N. 83 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 2020

Ordinanza del 26  maggio  2020  del  Magistrato  di  sorveglianza  di
Spoleto nel procedimento di sorveglianza nei confronti di L.T. M.. 
 
Ordinamento penitenziario - Misure urgenti in materia  di  detenzione
  domiciliare o  di  differimento  della  pena  per  motivi  connessi
  all'emergenza sanitaria da COVID-19 - Provvedimento  di  ammissione
  alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi
  connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 dei condannati e degli
  internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270-bis, 416-bis del
  codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o  per  un
  delitto  commesso  avvalendosi  delle  condizioni  o  al  fine   di
  agevolare l'associazione mafiosa, o per  un  delitto  commesso  con
  finalita' di terrorismo ai sensi dell'art.  270-sexies  del  codice
  penale, nonche' dei condannati  e  degli  internati  sottoposti  al
  regime previsto dall'art. 41-bis della legge  n.  354  del  1975  -
  Valutazione  della  permanenza  dei  motivi  legati   all'emergenza
  sanitaria  -  Previsione  che  proceda   alla   rivalutazione   del
  provvedimento  di  ammissione  alla  detenzione  domiciliare  o  di
  differimento della pena il magistrato di sorveglianza che ha emesso
  il provvedimento. 
- Decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in  materia  di
  detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione  della  pena,
  nonche' in materia di  sostituzione  della  custodia  cautelare  in
  carcere  con  la  misura  degli  arresti  domiciliari,  per  motivi
  connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o
  internate  per  delitti  di  criminalita'   organizzata   di   tipo
  terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a  delinquere
  legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti  commessi
  avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare  l'associazione
  mafiosa o con  finalita'  di  terrorismo,  nonche'  di  detenuti  e
  internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis  della
  legge 26 luglio 1975,  n.  354,  nonche',  infine,  in  materia  di
  colloqui con i congiunti o con altre persone cui  hanno  diritto  i
  condannati, gli internati e gli imputati), art. 2. 
(GU n.24 del 10-6-2020 )
 
                  UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI SPOLETO 
 
    Il Magistrato di sorveglianza rilevato che, ai sensi dell'art.  2
decreto-legge 10 maggio 2020 n. 29, e' iscritto procedimento relativo
a L.T.  M.,  nato  a  M...  il...,  gia'  ristretto  presso  la  Casa
circondariale di T..., in esecuzione della pena di cui alla  sentenza
Corte Appello Napoli 30 ottobre 2014, irrevocabile il 21 luglio 2017,
per anni cinque di reclusione, per la rivalutazione del provvedimento
con il  quale  il  Magistrato  di  sorveglianza  di  Spoleto  gli  ha
provvisoriamente concesso la detenzione domiciliare di  cui  all'art.
47-ter, comma 1-ter,  ord.  penit.,  surrogatoria  della  sospensione
della pena di cui all'art. 147 del codice penale; 
    decorrenza pena: 23  luglio  2017;  fine  pena:  28  giugno  2021
(tenuto  conto  della  liberazione  anticipata  concessagli  e  della
fungibilita' riconosciutagli); 
    vista la documentazione in atti; 
    acquisito il parere del  Procuratore  Distrettuale  antimafia  di
Napoli; 
 
                               Osserva 
 
    Con  provvedimento  in  data  21  marzo  2020  il  magistrato  di
sorveglianza di  Spoleto  concedeva  provvisoriamente  al  L.  T.  la
sospensione della pena ex art. 147 del codice penale nelle  forme  di
cui alla detenzione domiciliare  ex  art.  47-ter  comma  1-ter  ord.
penit., secondo le disposizioni  contenute  negli  articoli  684  del
codice di procedura penale e 47-ter comma 1-quater ord. penit.  (come
novellato con decreto-legge n. 146/2013, poi convertito il  legge  21
febbraio 2014, n. 10). 
    Nelle motivazioni di quel provvedimento  si  leggono  i  seguenti
elementi: L. T. espia  la  pena  m  relazione  ad  una  condanna  per
associazione a delinquere di stampo mafioso con  condotte  realizzate
tra il 1998 ed il 1999, per la quale gli sono  stati  comminati  anni
cinque di reclusione. 
    Segnatamente, e' attestata la sua  partecipazione  ad  un  gruppo
camorristico denominato clan «L T», a marcata connotazione familiare.
Il ruolo ricoperto dall'interessato e' descritto come di primo piano,
quale braccio destro di L. T. A., in particolare  nel  settore  della
esazione di tangenti, predisposizione degli stipendi agli associati e
verifica dell'afflusso dei proventi illeciti nelle casse del  gruppo.
Le sue condizioni di salute sono  state  piu'  volte  valutate  dalla
competente magistratura di sorveglianza,  sino  al  provvedimento  di
marzo 2020,  con  giudizio  di  compatibilita'  con  la  prosecuzione
dell'espiazione pena in carcere, pur rilevandosene  la  gravita',  ma
evidenziandosi pure  la  possibilita'  di  fare  accesso  ai  presidi
sanitari anche sul territorio mediante autorizzazioni ex art. 11 ord.
penit. 
    Nelle  relazioni  sanitarie  pervenute  per  la  valutazione  sul
differimento della pena di marzo scorso si legge che il  detenuto  e'
affetto da esiti  di  trapianto  di  fegato  del  '96  per  pregressa
cirrosi, in buon riscontro clinico ma con necessita' di continuare il
trattamento con immunosoppressore e immunoglobuline anti-HBV, diabete
mellito tipo  II,  portatore  di  pacemaker,  ipertensione  arteriosa
sistemica.  A   novembre   2019   risultava   sottoposto   a   visita
dermatologica per  pregresso  epitelioma  vasocellulare  superficiale
alla coscia destra, gia' curato con terapia farmacologica in grado di
far regredire la lesione, mentre si  procedeva  ad  asportazione  con
crioterapia di una cheratosi seborroica del torace. 
    Con  l'ultima  relazione  sanitaria  del  20   marzo   2020,   il
responsabile medico affermava che il condannato, pur non  presentando
situazioni di attuale incompatibilita' con il regime  carcerario,  in
considerazione delle patologie da  cui  e'  affetto,  in  particolare
l'immunodeficienza, potrebbe essere particolarmente a rischio in caso
di contagio da Covid-19. 
    Nella  sua  istanza  la  difesa  chiedeva  in  quella   sede   un
provvedimento  urgente,  anche  ricordando  la  pendenza  presso   il
Tribunale  di  sorveglianza  di  Perugia  di  un   procedimento   per
l'eventuale differimento della pena rinviato per  l'effettuazione  di
perizia, che l'emergenza sanitaria in corso impediva di  ultimare  in
tempi brevi, attese le restrizioni all'ingresso di tutti gli  esterni
al penitenziario per ridurre il rischio di diffusione del contagio, e
comunque evidenziandosi i tempi lunghi di attesa,  incompatibili  con
l'emergenza. 
    In atti era inoltre pervenuta nota  dell'area  trattamentale  che
documentava come il condannato, di anni  ,  ristretto  nella  sezione
Alta  Sicurezza  3  dell'istituto  penitenziario,  mantenesse   buona
condotta, seppur limitata dalle condizioni patologiche che  vive.  Si
allegavano riferimenti anche al coeso nucleo  familiare,  che  lo  ha
sempre supportato nel corso  della  detenzione.  Veniva  indicata  la
disponibilita' domiciliare della moglie dell'interessato, B. R. ,  in
M., via D. degli A. n. 175. 
