N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 aprile 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 28 aprile  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente - Norme della Regione autonoma Sardegna - Disposizioni sulla
  gestione della posidonia spiaggiata  -  Gestione  dei  depositi  di
  posidonia nelle  spiagge  -  Spostamento  temporaneo  dei  relativi
  accumuli in aree idonee  appositamente  individuate  -  Divieto  di
  procedere  allo  smaltimento  in  discarica   -   Possibilita'   di
  effettuare la vagliatura del materiale organico spiaggiato nel sito
  in cui e' conferita la posidonia - Esclusione  dalla  normativa  in
  materia ambientale dei materiali  e  biomasse  vegetali  depositate
  sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare. 
- Legge della Regione  autonoma  Sardegna  21  febbraio  2020,  n.  1
  (Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata),  art.  1,
  commi 1, 4, 5 e 8. 
(GU n.21 del 20-5-2020 )
    Ricorso (ex. art.  127,  comma  1,  della  Costituzione)  per  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   -   (C.F.   80188230587),
rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587),  presso  i  cui  uffici  domicilia  in  Roma,  via  dei
Portoghesi  n.  12,  telefax   n.   06.96.51.40.00;   indirizzo   PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio  dei
ministri adottata nella riunione del 20 aprile 2020, ricorrente; 
    Contro la Regione autonoma Sardegna, in  persona  del  Presidente
della giunta regionale in carica  intimata  per  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 4, 5 e  8,  della
legge Regione Sardegna, del 21 febbraio 2020, n.  1,  pubblicata  nel
B.U.R. n.  9  del  27  febbraio  2020,  recante  «Disposizioni  sulla
gestione della posidonia spiaggiata». 
    Per  violazione  dell'art.  117,  comma  2,  lettera  s),   della
Costituzione, in relazione agli articoli 3 e 4  dello  statuto  della
Regione Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3. 
    Con la legge 21 febbraio 2020, n. 1, la Regione autonoma Sardegna
ha emanato «Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata». 
    In particolare,  l'art  1,  comma  1,  prevede  che  «La  regione
riconosce la posidonia spiaggiata come strumento di  difesa  naturale
contro l'erosione costiera e come risorsa riutilizzabile. Fatta salva
la  possibilita'  del  mantenimento  in  loco,   che   e'   soluzione
preferibile, i  comuni  interessati,  anche  tramite  i  titolari  di
concessioni demaniali, qualora i depositi di posidonia  sul  litorale
impediscano la regolare fruizione delle spiagge durante  la  stagione
estiva, possono procedere, previa comunicazione ai competenti  uffici
regionali  e  statali,  allo  spostamento  temporaneo  dei   relativi
accumuli  in  zone  idonee  dello  stesso  arenile  o,  qualora   non
disponibili, in aree idonee appositamente individuate all'interno del
territorio del comune». 
    Il comma 4, stabilisce che «Qualora si proceda  allo  spostamento
della  posidonia,  e'  fatto  assoluto  divieto  procedere   al   suo
smaltimento in discarica». 
    Al successivo comma 5, il legislatore ha previsto che  «Tutte  le
operazioni  di  raccolta,   spostamento   e   riposizionamento   sono
effettuate previa separazione della sabbia  dal  materiale  organico,
con rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica al fine  del
recupero della sabbia da destinare al  ripascimento  dell'arenile  di
provenienza. Tale vagliatura puo' avvenire nella spiaggia di prelievo
o nel sito in cui e' conferita la posidonia». 
    In base al comma 8, «Fatto salvo  quanto  previsto  dal  presente
articolo, ai prodotti costituiti di materia vegetale  di  provenienza
agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e
fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da  eventi  atmosferici  o
meteorici, ivi incluse mareggiate e piene,  anche  ove  frammisti  ad
altri materiali di origine antropica si applica l'art. 185, comma  1,
lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme  in
materia ambientale)». 
