N. 50 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 luglio 2019

Ordinanza del 19 luglio 2019 del  Giudice  di  pace  di  Taranto  nel
procedimento penale a carico di P. D.. 
 
Esecuzione  -  Pene  pecuniarie  inflitte  dal  Giudice  di  pace   -
  Conversione per insolvibilita' del condannato - Giudice  competente
  - Abrogazione dell'art. 42 del decreto legislativo n. 274 del  2000
  - Procedura di attivazione delle  procedure  di  conversione  delle
  pene  pecuniarie  non  pagate  -  Riferimento  al  "magistrato   di
  sorveglianza competente". 
- Decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115
  ("Testo unico delle disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia di spese di giustizia (Testo A)"), art. 299, nella parte in
  cui abroga l'art. 42 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
  (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a  norma
  dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999,  n.  46);  legge  27
  dicembre 2017, n. 205  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
  l'anno finanziario 2018 e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
  2018-2020), art. 1, comma 473. 
In via subordinata: Legge ed  atti  equiparati  -  Delegificazione  e
  testi unici di  norme  concernenti  procedimenti  amministrativi  -
  Mancanza di una valida  delega  a  disciplinare  anche  la  materia
  relativa alle sanzioni pecuniarie. 
- Legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici  di  norme
  concernenti procedimenti amministrativi - Legge di  semplificazione
  1998), art. 7. 
(GU n.22 del 27-5-2020 )
 
               UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI TARANTO 
        Il Giudice di pace - Giudice del dibattimento penale  
 
    Il giudice di pace di Taranto, avvocato Nicola Russo,  visti  gli
atti del procedimento nei confronti di P . . . D . . . nato a .  .  .
il . . . , RG PM n. 20l8/000396 ed RG  GDP  n.  2018/000606,  in  cui
risponde del reato di cui all'art. 633 del codice  penale  «per  aver
abusivamente abitato e dunque occupato l'immobile di . . . nr. . . di
proprieta' degli eredi di S . . . F . . . . In . . . , fino al . .  .
- Recidiva reiterata. 
    Ha emesso la seguente ordinanza; 
    L'imputato, sottoposto al giudizio dinanzi all'odierno giudicante
per il reato di cui in epigrafe, potrebbe essere condannato alla fine
del dibattimento penale, e, quindi, potrebbe  essere  sottoposto  con
sentenza all'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 52  e  segg.
del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.  274,  di  competenza  del
giudice di pace, attesa la contestata  recidiva  infra  quinquennale,
che  potrebbe  determinare,  in  particolare,  l'applicazione   della
sanzione  della  permanenza  domiciliare,  ed   altro,   oltre   alla
conseguente attivita' dello stesso giudice di  pace  in  qualita'  di
giudice dell'esecuzione, giusto articoli 40 e 55 del  citato  decreto
legislativo n. 274/2000,  tenendo  presente  che  appare  paradossale
considerare la competenza del giudice di pace nell'applicare nel caso
di specie (eventualmente) in sentenza la permanenza  domiciliare  per
effetto della contestata recidiva reiterata infra quinquennale  (art.
52, comma 3, decreto legislativo n. 274/2000) e non essere competente
in sede di esecuzione, ad adottare a titolo  di  riconversione  delle
pena - la medesima sanzione (art.  55  cit.  decreto  legislativo  n.
274/2000), pur non essendo  stata  quest'ultima  normativa  abrogata,
attese  le  vicende  giurisprudenziali  e  legislative  in   appresso
evidenziate. 
    Invero, dato che si rende necessario  prevenire  in  dibattimento
eventuale conflitto di competenze, nell'applicazione e  riconversione
della eventuale condanna dell'imputato alla pena  pecuniaria  o  alla
pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilita'  o  alla  permanenza
domiciliare in  caso  di  recidiva  reiterata  infraquinquennale,  va
evidenziato che, con sentenza depositata in data 24 aprile  2019,  n.
17595. La Corte di Cassazione pen. - sezione I -,  nel  decidere  sul
conflitto di competenza tra il giudice di pace di  Alessandria  (  in
funzione di giudice dell'esecuzione) e il Magistrato di  sorveglianza
di Alessandria, in tema di  conversione  della  pena  pecuniaria,  ha
ritenuto la competenza in materia del Magistrato di sorveglianza. 
    Ritiene l'odierno giudicante che il regime normativa  vigente  in
virtu' del quale e' stata riconosciuta la competenza  del  Magistrato
di sorveglianza a decidere in ordine ad una richiesta di  conversione
per insolvibilita' di pena pecuniaria irrogata dal giudice  di  pace,
sia il frutto di un intervento del legislatore  delegato  affetto  da
eccesso  di  delega  e  dunque  in  violazione  dell'art.  76   della
Costituzione. 
