N. 49 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 maggio 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 18 maggio  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica - Formazione professionale  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Requisiti per l'accesso ai contratti aggiuntivi
  regionali per  medici  abilitati  all'esercizio  della  professione
  utilmente collocati nella graduatoria di cui all'art. 36, comma  1,
  lettera d), del decreto legislativo n. 368 del 1999 - Residenza  in
  Sardegna  per  almeno  dieci  anni,  anche  non  continuativi,  nel
  ventennio precedente alla data di  scadenza  per  la  presentazione
  delle domande di partecipazione  al  concorso  di  ammissione  alla
  scuola di specializzazione. 
Sanita' pubblica - Formazione professionale  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Obblighi dei medici assegnatari di un contratto
  aggiuntivo  regionale  -  Prestazione   della   propria   attivita'
  lavorativa  per  cinque  anni  dal  conseguimento  del  diploma  di
  specializzazione,  nelle  strutture  e  negli  enti  del   Servizio
  sanitario regionale (SSR) ovvero presso le universita' regionali. 
- Legge della Regione autonoma Sardegna 6 marzo 2020, n. 6 (Norme  in
  materia  di  contratti  di  formazione   specialistica   aggiuntivi
  regionali), artt. 4, comma 1, lettera a), e 5, comma 1, lettera c). 
(GU n.24 del 10-6-2020 )
    Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e  difeso  ex  lege
dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge; 
    Contro  la  Regione  autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del
Presidente in carica, con sede in Cagliari, viale Trento n. 69; 
    Per la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  della
legge della Regione autonoma della Sardegna del 6 marzo 2020,  n.  6,
pubblicata nel B.U.R. n. 9  del  9  marzo  2020,  recante  «Norme  in
materia  di  contratti   di   formazione   specialistica   aggiuntivi
regionali», giusta deliberazione del Consiglio dei  ministri  assunta
nella seduta del giorno 29 aprile 2020, quanto: 
        all'art. 4, comma 1, lettera a) per contrasto  con  l'art.  3
della Costituzione; 
        all'art. 5,  comma  1,  lettera  c)  per  contrasto  con  gli
articoli 2, 3 e 41 della Costituzione. 
    In data 9 marzo 2020, nel n. 9  del  Bollettino  Ufficiale  della
Regione Autonoma della Sardegna, e' pubblicata la legge  regionale  6
marzo  2020,  n.  6,  recante  «Norme  in  materia  di  contratti  di
formazione specialistica aggiuntivi regionali». 
    La legge consta di nove articoli: 
        l'art. 1, rubricato «Finalita'»; 
        l'art. 2, rubricato «Oggetto»; 
        l'art. 3, rubricato «Contratti  di  formazione  specialistica
aggiuntivi regionali»; 
        l'art. 4, rubricato «Requisiti  per  l'accesso  ai  contratti
aggiuntivi regionali»; 
        l'art. 5, rubricato «Obblighi dei medici»; 
        l'art. 6, rubricato «Inadempimenti agli obblighi  dei  medici
assegnatari di contratti aggiuntivi regionali»; 
        i successivi articoli 7, 8 e 9 dedicati rispettivamente  alle
disposizioni transitorie e finali, alle  disposizioni  relative  alla
copertura finanziaria ed all'entrata in vigore della legge. 
    Con tale legge, come previsto tra le sue finalita',  «la  Regione
garantisce ai professionisti sanitari di  area  medica  l'accesso  ad
adeguati percorsi  di  formazione,  di  didattica,  di  assistenza  e
ricerca, favorendo la loro permanenza nelle strutture  e  negli  enti
del Servizio sanitario regionale» (art. 1, comma 1). 
    Inoltre, con la legge in esame, come previsto  nel  suo  oggetto,
«la Regione promuove interventi a sostegno della formazione in ambito
sanitario, con particolare riferimento alla formazione  specialistica
dei medici» (art. 2, comma 1), al fine  di  garantire  «la  copertura
continuativa dei  fabbisogni  professionali  del  servizio  sanitario
regionale» (art. 2, comma 2). 
