverebbe nell'obbligo di eseguire per  intero  la  prestazione
dedotta in contratto o di risarcire l'intero danno da  inadempimento.
Si tratterebbe dunque di un regime  di  responsabilita'  contrattuale
addirittura piu' favorevole per la stazione appaltante,  giacche'  il
creditore beneficerebbe della solidarieta' fra i debitori. 
    A queste  censure  il  Consiglio  di  Stato  aggiunge  quella  di
irragionevolezza   "intrinseca"   della   disposizione   della    cui
legittimita' dubita  per  l'incongruenza  della  scelta  operata  dal
legislatore di precludere in modo  assoluto  la  partecipazione  alle
gare dell'impresa mandataria di  un  RTI  rispetto  all'obiettivo  di
tutela dei creditori  dell'impresa  in  concordato  preventivo.  Tale
preclusione - che sottrae al giudice della procedura  concorsuale  la
«valutazione comparata tra commessa da affidare e stato dell'impresa»
- negherebbe «la chance di ottenere un  flusso  di  denaro  utile  al
superamento dello stato di crisi». 
    5.1. Le questioni non sono fondate. 
    La ratio della norma censurata e' individuabile  nella  finalita'
di tutelare l'interesse pubblico al corretto e  puntuale  adempimento
delle prestazioni oggetto del contratto. In  questa  prospettiva,  il
divieto  di  cui  all'art.  186-bis,   sesto   comma,   della   legge
fallimentare tende a scongiurare il rischio che  la  parte  pubblica,
all'esito della procedura di affidamento, si trovi in  una  relazione
contrattuale  con  imprenditori  non  affidabili  sotto  il   profilo
economico e finanziario. 
    Si tratta dunque della stessa ratio che ispira la regola generale
di esclusione  dalle  gare  per  l'affidamento  di  appalti  pubblici
dell'imprenditore sottoposto a procedure concorsuali, prevista  prima
all'art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 163 del  2006  e  poi
all'art. 80, comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 50 del 2016. La norma
censurata, infatti, rende inapplicabile alla mandataria di un RTI  la
deroga all'esclusione dalle gare operante in favore delle imprese  in
concordato preventivo di continuita' nel  rispetto  delle  condizioni
stabilite all'art. 186-bis della legge fallimentare. 
    In linea con la piu' generale finalita' dell'istituto di favorire
il superamento dello stato di crisi dell'azienda, la  disciplina  del
concordato preventivo con continuita' aziendale si  caratterizza  per
la previsione di stabilita' dei contratti in essere con le  pubbliche
amministrazioni,  ex  art.  186-bis,   terzo   comma,   della   legge
fallimentare, e, al  contempo,  per  la  possibilita'  che  l'impresa
partecipi alle procedure di affidamento dei  contratti  pubblici.  La
deroga al divieto di partecipare  a  gare  pubbliche  mira  dunque  a
consentire eccezionalmente alle imprese  che  si  trovino  in  questa
condizione di acquisire commesse  pubbliche  e  garantire  cosi'  una
migliore soddisfazione dei creditori. 
    In questo contesto la norma censurata, escludendo  dal  beneficio
la mandataria di un  RTI,  introduce  un'eccezione  all'eccezione,  e
quindi ripristina, per il caso  da  essa  considerato,  la  ricordata
regola generale in base  alla  quale  chi  e'  soggetto  a  procedure
concorsuali non puo' partecipare alle procedure per l'affidamento  di
contratti pubblici. 
    Cio' chiarito, il differente  trattamento  riservato  all'impresa
mandataria di un RTI in  concordato  di  continuita',  rispetto  alle
varie ipotesi poste a raffronto con essa dai giudici a quibus,  trova
giustificazione, nella prospettiva  del  legislatore,  nella  diversa
modalita'  della  sua  partecipazione  alla  gara  e,  in   caso   di
aggiudicazione,   al    rapporto    contrattuale,    rispetto    alla
partecipazione dell'impresa che  concorra  rispettivamente  in  forma
singola, o in qualita' di mandante di un RTI, o anche come mandataria
di imprese che si costituiranno in consorzio. E tale prospettiva  non
comporta,  come  si  vedra',   un   irragionevole   esercizio   della
discrezionalita' legislativa. 
    Anche a voler ammettere che, dal  punto  di  vista  della  tutela
dell'interesse alla continuita' aziendale, il  regime  di  ammissione
alle gare delle diverse imprese che si trovino in concordato non vari
in ragione della particolare forma della loro partecipazione, non  vi
e'  dubbio  che  la  diversa  modalita'  di  partecipazione  non   e'
indifferente  dal  punto  di  vista  dell'interesse  della   stazione
appaltante, per  la  quale  segnatamente  la  posizione  dell'impresa
mandataria di un RTI assume rilievo e valore differenziato. 
