N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 2019

Ordinanza  del  13  novembre  2019   della   Commissione   tributaria
provinciale di Bologna sul ricorso proposto da Pag  Italy  S.r.l.  ed
altri contro Agenzia delle entrate - Direzione provinciale Bologna. 
 
Imposte e tasse - Imposta di registro - Applicazione  dell'imposta  -
  Interpretazione degli atti - Applicazione dell'imposta  secondo  la
  intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla
  registrazione, anche se non vi corrisponda il  titolo  o  la  forma
  apparente, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo,
  prescindendo  da  quelli  extra-testuali  e  dagli  atti  ad   esso
  collegati. 
- D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti l'imposta  di  registro),  art.  20,  come
  modificato dall'art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della
  legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2018-2020). 
Imposte e tasse - Imposta di registro  -  Previsione  che  l'art.  1,
  comma 87, lettera a), della  legge  n.  205  del  2017  costituisce
  interpretazione  autentica  dell'art.  20  del  Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti l'imposta di registro (TUR). 
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2019-2021), art. 1, comma 1084. 
(GU n.24 del 10-6-2020 )
 
           LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI BOLOGNA 
 
                           Sezione Quarta 
 
    Riunita con l'intervento dei signori: 
      D'Orazi Marco, Presidente e relatore; 
      Casaccia Fabrizio, giudice; 
      Salsi Luciano, giudice; 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.   344/2017,
depositato il 26 aprile  2017,  avverso  avviso  di  liquidazione  n.
20161T018954000, registro 2016; 
    Contro Agenzia  delle  entrate,  Direzione  provinciale  Bologna,
proposto dai ricorrenti Pag Italy S.r.l., via  del  Lavoro  n.  10  -
40057 Granarolo dell'Emilia (BO), difeso da: 
      dott. Zanotti Paolo, via San Felice n. 22, 40100 Bologna; 
      dott. Zanotti Renato, via San Felice n. 22, 40100 Bologna. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    La societa' Pag  Italy  S.r.l.,  la  Immobiliare  37  S.p.a.,  la
Immobiliare 36 S.p.a., la Immobiliare 38 S.p.a.  propongono  autonomi
ricorsi  avverso  distinti  «Avvisi  di  liquidazione   dell'imposta»
notificati  dall'Agenzia  delle  entrate,  Direzione  provinciale  di
Bologna 2. 
    Tali  ricorsi   hanno   tutti   il   medesimo   oggetto;   ovvero
l'impugnazione dell'atto con cui l'ufficio  erariale  riqualifica  ai
sensi dell'art. 20 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
131/198, testo unico  imposta  di  registro  (Tur),  l'operazione  di
conferimento  di  ramo  di  azienda  con   successiva   cessione   di
partecipazioni totalitarie alla stregua di  una  cessione  aziendale;
operazione  unitaria  assoggettata   all'imposta   proporzionale   di
registro in luogo di quella in misura fissa invece applicata in  sede
di operazione negoziale. 
    Per esigenze di concisione di questa ordinanza, le societa',  nel
seguito, anche senza tipo sociale: dunque Vanti Premium, in luogo  di
Vanti Premium S.r.l. 
    In particolare l'operazione si articola  in  una  serie  di  atti
rogitati in un breve lasso di tempo: 
      12 luglio 2016 la Societa' Automercantile San Luca S.p.a.  (poi
Immobiliare 37 S.p.a., con mero cambiamento di nome)  costituisce  la
newco Vanti Premium S.r.l. di cui e' unico socio. Nella  stessa  data
la Societa' Audizentrum Bologna S.p.a. (poi  Immobiliare  36  S.p.a.,
con mero cambiamento di nome)  costituisce  la  newco  Vanti  Quattro
S.r.l. di cui e' unico socio. Nella stessa data  la  Societa'  Soveco
S.p.a. (poi Immobiliare 38 S.p.a.,  con  mero  cambiamento  di  nome)
costituisce la newco Vanti Sport S.r.l. di cui e' unico socio; 
      28  settembre  2016  Automercantile  San   Luca   S.p.a.   (poi
Immobiliare 37) conferisce nella newco Vanti Premium S.r.l.  un  ramo
di  azienda.  Altrettanto  fanno  Audizentrum  Bologna  S.p.a.   (poi
Immobiliare 36) rispetto alla newco Vanti Quattro  S.r.l.,  e  Soveco
S.p.a. (poi Immobiliare 38) rispetto alla newco Vanti Sport S.r.l.; 
      3 ottobre 2016 la Immobiliare 37  S.p.a.  (gia'  Automercantile
San Luca S.p.a.) cede  a  Pag  Italy  S.r.l.  la  sua  partecipazione
totalitaria in Bologna Premium S.r.l. Altrettanto  fanno  Immobiliare
36  (gia'  Audizentrum   Bologna   S.p.a.)   con   riferimento   alla
partecipazione in Vanti Quattro S.r.l. e Immobiliare 38 (gia'  Soveco
S.p.a) rispetto alla partecipazione in Vanti Sport. S.r.l. 
    Tutti  gli  atti,  apparentemente,  vengono   autoliquidati   con
applicazione dell'imposta  di  registro  in  misura  fissa;  anziche'
proporzionale, cosi' conseguendo un notevole risparmio di imposta. 
    Con distinti avvisi di liquidazione dell'imposta, notificati alle
ricorrenti il 28 febbraio 2017 e  2  marzo  2017,  la  Agenzia  delle
entrate, Direzione provinciale  di  Bologna  2,  ha  ravvisato  nelle
descritte operazioni gli effetti giuridici propri di una cessione  di
azienda  ed  ha  quindi  proceduto  alla  riqualificazione  ai  sensi
dell'art.  20-tur  con  conseguente  applicazione   dell'imposta   di
registro in misura proporzionale con aliquota del tre per cento (3%),
sul valore del ramo. 
    La societa' Pag Italy S.r.l. nonche' Immobiliare 36,  Immobiliare
37, Immobiliare 38 - in quanto responsabili in  solido  con  Pag  del
pagamento dell'imposta di registro e relativi interessi  -  impugnano
gli avvisi di liquidazione dell'imposta  notificati  alle  ricorrenti
nelle date 28 febbraio 2017  e  2  marzo  2017,  tutte  proponendo  i
medesimi motivi. 
    Trattandosi di operazione  unitaria,  coinvolgente  questioni  di
fatto e di diritto comuni, le cause vengono riunite ai sensi dell'art
29, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. 
    Le cause riunite sono le seguenti: 
      R.G.R. numero 344 del 2017 (ricorrente Pag Italy); 
      R.G.R. numero 345 del 2017 (ricorrente Pag Italy); 
      R.G.R. numero 346 del 2017 (ricorrente Pag Italy); 
      R.G.R. numero 372 del 2017 (ricorrente Immobiliare 36); 
