N. 45 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2019

Ordinanza del 20 dicembre 2019 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sui ricorsi riuniti proposti da B.C. in proprio,  e  con
B.M. n.q. di eredi di F.M. contro Comune di Montecompatri.. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lazio - Disposizioni  in
  materia di definizione di illeciti edilizi -  Cause  ostative  alla
  sanatoria edilizia - Non sanabilita' per le opere abusive  ultimate
  entro il 31 marzo 2003 e realizzate, anche prima della  apposizione
  del vincolo, su immobili vincolati da leggi statali e regionali. 
- Legge della Regione Lazio 8 novembre 2004, n. 12  (Disposizioni  in
  materia di definizione di  illeciti  edilizi),  art.  3,  comma  1,
  lettera b). 
(GU n.21 del 20-5-2020 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                       Sezione Seconda Quater 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 3864 del 2009, proposto da F. M. e  proseguito  dai
suoi eredi B. C. e B. M. rappresentati e difesi dall'avvocato  Andrea
Bracone, con domicilio eletto presso il suo studio in  Roma,  via  di
Quarto Grande n. 7; 
    Contro: 
        Comune di Montecompatri, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso  dall'avvocato  Carota  Chinappi,
con domicilio eletto presso  il  suo  studio  in  Roma,  viale  Carlo
Felice, 63; 
    Sul ricorso numero di registro generale 3865 del  2009,  proposto
da: 
        C. B. rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Bracone con
domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di  Quarto  Grande
n. 7; 
    Contro: 
        Comune di Montecompatri, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso  dall'avvocato  Carola  Chinappi,
con domicilio eletto presso  il  suo  studio  in  Roma,  viale  Carlo
Felice, 63; 
    Per l'annullamento: 
        quanto al ricorso n. 3864 del 2009: 
del provvedimento di diniego della domanda di condono edilizio avente
prot. n. 3927 del 20 febbraio 2009 notificato alla signora M.  F.  in
data 25 febbraio 2009; 
        quanto al ricorso n. 3865 del 2009: 
del provvedimento di diniego della domanda di condono edilizio avente
prot. n. 3931 del 20 febbraio 2009, notificato al  signor  C.  B.  in
data 25 febbraio 2009; 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 settembre 2019 la
dott.ssa Diana Caminiti  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
I motivi di ricorso e lo svolgimento del processo 
    1. Con i ricorsi  di  cui  e'  causa  i  ricorrenti  in  epigrafe
indicati hanno impugnato i provvedimenti del Comune di Montecompatri,
aventi rispettivamente prot. n. 3927 del 20 febbraio 2009 e prot.  n.
3931 del 20 febbraio 2009,  di'  diniego  delle  domande  di  condono
edilizio, notificati in data 25 febbraio 2009. 
    2. Gli atti gravati sono relativi ad istanze di condono ex  legge
n. 326/2003 e sono motivati sulla base  del  rilievo  che  le  unita'
immobiliari oggetto delle relative istanze, facenti parte di un unico
edificio e situati rispettivamente al piano primo ed al piano  terra,
insistono in zona di interesse archeologico  ai  sensi  dell'art.  41
delle norme del Piano territoriale paesistico regionale, adottato con
delibera di G.R. n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21  dicembre
2008; da cio' la non sanabilita'  del  medesimo  immobile,  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1, lettera a) della legge regionale n.  12  del  8
novembre 2004 che stabilisce la non sanabilita' di tutte quelle opere
realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi
statali e regionali  a  tutela  dei  parchi  e  delle  aree  protette
nazionali, regionali e provinciali, dei monumenti naturali, dei  siti
di importanza comunitaria e delle zone a protezione  speciale,  anche
se realizzate prima dell'apposizione del vincolo. 
    2.1. Entrambe le domande oggetto degli atti di diniego,  relative
ad  unita'  immobiliari  destinate  ad  abitazione  dei  richiedenti,
risultano, come comprovato dagli atti di causa, presentate in data  7
dicembre 2004, integrate in data 25 ottobre 2005, con  la  produzione
del certificato di idoneita' sismica ed infine in data 9 gennaio 2006
- per quanto concerne l'istanza presentata da F.  M.  e  in  data  23
maggio 2006 - per quanto concerne la pratica presentata da  B.  C.  -
con la produzione dell'attestazione di  pagamento  della  terza  rata
degli oneri concessori. 
    3. A sostegno dei rispettivi ricorsi le  parti  ricorrenti  hanno
articolato,  in  quattro  motivi  di  ricorso,   identiche   censure,
deducendo: 
        I) Eccesso di potere  e  travisamento  delle  circostanze  di
fatto. 
        Nella  prospettazione  dei  ricorrenti   gli   atti   gravati
sarebbero illegittimi laddove fra i motivi ostativi  evidenzierebbero
il mancato invio di documentazione essenziale ai fini istruttori,  ai
sensi dell'art. 4, comma 3 della legge regionale n. 12 del 2004, come
richiesta dal Comune di Montecompatri. 
        Cio' in quanto, secondo i ricorrenti, la perizia giurata  cui
fa riferimento la norma indicata era stata depositata ancor prima che
la stessa venisse richiesta dal comune, ovvero  in  data  25  ottobre
2005. 
        II) Eccesso di potere per difetto e/o carenza di istruttoria. 
        Secondo  i  ricorrenti  i  provvedimenti  gravati   sarebbero
affetti da deficit motivazionale, quanto alla  generica  ed  asserita
problematica inerente la cubatura dell'immobile  e  della  superficie
oggetto di calcolo per la determinazione dell'oblazione e degli oneri
concessori, non avendo l'amministrazione provveduto a quantificare in
maniera precisa e circostanziata l'ipotizzato  eccesso  di  cubatura,
come gia' evidenziato dai ricorrenti in sede di  presentazione  delle
memorie inviate a seguito della  comunicazione  dei  motivi  ostativi
all'accoglimento dell'istanza. 
        III) Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della  legge
regionale n. 12/2004; Eccesso di potere per illegittimita' interna. 