    I Carabinieri di M. attestavano l'idoneita' del domicilio,  anche
dal punto di  vista  della  sorvegliabilita'  da  parte  delle  forze
dell'ordine preposte ai controlli e  confermavano  la  disponibilita'
della congiunta e della famiglia a dargli ospitalita'.  l  familiari,
aggiungevano le  forze  dell'ordine,  sono  immuni  da  precedenti  o
pendenze penali. In ulteriori note di p.s., pure in atti in relazione
a pregresse decisioni, ne veniva evidenziata la pericolosita' sociale
deducibile dal reato commesso e dal carisma esercitato in passato dal
fratello, esponente della  locale  criminalita'  organizzata,  ma  si
aggiungeva pure che, pur non  potendosi  escludere  in  relazione  al
curriculum  criminale,  non  erano  in  atti  elementi  per   dedurne
collegamenti attuali con la criminalita' organizzata. In  altra  nota
si diceva che la  compagine  di  appartenenza  risultava  disfatta  a
seguito di arresti e collaborazioni con la giustizia, anche se alcuni
componenti erano stati attinti da  ordinanze  di  custodia  cautelare
ancora nel 2014. 
    Sulla base del descritto compendio istruttorio il  Magistrato  di
sorveglianza  disponeva,  per  come  gia'  ricordato,  la  detenzione
domiciliare surrogatoria della sospensione dell'esecuzione della pena
per gravi motivi di salute,  con  la  seguente  motivazione:  «tenuto
conto delle informazioni pervenute dall'area sanitaria di T., nonche'
della sussistenza dell'emergenza epidemiologica legata  al  Covid-19,
appare  a  questo  magistrato  di  sorveglianza  che  sia  necessario
disporre il differimento facoltativo della pena in favore del L.  T.,
almeno per il tempo dell'emergenza sanitaria e fino a valutazione del
competente Tribunale di sorveglianza, in presenza di  condannato  con
patologie  gravi  e  necessitanti  costanti  contatti  con  le   aree
sanitarie territoriali per tenere sotto controllo i valori  relativi,
che allo stato appare,  per  come  evincibile  dall'ultima  relazione
sanitaria pervenuta il 20 marzo 2020, particolarmente a  rischio  per
la condizione di immunodeficienza collegata al trapianto  di  fegato,
nel caso auspicabilmente scongiurato di una diffusione  del  Covid-19
nel contesto penitenziario. D'altra parte l'interessato e'  ristretto
in sezione detentiva dove e' difficile  mantenere  il  distanziamento
sociale richiesto dalle disposizioni emanate per la  prevenzione  del
contagio e rispetto ai contatti con le aree  sanitarie  esterne  vede
inevitabilmente ridotta la possibilita' di farvi accesso, e'  inoltre
dato   drammaticamente   noto   che    l'incidenza    sugli    adulti
ultrasessantacinquenni (come  l'interessato),  di  tale  epidemia  e'
negativa, ove all'eta' si associno alcune delle patologie da  cui  il
L. T. e' affetto». 
    La misura ha avuto regolarmente inizio e sono pervenute, anche in
occasione dell'odierno procedimento, note dai Carabinieri di  M.  che
attestano  una  condotta  in  tutto  corrispondente  alle  stringenti
prescrizioni proprie della misura domiciliare impostagli (autorizzato
ad  allontanarsi  dall'abitazione   esclusivamente   per   il   tempo
strettamente  necessario  a  recarsi  presso   i   presidi   sanitari
territoriali, con l'accompagnamento di un  familiare,  dando  notizia
dell'allontanamento alle forze dell'ordine preposte ai controlli). 
    Il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 ha previsto nel  suo  art.
2, per quanto qui di interesse, che quando un condannato per uno  dei
delitti  ivi  puntualmente  indicati,  trai  quali  figura  anche  la
partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso,  reato
commesso  dall'odierno  interessato,  e'  ammesso   alla   detenzione
domiciliare o usufruisce  del  differimento  della  pena  per  motivi
connessi  all'emergenza  sanitaria  da  Covid-19,  il  Magistrato  di
sorveglianza (come nel caso di specie) o il tribunale di sorveglianza
che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore
distrettuale antimafia del luogo in cui e' stato commesso  il  reato,
valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria  entro
il termine di quindici  giorni  dall'adozione  del  provvedimento  e,
successivamente, con cadenza mensile. La  valutazione  e'  effettuata
immediatamente,  anche  prima  della  decorrenza  dei  termini  sopra
indicati,  nel  caso  in  cui  il  Dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria comunica la disponibilita' di strutture penitenziarie o
di reparti di medicina protetta adeguati alle  condizioni  di  salute
del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione  domiciliare  o
ad usufruire del differimento della pena. 
    Sotto il profilo istruttorio si precisa che, prima di  provvedere
l'autorita' giudiziaria sente  l'autorita'  sanitaria  regionale,  in
persona del Presidente della Giunta della Regione,  sulla  situazione
sanitaria locale e acquisisce dal  Dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilita'  di
strutture penitenziarie o di reparti di Medicina protetta in  cui  il
condannato o l'internato ammesso alla  detenzione  domiciliare  o  ad
usufruire del differimento della pena puo' riprendere la detenzione o
l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute. 
    La decisione dell'autorita' giudiziaria  e'  assunta  sulla  base
della valutazione relativa  alla  permanenza  dei  motivi  che  hanno
giustificato  l'adozione  del  provvedimento   di   ammissione   alla
detenzione domiciliare  o  al  differimento  di  pena,  nonche'  alla
disponibilita' di altre  strutture  penitenziarie  o  di  reparti  di
medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute  del
detenuto. Il provvedimento con cui l'autorita' giudiziaria revoca  la
detenzione domiciliare o il differimento della pena e' immediatamente
esecutivo. 
    L'art.  5  del  decreto-legge  prevede  poi  alcune  disposizioni
transitorie, alla luce delle quali  la  rivalutazione  predetta  deve
essere effettuata anche circa le misure domiciliari gia' assunte  per
motivi connessi all'emergenza Covid-19 a far  data  dal  23  febbraio
2020, con decorrenza dei quindici giorni per la  prima  rivalutazione
dal giorno dell'entrata in vigore del  decreto-legge,  avvenuta  l'11
maggio 2020. 
    Considerati  i  gia'  succinti  contenuti  del  provvedimento  di
detenzione domiciliare surrogatoria concessa al L. T.  nonche'  della
data di emissione, il magistrato di  sorveglianza  di  S.  ha  dunque
proceduto   alle   richieste   istruttorie   ai   fini   dell'odierna
rivalutazione, mediante l'acquisizione  di  una  relazione  sanitaria
aggiornata richiesta per il tramite dei Carabinieri di M., luogo dove
si e' stabilito in misura il condannato,  di  una  nota  sull'attuale
condizione epidemiologica in Umbria presso la  Regione,  interpretata
la disposizione di cui  all'art.  2  decreto-legge  n.  29/2020  come
riferibile al luogo nel quale l'interessato era ristretto, cd ove, in
mancanza di diverse proposte del Dap, potrebbe essere ricollocato  in
caso di eventuale revoca del provvedimento, di una nota dal  Dap  sui
contenuti richiesti dalla disposizione normativa, cd infine  mediante
acquisizione di parere da parte della Procura Distrettuale  antimafia
competente,  cui  e'  stata  fatta  pervenire  la  documentazione  in
precedenza acquisita, ai fini della elaborazione di un atto motivato,
effettivamente poi trasmesso all'ufficio di sorveglianza. 