      R.G.R. numero 374 del 2017 (ricorrente Immobiliare 38); 
      R.G.R. numero 376 del 2017 (ricorrente Immobiliare 37). 
    In particolare, le societa' lamentano: 
      con il primo  motivo  il  difetto  di  motivazione  dell'avviso
impugnato, che sarebbe pertanto affetto da nullita'.  In  particolare
le  contribuenti  contestano  la  mancata  indicazione  della  natura
dell'imposta richiesta, del tasso di interesse applicato, del termine
entro  cui  pagare,  nonche'  la  mancata  allegazione   degli   atti
richiamati; 
      con il secondo motivo la violazione della direttiva comunitaria
n. 7/2008 da parte dell'ente  impositore,  con  conseguente  nullita'
dell'avviso  di  liquidazione.  In   particolare   le   contribuenti,
prescindendo  dalla   riqualificazione   dell'operazione   effettuata
dall'ufficio nei termini di cessione di azienda  ai  sensi  dell'art.
20-tur, ritengono detta  operazione  non  unitaria  ma,  considerando
autonomamente gli atti della concatenazione negoziale, li  annoverano
tra  quelli  esclusi,  ai  sensi   dell'art.   5   della   direttiva,
dall'imposizione indiretta in capo alle societa' di capitali; 
      con il terzo motivo di ricorso  l'inesistenza  del  presupposto
impositivo dell'avviso di liquidazione con conseguente nullita' dello
stesso.  Sostengono  le  ricorrenti  che  l'operazione  deve   essere
considerata atomisticamente, e dunque solo con  riferimento  all'atto
di  cessione  di  quote  sociali,  che  come  tale   costituisce   il
presupposto di applicazione dell'Imposta sul valore  aggiunto  e  non
dell'Imposta proporzionale di registro; 
      col quarto motivo la violazione,  da  parte  dell'ufficio,  del
diritto  del  contribuente  a  partecipare  ad   un   contraddittorio
preventivo; 
      infine,  col  quinto  motivo  la   violazione,   ovvero   falsa
applicazione degli artt. 20 e  21-tur  in  quanto  l'ufficio  avrebbe
impropriamente riqualificato come fattispecie unitaria  (cessione  di
azienda)   fattispecie   distinte   e   autonome   di   cessione   di
partecipazioni, non collegabili con  il  precedente  conferimento  di
azienda e comunque negozi realmente voluti  come  tali  dalle  parti.
Secondo l'art. 20-tur, solo gli effetti giuridici di un atto  possono
avere rilievo per l'applicazione dell'Imposta di  registro  e  dunque
ogni singolo atto deve essere valutato  autonomamente  per  i  propri
effetti giuridici in relazione allo  schema  giuridico  che  esso  e'
idoneo a realizzare. Inoltre, sostengono le ricorrenti che l'indagine
sugli effetti giuridici dell'atto  deve  essere  compiuta  unicamente
sulla  base  degli  elementi  che  emergono  dai  singoli   documenti
presentati al momento della registrazione e  non  anche  da  elementi
extra-testuali ne', tanto meno, da vicende antecedenti  o  successive
alla registrazione dell'atto. 
    In tutti i giudizi, si e' costituita ritualmente la Agenzia delle
entrate che ha chiesto il rigetto del ricorso confutandone i motivi e
ribadendo gli argomenti esposti nell'atto impugnato.  In  particolare
essa oppone le seguenti controdeduzioni: 
      con riferimento al primo motivo l'Agenzia ritiene che  l'avviso
contenga tutte le indicazioni utili al contribuente per l'adempimento
spontaneo, che lo informi delle conseguenze del  mancato  versamento,
presentando una motivazione completa, che lo metta  nella  condizione
di difendersi compiutamente; 
      con riferimento al secondo motivo  se  la  riqualificazione  in
cessione di azienda  e'  corretta,  la  direttiva  2008/7/CE  non  e'
applicabile, perche' la fattispecie non rientra  nel  suo  campo  per
espressa previsione del combinato disposto degli articoli 4 e  5.  Se
invece si nega la possibilita' di riqualificazione  ex  art.  20-tur,
diventa allora inutile  invocare  tale  direttiva,  poiche'  l'avviso
ricadra' nei suoi presupposti da un punto di vista sostanziale; 
      con riferimento al terzo motivo l'Agenzia non prende  posizione
in  quanto,  essendo  relativo  all'insussistenza   del   presupposto
impositivo, esso  deve  essere  esaminato  congiuntamente  al  quinto
relativo   alla   riqualificazione   ai   sensi   dell'art.    20-tur
dell'operazione; 
      con riferimento al quarto motivo osserva l'Agenzia che in primo
luogo non  sussiste,  nell'ordinamento  nazionale  (a  differenza  di
quello  dell'Unione  europea)   alcun   obbligo   generalizzato   per
l'Amministrazione finanziaria di instaurare un  contraddittorio  ogni
qualvolta la stessa adotti un  provvedimento  lesivo  dei  diritti  e
degli interessi del contribuente. Inoltre che, nel  caso  di  tributi
«non armonizzati», l'instaurazione del contraddittorio costituisce un
obbligo solo nel caso in cui sia espressamente previsto dalla  legge.
Diversamente,  in  tema  di  tributi  «armonizzati»,  osserva  sempre
l'Agenzia, l'obbligo di  contraddittorio  endoprocedimentale  e'  si'
generalizzato e la sua omissione  determina  l'invalidita'  dell'atto
impositivo, ma cio' a condizione che  il  contribuente  dimostri,  in
sede giudiziale, che, in mancanza di tale violazione, il procedimento
avrebbe  comportato  un  risultato  diverso.  Pertanto,  non  essendo
l'Imposta di registro un tributo armonizzato, e non essendoci  alcuna
previsione normativa in tale senso, non vi e'  per  l'Amministrazione
alcun obbligo di invitare le contribuenti al contraddittorio. In ogni
caso, anche laddove si dovesse ritenere obbligatoria  l'instaurazione
dello stesso, spetterebbe al contribuente  la  dimostrazione  che  il
procedimento avrebbe comportato un risultato diverso; 
      con riferimento al quinto motivo,  infine,  sostiene  l'Agenzia
che  una  corretta   interpretazione   dell'art.   20-tur   ai   fini
dell'applicazione dell'Imposta proporzionale di registro  imponga  la
riqualificazione dell'operazione, frazionata  in  una  pluralita'  di
atti, alla  luce  dell'unitario  effetto  negoziale  perseguito.  Per
comprendere quale sia il  presupposto  impositivo  cui  applicare  il
tributo in oggetto, occorre prescindere  dalla  forma  e  dal  titolo
dell'atto  registrato,  dovendo  piuttosto  analizzare  gli   effetti
giuridici che con esso le parti intendono produrre. 
 