        Secondo  i  ricorrenti  l'amministrazione  comunale   avrebbe
errato nel rilevare l'eccesso di cubatura degli immobili  di  cui  e'
causa, deducendolo dalla cubatura considerata dai ricorrenti medesimi
per il calcolo dell'oblazione e degli oneri concessori, in quanto non
avrebbe considerato che le unita'  immobiliari  de  quibus  sarebbero
l'unica residenza dei  ricorrenti,  per  cui  occorreva  prendere  in
considerazione il disposto  dell'art.  2  della  legge  regionale  n.
12/2004 nella parte in cui fissa il limite  di  900  metri  cubi  per
l'immobile nel suo complesso,  in  relazione  ad  unita'  immobiliari
adibite a prima casa di abitazione  del  richiedente  nel  comune  di
residenza. 
        I ricorrenti inoltre evidenziano che il tecnico, nel redigere
la relazione di idoneita' sismica, aveva considerato nel  calcolo  il
volume complessivo dell'immobile anche il piano interrato che invece,
nella  prospettazione  attorea,  non   potrebbe   essere   preso   in
considerazione ai fini del calcolo  delle  superfici  sanabili,  come
spazio costituente volume. 
        IV) Violazione dell'art. 33, comma 1, legge n.  47/1985,  del
principio di non  contraddittorieta'  dei  provvedimenti  provenienti
dalla medesima attivita' amministrativa, nonche' carente motivazione. 
        Secondo i ricorrenti i provvedimenti rispettivamente gravati,
aventi identica motivazione, sarebbero illegittimi nella parte in cui
rilevano, quale ulteriore motivo di  diniego  della  concessione  del
permesso di costruire in sanatoria, che gli immobili di cui e'  causa
insistono in zona archeologica ai sensi dell'art. 41 delle norme  del
Piano territoriale  paesistico  della  Regione  Lazio,  adottato  con
delibera di G.R. n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21  dicembre
2008, per cui l'area  di  cui  e'  causa  era  sottoposta  a  vincolo
paesistico ed archeologico. 
        Cio' in  quanto,  ad  avviso  dei  ricorrenti,  non  potrebbe
tenersi conto di un  vincolo  successivo,  come  nella  specie,  alla
realizzazione del fabbricato, e pertanto  le  limitazioni  scaturenti
dal   Piano   paesistico   regionale    non    potrebbero    incidere
sull'ammissibilita' delle domande di condono,  oggetto  di  esame  da
parte dell'amministrazione comunale, precedenti rispetto  all'entrata
in vigore del Piano paesistico. 
        Nella prospettazione attorea, aderendo alla  tesi  contraria,
la sanabilita' o meno dell'abuso  dipenderebbe  dal  momento  in  cui
l'amministrazione  competente  abbia  ad  esaminare  la  domanda   di
condono; da cio' deriverebbe una disparita' di trattamento rispetto a
quanti, pur avendo presentato domanda di  condono,  in  relazione  ad
immobili siti nella medesima zona, abbiano ottenuto  il  permesso  di
costruire in sanatoria solo per il fatto  che  la  loro  domanda  sia
stata esitata prima dell'adozione del Piano paesistico regionale. 
        Nella prospettazione attorea  inoltre,  secondo  il  costante
orientamento giurisprudenziale in tema di condonabilita' degli  abusi
edilizi, dovrebbe trovare  applicazione  la  disciplina  dei  vincoli
esistenti al  momento  della  commissione  dell'abuso  e  non  quella
presente nel momento in cui si esamina la domanda di sanatoria;  cio'
sulla base del disposto dell'art. 33,  comma  1,  legge  n.  47/1985,
nella parte in cui testualmente specifica che l'inedificabilita' deve
ricondursi a vincoli che siano stati  imposti  prima  dell'esecuzione
delle opere. 
        Secondo i ricorrenti infatti l'art. 33 della legge n. 47  del
1985, al quale fa rinvio anche l'art. 32, comma  27  della  legge  n.
326/2003, dispone che  sono  insuscettibili  di  sanatoria  le  opere
realizzate abusivamente,  qualora  siano  in  contrasto  con  vincoli
archeologici, paesistici ed ambientali, sempre che questi  comportino
inedificabilita' e siano imposti prima  dell'esecuzione  delle  opere
suddette. 
        Inoltre, a dire dei ricorrenti, i dinieghi gravati  sarebbero
comunque  illegittimi   avendo   omesso   di   motivare   in   ordine
all'effettiva incidenza delle opere abusive sui valori paesistici. 
    4. Si e' costituito il Comune di Montecompatri, instando  per  il
rigetto del ricorso, sulla base del  rilievo  che  motivo  assorbente
degli impugnati  provvedimenti  di  diniego  di  condono  sarebbe  il
vincolo discendente dal Piano territoriale paesistico  della  Regione
Lazio, in forza della previsione dall'art. 3, comma  1,  lettera  b),
legge regionale n. 12 dell'8 novembre 2004, la quale,  come  peraltro
sostenuto dalla costante giurisprudenza,  imporrebbe  l'insanabilita'
delle opere  anche  qualora  realizzate  prima  dell'apposizione  del
vincolo archeologico e paesaggistico di cui all'art. 3  della  citata
legge regionale. 
    Pertanto, nella prospettazione del comune,  verrebbe  in  rilievo
una norma piu' restrittiva rispetto a  quella  di  cui  all'art.  32,
comma 27, lettera d) del decreto-legge n. 269/2003, convertito  nella
legge n. 326/2003, per cui dovrebbero essere presi in considerazione,
al momento della decisione in ordine alle istanze di condono, anche i
vincoli sopravvenuti, ex art. 3, comma  1,  lettera  b)  della  legge
regionale n. 12 del 8 novembre 2004. 