    Il  Dipartimento  dell'amministrazione  penitenziaria,  con  nota
pervenuta il 20 maggio 2020, ha attestato che l'interessato,  secondo
il sanitario del Dipartimento, e'  persona  in  buone  condizioni  di
salute, ma comunque ad elevato rischio di contagio quale  trapiantato
di fegato. Per questi motivi, in caso di ripristino della detenzione,
dovrebbe essere allocato in una struttura dotata di  SAI  (Assistenza
Intensiva) per assicurargli un ambiente maggiormente controllato  dal
punto di vista igienico.  Non  puo'  pero',  si  aggiunge,  indicarsi
anticipatamente con precisione il luogo, poiche' le presenze in  tali
istituti variano continuamente. 
    La  Procura  dstrettuale  antimafia,   informata   mediante   due
successivi  invii  dei  contenuti  istruttori  raccolti,   ha   fatto
pervenire, in data 25 maggio 2020, parere contrario alta  protrazione
della misura domiciliare, corredandolo  di  ampia  nota  nella  quale
afferma non poter esprimere un giudizio positivo di prognosi circa il
pericolo di reiterazione di reati, descrivendo il L. T. come  persona
certamente pericolosa, che ha avuto un ruolo di rilievo in un  gruppo
criminale estremamente radicato nel territorio di cui trattasi e che,
pur avendo visto molti suoi componenti originari tratti  in  arresto,
si e' continuamente e sino a data recente rigenerato. Circa i  rischi
da  Covid-19,  la  DDA  aggiunge  di   aver   richiesto   alla   Casa
Circondariale di T. opportune  informazioni,  acquisendole  con  nota
effettivamente poi pervenutale dall'istituto  penitenziario,  che  le
consente di affermare che, seppur il L. T. ha condiviso la  stanza  a
T.  con  altri  detenuti,  tuttavia  nell'istituto  penitenziario  in
oggetto sono state adottate opportune misure di protezione e  non  si
sono ad oggi riscontrati casi di positivita' ne' tra il personale ne'
tra la popolazione detenuta. 
    Dato atto dell'istruttoria documentale che  e'  stato  necessario
effettuare, il Magistrato di sorveglianza ritiene di dover  sollevare
questioni di legittimita'  costituzionale  relative  alla  disciplina
della rivalutazione periodica frequente della detenzione  domiciliare
concessa a particolari categorie di condannati ex art.  47-ter  comma
1-ter ord. penit. per motivi connessi  all'emergenza  Covid-19,  come
contenuta nell'art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. 
    In  punto  di  rilevanza  appare  sufficiente  richiamarsi   alla
ricostruzione della vicenda  del  L.  T.  per  come  sopra  succinta,
aggiungendo che allo scadere in data odierna del quindicesimo  giorno
dall'entrata in vigore del descritto testo normativo, e' richiesto al
magistrato di  sorveglianza  di  effettuare  la  rivalutazione  della
concessione della misura domiciliare, avendo  compiuto  le  richieste
istruttorie predette e  previa  adeguata  considerazione  del  parere
negativo sulla persistenza delle ragioni della concessione  pervenuto
dalla Procura Distrettuale competente. 
    E' dunque questa la sede in cui il magistrato di sorveglianza  e'
chiamato a decidere in ordine  alla  rivalutazione  prevista  e  deve
percio'  sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale,  che
ritiene non manifestamente infondata, dinanzi al Giudice delle leggi,
dell'art. 2 del decreto-legge n. 29/2020 nella parte in cui, onerando
il  magistrato  di  sorveglianza  della  rivalutazione,  prevede   un
procedimento senza spazi di  adeguato  formale  coinvolgimento  della
difesa tecnica dell'interessato, senza alcuna  comunicazione  formale
dell'apertura del procedimento e con una conseguente carenza assoluta
di contraddittorio, rispetto alla parte pubblica,  qui  rappresentata
in modo inedito dal Procuratore Distrettuale antimafia individuato in
relazione  al  luogo  del  commesso  reato,  che  deve   fornire   un
obbligatorio, seppur non  vincolante,  parere  sulla  permanenza  dei
presupposti di concessione della misura. 
    La descritta procedura appare censurabile ai sensi degli art. 24,
comma 2 e 111 comma 2 Cost., in particolare appunto poiche' si svolge
senza adeguato coinvolgimento della  difesa  e  senza  il  necessario
contradditorio delle parti in condizioni di parita'. 
    Occorre premettere che il provvedimento che oggi si e' chiamati a
rivalutare e' stato assunto dal magistrato di sorveglianza  ai  sensi
dell'art. 684 del codice di procedura penale, in via provvisoria,  in
attesa che si pronunci sul differimento della pena, e la  concessione
eventuale della detenzione domiciliare, il  competente  Tribunale  di
sorveglianza. 
    Il provvedimento ha  dunque,  secondo  la  ricostruzione  offerta
pacificamente in dottrina, natura interinale ed urgente, giustificata
dalla necessita' di garantire  la  piu'  rapida  tutela  del  diritto
fondamentale alla  salute,  in  attesa  dei  piu'  lunghi  tempi  di'
fissazione dell'udienza dinanzi al Collegio. Ne  risultano  derogate,
mediante  un  procedimento  caratterizzato  da  marcati   tratti   di
atipicita', le forme normalmente  previste  per  il  procedimento  di
sorveglianza dagli art. 666 e 678 del codice di procedura penale, che
tuttavia  contraddistinguono  la  procedura  che  successivamente  si
svolge dinanzi al Tribunale di sorveglianza. 
    Il magistrato di sorveglianza, apprezzata la  sussistenza  di  un
fumus boni iuris in ordine alla sussistenza dei  presupposti  perche'
il tribunale disponga il rinvio, nonche' di un periculum in mora  per
la salute dell'interessato nella protrazione dello  stato  detentivo,
provvede de plano, senza il coinvolgimento del pubblico  ministero  e
neppure  della  difesa,   che   tuttavia   puo'   aver   avviato,   e
ordinariamente avvia (anche se e' prevista  la  possibilita'  di  una
iniziativa officiosa), il procedimento  mediante  l'istanza,  cui  e'
allegata la documentazione che ritiene utile. 
    La sede per il ripristino di un contradditorio  pieno,  garantito
dalle disposizioni  tipiche  del  procedimento  di  sorveglianza,  e'
quella dell'udienza dinanzi al tribunale di sorveglianza,  che  segue
necessariamente quella provvisoria, mentre il provvedimento  conserva
effetti fino a quella  decisione,  senza  che  il  legislatore  abbia
imposto con l'art. 684 del codice di procedura penale al Tribunale un
termine acceleratorio,  entro  il  quale  provvedere,  a  prescindere
dall'esito eventualmente liberatorio della pronuncia interinale. 