    Le suddette disposizioni appaiono costituzionalmente illegittime,
in quanto  eccedono  dalla  competenza  statutaria  della  regione  e
contrastano con  la  legislazione  emanata  in  materia  dallo  Stato
nell'esercizio della  propria  competenza  esclusiva  in  materia  di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  pertanto  il
presente ricorso, affidato ai seguenti 
 
                               Motivi 
 
Incostituzionalita' dell'art. 1,  commi  1,  4,  5  e  8  della  l.r.
Sardegna n. 1/2020 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s),
della Costituzione, in riferimento agli articoli 3 e  4  della  legge
costituzionale n. 3 del 1948 (statuto speciale per la  Sardegna),  in
relazione agli articoli 180-bis, comma  1-bis,  182,  183,  comma  1,
lettera n) e lettera bb), 184, comma, 2, lettera d),  185,  comma  1,
lettera f), e 193, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152,  e
dell'art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre  2010,  n.
205. 
    Per poter congruamente valutare i profili di  incostituzionalita'
della normativa  regionale  impugnata,  giova  evidenziare  che  essa
incide in via principale e diretta sulla disciplina dei rifiuti,  che
rientra nella materia della  «tutela  dell'ambiente  e  della  tutela
dell'ecosistema», attribuita alla competenza esclusiva dello Stato ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  della  Costituzione.
L'art. 184, comma 2, lettera d), del decreto legislativo del 3 aprile
2006,  n.  152,  recante  il  testo  unico  delle  norme  in  materia
ambientale (TUA), dispone infatti che costituiscono «rifiuti  urbani»
i rifiuti  «di  qualsiasi  natura  o  provenienza  giacenti...  sulle
spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua». 
    Per tale motivo, gli accumuli di posidonia spiaggiata,  ai  quali
si  riferisce  la  legge  regionale  impugnata,  sono  soggetti  alla
disciplina generale sui rifiuti contenuta nella parte quarta del TUA,
allo scopo di proteggere l'ambiente e la salute umana, di prevenire o
ridurre gli impatti negativi della  loro  gestione,  di  ridurre  gli
impatti  complessivi  dell'uso  delle  risorse   e   di   migliorarne
l'efficacia. Per quanto qui interessa, in particolare, la  disciplina
statale regola in modo dettagliato tutte le attivita' di gestione dei
rifiuti, costituite dalle attivita' di raccolta, trasporto,  recupero
e  smaltimento  dei  rifiuti,  con  la  precisazione  che  esse   non
comprendono «le operazioni di  prelievo,  raggruppamento,  cernita  e
deposito preliminari alla raccolta di materiali o  sostanze  naturali
derivanti da eventi atmosferici e  meteorici,  incluse  mareggiate  e
piene anche  frammisti  ad  altri  materiali  di  origine  antropica,
effettuate nel  tempo  tecnico  strettamente  necessario,  presso  il
medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati» (art.  183,
comma 1, lettera n), TUA). 
    In particolare, per  quel  che  qui  rileva,  relativamente  alla
gestione della posidonia spiaggiata l'art. 39, comma 11, del  decreto
legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, dispone che  laddove  sussistano
elementi univoci  che  facciano  ritenere  la  relativa  presenza  di
posidonia (per esempio meduse spiaggiate) direttamente dipendente  da
mareggiate  o  altre   cause   comunque   naturali,   e'   consentito
l'interramento  in  sito  dei  materiali  sopracitati,  purche'  cio'
avvenga senza trasporto ne' trattamento. Al  fine  di  dare  corretta
attuazione alle disposizioni legislative  in  materia,  il  Ministero
dell'ambiente e della tutela e del  territorio  e  del  mare  ha  poi
emanato le circolari, prot. 8123/2006 e 8838/2019, entrambe aventi ad
oggetto  la  «gestione   degli   accumuli   di   Posidonia   oceanica
spiaggiati», allo scopo di fornire a tutte  le  Regioni  le  corrette
modalita' di gestione di tali materiali. 
