N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 maggio 2020 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Polizia mortuaria - Norme della Regione Siciliana - Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria - Definizioni - Inserimento, con riguardo alla definizione di "resto mortale", di un riferimento alla tumulazione aerata - Disposizioni sul trasporto di salme da Comune a Comune - Esclusione del regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di attivita' funeraria e gestione del servizio cimiteriale nei Comuni, singoli o associati, con popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti. - Legge della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 4 (Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria. Modifiche alla legge regionale 17 agosto 2010, n. 18), artt. 1, comma 3, lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.(GU n.23 del 3-6-2020 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587) presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000); Contro la Regione Siciliana in persona del Presidente pro tempore; Per la dichiarazione, giusta delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2020, di illegittimita' costituzionale della legge regionale della Regione Siciliana del 3 marzo 2020, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Siciliana n. 12 del 6 marzo 2020, relativamente agli articoli 1, comma 3, lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10. La legge regionale in epigrafe detta «Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.». La legge, come emerge dall'art. 1, comma 1, intende disciplinare in modo organico «il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo il rispetto della dignita' e dei diritti dei cittadini, con la finalita' di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri e di informare le attivita' pubbliche a principi di evidenza scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni». A questo fine, come prevede l'art. 1, comma 2, lettere b) e c), la legge regionale «b) disciplina, per quanto attiene ai profili igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia mortuaria, in coerenza con la normativa statale; c) regolamenta le condizioni ed i requisiti per l'esercizio dell'attivita' funeraria». La legge regionale puo' operare in questo ambito di materie in forza della competenza concorrente che spetta alla Regione ai sensi dell'art. 17, lettere b) e c) del suo statuto, adottato con il decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito con la legge costituzionale n. 2 del 1948, giusta il quale «Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'Assemblea regionale puo', al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la Regione: .... b) igiene e sanita' pubblica; c) assistenza sanitaria; ...». Altro titolo su cui la Regione ha basato l'intervento legislativo in esame e' l'art. 117 comma 3 della Costituzione, nella parte in cui attribuisce alla legislazione regionale concorrente la disciplina in materia di «tutela della salute». Questa dizione piu' ampia, che rimanda ad un ambito oggettivo piu' esteso e organico di quello riconducibile alle dizioni statutarie «igiene e sanita' pubblica» e «assistenza sanitaria», e' applicabile anche alla Regione Siciliana in forza dell'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, giusta il quale «1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». Le disposizioni della legge regionale indicate in epigrafe, tuttavia, eccedono la competenza regionale concorrente cosi' delineata perche' nelle parti che si illustreranno non si conformano ai principi generali e fondamentali emergenti dalla legislazione statale vigente nella medesima materia, e in particolare ai principi emergenti dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, portante «Approvazione del regolamento di polizia mortuaria». Le disposizioni della legge regionale indicate in epigrafe violano, altresi', nella sostanza, l'art. 32, comma 1, prima parte, della Costituzione, che assegna alla Repubblica, e quindi anche alle regioni, il compito di tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivita'. Ai sensi dell'art. 14 dello Statuto regionale, l'art. 32 della Costituzione vincola anche il legislatore regionale, posto che l'attivita' legislativa regionale deve svolgersi comunque, secondo l'art. 14 citato, «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato». L'art. 3, comma 2, della legge regionale viola, infine, la riserva esclusiva allo Stato della legislazione in materia di tutela della concorrenza, prevista dall'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione, valgano i seguenti Motivi 1. In relazione all'art. 1, comma 3, lettera c), della legge regionale, violazione degli articoli 17, lettere b) e c) dello statuto regionale e 117, comma 3, della Costituzione nella parte relativa alla competenza legislativa regionale concorrente in materia di «tutela della salute». Violazione dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi costituzionali dello Stato. L'art. 1, comma 3, lettera c), della legge regionale