N. 45 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 maggio 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6  maggio  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente  -  Norme  della  Regione  autonoma  Sardegna  -  Piani   di
  abbattimento autorizzati per il controllo della fauna  selvatica  -
  Individuazione,  tra  le   persone   abilitate   all'attivita'   di
  realizzazione  dei  piani  di  abbattimento,  dei   proprietari   o
  conduttori dei fondi sui quali si attuano i  piani  medesimi  o  di
  loro delegati. 
- Legge della Regione  autonoma  Sardegna  27  febbraio  2020,  n.  5
  (Modifiche all'articolo 6 della legge regionale n. 23 del  1998  in
  materia di piani di abbattimento), art. 1, comma 1, lettera a). 
(GU n.21 del 20-5-2020 )
     Ricorso ex art. 127, comma 1, Costituzione per il Presidente del
Consiglio dei ministri - (C.F. 80188230587), rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui
uffici domicilia in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 - (telefax  n.
06.96.51.40.00 - indirizzo  pec  ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),
giusta delibera del Consiglio dei ministri  adottata  nella  riunione
del 24 aprile 2020 ricorrente; 
    Contro la Regione autonoma Sardegna, in  persona  del  Presidente
della Giunta  regionale  in  carica,  intimata  per  la  declaratoria
dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera  a),
della legge Regione Sardegna del 27 febbraio 2020, n.  5,  pubblicata
nel BUR n. 10 del 5 marzo 2020, recante «Modifiche all'art.  6  della
legge regionale n. 23 del 1998 in materia di piani  di  abbattimento»
per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s),  Costituzione,  in
relazione all'art. 3 dello statuto della Regione Sardegna,  approvato
con legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  3,  in  riferimento
all'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992. 
    Con propria legge del 27 febbraio 2020, n. 5, la Regione Sardegna
ha  modificato  la  disciplina  prevista  dall'art.  6  della   legge
regionale n. 23 del 1998, in materia di piani di  abbattimento  della
fauna selvatica. In  particolare,  l'art.  1  della  predetta  legge,
recante «Modifiche all'art. 6 della legge regionale n.  23  del  1998
(Cattura e abbattimento autorizzati)» dispone che: 
        «1. All'art. 6 della legge regionale 29 luglio  1998,  n.  23
(Norme per la protezione della  fauna  selvatica  e  per  l'esercizio
della caccia in Sardegna), sono apportate le seguenti modifiche: 
          a) la lettera f) del comma 1 e' cosi sostituita: 
«f)  predisporre  piani  di  abbattimento,  qualora  sia   verificata
l'inefficacia dei predetti metodi,  la  cui  attuazione  deve  essere
affidata alle province e alla Citta' metropolitana di  Cagliari,  che
si avvalgono dei proprietari o conduttori  dei  fondi  sui  quali  si
attuano  i  piani  medesimi  o  di   loro   delegati,   espressamente
individuati a tal fine. Tutti i soggetti che svolgono l'attivita'  di
abbattimento, oltre a essere muniti della licenza di porto di  fucile
per uso  caccia  e  dell'autorizzazione  per  l'esercizio  venatorio,
devono aver partecipato  a  corsi  di  formazione  specifici  per  il
controllo della fauna selvatica e aver superato i relativi esami.  Al
Corpo forestale e di vigilanza ambientale e' riservato  il  controllo
delle fasi esecutive»; 
          b) dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: 
«1-bis. Nel caso di grave ritardo o omissione  da  parte  degli  enti
preposti all'attuazione dei piani di abbattimento di cui al comma  1,
lettera f), si applica la procedura  di  potere  sostitutivo  di  cui
all'art. 9 della legge regionale 12 giugno 2006, n.  9  (Conferimento
di funzioni e compiti agli enti locali)». 
    La predetta norma appare  costituzionalmente  illegittima,  nella
parte meglio specificata nel seguente motivo di  diritto,  in  quanto
eccede dalla competenza statutaria della regione e contrasta  con  la
legislazione  emanata  dallo  Stato  nell'esercizio   della   propria
competenza  esclusiva  in   materia   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone,
pertanto ricorso, affidato al seguente motivo di 
 
                               Diritto 
 
    Incostituzionalita'  dell'art.  1,  lettera   a),   della   legge
regionale  Sardegna  n.  5  del  27  febbraio  2020,  per  violazione
dell'art. 3, comma 1, dello statuto speciale di autonomia,  approvato
con legge costituzionale n. 3 del  1948,  e  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione, in  riferimento  all'art.  19,
comma 2, della legge n. 157 del 1992. 
