N. 59 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 dicembre 2019

Ordinanza del 27 dicembre 2019 del Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da Comune di Ordona contro Parco Eolico Ordona Srl,  ANEV  -
Associazione Nazionale Energia del Vento. 
 
Energia  -  Impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili  -  Proventi
  economici pattuiti dagli operatori del settore con gli enti  locali
  nel  cui  territorio  insistono  impianti   alimentati   da   fonti
  rinnovabili sulla base di accordi sottoscritti prima del 3  ottobre
  2010 - Previsione che i proventi restano acquisiti ai bilanci degli
  enti locali - Conservazione di piena efficacia degli accordi. 
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2019-2021), art. 1, comma 953. 
(GU n.23 del 3-6-2020 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione quinta) 
 
    Ha pronunciato la  presente  ordinanza  sul  ricorso  in  appello
iscritto al numero di registro generale 155  del  2019,  proposto  da
Comune di Ordona, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall'avvocato Michele Dionigi, con domicilio digitale come  da
P.E.C. da registri di giustizia; 
    contro  Parco  Eolico  Ordona  S.r.l.,  in  persona  del   legale
rappresentante pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avvocato
Massimo Ragazzo, con domicilio eletto presso il suo studio, in  Roma,
via Virgilio n. 18; 
    e con l'intervento di ad opponendum: 
      Associazione Nazionale Energia del Vento (A.N.E.V.), in persona
del presidente e legale rappresentante pro tempore,  rappresentata  e
difesa dall'avvocato Massimo Ragazzo, con domicilio eletto presso  il
suo studio, in Roma, via Virgilio n. 18; 
      per la riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per la Puglia - Sede di Bari (Sezione Prima)  n.  830/2018,
resa tra le parti, concernente la convenzione in data 26 luglio  2007
tra il Comune di Ordona e la Inergia S.r.l. per la  realizzazione  di
una centrale eolica; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  della  Parco  Eolico
Ordona S.r.l.; 
    Visto l'atto di intervento  dell'Associazione  Nazionale  Energia
del Vento (A.N.E.V.); 
    Viste le memorie e tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  21  novembre  2019  il
consigliere Fabio Franconiero e  uditi  per  le  parti  gli  avvocati
Dionigi e Ragazzo; 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Il Comune di Ordona e la Inergia S.p.a. stipulavano  in  data  26
luglio  2006  una  convenzione  regolante  la  concessione   per   la
realizzazione di una centrale eolica da parte della seconda  su  aree
private a destinazione agricola comprese nel  territorio  del  primo,
site in localita' Ponte Rotto. 
    Richiamati in premessa il decreto legislativo 29  dicembre  2003,
n.  387  (Attuazione  della  direttiva   2001/77/CE   relativa   alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno  dell'elettricita')  e  la  legge  23
agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche'  delega
al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia  di
energia), nella convenzione erano previsti i seguenti patti: 
      il Comune di  Ordona  assumeva  l'obbligo  di  «non  rilasciare
ulteriori permessi di costruire, nell'area di insediamento del  campo
eolico e della relativa fascia di rispetto (...) per la realizzazione
di opere che, per la loro natura e tipologia, potrebbero  penalizzare
la gestione dell'impianto o comportare una riduzione della produzione
delle turbine installate dalla societa' Inergia  S.p.A.  (ad  esempio
ostruendo la normale disponibilita' del vento)» (art. 2); 
      quest'ultima  a  sua  volta  assumeva   l'obbligo   di   pagare
all'amministrazione un compenso denominato «indennizzo fisso annuale»
variamente modulato in base alla potenza di ogni  aerogeneratore,  un
«canone biennale  fisso»  per  l'intero  parco  eolico,  sull'energia
elettrica venduta al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale  ed
una somma una tantum per la stipula della convenzione (art. 4); 
      era fissata una durata della convenzione pari all'intero  ciclo
di vita dell'impianto (art. 5); 
      il Comune di Ordona si riservava la facolta'  di  «revocare  la
concessione dell'area» in caso di  utilizzo  della  stessa  «per  una
destinazione diversa da quella concordata» (art. 7); 
      la   Inergia   si   impegnava   a   chiedere    alla    Regione
l'autorizzazione  di  legge   per   la   realizzazione   e   gestione
dell'impianto e all'amministrazione comunale il permesso di costruire
entro il termine di sei mesi dalla sottoscrizione della  convenzione,
a pena di decadenza; 
      ottenuti tali titoli (e per quanto in  particolare  rileva  nel
presente giudizio  l'autorizzazione  unica  ex  art.  12  del  citato
decreto legislativo n. 387 del 2003, con determinazione regionale  n.