detta alcune definizioni necessarie alla corretta applicazione della legge. Nella lettera c) prevede, per quanto interessa il presente motivo, che «Ai fini della presente legge: ... c) per resto mortale si intende un cadavere, in qualunque stato di trasformazione, decorsi almeno dieci anni di inumazione o tumulazione aerata ovvero di tumulazione stagna.». In tal modo la norma regionale viola le disposizioni costituzionali in epigrafe per il tramite della normativa statale interposta costituita, come avvertito in premessa, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990. In particolare, la norma regionale, sia pure nel contesto di una definizione della nozione di «resto mortale», ammette implicitamente la «tumulazione aerata», a fianco della «tumulazione stagna» e dell'«inumazione». Senonche', la tumulazione aerata non e' ammessa dalla normativa statale ora richiamata. Questa, in tema di conservazione dei cadaveri, ammette infatti soltanto la tumulazione stagna e l'inumazione. Va premesso che tecnicamente per tumulazione aerata si intende quella operata utilizzando un loculo realizzato, anche sotto terra, con soluzioni capaci di neutralizzare gli effetti dei gas di decomposizione e di raccogliere e neutralizzare i liquidi provenienti dai processi cadaverici convogliandoli all'esterno del feretro mediante soluzioni tecniche per la raccolta dei liquidi e per la fuoriuscita dei gas. La tumulazione aerata implica l'adozione di sistemi di depurazione aventi lo scopo di trattare i gas derivanti dalla decomposizione cadaverica mediante l'impiego di filtro assorbente con particolari caratteristiche fisico-chimiche o di un filtro biologico, in modo che non vi sia percezione olfattiva in atmosfera di gas provenienti dalla putrefazione. Occorre altresi' che sia assicurata la neutralizzazione dei liquidi cadaverici, all'interno del loculo con la canalizzazione del percolato in apposito luogo confinato attrezzato con materiale assorbente, a base batterico-enzimatica, biodegradante; o all'esterno, attraverso soluzioni capaci di canalizzare il percolato in apposito luogo confinato ed opportunamente dimensionato, garantendo l'impermeabilizzazione del sistema per evitare la contaminazione della falda. Sono evidenti la complessita' tecnica della tumulazione aerata, nonche' il suo potenziale impatto sulla qualita' dell'aria e dell'acqua di falda, e attraverso queste sulla salute pubblica. A fronte di tale complessita', il legislatore statale non ha ancora scelto di ammetterla tra le forme di tumulazione, nonostante il vantaggio biologico che essa presenta in termini di accelerata mineralizzazione del cadavere. Infatti, come si avvertiva, la tumulazione aerata non e' prevista dalla normativa statale attualmente vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 recante l'«Approvazione del regolamento di polizia mortuaria»), e non puo' costituire innovazione di matrice regionale. Gli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 dettano con chiaro carattere esaustivo le modalita' da seguirsi per la tumulazione. Secondo l'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 le pareti dei loculi devono avere caratteristiche di impermeabilita' ai liquidi e ai gas e la relativa chiusura deve essere ermetica; la norma regionale in questione invece deroga a questa prescrizione, permettendo la trasformazione dei loculi da stagni in aerati. Sempre secondo la norma statale (art. 77), la cassa mortuaria in caso di tumulazione deve avere determinate caratteristiche costruttive (doppia struttura in legno e metallo), chiaramente incompatibili con la tecnica della tumulazione aerata. Si vede quindi che la normativa statale ammette soltanto la tumulazione stagna. In alternativa a questa, gli articoli 68-75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 ammettono l'inumazione, vale a dire la sepoltura in fossa dei cadaveri chiusi in semplice cassa di legno (art. 74). L'inumazione deve avvenire in campi ubicati in suolo idoneo per struttura geologica e mineralogica, per proprieta' meccaniche e fisiche e per il livello della falda idrica (art. 68), e provvisti di sistemi fognanti destinati a convogliare le acque meteoriche lontano dalle fosse di inumazione (art. 72). Altre forme di conservazione dei cadaveri non sono ammesse (gli articoli 78 ss. del regolamento disciplinano infatti, come ulteriore possibilita', soltanto la cremazione, cioe' la distruzione del cadavere mediante combustione). Si tratta di norme, quelle statali, che evidentemente trattano la materia sanitaria, rispetto alla quale non possono essere ammesse modalita' diverse da quelle stabilite in via di principio dal legislatore statale con regole che segnano, in tema di tutela della salute, un limite invalicabile di uniformita' a livello nazionale alla potesta' legislativa regionale. Il carattere fondamentale, e dunque non valicabile dei principi legislativi statali in materia deriva, come gia' osservato, dalle gravi e immediate implicazioni sulla salute pubblica, in specie per quanto riguarda la qualita' dell'aria e dell'acqua di falda, che le diverse tecniche di