    La  disciplina  contenuta  nella  legge   regionale   sarda   qui
impugnata,  benche'  ispirata   allo   scopo   di   incoraggiare   il
mantenimento e riutilizzo in loco  della  posidonia  spiaggiata  come
strumento naturale di  difesa  dall'erosione  costiera,  si  discosta
dalla normativa statale  di  riferimento  e  presenta  i  profili  di
criticita' che di seguito si evidenziano: 
        1) all'art. 1, comma 1, il legislatore regionale ha  previsto
che, fatta salva la possibilita' del mantenimento in loco, laddove il
mantenimento in loco della posidonia impedisca la regolare  fruizione
della spiaggia a fini turistici, i comuni o i gestori  concessionari,
previa comunicazione alla Regione, possono  spostare  temporaneamente
gli accumuli di posidonia in zone idonee dello stesso  arenile  o  in
altre zone del comune se la prima opzione non e' praticabile. 
    Tale disposizione e' censurabile nella parte in  cui  prevede  lo
spostamento temporaneo degli accumuli di posidonia  in  «aree  idonee
appositamente individuate all'interno del territorio del  comune»,  e
percio' in  zone  diverse  da  quelle  individuate  dalla  disciplina
statale  e  dalle  disposizioni  di  prassi  adottate   in   materia,
implicando altresi' attivita' di trasporto che deve essere esercitata
nel rispetto del regime previsto dall'art. 193 del TUA. 
    Come si' e' gia' evidenziato, l'art. 183, comma  1,  lettera  n),
del TUA esclude dall'ambito  di  gestione  dei  rifiuti,  e  consente
quindi di esercitare liberamente, le  sole  operazioni  di  prelievo,
raggruppamento, cernita  e  deposito  preliminari  alla  raccolta  di
materiali o sostanze  naturali  derivanti  da  eventi  atmosferici  o
meteorici, ivi incluse mareggiate e piene,  anche  ove  frammisti  ad
altri materiali di origine antropica, che siano effettuate nel  tempo
tecnico strettamente necessario, presso il medesimo  sito  nel  quale
detti eventi li hanno depositati. Inoltre, l'art. 39, comma  11,  del
decreto  legislativo  n.  205  del  2010,   consente   di   procedere
all'interramento in loco della posidonia, purche' cio' avvenga  senza
trasporto ne'  trattamento.  In  coerenza  con  tali  previsioni,  la
circolare  ministeriale  8838/2019  ha  chiarito  che  la   posidonia
spiaggiata per eventi meteorologici naturali puo' costituire  oggetto
di spostamento solo su spiagge (che possono anche essere  diverse  da
quelle su cui si sono originariamente depositate, ma che appartengano
comunque  alla  medesima  unita'  fisiografica),  in   funzione   del
successivo interramento nello stesso luogo. 
    Tutt'altro genere rivestono invece le operazioni  di  spostamento
verso non ben specificate «aree idonee  individuate  all'interno  del
territorio comunale»,  che  sono  consentite  dalla  norma  regionale
impugnata. In tal caso si determina infatti un'attivita'  di  vera  e
propria gestione di rifiuti, che deve essere pienamente  assoggettata
alla legislazione statale di riferimento. 
    Il citato art. 183, comma 1, lettera n), del TUA, dispone infatti
che, al di fuori dell'ipotesi innanzi esaminata, qualunque operazione
di raccolta, trasporto,  recupero  e  smaltimento  dei  rifiuti  deve
essere considerata attivita' di gestione dei rifiuti. In particolare,
costituisce attivita' di gestione di rifiuti, qualunque operazione di
prelievo [che e' compresa nell'attivita' di raccolta ai  sensi  della
lettera o) del predetto art. 183, comma 1, TUA, e  che  comprende  la
cernita preliminare, il  deposito  preliminare  alla  raccolta  e  la
gestione di un centro  di  raccolta  finalizzato  al  trasporto  agli
impianti di recupero e  trattamento,  come  quello  di  cui  all'art.