12 del 19 febbraio 2009), e subentrata in essi la Parco Eolico Ordona
S.r.l., alla quale la controllante Inergia aveva  conferito  il  ramo
d'azienda contenente la centrale eolica, tra la medesima e il  Comune
di Ordona insorgeva un contenzioso per pagamento delle somme previste
nel citato art. 4 della convenzione in data 26 luglio 2006; 
      attraverso il proprio agente della riscossione SO.G.E.T. S.p.a.
l'amministrazione comunale emetteva nei confronti della Parco  Eolico
Ordona un'ingiunzione fiscale ai sensi del regio  decreto  14  aprile
1910, n. 639, e tre atti di pignoramento presso terzi; 
      tuttavia, su ricorso al Tribunale amministrativo regionale  per
la Puglia - sede di Bari della  societa'  titolare  dell'impianto  la
convenzione in data 26 luglio 2006 era dichiarata nulla  nella  parte
relativa agli  obblighi  pecuniari  posti  a  carico  delle  medesima
ricorrente  e  il  Comune  di  Ordona  era  condannato  a  restituire
quest'ultima la somma di euro 578.848,37 complessivamente versata  in
esecuzione della convenzione; 
      la  dichiarazione  di  nullita'  della  clausola  convenzionale
concernente gli «oneri meramente  pecuniari»  a  carico  della  Parco
Eolico Ordona era fondata  dal  giudice  di  primo  grado,  ai  sensi
dell'art. 1418, comma 1, del codice civile, sulla base del  contrasto
di tali oneri con gli articoli 12, comma 6,  decreto  legislativo  n.
387 del 2003, e 1, comma 6, della legge n.  239  del  2004  «i  quali
vietano espressamente l'imposizione di simili pesi economici»,  oltre
che per impossibilita' dell'oggetto; 
      il Comune di Ordona ha proposto appello contro la  sentenza  di
primo grado; 
      nei propri scritti conclusionali  l'amministrazione  appellante
ha richiamato a fondamento della legittimita'  della  convenzione  ex
adverso impugnata il sopravvenuto art. 1, comma 953, della  legge  30
dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
il quale prevede quanto segue: «Ferma restando la natura giuridica di
libera   attivita'   d'impresa    dell'attivita'    di    produzione,
importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia  elettrica,
i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore
con gli enti locali, nel cui territorio insistono impianti alimentati
da fonti rinnovabili, sulla base di accordi  bilaterali  sottoscritti
prima del 3 ottobre 2010, data di entrata in vigore delle linee guida
nazionali in  materia,  restano  acquisiti  nei  bilanci  degli  enti
locali, mantenendo detti  accordi  piena  efficacia.  Dalla  data  di
entrata in vigore della  presente  legge,  fatta  salva  la  liberta'
negoziale delle parti, gli accordi medesimi sono  rivisti  alla  luce
del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre  2010,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre  2010,  e
segnatamente  dei  criteri  contenuti  nell'allegato  2  al  medesimo
decreto. Gli importi gia' erogati e da erogare in favore  degli  enti
locali concorrono alla formazione del reddito d'impresa del  titolare
dell'impianto alimentato da fonti rinnovabili»; 
      di tale norma sopravvenuta l'originaria  ricorrente  ha  invece
prospettato l'illegittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
      la Sezione condivide i  dubbi  di  costituzionalita'  sollevati
dalla Parco Eolico Ordona; 
      deve innanzitutto premettersi che l'art. 1,  comma  953,  della
legge n. 145 del 2018  ha  una  portata  generalizzata  di  sanatoria
rispetto ad accordi che abbiano imposto ai titolari  di  impianti  di
produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili oneri
di carattere meramente economico, e di cui  e'  stata  dichiarata  la
nullita'   in   sede   giurisdizionale,   che   non    ne    consente
un'interpretazione conforme alla Costituzione; 
      l'effetto di sanatoria si desume dal  dossier  del  22  gennaio
2019 relativo alla legge di bilancio per il 2019 redatto dagli uffici