    La Corte di Cassazione ha ricostruito l'attuale  stato  normativo
che regola l'attribuzione di competenza in materia di conversione  di
pene pecuniarie per insolvibilita', si che pare esaustivo riportare i
passaggi essenziali della sentenza: 
        «Osserva il Collegio che  si  verte,  con  certezza,  in  una
ipotesi di conflitto negativo di competenza a norma dell'art. 28  del
codice di procedura penale poiche' due organi  giurisdizionali  hanno
ritenuto che la competenza a provvedere  spettasse  all'altro.  Giova
richiamare la norme del decreto  legislativo  n.  274  del  2000  che
vengono prese in considerazione dai due  giudici  sopra  indicati,  e
cioe': l'art 55 ("Per i reati di competenza del giudice di  pace,  la
pena pecuniaria non eseguita per  insolvibilita'  del  condannato  si
converte, a  richiesta  del  condannato,  in  lavoro  sostitutivo  da
svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e  non  superiore  a
sei mesi con le modalita' indicate nell'art. 54."»), l'art.  62  («Le
sanzioni sostitutive previste dagli  articoli  53  e  seguenti  della
legge 24 novembre  1981,  n.  689,  non  si  applicano  ai  reati  di
competenza del giudice di pace.» ), l'art 42  («Le  condanne  a  pena
pecuniaria si eseguono a norma dell'art. 660 del codice di  procedura
penale,  ma  l'accertamento  della   effettiva   insolvibilita'   del
condannato e' svolto dal giudice di pace competente per  l'esecuzione
che adotta altresi' i provvedimenti  in  ordine  alla  rateizzazione,
ovvero alla conversione della pena pecuniaria») e l'art.  40  («Salvo
diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione
di un provvedimento e' il giudice di pace che l'ha emesso»). Cio'  va
tenuto   presente   nella   ricostruzione   storica   dell'evoluzione
dell'istituto de quo: l'esecuzione delle pene pecuniarie inflitte dal
giudice di pace era disciplinata dall'art. 42 del decreto legislativo
n. 274 del 2000, il quale stabiliva che essa  aveva  luogo  ai  sensi
dell'art. 660 del codice di procedura penale;  tuttavia,  per  scelta
legislativa di concentrazione delle competenze in executivis, si  era
previsto  che  l'accertamento  della  effettiva  insolvibilita'   del
condannato  fosse  svolto  dal  giudice  di   pace   competente   per
l'esecuzione, il quale adottava anche i provvedimenti in ordine  alla
rateizzazione o alla conversione della pena pecuniaria; in ordine  al
meccanismo di conversione delle pene pecuniarie inflitte dal  giudice
di pace, conseguente alla loro mancata esecuzione per  insolvibilita'
del condannato, l'art. 55 dei citato decreto legislativo n.  274  del
2000 prevede in prima istanza il ricorso  alla  sanzione  del  lavoro
sostitutivo per la durata e con le modalita'  regolate  dallo  stesso
articolo: qualora sia violato l'obbligo del lavoro sostitutivo (o  se
esso non sia stato chiesto dal condannato), la  parte  residua  della
pena pecuniaria non eseguita mediante tale sanzione  si  converte  in
permanenza  domiciliare.  Tuttavia,  l'art.  299  del   decreto   del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (cd.  testo  unico  delle
spese  di  giustizia)  ha  abrogato  l'art.  42   sopra   menzionato,
stabilendo che le condanne a pena pecuniaria, a seguito della entrata
in vigore della nuova normativa, dovevano  eseguirsi  a  norma  degli
articoli  235,  237,  238  e  241  del  testo  unico:  secondo   tali
disposizioni,  le  somme   dovute   erano   recuperate   dall'ufficio
incaricato della gestione delle attivita' connesse  alla  riscossione
(con la notifica dell'invito di pagamento si fissava il  termine  per
l'adempimento, scaduto il quale si procedeva ad iscrizione a ruolo ed
al recupero per il tramite del concessionario). Si  trattava  di  una
previsione inserita in piu' vasto  ambito  di  attribuzione,  in  via
generale, dei procedimenti di conversione delle  pene  pecuniarie  al
giudice dell'esecuzione: ed infatti, la norma prima indicata abrogava
anche l'art. 660 del codice di procedura penale, il  quale  stabiliva
appunto  la  competenza  del  Magistrato  di  sorveglianza   per   la
conversione delle sanzioni pecuniarie inflitte dagli  altri  giudici.
2. Questa nuova disciplina, pero', non ha superato  il  vaglio  della
Corte costituzionale, la quale, con sentenza 18 giugno 2003  n.  212,
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli  articoli  238  e
299 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,  per
eccesso di delega, nella parte in cui veniva abrogato l'art. 660  del
codice di procedura penale. Scriveva la  Corte  costituzionale  nella
citata sentenza che la delega conferita atteneva al  procedimento  di
gestione e di alienazione  dei  beni  sequestrati  e  confiscati,  al
procedimento relativo alle spese di giustizia ed ai procedimenti  per
l'iscrizione a ruolo e il  rilascio  di  copie  di  atti  in  materia
tributaria e in sede  giurisdizionale,  compresi  i  procedimenti  in
camera di consiglio, gli  affari  non  contenziosi  e  le  esecuzioni
mobiliari  ed  immobiliari:  in  definitiva,  era  una   delega   che
riguardava l'intera materia delle spese di giustizia; di conseguenza,
notava che il  legislatore  delegato  aveva  ritenuto  esistesse  una
sostanziale comunanza della materia delle pene pecuniarie con  quella
delle spese di giustizia, poiche' aveva riformato anche la disciplina
del  procedimento   giurisdizionale   di   conversione   delle   pene
pecuniarie, con particolare riguardo alla nuova competenza, sottratta
al  Magistrato  di  sorveglianza  per  essere  attribuita,  in   via,
generale, al giudice dell'esecuzione. Questa valutazione  non  veniva
pero' condivisa dalla Corte costituzionale, in quanto l'esistenza  di
una delega in materia coperta da riserva assoluta di  legge  -  quale
appunto quella  della  competenza  del  giudice,  ex  art.  25  della
Costituzione - non poteva essere desunta da una mora connessione  con
l'oggetto  della  delega  stessa:  doveva  quindi  ritenersi  che  il
legislatore delegato fosse privo del potere di dettare una disciplina
del procedimento di conversione delle pene pecuniarie che comportasse
una radicale modifica delle regole di  competenza.  Pertanto,  veniva
dichiarata, fra l'altro,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
299 del citato testo unico nella parte in cui aveva  abrogato  l'art.