    Alle  predette  finalita'  la  regione  finanzia   contratti   di
formazione specialistica aggiuntivi rispetto a  quelli  statali,  per
l'appunto  denominati  dalla  legge   stessa   contratti   aggiuntivi
regionali, per incentivare la formazione specialistica dei  medici  e
favorirne  la  permanenza  nelle  strutture  sanitarie  del  Servizio
sanitario regionale (art. 3, comma 1). 
    Cio' premesso, le disposizioni che si  denunciano  esulano  dalle
competenze attribuite alla  regione  dallo  Statuto  speciale  (legge
costituzionale  n.  3  del  1948)  e  contrastano  coni  principi  di
ragionevolezza, di uguaglianza e di autodeterminazione, in violazione
degli articoli 2, 3 e 41 della Costituzione. 
    Gli articoli 4, comma 1, lettera a) e  5,  comma  1,  lettera  c)
della legge  regionale  vengono  dunque  impugnati  con  il  presente
ricorso ex art. 127 della Costituzione affinche'  ne  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato  il  conseguente
annullamento per i seguenti 
 
                               Motivi 
                                  I 
 
    I) L'art. 4, comma 1, lettera a) della legge  regionale  6  marzo
2020,  n.  6  e'  illegittimo  per  contrasto  con  l'art.  3   della
Costituzione. 
    L'art.  4  della  legge  regionale  -  come  esposto,   rubricato
«requisiti  per  l'accesso  ai  contratti  aggiuntivi  regionali»   -
stabilisce, al comma 1, che possono accedere ai contratti  aggiuntivi
regionali  i  medici  abilitati   all'esercizio   della   professione
utilmente collocati nella graduatoria nazionale di cui  all'art.  36,
comma 1, lettera d) del decreto  legislativo  n.  368  del  1999,  in
possesso dei seguenti requisiti: 
        a) siano stati residenti in Sardegna per almeno  dieci  anni,
anche  non  continuativi,  nel  ventennio  precedente  alla  data  di
scadenza della  presentazione  delle  domande  di  partecipazione  al
concorso di ammissione alla scuola di specializzazione; 
        b) non abbiano gia' beneficiato di altri contratti finanziati
dalla stessa Regione 
    Il requisito sub lettera a) della  residenza  nella  regione  per
almeno dieci anni, anche non continuativi,  richiesto  ai  medici  ai
fini dell'ammissione alla specializzazione, si pone in contrasto  con
l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza. 
    Il principio di ragionevolezza, identificabile «nell'esigenza  di
conformita' dell'ordinamento a valori di giustizia e di equita'  e  a
criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica» (Corte
Costituzionale n. 162 del 2014, n. 87 del 2012 e n. 421 del 1991), e'
insito  nel  principio  di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3   della
Costituzione. 
    Ora, il requisito cosi' imposto dalla disposizione censurata  per
accedere   ai   contratti   aggiuntivi   regionali,   nel    limitare
considerevolmente la platea degli  aspiranti  medici  specializzandi,
non appare  giustificato  da  una  ragionevole  correlazione  tra  la
prestazione di formazione specialistica erogata dalla regione, che la
legge medesima si propone di incentivare,  e  la  condizione  cui  la
stessa e' subordinata. 
    Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte avuto occasione
di pronunciarsi sul  requisito  della  residenza  c.d.  prolungata  o
protratta, allorquando sia stata prevista da alcune  leggi  regionali
ai fini dell'attribuzione di varie provvidenze o  servizi  sociali  e
cosi'  ai  fini   dell'assegnazione   degli   alloggi   di   edilizia
residenziale pubblica. 
    Nonostante  diverso  sia  l'ambito  della  legge  in  esame,  dai
pronunciamenti di Codesta Ecc.ma Corte  sono,  tuttavia,  chiaramente
evincibili  affermazioni  di  principio   volte   a   delimitare   la
costituzionalita' di  una  siffatta  condizione  per  l'accesso  alle
prestazioni pubbliche in generale. 