    La legge regionale in esame, che detta modifiche all'art. 6 della
legge regionale n. 23 del 1998 in materia di piani di abbattimento di
fauna  selvatica,  contiene   disposizioni   che,   eccedendo   dalle
competenze  statutarie  riconosciute  alla  Regione  Sardegna   dallo
statuto speciale di autonomia, contrastano con gli standard di tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema  stabiliti  dal  legislatore  statale
nell'esercizio  della  propria  competenza  esclusiva  ex  art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Nell'ordinamento nazionale la normativa in materia di  protezione
della fauna selvatica e di  prelievo  venatorio  e'  contenuta  nella
legge quadro dell'11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio». Secondo la giurisprudenza di codesta Corte costituzionale
la disciplina prevista dalla predetta  legge  rientra  nella  materia
della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Costituzione, e contiene il nucleo  minimo
di salvaguardia della fauna selvatica, il cui  rispetto  deve  essere
assicurato   sull'intero    territorio    nazionale    (cfr.    Corte
costituzionale,  n.  233/2010).  Ed  invero,  «spetta   allo   Stato,
nell'esercizio della potesta' legislativa  esclusiva  in  materia  di
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  prevista  dall'art.  117,
secondo comma, lettera s), Costituzione, stabilire standard minimi  e
uniformi di tutela della fauna, ponendo  regole  che  possono  essere
modificate  dalle  regioni,  nell'esercizio   della   loro   potesta'
legislativa in materia  di  caccia,  esclusivamente  nella  direzione
dell'innalzamento del livello di tutela» (ex  plurimis,  sentenze  n.
303 del 2103; nn. 278, 116 e 106 del 2012). 
    A questa normativa appartengono in  particolare  le  disposizioni
sui piani di abbattimento (come estrema  ratio)  della  fauna  nociva
(Corte costituzionale, n. 302/2005). Per le zone diverse  dalle  aree
protette, disciplinate dalla legge n. 394 del 1991], l'art. 19, comma
2, della suddetta legge n. 157 del 1992, attribuisce alle regioni  il
controllo delle specie di fauna selvatica anche  nelle  zone  vietate
alla caccia. La  norma  stabilisce  che  tale  controllo,  esercitato
selettivamente, viene praticato di norma mediante metodi ecologici su
parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica  (oggi  ISPRA).
Essa dispone inoltre che: «Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia
dei  predetti  metodi,  le  regioni  possono  autorizzare  piani   di
abbattimento, [che].... devono essere attuati dalle guardie venatorie
dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime  potranno
altresi' avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi  sui  quali
si  attuano  i  piani  medesimi,  purche'  muniti  di   licenza   per
l'esercizio  venatorio,  nonche'  delle  guardie  forestali  e  delle
guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio». Per le
aree protette nazionali, invece, l'art. 22, sesto comma, della  legge
n. 394 del 1991, come modificato dall'art. 2, comma 33, della legge 9
dicembre 1998, n. 426,  stabilisce  che  i  controlli  devono  essere
attuati esclusivamente dal personale dipendente dall'ente  gestore  o
da persone da esso autorizzate scelte «con preferenza tra  cacciatori
residenti nel territorio del parco». Nella  formulazione  antecedente
alla riforma introdotta dalla norma qui impugnata, la normativa della
Regione Sardegna si poneva in armonia con la legislazione statale  di
cui all'art. 19 della legge n. 157/1992. L'art. 6, comma  1,  lettera
f) della legge regionale n. 23  del  1998,  prevedeva,  infatti,  che
l'assessore  regionale  della   difesa   dell'ambiente,   avvalendosi
dell'Istituto regionale per la fauna selvatica e  sentito  il  parere
del Comitato  regionale  faunistico,  poteva  «predisporre  piani  di
abbattimento,  qualora  sia  verificata  l'inefficacia  dei  predetti
metodi, la cui attuazione deve essere affidata al personale del Corpo
forestale e di vigilanza ambientale che potra' altresi' avvalersi dei
proprietari o conduttori dei fondi  sui  quali  si  attuano  i  piani
medesimi  purche'  muniti  di  licenza  e   dell'autorizzazione   per
l'esercizio venatorio». 
    Quindi, secondo la normativa pregressa,  nella  Regione  Sardegna
l'unico personale che poteva essere utilizzato per il  controllo  del
patrimonio faunistico era quello previsto dall'art. 19 della legge n.
157/1992, ovvero il personale del  Corpo  forestale  e  di  vigilanza
ambientale,  che  poteva  altresi'  avvalersi   dei   proprietari   o
conduttori dei fondi sui quali  si  attuano  i  piani  medesimi.  Con
l'art. 1, lettera a), della legge regionale Sardegna n.  5/2020,  che
qui si impugna, il legislatore regionale ha modificato tale normativa
ed ha inserito tra  il  personale  da  poter  utilizzare  sull'intero
territorio regionale, in aggiunta ai  proprietari  o  conduttori  dei
fondi sui quali  si  attuano  i  piani  medesimi,  i  loro  delegati,
espressamente individuati a tal fine. 