    Si ritiene tuttavia che, in relazione alla istanza di  detenzione
domiciliare surrogatoria,  possa  trovare  applicazione  il  richiamo
contenuto nell'art. 47-ter comma 1-quater alle  disposizioni  di  cui
all'art. 47, comma 4 ord. penit. in quanto compatibili, e tra esse la
previsione di un termine acceleratorio, ma meramente ordinatorio,  di
sessanta giorni dall'emissione  del  provvedimento  provvisorio,  che
comunque non perde efficacia fino alla  decisione  del  tribunale  di
sorveglianza anche se la pronuncia giunga tardivamente. 
    Le caratteristiche peculiari del procedimento urgente dinanzi  al
magistrato di  sorveglianza  e  la  natura  interinale  dello  stesso
giustificano anche l'assenza di previsti mezzi  di  impugnazione  del
provvedimento emesso, poiche' la sede per il piu' ampio apprezzamento
delle ragioni delle parti  e'  considerata  il  procedimento  che  si
avvia, ai sensi e con le modalita' previste dagli articoli 666 e  678
del codice di procedura penale, dinanzi al  Collegio.  E'  quella  la
fase nella quale si assiste al ripristino  pieno  del  contradditorio
nella parita' delle parti. 
    Il procedimento per la rivalutazione frequente dei  provvedimenti
di differimento della pena, introdotto con il decreto-legge 10 maggio
2020, n. 29, presenta tratti di marcata differenza rispetto a  quelli
sin qui descritti. E' infatti  previsto  che  sia  il  magistrato  di
sorveglianza ad iscriverlo d'ufficio, ad acquisire l'istruttoria  per
come  descritta,  ed  infine  a  trasmetterla  per  il  parere  sulla
persistenza delle ragioni giustificative  del  differimento  o  della
misura domiciliare alle competenti DDA e, nel solo caso  di  detenuti
ristretti in regime differenziato in peius  di  cui  all'art.  41-bis
ord. penit., alla DNA. 
    Il   provvedimento   di   revoca,   eventualmente   emesso,    e'
immediatamente esecutivo. 
    La competenza del magistrato  di  sorveglianza  a  rivalutare  il
proprio provvedimento concessi vo permane, all'evidenza, sino  a  che
il Tribunale di sorveglianza non provveda in via  definitiva  e,  ove
sopravvenga la revoca del provvedimento interinale, non e'  precisato
se si incardini la competenza del Collegio e  l'uso  dell'espressione
«revoca» sembrerebbe deporre, per la verita', in senso negativo. 
    Se  tuttavia  si  dovesse  ritenere  percorribile  una  soluzione
affermativa,  per  uniformita'  con  l'ipotesi  di  rigetto   di   un
provvedimento provvisorio  favorevole,  allora  il  Collegio  sarebbe
chiamato a pronunciarsi, ma ancora una volta in tempi tutt'altro  che
esigui  (sessanta  giorni),  e  comunque   senza   il   presidio   di
un'eventuale perdita di efficacia della revoca  se  il  provvedimento
non intervenisse, a fronte dell'immediato reingresso  in  carcere  da
parte del soggetto, che aveva ottenuto per gravi motivi di salute una
misura domiciliare. 
    Dalla descrizione dei passaggi essenziali  della  procedura,  per
come sin qui riassunti, emerge all'evidenza  l'assenza,  che  in  tal
senso non appare ragionevole,  di  qualsiasi  formale  coinvolgimento
della  difesa  dell'interessato,  nonostante  dalla   decisione   del
magistrato  di  sorveglianza  derivi  l'eventuale  ripristino   della
massima  privazione  della  liberta'  rappresentata  dal  rientro  in
carcere, per altro di una persona affetta da  rilevanti  patologie  e
gia' destinataria di una misura volta -essenzialmente alla tutela del
diritto alla salute art. 32 Cost.) e ad una  detenzione  conforme  ai
senso di umanita' (art. 27, comma 3, Cost.). 
    Innanzitutto non  e'  previsto  che  sia  comunicata  alla  parte
l'instaurazione del procedimento. Nel procedimento di  rivalutazione,
poi, in assenza di un  atto  introduttivo  di  parte  (cfr.  cass.  5
novembre  2013,   n.   269),   potrebbe   persino   dubitarsi   della
legittimazione di quest'ultima o della sua difesa a produrre  memorie
e  documentazione,  tenuto  conto  della  prevista  assunzione  della
decisione senza formalita', de plano e non  con  lo  schema  minimale
della Camera di consiglio. Anche volendo  ammetterla  tuttavia,  come
avvenuto nel caso di specie, in cui al fascicolo e'  stata  acquisita
memoria del difensore (nominato nel  procedimento  ex  art.  684  del
codice di procedura penale gia' concluso  dinanzi  al  magistrato  di
sorveglianza, che ha trasmesso gli atti al tribunale di  sorveglianza
compente per  la  decisione  definitiva),  in  cui  si  ribadisce  la
necessita' di una misura domiciliare per consentire all'assistito  di
curarsi e si ricorda l'inadeguatezza della presa in carico  da  parte
dell'area sanitaria di Terni, la stessa e'  assolutamente  all'oscuro
degli clementi essenziali, acquisiti mediante  l'istruttoria,  e  sui
quali vertera' il giudizio. 
    Non e' infatti previsto che alla difesa  sia  data  contezza  dei
risultati istruttori  e  la  stessa  e'  privata  della  facolta'  di
confrontarsi con i  contenuti  delle  note  pervenute:  non  puo'  ad
esempio sapere dove il DAP ritenga che cure adeguate  possano  essere
svolte in favore dell'assistito, ed in qual modo. Non puo' verificare
se  queste  cure  siano  le  stesse  che  i  medici  dell'interessato
considerano efficaci e risolutive. Non puo' confrontarle  con  quelle
che, in ipotesi, abbia gia' intrapreso durante il  periodo  trascorso
in detenzione domiciliare. Non puo', soprattutto, prendere  atto  dei
contenuti del parere della  parte  pubblica,  che  invece  ha  potuto
leggere  l'intera   istruttoria   pervenuta   e   svolgere   autonomi
approfondimenti istruttori (come avvenuto  nel  caso  di  specie,  ad
esempio mediante nota richiesta  direttamente  dalla  DDA  alla  Casa
Circondariale di T.), e fornire  al  magistrato  di  sorveglianza  le
proprie repliche. 
    L'intervento della Procura, mediante il suo parere, ed in assenza
di una piena interlocuzione con la  difesa  dell'interessato,  appare
contraddistinguere della piu' marcata atipicita' la procedura;  tanto
da  non  avere  eguali  nel  pur  variegato   panorama   di   modelli
procedimentali, piu'  o  meno  semplificati,  previsti  dinanzi  alla
magistratura di sorveglianza. 
    Potrebbe in tal senso richiamarsi il procedimento in  materia  di
liberazione anticipata ex art. 69-bis ord. penit., in cui e' comunque
prevista una decisione in Camera di consiglio, ma senza  la  presenza
delle parti e con richiesta di parere al pubblico  ministero,  parere
che pero' puo' non essere atteso  ulteriormente,  se  non  interviene
entro quindici giorni dalla richiesta. 
    Non a caso furono sollevati  dubbi  su  tale  rito  semplificato,
introdotto dall'art. 1, comma. 2, della legge 19  dicembre  2002,  n.