    Si richiama da ultimo  la  sentenza  n.  44  del  9  marzo  2020,
relativa al requisito della residenza protratta (li' per  un  periodo
di  almeno  cinque  anni)   ai   fini   dell'accesso   al   beneficio
dell'alloggio ERP. 
    In tale  sentenza  viene  ribadito,  nel  richiamo  a  precedenti
decisioni, che mentre il requisito della «residenza tout court» serve
a  identificare  l'ente  pubblico  competente  a  erogare  una  certa
prestazione ed e' un requisito che ciascun soggetto  puo'  soddisfare
in ogni momento,  quello  della  «residenza  protratta»  integra  una
condizione che puo' precludere in concreto ad un determinato soggetto
l'accesso alle prestazioni pubbliche sia  nella  regione  di  attuale
residenza sia in quella di  provenienza  (nella  quale  non  e'  piu'
residente), con la conseguenza che  le  norme  che  introducono  tale
requisito  vanno  vagliate  con  particolare  attenzione  (cosi',  la
decisione citata anche nel richiamo alla precedente sentenza  n.  107
del 2018). 
    Si afferma ancora nella sentenza n. 44 del 2020  che  «i  criteri
adottati dal legislatore per la selezione dei beneficiari dei servizi
sociali  devono  presentare  un  collegamento  con  la  funzione  del
servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del 2018, n. 168  del
2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011). Il  giudizio  sulla
sussistenza e sull'adeguatezza di tale collegamento -  fra  finalita'
del servizio da erogare e  caratteristiche  soggettive  richieste  ai
suoi potenziali beneficiari - e' operato da questa Corte  secondo  la
struttura tipica del sindacato svolto ai  sensi  dell'art.  3,  primo
comma della Costituzione, che muove dall'identificazione della  ratio
della norma di riferimento e passa poi alla verifica  della  coerenza
con tale ratio del filtro selettivo introdotto. 
    Nel caso in esame, l'esito di tale verifica conduce a conclusioni
di irragionevolezza del requisito della  residenza  ultraquinquennale
previsto  dalla  norma  censurata  come  condizione  di  accesso   al
beneficio dell'alloggio ERP. Se infatti non vi e' dubbio che la ratio
del servizio e' il soddisfacimento del bisogno abitativo, e'  agevole
constatare che la condizione di previa residenza protratta  dei  suoi
destinatari non presenta  con  esso  alcuna  ragionevole  connessione
(sentenze n. 166  del  2018  e  n.  168  del  2014).  Parallelamente,
l'esclusione di coloro che non soddisfano il requisito  della  previa
residenza quinquennale nella regione determina conseguenze incoerenti
con quella stessa funzione.» 
    Anche volendo considerare che con la legge in esame la regione si
propone altresi' di favorire ai medici la permanenza nelle  strutture
del Servizio sanitario regionale (art. 1, comma 1 e art. 3, comma 1),
deve precisarsi che codesta Ecc.ma Corte ha, inoltre,  affermato  che
«La previa residenza ultraquinquennale non e' di per  se'  indice  di
un'elevata  probabilita'  di  permanenza  in  un  determinato  ambito
territoriale,  mentre   a   tali   fini   risulterebbero   ben   piu'
significativi  altri  elementi  sui  quali  si  puo'  ragionevolmente
fondare una prognosi di stanzialita'. In altri termini, la  rilevanza
conferita a una condizione del passato, quale  e'  la  residenza  nei
cinque anni precedenti, non sarebbe comunque oggettivamente idonea  a
evitare il «rischio di instabilita'» del  beneficiario  dell'alloggio
di edilizia residenziale  pubblica,  obiettivo  che  dovrebbe  invece
essere perseguito avendo riguardo  agli  indici  di  probabilita'  di
permanenza per il futuro.» 
    Nella legge regionale in esame, seppure  la  residenza  richiesta
quale condizione di accesso ai contratti aggiuntivi regionali per  la
formazione specialistica non deve necessariamente essere continuativa
ma puo' essere calcolata nell'ambito di un ventennio, la  sua  durata
minima prevista e' decennale e si somma a quella che il medico dovra'
conservare per il periodo di formazione. 