    Pur non dando vita a un autonomo soggetto giuridico, nondimeno un
RTI presenta infatti una struttura complessa, che va al di la'  delle
singole individualita' delle  imprese  raggruppate  e  rispetto  alla
quale l'impresa mandataria rappresenta il punto di riferimento  della
stazione appaltante per tutta la durata  del  rapporto  contrattuale.
Dell'amministrazione appaltante essa costituisce infatti  il  diretto
interlocutore per conto di  tutte  le  imprese  riunite,  quale  loro
rappresentante esclusiva e  quale  garante,  anche  per  conto  delle
mandanti, della corretta esecuzione dell'appalto. 
    La mandataria, oltre a rispondere in  proprio  delle  prestazioni
prevalenti  o  principali,  e'  sempre  responsabile  in  solido  nei
confronti della stazione appaltante  per  l'esecuzione  di  tutte  le
prestazioni previste dal bando di gara, anche quelle  scorporabili  o
secondarie di competenza delle mandanti. La partecipazione alla  gara
di una mandataria in concordato preventivo con continuita'  aziendale
potrebbe costituire motivo di pregiudizio aggiuntivo per la  stazione
appaltante,  che  si  vedrebbe  esposta  al  rischio  del  fallimento
dell'unico debitore comunque solidale. E' appena il caso di osservare
che da questo angolo visuale essa costituirebbe un  rischio  maggiore
anche per i creditori dell'impresa  in  concordato,  a  fronte  della
sopravvenienza di crediti prededucibili  sorti  da  inadempimenti  di
soggetti diversi dal debitore. 
    Sebbene  nei  raggruppamenti  di  tipo  orizzontale  (in  cui  le
prestazioni  di  tutte  le  imprese  riunite  sono  omogenee   e   si
distinguono solo sul piano quantitativo) anche le  mandanti  assumano
una responsabilita' solidale, tra esse e con la mandataria, il  ruolo
della mandataria rimane comunque,  in  questo  stesso  tipo  di  RTI,
peculiare,  in  quanto   il   suo   potere   rappresentativo,   anche
processuale, agevola la stazione appaltante che - pur non perdendo la
facolta' di agire direttamente nei confronti delle mandanti (ex  art.
48, comma 15,  del  d.lgs.  n.  50  del  2016)  -  puo'  limitarsi  a
rivolgersi direttamente ed esclusivamente  alla  mandataria  per  far
valere in  ogni  sede,  non  ultimo  quella  giudiziale,  le  ragioni
derivanti dall'esecuzione dell'intero contratto. 
    Le  situazioni  messe  a  confronto  dai  rimettenti,  anche   se
accomunate dal fatto che si riferiscono sempre ad imprese  sottoposte
allo stesso tipo  di  procedura  concorsuale,  sono  dunque  diverse,
mancando in quelle assunte a tertia  comparationis  le  peculiarieta'
che connotano invece la posizione della mandataria in un RTI. Con  la
conseguenza   che   la   norma   censurata   non    puo'    ritenersi
irragionevolmente discriminatoria. 
    Tali peculiarita' non ricorrono, ne', come visto, nel caso  delle
mandanti di un RTI, ne' in quello dell'impresa che, sempre  in  forza
di un rapporto di mandato, stipuli il contratto in nome e  per  conto
delle mandanti prima della costituzione di un consorzio ordinario, ai
sensi dell'art. 48, comma 8, del d.lgs. n. 50  del  2016.  In  questa
ipotesi, infatti, non opera il regime  di  responsabilita'  descritto
per il raggruppamento, ne' la capogruppo e' legittimata ad agire  per
conto delle mandanti, in quanto e' il consorzio che,  quale  autonomo
soggetto giuridico, risponde e agisce attraverso  i  suoi  organi  in
base alle previsioni dell'atto costitutivo. 
    A conclusioni non diverse si  deve  pervenire  anche  per  quanto
riguarda l'impresa che concorre in forma individuale. Se e' vero che,
come hanno rilevato i rimettenti, anch'essa e' tenuta, al pari  della
mandataria di un RTI, a eseguire per intero le prestazioni a  cui  e'
obbligata, per di piu' senza l'ausilio delle altre  imprese  riunite,
la  circostanza  non  e'  sufficiente  a  rendere  omogenee  le   due
fattispecie e dunque costituzionalmente  necessaria  la  parita'  del
loro trattamento normativo. 