    5.  Il  ricorso  e'  stato  trattenuto  in  decisione   all'esito
dell'udienza, fissata  per  lo  smaltimento  dell'arretrato,  del  20
settembre 2019, nella cui sede  il  legale  di  parte  ricorrente  ha
affermato di avere avuto contezza della circostanza che in  relazione
allo stesso lotto di cui e' causa il comune aveva rilasciato permessi
di costruire in  sanatoria  ex  legge  n.  326/2003,  insistendo  per
l'accoglimento del ricorso alla luce di quanto argomentato in  merito
all'irrilevanza dei vincoli sopravvenuti rispetto alla  realizzazione
dell'immobile oggetto di sanatoria in quanto, a dire del  ricorrente,
argomentando diversamente, si  farebbe  dipendere  la  condonabilita'
delle opere dal momento in cui l'amministrazione esamini  la  domanda
di sanatoria. 
    6. In via preliminare, venendo in rilievo  ricorsi  senza  dubbio
connessi da un pulito di vista oggettivo,  essendo  tra  l'altro  gli
atti di diniego gravati motivati sulla base dei  medesimi  rilievi  e
relativi al medesimo edificio, e soggettivo, va disposta la  riunione
dei ricorsi in epigrafe, ex art. 70 c.p.a.. 
Rilievo d'ufficio  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art 3, comma 1, lettera b) della legge regionale Lazio n. 12 del
8 novembre 2004. 
    7.  I  provvedimenti  gravati  si  fondano  essenzialmente,  come
dedotto dal comune, sul rilievo dell'incondonabilita' delle opere  di
cui e' causa, in forza della previsione normativa di cui all'art.  3,
comma 1, lettera b) della legge regionale Lazio n. 12 del 8  novembre
2004, essendo stata la zona di cui  e'  causa  sottoposta  a  vincolo
paesaggistico ed archeologico ai sensi dell'art. 41 delle  norme  del
Piano territoriale  paesistico  della  Regione  Lazio,  adottato  con
delibere di G.R. n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21  dicembre
2008. 
    Peraltro la Sezione ritiene che la cennata previsione  normativa,
di carattere speciale rispetto alla previsione nazionale di carattere
generale di cui all'art. 32, comma 27 della legge  n.  326/2003,  sia
costituzionalmente illegittima, secondo quanto di seguito  osservato,
ed intende pertanto sottoporre la stessa  al  sindacato  della  Corte
costituzionale, per contrasto con gli articoli 3, 42, 97, 103  e  113
della Costituzione. 
Sulla rilevanza della questione  di  costituzionalita'  dell'art.  3,
comma 1, lettera b) della legge regionale Lazio n. 12 dell'8 novembre
2004. 
    8. La questione di costituzionalita' si presenta senza dubbio  di
carattere rilevante in quanto, come innanzi accennato,  gli  atti  di
diniego di sanatoria oggetto dell'odierno  contenzioso,  di  identico
tenore, sono essenzialmente motivati sulla base del profilo  ostativo
innanzi indicato, per cui si palesa irrilevante la disamina dei primi
tre motivi di ricorso, riferiti ad ulteriori profili ostativi. 
    8.1. Ed invero deve in primo luogo ritenersi come  gli  ulteriori
profili ostativi, contenuti nella comunicazione dei  motivi  ostativi
all'accoglimento dell'istanza, cui  fanno  riferimento  i  primi  tre
motivi di ricorso, non siano stati reiterati  nella  motivazione  dei
provvedimenti finali evincibile nella  parte  motiva  introdotta  dal
considerato: «Considerato che alla luce del nuovo Piano  territoriale
paesistico della Regione Lazio, l'immobile in oggetto insiste in zona
di interesse archeologico, ai sensi  dell'art.  41  delle  norme  del
Piano territoriale paesistico regionale adottato con delibera di G.R.
n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21  dicembre  2008,  pertanto
l'area e' sottoposta a vincolo paesistico ed archeologico...». 
    8.2.  In  ogni  caso,  ove  anche  si  ritenesse  che  i  gravati
provvedimenti reiterino anche gli ulteriori motivi ostativi  indicati
nelle  premesse  del  provvedimento  ed  introdotti  da  Visto/Vista,
verrebbero al piu' in rilievo atti plurimotivati, essendo  il  motivo
ostativo  fondato  sulla  sussistenza  del  vincolo   paesistico   ed
archeologico sull'area de qua e sull'incondonabilita' delle opere  di
cui e' causa, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b)  della  legge
regionale Lazio  n.  12  del  8  novembre  2004,  idoneo  da  solo  a
sorreggere gli atti gravati, alla luce della costante interpretazione
da  parte  della  giurisprudenza  di  tale  disposto  normativo,   da
considerarsi  diritto  vivente,  secondo  la  quale  il   legislatore
regionale, nell'esercizio delle prerogative di  cui  e'  attributario
(C. cost. 196/04; 70/05; 71/05;  49/06)  ha  inteso  introdurre,  con
l'art. 3 della legge regionale n. 12  del  2004,  una  disciplina  di
maggior rigore, rispetto alla  disciplina  nazionale,  statuendo  che
«non  sono  comunque  suscettibili  di  sanatoria»,  tra   le   altre
fattispecie indicate in detta disposizione, «le opere di cui all'art.
2, comma 1, realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in
assenza o in  difformita'  del  titolo  abilitativo  edilizio  e  non
conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici, su immobili soggetti a vincoli  imposti  sulla  base  di
leggi statali e regionali (....) nonche' a tutela dei parchi e  delle
aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali» (ex multis
Tribunale amministrativo regionale Lazio Roma Sez. II bis,  sentenza,
21 gennaio 2019, n. 795;  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio
Roma Sez. II bis, 7 novembre 2018, n. 10730; Tribunale amministrativo
regionale Lazio,  Roma,  Sez.  II  bis  17  febbraio  2015  n.  2705;
Tribunale amministrativo regionale T.A.R. Lazio, II, 7  aprile  2014,
n. 3755; id. 8 gennaio 2007, n. 52). 