del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, prodotto  in
giudizio dalla Parco Eolico Ordona; 
      infatti, nel documento si ricorda (pag. nn. 1147  e  1148)  che
per l'autorizzazione unica ex art. 12, decreto legislativo n. 387 del
2003 «non e' dovuto  alcun  corrispettivo  monetario  in  favore  dei
Comuni interessati dalle opere, e  che  l'autorizzazione  unica  puo'
prevedere l'individuazione di misure compensative,  a  carattere  non
meramente patrimoniale», ai sensi dell'allegato 2  alle  linee  guida
nazionali in  materia,  approvate  con  decreto  del  Ministro  dello
sviluppo economico 10 settembre 2010; ed ancora  si  ricorda  che  la
legislazione  regionale  contrastante  con  tali  principi  e'  stata
dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (e'  richiamata  in
particolare la sentenza del 1° aprile 2010,  n.  124  -  erroneamente
indicata con il n. 24); e che in alcune  pronunce  la  giurisprudenza
amministrativa di  primo  grado  «ha  riconosciuto  l'invalidita'  di
convenzioni gia' stipulate che  imponevano  il  pagamento  di  misure
compensative patrimoniali»; 
      sulla base del documento in esame si deve pertanto desumere che
il legislatore abbia inteso impedire che l'orientamento  del  giudice
amministrativo possa  essere  confermato  e  che  le  amministrazioni
locali si trovino pertanto a dovere restituire le somme  ricevute  in
esecuzione di accordi con i gestori di impianti energetici  da  fonti
rinnovabili costituenti mere compensazioni pecuniarie, come nel  caso
di specie laddove la sentenza di primo grado fosse confermata; 
      ulteriore effetto derivante dalla norma e' quello  per  cui  la
sanatoria degli  accordi,  attraverso  la  conservazione  della  loro
efficacia, si estenderebbe anche alle  somme  ancora  da  versare  da
parte dei gestori degli impianti; 
      cio'  si  ricava  dalla  sua  formulazione,  secondo   cui   «i
versamenti  restano  acquisiti  nei  bilanci   degli   enti   locali,
mantenendo detti accordi piena efficacia»; 
      dalla piena  efficacia  degli  accordi  cosi'  prevista  deriva
quindi l'irripetibilita' dei versamenti di  somme  in  esecuzione  di
essi, coerentemente peraltro con il principio di  carattere  generale
per cui ogni spostamento patrimoniale deve essere  assistito  da  una
legittima causa giuridica (art. 2041 del codice civile); 
      per tutte le considerazioni finora svolte, l'art. 1, comma 953,
legge n. 145 del 2018 presenta  profili  di  illegittimita'  rispetto
alla Carta fondamentale alla luce dei quali si impone  la  rimessione
alla  Corte  costituzionale  delle  relative  questioni,   ai   sensi
dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale); 
      la disposizione di legge di stabilita' per il 2019 in questione
e' innanzitutto rilevante nel presente giudizio, per  le  circostanze
poc'anzi evidenziate, ovvero per il  fatto  che  essa,  conformemente
alla sua funzione di sanatoria  di  eventuali  accordi  invalidi,  e'
stata richiamata dall'amministrazione comunale appellante in funzione
paralizzante dell'azione di nullita' proposta nel  presente  giudizio
dall'originaria ricorrente ed accolta in primo grado; 
      con riguardo al presupposto della non  manifesta  infondatezza,
un primo profilo di illegittimita' della norma censurata  si  ravvisa
rispetto al parametro della  ragionevolezza  ricavabile  dall'art.  3
della  Costituzione,  perche'  eccedendo  dalle   esigenze   connesse
all'obiettivo  legittimo  di  adeguare  per  il  futuro  gli  accordi
contenenti misure compensative di  carattere  meramente  patrimoniale
secondo quanto previsto dalle linee guida nazionali in materia,  essa
dispone per il passato la sanatoria generalizzata di accordi contrari
alle medesime linee guida e ad ai sovraordinati articoli 12, comma 6,
decreto legislativo n. 387 del 2003 e 1, comma 5, legge  n.  239  del
2004; 
      inoltre, la clausola di revisione contenuta nel secondo periodo