660 del codice di procedura penale. Di conseguenza, l'intera  materia
della conversione delle pene pecuniarie  confluiva  nelle  competenze
del Magistrato di sorveglianza. 
    Ed invero, avendo la Corte costituzionale abrogato il  menzionato
art. 299 soltanto parzialmente, restava salva l'efficacia  abrogativa
che tale norma operava dell'art. 42 del decreto  legislativo  n.  274
del 2000,  il  quale  aveva  attribuito  la  conversione  delle  pene
pecuniarie inflitte dal giudice di pace a questo  stesso  giudice.  A
questa efficacia  abrogativa  va  aggiunto  un  altro  effetto  della
decisione menzionata: la Corte costituzionale ha  anche  abrogato,  e
per intero, l'art. 238 del citato  testo  unico,  il  quale  articolo
attribuiva in via  generale  la  competenza  per  la  conversione  al
giudice  dell'esecuzione  competente.  Questo   principio   generale,
dunque, non trova piu' applicazione  all'istituto  della  conversione
delle pene pecuniarie.  Ulteriore  conseguenza  e'  quella  per  cui,
difettando una norma che attribuisca al giudice di pace la competenza
alla conversione delle pene  pecuniarie  (o  specificamente  o  quale
giudice dell'esecuzione), non sussiste piu' una norma  di  legge  che
attribuisca al giudice di pace la  materia  della  conversione  delle
pene pecuniarie inflitte con le  sue  sentenze.  In  questa  materia,
unica norma residuata, e con portata  generale,  e'  l'art.  660  del
codice di procedura penale, che contempla  una  competenza  specifica
del Magistrato di sorveglianza. 4. In dottrina, non isolati  commenti
hanno auspicato un nuovo intervento  del  legislatore  che  torni  ad
assegnare formalmente tale attribuzione al giudice di pace. Ma,  allo
stato, va preso atto della normativa vigente,  cosi  come  risultante
dall'intervento  delta  Corte  costituzionale  sopra   indicato.   Va
tuttavia precisato che detto intervento ha determinato una situazione
normativa che non puo' dirsi irragionevole o non equilibrata: esso ha
fatto riprendere vigenza ad una norma (e cioe' l'art. 660 del  codice
di procedura penale) la quale si prestava comunque a disciplinare, in
via  generale,  l'intera  materia  della   conversione   delle   pene
pecuniarie,  per  cui  risulta  eliminata  soltanto   la   competenza
derogatoria del giudice di pace. Ma il  complesso  normativo  non  e'
rimasto privo di una disciplina  organica,  giacche  l'art.  660  del
codice di procedura penale, al suo comma 1, prevede  appunto  in  via
generale che la conversione delle pene  pecuniarie  e'  eseguita  nei
modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti: pertanto, e' pienamente
rispondente a questo dettato normativo che  sussista  una  competenza
giurisdizionale  alla  conversione  delle  pene  pecuniarie  che  sia
distinta  da  quella  del  giudice  dell'esecuzione;   parimenti   e'
rispondente  a  questo  dettato  normativo  che  le  pene  pecuniarie
inflitte dal giudice di pace  (per  il  quale  sussiste  un  apposito
corpus normativo  che  tiene  conto  delle  sue  peculiarita')  siano
convertite in sanzioni differenti da quelle che  convertono  le  pene
pecuniarie inflitte dagli altri giudici (lavoro sostitutivo  ex  art.
55 del decreto legislativo n. 274 del 2000 o permanenza  domiciliare,
in luogo della liberta' controllata o del lavoro sostitutivo ex  art.
102 della legge n. 689 del 1981); non viola questo dettato  normativo
il  fatto  che  tali  sanzioni  siano  applicate  dal  Magistrato  di
sorveglianza anziche' dal giudice di pace, in applicazione del  comma
1 dell'art. 660 del codice  di  procedura  penale,  poiche'  la  mena
collocazione dell'art. 55 citato nel testo citato  quale  indicazione
delle sanzioni applicabili dal giudice di pace non  puo'  significare
che esse debbono essere  applicate  soltanto  dal  giudice  di  pace,
considerato il mutamento del quadro normativo complessivo. Va  infine
considerato che il Magistrato di sorveglianza gia' e' competente  per
la conversione delle pene pecuniarie  inflitte  da  tutti  gli  altri
giudici, per cui l'attribuzione anche di tale  competenza  non  viola
principi generali o funzioni  particolari.  Del  resto,  anche  prima
dell'intervento della Corte costituzionale cui  si  e'  fatto  cenno,
nonostante l'introduzione - all'epoca -  del  principio  del  giudice
dell'esecuzione come depositario delle  competenza  alla  conversione
delle pene  pecuniarie,  questa  Corte  aveva  ritenuto  che  fossero
comunque residuate attribuzione al Magistrato di sorveglianza,  cosi'
scrivendo: «Non essendo state contestualmente abrogate dall'art.  299
del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica   n.   115/2002   le
disposizioni degli articoli 107 e 108 della legge 24  novembre  1981,
n. 689, attributive al magistrato e rispettivamente al  tribunale  di
sorveglianza del compito di determinazione delle specifiche modalita'
di  esecuzione  delle  pene  conseguenti  alla  conversione  e  della
procedura  di  accertamento  dell'inosservanza   delle   prescrizioni
inerenti  ad  esse,  questa  Corte  (ancor   prima   che   la   Corte
costituzionale,    con    sentenza    n.    212/2003,     dichiarasse
costituzionalmente illegittimi gli articoli 237, 238 e 299, in  parte
qua, del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  115/2002,  per
difetto di delega in materia coperta la riserva  assoluta  di  legge,
qual e' quella riguardante la competenza del giudice ex art. 25 della
Costituzione) ha ritenuto, con numerose decisioni,  che  sia  rimasta
ferma la competenza in  materia  del  giudice  di  sorveglianza,  pur
muovendo  motivate  critiche  alla  incoerente  ratio  legis  di  una
disciplina  normativa  (successivamente  caducata  per  il   radicale
intervento del giudice delle leggi), che differenziava la  competenza
secondo le  autonome  fasi  della  formazione  del  provvedimento  di
conversione e dell'attuazione del medesimo». Non ignora la  Corte  un
precedente giurisprudenziale in materia (Sezione 1, n.  29227  del  2
luglio 2013, Rv 256800), che pero'  non  appare  sovrapponibile  alla
questione in esame, riguardando le modifiche ad una pena  sostitutiva
pronunziata  dal  giudice  della  cognizione  (ed   essendo   inoltre
risolutiva di un conflitto tra  un  Tribunale  ed  un  Magistrato  di
sorveglianza). Essa, inoltre, cerca di pervenire al risultato opposto
a quello qui sostenuto effettuando un percorso logico che pero',  pur
prendendo atto dell'avvenuta abrogazione  dell'art.  42  del  decreto
legislativo n. 274 del 2000 (che stabiliva appunto la competenza  del
giudice  di  pace  in  questa  materia),  perviene   alla   soluzione
propugnata basandosi sostanzialmente sul disposto di cui all'art.  40
del testo normativo ora citato («Salvo diversa disposizione di legge,
competente a conoscere dell'esecuzione  di  un  provvedimento  e'  il
giudice di pace che l'ha emesso»), sostenendo trattarsi di una  norma
sopravvenuta all'art. 660 del codice di procedura penale  e  speciale
rispetto ad esso: tuttavia,  difettando  appunto  l'art.  42  citato,
questa tesi finisce per risolversi nel principio che non  trova  piu'
applicazione in questa materia e cioe' nel principio per cui  sarebbe
il giudice dell'esecuzione ad essere competente  per  la  conversione
della pena pecuniaria da lui inflitta in sede di cognizione. In  ogni
caso, poi, l'art. 40 del decreto legislativo n.  274  del  2000,  per
quanto sopravvenuto all'art. 660 del codice di procedura penale,  non
puo' considerarsi norma speciale rispetto a quest'ultimo, atteso  che
non disciplina la conversione di pene pecuniarie non  pagate,  bensi'
individua il giudice dell'esecuzione relativamente  ai  provvedimenti
concernenti i reati di competenza  del  giudice  di  pace;  peraltro,
nemmeno l'art. 40 ora citato consentirebbe di  attribuire  sempre  al
giudice di pace la competenza alla conversione delle pene pecuniarie,
poiche'  se  il  primo   comma   di   esso   individua   il   giudice
dell'esecuzione nel giudice di pace che ha emesso  il  provvedimento,
nei successivi commi 2, 3  e  4  contempla  ipotesi  nelle  quali  il
giudice dell'esecuzione  viene  individuato  diversamente  e  sovente
viene individuato un giudice differente dal giudice di pace,  di  tal
che la discrasia paventata si verificherebbe egualmente.  Non  vi  e'
una norma derogatoria di tal fatta,  invece,  al  principio  generale
della  competenza  del  Magistrato  di  sorveglianza  in  materia  di
conversione di pene pecuniarie, per come  risultante  dall'intervento
della Corte costituzionale: e, si ribadisce, pur considerate tutte le
perplessita'  sollevate  a  motivo  della  ragione  delle  menzionata
dichiarazione di illegittimita' costituzionale (secondo le  quali  il
medesimo eccesso di  delega  avrebbe  dovuto  essere  rilevato  nella
abrogazione dell'art. 42 piu' volte citato), il sistema risultante e'
complessivamente fondato su di una norma a  carattere  generale.  Ne'
pare possibile avanzare un sospetto di incostituzionalita'  dell'art.
299  del  testo  unico  citato  anche  nella  parte  in  cui  dispone
l'abrogazione di tale norma: l'abrogazione suddetta, infatti, non  ha
comportato di per se' una  modifica  delle  regole  della  competenza
precedentemente stabilite per detto giudice. In effetti, l'intervento
legislativo ritenuto incostituzionale  aveva  operato  un  intervento
asimmetrico che, abrogando l'art. 660 del codice di procedura penale,
determinava   l'attribuzione   al   giudice   dell'esecuzione   della
competenza in materia di conversione di pene pecuniarie in luogo  del
Magistrato di sorveglianza; diversamente, con la vigenza dell'art. 42
del decreto legislativo n. 274 del 2000, quella confluenza  verso  il
giudice dell'esecuzione era,  di  fatto,  gia'  realizzata,  per  cui
l'abrogazione di detta norma aveva avuto l'effetto di modificare quel
quadro  normativa,  il  quale  esprimeva  una  disciplina  antitetica
rispetto a quella dell'art. 660 del codice di procedura penale  e  la
sua abrogazione rispondeva alla  logica  della  armonizzazione  della
disciplina. Questo sistema, peraltro, appare rafforzato dalla recente
introduzione dell'art.  238-bis  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115 del 2002 ad opera del comma 473 dell'art.  1  della
legge 27 dicembre 2017 n. 205, che, occupandosi  della  procedura  di
attivazione della  conversione  delle  pene  pecuniarie  non  pagate,
richiama l'art. 660 del codice di procedura penale  ed  espressamente
la competenza unica del Magistrato di sorveglianza». 
    Da tali complessive considerazioni  la  Corte  di  cassazione  ha
tratto che nel caso in esame, e piu' in generale in tutti i  casi  in
cui si ponga una questione di conversione per insolvibilita' di  pena
pecuniaria irrogata da  un  giudice  di  pace,  debba  provvedere  il
Magistrato di sorveglianza territorialmente competente. 
    A giudizio del giudice di  pace  remittente  la  esposizione  del
dettato normativa vigente, posta  a  fronte  delle  considerazioni  e
conclusioni della sentenza costituzionale  18  giugno  2003,  n.  212
avrebbe dovuto condurre ad  un  diverso  approdo,  nel  rispetto  del
principio di legalita': ovvero a ritenere che l'art. 299 del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 115/2002 (in questa sede si  fara'
riferimento  al  testo  unico  in  materia  di  spese  di  giustizia,
comprensivo delle disposizioni legislative,  decreto  legislativo  n.
113/2002 che  qui  interessa,  e  di  quelle  regolamentari,  decreto
legislativo n. 114/2002) e' affetto da vizio  di  incostituzionalita'
per eccesso di delega anche nella parte in cui ha abrogato l'art.  42
del decreto legislativo n. 274/2000  norma  che  in  virtu'  di  tale
riconosciuta  illegittimita'   avrebbe   dovuto   (dovrebbe)   essere
restituita a piena vigenza (ex tunc) esattamente come l'art. 660  del
codice di procedura penale cosi'  da  ripristinare  integralmente  il
regime regolatore delle competenza  in  materia  di  conversione  per
insolvibilita' di pene pecuniarie, quale disegnato dal legislatore al
momento di introdurre il giudice di pace  nell'ordinamento  giuridico
nazionale  e   legittimamente   in   vigore   antecedentemente   alla
introduzione del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002. 
    Non  sembra  dubitabile  in  proposito  che   quando   la   Corte
costituzionale ha lapidariamente sancito che «Il legislatore delegato
-  indipendentemente  dall'ampiezza   dei   contorni   che   vogliano
attribuirsi alla materia delle spese  di  giustizia  -  era,  dunque,
sicuramente  privo  del  potere  di  dettare   una   disciplina   del
procedimento di conversione delle pene pecuniarie che  comportasse  -
come quella  impugnata  -  una  radicale  modifica  delle  regole  di
competenza.» ha inteso riferirsi  all'intervento  normativo  nel  sua
complesso  e  dunque,  ancorche'  abbia  poi  limitato   la   portata
demolitoria del suo dispositivo  all'art.  299  nella  parte  in  cui
abroga l'art. 600 del codice di procedura penale anche  all'art.  299
nella parte in cui  abroga  l'art.  42  del  decreto  legislativo  n.
274/2000; del resto avendo dato ulteriore conferma del proprio chiaro
intendimento  procedendo  a  dichiarare  incostituzionali  anche  gli
articoli 237 e 238 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
115/2002. 
    Alla luce dunque del significato  della  sentenza  costituzionale
richiamata, tanto limpido quanto riferito  esplicitamente  all'intera
modifica normativa dettata dal legislatore delegato del 2002 in  tema
di  competenza  a   decidere   in   merito   alle   conversioni   per
insolvibilita'  di  pene  pecuniarie,  risulta   non   manifestamente
infondata (rectius: ampiamente fondata) la questione di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  299  del  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 115/2002 nella parte in cui ha abrogato l'art.  42  del
decreto legislativo n. 274/2000,  per  come  affetto  da  eccesso  di
delega in violazione dell'art. 76 della Costituzione. 
    Parallelamente tale questione  risulta  rilevante,  e  nei  fatti
decisiva nel procedimento dibattimentale in corso atteso che  il  suo
accoglimento comportera' un elemento nuovo e risolutivo per affermare
che - diversamente da quanto  sancito  a  risoluzione  del  conflitto
venutosi a creare - competente a  valutare  l'eventuale  applicazione
della pena pecuniaria comminata all'imputato in  sede  di  esecuzione
all'emananda   sentenza,   ma   anche   l'applicazione   della   pena
sostitutiva,  e'  il  giudice  di  pace  e  non  il   Magistrato   di
sorveglianza, attesa l'unicita' del rapporto tra il  giudice  che  ha
emesso  la  sentenza  e  il  giudice  di  pace  dell'esecuzione,  che
dev'essere quello che ha emesso proprio la  sentenza,  a  fronte  del
fatto  che  il  Magistrato  di  sorveglianza  e'  competente  per  la
detenzione domiciliare e non per la permanenza domiciliare, dato  che
quest'ultima disposizione speciale vale solo per il giudice  di  pace
(art. 55 del decreto legislativo n. 274/2000). 
    In tal senso e per completezza  espositiva  puo'  osservarsi  che
quale   effetto   -   evidentemente   non   voluto   della   sentenza
costituzionale n. 212/2003  e'  stata  travolta  anche  la  legittima
volonta' del legislatore che nel 2000 aveva  deciso  di  affidare  al
giudice di pace, in veste di giudice  dell'esecuzione,  le  questioni
afferenti la conversione per insolvibilita' di pene pecuniarie da lui
stesso  irrogate,  nonche'  la  possibilita'  di  applicare  la  pena
sostitutiva del lavoro di pubblica utilita' (su richiesta-art. 54 del
decreto legislativo n. 274/2000), o, in caso  di  recidiva  reiterata
infraquinquennale - art. 52, comma 3, del decreto  legislativo  cit.,
come sembra applicabile al caso di specie, la pena  della  permanenza
domiciliare o del  lavoro  di  pubblica  utilita',  se  e  in  quanto
necessario. 
    L'art. 42 del decreto legislativo n. 274/2000 era  stato  infatti
introdotto del tutto legittimamente nel contesto unitario del sistema
normativa  che  regola  il  funzionamento   del   giudice   di   pace
nell'ordinamento, ed in attuazione di una logica coerente tenendo  in
primo luogo conto dei ruoli radicalmente diversi che  rivestono  tale
giudice onorario e il Magistrato di sorveglianza il quale ultimo vede
i suoi compiti collegati esclusivamente alle vicende esecutive  delle
decisioni della Magistratura penale  ordinaria,  al  cui  interno  si
colloca quale naturale articolazione. 
    L'art. 42 citato introduceva quindi in tema  di  conversione  per
insolvibilita' di pene pecuniarie, un'idea di competenza  diversa  da
quella sottesa al codice di rito, fondata sull'attribuzione  di  tale
specifica funzione  al  giudice  dell'esecuzione  trattandosi  di  un
intervento sul titolo esecutivo  allorche'  se  ne  fosse  constatata
l'ineseguibilita'  nelle  forme   originariamente   stabilite   nella
sentenza di condanna. 
    Il legislatore del 2002 ha quindi evidentemente inteso  estendere
tale opzione funzionale - in  verita'  assai  piu'  coerente  con  la
sistematica  processuale  -  anche  alla  Magistratura  ordinaria,  e
volendo attribuire al Tribunale o alla Corte di appello in  veste  di
giudice  dell'esecuzione  la  procedura  di   conversione   di   pena
pecuniaria  inesigibile  per   insolvibilita',   ha   simultaneamente
abrogato l'art. 660 del  codice  di  procedura  penale  e  introdotto
l'art. 237 del decreto del Presidente Repubblica n. 115/2002  secondo
cui «L'ufficio investe  il  pubblico  ministero,  perche'  attivi  la
conversione presso il giudice dell'esecuzione competente, entro venti
giorni dalla  ricezione  della  prima  comunicazione,  da  parte  del
concessionario,  relativa  all'infruttuoso  esperimento   del   primo
pignoramento su tutti i beni». 
    Norma quest'ultima riferibile - e  riferita  -  ad  ogni  giudice
dell'ordinamento  giuridico   penale,   ordinario   o   onorario,   e
regolatrice della competenza funzionale tanto del Tribunale  e  della
Corte di appello quanto del giudice di  pace,  per  il  quale  ultimo
confermava la scelta gia' adottata a suo tempo nel  2000,  cosi'  che
nessuna variazione sostanziale determinava per tale parte atteso  che
il giudice di pace  rimaneva  competente,  come  in  precedenza,  per
vagliare le richieste  di  conversione  per  insolvibilita'  di  pene
pecuniarie che aveva comminato. 
    Con il venir meno dell'art. 237 del decreto del Presidente  della
Repubblica n. 115/2002 per effetto della sentenza costituzionale  che
andava ad affiancare la gia' occorsa  abrogazione  dell'art.  42  del
decreto legislativo n. 274/2000, ad opera dell'art. 299  del  decreto
del Presidente della Repubblica n.  115/2002  nella  parte  qui  oggi
impugnata dinanzi al giudice delle leggi, si e' dunque cassata  senza
motivo la volonta' del legislatore del 2000 che era stata espressa in
modo assolutamente conforme a Costituzione, e che la legge delega  n.
50/1999 non aveva autorizzato a modificare. 
    L'odierna  questione  di  costituzionalita',  allorche'  accolta,
consentira' dunque di ripristinare quella disposizione che  e'  stata
posta  nell'ordinamento  in  modo   pienamente   legittimo,   tenendo
presente, tra l'altro, che la Corte costituzionale, con  le  sentenze
gemelle del 27 giugno 2012, n.  162  e  9  aprile  2014,  n.  94,  ha
statuito il ripristino delle disposizioni  illegittimamente  abrogate
in seguito  alla  violazione  della  legge  delega  (Cosi'  anche  la
sentenza della Corte costituzionale del 23 gennaio 2014, n.  5  e  la
sentenza del Consiglio di Stato, sezione VI, 19 marzo 2015, n. 1412),
dato che il Governo non  aveva  e  non  ha  il  potere  di  disporre,
conseguentemente, l'abrogazione dell'art. 42 del decreto  legislativo
n. 274/2000, in violazione dell'art. 25 della Costituzione. 
    Parimenti, per gli stessi motivi di cui sopra, va  detto  che  e'
rilevante e costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma  473,  del
della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 (Legge di bilancio per l'anno
2018), che ha introdotto nel decreto del Presidente della  Repubblica
n.   115/2002   l'art.   238-bis,   altrettanto    costituzionalmente
illegittimo (L'articolo citato  238-bis  cosi'  recita:  «Attivazione
delle procedure di conversione delle pene pecuniarie non  pagate).  -
1. Entro la fine di ogni mese l'agente  della  riscossione  trasmette
all'ufficio, anche in via telematica, le informazioni  relative  allo
svolgimento del servizio e all'andamento delle riscossioni delle pene
pecuniarie effettuate nel mese precedente. L'agente della riscossione
che viola  la  disposizione  del  presente  comma  e'  soggetto  alla
sanzione amministrativa di cui all'art. 53 del decreto legislativo 13
aprile 1999, n. 112, e si  applicano  le  disposizioni  di  cui  agli
articoli 54, 55 e 56 del predetto decreto. 
    2. L'ufficio investe il  pubblico  ministero  perche'  attivi  la
conversione presso il magistrato di  sorveglianza  competente,  entro
venti giorni dalla  ricezione  della  prima  comunicazione  da  parte
dell'agente della riscossione, relativa  all'infruttuoso  esperimento
del primo pignoramento su tutti i beni. 
    3. Ai medesimi  fini  di  cui  al  comma  2,  l'ufficio  investe,
altresi', il pubblico ministero se, decorsi ventiquattro  mesi  dalla
presa in carico del ruolo da parte dell'agente della riscossione e in
mancanza della comunicazione di cui al comma 2, non risulti  esperita
alcuna attivita' esecutiva ovvero se gli  esiti  di  quella  esperita
siano  indicativi  dell'impossibilita'   di   esazione   della   pena
pecuniaria o di una rata di essa. 
    4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3,  sono  trasmessi  al  pubblico
ministero  tutti  i  dati  acquisiti  che  siano  rilevanti  ai  fini
dell'accertamento dell'impossibilita' di esazione. 
    5. L'articolo di ruolo relativo alle pene pecuniarie  e'  sospeso
dalla data in  cui  il  pubblico  ministero  trasmette  gli  atti  al
magistrato di sorveglianza competente. 
    6.  Il  Magistrato  di  sorveglianza,  al   fine   di   accertare
l'effettiva insolvibilita' del debitore, puo' disporre  le  opportune
indagini nel luogo del domicilio o della residenza,  ovvero  dove  si
abbia ragione di ritenere che lo stesso possieda altri beni o cespiti
di reddito  e  richiede,  se  necessario,  informazioni  agli  organi
finanziari. 
    7. Quando il Magistrato di  sorveglianza  competente  accerta  la
solvibilita' del debitore,  l'agente  della  riscossione  riavvia  le
attivita' di competenza sullo stesso articolo di ruolo. 
    8.  Nei  casi  di  conversione  della  pena   pecuniaria   o   di
rateizzazione della stessa o di differimento della conversione di cui
all'art. 660, comma 3, del codice di procedura penale,  l'ufficio  ne
da' comunicazione all'agente della riscossione,  anche  ai  fini  del
discarico per l'articolo di ruolo relativo. 
    9. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 trovano  applicazione
anche per le partite di credito per le quali si  e'  gia'  provveduto
all'iscrizione  a  ruolo  alla  data  di  entrata  in  vigore   delle
medesime»), in violazione dell'art. 76  della  Costituzione,  nonche'
articoli 25, 97, comma primo, e 111 della  Costituzione,  e,  in  via
subordinata,  dell'art.  7  della  legge  8   marzo   1999,   n.   50
(Delegificazione e testi  unici  di  norme  concernenti  procedimenti
amministrativi - legge  di  semplificazione  1998),  con  riferimento
all'art. 76 della Costituzione. 
    Invero, fermo restando che e' di rango rango legislativo solo  il
decreto legislativo n. 113  del  2002,  stante  la  natura  meramente
compilativa del successivo decreto del Presidente della Repubblica n.
115 del 2002, cosi' come affermato  dalla  Corte  costituzionale  con
sentenza n. 213/2003, e fermo  restando  che  va  rilevata  anche  in
questo caso la violazione dell'art. art. 7, comma 1, della  legge  n.
50 del 1999 per  eccesso  di  delega,  nell'aver  il  citato  decreto
legislativo n. 113/2002 erroneamente equiparato le spese  processuali
alle  pene  pecuniarie,  mancando  del  tutto  una  valida  delega  a
disciplinare anche la materia relativa alle  sanzioni  pecuniarie,  a
fronte dell'emanato  e  citato  art.  238-bis  che  attiene  solo  al
procedimento di riscossione, va detto che proprio l'art. 1, comma 473
della legge n. 205/2017 inserisce nel decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  115/2002  citato   art.   238-bis   in   seguito   ad
illegittimita' costituzionali derivate, cosi come evidenziate  ovvero
sulla  base  del  decreto  legislativo  n.  113/2002   inficiato   di
illegittimita' costituzionale, in violazione della  legge  delega  n.
50/1999,  art.  7.,  cosi  come  sempre  sopra  evidenziato,  tenendo
presente, 
    La Corte costituzionale, con  la  dichiarata  incostituzionalita'
delle  richiamate   norme   inficiate   di   illegittimita',   potra'
riabilitare il principio di legalita' (art. 25 della Costituzione) in
materia, attesa la piena validita' degli articoli 40 e 55 del decreto
legislativo n. 274/2000, ancora in vigore e  mai  abrogate,  riferite
rispettivamente alle funzioni di  giudice  di  pace  in  qualita'  di
giudice  dell'esecuzione  e  alla  competenza  del  giudice  di  pace
nell'applicare la sanzione della permanenza  domiciliare,  pur  se  a
determinate condizioni, come giudice naturale. 
    Va da se' che la dichiarata incostituzionalita' dell'art. 299 del
decreto legislativo n. 113/2002,  nella  parte  in  cui  ha  abrogato
l'art. 42  del  decreto  legislativo  n.  274/2000,  con  conseguente
reviviscenza  di  tale  ultima  norma  (come  statuito  dalle  citate
sentenze gemelle del 27 giugno 2012, n. 162 e 9 aprile  2014,  n.  94
della Corte costituzionale  (Cosi'  anche  la  sentenza  della  Corte
costituzionale del 23 gennaio 2014, n. 5 e la sentenza del  Consiglio
di Stato, sezione VI, 19 marzo 2015, n. 1412.), in eventuale connubio
con l'attuale art. 1, comma 473, della legge n. 205  del 27  dicembre
2017, e, quindi, con l'art. 238-bis del decreto del Presidente  della
Repubblica n. 115/2002, porterebbe a considerare  e  valutare  o  una
sorta di antinomia tra le  due  norme,  con  evidente  primato  della
prima, in  quanto  rispettosa  degli  articoli  76,  97  e  25  della
Costituzione,  nonche'  dell'art.  49   della   Carta   dei   diritti
fondamentali  dell'Unione  europea  (Carta  di  Nizza),  direttamente
applicabile dal giudice nazionale, giusta  sentenza  della  Corte  di
Cassazione penale, sezione VI, sentenza 15  novembre  2016  (dep.  21
dicembre 2016), n. 54467, in applicazione dell'art.  6,  paragrafo  1
del Trattato sull'Unione  europea,  con  conseguente  disapplicazione
dell'art. 238-bis del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
115/2002,  o  delineare,  nel  rispetto  dell'art.  25  e  97   della
Costituzione e degli articoli 40 e  55  del  decreto  legislativo  n.
274/2000, ancora in vigore, la competenza del  giudice  di  pace,  in
qualita' di giudice dell'esecuzione, per la riconversione delle  pene
pecuniarie  per  i  reati  di  appartenenza,  e,  nel  contempo,   la
competenza del Magistrato di sorveglianza per i reati  di  competenza
del Tribunale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il giudice di pace di Taranto  dichiara  rilevante  nel  presente
giudizio e non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  299  del  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 115/2002 nella  parte  in  cui  abroga  l'art.  42  del
decreto legislativo n. 274/2000, nonche' l'art. 1,  comma  473  della
legge n. 205/2017, che ha introdotto nel decreto del Presidente della
Repubblica n. 115/2002 l'art. 138-bis, in relazione all'art. 76 della
Costituzione  della  Repubblica  italiana,  nonche'   in   violazione
dell'art. 25, 97, comma primo, e 111 della Costituzione,  e,  in  via
subordinata,  dell'art.  7  della  legge  8   marzo   1999,   n.   50
(Delegificazione e testi  unici  di  norme  concernenti  procedimenti
amministrativi - legge  di  semplificazione  1998),  con  riferimento
all'art. 76 della Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  venga  notificata  al  sig.
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  comunicata   ai   sigg.
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera  dei  deputati.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. 
        Taranto, 19 luglio 2019 
 
                      Il Giudice di pace: Russo