180-bis, comma 1-bis, del TUA)], e qualunque attivita' di  trasporto,
che deve essere effettuata nel rispetto delle prescrizioni  contenute
nell'art. 193 TUA. 
    Ove poi con la generica espressione  «aree  idonee  appositamente
individuate all'interno del territorio  del  Comune»  il  legislatore
regionale abbia voluto riferirsi al deposito temporaneo, la norma  si
pone in contrasto con la disposizione di cui all'art. 183,  comma  1,
lettera bb)  del  TUA.  Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  di
cassazione,   il   deposito   temporaneo   deve   ritenersi   ammesso
esclusivamente nelle ipotesi previste dal predetto art. 183, comma 1,
lettera bb) del TUA, e cioe', quando sia effettuato nel luogo  stesso
in cui i rifiuti sono stati prodotti e nella tassativa ricorrenza  di
tutte le condizioni previste dalla predetta  norma  (Cass.  pen.,  n.
16988/12; n.  49911/09).  Invece,  con  l'impugnata  disposizione  il
legislatore regionale realizza un'ipotesi di deposito  temporaneo  al
di fuori delle previsioni di cui alla predetta norma. 
    Per tutte queste ragioni, in tutti i casi  in  cui  il  materiale
organico  viene  prelevato  dalla  spiaggia  per  essere  trasportato
altrove, si rende necessaria l'integrale applicazione della normativa
sui rifiuti, in conformita' e nel rispetto delle  disposizioni  sopra
citate. 
    In particolare, in considerazione degli impatti che  le  sostanze
cosi' accumulate possono produrre sull'ecosistema, e' necessario  che
l'invio sia effettuato presso aree ricomprese negli specifici  centri
di  raccolta  previsti  dall'art.  180-bis,  comma  1-bis,  TUA,  che
richiama il successivo art. 183, comma l, lettera mm) (e  non  presso
gli spazi generici cui fa riferimento la disposizione impugnata), che
possano costituire valido presidio di garanzia per la  salute  e  per
l'ambiente. Da cio' deriva l'incostituzionalita'  di  una  normativa,
come quella in esame, che consenta di  equiparare  tali  materiali  a
«non rifiuti» e di sottrarli quindi alla corrispondente disciplina di
tutela; 
        2) il successivo comma 4 dell'art. 1 stabilisce che,  qualora
si proceda  allo  spostamento  della  posidonia,  e'  fatto  assoluto
divieto di procedere al relativo smaltimento in discarica. 
    Anche questa disposizione, che prevede  un  divieto  assoluto  di
procedere allo smaltimento in discarica, si pone in contrasto con  la
disciplina statale di cui all'art. 182 del TUA, il quale  prevede  la
possibilita'  di  ricorrere  allo  smaltimento  in   discarica   ogni
qualvolta non sia possibile dal punto di vista tecnico  ed  economico
eseguire  le  operazioni  di  recupero  o  accedervi   a   condizioni
ragionevoli, anche considerando il rapporto costi/benefici; 
        3) il comma 5 dello stesso art. 1 consente poi di  effettuare
la vagliatura del materiale organico spiaggiato anche presso il  sito
ove si intende conferire la posidonia. 
    Fatte salve le considerazioni precedentemente svolte in relazione
al comma 1, con riferimento al luogo di  deposito  ove  conferire  la
posidonia, questa  disposizione  si  pone  in  contrasto  con  quanto
espressamente stabilito dall'art. 183, comma 1, lettera n), del  TUA,
che  considera  estranea  all'attivita'  di  gestione  esclusivamente
l'esecuzione delle operazioni di cernita che sia compiuta  presso  il
«medesimo sito ove gli eventi li hanno depositati»; 
        4) lo stesso art.  1,  al  comma  8,  esclude  dal  campo  di
applicazione della normativa sui rifiuti, i materiali  costituiti  di
materia vegetale di provenienza agricola o forestale,  che  si  siano
depositati naturalmente  sulle  sponde  di  laghi  e  fiumi  e  sulla
battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o  meteorici,  ivi
incluse le mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali
di origine antropica. 