conservazione dei cadaveri presentano. Donde l'incompetenza del legislatore regionale ad introdurre unilateralmente forme di tumulazione diverse, come la tumulazione aerata. Sotto altro, subordinato, aspetto la norma regionale qui impugnata viola l'art. 32, comma 1, prima parte, della Costituzione, e l'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi costituzionali dello Stato, in quanto la legge regionale si limita a menzionare la tumulazione aerata, ma non detta alcuna specificazione tecnica da seguire nel praticarla. Attese le descritte implicazioni sulla salute pubblica che tale tecnica comporta, e' evidente il rischio a cui la norma regionale espone la salute pubblica stessa, consentendo iniziative di tumulazione aerata non previamente e debitamente regolate dal punto di vista tecnico. 2. In relazione all'art. 10, commi 9 e 10 della legge regionale, violazione degli articoli 17, lettere b) e c) statuto regionale e 117 comma 3 della Costituzione nella parte relativa alla competenza legislativa regionale concorrente in materia di «tutela della salute». Violazione dell'art. 32 della Costituzione. 2.1. L'art. 10 della legge regionale e' relativo al «trasporto di salme, di cadaveri e di resti mortali». Nel comma 9, ultima parte prevede che «Il trattamento antiputrefattivo e' effettuato, con personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al confezionamento del feretro.». Le disposizioni precedenti del medesimo comma rinviano all'art. 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che prevede il trattamento antiputrefattivo obbligatorio nella maggior parte dei casi di trasporto di salme da comune a comune o in ambito internazionale (art. 30, comma 1). Tale trattamento si opera «mediante l'introduzione nelle cavita' corporee di almeno 500 cc di formalina F.U. dopo che sia trascorso l'eventuale periodo di osservazione» (art. 32, comma 1). L'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 prevede tassativamente che «Il trattamento antiputrefattivo di cui all'art. 32 e' eseguito dal coordinatore sanitario o da altro personale tecnico da lui delegato, dopo che sia trascorso il periodo di osservazione di cui agli articoli 8, 9 e 10». Questa norma costituisce un principio fondamentale di legislazione statale, vincolante la Regione Siciliana nell'esercizio della sua legislazione concorrente in materia di salute pubblica di cui ai riferimenti statutari e costituzionali in epigrafe. E' infatti palese l'importanza, onde evitare dispersioni di liquidi e gas di putrefazione durante il trasporto della salma, e i conseguenti pericoli per la salute pubblica, che il trattamento antiputrefattivo in occasione dei trasporti in questione sia effettuato da personale in possesso di comprovata competenza tecnica. A tal fine, la norma statale richiede che il trattamento sia eseguito dal coordinatore sanitario dell'unita' sanitaria locale che ha nominato i medici necroscopi o che coordina i medici necroscopi ospedalieri; o da personale «tecnico», cioe' necessariamente medico o paramedico, delegato dal coordinatore. Le figure professionali del coordinatore e dei medici necroscopi sono disciplinate dall'art. 4 del regolamento n. 285/1990. E' evidente il contrasto della disposizione regionale di cui sopra con questi principi. La disposizione regionale, infatti, consente che il trattamento antiputrefattivo sia eseguito «con personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al confezionamento del feretro». L'impresa funebre non e', e non puo' essere, una delegata del coordinatore sanitario dell'unita' sanitaria locale (oggi ASL), ne' il personale di questa che in modo del tutto generico viene indicato come «appositamente formato» puo' qualificarsi come «personale tecnico». Ne discende che la modalita' prefigurata dalla norma regionale per il trattamento antiputrefattivo non garantisce che questo avvenga nelle condizioni di sicurezza tecnica inderogabilmente fissate dalla norma statale con l'attribuirne il compito a personale del servizio sanitario pubblico o da questo specificamente delegato e comunque avente qualifica di personale «tecnico». Evidente e', quindi, il superamento da parte del legislatore regionale di un limite di principio non superabile fissato dalla legislazione statale. In ogni caso, in subordine, sussiste nella sostanza violazione dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi costituzionali dello Stato, in quanto la norma regionale si limita a prevedere, in modo del tutto generico e non specificato, che il personale dell'impresa funebre preposto al trattamento sia «appositamente formato». La mancanza di ogni disciplina della formazione cui si allude o dei titoli che tale personale dovrebbe possedere, crea il pericolo che il trattamento venga eseguito da personale tecnicamente non qualificato, e che da trattamenti tecnicamente inappropriati derivino durante i trasporti i pericoli per la salute pubblica di cui sopra si e' detto. Donde la contrarieta' sostanziale della previsione regionale al valore fondamentale della salute sia individuale che collettiva consacrato nell'art. 32 della Costituzione. 