    Cio' posto, deve farsi  applicazione  del  costante  orientamento
giurisprudenziale,  costituente  ius  receptum,  secondo   il   quale
«Allorche' sia controversa la legittimita' di un provvedimento che si
fondi  su  piu'   ragioni   di   diritto   tra   loro   indipendenti,
l'accertamento dell'inattaccabilita' anche di una sola di essa vale a
sorreggere il  provvedimento  stesso,  si'  che  diventano,  in  sede
processuale, inammissibili per  carenza  di  interesse  le  doglianze
fatte valere avverso le restanti ragioni,  soccorrendo,  infatti,  al
riguardo il consolidato  principio  secondo  il  quale,  laddove  una
determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza  da  una
pluralita' di ragioni, ciascuna delle quali sia di per se'  idonea  a
supportarla in modo autonomo, e' sufficiente che anche  una  sola  di
esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perche'
il provvedimento nel suo complesso  resti  esente  dall'annullamento»
(ex multis Tribunale amministrativo regionale Napoli, (Campania) sez.
III,  2  luglio  2019,  n.   3644;   in   senso   analogo   Tribunale
amministrativo regionale Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez.  I,  5
agosto 2019, n. 353; Tribunale amministrativo regionale Roma, (Lazio)
sez. II, 5 giugno 2019, n. 7298; Tribunale  amministrativo  regionale
Napoli, (Campania)  sez.  V,  13  aprile  2018,  n.  2447,  Tribunale
amministrativo regionale Milano, (Lombardia) sez. II, 5 aprile  2017,
n. 795). 
    8.3.  Da  cio'  la  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale che inerisce al vaglio del quarto motivo  di  ricorso,
in  quanto  l'amministrazione  comunale,  nel   dare   rilevanza   al
sopravvenuto vincolo archeologico e paesistico, ha fatto applicazione
di tale disposto nomiativo,  come  costantemente  interpretato  dalla
giurisprudenza. 
    9. Pertanto la questione  di  costituzionalita'  si  presenta  di
carattere dirimente  in  quanto  il  suo  accoglimento  comporterebbe
l'accoglimento del ricorso, mentre, per converso, il suo rigetto,  il
rigetto del ricorso, non potendo giovare ai ricorrenti neppure quanto
dedotto nel  quarto  motivo  di  ricorso  in  ordine  al  difetto  di
motivazione degli atti gravati, per mancata disamina dell'impatto sul
paesaggio delle opere de quibus; cio'  in  quanto  la  giurisprudenza
citata da parte ricorrente attiene  ai  vincoli  di  inedificabilita'
relativa in relazione ai condoni ex lege 47/1985 ed ex lege  724/1994
e non puo' trovare applicazione ove,  come  nella  specie,  venga  in
rilievo un condono ex lege 326/2003. 
    9.1. Ed invero per i condoni ex lege 47/1985 ed ex lege  724/1994
rileva  la  differenza  fra  vincoli  di  inedificabilita'  assoluta,
rispetto ai quali l'esistenza  del  vincolo  si  rileva  di  per  se'
ostativa alla concessione del permesso di costruire in  sanatoria,  e
vincoli di  inedificabilita'  relativa,  come  facilmente  evincibile
peraltro dal raffronto fra l'art. 32 della legge n.  47/85  (relativo
ai vincoli di inedificabilita' relativa) e  il  successivo  art.  33,
relativo ai vincoli di inedificabilita' assoluta. 
    Infatti, a norma dell'art. 32, il condono puo' essere rilasciato,
previo parere favorevole delle amministrazioni preposto  alla  tutela
del vincolo, che devono valutare l'impatto delle  opere  abusive  sul
contesto vincolato. 
    9.2. Di contro il vincolo comportante inedificabilita' delle aree
si presenta ex  se  come  ostativo  rispetto  all'accoglimento  della
domanda di condono, a norma del  chiaro  tenore  letterale  dell'art.
l'art. 33 legge n. 47/1985 il quale prescrive che «Le  opere  di  cui
all'art. 31 non  sono  suscettibili  di  sanatoria  quando  siano  in
contrasto   con   seguenti   vincoli,   qualora   questi   comportino
inedificabilita' e siano stati imposti prima della  esecuzione  delle
opere stesse: 
        a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonche' dagli
strumenti urbanistici  a  tutela  di  interessi  storici,  artistici,
architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici; 
        b) vincoli imposti da norme  statali  e  regionali  a  difesa
delle coste marine, lacuali e fluviali; 
        c)  vincoli  imposti  a  tutela  di  interessi  della  difesa
militare e della sicurezza interna; 
        d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilita'  delle
aree». 
    9.3. Peraltro in base alla giurisprudenza del Consiglio di  Stato
rileva, anche per i  condoni  ex  lege  n.  47/1985  ed  ex  lege  n.
724/1994, anche il vincolo sopravvenuto, non in  senso  ostativo,  ma
nel senso di richiedere comunque  la  necessita'  del  previo  parere
dell'autorita' preposta  alla  tutela  del  vincolo  (Cfr  ex  multis
Consiglio di Stato  n.  05274/2013  secondo  cui  «Su  tali  temi  la
giurisprudenza  di  questo  Consiglio  si  e'  gia'  pronunciata  con
specifici precedenti, puntuali al caso di specie, nel senso che: 
        nel caso di  sopravvenienza  di  un  vincolo  di  protezione,
l'autorita'   competente   ad   esaminare   l'istanza   di   condono,
riconducibile ai primi due condoni, deve acquisire  il  parere  della
autorita' preposta alla tutela del «vincolo sopravvenuto»,  la  quale
deve pronunciarsi tenendo  conto  del  quadro  normativo  vigente  al
momento  in  cui  esercita  i  propri  poteri  consultivi   (Adunanza
plenaria, 22 luglio 1999, n. 20); 
        il richiamato art. 32, comma 43-bis, ha soltanto disposto che
le istanze di condono, presentate in base alle prime  due  leggi  del
1985 e del 1994, continuano a dover essere esaminate sulla base della
normativa sostanziale anteriore  (piu'  favorevole)  a  quella  (piu'
restriuiva) contenuta nella legge n. 326 del 2003 (sez. VI, 30 aprile
2013, n. 2367)». 
    10.  Il  disposto  dell'art.  32,  comma  27,  lettera   d)   del
decreto-legge n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003,  oltre
a rinviare a quanto gia' previsto dai cennati art. 32 e 33  legge  n.