    E', infatti, previsto tra gli obblighi del medico assegnatario di
un contratto aggiuntivo regionale, disposti dall'art. 5 della  stessa
legge, quello di  svolgere  la  propria  attivita'  professionale  di
formazione specialistica, per tutta la durata del  contratto,  presso
le sedi individuate dalla regione stessa e dalle universita' e  dagli
enti convenzionati come stabilito negli appositi protocolli di intesa
annuali (art. 5, comma 1, lettera b)). 
    A cio' si aggiunga che il beneficiario  sara'  poi  vincolato  al
territorio regionale per un ulteriore quinquennio, considerato che il
medico specializzato  e'  tenuto  a  prestare  la  propria  attivita'
lavorativa  per  cinque  anni  dal  conseguimento  del   diploma   di
specializzazione nelle strutture e negli enti del servizio  sanitario
regionale ovvero presso le universita'  degli  studi  della  Sardegna
(cosi', in forza dell'obbligo previsto dall' art. 5, comma 1, lettera
c), il cui inadempimento, ai sensi del successivo art. 6, comporta la
restituzione del 50 per cento di quanto percepito durante l'attivita'
di formazione). 
    Pertanto, dinanzi alla espressa finalita' della  legge  regionale
di  sostenere  e  di  incentivare  la  formazione  specialistica  dei
professionisti sanitari di area medica, mentre ben si comprendono  le
misure  atte  a  favorire  la  permanenza  in  Sardegna  dei   medici
specializzati  con  contratti  aggiuntivi  finanziati  dalla   stessa
regione, le limitazioni in fase d'accesso alla formazione contrastano
con il principio di ragionevolezza nel presupposto  di  un  requisito
del radicamento sul territorio sproporzionato  per  durata  e  troppo
esclusivo. 
    Giova al riguardo altresi' richiamare i principi affermati  dalla
Corte di giustizia dell'Unione europea in relazione ai  requisiti  di
residenza prolungata per l'accesso a prestazioni erogate dagli  Stati
membri, come pure ricordati nella sentenza n. 107 del 2018 di codesta
Corte costituzionale. 
    Nella decisione da ultimo menzionata, infatti, e'  ricordato  che
«La Corte di giustizia  non  esclude  a  priori  l'ammissibilita'  di
requisiti di residenza per  l'accesso  a  prestazioni  erogate  dagli
Stati membri, ma richiede che la norma persegua uno scopo  legittimo,
che sia proporzionata e che il  criterio  adottato  non  sia  «troppo
esclusivo», potendo sussistere altri elementi rivelatori  del  «nesso
reale» tra il richiedente e lo Stato  (cosi',  nel  riferimento  alla
sentenza 21 luglio 2011, in causa C.503/09, S. punti 92  e  95  e  24
ottobre  2013,  in  causa  C-220/12  T.M.,  punto  36),  precisandosi
altresi' che il fatto che la condizione  della  residenza  prolungata
discrimini anche cittadini italiani non e' rilevante  ai  fini  della
conformita' al diritto europeo (sempre in Corte Costituzionale n. 107
del 2018 nel riferimento a Corte di  giustizia  dell'Unione  europea,
sentenze  T.M.,  punto  27;  16  gennaio  2003,  in  causa  C-388/01,
Commissione, punto 14; 6 giugno 2000, in causa  C-281/98,  A.,  punto
41). 
    La disposizione denunciata  viola  l'art.  3  della  Costituzione
anche in relazione al collegamento di tale  principio  costituzionale
con il precetto di cui all'art. 120, primo comma, della  Costituzione
circa  il  divieto  delle  regioni  di  adottare  provvedimenti   che
ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione tra le persone. 
    Seppure la norma denunciata, non incidendo in modo immediato  sul
diritto di circolazione, non  violi  direttamente  il  divieto  posto
dall'art. 120 della Costituzione,  essa  pone  tuttavia  un  ostacolo
all'esercizio  del  diritto  ivi  previsto  e   ne   costituisce   un
irragionevole limite, anche solo in via di fatto. 
    Con la gia' citata sentenza  n.  107  del  2018,  codesta  Ecc.ma
Corte, definita la portata del divieto fissato  all'art.  120,  primo
comma, della Costituzione, ha  precisato  occorra  verificare  se  la
limitazione prevista dalla  norma  impugnata  sia  costituzionalmente
tollerabile, stante che il divieto  stesso  non  va  inteso  in  modo
assoluto, dovendosi invece «vagliare la  ragionevolezza  delle  leggi
regionali che limitano i diritti con esso garantiti». 
    A tal fine,  nel  richiamo  a  proprio  precedente  sulla  libera
circolazione delle cose (sentenza n. 51  del  1991),  codesta  Ecc.ma
Corte individua i seguenti criteri di esame: a) se si sia in presenza
di un valore costituzionale in  relazione  al  quale  possano  essere
posti  limiti  alla  libera  circolazione;  b)  se,  nell'ambito  del
suddetto potere di limitazione, la regione  possegga  una  competenza
che la legittimi a stabilire una disciplina differenziata a tutela di
interessi  costituzionalmente  affidati  alla  sua  cura;  c)  se  il
provvedimento  adottato  in  attuazione  del  valore   suindicato   e
nell'esercizio  della  predetta  competenza  sia  stato  emanato  nel
rispetto dei requisiti di legge  e  abbia  un  contenuto  dispositivo
ragionevolmente  commisurato  al   raggiungimento   delle   finalita'
giustificative dell'intervento limitativo della regione, cosi' da non
costituire  in  concreto   un   ostacolo   arbitrario   alla   libera
circolazione fra regione e regione (in termini C. Cost.  sentenza  n.
107 del 2018 cit.). 
    Ebbene, ai fini della declaratoria di  incostituzionalita'  della
disposizione qui denunciata, deve ritenersi che  la  norma  regionale
sul  requisito  della  residenza  prolungata  (decennale)   ai   fini
dell'accesso alla formazione medica specialistica,  quanto  al  primo
dei criteri individuati dal codesta Ecc.ma  Corte,  non  persegue  un
interesse pubblico meritevole, mirando solo a limitare l'accesso alle
persone radicate al territorio della regione da lungo  tempo;  quanto
al secondo criterio, esula dalle  competenze  legislative  attribuite
alla regione  dallo  Statuto  speciale,  in  quanto  disposizione  di
carattere  esclusivo  ed  escludente  ai   fini   dell'accesso   alla
formazione professionale; quanto al terzo criterio, infine, la durata
richiesta  della  residenza  non  puo'   considerarsi   proporzionata
all'obiettivo di garantire un legame tra il richiedente e la regione,
cioe', come espresso dalla legge, per favorirne la  permanenza  nelle
strutture del Servizio sanitario regionale. 
    La disposizione in esame, pertanto, e' anche sotto  tale  profilo
irragionevole  e  arbitraria,  in  violazione   dell'art.   3   della
Costituzione. 
 
                                 II 
 
    II) L'art. 5, comma 1, lettera c) della legge regionale  6  marzo
2020, n. 6 e' illegittimo per contrasto con gli articoli 2,  3  e  41
della Costituzione. 
    L'art. 5, al comma 1, lettera  c),  -  rubricato,  come  esposto:
«obblighi dei medici» - prevede che  il  medico  assegnatario  di  un
contratto aggiuntivo regionale: «c) si impegna a prestare la  propria
attivita' lavorativa per cinque anni dal conseguimento del diploma di
specializzazione nelle strutture e negli enti del SSR  ovvero  presso
le universita' degli studi della Sardegna». 
    L'inadempimento a tale obbligo comporta, ai sensi del  successivo
art. 6, che questi restituisca il 50 per cento  di  quanto  percepito
durante l'attivita' di formazione,  al  netto  delle  imposte  e  dei
contributi previdenziali e assistenziali. 
    §. Premesso che non e' in questione  la  competenza  regionale  o
statale a  determinare  il  contenuto  del  contratto  di  formazione
specialistica (la cui definizione viene effettuata ai sensi dell'art.
37, comma 2, del decreto legislativo n. 368 del 1999 con  un  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, e il  cui  contenuto,  nel
rispetto dello schema  tipo  nazionale,  puo'  essere  arricchito  da
specifiche disposizioni regionali ai sensi dell'art. 7, comma 1,  del
decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  6  luglio  2007),
l'art. 5, comma 1, lettera c), obbligando il medico beneficiario  del
contratto  aggiuntivo  regionale,  una  volta   specializzato   nella
regione, alla prestazione della propria  attivita'  lavorativa  nello
stesso territorio regionale nelle strutture  e  negli  enti  del  SSR
ovvero presso le universita' degli studi regionali  per  cinque  anni
dal conseguimento del  diploma,  gli  impone,  di  fatto,  scelte  di
carattere  strettamente  personale,  in  contrasto  con  i   principi
costituzionali in materia di autodeterminazione e in violazione degli
articoli 2 e 41 della Costituzione. 
    Il vincolo di accesso al mondo  lavorativo  che  la  disposizione
pone  al  medico  specializzato  gia'  beneficiario   del   contratto
aggiuntivo regionale, sia sotto il profilo territoriale  e  temporale
che della tipologia stessa del rapporto di lavoro, di fatto  ostacola
la esplicazione della sua  personalita'  anche  professionale  e  gli
inibisce di  autodeterminarsi  liberamente  in  ambito  lavorativo  e
nell'iniziativa economica privata. 
    §§. La previsione in parola,  inoltre  e  nella  prospettiva  dei
soggetti  non  beneficiari  del  contratto  aggiuntivo  regionale  di
formazione specialistica, rischia di risolversi in una ingiustificata
discriminazione a loro danno, configurandosi solo per i  beneficiari,
se non altro in via di fatto, come canale privilegiato di occupazione
presso le  strutture  del  SSR  e  delle  universita'  regionali,  in
violazione del principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    Sotto tale ultima prospettiva, anche la  disposizione  denunciata
viola l'art. 3 della Costituzione in  relazione  al  collegamento  di
tale principio costituzionale con il precetto di  cui  all'art.  120,
primo comma, della Costituzione, qui segnatamente  circa  il  divieto
delle regioni di limitare  l'esercizio  del  diritto  del  lavoro  in
qualunque parte del territorio nazionale. 
    Si ribadisce, infatti, che l'art. 5, comma  1,  lettera  c)  pone
comunque  un  ostacolo  all'esercizio  del  diritto  del  lavoro   in
qualunque parte del  territorio  nazionale  previsto  dall'art.  120,
comma 1 della Costituzione e ne costituisce un irragionevole  limite,
anche solo in via di fatto. La disposizione in  esame,  pertanto,  e'
anche  sotto  tale  profilo  arbitraria  e  viola  l'art.   3   della
Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta
Ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente
illegittimi,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra
indicati ed illustrati, l'art. 4, comma 1, lettera  a)  e  l'art.  5,
comma 1, lettera c) della legge della Regione autonoma della Sardegna
del 6 marzo 2020, n. 6, pubblicata nel B.U.R. n. 9 del 9 marzo 2020. 
    Con  l'originale  notificato  del  ricorso  si  depositeranno   i
seguenti atti e documenti: 
        1. attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione  del  giorno  29  aprile  2020,
della determinazione di impugnare la legge della legge della  Regione
autonoma della Sardegna del 6 marzo 2020, n. 6, pubblicata nel B.U.R.
n. 9 del 9 marzo 2020, secondo i termini e per le motivazioni di  cui
alla allegata relazione del Ministro per gli affari  regionali  e  le
autonomie; 
        2. copia  della  legge  regionale  impugnata  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione n. 9 del 9 marzo 2020. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
          Roma, 8 maggio 2020 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Fiduccia