della disposizione non  prevede  alcun  termine,  ne'  strumenti  per
superare il rifiuto o il dissenso eventualmente  manifestato  da  una
delle parti dell'accordo, con il conseguente  rischio  che  l'assetto
originariamente prefigurato dalle parti contraenti,  pur  affetto  da
illiceita', rimanga inalterato; 
      l'effetto complessivamente derivante dalla norma  censurata  e'
dunque quello tipico di una  sanatoria  indiscriminata,  per  cui  il
gestore dell'impianto elettrico  rimane  vincolato  al  pagamento  di
somme in esso previste, prive di finalizzazione ambientale  ai  sensi
dell'allegato   2   alle   linee   guida   nazionali,    senza    che
contemporaneamente sia realizzato l'obiettivo di adeguare gli accordi
al principio di ordine imperativo per cui l'autorizzazione unica  per
impianti di produzione energetica alimentati da fonti rinnovabili non
puo' essere subordinata ne'  prevedere  misure  di  compensazione  di
carattere meramente patrimoniale, ai  sensi  dei  piu'  volte  citati
articoli 12, comma 6, decreto legislativo n. 387 del 2003 e 1,  comma
5, legge n. 239 del 2004, e come stabilito dalla Corte costituzionale
nella parimenti richiamata sentenza del 1° aprile 2010, n. 124; 
      la norma censurata appare inoltre lesiva del diritto di  azione
sancito dall'art. 24 della Costituzione; 
      nel prevedere la conservazione  dell'efficacia  degli  accordi,
essa   vanifica   infatti   l'utilita'    pratica    dell'impugnativa
contrattuale, ivi compresa la nullita' ai sensi degli  articoli  1418
del  codice  civile  e  seguenti,  prevista  per  reagire  contro  di
manifestazioni di volonta' contrattuale aventi contenuti contrastanti
con  norme  imperative,  ai  sensi  del  comma   1   della   medesima
disposizione; 
      nel caso degli accordi previsti dall'art. 1, comma  953,  legge
n. 145 del  2018  la  pronuncia  giurisdizionale  dichiarativa  della
nullita' sarebbe inutiliter data, perche' da un lato,  come  da  essa
espressamente previsto, le somme versate in esecuzione  dello  stesso
non potrebbero essere ripetute  dal  solvens,  gestore  dell'impianto
elettrico; ed inoltre avvalendosi della conservazione  dell'efficacia
parimenti affermata dalla  norma  censurata  l'ente  locale  potrebbe
agire per il pagamento delle somme ulteriormente dovute; 
      un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale  e'  dato
dalla violazione dei  principi  del  giusto  processo  sanciti  dagli
articoli 111 della Costituzione e 6 della Convenzione europea per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,  in
relazione all'art. 117, comma 1, della medesima Carta fondamentale; 
      la sanatoria generalizzata introdotta con la legge di  bilancio
per il 2019 altera infatti la parita' delle parti nel processo, anche
quelli in corso, privando  una  parte  dei  rimedi  di  legge  a  sua
disposizione e vanificando l'utilita' delle pronunce  giurisdizionali
favorevoli  eventualmente  conseguite,  ma  non  ancora   definitive,
quand'anche con esse si sia accertato il contrasto dell'accordo con i
principi  di  ordine  imperativo  regolatrici   del   settore   della
produzione energetica da fonti rinnovabili; 
      quello ora descritto sembra peraltro  essere  l'unica  funzione
della norma, come si desume dal sopra citato  dossier  redatto  dagli
uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati; 
      sotto il profilo ora evidenziato emerge un ulteriore profilo di
contrasto della norma censurata con il vincolo posto  al  legislatore
ordinario dal sopra citato art. 117, comma 1, della  Costituzione  al
rispetto degli obblighi internazionali, nel caso  di  specie  assunti
dall'Italia con il Protocollo di Kyoto dell'11  dicembre  1997  della
convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici,  di
cui il decreto legislativo n. 387  del  2003  costituisce  attuazione
nell'ordinamento giuridico interno, per il  tramite  della  direttiva