277, dinanzi  alla  Corte  costituzionale,  che  li  ha  sciolti  con
ordinanze di manifesta  infondatezza  delle  questioni,  evidenziando
sostanzialmente che la descritta carenza di contraddittorio, o meglio
il  sacrificio  del  diritto  di  difesa   dell'interessato,   doveva
considerarsi, a fronte di una successiva fase, seppur  eventuale,  di
reclamo a contraddittorio pieno, compatibile con il principio di  cui
all'art. 24, comma  2  Cost.  poiche'  rispondente  ad  «esigenze  di
snellimento procedurale fortemente sentite nella prassi, tenuto conto
anche dell'elevato numero delle istanze di cui si discute», a  fronte
di una istanza di parte che avvia il procedimento e  comunque  di  un
numero molto elevato di accoglimenti (cfr. ord. 5 dicembre  2003,  n.
352). Soprattutto, i giudici  della  Consulta  riconoscevano  che  il
procedimento avesse un oggetto peculiare: «traducendosi in  una  mera
riduzione  quantitativa  della  pena,  finalizzata  a  «premiare»  il
condannato che  abbia  dato  prova  di  partecipazione  all'opera  di
rieducazione, cui non si  accompagna  alcun  regime  «alternativo»  a
quello carcerario» (cfr. ord. 19 luglio 2005, n. 291). 
    Sembra dunque che nel caso che ci occupa i rilievi  fatti  propri
dalla Corte costituzionale per escludere una  incompatibilita'  della
disposizione con il diritto di difesa non trovino  spazio  in  questa
sede, sia perche' il procedimento di rivalutazione  ex  decreto-legge
n. 29/2020 non interviene a istanza di parte,  ed  anzi  senza  alcun
avviso alla stessa, sia perche' le  richieste  istruttorie  previste,
restringendo  il  campo   della   valutazione   del   magistrato   di
sorveglianza alla sussistenza di una struttura penitenziaria o di  un
reparto di medicina protetta in  cui  possa  riprendere  l'esecuzione
penale intramuraria dell'interessato senza  pregiudizio  per  la  sua
salute, sollecita evidentemente verso la revoca, incidendo  in  senso
restrittivo  rispetto  al  perimetro  valutativo  e  al  giudizio  di
bilanciamento  sotteso  al  disposto  dell'art.  147  del  codice  di
procedura penale, sia infine perche' in questione  non  e'  una  mera
mutazione favorevole del quantum di pena, come premio di una condotta
partecipativa, ma un drammatico nuovo cambiamento nelle modalita'  di
esecuzione della pena, che per altro  non  conduce  dal  "dentro"  al
"fuori", ma in direzione opposta. 
    Proseguendo nella  ricognizione  dei  molteplici  riti  che,  nel
susseguirsi delle modifiche normative, possono leggersi nella materia
della sorveglianza, si incontrano diversi profili  semplificatori,  a
volte  dettati  da  esigenze  di  celerita'  connesse  agli  endemici
problemi di sovraffollamento ed alle  difficolta'  dei  tribunali  di
sorveglianza a far fronte alla mole di lavoro. Anche se su alcuni  di
essi la dottrina da tempo discute della compatibilita' con i principi
costituzionali,  tema  che  esula   dall'orizzonte   della   presente
questione,  puo'  apprezzarsi  come  gli  stessi  presentino   sempre
caratteri piu' garantiti del procedimento disegnato dal decreto-legge
n. 29/2020, in particolare se si controverte de  libertate,  e  salvo
forse soltanto quando ci si occupi  di  questioni  che  comunque  non
incidono su  quell'area  di  indefettibile  contraddittorio,  che  e'
proprio quella delle revoche di misure alternative al carcere. 
    Nell'ambito particolarmente  presidiato  dal  rito  di  cui  agli
articoli 666 e 678 del codice di procedura penale,  dopo  le  novelle
che hanno introdotto gli art. 35-bis e ter ord. pen. del procedimento
in  materia  di  tutela  dei  diritti,  e'  previsto  ad  esempio  il
meccanismo, per altro assai criticato in dottrina,  di  cui  all'art.
666, comma 2 del codice di procedura penale. Il giudice, a fronte  di
una richiesta che appaia manifestamente infondata per  difetto  delle
condizioni di legge o perche' mera riproposizione  di  una  richiesta
gia'   rigettata,   provvede   de   plano   alla   declaratoria    di
inammissibilita', sentito solo il pubblico ministero. 
    Tuttavia intanto il provvedimento e' qui assunto su impulso della
parte e comunque avverso il decreto emesso e' proponibile ricorso per
cassazione. Inoltre,  la  S.C.  con  giurisprudenza  consolidata,  ha
chiarito che "le cadenze procedurali previste dall'art.  35-bis  ord.
pen. e la scelta legislativa del contraddittorio nel doppio grado  di
merito impongono, percio', «di considerare come la  possibilita'  per
il Magistrato di sorveglianza di emettere un provvedimento fuori  dal
modello partecipato sia limitata alla sola eccezione  prevista  dallo
stesso art. 35-bis, comma 1, ord. pen. laddove fa  salvi  i  casi  di
"manifesta inammissibilita' della richiesta a  norma  dell'art.  666,
comma 2,"» e «soltanto nei casi in cui risulti che  la  richiesta  e'
"manifestamente infondata  per  difetto  delle  condizioni  di  legge
ovvero  costituisce  mera  riproposizione  di  una   richiesta   gia'
rigettata,  basata  sui  medesimi   elementi»,   il   magistrato   di
sorveglianza potra'  dichiarare  con  decreto  de  plano  il  reclamo
inammissibile.»  In  altri  termini,  «l'esercizio   da   parte   del
magistrato di sorveglianza del potere di cui all'art. 666,  comma  2,
del codice di procedura penale deve essere limitato alle  ipotesi  in
cui la "presa d'atto" dell'assenza  delle  condizioni  di  legge  non
richieda   accertamenti   di   tipo   cognitivo,   ne'    Valutazioni
discrezionali»  e  «la  dichiarazione  di  inammissibilita'   risulta
possibile solo quando facciano difetto nell'istanza i requisiti posti
direttamente  dalla  legge  che  non  implicano  alcuna   valutazione
discrezionale (Sez. 1, n. 277 del  13  gennaio  2000,  rv.  215368).»
Sicche',  onde  evitare  il  «pericolo  che   la   ricognizione   dei
presupposti di ammissibilita' della  domanda  involga  una  implicita
valutazione  del  merito  con  la  adozione   di   provvedimenti   di
sostanziale  rigetto  in  assenza  della  esplicazione  del  regolare
contraddittorio», «la carenza delle condizioni di legge  deve  essere
rilevabile ictu oculi, non deve comportare valutazioni discrezionali,
ne' valutazioni negative fondate su argomentazioni complesse  o  rese
opinabili da possibili differenti ricostruzioni della  situazione  di
fatto posta a base  della  richiesta».  (cass.  16  luglio  2015,  n.
876/2016). 
    E piu' di recente, sempre la Suprema Corte ha  affermato  che  le
carenze  che  sole  giustificano  l'inammissibilita'  della   domanda
debbono risiedere "nella palmare evidenza di tali difetti  nel  senso
che il loro accertamento non deve richiedere alcun giudizio di merito
e  apprezzamento  discrezionale,  ne'  implicare  la   soluzione   di
questioni controverse (si confrontino, in  linea  con  l'orientamento
qui espresso: Sez. 1, n. 35045 del 18  aprile  2013,  Giuffrida,  Rv.
257017; Sez. 1, n. 277 del 13 gennaio 2000, Angemi, Rv. 215368;  Sez.