47/1985, prevede che le opere abusive non sono comunque  suscettibili
di sanatoria, qualora: 
        «siano  state  realizzate  su  immobili  soggetti  a  vincoli
imposti sulla base di  leggi  statali  e  regionali  a  tutela  degli
interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni  ambientali
e paesistici, nonche' dei parchi e  delle  aree  protette  nazionali,
regionali e provinciali qualora istituiti prima della  esecuzione  di
dette opere, in assenza  o  in  difformita'  del  titolo  abilitativo
edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e  alle  prescrizioni
degli strumenti urbanistici». 
    10.1. Detto disposto normativo invero e' interpretato  nel  senso
che assuma rilievo ostativo  anche  il  vincolo  di  inedificabilita'
relativo, come evidenziato dalla giurisprudenza secondo la quale «Per
le istanze di condono presentate ai sensi delle leggi n. 47 del  1985
e n. 724 del 1994, il vincolo di inedificabilita'  rileva,  ai  sensi
dell'art. 33 della legge n. 47 del 1985, in senso  ostativo  soltanto
se di carattere assoluto,  posto  che  gli  effetti  del  vincolo  di
inedificabilita'  relativa  sono  regolati,   entro   tale   contesto
normativo, dall'art. 32 della legge n. 47  del  1985.  Il  cosiddetto
terzo condono, di cui all'art.  32  del  decreto-legge  30  settembre
2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n.  326,  invece,
ha  un  oggetto  piu'  circoscritto  cosi'  da  attribuire  carattere
ostativo  alla  sanatorio  anche  in  presenza  di  vincoli  che  non
comportino  l'inedificabilita'  assoluta»  (Tribunale  amministrativo
regionale Campania Napoli Sez. VII, 17 marzo 2016, n. 1454). 
    Ed invero in riferimento al terzo condono la  giurisprudenza  (ex
multis  Consiglio  di  Stato  sez.  IV,  sentenza  n.  4007/2017)  ha
ulteriormente precisato che «Il combinato disposto dall'art. 32 della
legge n. 47 del 1985 e del citato art. 32, comma 27, lettera  D)  del
decreto-legge n. 269 del 2003 comporta infatti che, come nel caso  di
specie, se un abuso e' commesso su un  bene  vincolato  non  si  puo'
procedere al  condono  se  ricorrono,  insieme,  talune  circostanze:
l'imposizione  del  vincolo  di  inedificabilita'   precedente   alla
esecuzione delle opere; la realizzazione delle stesse  in  assenza  o
difformita' dal  titolo  edilizio;  la  non  conformita'  alle  norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici»; (nello
stesso senso, cfr. Cassazione pen., III, sentenza n. 40676/2016). 
    La giurisprudenza amministrativa prevalente (cfr. ex multis Cons.
Stato, sez. IV, 19 maggio 2010,  n.  3174;  Tribunale  amministrativo
regionale Campania - Napoli, sez. III, 4 aprile  2012,  n.  1612)  ha
pertanto interpretato il citato art. 32, comma 27 nel senso che  esso
escluda  dalla  sanatoria  le  opere  abusive  realizzate   su   aree
caratterizzate da determinate tipologie di vincoli  (in  particolare,
quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli
interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni  ambientali
e paesaggistici, nonche' dei parchi e delle aree protette  nazionali,
regionali e provinciali), subordinando peraltro  detta  esclusione  a
due condizioni costituite: 
        a) dal  fatto  che  il  vincolo  sia  stato  istituito  prima
dell'esecuzione delle opere abusive; 
        b) dal  fatto  che  le  opere  realizzate  in  assenza  o  in
difformita' del titolo abilitativo risultino non conformi alle  norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. 
    Ne consegue che in concreto  -  dovendo  sussistere  entrambe  le
condizioni per l'operativita' dell'esclusione -  la  sanatoria  delle
opere realizzate su aree vincolate e' consentita in due ipotesi,  che
operano disgiuntamente: e quindi nel caso che la realizzazione  delle
opere abusive sia avvenuta prima dell'imposizione dei vincoli; ovvero
nel caso che le opere oggetto di sanatoria, benche' non  assentite  o
difformi dal titolo abilitativo,  risultino  comunque  conformi  alle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. 
    Come evidenziato anche dalla Corte  costituzionale  (sentenza  n.
117 del 2015)  «Costituisce  diritto  vivente  che,  nell'ambito  dei
condoni aperti con le leggi n. 47 del 1985 e n. 724  del  1994,  essa
rileva, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 47 del 1985, soltanto se
di carattere assoluto  (Consiglio  di  Stato,  adunanza  plenaria,  7
giugno-22 luglio 1999, n. 20), posto che gli effetti del  vincolo  di
inedificabilita'  relativa  sono  regolati,   entro   tale   contesto
normativo, dall'art. 32 della legge n. 47 del 1985. 
    Diverso e' il caso del cosiddetto terzo condono, di cui  all'art.
32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni  urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 24 novembre 2003, n. 326, in relazione al quale questa Corte ha
gia' rilevato che il suo oggetto e' "piu' circoscritto" (sentenza  n.
225 del 2012), cosi' da attribuire carattere ostativo alla  sanatorio
anche in presenza di vincoli che  non  comportino  l'inedificabilita'
assoluta (sentenze n. 290 e n. 54 del  2009;  ordinanza  n.  150  del
2009)». 
    Cio' posto, la Corte costituzionale con la  sentenza  n.  54  del
2009 e con l'ordinanza  n.  150  del  2009  ha  riconosciuto  che  la
normativa regionale non  ha  il  «potere  di  vanificare»  i  vincoli
presidiati dall'art. 32, comma 27, lettera d), del  decreto-legge  n.
269 del 2003, quand'anche non comportanti inedificabilita' assoluta. 
    11. Il disposto normativo di cui ha fatto applicazione il  comune
resistente nell'adottare gli atti impugnati, ovvero l'art.  3,  comma
1, lettera b), legge regionale n. 12/2004, e' ancora piu' restrittivo
della noma nazionale di cui al citato art. 32, comma 27, lettera  d),
assegnando rilievo ostativo anche ai vincoli sopravvenuti. 