                       Motivi della decisione 
 
                             In generale 
 
    Ritiene il collegio che il presente processo veda  una  (duplice)
questione   di   costituzionalita';   essendo   rilevanti    e    non
manifestamente infondate questioni di costituzionalita' relative a: 
      A.  L'art.  20  del  tur,  quale   risultante   dall'intervento
apportato dall'art. 1, comma 87 (lettera a, numeri 1 e 2),  legge  n.
205 del 27 dicembre 2017 (legge di bilancio 2018), nella parte in cui
dispone  che,  nell'applicare  l'Imposta  di  registro   secondo   la
intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto  presentato  alla
registrazione, (...) si debbano tenere in  considerazione  unicamente
gli elementi desumibili dall'atto  stesso,  «prescindendo  da  quelli
extratestuali dagli atti ad esso  collegati,  salvo  quanto  disposto
dagli articoli successivi»; 
      B. L'art. 1, comma 1084 della legge n. 145 del 30 dicembre 2018
(legge di bilancio per il 2019). 
 
                     La vicenda dell'art. 20-tur 
 
    Risulta  dunque  evidente  che  la   pretesa   impositiva   della
Amministrazione   finanziaria   nel   caso   di   specie   si   fonda
sull'applicazione dell'art. 20-tur. 
    Tale norma e' stata per  lungo  tempo  oggetto  di  dibattito  in
ordine alla sua reale natura ed alla possibilita' -  sulla  quale  la
giurisprudenza  di  legittimita',   nell'ultimo   decennio,   si   e'
consolidata in senso affermativo  -  di  utilizzo  della  stessa  per
riqualificare piu' atti tra loro collegati al fine di individuare  il
dato giuridico reale conseguente alla natura intrinseca degli atti  e
ai loro effetti giuridici. La causa  unitaria  cosi'  individuata  ha
permesso di sottoporre al regime di tassazione piu'  oneroso,  ovvero
quello proporzionale, le operazioni  realizzate  mediante  piu'  atti
che, isolatamente considerati, vengono tassati con imposta fissa:  in
particolare,  si  tratta  delle  cessioni   di   partecipazioni   (di
controllo,  o  a   maggior   ragione   totalitarie)   precedute   dal
conferimento di aziende  e/o  di  beni,  sovente  riqualificate  come
cessioni (dirette) di aziende e/o beni. 
    Con il comma 87 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n.  205
(Legge  di  stabilita'  2018),  il  legislatore  ha   rivisitato   la
disposizione di cui all'art. 20-tur,  stabilendo  che  «l'imposta  e'
applicata secondo  la  intrinseca  natura  e  gli  effetti  giuridici
dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi  corrisponda
il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi  desumibili
dall'atto medesimo, prescindendo da  quelli  extra-testuali  e  dagli
atti  ad  esso  collegati,  salvo  quanto  disposto  dagli   articoli
successivi». 
    Rispetto alla previgente formulazione  («l'imposta  e'  applicata
secondo la intrinseca natura  e  gli  effetti  giuridici  degli  atti
presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il  titolo
o la  forma  apparente»)  l'area  di  operativita'  dell'art.  20-tur
risulta ristretta, attraverso  tre  modifiche:  a)  l'utilizzo  della
forma singolare, con il riferimento al singolo «atto»; b) il  divieto
di valorizzare elementi extra-testuali ed il contenuto  di  eventuali
atti collegati a quello portato alla registrazione; c)  l'aver  fatto
comunque salva, attraverso il riferimento agli «articoli successivi»,
la possibilita' di contestare l'abuso del diritto. 
    Sul tema della decorrenza temporale della novella e'  intervenuto
il legislatore con la legge di bilancio previsionale per l'anno 2019,
stabilendo (art 1, comma 1084, legge n.  145/2018)  che:  «L'art.  1,
comma  87,  lettera  a),  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205,
costituisce interpretazione autentica  dell'art.  20,  comma  1,  del
testo unico di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26
aprile 1986, n. 131». 
    Attraverso quest'ultima disposizione, la natura della novella del
2017 viene ad essere delineata quale dichiarativa di una  norma  gia'
presente nell'art. 20-tur, che deve percio' essere interpretato  alla
luce di come e' stato modificato nel 2017 sin  dalla  sua  originaria
formulazione, in via retroattiva. 
    A seguito di questi  ultimi  interventi  normativi,  le  societa'
integrano pertanto  i  ricorsi  con  memorie  illustrative  volte  ad
evidenziare  ulteriormente  l'illegittimita'  della  riqualificazione
operata dall'ufficio nell'avviso di liquidazione. 
    Si ritiene che  il  testo  della  norma,  come  risultante  dalla
modificazione in  senso  restrittivo  operata  nel  2017,  ponga  una
rilevante e non manifestamente infondata  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
 
                           Della rilevanza 
 
    La questione e' rilevante. 
    Ritiene  infatti  il  collegio  come   sia   decisivo,   per   la
controversia, l'esame del terzo  e  del  quinto  motivo  dei  riuniti
ricorsi, motivi che  invocano  espressamente  la  nuova  formulazione
normativa dell'art. 20-tur. 
    Tali motivi, alla luce  delle  novelle  di  cui  si  sospetta  la
legittimita', sono determinanti ai fini della  pronuncia  sul  merito
della  causa;  comporterebbero   l'accoglimento   del   ricorso.   La
controversia, infatti, non puo' essere decisa senza fare applicazione
(retroattiva, in base all'art. 1,  comma  1084,  legge  n.  145/2018)
della norma cosi' come modificata nel 2017. 
    Non sembra invece che il ricorso possa essere risolto sulla  base
delle altre ragioni poste a  fondamento  dell'impugnazione  dell'atto
impositivo. Conseguentemente,  e'  rilevante  e,  anzi  decisiva,  la
definizione del perimetro della portata dell'art. 20-tur. 
    Ed  infatti   le   ricorrenti,   al   di   la'   della   corretta
interpretazione della fattispecie di cui  all'art.  20-tur  (terzo  e
quinto motivo dei riuniti ricorsi), hanno si' proposto altri  motivi;
tuttavia, il collegio ritiene che essi non siano in grado di condurre
a decisione; non paiono prima  facie  fondati,  salva  ogni  migliore
valutazione in sentenza: 
      con riferimento al primo, relativo al difetto  di  motivazione,
si tratta di motivo che non convince, posto  che  l'avviso  impugnato
contiene tutte le indicazioni utili al contribuente  cui  e'  rivolto
per l'adempimento spontaneo, e rappresenta compiutamente  le  ragioni
di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa impositiva. In
altri termini, non pare che vi sia un difetto  di  motivazione,  tale
condurre all'accoglimento dei riuniti ricorsi, sulla base  di  questo
motivo; 
      con riferimento al  secondo,  relativo  alla  violazione  della
direttiva comunitaria 2008/7/CE, se la riqualificazione  in  cessione
di azienda e' corretta, la direttiva non sembra applicabile; 
      con  riferimento  al  quarto,  relativo   alla   mancanza   del
contraddittorio endoprocedimentale, il motivo non e' in linea con  il
principio, ripetutamente ribadito, che solo ai tributi comunitari  si
applica il contraddittorio  endoprocedimentale.  Dunque,  anche  tale
motivo non sarebbe in grado di condurre a decisione, in via autonoma; 
      e'   dunque   con   riferimento   al    quinto    motivo    (e,
conseguentemente, al terzo), relativo  alla  violazione  ovvero  alla
falsa applicazione dell'art. 20-tur, che occorre sottoporre questione
di legittimita' costituzionale alla Corte; poiche'  la  decisione  di
questa  causa,  con  raccoglimento  di  tali  motivi,  dipende  dalla
applicabilita' dell'art. 20-tur,  e  dunque  dalla  sopravvivenza  di
questa disposizione, nell'attuale testo, all'interno dell'ordinamento
giuridico. 
    Alla corta: i motivi di ricorso, diversi dal terzo e dal  quinto,
non hanno solidita' tale  da  portare  ad  accoglimento  dei  riuniti
ricorsi. Il terzo ed il quinto motivo sono,  invece,  basati  proprio
sulla norma dell'art. 20-tur, nella sua attuale formulazione; parendo
anzi fondati proprio nella ultima versione di tale norma. 
 
                  Della non manifesta infondatezza 
 
    A. L'art. 20-tur, cosi' come modificato nel 2017,  contrasta  con
gli artt. 3 e 53 della Costituzione. 
    La questione di legittimita' costituzionale in relazione  a  tali
parametri e' gia' stata  sollevata  dalla  Corte  di  cassazione  con
ordinanza  n.  23549  del  23  settembre  2019  con  cui  la  Sezione
tributaria ha ritenuto rilevante e non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale, in relazione  appunto  agli
artt. 53 e  3  della  Costituzione,  dell'art.  20  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 (in seguito, ancora tur),
nella formulazione risultante  a  seguito  degli  interventi  operati
dall'art. 1, comma 87, della legge n. 205 del  2017  e  dall'art.  1,
comma 1084 della legge n. 145 del 2018, nella parte  in  cui  dispone
che, nell'applicare  l'Imposta  di  registro  secondo  la  intrinseca
natura  e   gli   effetti   giuridici   dell'atto   presentato   alla
registrazione, anche se non vi  corrisponda  il  titolo  o  la  forma
apparente, si  debbano  prendere  in  considerazione  unicamente  gli
elementi  desumibili  dall'atto   stesso   prescindendo   da   quelli
extratestuali e dagli atti ad esso collegati. 
    Sul punto pertanto, esigenze di concisione  di  questa  ordinanza
impongono  un  richiamo  alla  ordinanza  della  Corte   suprema   di
cassazione. 
    In sintesi: l'art. 20-tur, nel testo originario,  consentiva  una
interpretazione, del tutto conforme ai parametri che, si puo' dire da
molti secoli, regolano le regole  sulla  interpretazione  dei  negozi
giuridici. In altri termini, l'art. 20 cit. consentiva di  apprezzare
l'atto-negozio e non solo  l'atto-documento.  Applicando  regole  che
sono quelle vigenti, per la interpretazione dei negozi giuridici,  in
tutto lo spazio ordinamentale. 
    La riforma  del  2017  ha  invece  limitato  la  possibilita'  di
interpretare il negozio giuridico da tassare entro limiti  asfittici.
Tale  rigido  incapsulamento  delle  modalita'   di   interpretazione
dell'atto  sembra  censurabile  sul  piano   del   buon   uso   della
discrezionalita'  amministrativa.  Non  ha   significative   funzioni
garantistiche (poiche' comunque anche la interpretazione  secondo  le
regole del diritto comune ha, evidentemente, limiti);  nel  contempo,
tale  asfittico  incapsulamento  della  interpretazione   ammissibile
impedisce  di  tenere  conto  di  capacita'  contributiva;  capacita'
contributiva che invece  emerge  dalla  semplice  applicazione  delle
regole interpretative civilistiche. 
    Puo'  aggiungersi  questo,  per  evidenziare  la  non   manifesta
infondatezza della questione. 
    Poiche'  possa  dirsi  integrato  il  requisito  della  capacita'
contributiva, presupposto dell'imposizione fiscale, e' necessario, ma
al  contempo  sufficiente,  che  vi  sia  un  collegamento   tra   la
prestazione   imposta   ed   i   presupposti   economici   presi   in
considerazione, in termini  di  forza  e  consistenza  economica  dei
contribuenti. Il  legislatore  tributario  pertanto,  pur  nella  sua
discrezionalita',   deve   realizzare    una    giustizia    fiscale,
individuando, ed  eventualmente  disciplinando  in  maniera  diversa,
situazioni differenti. Il principio dell'uguaglianza  impone  insomma
una coerenza interna alla legge tributaria; nonche' una  coerenza  di
questa con il sistema giuridico nel suo complesso. 
    Dall'applicazione di queste norme della  carta  discende  l'ormai
consolidato principio della  «indisponibilita'  della  qualificazione
contrattuale   ai    fini    fiscali»:    le    questioni    relative
all'interpretazione dei contratti  e  all'autonomia  negoziale  delle
parti sono prive di rilevo rispetto alla pretesa impositiva statuale,
poiche' quest'ultima e' costituzionalmente vincolata al rispetto  del
principio della capacita' contributiva, la cui  attuazione  non  puo'
che prescindere da qualsivoglia dichiarazione negoziale,  richiedendo
esclusivamente la misurazione del reale movimento di ricchezza. Ferma
restando la liberta' contrattuale dei privati (art. 1322  del  codice
civile), l'Amministrazione finanziaria dovrebbe  applicare  l'Imposta
di  registro  in  base  all'effetto  pratico  (ovvero  al   contenuto
sostanziale ed economico) che  l'operazione  oggetto  di  imposizione
tributaria consegue. 
    Ne' e' ragionevole che la capacita' contributiva, che emerge  dal
negozio giuridico o dai negozi collegati sia  disassata,  rispetto  a
quanto l'erario puo' fare, applicando la Imposta di registro. 
    Vi e'  dunque  una  questione  non  manifestamente  infondata  di
costituzionalita' della stessa novellazione dell'art.  20-tur,  quale
effettuata nel 2017. 
    B. L'art. 1, comma 1084, della legge n. 145 del 30 dicembre  2018
(legge di bilancio per il 2019) laddove dispone che l'art.  1,  comma
87, lettera a) della legge 27  dicembre  2017,  n.  205,  costituisce
interpretazione autentica dell'art. 20, comma 1-tur contrasta con gli
artt. 3, 81 (e 97), 101 (nonche' 102 e 108), 24 della Costituzione 
    In base alle considerazioni che precedono - coincidenti con Cass.
23549 del 2019 - e' dunque sospetta di incostituzionalita' la attuale
formulazione  dell'art.  20-tur,  nella  formulazione  post-2017.  La
declaratoria di invalidita' che si  auspica  al  precedente  punto  A
ripristinerebbe un ragionevole testo dell'art. 20-tur. 
    Va tuttavia ipotizzato  che  l'attuale  articolo  venga  ritenuto
conforme ai parametri costituzionali, nel testo attualmente  vigente,
a seguito della riforma  del  2017.  Che,  dunque,  a  regime,  possa
mantenersi l'attuale limite interpretativo. In tale  caso,  tuttavia,
deve  ritenersi  non  manifestamente  infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale della norma che precede. 
    E valga il vero. 
    Com'e'  noto,  la  giurisprudenza   di   legittimita'   formatasi
successivamente  alla  novella  del  2017  ne   aveva   riconosciuto,
pressoche' unanimemente, la natura innovativa e  non  interpretativa.
Tale  il  diritto  vivente,  senza  dubbio  alcuno:  fra  le   altre,
Cassazione 2007 del 2018; 4407 del 2018;  4589  del  2018;  4590  del
2018;7637 del 2018; 57489 del 2018; 14999 del 2018; 362 del 2019. 
    Il fenomeno  di  creazione  di  norme  effettivamente  innovative
mascherate da norme interpretative con efficacia retroattiva  non  e'
questione decisiva ai fini della incostititzionalita'  delle  stesse.
Com'e'  noto,  il  divieto  di  retroattivita'  della  legge  -   pur
costituendo fondamentale valore di  civilta'  giuridica  e  principio
generale dell'ordinamento (l'art. 11 «Preleggi», sull'efficacia della
legge nel tempo, dispone che la legge non dispone che per l'avvenire:
essa non ha effetto retroattivo), cui il legislatore deve in linea di
principio attenersi -  non  e'  stato  tuttavia  elevato  a  dignita'
costituzionale, se si  eccettua  la  previsione  dell'art.  25  della
Costituzione,  limitatamente  alla  legge  penale.   Il   legislatore
ordinario, pertanto, nel rispetto del  suddetto  limite  penalistico,
puo'  emanare  norme  con  efficacia  retroattiva,  interpretative  o
innovative che siano, a condizione pero' che la retroattivita'  trovi
adeguata giustificazione sul piano  della  ragionevolezza  e  non  si
ponga in contrasto con altri valori ed  interessi  costituzionalmente
protetti. 
    Un primo profilo di ragionevolezza alla luce del  quale  vagliare
l'intervento   legislativo   avente   natura   retroattiva    attiene
all'esistenza di un persistente contrasto interpretativo, che  dunque
necessita di un intervento chiarificatore da parte del legislatore in
grado di risolvere lo stato di obiettivo dubbio ermeneutico  in  nome
del supremo principio, nazionale e sovranazionale,  di  certezza  del
diritto (o dell'affidamento). Lo  scrutinio  della  norma  denunciata
deve prendere le mosse  dalla  constatazione  dell'esistenza  di  una
significativa divergenza di opinioni. Tale non era la  situazione  in
cui e' intervenuto il legislatore  nel  2018:  la  giurisprudenza  di
legittimita'  infatti  era  unanimemente  consolidata  come   diritto
vivente. 
    Pertanto non  puo',  sotto  questo  profilo,  risconoscersi  alla
novella del  2018  l'attributo  di  ragionevolezza  che  l'intervento
retroattivo  deve  necessariamente  possedere  per  non  violare   il
principio logico giuridico della naturale proiezione della  norma  di
legge verso il futuro e non verso il passato.  Anziche'  tutelare  la
certezza del diritto, che poteva  dirsi  raggiunta  alla  luce  della
uniforme applicazione dell'art. 20-tur (vecchio testo) da parte della
giurisprudenza   di   legittimita';   il   legislatore   ha   forzato
l'applicazione a fattispecie poste in essere nella vigenza  dell'art.
20-tur prima della riformulazione, dell'art. 20  nella  sua  nuova  e
piu' ridotta portata. 
    Un secondo profilo di ragionevolezza cui puo' corrispondere  alla
norma retroattiva, strettamente collegato al precedente, attiene alla
prevedibilita' del significato precisato.  La  riduzione  dell'ambito
operativo dell'art. 20-tur (attraverso le tre  modifiche:  l'utilizzo
della forma singolare, con  il  riferimento  al  singolo  «atto»;  il
divieto di valorizzare elementi extra-testuali  ed  il  contenuto  di
eventuali atti collegati a quello portato alla registrazione;  l'aver
fatto  comunque  salva,  attraverso  il  riferimento  agli  «articoli
successivi», la possibilita' di contestare l'abuso del diritto) ha il
carattere della novita', e come tale la norma non puo' che applicarsi
a fattispecie successive alla sua entrata in vigore. 
    Un terzo profilo di ragionevolezza che deve sussistere  affinche'
l'efficacia  retroattiva  della  norma  possa   essere   giustificata
pertiene all'interesse generale. Si tratta di un principio desumibile
dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e  cioe'
«motivi imperativi  di  interesse  generale»  che  la  giurisprudenza
costituzionale traduce  nell'ordinamento  italiano  come  «tutela  di
principi, diritti e beni di rilievo  costituzionale»:  e'  necessario
cioe'  che  caso  per  caso  si  dimostri  che  la  specifica   legge
retroattiva e' giustificata perche' in tal  modo  viene  tutelato  un
principio, un diritto o un bene di rilievo costituzionale. 
    Nel caso della novella del 2017 che riformula l'art.  20-tur  non
e' dato ravvisare quali sarebbero  i  motivi  imperativi  d'interesse
generale, idonei a giustificarne l'effetto retroattivo. 
    Al contrario,  come  precedentemente  illustrato,  essa  lede  il
principio di parita' di trattamento (uguaglianza sostanziale  di  cui
all'art. 3 della Costituzione)  e  di  capacita'  contributiva  (art.
53 della Costituzione), parametri  costituzionali  che  rappresentano
l'essenza del sistema impositivo ordinamentale. 
    Vi  e'  dunque  una  non   manifesta   incostituzionalita',   per
irragionevolezza  di  questa  singolare  norma  interpretativa;   con
parametro dunque l'art. 3 della Costituzione 
    La  previsione  del   2018   qui   censurata,   nell'imporre   la
retroattivita' dell'art  20-tur  nella  sua  nuova  ridotta  portata,
contrasta con gli artt. 81 e 97 della Costituzione, che prevedono  il
fondamentale principio dell'equilibrio di bilancio.  Proprio  perche'
la  riforma  del  2017  non  era  interpretativa  ma  innovativa,  le
fattispecie realizzatesi fino a tale data erano  sottoposte  al  piu'
favorevole (per l'erario)  regime  previgente.  Conseguentemente,  la
imposizione della retroattivita' priva l'erario stesso di diritti che
sono gia' acquisiti all'erario stesso, sia pure in nuce. 
    La privazione dell'Amministrazione finanziaria, ora  per  allora,
di  un  importante  strumento   di   prelievo   fiscale,   quale   la
riqualificazione in  termini  sostanziali  di  operazioni  economiche
complesse, comporta uno squilibrio di bilancio, non prevedibile;  con
la perdita, da parte dello Stato delle risorse economiche  necessarie
ad  assicurare  l'osservanza  dei  vincoli  economici  e   finanziari
derivanti dall'Unione europea. 
    Terzo gruppo di norme parametro violate e' quello degli  articoli
101, 102  e  108  della  Costituzione.  Pur  se  la  questione  della
sussistenza di una riserva di giurisdizione e'  tema  controvertibile
(e denso di implicazioni dogmatiche e politiche), non  vi  e'  dubbio
che, nel caso di specie, il legislatore intervenga «a pie' pari», per
interpretare una norma, in senso radicalmente difforme, rispetto alla
interpretazione unanime della giurisprudenza. 
    Infine, quarta norma parametro va individuata nell'art. 24  della
Costituzione. Anche la Agenzia, infatti, e' parte di questo processo.
Con una  norma  di  tal  fatta,  viene  menomato  il  suo  diritto  a
difendersi, secondo la legislazione su cui aveva impostato la propria
costituzione con le controdeduzioni. 
    In definitiva si ravvisano tutti i presupposti per  demandare  al
giudice delle leggi il vaglio di legittimita': 
      A. in  rapporto  agli  articoli  3  e  53  della  Costituzione,
dell'art. 20-tur nei termini di cui in dispositivo, nonche' 
      B. dell'art. 1, comma 1084 della legge  145  del  2018,  per  i
quattro gruppi di norme-parametro sopra individuati 
 
                              P. Q. M. 
 
                           La CTP Bologna 
 
    Visti gli articoli 134 Cost. e 23 legge n. 87/53: 
    Sospeso il giudizio; 
    A. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale, in rapporto  agli  articoli  53  e  3
Cost., dell'art. 20 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
131/86, come risultante dall'intervento apportato dall'art. 1,  comma
87, legge n. 205/17 (legge di bilancio  2018),  nella  parte  in  cui
dispone  che,  nell'applicare  l'imposta  di  registro   secondo   la
intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto  presentato  alla
registrazione, anche se non vi  corrisponda  il  titolo  o  la  forma
apparente, si  debbano  prendere  in  considerazione  unicamente  gli
elementi  desumibili  dall'atto  stesso,  «prescindendo   da   quelli
extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo  quanto  disposto
dagli articoli successivi». 
    B. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale, in rapporto agli articoli: 3,  81  (e
97), 101 (nonche' 102 e 108), 24 Cost. 
 
             Ordinanza correttiva del 31 dicembre 2019. 
 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti del del giudizio; 
    Ordina,  altresi',   che   l'ordinanza   venga   comunicata   dal
cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    Dispone l'immediata trasmissione degli  atti,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso nella Camera di consiglio della quarta sezione, il
giorno 16 ottobre 2019. 
 
                  Il Presidente estensore: D'Orazi 
 
                              --------- 
 
                 Commissione tributaria provinciale 
                               Bologna 
 
                  Il collegio della quarta sezione 
 
    Composto dai signori: 
      D'Orazi Marco - Presidente e relatore; 
      Casaccia Fabrizio - giudice; 
      Salsi Luciano - giudice; 
    nella causa n. 344 del 2017 R.G.R. + altri riuniti; 
    Rilevato che e' stata messa ordinanza 858/04 del 2019, del giorno
16 ottobre - 13 novembre 2019; 
    Rilevato che tale ordinanza contiene  un  errore  materiale,  sia
pure per omissione; che, infatti, la seconda norma di cui  si  dubita
della costituzionalita' e' l'art. 1, comma 1084, della legge  n.  145
del 30 dicembre 2018, come da pagina 7, 13-16, in particolare  pagina
17 nell'ultima riga di motivazione; 
    Rilevato che per omissione del  dispositivo,  al  punto  B  dello
stesso dispositivo si legge che e'  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione  di   legittimita'   costituzionale,   senza
indicazione della norma, da riferire alla  norma  evidentemente  alla
norma che  precede;  trattasi  di  omissione  innocua,  probabilmente
nemmeno da correggere (il dispositivo va infatti letto  insieme  alla
motivazione); 
    Rilevato che questo collegio ritiene comunque  di  correggere  il
dispositivo, se non altro per ragioni di chiarezza  espositiva  della
ordinanza; 
 
                              Dispone: 
 
    Che al punto B del dispositivo, dove e' scritto: 
      B.  Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
questione di legittimita' costituzionale, in rapporto agli  articoli:
3, 81 (e 97), 101 (nonche' 102 e 108), 24 Cost.; 
    debba invece leggersi: 
      B.  Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  1084,
della legge 145 del 2018, in rapporto agli articoli: 3,  81  (e  97),
101 (nonche' 102 e 108), 24 Cost. 
 
                              Dispone: 
 
    Che la segreteria  comunichi  questa  ordinanza  correttiva  alle
parti; che annoti sull'originale questa correzione;  che  invii  alla
Corte sia la ordinanza annotata sia questo provvedimento. 
      Bologna il giorno 31 dicembre 2019.