    Occorre ricordare, a questo proposito, il  favor  espresso  dalla
legislazione per  la  partecipazione  alle  gare  dei  raggruppamenti
temporanei   di   imprese,   che   risponde   sia   a   una    logica
pro-concorrenziale,  giacche'  la  partecipazione  in  forma  riunita
consente  alle  imprese  di  concorrere  a  commesse  per  le   quali
potrebbero non avere singolarmente  i  requisiti,  sia  all'interesse
della stazione appaltante alla migliore  realizzazione  dell'appalto,
tramite   la   valorizzazione   delle    risorse,    dei    requisiti
tecnico-organizzativi e delle capacita'  economico-finanziarie  delle
imprese riunite. 
    Ai vantaggi offerti da tale formula organizzativa si contrappone,
sul  piano  delle  relazioni  fra  stazione  appaltante  e   soggetto
esecutore, la  complicazione  connessa  alla  descritta  complessita'
strutturale del RTI, che, come visto, per un verso non da' luogo a un
nuovo soggetto giuridico diverso dalle singole imprese, ma per  altro
verso le riunisce imputando a una di  esse  particolari  funzioni  di
rappresentanza, responsabilita', e piu' in generale di interlocuzione
con l'amministrazione per conto di  tutte.  Per  queste  ragioni,  e'
innegabile che le modalita' di relazione  della  stazione  appaltante
con un RTI siano peculiari  e  piu'  complesse  di  quelle  che  essa
potrebbe  avere  con  un'impresa  singola.  Si  pensi   soltanto   ai
particolari rischi che tale modalita' organizzativa  puo'  comportare
in  fase  esecutiva,  quando  le  esigenze  di  coordinamento   delle
prestazioni  -  che  nel  caso  dell'impresa  singola  sono   risolte
nell'ambito della compagine  aziendale  -  devono  trovare  soluzione
nella  relazione  fra   mandataria,   unico   diretto   interlocutore
dell'amministrazione per tutta la fase esecutiva, e imprese  riunite,
responsabili solo per le parti di rispettiva competenza. 
    Alle particolari esigenze di  razionalizzazione  delle  relazioni
fra RTI e stazione appaltante risponde la normativa che definisce  il
ruolo dell'impresa mandataria, consentendo, da un lato,  che  tramite
essa un RTI  possa  partecipare  alle  procedure  di  affidamento  in
posizione paritaria rispetto a  chi  concorre  in  forme  diverse,  e
apprestando, dall'altro lato,  alcune  cautele  specifiche  a  tutela
della stazione appaltante in  relazione  appunto  al  suo  ruolo.  In
particolare,  l'esclusione  della  mandataria   in   concordato   con
continuita' aziendale dalla partecipazione alle gare -  non  prevista
per l'impresa che concorre  in  forma  individuale  -  e'  diretta  a
evitare che la crisi dell'impresa mandataria,  conclamata  dalla  sua
soggezione a concordato preventivo, metta in discussione il  rapporto
con l'amministrazione  appaltante  in  maniera  che  il  legislatore,
nell'esercizio  non  irragionevole  della  sua  discrezionalita',  ha
ritenuto non tollerabile: da cio' la scelta legislativa di  sottrarre
questa ipotesi al regime derogatorio. 
    Ne' l'irragionevolezza dell'esclusione emerge, come deduce il TAR
del Lazio, dal confronto con la disposizione che, regolando  il  caso
del fallimento della mandataria di un  RTI  in  corso  di  contratto,
consente alla stazione appaltante di proseguire il  rapporto  con  un
altro operatore economico che sia costituito mandatario, in  possesso
dei requisiti di  qualificazione  adeguati  ai  lavori  o  servizi  o
forniture ancora da eseguire (art. 37, comma 18, del  d.lgs.  n.  163
del 2006; art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50 del 2016). Se  e'  vero
che  tale  rimedio  potrebbe  in  astratto  adattarsi  al  caso   del
fallimento della mandataria gia' soggetta a concordato preventivo  in
continuita' nella fase di partecipazione alla gara,  l'argomento  non
ha  rilievo  ai  fini  della   verifica   di   ragionevolezza   della
disposizione contestata, stante la  diversa  ratio  della  disciplina
evocata. Mentre infatti il divieto di partecipazione alla gara per la
mandataria in concordato di continuita' e',  come  visto,  funzionale
all'interesse della  stazione  appaltante  a  selezionare  contraenti
ragionevolmente  affidabili  quanto  a  capacita'  di  adempiere,  la
previsione  della  possibilita',  in   caso   di   fallimento   della
mandataria,  di  proseguire  il  rapporto  per  il  tramite  di   una
modificazione soggettiva del  contratto  e'  diretta  a  tutelare  il
diverso interesse pubblico a conservare il rapporto  in  corso,  onde
permettere il corretto svolgimento della prestazione  sino  alla  sua
completa esecuzione, evitando il recesso.  Non  e'  dunque  possibile
trarre da quest'ultima previsione alcuna conseguenza  ai  fini  della
valutazione della  diversa  disposizione  sulla  partecipazione  alla
gara. 