    Lo stesso prevede infatti che  «Fermo  restando  quanto  previsto
dall'art. 32, comma 27, del decreto-legge n.  269/2003  e  successive
modifiche, dall'art. 32  della  legge  n.  47/1985,  come  da  ultimo
modificato dall'art.  32,  comma  43,  del  citato  decreto-legge  n.
269/2003, nonche' dall'art. 33  della  legge  n.  47/1985,  non  sono
comunque suscettibili di sanatoria: b) le opere di  cui  all'art.  2,
comma 1, realizzate, anche prima della opposizione  del  vincolo,  in
assenza o in  difformita'  del  titolo  abilitativo  edilizio  e  non
conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici, su immobili soggetti a vincoli  imposti  sulla  base  di
leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei sin di
importanza comunitaria  e  delle  zone  a  protezione  speciale,  non
ricadenti  all'interno  dei  piani  urbanistici  attuativi   vigenti,
nonche' a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali,
regionali e provinciali». 
    Detto disposto normativo, invero nel fare riferimento espresso in
senso ostativo all'esistenza di vincoli imposti successivamente  alla
realizzazione  delle   opere,   come   evincibile   dal   riferimento
all'incondonabilita'   delle    opere    realizzate    anche    prima
dell'apposizione del vincolo, si  pone  come  disposto  ulteriormente
limitativo  della  possibilita'  di  ricorso  al  terzo  condono   in
riferimento alle  aree,  come  nella  specie,  sottoposte  a  vincolo
archeologico e paesistico. 
    11.1. Infatti come evidenziato  dalla  giurisprudenza  di  questo
Tribunale amministrativo regionale (T.A.R. Lazio Roma  Sez.  II  bis,
sentenza, 21  gennaio  2019,  n.  795)  «Come  chiarito  dall'univoca
giurisprudenza, la presenza del vincolo  paesaggistico  non  comporta
l'insanabilita' assoluta dell'opera in quanto "ai sensi dell'art. 32,
comma 27 decreto-legge n. 269 del 2003, conv. dalla legge n. 326  del
2003, il condono delle opere realizzate su aree vincolate e' comunque
ammissibile in due ipotesi, previste  disgiuntamente,  costituite  a)
dalla realizzazione delle opere abusive  prima  dell'imposizione  dei
vincoli b) dal fatto che le opere oggetto di sanatorio,  benche'  non
assentite o  difformi  dal  titolo  abilitativo,  risultino  comunque
conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli  strumenti
urbanistici (Tribunale amministrativo regionale Campania Napoli, sez.
VII, 15 febbraio 2010, n.  940;  Tribunale  amministrativo  regionale
Liguria Genova, sei I, 1°  febbraio  2010,  n.  199),  alla  data  di
entrata in vigore del  decreto-legge  n.  269  del  2003»  (Tribunale
amministrativo regionale  Trentino  Alto  Adige  Trento,  sez.  I,  7
gennaio 2010, n. 4). 
    Vero  e'  che  il  legislatore  regionale,  nell'esercizio  delle
prerogative di cui e' attributario (C. Cost.  196/04;  70/05;  71/05;
49/06) ha inteso introdurre, con l'art. 3 della legge regionale n. 12
del 2004, una disciplina di maggior rigore, statuendo che  «non  sono
comunque  suscettibili  di  sanatoria»,  tra  le  altre   fattispecie
indicate in detta disposizione, «le opere di cui all'art. 2, comma 1,
realizzate, anche prima della opposizione del vincolo, in  assenza  o
in difformita' del titolo abilitativo edilizio e  non  conformi  alle
norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti  urbanistici,
su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali  e
regionali (....) nonche' a tutela dei parchi e  delle  aree  naturali
protette nazionali, regionali e provinciali». 
    11.2.  La  giurisprudenza  di  questo  Tribunale   amministrativo
regionale nel dare rilievo, in conformita' peraltro al dato letterale
della norma de qua, ai vincoli sopravvenuti alla realizzazione  delle
opere,  invero  non  individua,   ne'   potrebbe   in   mancanza   di
un'indicazione in  senso  contrario  nella  norma  che  espressamente
assegna rilievo al vincolo anche sopravvenuto,  lo  spatium  temporis
entro cui deve intervenire il vincolo ostativo alla concessione della
sanatoria, per cui la stessa in virtu' del principio del tempus regit
actum, non puo' che interpretarsi nel senso fatto proprio dal comune,
ovvero della rilevanza di  qualsiasi  vincolo  esistente  al  momento
della decisione sull'istanza di sanatoria. 
Sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' 
    12.  Peraltro  la  Sezione   intende   sollevare   questione   di
legittimita' costituzionale dell'indicato  disposto  normativo,  come
costantemente interpretato dalla giurisprudenza di  questo  Tribunale
amministrativo regionale ed in senso ancor piu'  restrittivo,  ovvero
nel senso che il  vincolo  sopravvenuto  si  ponga  come  ostativo  a
prescindere dalla verifica della conformita'  urbanistica  dell'opera
abusiva, qualora la stessa  sia  situata  nei  parchi  o  nelle  aree
naturali protette nazionali, regionali  e  provinciali,  nonche'  nei
monumenti naturali, nei siti di importanza comunitaria o nelle zone a
protezione speciale, dalla  giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato
(Consiglio di Stato, sez. VI, 02568 del 14  giugno  2016  di  riforma
della sentenza  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,
sezione II-bis n. 2705/2015): 
    12.1. Ed invero parte ricorrente  non  ha  censurato  la  mancata
verifica da parte dell'amministrazione comunale della  conformita'  o
meno dell'opera di cui e' causa alla normativa urbanistica,  per  cui
rispetto  alla  fattispecie  di  cui  e'  causa  risulta  irrilevante
l'adesione  all'interpretazione  di  tale  disposto  normativo  fatta
propria da questo Tribunale amministrativo regionale ovvero a quella,
ancora piu' rigorosa, del Consiglio di Stato, riferibile  alle  opere
site nei parchi o nelle aree naturali protette nazionali, regionali e
provinciali, nonche' nei monumenti naturali, nei siti  di  importanza
comunitaria o nelle zone a protezione speciale; ed invero entrambe le
interpretazioni,  in  conformita'  peraltro  al  dato  letterale  del
disposto  de  quo,  danno  rilievo  al  vincolo  sopravvenuto,  senza
precisare, ne'  potrebbero,  in  mancanza  di  qualsiasi  indicazione
normativa, lo spatium temporis entro cui deve intervenire il vincolo,
per cui deve ritenersi  che  la  norma,  cosi'  come  formulata,  dia
rilevanza a tutti i vincoli sopravvenuti, ovvero a  quelli  collocati
nello spatium temporis esistente fra la data di  realizzazione  delle
opere di realizzazione delle opere  e  la  disamina  dell'istanza  di
sanatoria da parte dell'amministrazione comunale. 