1, n. 2058 del 29 marzo 1996, Silvestri, Rv. 204688; Sez. 3, n.  2886
del 3 novembre 1994, Sforza, Rv. 200724). Laddove,  invece,  non  sia
rilevabile ictu oculi l'infondatezza della  domanda,  il  decreto  di
inammissibilita' rischierebbe di soppiantare l'ordinanza camerate  di
rigetto in tutti i casi,  anche  complessi  e  delicati,  di  mancato
accoglimento della richiesta, con evidente violazione dei diritti  di
contraddittorio e di difesa previsti dall'art. 666, commi 3 e  4  del
codice di procedura penale..  (...)  (Le)  considerazioni  implicanti
giudizi di merito e apprezzamenti discrezionali non  sono  consentiti
nel provvedimento di inammissibilita', emesso ai sensi dell'art. 666,
comma 2 del codice  di  procedura  penale,  senza  fissare  l'udienza
camerale e,  quindi,  eludendo  il  procedimento  in  contraddittorio
previsto dall'art. 666, commi 3 e 4 del codice di  procedura  penale,
interamente richiamato dall'art. 35-bis ord. gen. in tema di  reclamo
proposto a norma dell'art. 69, comma 6, ord. pen.." (cass.  23  marzo
2018, n. 43241). 
    Dunque assai ristretto rispetto a quello di cui all'istituto oggi
in  esame  e'  il  perimetro  minimale  in  cui  un  sacrificio   del
contraddittorio (realizzato in forma  meramente  cartolare,  comunque
nel confronto tra l'istanza di parte e il parere del P.M.) e' in tale
contesto consentito, limitato ai casi in cui non vi siano da svolgere
accertamenti cognitivi di sorta  ne'  debbano  compiersi  valutazioni
discrezionali. 
    Anche il rito previsto nell'art. 678, comma 1, ult. parte e comma
1-bis del codice di procedura penale, mediante il  richiamo  all'art.
667, comma 4 del codice di procedura penale, appare assai differente,
perche' e' assente il coinvolgimento di entrambe le parti nella prima
fase del procedimento, che precede la valutazione de plano, e  dunque
permane una parita' delle armi tra difesa e parte pubblica e  perche'
le  materie  sulle  quali  e'   consentito   alla   magistratura   di
sorveglianza  il   ricorso   a   tale   procedura   semplificata   e'
evidentemente ritagliato sulle fattispecie (si vedano ad  esempio  le
ipotesi di differimento della pena ai sensi dell'art. 146, comma 1 n.
1 e 2) in cui il merito della decisione e'  legato  a  valutazioni  a
bassissimo   tasso   di   discrezionalita'   oppure   e'   largamente
maggioritaria  una  valutazione  di   segno   favorevole   (si   veda
l'utilizzabilita' del rito semplificato per la valutazione  circa  la
declaratoria di estinzione pena per positivo esito  dell'affidamento,
che si giustifica in connessione con l'elevatissimo tasso di successo
di quella misura alternativa, per  la  capacita'  degli  affidati  di
rispettare le prescrizioni ed evitare la recidiva nel reato). Ad ogni
modo, per le  ipotesi  in  cui  non  si  pervenga  ad  una  soluzione
favorevole all'interessato, vale la regola generale per la  quale  le
ordinanze de plano adottate ai  sensi  dell'art.  667,  comma  4,  in
assenza della deroga generale prevista nell'art.  666,  comma  7  del
codice di procedura penale al principio di cui all'art. 588, comma  1
del codice di procedura penale, non sono immediatamente esecutive  e,
in caso di  mancata  opposizione,  lo  diventano  alla  scadenza  del
termine di quindici giorni previsto  dalla  seconda  parte  dell'art.
667, comma 4 del codice di procedura penale  (cfr.  cass.  18  giugno
2015, 36754). 
    Cosi' non e', con ogni conseguenza in termini di  ragionevolezza,
tenuto conto della materia sensibilissima di cui  si  parla,  per  la
revoca del provvedimento  concessivo  della  misura  domiciliare  per
motivi  di  salute,  immediatamente  esecutiva,   attesa   l'espressa
previsione contenuta nell'art. 2 decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. 
    Il  rito  previsto  nell'art.  678  comma  1-ter  del  codice  di
procedura penale, recentemente introdotto con decreto legislativo  n.
123/2018,  in  relazione   a   peculiari   ipotesi   di   valutazione
dell'eventuale concessione di misure alternative alla detenzione  nei
confronti di persone non ristrette in  carcere  che  debbano  espiare
pene non superiori a diciotto mesi, consente pure l'emissione di  una
ordinanza provvisoria da parte del  magistrato  relatore  individuato
dal Tribunale di sorveglianza, ma ancora una  volta  l'emissione  del
provvedimento (che solo se concessiva di una  misura  alternativa  al
carcere e' comunque suscettibile di essere adottato in  questa  forma
semplificata) segue una istanza della parte, si  riscontra  l'assenza
di contradditorio nel decidere riferibile alla difesa  e  alla  parte
pubblica, ma  sono  previste  opportune  successive  comunicazioni  e
termini  per  proporre  l'opposizione,  in  cui  viene   ripristinato
l'ordinario rito a contraddittorio pieno di cui all'art. 666, comma 4
del codice di procedura penale, con esecuzione sospesa dell'ordinanza
fino  alla  pronuncia  sulla  stessa  da  parte  del   tribunale   di
sorveglianza, cori il rito pienamente garantito. 
    La decisione inaudita altera parte ai sensi dell'art. 51-bis ord.
pen. in presenza di sopravvenuti nuovi  titoli  di  privazione  della
liberta'  sembra  trovare  giustificazione  nella  mera   valutazione
aritmetica che  il  magistrato  di  sorveglianza  deve  compiere,  su
richiesta del pubblico ministero, tenuto conto del cumulo delle  pene
sopravvenuto, circa la permanenza delle condizioni di  applicabilita'
della misura in esecuzione, e dunque anche  in  questo  caso  con  un
quasi inesistente tasso di discrezionalita' residua. 
    La procedura  ai  sensi  dell'ad.  51-ter  ord.  pen.  (rubricato
sospensione cautelativa delle misure alternative) e' rivolta ai  casi
in cui la persona in misura alternativa ponga in essere comportamenti
suscettibili di determinarne la revoca e prevede, per altro, per come
costruita  all'esito  della  novellazione  avvenuta  con  il  decreto
legislativo  n.  123/2018,  che  in  tali  casi  il   magistrato   di
sorveglianza dia comunicazione al tribunale di sorveglianza affinche'
decida,  nel  contradditorio   delle   parti,   sulla   prosecuzione,
sostituzione  o  revoca  della  misura.  Soltanto  eventualmente,   e
residualmente,  si  direbbe,  puo'  essere  disposta,   con   decreto
motivato, la  provvisoria  sospensione  della  misura  alternativa  e
ordinato l'accompagnamento  in  istituto  del  trasgressore,  ma  con
provvedimento che  comunque  perde  efficacia  se  la  decisione  del
tribunale non interviene entro trenta giorni  dalla  ricezione  degli
atti. 