    Anche  questa   disposizione,   prevedendo   l'esclusione   dalla
normativa  ambientale  dei  materiali  non   espressamente   previsti
dall'art. 185, comma 1, lettera f), del decreto  legislativo  n.  152
del 2006, si pone in contrasto con la normativa statale,  e  potrebbe
altresi'  comportare  l'apertura  di  una  procedura  di   infrazione
comunitaria. 
    Come si e' evidenziato, infatti, i residui di posidonia, al  pari
di altri materiali spiaggiati, vengono  classificati  dall'art.  184,
comma 2, lettera d), del TUA, come rifiuti urbani, in  guisa  che  ad
essi si applica la  disciplina  sui  rifiuti  anche  nelle  fasi  del
trasporto e del  successivo  invio  ad  operazioni  di  recupero  (da
privilegiare in accordo con i principi dell'economia circolare) o  di
smaltimento. Ne' essi rientrano nelle ipotesi di  esclusione  di  cui
all'art.  185,  primo  comma,  lettera  f),  del  TUA,  che  riguarda
specificamente il materiale  agricolo  o  forestale  derivante  dalle
pratiche culturali e dalla manutenzione del  verde  pubblico  (e  non
pure quello giacente, per qualsiasi causa, sulle spiagge). 
    L'esclusione della  posidonia  spiaggiata  dalla  disciplina  dei
rifiuti puo' essere ammessa solo se non si  concretizza  la  volonta'
del  disfacimento,  perche'  la  stessa -  compatibilmente   con   la
fruizione delle spiagge nel periodo estivo - viene  comunque  gestita
in loco come risorsa per la protezione dell'arenile.  La  circostanza
che con il quarto comma la regione abbia vietato  lo  smaltimento  in
discarica,  non  consente  invece  di  escludere   tout-court   dalla
disciplina dei rifiuti i materiali e le biomasse vegetali, depositate
sulle rive di laghi e fiumi o  spiaggiate,  che  non  possono  essere
utilizzate in loco per la protezione degli arenili. La necessita' che
tali materiali siano avviati ad impianti di riciclo  e  compostaggio,
comporta  inevitabilmente  la  trasformazione   della   loro   natura
giuridica da risorsa a rifiuto. 
    Le suddette difformita' dalla legislazione statale di riferimento
comportano l'illegittimita' costituzionale delle norme regionali  qui
impugnate, non potendo le regioni invadere le  competenze  attribuite
in via esclusiva  allo  Stato,  come  quelle  in  materia  di  tutela
dell'ambiente e  dell'ecosistema.  Le  disposizioni  contenute  negli
articoli 3 e 4 dello statuto  di  autonomia  non  attribuiscono  alla
regione nessuna competenza in materia  ambientale;  in  ogni  caso, i
profili di tutela ambientale sono assorbenti e prevalenti rispetto ad
ogni  altra  questione  che   possa   incidere   su   altre   materie
interferenti,  che  siano  ricomprese   nell'ambito   delle   proprie
competenze statutarie. 
    Secondo i principi piu' volte affermati da codesta  ecc.ma  Corte
in precedenti giudizi  nei  confronti  della  Regione  Sardegna,  «La
conservazione ambientale e paesaggistica  spetta,  in  base  all'art.
117,  secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  alla  cura
esclusiva dello Stato, e tale titolo competenziale riverbera  i  suoi
effetti anche quando si tratta di  regioni  speciali  o  di  province
autonome»  (Corte   costituzionale,   11   maggio   2017,   n.   103.
Analogamente, Corte costituzionale,  18  luglio  2014,  n.  210).  In
verita', si tratta  di  una  normativa  che  riflette  uno  specifico
interesse unitario della comunita' nazionale e prevale su concorrenti
aspetti affidati alle competenze legislative delle autonomie locali. 
    Si e' piu' volte affermato, al riguardo, che i valori  ambientali
possono essere considerati «trasversali», perche' incidono su materie
ed interessi di vario genere, e che spettano comunque «allo Stato  le
determinazioni che rispondono ad esigenze  meritevoli  di  disciplina
uniforme sull'intero territorio nazionale (cfr. sentenze n. 507 e  n.