    13. Cio' posto, va evidenziato che, come innanzi precisato, se e'
vero che il legislatore  regionale,  come  sottolineato  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 54 del 2009 e  con  l'ordinanza  n.
150 del 2009, non ha il «potere di vanificare» i  vincoli  presidiati
dall'art. 32, comma 27, lettera d),  del  decreto-legge  n.  269  del
2003,  quand'anche  non  comportanti  inedificabilita'  assoluta,  il
medesimo legislatore ben puo' nell'esercizio delle prerogative di cui
e' attributario (C. cost. 196/04; 70/05;  71/05;  49/06)  introdurre,
come avvenuto nella specie, con l'art. 3 della legge regionale n.  12
del 2004, una disciplina di maggior rigore rispetto  alla  disciplina
nazionale. 
    13.1. Peraltro, ad avviso del collegio, la  scelta  politica  del
legislatore regionale non puo' che avvenire, secondo un criterio  che
sia rispettoso del principio di ragionevolezza, compendiato nell'art.
3 della Costituzione, nonche' nel rispetto dei  principi  posti  alla
base dell'agere pubblico e presidiati  dal  principio  costituzionale
del buon andamento delle pubblica amministrazione di cui all'art.  97
della Costituzione. 
    Detti principi non paiono rispettati dalla norma regionale  della
cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Infatti se e' vero che alcun legittimo affidamento  puo'  vantare
colui che realizza un'opera sine  titulo,  deve  ritenersi  che  tale
legittimo affidamento per contro ben possa sorgere allorquando  venga
introdotta  una  normativa  condonistica,  dovendo  il  soggetto  che
presenti una domanda di condono essere in grado di comprendere se  la
sua istanza sia suscettibile o meno di accoglimento, con un  giudizio
di prognosi postuma, sulla base della normativa  vigente  al  momento
dell'entrata in vigore di tale normativa condonistica, o al  piu'  di
quella vigente al momento della presentazione della domanda. 
    13.2. In  altri  termini,  al  fine  di  ricondurre  la  norma  a
ragionevolezza, ai fini dell'accoglimento o  meno  della  domanda  di
sanatoria, dovrebbe al piu' assegnarsi rilevanza ai vincoli esistenti
al momento della presentazione della domanda medesima,  che  pertanto
cristallizzerebbe  lo  stato  di  diritto  rilevante  ai  fini  della
decisione. 
    In tale prospettiva si e' invero mosso, sia pure con  riferimento
alla  valutazione  della  conformita'  urbanistica   dell'opera,   il
legislatore nazionale, laddove,  nel  disciplinare  all'art.  36  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 l'accertamento di
conformita',  ha  previsto  che  debba  essere  valutata  la   doppia
conformita', quella esistente al momento  della  realizzazione  delle
opere e quella esistente al momento della presentazione dell'istanza,
con  la  conseguente  irrilevanza  delle  modifiche  alla   normativa
urbanistica intervenute dopo la presentazione dell'istanza. 
    13.2.1. In alternativa, come detto, potrebbe assegnarsi rilevanza
ai  vincoli  esistenti  al  momento  dell'entrata  in  vigore   della
normativa condonistica. 
    13.3. Per contro, la norma di cui e' causa, nel non precisare che
hanno rilevanza solo i vincoli sopravvenuti entro la data di  entrata
in vigore della normativa condonistica o, al  piu'  tardi,  entro  la
data di  presentazione  dell'istanza,  si  presenta,  ad  avviso  del
collegio, di dubbia costituzionalita'. 
    Ne' potrebbe la norma  essere  interpretata  in  senso  additivo,
nella direzione auspicata dalla Sezione, al  fine  di  ricondurla  in
senso    costituzionalmente     orientato,     risolvendosi     detta
interpretazione  in  una  vera  e  propria  operazione  di  ortopedia
giuridica, in contrasto con  il  fondamentale  canone  interpretativo
«ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit». 
    13.4.  Cio'  posto,  il  collegio   ritiene   la   questione   di
costituzionalita'  della  norma  de  qua,  sollevata  d'ufficio,  non
manifestamente infondata. 
    13.4.1.  Infatti  deve  ritenersi  in  primo  luogo  violata   la
«clausola generale di ragionevolezza», quale criterio  «onnipervasivo
della misurazione della legalita' e della  adeguatezza  della  scelta
politica» ex art. 3 della Costituzione, atteso  che  alcun  legittimo
affidamento potrebbero nutrire i richiedenti il  condono,  nonostante
il   sopravvenire   della   normativa   condonistica,    in    ordine
all'accoglibilita' o meno della domanda di condono, non dipendendo la
stessa dalla situazione giuridica esistente al  momento  dell'entrata
in vigore della  normativa  condonistica,  ovvero  al  momento  della
presentazione della domanda, ma da quella esistente al momento  della
sua esitazione. 
    13.4.2. Verrebbe pertanto leso anche il principio di certezza del
diritto, del pari da ritenersi  sotteso  alla  clausola  generale  di
ragionevolezza di cui al citato art. 3, oltre  che  al  principio  di
buon andamento della pubblica  amministrazione  di  cui  all'art.  97
della Costituzione e alla giustiziabilita' degli atti delle  pubblica
amministrazione di cui agli articoli 103 e 113 della Costituzione. 