    Si apprezza in questi casi  residuali,  dunque,  da  un  lato  la
necessita' particolarmente spiccata di una azione  urgente  da  parte
del magistrato di sorveglianza, in correlazione con comportamenti del
tutto incompatibili con la prosecuzione della misura posti in  essere
dal condannato, l'assenza di interventi  della  parte  privata  e  di
quella pubblica, in parita', prima  del  provvedimento  di  eventuale
sospensione, e  comunque  l'imposizione  di  uno  stringente  termine
acceleratorio per la valutazione,  nel  pieno  contraddittorio  delle
parti, dinanzi al Tribunale di sorveglianza, il cui mancato  rispetto
comporta la perdita di efficacia  del  provvedimento  di  sospensione
emesso. 
    Non a caso, per altro, il  legislatore  utilizza  la  nozione  di
sospensione, che rinvia alla natura interinale del provvedimento,  in
attesa del pieno ripristino del contraddittorio, e che e' ben diversa
da quella utilizzata nell'art. 2 del decreto-legge n. 29/2020, in cui
si parla di revoca e che del carattere di quest'ultima ha  una  certa
stabilita' senza garanzie di  un  sollecito,  immancabile,  sversarsi
nella valutazione del tribunale di sorveglianza. 
    D'altra parte il campo delle revoche di misure  alternative  alla
detenzione e' proprio quello in cui la pienezza  del  contraddittorio
appare caratteristica indefettibile. Le si evince, ancora una  volta,
da ultimo, dalle indicazioni contenute nella legge delega  23  giugno
2017, n. 103, nella parte in cui, nell'art. 1 comma  85,  indirizzava
gli interventi di modifica dell'ordinamento penitenziario,  poi  solo
in parte attuati anche per come sopra  significativamente  ricordato,
prevedendo che si approntasse una «semplificazione  delle  procedure,
anche con la previsione del contraddittorio differito  ed  eventuale,
per le decisioni di competenza del  magistrato  e  del  Tribunale  di
sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla  revoca  delle
misure alternative alla detenzione». 
    Per queste ultime la garanzia fornita dalla  valutazione  operata
esclusivamente dal Tribunale di sorveglianza e' infatti sia  connessa
alla collegialita' del giudicante, con la sua piu' ampia e  ponderata
capacita' di apprezzamento, sia determinata dallo spazio pieno che vi
trova il contraddittorio nella parita' delle parti e innanzitutto  il
ruolo indefettibile della difesa, presidiato dal  rito  di  cui  agli
articoli 666 e 678 del codice di procedura penale  e  dalla  nullita'
assoluta che interviene  a  fulminare  il  provvedimento  assunto  in
presenza  di  vicende  patologiche  che  l'abbiano  in  qualche  modo
compromesso (cfr., tra le altre, cass. 24 settembre 2018, n. 50475  e
cass. 18 settembre 2019, n. 43854). 
    Dalla disamina di queste  differenti  ipotesi  emerge  l'assoluta
atipicita' della procedura oggi disegnata dal decreto-legge 10 maggio
2020,  n.  29,  che  per  altro  dispiega  i   suoi   effetti   anche
retroattivamente,  per   quanto   impone   l'art.   5   (disposizioni
transitorie). 
    Ne deriva che un condannato per particolari  tipologie  di  reati
che, come l'odierno interessato, abbia ottenuto un  provvedimento  di
sospensione dell'esecuzione della pena nelle forme  della  detenzione
domiciliare  per  gravi  motivi  di  salute  connessi   all'emergenza
sanitaria Covid-19, e  che  sia  stato  percio'  reimmesso  in  luogo
esterno di cura o  presso  la  propria  abitazione,  ritenuti  luoghi
idonei alla miglior cura delle proprie condizioni patologiche,  possa
oggi vedersi revocato il provvedimento accordato, senza essere  stato
neppure formalmente informato dell'apertura di  questo  procedimento,
che deriva  da  una  disposizione  normativa  sopravvenuta  alla  sua
fuoriuscita dal carcere e che sconvolge la prospettiva descritta  nel
provvedimento concessivo del magistrato di sorveglianza. 
    Il provvedimento provvisorio  di  concessione  prevedeva  infatti
espressamente che la  sua  posizione  sarebbe  stata  rivalutata,  ed
eventualmente confermata, dinanzi al Tribunale  di  sorveglianza  nel
pieno  contraddittorio  delle  parti.  Oggi  invece,  con   l'odierno
procedimento, una rivalutazione avviene senza che lui stesso e la sua
difesa abbiano preso cognizione dei contenuti istruttori  raccolti  e
soprattutto  del   parere   obbligatorio   richiesto   alla   Procura
distrettuale   antimafia,   e   senza   aver   potuto   adeguatamente
interloquire in modo conseguente. 
    Non   ignora   il   magistrato   di    sorveglianza    rimettente
l'insegnamento  della  Corte  costituzionale  relativo   alla   piena
compatibilita' con il diritto di difesa dei  «modelli  processuali  a
contraddittorio eventuale e  differito,  caratterizzati  cioe'  -  in
ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza  -
da una decisione de plano  seguita  da  una  fase  a  contraddittorio
pieno» (cfr., in questo senso, ex  plurimis,  ordinanze  n.  292  del
2004; n. 257, n. 132, n. 131 e n. 32 del 2003) «e cio'  conformemente
al consolidato principio per cui il diritto  di  difesa  puo'  essere
regolato in modo  diverso,  onde  adattarlo  alle  esigenze  ed  alle
specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti, purche' di  tale
diritto siano assicurati lo scopo e la funzione» (cfr. ord. 19 luglio
2005, n. 291). 
    Nel  caso  di  specie  tuttavia  si  apprezza  l'innesto  di  una
ulteriore nuova fase, per  altro  dai  tratti  urgenti  e  provvisori
dubbi, in una sequenza che ha gia' attraversato una  fase  interinale
del procedimento avente ad oggetto la concessione di  una  misura  di
sospensione dell'esecuzione  della  pena,  anche  nelle  forme  della
detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter,  ord.  penit.,  e
che avrebbe trovato il suo naturale sbocco nella successiva  fase,  a
contraddittorio pieno, dinanzi  al  tribunale  di  sorveglianza,  con
salvezza delle sue conseguenze, in senso reiettivo o concessivo, sino
a quel momento. 
    Questa fase di nuova introduzione, in  cui  fa  accesso,  per  la
prima volta, con un suo parere obbligatorio, la parte pubblica, senza
alcuna possibilita'  di  replica  della  controparte,  sfocia  in  un
provvedimento  che  sembra  persino  caratterizzato  da   stabilita',
portando il nome di revoca  del  provvedimento  inizialmente  emesso,
invece che di sospensione, e che ha in ogni caso l'effetto dirompente
di ricondurre in vinculis il condannato, che era stato  ammesso  alla
misura extramuraria. 
    Tale quadro mostra elementi di carente tutela, sol che si riporti
alla mente che, anche a voler estendere a tale revoca la garanzia  di
un passaggio obbligatorio dinanzi al Tribunale  di  sorveglianza,  in
analogia con quanto previsto per la pronuncia emessa ex art. 684 cod.
proc. pen., cio' avviene in un  tempo  lungo  (sessanta  giorni,  ove
applicabile  il  termine  richiamato  dagli  articoli  47-ter,  comma
1-quater e 47 comma 4 ord. penit.) e senza che il  provvedimento  che
ha inciso la liberta' personale subisca alcuna inefficacia, ove  tale
tempistica non sia rispettata. E  cio'  senza  aggiungere  che  assai
dubbio finisce per diventare l'oggetto della valutazione  collegiale,
chiamata ad  abbracciare  tanto  l'iniziale  provvisoria  concessione
della misura, quanto la sua revoca. 