54  del  2000,  n.  382  del  1999,  n.   273   del   1998)»   (Corte
costituzionale, sentenza 26 luglio 2002, n. 404). 
    Pertanto, in materia ambientale  sussiste  uno  specifico  limite
all'esercizio del potere normativo delle Regioni, come codesta  Corte
costituzionale ha ritenuto con la sentenza del 14 novembre  2007,  n.
378, in cui si legge testualmente che: «La potesta'  di  disciplinare
l'ambiente nella sua interezza e' stato affidato, in  riferimento  al
riparto delle competenze tra Stato e regioni in  via  esclusiva  allo
Stato, dall'art. 117, comma secondo, lettera s), della  Costituzione,
il quale, come e' noto, parla di "ambiente"  in  termini  generali  e
onnicomprensivi». 
    Per tutte queste ragioni, occorre conclusivamente ritenere che le
disposizioni in esame  si  pongono  in  contrasto  con  il  parametro
costituzionale offerto dal secondo comma, lettera s),  dell'art.  117
della Costituzione, perche' intervengono  in  una  materia  -  quella
della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»,  in  cui  rientra  la
disciplina della gestione dei  rifiuti  (cfr.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 249 del 2009) - che e' attribuita in via  esclusiva  alla
competenza  legislativa  dello  Stato  e  che  esula  dalle  potesta'
legislative affidate alla Regione Sardegna dagli articoli 3 e 4 dello
statuto di autonomia (ex multis, Corte costituzionale, sentenze n. 54
del 2012, numeri 244 e 33 del 2011; numeri 331 e 278 del 2010; numeri
61 e n. 10 del 2009), pur restando ferma la competenza  della  stessa
regione nella cura di interessi funzionalmente collegati  con  quelli
propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67  del  2014,  n.
285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, numeri 225 e  164  del
2009 e n. 437 del 2008). In  sostanza,  la  disciplina  statale,  «in
quanto appunto rientrante principalmente nella tutela  dell'ambiente,
e dunque in una materia che, per  la  molteplicita'  dei  settori  di
intervento, assume una struttura complessa, riveste un  carattere  di
pervasivita' rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n.
249 del  2009),  con  la  conseguenza  che,  «costituisce,  anche  in
attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e
si impone sull'intero  territorio  nazionale,  come  un  limite  alla
disciplina che le regioni e le province  autonome  dettano  in  altre
materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello
di tutela ambientale stabilito  dallo  Stato,  ovvero  lo  peggiorino
(sentenze n. 378 del 2007, n. 62 del 2008, n. 314 del 2009, n. 58 del
2015)» (Corte costituzionale, 23 luglio 2015, n. 180). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Per questi  motivi  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
propone  il  presente  ricorso  e  confida  nell'accoglimento   delle
seguenti conclusioni «Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
costituzionalmente illegittimo l'art. 1, commi 1, 4,  5  e  8,  della
legge Regione Sardegna, del 21 febbraio 2020, n.  1,  pubblicata  nel
B.U.R. n. 9 del 27 febbraio 2020, per violazione dell'art. 117, comma
2, lettera s), della Costituzione, in riferimento agli articoli 3 e 4
della legge costituzionale n. 3 del 1948  (statuto  speciale  per  la
Sardegna), per contrasto con gli articoli 180-bis, comma 1-bis,  182,
183, comma 1, lettera n) e lettera bb), 184, comma,  2,  lettera  d),
185 e 193, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dell'art.
39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205. 
    Si producono: 
        1) copia della legge regionale impugnata; 
        2) copia conforme della delibera del Consiglio  dei  ministri
adottata nella riunione del 20 aprile 2020 recante la  determinazione
di  proposizione  del  presente  ricorso,  con   allegata   relazione
illustrativa. 
          Roma, 21 aprile 2020 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Guida