    La novella  legislativa  si  pone  in  contrasto  con  la  citata
disciplina statale. Essa  consente  di  avvalersi  in  ogni  caso  di
«delegati» dei proprietari e dei conduttori  dei  fondi  interessati,
cosi' alterando le previsioni della normativa nazionale che, come  si
e' gia' rappresentato, consente in via generale l'intervento dei soli
proprietari o conduttori dei fondi  interessati,  purche'  muniti  di
licenza venatoria. 
    Risultano quindi manifestamente violati i  gia'  citati  principi
costituzionali, secondo cui il controllo della fauna e' sottoposto al
rispetto  di  rigorose  disposizioni  statali,  non  derogabili   dal
legislatore regionale. 
    Invero,  la  disciplina  del   controllo   venatorio,   contenuta
nell'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del  1992 -  qualificabile,
secondo giurisprudenza costituzionale,  come  norma  fondamentale  di
riforma economico-sociale - fornisce un'elencazione dei  soggetti  ad
esso  deputati,  definita  da  codesta  Corte  tassativa,  oltre  che
vincolante per le regioni, in  quanto  espressione  della  competenza
esclusiva dello Stato nella  materia  della  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema; in guisa che una sua  integrazione  da  parte  della
legge regionale riduce il livello minimo e uniforme  di  tale  tutela
(Corte costituzionale, nn. 139/2017, 217/2018 e 44/2019). 
    Non conduce a diverse conseguenze la circostanza  che  l'art.  3,
comma 1, lettera i), dello statuto speciale di autonomia  attribuisce
alla Regione Sardegna la competenza legislativa esclusiva in  materia
di caccia. La suddetta disposizione  primaria  statale  non  attiene,
infatti, alla caccia, poiche' disciplina un'attivita' - il  controllo
faunistico - che non e' svolta per  fini  venatori,  ma  «a  fini  di
tutela dell'ecosistema» (Corte costituzionale, n. 392 del 2005). Cio'
e' dimostrato dal fatto che il ricorso all'abbattimento faunistico e'
preso in considerazione dalla norma statale solo come extrema  ratio,
dopo che i metodi ecologici  non  sono  risultati  efficaci.  Dunque,
l'art. 19 della legge n. 157 del 1992, nella parte in cui ha previsto
un elenco tassativo di soggetti autorizzati al controllo venatorio in
cui non sono compresi  i  cacciatori  che  non  siano  proprietari  o
conduttori dei fondi interessati dai piani medesimi, mira ad «evitare
che la tutela degli interessi (sanitari, di selezione  biologica,  di
protezione delle produzioni zootecniche,  ecc.)  perseguiti  trasmodi
nella compromissione della sopravvivenza di alcune specie faunistiche
ancorche' nocive» (Corte costituzionale, n. 392/2005), in  linea  con
la piu' rigorosa normativa europea in tema di protezione delle specie
selvatiche  (direttiva  74/409/CEE  del  Consiglio,  concernente   la
conservazione degli uccelli selvatici). 
    Pertanto, la norma della Regione Sardegna, nella  parte  in  cui,
attraverso la modifica apportata all'art. 6,  comma  1,  lettera  f),
della legge regionale n. 23 del 1998, estende ai cacciatori il novero
dei soggetti autorizzati al controllo faunistico, viola la  sfera  di
competenza  statale,  alterando,  altresi',  il  contemperamento   di
interessi delineato dal legislatore  nell'art.  19,  comma  2,  della
legge n. 157 del 1992, che, nella parte in cui  disciplina  i  poteri
regionali di  controllo  faunistico,  realizza  uno  standard  minimo
uniforme di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, rappresentando un
limite  invalicabile   anche   per   l'autonomia   regionale   (Corte
costituzionale, n. 44/2012). Essa, quindi,  eccede  dalle  competenze
statutarie,  in  violazione  del  citato  art.  3  dello  statuto  di
autonomia, e si pone in contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, poiche' riduce in peius il livello di
tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione  nazionale,
invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva  dello
Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.  
 
                                P.Q.M. 
 
     Il Presidente del Consiglio dei  ministri  propone  il  presente
ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni: 
        «Voglia    l'ecc.ma    Corte    costituzionale     dichiarare
costituzionalmente illegittimo l'art.  1,  lettera  a),  della  legge
Regione Sardegna del 27 febbraio 2020, n. 5, per violazione dell'art.
3, comma 1, dello statuto speciale di autonomia (legge costituzionale
n.  3/1948)  e  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, in riferimento all'art. 19, comma 2, della legge n. 157
del 1992». 
    Si producono: 
        1. copia della legge regionale impugnata; 
        2. copia conforme della delibera del Consiglio  dei  ministri
adottata nella riunione del 24 aprile 2020 recante la  determinazione
di  proposizione  del  presente  ricorso,  con   allegata   relazione
illustrativa. 
        Roma, 27 aprile 2020 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Guida