    Tali criticita', costituzionalmente  rilevanti  alla  luce  degli
articoli 24, comma 2, e  111  comma  2  Cost.,  sembrano  configurare
vulnera  al  diritto  alla  difesa  tecnica  ed  al   principio   del
contradditorio nella parita' delle parti imposti perche' si configuri
un giusto processo, non ragionevoli e particolarmente  gravi  perche'
cio' accade in relazione ad un procedimento di rivalutazione che puo'
condurre alla revoca di una misura extramuraria concessa  per  motivi
di salute  ed  al  ripristino  della  privazione  della  liberta'  in
carcere. 
    Se cio'  determina  dunque  dubbi  di  costituzionalita'  che  il
rimettente non puo' che sottoporre al vaglio del Giudice delle leggi,
e che si  pongono  anche  rispetto  a  provvedimenti  di  provvisoria
concessione della  misura  domiciliare  concessi  dal  magistrato  di
sorveglianza a partire dall'entrata in vigore del decreto-legge, l'11
maggio 2020,  per  le  ragioni  sopra  enunciate,  le  gravi  carenze
descritte si appalesano ancor  piu'  critiche  con  riferimento  alle
rivalutazioni che intervengano su  provvedimenti  gia'  emessi,  come
pure previsto dalla  disposizione  transitoria  di  cui  all'art.  5,
decreto-legge 10  maggio  2020,  n.  29,  poiche'  in  tali  casi  si
determina  l'azzeramento   della   previsione   che   il   condannato
destinatario doveva farsi, prima dell'entrata in vigore  del  decreto
legge,  di  una  rivalutazione  piu'  ampia  della   sua   posizione,
unicamente  dinanzi  al   Tribunale   di   sorveglianza   nel   pieno
contraddittorio delle parti. 
    Deve  dunque  porsi  all'esame  della  Corte  costituzionale   la
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   2    del
decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, nella parte in cui  prevede  che
proceda  a  rivalutazione  del  provvedimento  di   ammissione   alla
detenzione domiciliare  o  di  differimento  della  pena  per  motivi
connessi  all'emergenza  sanitaria  da  Covid-19,  il  magistrato  di
sorveglianza che lo ha emesso, anche in data antecedente  all'entrata
in vigore del decreto-legge, alterando, con i  descritti  vulnera  al
diritto di difesa ed al contraddittorio  in  condizioni  di  parita',
l'ordinaria scansione procedimentale  che  richiede  che,  alla  fase
interinale, segua quella dinanzi al Tribunale di sorveglianza con  le
garanzie previste dal rito di cui agli articoli 666 e 678 cod.  proc.
pen. 
    Si apprezza sotto tale profilo anche un contrasto  con  l'art.  3
Cost., nella misura in cui  il  condannato  ammesso  alla  detenzione
domiciliare surrogatoria subisce il  procedimento  di  frequentissima
rivalutazione con rito a contraddittorio pieno, oppure  senza  alcuna
possibilita' di replica sui contenuti istruttori per se' e per la sua
difesa, soltanto in base al dato del tutto casuale che rispetto  alla
pronuncia  interinale  del  magistrato  di  sorveglianza   sia   gia'
intervenuta la decisione in via definitiva dinanzi  al  tribunale  di
sorveglianza,  oppure  la  stessa  risulti  calendarizzata  in  tempi
successivi,  in  connessione   ad   esempio   con   ruoli   d'udienza
particolarmente gravati. 
    Il contrasto con l'art. 3 Cost, d'altra parte, sembra porsi anche
con  riferimento  ai  perimetro  soggettivo  di  tali  rivalutazioni,
concernenti i soli  provvedimenti  ammissivi  connessi  all'emergenza
COVID19, quando  riferiti  ai  condannati  per  alcune  tipologie  di
delitti, secondo un elenco,  per  altro  diverso  da  quello  di  cui
all'art. 4-bis ord. penit., contenuto nell'art. 2,  decreto-legge  n.
29/2020 (i condannati e gli internati  per  i  delitti  di  cui  agli
articoli 270, 270-bis, 416-bis cod. pen. e 74, comma 1,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, o per  un  delitto  commesso
avvalendosi delle condizioni o al fine  di  agevolare  l'associazione
mafiosa, o per un delitto commesso con  finalita'  di  terrorismo  ai
sensi dell'art. 270-sexies cod. pen.,  nonche'  i  condannati  e  gli
internati  sottoposti  al  regime  previsto  dall'art.  41-bis   ord.
penit.). 
    Pur essendo stati tutti adottati dal magistrato  di  sorveglianza
sulla base di un giudizio di bilanciamento,  previsto  dall'art.  147
cod. pen., tra  esigenze  di  cura  in  connessione  con  l'emergenza
sanitaria  e  profili   di   pericolosita'   concreta,   soltanto   i
provvedimenti concessivi relativi ai condannati  per  i  gravi  reati
rientranti   nell'elenco   da   ultimo   citato    dovranno    essere
frequentemente rivalutati, con le carenze di contraddittorio sin  qui
evidenziate, e sino  a  che  il  tribunale  di  sorveglianza  non  si
pronunci. 
    In tal senso non puo' non rilevarsi come questa opzione normativa
finisca per assegnare ad alcuni autori di reato soltanto,  senza  che
questa cernita si colleghi in alcun modo ad  una  speciale  incidenza
sugli stessi dell'emergenza sanitaria da Covid-19, e con scelta della
cui ragionevolezza  si  dubita,  un  procedimento  meno  garantito  e
fortemente  orientato   verso   il   ripristino   della   detenzione,
attribuendo alla  presunzione  di  speciale  pericolosita'  derivante
dalla commissione di un certo reato (in un ambito che per  altro  non
concerne il trattamento, ma la tutela del diritto  fondamentale  alla
salute ex art. 32 Cost. e alla umanita' delle pene ex art. 27,  comma
3, Cost.) una portata che finisce  per  travalicare  il  giudizio  in
concreto gia' compiuto  sul  punto,  in  modo  individualizzato,  nel
provvedimento provvisorio emesso dal magistrato di sorveglianza. 
    Ad avviso del  magistrato  di  sorveglianza  scrivente,  sussiste
dunque contrasto dell'art. 2, decreto-legge 10 maggio  2020,  n.  29,
per come sin qui illustrato, con gli articoli 3, 24, comma  2  e  111
comma 2 Cost. e pertanto, presuppostane la  rilevanza  per  l'odierno
procedimento,   deve    sollevarsi    questione    di    legittimita'
costituzionale che si ritiene non manifestamente infondata. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione,  23  e  ss.  legge  11
marzo l953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, del decreto-legge 10  maggio
2020, n. 29, nella parte in cui prevede che proceda  a  rivalutazione
del provvedimento di ammissione  alla  detenzione  domiciliare  o  di
differimento della pena per motivi connessi  all'emergenza  sanitaria
da COVID-19, il magistrato di sorveglianza  che  lo  ha  emesso,  per
violazione degli articoli 3, 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Sospende il procedimento in corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  di
trasmissione degli atti sia notificata alle  parti  in  causa  ed  al
pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Spoleto, 26 maggio 2020 
 
             Il Magistrato di Sorveglianza: Gianfilippi