2.2. Il comma 10 dell'art. 10 della legge regionale impugnata prevede invece, sempre in materia di trasporti di salme da comune a comune, che «10. All'atto della chiusura del feretro l'identita' del defunto, l'apposizione dei sigilli e l'osservanza delle norme previste per il trasporto sono verificate direttamente dagli addetti al trasporto, che ne attestano l'esecuzione.». L'illegittimita' costituzionale di questa disposizione e' conseguenziale all'illegittimita' della precedente. Se, come visto, il trattamento antiputrefattivo che e' condizione necessaria per il trasporto del feretro contenente la salma, deve essere operato inderogabilmente dal coordinatore sanitario dell'ASL o dal personale tecnico da questi delegato, e' conseguenziale che anche l'identificazione della salma, nel momento in cui il trattamento e' completato e il feretro viene chiuso per darsi corso al trasporto, competa ai soggetti muniti di qualifica pubblicistica previsti dall'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990. E' infatti ovvio che il trattamento antiputrefattivo, di competenza esclusiva di tali soggetti, presuppone l'identificazione della salma da parte dei soggetti preposti al trattamento stesso. Ed e' ovvio che competa a tali soggetti anche la verifica dei sigilli con cui il feretro e' confezionato, posto che l'apposizione di tali sigilli, garantendo l'identita' del cadavere trasportato con quello assoggettato al trattamento antiputrefattivo, e' condizione indispensabile per l'esecuzione del trasporto. Sia l'identificazione della salma che la verifica della sigillazione del feretro, preliminari al trasporto al pari del trattamento antiputrefattivo, non possono quindi dal legislatore regionale essere demandati a soggetti privati non qualificati, come sono «gli addetti al trasporto» designati dall'impresa funebre. Le medesime considerazioni valgono, infine, con riguardo alla ulteriore, generica, previsione della norma regionale in esame, secondo cui gli addetti in questione verificano «l'osservanza delle norme previste per il trasporto». Anche la disposizione del comma 10 supera, quindi, i limiti di principio desumibili dalla legislazione statale come sopra illustrata, e in particolare dall'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990. 3. In relazione all'art. 3, comma 2, della legge regionale, violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) e dell'art. 32 della Costituzione. L'art. 3, comma 2, della legge regionale impugnata prevede che «2. La gestione dei servizi pubblici cimiteriali o necroscopici e' incompatibile con l'attivita' funeraria di cui all'art. 13. Le gestioni in corso in contrasto con le previsioni del presente comma cessano alla scadenza di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nei comuni, singoli o associati, con popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti, non si applica il regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di attivita' funeraria e la gestione del servizio cimiteriale.». La seconda parte della disposizione, che nei comuni con popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti deroga alla incompatibilita' tra servizi pubblici cimiteriali ed esercizio dell'attivita' funeraria (vale a dire di impresa funebre), eccede dalla competenza legislativa regionale e invade la competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza ex art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. La deroga in questione determina una commistione di attivita' ontologicamente diverse, sia pure limitata ai comuni minori, puo' creare un'alterazione della libera concorrenza. La giurisprudenza amministrativa, l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato e l'ANAC hanno da tempo evidenziato l'importanza di mantenere l'incompatibilita' tra le due attivita', l'una, la gestione del servizio pubblico cimiteriale, con connotati pubblicistici posta a tutela delle esigenze di salute pubblica, l'altra di natura economico-imprenditoriale tesa a produrre profitti economici (Consiglio di Stato n. 1639/2005; Tribunale amministrativo regionale Liguria n. 977/2005 e n. 1781/2003). Nel precedente ora citato, costituente «diritto vivente», il Consiglio di Stato ha precisato che «non puo' essere accettata in via di principio, proprio per le ragioni da ultimo esposte, la tesi affermata con tale motivo che cioe' sia possibile in un unico contesto aggiudicare i servizi di gestione delle camere mortuarie agli stessi soggetti che svolgono sul libero mercato l'attivita' di onoranze funebri. La distinzione delle due attivita' che vengono qui in considerazione quella di natura pubblicistica diretta ad adempiere agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e quella di natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed anche da una differenziazione temporale. Nel senso che esaurita l'una viene in rilievo la seconda che per le finalita' commerciali e di profitto che la caratterizzano non si concilia con il corretto, fisiologico e naturale svolgimento della prima che non deve essere esposta neanche per motivi legittimi di concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa.». Nelle sue segnalazioni la citata Autorita' garante della concorrenza ha precisato che vi e' un elevato rischio di alterazione della concorrenza nel settore dei servizi funebri «caratterizzato da elementi di imperfezione che rendono il prezzo ed altre variabili concorrenziali strumenti di acquisizione della clientela meno efficaci che in altri mercati» (AS n. 392/2007 e n. 147/1998). Riguardo alla questione in esame codesta Corte costituzionale ha riconosciuto, in via generale, la materia ascrivibile alla potesta' legislativa regionale in materia di tutela della salute e servizi pubblici locali, considerando marginale e indiretta l'interferenza con il tema della concorrenza (cfr sentenze n. 274/2012 e n. 407/2007). Ha pero' affermato la necessita' di accertare caso per caso il fatto che le deroghe introdotte non costituiscano un privilegio per gli operatori che agiscono esonerati dalle incompatibilita' oppure che manchi un mercato di tali attivita' e si rischi quindi di compromettere il diritto alla tutela della salute e la prestazione di un servizio sociale indefettibile. La disposizione regionale correttamente, nella prima parte, ribadisce allora il principio fondamentale dell'ordinamento, appena illustrato, che non consente commistioni tra l'attivita' di impresa funebre e l'attivita' pubblicistica a finalita' essenzialmente igienico-sanitaria, di gestione dei servizi cimiteriali. Ed infatti la legge regionale, come si e' visto all'inizio, nell'art. 1, comma 1, correttamente e testualmente distingue l'ambito cimiteriale dall'ambito funebre. Tuttavia, nella seconda parte qui impugnata immotivatamente deroga a tale principio di tutela della concorrenza, sulla sola base della popolazione dei comuni interessati. Senonche' tale presupposto non e' di per se' tale da attestare una cosi' grave e sistematica carenza di concorrenza effettiva nei servizi pubblici, da giustificare una deroga di quella entita'. Un piccolo comune puo' infatti trovarsi, per fare un solo esempio, compreso nell' ambito di una realta' metropolitana molto piu' vasta, e quindi rientrare, per i servizi in questione, nell'ambito geografico del mercato riferibile a tale area. Ai fini della concorrenza il mercato e' definito dallo spazio territoriale in cui si rilevano condizioni omogenee di domanda e di offerta dei beni e dei servizi; e non certo dalla mera circoscrizione amministrativa o dalla popolazione di un comune. Pertanto la norma regionale in esame, poiche' non descrive le particolari situazioni locali (come, ad esempio, le caratteristiche demografiche e territoriali: in uno dei precedenti citati codesta Corte costituzionale si occupo' di comuni, contemporaneamente, piccoli e montani) che possono giustificare la deroga e non prevede verifiche preventive del mercato da parte dell'autorita', determina la possibilita' che siano favorite alterazioni della concorrenza nel mercato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. Il carattere indiscriminato della deroga, che si basa solo sulla popolazione dei comuni, comporta quindi una incidenza diretta sulla disciplina di mercato dei servizi in esame, che integra esercizio diretto da parte della Regione di una competenza legislativa in materia di tutela della concorrenza, riservata esclusivamente allo Stato. Inoltre, la commistione tra la gestione dei servizi pubblici cimiteriali o necroscopici e l'attivita' funeraria, puo' dar luogo al mancato rispetto degli standard sanitari la cui tutela e' in capo ai servizi cimiteriali, in violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, ai sensi dell'art. 32 della Costituzione. Unificare compiti molto diversi, come sono quelli di gestione del servizio pubblico igienico-sanitario di tenuta dei cimiteri, con la prestazione dei servizi di impresa funebre, rende infatti piu' difficile l'osservanza da parte delle imprese, che possono essere, stando alla norma regionale, anche di dimensioni molto piccole e prive di adeguata organizzazione, delle rigorose prescrizioni igienico-sanitarie necessarie all'una e all'altra attivita'. Donde il grave pericolo per la tutela della salute individuale e collettiva, garantita dall'art. 32 della Costituzione, che la deroga in esame comporta, e la sua illegittimita' costituzionale anche sotto questo profilo sostanziale, in combinato disposto con l'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi costituzionali dello Stato.
P. Q. M. Cio' premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri come sopra rappresentato e difeso ricorre a codesta Ecc.ma Corte costituzionale affinche' voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge regionale della Regione Siciliana del 3 marzo 2020, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Siciliana n. 12 del 6 marzo 2020, relativamente agli articoli 1, comma 3 lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10. Si producono la legge regionale impugnata e, in estratto conforme, la delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2020. Roma, 5 maggio 2020 L'Avvocato dello Stato: Gentili