    Quanto alle ulteriori ragioni di pretesa  irragionevolezza  della
censurata  disparita'  di  trattamento  che  il   rimettente   desume
dall'evoluzione della normativa in materia - e segnatamente dal fatto
che l'art. 80, comma 5, lettera b), del nuovo  codice  dei  contratti
pubblici,  non  rinviando   piu'   all'art.   186-bis   della   legge
fallimentare, avrebbe superato il divieto di partecipazione alle gare
della mandataria in concordato preventivo in continuita' - esse  sono
smentite dai successivi sviluppi del quadro normativo che, come visto
sopra (punto 4.2.1.), offrono invece argomenti di segno  opposto.  Il
nuovo testo dell'art.  80,  comma  5,  lettera  b),  come  sostituito
dall'art. 1, comma 20, lettera o), numero 3),  del  d.l.  n.  32  del
2019, conferma infatti in modo testuale  la  permanente  vigenza  del
divieto di partecipazione alle gare  della  mandataria  previsto  dal
sesto comma dell'art. 186-bis della legge fallimentare. 
    La  rilevata  diversita'  fra  l'ipotesi  regolata  dalla   norma
censurata e le  fattispecie  normative  in  relazione  alle  quali  i
rimettenti  lamentano  un'irragionevole  disparita'  di   trattamento
esclude  dunque  che  si  possa  ritenere  violato  il  principio  di
uguaglianza,  posto   che,   secondo   la   costante   giurisprudenza
costituzionale,   tale   violazione   sussiste   qualora   situazioni
sostanzialmente    identiche    siano    disciplinate     in     modo
ingiustificatamente  diverso  e  non  quando   alla   diversita'   di
disciplina corrispondano situazioni non  assimilabili  (ex  plurimis:
sentenze n. 155 del 2014, n. 108 del 2006, n. 340 e n. 136 del 2004). 
    5.1.1.- Resta da considerare infine il  profilo  della  lamentata
intrinseca irragionevolezza della norma censurata. 
    Come gia' accennato, la scelta in essa operata e' il  frutto  del
complesso bilanciamento operato dal legislatore tra l'interesse della
stazione  appaltante  al  corretto  e  puntuale   adempimento   della
prestazione affidata nella particolare ipotesi del contratto concluso
con un RTI, e l'interesse al superamento della crisi dell'impresa  in
concordato preventivo con continuita' aziendale, da perseguire  anche
attraverso la partecipazione dell'impresa stessa  alle  procedure  di
affidamento  dei  contratti   pubblici   al   fine   della   migliore
soddisfazione dei creditori. Si  tratta  dunque  di  una  valutazione
tipicamente rimessa alla discrezionalita' del legislatore, che  resta
libero di operarla nei limiti della non manifesta irragionevolezza. 
    La scelta del legislatore di far prevalere nella  fattispecie  il
primo dei descritti interessi - escludendo l'impresa mandataria di un
RTI  in  concordato  preventivo  con  continuita'   aziendale   dalla
possibilita'  di  partecipare  alle  gare  pubbliche  -  puo'  essere
considerata opinabile,  giacche'  altre  soluzioni  avrebbero  potuto
legittimamente essere adottate, ma non supera i limiti entro i  quali
la  discrezionalita'  legislativa  si  deve  ritenere  legittimamente
esercitata. Essa si ispira infatti pur sempre alla ratio sottesa alla
regola generale di esclusione dalle procedure  di  affidamento  delle
imprese  sottoposte  a  procedure  concorsuali,  e  tale  regola   fa
riespandere in un'ipotesi  nella  quale  lo  stesso  legislatore  non
irragionevolmente  ha  reputato  necessarie  cautele   aggiuntive   a
protezione degli interessi della stazione appaltante. 
    Rientra  a  sua  volta  nell'ambito  della  discrezionalita'  del
legislatore la scelta, censurata dal Consiglio di Stato,  di  vietare
in modo assoluto la partecipazione alle gare della mandataria di  RTI
in concordato preventivo in continuita' aziendale, anziche'  affidare
il descritto bilanciamento alla valutazione caso per caso del giudice
del concordato preventivo, e ne costituisce anch'essa non  arbitraria
ne' irrazionale espressione, tenuto conto del fatto che gli interessi
da ponderare e  contemperare  nella  vicenda  sarebbero  ulteriori  e
diversi rispetto a quelli dei creditori concordatari, che vengono  in
prevalente rilievo in sede concorsuale. 