    13.4.3. Cio' senza  considerare  la  disparita'  di  trattamento,
lamentata da parte ricorrente nel quarto motivo di ricorso, posto che
due domande di condono relative ad immobili ricadenti nella  medesima
zona e presentate in pari data potrebbero  essere  esitate  in  senso
diverso a seconda del momento in  cui  l'amministrazione  esamini  le
medesime domande, con  la  conseguenza  che  gli  istanti  potrebbero
essere penalizzati dalla lunghezza dei tempi per la  decisione  sulle
domande di condono, posto che si assegnerebbe  rilevanza  a  tutti  i
vincoli sopravvenuti, anche dopo la presentazione  della  domanda  di
condono, sino al momento in cui l'amministrazione abbia ad esitare la
medesima. 
    Pertanto, anche avendo riguardo alla  prospettata  disparita'  di
trattamento,  il  disposto  normativo  di  cui  e'   causa   non   si
sottrarrebbe al fondato sospetto di incostituzionalita' ai sensi  del
combinato disposto di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    13.5. Peraltro, ad avviso della Sezione, la «clausola generale di
ragionevolezza»,  quale  criterio  «onnipervasivo  della  misurazione
della legalita' e della adeguatezza della scelta politica» ex art.  3
della  Costituzione,  risulta  violata  anche  avendo  riguardo  alla
gerarchia dei valori costituzionali. 
    Infatti se e' pur vero che la  tutela  del  Paesaggio  assurge  a
principio fondamentale della Costituzione, sovraordinato pertanto  al
diritto  di  proprieta'  privata,  contemplato  dall'art.  42   della
Costituzione, e' anche vero che il giusto contemperato di tali valori
costituzionali  puo'  essere  ragionevolmente  assicurato  nel   dare
rilevanza alla situazione esistente al momento dell'entrata in vigore
della normativo condonistica ovvero al  momento  della  presentazione
dell'istanza di condono, che pertanto  dovrebbero  cristallizzare  la
situazione giuridica rilevante ai fini dell'esitazione della  domanda
medesima. 
    Tale contemperamento invero,  ad  avviso  del  Collegio,  risulta
tanto piu'  necessario,  ove,  come  nella  specie,  il  vincolo  sia
sopravvenuto anche rispetto all'integrazione delle domande di condono
e le stesse abbiano  ad  oggetto  immobili  destinati  ad  abitazione
principale dei richiedenti, assicurando l'abitazione di residenza non
solo gli interessi dei proprietari,  ma  anche  la  funzione  sociale
della proprieta'. 
    Pertanto  il  disposto  normativo  di  cui  e'  causa,  nel  dare
rilevanza a tutti i vincoli sopravvenuti e pertanto, in  mancanza  di
contrarie indicazioni, alla luce del principio tempus  regiti  actum,
anche ai  vincoli  sopravvenuti  rispetto  alla  presentazione  della
domanda di condono,  si  pone  come  irragionevolmente  sacrificativi
degli interessi degli istanti e pertanto del  diritto  di  proprieta'
privata,  ex  art.  42  della  Costituzione,  alla  cui  tutela  deve
intendersi preposta la normativa condonistica. 
    13.6. Dette considerazioni, ad  avviso  del  collegio  dovrebbero
rimanere ferme anche avendo riguardo a quella giurisprudenza  innanzi
indicata (ex  multis  Consiglio  di  Stato  n.  05274/2013,  adunanza
plenaria, 22 luglio 1999, n. 20) che, anche in relazione  ai  condoni
ex lege n. 47/1985 ed ex lege n. 724/1994, ha  ritenuto  rilevanti  i
vincoli sopravvenuti rispetto alla realizzazione delle  opere,  dando
rilevanza alla situazione esistente al momento dell'esitazione  della
domanda di condono - e non alla data della sua presentazione -  posto
che la stessa non assegna rilevanza assoluta  in  senso  ostativo  al
sopravvenire di tali vincoli, ma ritiene che nell'esitare le  domande
di  condono  l'autorita'  preposta  alla  tutela  del  vincolo  debba
valutare, ex art. 32 legge  n.  47/1985,  la  compatibilita'  o  meno
dell'opera con il vincolo. 
    13.6.1. Per contro la norma di cui e' causa si pone come ostativa
in  senso  assoluto  all'accoglibilita'  della  domanda  di  condono,
prescindendo dalla  disamina  dell'impatto  dell'opera  sul  contesto
vincolato,  imponendo,  anche  da   questo   punto   di   vista,   un
irragionevole sacrificio del diritto di proprieta' privata  senza  il
suo giusto e dovuto contemperamento con la tutela del paesaggio. 
    14. Cio' posto, in considerazione della  rilevanza  e  della  non
manifesta infondatezza della  questione  di  costituzionalita'  della
previsione dell'art. 3, comma 1, lettera  b)  della  legge  regionale
Lazio n. 12 dell'8 novembre 2004, il presente giudizio va  sospeso  e
gli atti processuali trasmessi alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
Seconda  Quater),  riuniti  preliminarmente  i  ricorsi  in  epigrafe
indicati, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,  lettera  b)  legge
regionale Lazio n. 12 dell'8  novembre  2004,  con  riferimento  agli
articoli 3, 42, 97, 103 e 113 della Costituzione; 
    Dispone  pertanto  la  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Dispone che a cura della segreteria la presente  ordinanza  venga
notificata  alle  parti  in  causa  ed  al  Presidente  della  giunta
regionale del Lazio nonche' comunicata al  Presidente  del  Consiglio
regionale; 
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1
e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli
5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della  dignita'
della  parte  interessata,  manda  alla   segreteria   di   procedere
all'oscuramento delle generalita' delle persone fisiche  indicate  in
sentenza. 
        Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno  20
settembre 2019 con l'intervento dei magistrati: 
Elena Stanizzi, Presidente; 
Michelangelo Francavilla, consigliere; 
Diana Caminiti, Consigliere, estensore. 
 
                       Il Presidente: Stanizzi 
 
                                                L'estensore: Caminiti