2001/77/CE del  27  settembre  2001  (sulla  promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'); 
      il  contrasto  e'  ravvisabile  nel  fatto  che  gli  obiettivi
stabiliti a livello  internazionale  con  il  citato  Protocollo,  di
promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione  di  forme  energetiche
rinnovabili in funzione dell'abbattimento delle emissioni  inquinanti
(art.  2),  rispetto  ai  quali  il  principio  di  gratuita'   delle
autorizzazioni in materia e' strumentale, potrebbe essere  vanificato
da una sanatoria generalizzata rispetto ad accordi  aventi  l'effetto
di rendere tali titoli amministrativi onerosi  per  ragioni  estranee
alla salvaguardia dell'ambiente, cosi' da scoraggiare  gli  operatori
economici dal mantenere  i  propri  investimenti  nel  settore  delle
energie rinnovabili; 
      per la ragione da ultimo evidenziata la norma appare infine  in
contrasto con la liberta'  economica  garantita  dall'art.  41  della
Costituzione,  in  relazione  ai  principi  generali  regolatori  del
settore economico  relativo  alla  produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili, ricavabili  dagli  articoli  6  della  citata  direttiva
2001/77/CE - secondo cui gli Stati membri sono tra l'altro  tenuti  a
«ridurre gli ostacoli normativi e di  altro  tipo  all'aumento  della
produzione di  elettricita'  da  fonti  energetiche  rinnovabili»,  a
«razionalizzare  e  accelerare  le  procedure  all'opportuno  livello
amministrativo»  e  «garantire  che   le   norme   siano   oggettive,
trasparenti e non discriminatorie...» - e 12 decreto  legislativo  n.
387 del 2003, in virtu' del quale la produzione di energia  da  fonti
rinnovabili  e'  soggetta  ad  un  regime  amministrativo   di   tipo
autorizzatorio, subordinato all'accertamento dei presupposti di legge
e non sottoposto a misure di compensazione di carattere pecuniario; 
      infatti, la conservazione dell'efficacia di accordi che abbiano
previsto simili misure, proprie di un regime di carattere concessorio
in funzione della regolazione dell'accesso  al  mercato,  rappresenta
inoltre per gli  operatori  del  settore  un  disincentivo  economico
rispetto ad  una  prospettiva  di  continuazione  dell'attivita'  per
l'intero ciclo di vita degli impianti; 
      per tutte le ragioni esposte il giudizio  va  sospeso  e  vanno
rimesse alla Corte costituzionale, ai sensi del sopra citato art. 23,
legge n. 87 del 1953, le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 953, della legge n. 145  del  2018,  in  relazione
agli articoli 3, 24, 111, e 117, comma 1, Cost., nonche' in relazione
ai principi generali della materia  della  produzione  energetica  da
fonti rinnovabili sanciti dagli articoli 6 della direttiva 2001/77/CE
e  12,  decreto  legislativo  n.  387  del  2003,  e  agli   obblighi
internazionali, di cui agli articoli 6 della Convenzione europea  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e
2 del Protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  Quinta),
dichiara rilevanti e non manifestamente  infondate  le  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 953,  della  legge  30
dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
in relazione agli articoli 3, 24, 41, 111,  e  117,  comma  1,  della
Costituzione, nei termini esposti in motivazione; 
    dichiara pertanto la sospensione del processo e ordina che a cura
della cancelleria l'ordinanza sia notificata alle parti in causa e al
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  ed  inoltre  comunicata  ai
presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  21
novembre 2019 con l'intervento dei magistrati: 
      Francesco Caringella, Presidente; 
      Fabio Franconiero, consigliere, estensore; 
      Federico Di Matteo, consigliere; 
      Angela Rotondano, consigliere; 
      Stefano Fantini, consigliere. 
 
                      Il Presidente: Caringella 
 
                                             L'estensore: Franconiero