    5.2.- I rimettenti lamentano anche  la  violazione  dell'art.  41
Cost.  Le  censure  sono  pressoche'  sovrapponibili:  per   il   TAR
l'irragionevolezza dell'esclusione dalle gare dell'impresa mandataria
comporterebbe  un'ingiustificata  limitazione   della   liberta'   di
iniziativa  economica;  per  il  Consiglio  di  Stato  la  denunciata
irragionevolezza limiterebbe l'autonomia contrattuale dell'impresa in
concordato preventivo con continuita' aziendale,  anziche'  favorirne
«il libero dispiegarsi», in  conformita'  all'utilita'  sociale,  per
l'acquisizione di clienti di sicura affidabilita', quali  i  soggetti
pubblici. 
    Inoltre,  secondo  il  Consiglio  di   Stato   sarebbe   limitato
ingiustificatamente anche il potere delle  pubbliche  amministrazioni
di scegliere il contraente piu' qualificato e capace, con  violazione
del principio di buon andamento ex art. 97 Cost. 
    Quanto  alla  denunciata  violazione  dell'art.  41  Cost.,   per
costante giurisprudenza di  questa  Corte  la  tutela  costituzionale
della sfera dell'autonomia privata non e' assoluta, in quanto «non e'
configurabile  una  lesione  della  liberta'  d'iniziativa  economica
allorche' l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio
corrisponda all'utilita' sociale, come sancito dall'art. 41,  secondo
comma, Cost., purche', per un verso, l'individuazione di quest'ultima
non  appaia  arbitraria  e,  per  altro  verso,  gli  interventi  del
legislatore non la perseguano mediante misure  palesemente  incongrue
(ex plurimis, sentenze n. 56 del 2015, n. 247 e n. 152 del 2010 e  n.
167 del 2009)» (ex plurimis, sentenza n. 203 del 2016). 
    Alla luce di tali criteri, le questioni non sono fondate. 
    L'utilita' sociale come limite all'esercizio  della  liberta'  di
iniziativa  economica  va   individuata,   infatti,   nel   descritto
perseguimento  dell'interesse  pubblico  al   corretto   e   puntuale
adempimento  delle  prestazioni  contrattuali,  nel  caso  di  specie
privilegiato dal legislatore che ha  scelto  di  precludere  le  gare
all'impresa  mandataria  di  un  RTI  in  concordato  preventivo  con
continuita' aziendale. La conformita'  di  tale  scelta  alla  regola
generale  di  non  ammissione  delle  imprese  soggette  a  procedure
concorsuali ne  esclude  l'arbitrarieta'  e  la  palese  incongruita'
rispetto allo scopo perseguito. 
    Quanto  alla  violazione   dell'art.   97   Cost.,   le   esposte
considerazioni sulla ratio giustificativa della norma  ne  dimostrano
invece la  coerenza  con  l'interesse  della  stazione  appaltante  a
scegliere il contraente piu' affidabile e  capace  di  adempiere,  in
piena conformita', anziche' in contrasto, con il  principio  di  buon
andamento. Da qui la non fondatezza anche di tale questione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 186-bis, quinto comma, del regio decreto  16
marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del  concordato
preventivo, dell'amministrazione  controllata  e  della  liquidazione
coatta  amministrativa),  come  introdotto  dall'art.  33,  comma  1,
lettera h), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83  (Misure  urgenti
per la crescita del  Paese),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 7 agosto 2012, n. 134, sollevate dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio, in  riferimento  agli  artt.  3,  41  e  117,
secondo comma, lettera  a),  della  Costituzione,  con  le  ordinanze
indicate in epigrafe; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  38,  comma  1,  lettera  a),  del  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE) e  dell'art.  186-bis,  sesto  comma,  della
legge fallimentare, sollevate dal Tribunale amministrativo  regionale
per il Lazio, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera a),
Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs.  n.  163
del 2006 e dell'art. 186-bis, sesto comma, della legge  fallimentare,
sollevate dal Tribunale amministrativo regionale  per  il  Lazio,  in
riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., con  le  ordinanze  indicate  in
epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.   186-bis,   sesto   comma,   della   legge
fallimentare, sollevate dal Consiglio di Stato,  sezione  quinta,  in
riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost., con l'ordinanza indicata  in
epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 aprile 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA