N. 46 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 maggio 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6  maggio  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio - Semplificazioni
  procedimentali in materia di varianti urbanistiche - Modifiche alla
  legge regionale n. 36 del 1987 - Razionalizzazione, semplificazione
  ed ottimizzazione dei procedimenti di approvazione  delle  varianti
  urbanistiche e dei piani attuativi. 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio - Semplificazione
  istruttoria per l'approvazione degli strumenti urbanistici generali
  e dei piani attuativi - Modifiche alla legge regionale  n.  38  del
  1999 - Trasformazioni urbanistiche in zona  agricola  -  Previsione
  che la produzione delle  energie  rinnovabili  rientri  nel  novero
  delle attivita' multimprenditoriali consentite. 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio - Semplificazione
  istruttoria per l'approvazione degli strumenti urbanistici generali
  e dei piani attuativi - Modifiche alla legge regionale  n.  38  del
  1999 - Disposizioni relative all'edificazione in zona agricola,  ai
  piani di utilizzazioni  aziendali  e  a  quelli  per  le  attivita'
  multimprenditoriali  -  Consentita   realizzazione   di   manufatti
  connessi alle attivita' agricole, con  ampliamento  delle  relative
  categorie,  mediante  il  riferimento   alle   attivita'   agricole
  tradizionali, connesse e compatibili. 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio  -  Riordino  dei
  procedimenti  amministrativi  concernenti   concessioni   su   beni
  demaniali e  non  demaniali  regionali  -  Funzioni  dei  Comuni  -
  Rilascio delle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone
  del  mare  territoriale  per  finalita'  diverse   da   quelle   di
  approvvigionamento di  fonti  di  energia,  ivi  compresi  i  porti
  turistici, gli  approdi  turistici  ed  i  punti  di  ormeggio  nel
  rispetto di quanto  stabilito  dai  piani  di  utilizzazione  degli
  arenili (PUA) regionali e comunali. 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio - Disposizioni di
  semplificazione  in  materia  ambientale  -  Tutela  delle  foreste
  vetuste e delle faggete depresse - Modificazione della  definizione
  di faggeta depressa - Abbassamento della quota, da 800 m  s.l.m.  a
  300 m s.l.m., al di sotto  della  quale  gli  ecosistemi  forestali
  governati a fustaia a prevalenza di faggio  sono  definiti  tali  -
  Divieto di utilizzazione per attivita' produttive. 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio - Disposizioni di
  semplificazione   in    materia    ambientale    -    Anticipazione
  dell'autorizzazione  paesaggistica   ai   piani   di   gestione   e
  assestamento forestale e al piano poliennale di taglio,  ove  siano
  previsti interventi su beni tutelati. 
Ambiente (Tutela dell') - Norme della Regione Lazio - Disposizioni di
  semplificazione in materia ambientale - Localizzazione di  impianti
  fotovoltaici in zona agricola - Programmazione della produzione  di
  energia  da  fonti  rinnovabili  e  del  risparmio  energetico   in
  agricoltura per le zone omogenee "E" di cui al decreto ministeriale
  n. 1444 del 1968, prevista dal piano energetico regionale (PER)  in
  coordinamento   con   il   piano   agricolo   regionale   (PAR)   -
  Individuazione delle aree idonee  all'installazione  delle  diverse
  tipologie  di  impianti  energetici  e  i   limiti   del   relativo
  dimensionamento  -  Consentita  produzione  di  energia  da   fonti
  rinnovabili, in attesa del PER. 
- Legge della Regione Lazio 27 febbraio 2020, n.  1  (Misure  per  lo
  sviluppo  economico,  l'attrattivita'  degli  investimenti   e   la
  semplificazione), artt. 5; 6, comma 1, lettere b), c), d) ed e); 7,
  comma 7, lettera c); 9, comma 9, lettera d), numero 1), e comma 16;
  e 10, comma 11. 
(GU n.22 del 27-5-2020 )
    Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587;  Pec  per  il
ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso  i
cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 legalmente domicilia; 
    Contro la  Regione  Lazio  (c.f.  80143490581),  in  persona  del
Presidente pro  tempore,  con  sede  in  Roma  -  via  Rosa  Raimondi
Garibaldi n. 7, CAP 00145; 
    Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della  legge
Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1, pubblicata nel B.U.R. n.  17  -
Supplemento 2, del 27 febbraio 2020, recante: «Misure per lo sviluppo
economico, l'attrattivita' degli investimenti e la  semplificazione»,
limitatamente agli articoli 5; 6, comma 1, lett. b), c) d) ed e);  7,
comma 7, lett. c); 9, comma 9, lett. d) n. 1) e comma 16;  10,  comma
11, come da delibera del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2020. 
    Nel B.U.R. n. 17 del 27 febbraio 2020, supplemento  2,  e'  stata
pubblicata la legge regionale Lazio 27 febbraio  2020  n.  1  recante
«Misure per lo sviluppo economico, l'attrattivita' degli investimenti
e la semplificazione». 
    Il  Governo  ritiene  che  tale  legge  sia   censurabile   nelle
disposizioni supra indicate. 
    Propone pertanto  questione  di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Illegittimita' costituzionale dell'art.  5,  della  legge  Regione
Lazio 27 febbraio 2020, n. 1, per contrasto con l'art.  117,  secondo
comma, lett. s) Cost., in riferimento agli articoli 143  e  145,  del
Codice dei Beni Culturali di cui al decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 (norme interposte). 
    La legge della regione Lazio n. 1  del  2020,  all'art.  5,  reca
alcune disposizioni contrastanti con la competenza esclusiva  statale
in materia di tutela dei beni culturali  (art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost.)., e  con  le  disposizioni  del  Codice  dei  Beni
Culturali, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 
    Nel dettaglio. 
    L'art.   5,   e'   rubricato    espressamente    «Semplificazioni
procedimentali in materia di varianti urbanistiche».  Modifiche  alla
legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 «Norme in materia  di  attivita'
urbanistico - edilizia e snellimento delle procedure»  e  alla  legge
regionale 18 luglio 2017, n. 7  «Disposizioni  per  la  rigenerazione
urbana e per il recupero edilizio» e successive modifiche». 
    La  disposizione  e'  illegittima  costituzionalmente  in  quanto
apporta modifiche alla disciplina dei  procedimenti  di  approvazione
delle varianti urbanistiche e dei  piani  attuativi  dello  strumento
urbanistico generale, ponendosi in contrasto con l'art. 117,  secondo
comma, lettera s), Cost., in ordine alla tutela dell'ambiente  e  dei
beni culturali, in quanto non in linea con le disposizioni dettate in
materia dal Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio  di  cui  al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    In particolare, nel testo della norma non vi e'  alcun  richiamo,
ne' alle procedure di adeguamento  e  conformazione  degli  strumenti
urbanistici al  Piano  paesaggistico,  ne'  alla  partecipazione  del
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e  per  il  Turismo  al
procedimento di conformazione e  adeguamento,  che  la  Regione  deve
obbligatoriamente assicurare ai sensi dell'art. 145, commi 4 e 5, del
Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    In tale quadro regolatorio della pianificazione territoriale,  in
particolare, una posizione di assoluta preminenza  e'  attribuita  al
Piano paesaggistico, approvato sulla base dell'intesa tra lo Stato  e
la Regione. 
    Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice  sanciscono
infatti l'inderogabilita' delle previsioni del predetto strumento  da
parte di  piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o  regionali  di
sviluppo  economico  e  la  loro  cogenza  rispetto  agli   strumenti
urbanistici, nonche' l'immediata prevalenza del  piano  paesaggistico
su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica. 
    La  sovraordinazione  del  piano  paesaggistico  e'  gia'   stata
riconosciuta dalla giurisprudenza di codesta  Ecc.ma  Corte,  che  ha
avuto modo di affermare che «sul territorio vengono  a  gravare  piu'
interessi pubblici: da un lato, quelli concernenti  la  conservazione
ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva  allo
Stato, in base  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.;
dall'altro,  quelli  riguardanti  il  governo  del  territorio  e  la
valorizzazione  dei  beni  culturali  ed  ambientali  (fruizione  del
territorio), che sono affidati,  in  virtu'  del  terzo  comma  dello
stesso art. 117, alla competenza  concorrente  dello  Stato  e  delle
Regioni. In definitiva, si «tratta di due tipi  di  tutela,  che  ben
possono essere coordinati fra loro, ma  che  debbono  necessariamente
restare distinti» (cosi' la citata sentenza  n.  367  del  2007).  Ne
consegue, sul piano del riparto di competenze tra Stato e Regione  in
materia di paesaggio, la «separatezza tra pianificazione territoriale
ed urbanistica, da  un  lato,  e  tutela  paesaggistica  dall'altro»,
prevalendo,  comunque,  «l'impronta  unitaria  della   pianificazione
paesaggistica» (sentenza n. 182 del 2006). E' in siffatta piu'  ampia
prospettiva che, dunque, si colloca il  principio  della  "gerarchia"
degli strumenti di pianificazione dei diversi  livelli  territoriali,
espresso dall'art. 145 del  decreto  legislativo  n.  42  del  2004».
(cosi' Corte cost. n.  180  del  2008;  in  senso  conforme  gia'  la
sentenza n. 367 del 2007). 
    Orbene, in tale  disegno  normativo,  si  colloca  la  previsione
secondo  la  quale  la  verifica  della   coerenza   con   il   piano
paesaggistico  degli   altri   strumenti   di   pianificazione   deve
necessariamente avvenire con la partecipazione dei competenti  organi
del Ministero. 
    L'art. 145, comma 5, del  Codice  stabilisce,  infatti,  che  «La
Regione disciplina il procedimento di  conformazione  ed  adeguamento
degli strumenti  urbanistici  alle  previsioni  della  pianificazione
paesaggistica,   assicurando   la   partecipazione    degli    organi
ministeriali al procedimento medesimo». 
    Tale riferimento procedimentale, ma  con  risvolti  evidentemente
sostanziali, costituisce un vincolo cogente ed imprescindibile, nella
disciplina dell'intera materia. 
    E' infatti costante nella  giurisprudenza  di  codesta  Corte  il
riferimento alla necessita' della pianificazione condivisa,  in  tali
fattispecie. In particolare, con  la  sentenza  n.  178/2018,  si  e'
espressamente  affermata  l'illegittimita'  costituzionale   di   una
normativa  regionale  avente  ad  oggetto  modifiche  al  vincolo  di
integrale  di  conservazione  di  singoli  caratteri   naturalistici,
storico-morfologici, per taluni interventi. poiche' «La resistente ha
proceduto in modo unilaterale  e  non  attraverso  la  pianificazione
condivisa conformemente ai  parametri  interposti  indicati,  cui  e'
riconosciuto il rango di norme di grande  riforma  economico-sociale;
in ogni caso, in presenza di piu' competenze - quella dello Stato  in
materia ambientale, e quella della resistente in materia di  edilizia
ed urbanistica, cosi' intrecciate  ed  interdipendenti  in  relazione
alla  fattispecie  in  esame  -  la  concertazione   legislativa   ed
amministrativa risulta indefettibile». 
    E ancora si e' affermato che le disposizioni del Codice dei  beni
culturali e del paesaggio si impongono al  rispetto  del  legislatore
Regionale, anche in considerazione della  loro  natura  di  norme  di
grande riforma economico-sociale (sentenze n. 210 del 2014  e  n.  51
del 2006). Detto rispetto comporta, tra l'altro, che le  Regioni  non
possono assumere, unilateralmente, decisioni che liberino dal vincolo
ambientale porzioni del territorio. 
    «Il modello procedimentale che permette  la  conciliazione  degli
interessi in gioco e la coesistenza  dei  due  ambiti  di  competenza
legislativa statale e regionale  e'  quello  che  prevede  la  previa
istruttoria e il previo coinvolgimento dello Stato nella decisione di
sottrarre eventualmente  alla  pianificazione  ambientale  beni  che,
almeno in astratto, ne fanno "naturalmente" parte. (Corte cost. sent.
103/17). 
    La      norma       regionale,       che       tale       vincolo
"concertativo-procedimentale"    ha    mancato     di     richiamare,
sostanzialmente superandolo (rectius: "elidendolo"), risulta pertanto
costituzionalmente illegittima. 
    Oltre quanto  precede,  nelle  disposizioni  impugnate  manca  un
rinvio alle procedure di adeguamento e conformazione degli  strumenti
urbanistici comunali al PTPR, cosi' come  disciplinate  dall'art.  65
delle Norme di  Piano,  oggetto  della  deliberazione  del  Consiglio
regionale del Lazio  n.  5  del  2019,  di  approvazione  del  «Piano
territoriale paesistico regionale (PTPR)», pubblicata nel  Bollettino
ufficiale della Regione Lazio il 13 febbraio 2020. 
    A tal proposito, va evidenziato che le predette Norme  di  Piano,
compreso l'art. 65, proprio laddove unilateralmente modificate  dalla
Regione Lazio rispetto alla precedente  versione  concordata  con  il
Ministero, sono gia' state sottoposte al  vaglio  di  codesta  Ecc.ma
Corte  costituzionale  (con  conflitto  di  attribuzione   ai   sensi
dell'art. 134 Cost., avente ad oggetto la predetta deliberazione  con
la quale la  Regione  Lazio  ha  illegittimamente  approvato  in  via
unilaterale i PTPR), perche'  ritenute  violative  del  principio  di
rilievo costituzionale di copianificazione paesaggistica obbligatoria
(costante nella giurisprudenza sopra richiamata),  che,  anche  sotto
tale ulteriore profilo, viene violato dalla norma in esame. 
    La ripresa dei lavori di copianificazione tra  la  Regione  e  il
Ministero,  successivamente  alla  deliberazione  n.  5  citata,   ha
comunque consentito  l'elaborazione  di  un  nuovo  testo  normativo,
comprensivo anche dell'art. 65, confluito come Allegato alla proposta
di deliberazione consiliare n. 42 del  2020  formulata  dalla  Giunta
regionale.  Per  assicurare  la  legittimita'  costituzionale   della
disciplina regionale nella materia de qua e' quindi necessario che si
faccia riferimento a  tale  ultima  formulazione,  condivisa  con  il
Ministero e coerente con l'impianto del Codice dei beni  culturali  e
del paesaggio. 
2. Illegittimita' dell'art. 6, comma 1, lett. b), c), d) ed  e),  per
violazione degli articoli 9 e 117, secondo  comma,  lett.  s),  della
Costituzione, con riferimento agli artt. 20, 21, 135, 143 e  145  del
Codice dei beni culturali e del paesaggio (norme interposte). 
    Illegittimo risulta anche  l'art.  6  rubricato  «Semplificazione
istruttoria per l'approvazione degli strumenti urbanistici generali e
dei piani attuativi. Modifiche alla legge regionale 22 dicembre 1999,
n. 38 "Norme sul governo del territorio" e successive modifiche». 
    In  particolare,  il  comma  1,  lett.  b),  di  tale   articolo,
sostituisce il comma 2, dell'art. 54, della legge n. 38 del 1999, che
disciplina le trasformazioni urbanistiche in zona agricola. 
    Per effetto della novella, il predetto comma 2 assume la seguente
formulazione: «Nel rispetto degli articoli 55,  57  e  57-bis  e  dei
regolamenti ivi previsti, nelle  zone  agricole  sono  consentite  le
attivita' rurali aziendali come individuate all'art.  2  della  legge
regionale n. 14/2006, comprensive delle attivita' multimprenditoriali
individuate  dal  medesimo  art.   2.   Rientrano   nelle   attivita'
multimprenditoriali le seguenti attivita': 
      a) turismo rurale; 
      b) trasformazione e  vendita  diretta  dei  prodotti  derivanti
dall'esercizio delle attivita' agricole tradizionali; 
      c) ristorazione e degustazione dei  prodotti  tipici  derivanti
dall'esercizio delle attivita' agricole tradizionali; 
      d)  attivita'  culturali,   didattiche   sociali,   ricreative,
sportive e terapeutico - riabilitative; 
      e) accoglienza ed assistenza degli animali; 
      f) produzione delle energie rinnovabili.». 
    L'attivita' di  «produzione  delle  energie  rinnovabili»  viene,
quindi, espressamente inclusa tra le attivita' «multimprenditoriali»,
generalmente consentite in zona agricola. 
    In tal  modo,  la  Regione  Lazio  amplia  significativamente  le
categorie delle attivita' ritenute "compatibili"  con  il  territorio
rurale, con la  finalita'  di  agevolare  l'utilizzo  del  territorio
agricolo per la produzione di energia da fonti rinnovabili; tuttavia,
cio'  avviene  prescindendo  da  una  valutazione   sulla   effettiva
capacita' produttiva e vocazione culturale del territorio, oltre  che
dai suoi valori paesaggistici. 
    Gia' in altre  occasioni,  codesta  Corte  aveva  avuto  modo  di
affermare  (in  fattispecie  similari,   sentenza   n.   103/17)   la
sussistenza  di  un  generale  «favor  per  la  conservazione   della
destinazione  pubblica»,  strettamente   legato   alla   «connessione
inestricabile dei profili economici, sociali  e  ambientali;  con  la
conseguenza che ogni ipotesi di  cambio  di  "classificazione"»  deve
assolutamente soggiacere al meccanismo concertativo. 
    La  modifica  normativa  qui  contestata,  invece,  consente   in
concreto  una  vera  e  propria  riconversione  funzionale  di  ampie
porzioni (anche centinaia di ettari)  di  territorio  da  agricolo  a
industriale, al di la' di qualsiasi strumento  di  pianificazione  di
settore, e pertanto in assenza di una effettiva, preventiva, mirata e
necessaria programmazione  degli  interventi  di  trasformazione  del
territorio  regionale,  da  compiersi  in  prima  istanza  nel  piano
paesaggistico regionale. 
    La norma, infatti,  omette  l'imprescindibile  espresso  richiamo
alla necessita' di adeguarsi  alle  previsioni  della  pianificazione
paesaggistica, previamente condivisa mediante intesa  con  lo  Stato,
oltre che del PER e delle altre leggi regionali. 
    In  assenza  di  tale  richiamo,  la  normativa  regionale   deve
ritenersi illegittima, in quanto violativa della sfera di  competenza
esclusiva riservata allo Stato, ex art. 117, secondo comma, lett. s),
della Costituzione (rispetto al quale le disposizioni degli  articoli
135, 143 e  145  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio
costituiscono norme interposte). 
    Con   l'ulteriore   diretta   ed   inevitabile   conseguenza   di
pregiudicare l'interesse costituzionale alla tutela del paesaggio, in
violazione dell'art. 9 della  Costituzione,  che  costituisce  valore
primario e assoluto (Corte cost. 367 del 2007). 
    Al riguardo, codesta Corte ha avuto modo di precisare, in termini
generali, che: "Sul territorio (...) «vengono a trovarsi di fronte» -
tra gli altri - «due tipi di interessi pubblici diversi: quello  alla
conservazione del paesaggio,  affidato  allo  Stato,  e  quello  alla
fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni»  (sentenza  n.
367 del 2007, punto 7.1 del Considerato in diritto).  Fermo  restando
che  la  tutela  del  paesaggio  e   quella   del   territorio   sono
necessariamente  distinte,  rientra  nella   competenza   legislativa
statale stabilire la linea di distinzione tra  le  ipotesi  di  nuova
costruzione  e  quelle  degli  altri  interventi   edilizi.   Se   il
legislatore regionale potesse definire  a  propria  discrezione  tale
linea, la conseguente difformita' normativa che  si  avrebbe  tra  le
varie Regioni produrrebbe rilevanti  ricadute  sul  «paesaggio  [...]
della Nazione» (art. 9 Cost.), inteso come «aspetto  del  territorio,
per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che  e'  di  per
se' un valore costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007), e sulla sua
tutela" (sentenza n. 309 del 2011). 
    La disciplina regionale censurata,  invece,  prevedendo  in  modo
generalizzato  la  possibile  destinazione  di  aree  agricole   alla
produzione di energie rinnovabili, pretermette il ruolo  proprio  del
piano paesaggistico nell'individuazione degli usi compatibili (o  non
compatibili) con i beni soggetti a tutela paesaggistica. 
    Le disposizioni contrastano, nello specifico, con la  scelta  del
legislatore statale di rimettere alla  pianificazione  la  disciplina
d'uso dei beni paesaggistici (c.d. vestizione dei vincoli),  ai  fini
dell'autorizzazione  degli  interventi:  scelta   esplicitata   negli
articoli 135,  143  e  145  del  Codice  dei  beni  culturale  e  del
paesaggio,  costituenti  norme  interposte  rispetto   al   parametro
costituzionale di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma, lett. s),
della Costituzione. 
    A questo proposito, la parte III del Codice  dei  beni  culturali
(dedicata a i beni paesaggistici)  delinea  un  sistema  organico  di
tutela del paesaggio (come bene di rango costituzionale), inserendo i
tradizionali strumenti del provvedimento  impositivo  del  vincolo  e
dell'autorizzazione paesaggistica  nel  quadro  della  pianificazione
paesaggistica del territorio, che deve essere elaborata concordemente
da Stato e Regione. 
    Tale  pianificazione  concordata  prevede,  per   ciascuna   area
tutelata, le cd. prescrizioni d'uso (e cioe' i  criteri  di  gestione
del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria)  e  stabilisce
la tipologia delle trasformazioni compatibili e  di  quelle  vietate,
nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. 
    Il   legislatore   nazionale,   nell'esercizio   della   potesta'
legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico
una   posizione   di   assoluta   preminenza   nel   contesto   della
pianificazione territoriale. Gli articoli 143, comma 9, e 145,  comma
3, del Codice di settore sanciscono, infatti, l'inderogabilita' delle
previsioni del predetto strumento da  parte  di  piani,  programmi  e
progetti nazionali o  regionali  di  sviluppo  economico  e  la  loro
cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonche', come gia' sopra
evidenziato, l'immediata prevalenza del piano paesaggistico  su  ogni
altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica. 
    Dispone espressamente l'art. 145 comma 3 che «Le  previsioni  dei
piani  paesaggistici  di  cui  agli  articoli  143  e  156  non  sono
derogabili da parte  di  piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o
regionali di sviluppo  economico,  sono  cogenti  per  gli  strumenti
urbanistici dei comuni, delle citta' metropolitane e delle  province,
sono   immediatamente   prevalenti   sulle   disposizioni    difformi
eventualmente contenute  negli  strumenti  urbanistici,  stabiliscono
norme di salvaguardia applicabili in  attesa  dell'adeguamento  degli
strumenti urbanistici e sono altresi' vincolanti per  gli  interventi
settoriali.  Per  quanto  attiene  alla  tutela  del  paesaggio,   le
disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque  prevalenti  sulle
disposizioni contenute negli  atti  di  pianificazione  ad  incidenza
territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli
degli enti gestori delle aree naturali protette». 
    E la giurisprudenza di codesta Corte ha affermato "sul piano  del
riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di paesaggio, la
«separatezza tra pianificazione territoriale ed  urbanistica,  da  un
lato,  e  tutela  paesaggistica  dall'altro»,  prevalendo,  comunque,
«l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica" (sentenza n.
182 del 2006 e n. 180 del 2008, cit.). 
    La  disposizione  regionale  in  esame,  pertanto,  si  pone   in
conflitto con la normativa statale, laddove  consente  trasformazioni
del  territorio  agricolo,  anche  paesaggisticamente  vincolato,  in
contrasto con la vocazione naturale  del  territorio  e  a  discapito
della sua conservazione e integrita', senza richiamare  espressamente
la disciplina dettata al riguardo dal piano paesaggistico. 
    Cio' posto, va anche evidenziato come  la  Regione  Lazio  sia  a
tutt'oggi  priva  di  un  piano  paesaggistico  concordato   con   il
Ministero. La Regione,  come  gia'  rilevato,  con  la  delibera  del
Consiglio regionale n. 5 del 2019 (oggetto di  impugnativa  da  parte
del  Governo  davanti  a   codesta   Ecc.ma   Corte)   ha   approvato
unilateralmente un piano, in violazione dei principi sopra richiamati
principio di leale collaborazione, in quanto da tempo erano in  corso
i lavori di co-pianificazione con il Ministero. Con la  pubblicazione
di tale deliberazione, in  data  13  febbraio  2020,  nel  Bollettino
regionale, tale piano  ha  assunto  piena  efficacia  nel  territorio
regionale, ancorche', medio tempore, i  lavori  di  co-pianificazione
erano ripresi e avevano portato all'elaborazione di  un  nuovo  testo
condiviso, allo stato non approvato dal Consiglio regionale. 
    Anche alla luce della mancanza, nel territorio regionale,  di  un
piano  paesaggistico  oggetto  di  pianificazione  congiunta  con  il
Ministero, quindi, la disciplina  introdotta  dalla  legge  regionale
impugnata  avrebbe   dovuto,   a   maggior   ragione,   espressamente
subordinare  l'applicabilita'  delle   previsioni   in   materia   di
localizzazione  di  impianti  di  produzione  di  energia  da   fonti
rinnovabili in aree agricole, alla previa definizione di un quadro di
regole condiviso con il Ministero  nell'ambito  della  pianificazione
paesaggistica. Cio' anzitutto allo scopo di evitare che, in  sede  di
rilascio delle  autorizzazioni,  le  singole  trasformazioni  vengano
valutate singolarmente, omettendo di considerare complessivamente  il
contesto ambientale paesaggistico, la cui  tutela  e'  specificamente
demandata dal legislatore nazionale proprio al piano paesaggistico. 
    Sul punto, va ribadito che codesta Corte ha  da  tempo  affermato
l'esistenza di un vero e proprio obbligo,  costituente  un  principio
inderogabile della legislazione statale,  di  elaborazione  congiunta
del piano paesaggistico, con riferimento  ai  beni  vincolati  (Corte
cost. n. 86 del 2019) e ha rimarcato che  l'impronta  unitaria  della
pianificazione paesaggistica «e' assunta  a  valore  imprescindibile,
non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di  un
intervento teso a stabilire una  metodologia  uniforme  nel  rispetto
della legislazione di  tutela  dei  beni  culturali  e  paesaggistici
sull'intero territorio nazionale» (Corte cost., n. 182 del 2006; cfr.
anche la sentenza n. 272 del 2009). 
    La disposizione regionale censurata si pone in contrasto con tali
principi, in quanto, di fatto, prescinde dal piano paesaggistico, nei
termini sopra indicati. 
    L'art.  6  della  legge  regionale  in  esame  risulta,   quindi,
costituzionalmente illegittimo laddove, nel disciplinare le attivita'
"multimprenditoriali" consentite in zona agricola  e  nel  prevedere,
tra queste, espressamente la produzione  delle  energie  rinnovabili,
richiama soltanto il  rispetto  della  normativa  regionale,  ma  non
prevede analoga clausola in favore del piano paesaggistico (frutto di
elaborazione congiunta con il Ministero),  ai  sensi  degli  articoli
135, comma 1, e 143, comma 2, del Codice di settore. 
    In particolare, la suddetta disposizione si pone in contrasto con
la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in  materia  di  tutela
del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma,  lett.  s),  della
Costituzione, rispetto al quale costituiscono  norme  interposte  gli
articoli 135,  143  e  145  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio. 
    Da quanto precede, inoltre, deriva  ulteriormente  la  violazione
dell'art. 9  della  Costituzione  -  il  quale  pone  la  tutela  del
paesaggio quale interesse primario e assoluto (cfr.  Corte  cost.  n.
367 del 2017) - in considerazione del potenziale pregiudizio ai  beni
tutelati  derivante  dagli   interventi   incentivati   dalla   legge
regionale. 
    Per tali ragioni si  chiede  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della norma impugnata. 
    Ugualmente viziate risultano le disposizioni  introdotte  con  le
lettere c), d) ed e) del comma 1, dell'art. 6, della legge  regionale
n. 1/20, relative all'edificazione in zona agricola e ai PUA -  Piani
di utilizzazione aziendale. 
    In particolare,  vengono  disposte  le  seguenti  modifiche  agli
articoli 55, 57 e 57-bis della legge n. 38 del 1999: 
      «c) all'art. 55: 
        1) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti: 
    "5-bis. La superficie funzionale alla realizzazione del programma
di  miglioramento  aziendale   e'   definita   superficie   aziendale
asservita. Tale superficie non puo' essere inferiore alla  superficie
in grado di generare, se previsto, l'indice fondiario utilizzato. 
    5-ter. I manufatti presenti all'interno dell'azienda agricola  di
cui al comma 4 sono denominati fabbricati aziendali. Costituiscono  i
fabbricati  aziendali  le  strutture  adibite   a   scopo   abitativo
denominate abitazioni rurali di cui  all'art.  57,  comma  3,  e  gli
annessi agricoli strumentali di cui al comma 5-quater. 
    5-quater. Gli  annessi  agricoli  sono  i  manufatti  strumentali
all'esercizio delle attivita' di cui all'art.  54,  comma  2  e  sono
classificati nelle seguenti categorie: 
      a) annessi agricoli tamponati:  strutture  chiuse  su  tutti  i
lati. Sono considerati annessi agricoli tamponati anche le  strutture
realizzate al di sotto della superficie del  piano  di  campagna.  La
realizzazione di  annessi  agricoli  tamponati  interrati  e'  sempre
sottoposta all'approvazione di un PUA di cui all'art. 57; 
      b) annessi agricoli stamponati: strutture completamente  aperte
su tutti i lati ovvero aperte su un unico lato nel caso  in  cui  gli
altri lati siano tamponati, senza utilizzo di finestrature,  sino  ad
un terzo dell'altezza massima del fabbricato calcolata dal  piano  di
campagna fino alla gronda. Gli  annessi  agricoli  stamponati,  salvo
quanto  diversamente  e  piu'  restrittivamente  indicato  dai  piani
urbanistici comunali, dai piani territoriali o  dalla  pianificazione
di  settore,  possono  essere  realizzati  su  un  lotto  minimo  non
inferiore a 30.000 metri quadrati, con un  rapporto  di  0,002  metri
quadrati per metro quadrato di terreno ed una altezza massima di  7,5
metri; 
      c) annessi agricoli  produttivi:  volumi  tecnici  o  manufatti
realizzati e utilizzati  esclusivamente  per  il  soddisfacimento  di
specifiche necessita' tecniche dell'azienda. Con deliberazione  della
Giunta  regionale  sono   individuate   le   relative   tipologie   e
caratteristiche quali silos, concimaie, vasche  per  raccolta  acqua,
strutture destinate alla produzione  di  biogas  come  da  previsione
degli articoli 214, 215 e 216 del decreto  legislativo  n.  152/2006,
nonche' piscine  realizzabili  solo  se  adibite  al  servizio  delle
attivita' multifunzionali di tipo agrituristico  di  cui  alla  legge
regionale n. 14/2006 e di quelle integrate  e  complementari  di  cui
all'art. 3 della legge regionale n. 14/2006 e all'art. 54,  comma  2.
Gli   annessi   agricoli   produttivi   sono   realizzabili   tramite
presentazione e  approvazione  di  un  PUA  redatto  ai  sensi  della
presente legge, fatto salvo per gli annessi produttivi "serre" di cui
alla legge regionale 12 agosto 1996, n.  34  (Disciplina  urbanistica
per la costruzione delle serre) e successive modifiche; 
      d) annessi agricoli misti: manufatti costituiti,  nel  medesimo
corpo di fabbrica,  da  piu'  tipologie  tra  quelle  indicate  nelle
lettere a), b) e c).»; 
        2) al comma 6: 
          2.1 dopo le parole: "gli annessi agricoli"  e  inserita  la
seguente: "strumentali"; 
          2.2 dopo le parole: "con copertura a tetto"  sono  aggiunte
le seguenti: "I comuni, nei  propri  strumenti  urbanistici,  possono
prevedere per la nuova edificazione di  annessi  agricoli  stamponati
un'altezza fino a 7,50 metri lineari, anche con una diversa tipologia
di copertura dei manufatti"; 
        3) al comma 7 le  parole:  "per  lavorazioni  agricole"  sono
sostituite dalle seguenti: "per attivita'  agricole  tradizionali  di
cui alla legge regionale n. 14/2006"; 
        4) al comma 9 dopo le parole: "non sono consentiti interventi
di nuova edificazione" sono aggiunte le seguenti: ", ad esclusione di
quanto previsto nell'art. 57. Gli interventi di muova edificazione di
cui al cominci 5-quater, lettera b),  sono  realizzati  detraendo  le
superfici degli annessi stamponati esistenti": 
        5) dopo il comma 13 e' aggiunto il seguente: 
    «13-bis. Le amministrazioni comunali trasmettono  alla  direzione
regionale competente in materia di agricoltura, entro tre mesi  dalla
comunicazione di fine lavori o dal momento dell'inizio  attivita',  i
dati significativi relativi alla nuova edificazione autorizzata nelle
zone omogenee E, nonche' i dati significativi dei  PUA  approvati  ai
sensi degli articoli  57,  57-bis  e  57-ter.  I  dati  significativi
oggetto di trasmissione  sono  i  seguenti:  dati  di  individuazione
anagrafica   e   amministrativa   dell'impresa,   motivazione   della
presentazione, denominazione delle attivita' interessate  tra  quelle
previste all'art. 54, comma 2, lettere a) e b), numero di  fabbricati
manufatti e relative dimensioni in termini di volumetria  complessiva
realizzata e le eventuali infrastrutture realizzate  e/o  ampliate  a
servizio  della  nuova  edificazione  realizzata.  Qualora  la  nuova
autorizzazione  sia  funzionale  all'esercizio  di  attivita'  rurali
aziendali che prevedano  la  trasmissione  di  dati  funzionali  agli
elenchi di cui alla legge regionale n. 14/2006, l'invio dei  dati  e'
contestuale all'invio dei dati necessari alla gestione degli elenchi.
Presso  la  direzione  regionale  e'  istituito  il  registro   delle
trasformazioni effettuate in zona agricola.  La  direzione  regionale
agricoltura elabora, sulla base dei  dati  pervenuti  e  con  cadenza
annuale,  una  relazione  sulle  trasformazioni  effettuate  in  zona
agricola e la trasmette alle  commissioni  consiliari  competenti  in
materia di urbanistica ed agricoltura.»; 
      d) all'art. 57: 
        1) al comma 1  la  parola:  "sviluppo"  e'  sostituita  dalle
seguenti: "miglioramento aziendale"; 
        2) al comma 2: 
          2.1 alle lettere b) e c) le parole: "di  cui  all'art.  55,
comma 6" sono soppresse; 
          2.2 dopo la lettera e) sono aggiunte le seguenti: 
«e-bis)  la  deroga  al  dimensionamento   degli   annessi   agricoli
stamponati di cui all'art. 55, comma 5-quater, lettera b); 
e-ter) la realizzazione degli  annessi  agricoli  produttivi  di  cui
all'art. 55, comma 5-quater, lettera c); 
e-quater) la realizzazione di annessi agricoli tamponati utilizzando,
qualora previsto dagli strumenti urbanistici  comunali,  il  rapporto
massimo di 0,008 metri quadrati per metro quadrato di terreno di  cui
all'art. 55, comma 6; 
e-quinquies) la rifunzionalizzazione e la nuova edificazione  per  le
attivita'  multifunzionali  identificate  all'art.  2   della   legge
regionale n. 14/2006 con esclusione dell'introduzione  dell'attivita'
agrituristica all'interno  dell'abitazione  rurale  dell'imprenditore
agricolo,  come  previsto  dall'art.  15  della  legge  regionale  n.
14/2006.»; 
      3)  al  cominci  3  le  parole:  "strutture  adibite  a   scopo
abitativo" sono sostituite dalle seguenti: "abitazioni rurali"; 
      4) dopo la lettera g) del comma 6 e' aggiunta la seguente: 
        «g-bis) alla verifica del rispetto degli obblighi di  cui  al
comma  8  e  dei  vincoli  previsti  all'art.  58  e  alla   corretta
individuazione della superficie aziendale asservita.»; 
      5) al comma 7: 
        5.1 le parole: "ed e)" sono sostituite dalle seguenti: ", e),
e-bis), e-ter), e-quater) ed e-quinquies)"; 
        5.2 le parole: "I comuni  nei  propri  strumenti  urbanistici
possono prevedere per la nuova edificazione di  annessi  agricoli  da
realizzare previa approvazione di un PUA indici fondiari fino  ad  un
massimo di 0,008 metri quadrati per metro quadro di terreno;  in  tal
caso il relativo PUA e' approvato dalla  struttura  tecnica  comunale
competente." sono soppresse; 
      6) al comma 8: 
        6.1 dopo le parole: "Il PUA e' rilasciato" sono  inserite  le
seguenti: "anche con le modalita' del procedimento unico di cui  agli
articoli 7 ed  8  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  7
settembre 2010, n. 160 (Regolamento  per  la  semplificazione  ed  il
riordino della disciplina sullo  sportello  unico  per  le  attivita'
produttive, ai sensi dell'art. 38,  comma  3,  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133) e successive modifiche; 
        6.2 dopo le parole: "oltre a quanto  previsto  dall'art.  76"
sono inserite le seguenti: "specificatamente per la convenzione"; 
        6.3 alla lettera a) le parole: ", in relazione  ai  quali  e'
richiesta  la  realizzazione  di  nuove  costruzioni   rurali"   sono
soppresse; 
        6.4 alla lettera  b)  dopo  le  parole:  "destinazione  d'uso
rurale" sono inserite le seguenti: ", qualora presente, "; 
        6.5 alla lettera d) le parole:  "il  fondo"  sono  sostituite
dalle seguenti: "la superficie aziendale asservita"; 
      7) al comma 10 le parole: "all'atto  del  fine  lavori  e  alla
conclusione   del   procedimento   di   presentazione   della    SCIA
amministrativa  per  l'inizio  attivita'"   sono   sostituite   dalle
seguenti:  "all'atto  del  fine  lavori  e/o  alla  conclusione   del
procedimento di presentazione dell'inizio attivita'"; 
      e) all'art. 57-bis: 
        1) alla rubrica le parole: "integrate e  complementari"  sono
sostituite dalla seguente: "multimprenditoriali"; 
        2) al comma 1: 
          2.1 le parole: "Le attivita' integrate e  complementari  di
cui all'art. 54, comma 2, lettera b),  possono  essere  introdotte  e
svolte all'interno dell'azienda agricola in regime di connessione con
le attivita' agricole aziendali" sono sostituite dalle seguenti:  "Le
attivita' multimprenditoriali di cui all'art. 2 della legge regionale
n.  14/2006  integrate  e  complementari  all'attivita'  agricola   e
compatibili con la  destinazione  di  zona  agricola  possono  essere
introdotte e svolte all'interno dell'azienda agricola  in  regime  di
connessione con le attivita' agricole aziendali  di  cui  all'art.  2
della legge regionale n. 14/2006"; 
          2.2 la lettera c) e' abrogata; 
        3) al comma 2: 
          3.1 le parole: "Le attivita' integrate e complementari  cui
all'art. 54, comma 2, lettera b),  possono  essere  svolte  anche  da
soggetti diversi da  quelli  di  cui  all'art.  57,  comma  1:"  sono
sostituite dalle seguenti:  "Le  attivita'  multimprenditoriali  sono
svolte esclusivamente da soggetti diversi da quelli di  cui  all'art.
55, comma 4"; 
          3.2 dopo le parole: "Nell'ambito del regime di  connessione
gli  imprenditori  agricoli"  sono  inserite  le  seguenti:  "di  cui
all'art. 57, comma 1,"; 
          3.3 le parole: "che esercitano  le  attivita'  integrate  e
complementari" sono sostituite dalle  seguenti:  "che  esercitano  le
attivita' multimprenditoriali"; 
        4) al comma 3 le parole: "integrate e  complementari  di  cui
all'art. 54, comma 2, lettera b)", sono  sostituite  dalla  seguente:
"multimprenditoriali"; 
        5) al comma 4 le  parole:  "di  cui  all'art.  54,  comma  2,
lettera b)," sono sostituite dalla seguente: "multimprenditoriali": 
        6) al comma 5 le  parole:  "di  cui  all'art.  54,  comma  2,
lettera b)" sono sostituite dalla seguente: "multimprenditoriali"; 
        7)  al  comma  8  le  parole:  "integrate  e   complementari"
sostituite dalla seguente: "multimprenditoriali"; 
        8) il comma 9 e' abrogato; 
        9) al comma 12: 
          9.1 alla lettera a) le parole: "integrate e  complementari"
sono sostituite dalla seguente: "multimprenditoriali"; 
          9.2 la lettera b) e' sostituita dalla seguente: 
«h) le condizioni per la costituzione e per la permanenza del  regime
di connessione tra le attivita' agricole aziendali di cui all'art.  2
della legge regionale n. 14/2006 e le attivita'  multimprenditoriali,
nonche' le conseguenze del venir meno del regime di connessione;»; 
        10) al comma 13 le parole: "delle attivita' di  cui  all'art.
54, comma 2, lettera b), in violazione dei  commi  3,  4  e  5"  sono
sostituite dalle seguenti: "delle attivita'  multimprenditoriali,  in
violazione dei commi 3, 4, 5 e 11". 
    Come si evince dal tenore letterale delle disposizioni riportate,
esse consentono  di  realizzare  manufatti  connessi  alle  attivita'
agricole, ampliando sensibilmente le relative categorie  mediante  il
riferimento  «alle  attivita'  agricole  tradizionali,   connesse   e
compatibili» e prevedendo, tra i vari interventi  possibili,  perfino
la realizzazione di piscine. 
    Anche in questo caso, quindi, la Regione pretende  di  consentire
la trasformazione  indiscriminata  delle  aree  agricole,  senza  una
definizione preventiva degli interventi compatibili con il  contesto,
che  deve  avvenire  nell'ambito  piano   paesaggistico   previamente
elaborato d'intesa con lo Stato. 
    Gli effetti di tale estensione della facolta'  di  trasformazione
coinvolgono, potenzialmente, anche contesti tutelati, come le aziende
agricole situate in aree vincolate, oggetto di  specifica  previsione
nelle Norme del PTPR (art. 52) approvate e pubblicate nel  Bollettino
Ufficiale  regionale  del  13  febbraio  2020  (la  cui  formulazione
attuale, come ricordato, non e' stata condivisa con il  Ministero  ed
e' pertanto gia'  all'attenzione  di  codesta  Corte  costituzionale,
innanzi alla quale e' stato proposto conflitto di attribuzioni). 
    Anche per tali norme, quindi, vale quanto  gia'  argomentato  con
riferimento al comma 1, lett. b), del medesimo art. 6, in merito alla
tutela paesaggistica, di cui alla  parte  III  del  Codice  dei  beni
culturali (dedicata a i beni paesaggistici). 
    Come gia' detto, quest'ultimo, delineando un sistema organico  di
tutela del paesaggio (come bene di rango costituzionale), ha inserito
i tradizionali strumenti del provvedimento impositivo del  vincolo  e
dell'autorizzazione paesaggistica  nel  quadro  della  pianificazione
paesaggistica del territorio, che deve essere elaborata concordemente
da Stato e Regione. 
    In tale pianificazione concordata, il legislatore nazionale  (con
potesta' legislativa esclusiva in  materia)  ha  assegnato  al  piano
paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto della
pianificazione territoriale. Gli articoli 143, comma 9, e 145,  comma
3, del Codice di settore sanciscono, infatti, l'inderogabilita' delle
previsioni del predetto strumento da  parte  di  piani,  programmi  e
progetti nazionali o  regionali  di  sviluppo  economico  e  la  loro
cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonche', come gia' sopra
evidenziato, l'immediata prevalenza del piano paesaggistico  su  ogni
altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica. 
    E la giurisprudenza di codesta Corte ha affermato "sul piano  del
riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di paesaggio, la
«separatezza tra pianificazione territoriale ed  urbanistica,  da  un
lato,  e  tutela  paesaggistica  dall'altro»,  prevalendo,  comunque,
«l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica" (sentenza n.
182 del 2006 e n. 180 del 2008, cit.). 
    Le disposizioni regionali  in  esame,  pertanto,  si  pongono  in
conflitto con la normativa statale, laddove consentono trasformazioni
del  territorio  agricolo,  anche  paesaggisticamente  vincolato,  in
contrasto con la vocazione naturale  del  territorio  e  a  discapito
della sua conservazione e integrita', senza richiamare  espressamente
la disciplina dettata al riguardo dal piano paesaggistico. 
    Posto  quanto  precede,  gli  interventi  resi  possibili   dalla
disposizione  impugnata  impattano  ulteriormente  su  manufatti   di
interesse culturale, tutelati ai sensi della parte II del Codice  dei
beni culturali e del paesaggio. A tale proposito,  deve  evidenziarsi
che, in base all'art. 20, comma  1,  del  medesimo  Codice,  «I  beni
culturali non possono essere distrutti,  deteriorati,  danneggiati  o
adibiti ad usi non  compatibili  con  il  loro  carattere  storico  o
artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione». 
    E' pertanto del tutto estranea  alle  attribuzioni  regionali  la
disciplina delle possibili modificazioni di beni culturali sottoposti
a tutela, essendo tale disciplina rimessa esclusivamente allo Stato. 
    Sul punto, costante e' l'orientamento di codesta Corte, in merito
alla distinzione tra le competenze legislative statali  e  regionali,
riservando allo Stato la competenza tutte le  volte  in  cui  oggetto
della disciplina sia un  bene  tutelato,  anche  avendo  riguardo  al
"supporto materiale" inciso dalla normativa. 
    In particolare, gia' con la sentenza  n.  9  del  2004  e'  stato
evidenziato  come  rientri  tra  le  attivita'  costituenti   tutela,
riservata in via esclusiva allo Stato, quella diretta «a conservare i
beni culturali e ambientali», ossia volta «principalmente ad impedire
che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi  nel
suo contenuto culturale». 
    Non spetta, pertanto, alla Regione dettare una disciplina volta a
individuare  le  modificazioni  e  gli  interventi  consentiti,   con
riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi della parte II
del Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  (conforme  anche
sentenza n. 401/07). 
    Le disposizioni regionali in esame, dunque, risultano illegittime
per  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lett.  s),   della
Costituzione, rispetto al quale costituiscono  norme  interposte  gli
articoli 20, 21, 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, nonche' per violazione dell'art. 9 della Costituzione. 
    3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 7,  lett.  c)
recante  disposizioni  in  materia  di  «Riordino  dei   procedimenti
amministrativi  concernenti  concessioni  su  beni  demaniali  e  non
demaniali regionali», per violazione degli articoli 9 e 117,  secondo
comma, lett. s), della Costituzione, con riferimento alle  previsioni
degli articoli 135, 142, 143 e 145 del Codice dei  beni  culturali  e
del paesaggio (norme interposte). 
    Parimenti illegittimo deve ritenersi  l'art  7,  lett.  c)  della
legge impugnata, che modifica il comma 1  dell'art.  10  della  legge
regionale n. 53 del 1998, attribuendo ai  comuni  il  rilascio  della
concessione dei beni del demanio marittimo per i porti turistici, gli
approdi turistici e punti di ormeggio, sulla base di quanto stabilito
dal PUA (Piano  di  utilizzazione  degli  arenili)  regionale  e  dai
rispettivi PUA comunali (nuovo numero 2-quater). 
    Cosi' la norma impugnata: 
      «e) al comma 1 dell'art. 10: 
        1) dopo il numero 2-ter  della  lettera  a)  e'  inserito  il
seguente: 
          «2-quater) il  rilascio  delle  concessioni  dei  beni  del
demanio marittimo e di  zone  del  mare  territoriale  per  finalita'
diverse da quelle di approvvigionamento  di  finti  di  energia,  ivi
compresi i porti turistici, gli  approdi  turistici  ed  i  punti  di
ormeggio, fatte salve le concessioni riservate allo  Stato  ai  sensi
della  normativa  vigente,  nonche'   le   funzioni   e   i   compiti
amministrativi delegati ai comuni  relativi  alle  aree  del  demanio
marittimo per finalita' turistico e  ricreative,  il  rilascio  delle
concessioni di cui al presente comma avviene nel rispetto  di  quanto
stabilito dal PUA (Piano di utilizzazione degli arenili) regionale  e
dai  rispettivi  PUA  comunali.  Il  comune  puo'  determinare  oneri
istruttori per i procedimenti relativi all'esercizio  delle  funzioni
ad esso attribuite;»; 
        2) dopo la lettera a) e' inserita la seguente: 
          "a-bis) le funzioni amministrative concernenti la  gestione
delle infrastrutture insistenti sulle aree portuali lacuali;"». 
    Orbene,  tale  disposizione,  nell'attribuire  ai   comuni   tali
funzioni, non fa alcun riferimento alla necessita' di  verificare  la
coerenza dei predetti PUA con la disciplina  di  tutela  delle  fasce
costiere marittime, e  quindi  degli  arenili,  contenuta  nel  piano
paesaggistico. 
    La  previsione  della  legge  regionale,  infatti,  ha  cura   di
stabilire un preciso parametro di riferimento  per  il  rilascio  dei
titoli da parte dei comuni (i PUA regionale e comunale),  ma  non  si
occupa di prevedere - come e' doveroso da parte dell'Ente,  ai  sensi
dell'art. 145, comma 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio
- che tali strumenti  possano  costituire  un  punto  di  riferimento
soltanto se e in quanto conformi a un piano  paesaggistico  approvato
previa intesa con il Ministero dei Beni e delle Attivita'  Culturali,
ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni  culturali
e del paesaggio. 
    Anche in relazione a tale disposizione occorre ricordare  che  la
Regione non e' attualmente munita di un piano paesaggistico approvato
previa intesa con lo Stato, atteso che il PPTR  recentemente  entrato
in vigore non e' conforme all'intesa intercorsa con il  Ministero  e,
per  questa  ragione,  e'  stato   impugnato   innanzi   alla   Corte
costituzionale mediante conflitto di attribuzioni. 
    La  disposizione   qui   censurata   risulta   costituzionalmente
illegittima in quanto rende possibile il rilascio delle  concessioni,
sulla base dei PUA, al  di  fuori  del  quadro  della  pianificazione
paesaggistica definita previa intesa con il competente Ministero. 
    Ancora una volta,  quindi,  la  disposizione  "sfugge"  al  piano
paesaggistico,  sottraendo  alla  "sede"  stabilita  per   legge   la
pianificazione delle aree costiere, sottoposte a tutela paesaggistica
ope legis, ai sensi dell'art. 142, comma  1,  lett.  a)  del  Codice,
proprio per la loro fragilita', in considerazione dell'uso  massiccio
delle coste per finalita' turistiche, economiche, commerciali, ecc. 
    Da cio' la violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lett.  s),
della Costituzione, rispetto al quale costituiscono norme  interposte
le previsioni degli articoli 135, 142, 143 e 145 del Codice dei  beni
culturali e del paesaggio. 
    Anche in  questo  caso,  inoltre,  la  disciplina  determina  una
evidente  diminuzione  della  tutela  per  il   bene   paesaggistico,
ponendosi in contrasto con l'art. 9 della Costituzione. 
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 9, lett. d) n. 1,
e 16, della legge Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1, per contrasto
con gli  articoli  9  e  117,  secondo  comma,  lett.  s)  Cost.,  in
riferimento  all'art.  142   codice   dei   beni   culturali   (norma
interposta). 
    Il comma 9, lett. d), n. 1), della legge impugnata,  modifica  la
legge regionale n. 39 del 2002, recante «Norme in materia di gestione
delle risorse forestali». 
    In particolare,  viene  modificata  la  definizione  di  "faggeta
depressa" contenuta nel comma 2 dell'art. 34-bis della predetta legge
regionale, abbassando la quota al di sotto della quale gli ecosistemi
forestali governati a fustaia a prevalenza di  faggio  sono  definiti
tali, da 800 metri s.l.m. (come  era  in  precedenza),  a  300  metri
s.l.m. 
    Cosi' la disposizione impugnata: d) all'art. 34-bis: 1) al  comma
2 le parole: "degli 800 m s.l.m."  sono  sostituite  dalle  seguenti:
"dei 300 m s.l.m.". 
    La novella ha una diretta incidenza sull'ambito applicativo della
disposizione del comma 3, ultimo periodo, dello  stesso  art.  34-bis
della legge regionale n. 39 del 2002, ove si stabilisce che  «Per  le
faggete depresse di cui al comma 2 sono vietate le utilizzazioni  per
finalita'  produttive  fatto  salvo  i   tagli   necessari   per   la
conservazione della faggeta o per motivi di pubblica incolumita'». 
    Al riguardo, occorre tenere presente che "i territori coperti  da
foreste e da boschi" sono sottoposti a tutela paesaggistica ai  sensi
dell'art. 142, comma 1, lett. g), del Codice dei beni culturali e del
paesaggio. 
    L'effetto della norma regionale censurata e', quindi,  quello  di
prevedere in modo indiscriminato, per tutto il territorio  regionale,
e  al  di  fuori  della  pianificazione  paesaggistica,   una   norma
applicabile in modo uniforme alle aree boscate a faggeta, diminuendo,
nuovamente, il livello della relativa tutela. 
    Anche in questo  caso,  e'  pertanto  ravvisabile  la  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione,  rispetto
al quale costituiscono norme interposte le previsioni degli  articoli
135, 142, 143 e 145 del Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,
nonche' la  lesione  del  principio  fondamentale  della  tutela  del
paesaggio, di cui all'art. 9 della Costituzione, per le ragioni  gia'
sopra illustrate. 
    Il comma 16 del medesimo art. 9, dispone inoltre che: «Al fine di
semplificare  le  procedure  di  approvazione  della   pianificazione
forestale  aziendale,  i  procedimenti  di  approvazione  dei   piani
predisposti ai sensi degli articoli 13 e 14 della legge regionale  28
ottobre 2002, n. 39 (Norme  in  materia  di  gestione  delle  risorse
forestali), che contemplano interventi a carico  dei  beni  ai  sensi
degli articoli 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.
42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art.  10
della legge 6 luglio 2002,  n.  137)  e  successive  modifiche,  sono
soggetti all'acquisizione dell'autorizzazione di cui all'art. 146 del
decreto  legislativo  n.  42/2004.  Tale  preventiva   autorizzazione
paesaggistica si intende acquisita per tutti gli interventi  previsti
nei piani stessi  e  resi  esecutivi.  Resta  salvo  quanto  previsto
dall'art. 149, comma 1, lettere b) e c), del decreto  legislativo  n.
42/2004 in merito agli interventi esonerati dall'obbligo di acquisire
l'autorizzazione paesaggistica». 
    Effetto   della   disposizione   e'    quello    di    anticipare
l'autorizzazione paesaggistica ai piani di  gestione  e  assestamento
forestale, e al piano poliennale di taglio di cui agli articoli 13  e
14  della  legge  regionale  n.  39  del  2002,  ove  siano  previsti
interventi  su   beni   tutelati,   esonerando   poi   dal   rilascio
dell'autorizzazione i singoli interventi. 
    Tale norma si pone in diretto contrasto con gli  articoli  146  e
149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in base  ai  quali
tutti gli interventi sui  beni  tutelati  devono  essere  previamente
autorizzati (art. 146), salvo  che  non  ricadano  nelle  ipotesi  di
espressa esclusione stabilite dal legislatore statale (art. 149). 
    Pur essendo  ipotizzabile,  in  analogia  a  quanto  previsto  in
materia  urbanistica,  l'espressione  di  un  "parere  paesaggistico"
preliminare in relazione al piano, non puo' essere  tuttavia  esclusa
la necessita', a valle, di autorizzare i singoli interventi  conformi
al piano assentito, prendendo in considerazione tutti gli aspetti  di
dettaglio di tali interventi, pena la violazione del regime di tutela
stabilito dal Codice. 
    Con riferimento all'autorizzazione paesaggistica, codesta  Corte,
con la sentenza n. 189  del  2016,  ha  affermato  -  richiamando  al
riguardo anche le sentenze n. 232 del 2008, n. 101 del 2010 e n.  235
del 2011 - che non e' consentito alle regioni introdurre deroghe alla
legislazione statale che detta regole uniformi su tutto il territorio
nazionale. 
    La  norma  regionale  censurata  invade,  quindi,   la   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma,
lett. s), della Costituzione, rispetto al quale gli  articoli  146  e
149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio costituiscono norme
interposte,  e  incide,  inoltre,  sul  livello  della   tutela   del
paesaggio,  stabilito  in  via  uniforme  sul  tutto  il   territorio
nazionale, ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lett.  m),  della
Costituzione. 
    E anche in questo caso, l'abbassamento della tutela determina, di
conseguenza la violazione ulteriore dell'art. 9 della Costituzione. 
5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 11, della  legge
Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1, per contrasto con gli  articoli
9 e 117, secondo comma, lett. s) Cost. in riferimento  agli  articoli
135, 143 e 145 del codice dei beni culturali (norme interposte). 
    L'art. 10, comma  11,  della  legge  impugnata,  inserisce,  dopo
l'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 2011,  n.  16  («Norme  in
materia ambientale e di fonti rinnovabili»),  l'art.  3.1,  rubricato
«Localizzazione di impianti fotovoltaici in zona agricola». 
    Questo il tenore letterale della disposizione: 
    "11. Dopo l'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 2011, n.  16
(Norme in materia ambientale e di  fonti  rinnovabili)  e  successive
modifiche e' inserito il seguente: 
      «Art. 3.1 (Localizzazione  di  impianti  fotovoltaici  in  zona
agricola). - 1. La programmazione  della  produzione  di  energia  da
fonti rinnovabili e del risparmio energetico in  agricoltura  per  le
zone omogenee "E" di cui al decreto del Ministro dei lavori  pubblici
2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densita' edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti  massimi  tra  spazi
destinati  agli  insediamenti  residenziali  e  produttivi  e   spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei  nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della  legge  6  agosto  1967,  n.  765)  e'  prevista  dal  piano
energetico regionale (PER) ed e' effettuata in coordinamento  con  il
piano agricolo  regionale  (PAR)  di  cui  all'art.  52  della  legge
regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del  territorio)
e successive modifiche. 
    2. Nella predetta pianificazione sono individuate,  tra  l'altro,
le aree idonee all'installazione delle diverse tipologie di  impianti
destinati alla produzione di energia da fonti rinnovabili e i  limiti
del relativo dimensionamento. 
    3. I comuni, nelle more  dell'entrata  in  vigore  del  PER,  che
comunque   deve   essere   operativo   entro    centottanta    giorni
dall'approvazione della presente disposizione, al fine  di  garantire
uno sviluppo sostenibile del territorio, la tutela dell'ecosistema  e
delle attivita' agricole, nel rispetto  dei  principi  e  dei  valori
costituzionali   ed   eurounitari,   individuano,   considerate    le
disposizioni del decreto del Ministro  dello  sviluppo  economico  10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili), le aree idonee per  l'installazione
degli impianti fotovoltaici a terra per  una  superficie  complessiva
non superiore al 3 per cento  delle  zone  omogenee  "E"  di  cui  al
decreto  ministeriale  n.  1444/1968,  identificate  dagli  strumenti
urbanistici comunali. 
    4   Ai   fini   dell'individuazione   delle   aree   idonee   per
l'installazione degli impianti fotovoltaici a terra di cui  al  comma
3, i comuni devono tener  conto,  in  particolare,  del  sostegno  al
settore  agricolo,  con   riferimento   alla   valorizzazione   delle
tradizioni agroalimentari locali, alla  tutela  della  biodiversita',
cosi' come del patrimonio culturale e del paesaggio naturale. 
    5. Nelle more delle previsioni di cui al comma  1,  resta  sempre
consentita la produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili  con  le
modalita' previste dalla legge  regionale  2  novembre  2006,  n.  14
(Norme in materia di diversificazione  delle  attivita'  agricole)  e
successive  modifiche  per  la  quale  non  trovano  applicazione  le
limitazioni di cui al comma 3». 
    La disposizione riconferma il ruolo fondamentale e strategico del
piano energetico regionale (PER), come  strumento  di  programmazione
della produzione di energia da  fonti  rinnovabili  e  del  risparmio
energetico in  agricoltura  per  le  zone  "E",  pur  richiamando  la
necessita' che tale programmazione venga effettuata in  coordinamento
con il piano agricolo regionale (PAR) di cui all'art. 52 della  legge
regionale n. 38 del 1999. 
    Al riguardo, deve preliminarmente osservarsi che, allo stato,  il
PER in itinere - che in tema  di  localizzazione  degli  impianti  si
propone di ridurre al  minimo  il  consumo  di  suolo,  favorendo  il
riutilizzo  di  aree  gia'  degradate,  nonche'  lo  sfruttamento  di
infrastrutture gia' esistenti, nel  rispetto  del  contesto  storico,
naturale e paesaggistico - non e' stato ancora approvato,  nonostante
abbia concluso il procedimento di VAS e disponga da luglio  2018  del
parere motivato necessario per essere approvato. 
    Cio' posto, come emerge ictu oculi, anche il nuovo art. 3.1 della
legge regionale n. 16 del 2011,  omette  il  necessario  richiamo  al
piano  paesaggistico  e  alla   sua   disciplina   programmatoria   e
pianificatoria, benche' soltanto quest'ultimo piano  possa  orientare
l'individuazione delle aree, sia in negativo quali aree escluse,  sia
in  positivo  quali  aree  idonee  all'installazione  delle   diverse
tipologie di impianti destinati alla produzione di energia  da  fonti
rinnovabili e i limiti del relativo dimensionamento. 
    Sotto altro profilo, pur essendo  apprezzabili  gli  intenti  del
legislatore regionale - espressi nei commi 3 e 4  del  predetto  art.
3.1 della legge regionale n. 16 del 2011,  di  delineare  un  diverso
approccio per la gestione della notevole pressione che il  territorio
agricolo del Lazio sta subendo in questi ultimi mesi da  parte  degli
operatori del settore (PER) - tuttavia, in  concreto  tale  finalita'
dichiarata risulta sostanzialmente vanificata da quanto stabilito  al
comma 5 del medesimo articolo. 
    Nel dettaglio. 
    Come visto, il predetto comma 3 dispone che «I comuni, nelle more
dell'entrata in vigore del PER, che comunque  deve  essere  operativo
entro   centottanta   giorni   dall'approvazione    della    presente
disposizione, al fine  di  garantire  uno  sviluppo  sostenibile  del
territorio, la tutela dell'ecosistema e delle attivita' agricole, nel
rispetto dei principi e dei  valori  costituzionali  ed  eurounitari,
individuano, considerate le disposizioni  del  decreto  del  Ministro
dello  sviluppo  economico  10  settembre  2010  (Linee   guida   per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili),  le
aree idonee per l'installazione degli impianti fotovoltaici  a  terra
per una superficie complessiva non superiore al  3  per  cento  delle
zone omogene  "E"  di  cui  al  decreto  ministeriale  n.  1444/1968,
identificate dagli strumenti urbanistici comunali». Fino  all'entrata
in vigore del PER, dunque, le  aree  idonee  all'installazione  degli
impianti sono identificate dai Comuni nel rispetto di  una  serie  di
criteri e non possono includere comunque oltre il 3 per  cento  delle
aree classificate come agricole (zone E) degli strumenti  urbanistici
comunali. 
    Il successivo  comma  5,  tuttavia,  contraddice  apertamente  la
suddetta  previsione  -  rendendo  anche  difficile  comprendere   il
rapporto  (contraddittorio)  esistente  tra  le  due  disposizioni  -
poiche' stabilisce che: «Nelle more delle previsioni di cui al  comma
1  [ossia  in  attesa  del  PER,   che   dovrebbe   disciplinare   la
programmazione della produzione di energia da fonti rinnovabili e del
risparmio energetico in agricoltura per  le  zone  omogenee  "E",  in
coordinamento con il PAR], resta sempre consentita la  produzione  di
energia da fonti rinnovabili con le modalita'  previste  dalla  legge
regionale  2  novembre   2006,   n.   14   (Norme   in   materia   di
diversificazione delle attivita' agricole) e successive modifiche per
la quale non trovano applicazione le limitazioni di cui al comma 3». 
    Ne'  puo'  affermarsi  che  un   espresso   richiamo   al   piano
paesaggistico  non  sarebbe  necessario  (essendo  nota  la   valenza
sovraordinata del piano stesso), in quanto  ai  sensi  dell'art.  54,
comma 3, della legge regionale n. 38 del 1999, le  attivita'  per  la
produzione   di   energie   rinnovabili    localizzate    all'interno
dell'azienda   agricola   sarebbero   comunque   esercitate    previa
approvazione di un piano di utilizzazione ambientale (PUA), ai  sensi
dell'art.  57-bis  della  medesima   legge   regionale;   prevedendo,
peraltro, la disciplina dei PUA (articoli 57  e  57-bis  della  legge
regionale n. 38 del 1999 e Regolamento regionale 5 gennaio  2018,  n.
1) limiti assai stringenti in termini di superficie utilizzabile  per
la realizzazione di un impianto di energia rinnovabile. 
    Sul punto, deve infatti rimarcarsi che l'art. 54, comma 3,  della
legge regionale n. 38 del 1994 subordina alla previa approvazione  di
un PUA  esclusivamente  la  localizzazione  all'interno  dell'azienda
agricola delle attivita' di «trasformazione  e  vendita  diretta  dei
prodotti   derivanti   dall'esercizio   delle   attivita'    agricole
tradizionali» (di cui al comma 2, lett. b), del predetto art. 54),  e
non anche le attivita' di «produzione delle energie rinnovabili» (cui
si riferisce la lett. f) del comma 2 dell'art. 54). Conseguentemente,
la localizzazione di queste ultime  attivita'  non  sarebbe  comunque
subordinata (neppure) al PUA. 
    Il combinato disposto del "nuovo" art. 54, comma 2,  della  legge
regionale n. 38 del 1999 (che, come ricordato, e' stato integralmente
sostituito dall'art. 6, comma 1, lett. b), della legge regionale n. 1
del 2020) e dell'art. 3.1, comma 5, della legge regionale n.  16  del
2011  (introdotto  dall'art.  10,  comma  11,  della  medesima  legge
regionale n. 1 qui impugnata) comporta, quindi,  la  possibilita'  di
realizzare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili  in
aree agricole, al di fuori non solo del piano  energetico  regionale,
ma soprattutto del quadro programmatorio condiviso con il Ministero a
monte, nell'ambito del piano paesaggistico, che costituisce  la  sede
propria   nell'ambito   della   quale   deve   essere   valutata   la
compatibilita' paesaggistica del  complesso  degli  interventi,  onde
evitare che la sommatoria dei singoli impianti realizzati e di futura
realizzazione   nel   territorio   sfugga    a    qualsiasi    logica
programmatoria, e quindi a una visione d'insieme, con grave danno del
paesaggio complessivamente inteso. 
    La mancanza di un  quadro  programmatorio  previamente  condiviso
assume   ancora   maggiore   rilevanza   in   relazione   al   regime
autorizzatorio attuale che caratterizza la  realizzazione  dei  nuovi
impianti di fonti rinnovabili nel  territorio  regionale,  in  attesa
dell'efficacia del PER. 
    Le numerose richieste di realizzazione di  impianti  fotovoltaici
di rilevanti estensioni in zone agricole, classificate e tutelate dal
PTPR quali paesaggi agrari di valore o  di  elevato  valore,  vengono
infatti ordinariamente autorizzate caso per  caso  con  provvedimenti
regionali, nell'ambito di procedimenti ai sensi dell'art. 27-bis  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, nonostante  il  parere  negativo
del Ministero. 
    Alla luce di quanto sin qui esposto, l'art. 10, comma  11,  della
legge regionale n. 1 del 2020 e' costituzionalmente illegittimo:  (I)
in quanto, introducendo l'art. 3.1 della legge regionale  n.  16  del
2011, non subordina la programmazione della produzione di energia  da
fonti rinnovabili e del risparmio energetico in  agricoltura  per  le
zone omogenee "E" di cui al decreto del Ministro dei lavori  pubblici
2 aprile 1968, n. 1444 alla  pianificazione  paesaggistica  elaborata
previa intesa con il Ministero; (II) nella parte in cui, mediante  la
previsione del comma 5 del predetto art. 3.1, consente, in attesa del
PER, la realizzazione degli impianti  di  produzione  di  energia  da
fonti  rinnovabili  in  aree  agricole  senza  alcuna  programmazione
nell'ambito di un piano paesaggistico previamente  condiviso  con  il
Ministero competente, secondo quanto prescritto dal Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio. 
    La disposizione censurata invade, quindi la potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma,  lett.  s),
della Costituzione, rispetto al quale gli articoli 135, 143 e 145 del
Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  costituiscono  norme
interposte. 
    Dalla ricostruzione che precede, emerge come la  norma  impugnata
si ponga altresi' in contrasto con il  principio  fondamentale  della
tutela del paesaggio, di cui all'art. 9 della Costituzione. Il quadro
della regolamentazione che deriva dall'entrata in vigore della  legge
Regionale  impugnata,  infatti,  determina  come  detto  un  evidente
abbassamento del livello della tutela del bene ivi costituzionalmente
garantito, in  quanto  consente  l'indiscriminata  localizzazione  di
impianti di produzione di energia da  fonti  rinnovabili  nelle  aree
agricole. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimi   e    conseguentemente
annullare gli articoli 5; 6, comma 1, lett. b),  c),  d)  ed  e);  7,
comma 7, lett. c); 9, comma 9, lett. d) n. 1) e comma 16;  10,  comma
11, della legge Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1, pubblicata  nel
B.U.R. n. 17, Supplemento 2, del 27 febbraio 2020,  recante:  «Misure
per lo sviluppo economico, l'attrattivita' degli  investimenti  e  la
semplificazione», come da delibera del Consiglio dei ministri in data
24 aprile 2020, per i motivi illustrati nel presente ricorso. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
      1. estratto della delibera del Consiglio dei  ministri  del  24
aprile 2020; 
      2. legge Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1,  pubblicata  nel
B.U.R. n. 17, Supplemento 2, del 27 febbraio 2020. 
        Roma, 27 aprile 2020 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Di Leo 
 
                                 Il Vice Avvocato Generale: Figliolia