N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2019

Ordinanza  del  27  novembre  2019  del  Tribunale  di  Trapani   nel
procedimento civile promosso da Truglio Antonino contro Agenzia delle
dogane e dei monopoli - Ufficio dei monopoli per la Sicilia. 
 
Salute  (tutela  della)  -  Sanzioni  amministrative  -   Misure   di
  prevenzione per  contrastare  la  ludopatia  -  Applicazione  sugli
  apparecchi di cui all'art. 110, comma  6,  lettera  a),  del  testo
  unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), di  cui  al  regio
  decreto 18 giugno 1931, n. 773, delle formule di  avvertimento  sul
  rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro
  - Prevista sanzione amministrativa  pari  a  cinquantamila  euro  a
  carico del soggetto titolare della sala o del punto di raccolta dei
  giochi  per  inosservanza  dell'applicazione   delle   formule   di
  avvertimento. 
- Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni  urgenti  per
  promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto  livello  di
  tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge  8
  novembre 2012, n. 189, art. 7, comma 6. 
(GU n.26 del 24-6-2020 )
 
                        TRIBUNALE DI TRAPANI 
 
    Il Giudice si ritira in Camera di consiglio. 
    All'esito  della  Camera  di   consiglio,   ritenuto   di   dover
riconsiderare l'eccezione preliminare proposta  da  parte  opponente,
reputa necessario sollevare questione di legittimita'  costituzionale
in relazione all'art. 7, comma 6 del  decreto-legge  n.  158  del  13
settembre 2012, convertito dalla legge n. 189 dell'8  novembre  2012,
per violazione dell'art. 3  della  Costituzione  anche  in  combinato
disposto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione, nonche'  dell'art.
117,  primo  comma  della  Costituzione,  in  relazione  all'art.  1,
protocollo addizionale CEDU ed agli artt. 16 e 17 CDFUE. 
I fatti di causa. 
    Truglio Antonino ha proposto opposizione avverso  l'ordinanza  di
ingiunzione protocollo n.  38754  emessa  in  data  21  maggio  2018,
notificata il 30  maggio  2018,  con  la  quale  veniva  irrogata  la
sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50.000,00 (oltre euro 8,75
per diritti di notifica) per la violazione dell'art. 7, commi 5  e  6
del decreto-legge n. 158 del  13  settembre  2012,  convertito  dalla
legge n. 189 dell'8 novembre 2012. 
    Segnatamente, in data 21 marzo 2014, alle ore 14,20, i dipendenti
dell'ufficio regionale  dell'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli
(d'ora innanzi AAMS),  accedevano  nei  locali  del  Bar  Samore'  di
Truglio Antonino, ubicato in via Cairoli n. 50/52 a Santa Ninfa  (TP)
al  fine  di  compiere  un'ispezione.  Veniva,  quindi,   riscontrata
all'interno dell'esercizio commerciale la presenza di un  apparecchio
di intrattenimento collegato alla rete dei monopoli, e  tuttavia  gli
accertatori, pur dando atto della presenza nel locale  di  «materiale
informativo sul rischio di dipendenza dalla  pratica  di  giochi  con
vincita in denaro», nonche' della presenza «formule  di  avvertimento
sul rischio di dipendenza dalla pratica  di  giochi  con  vincita  in
denaro» sull'apparecchio  di  cui  all'art.  110,  comma  6/a  TULPS,
verificavano  l'assenza  di  apposite   targhe   contenenti   analogo
avvertimento all'interno dei locali. 
    Veniva quindi contestata la violazione dell'art. 7, comma  5  del
decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012 (c.d.  decreto  Balduzzi),
convertito  dalla  legge  n.  189  dell'8  novembre  2012,  il  quale
stabilisce che «Formule di avvertimento  sul  rischio  di  dipendenza
dalla pratica di giochi con vincite in denaro,  nonche'  le  relative
probabilita' di  vincita  devono  altresi'  figurare  sulle  schedine
invero sui tagliandi di tali giochi. Qualora l'entita'  dei  dati  da
riportare sia tale da non potere essere  contenuta  nelle  dimensioni
delle schedine ovvero dei  tagliandi,  questi  ultimi  devono  recare
l'indicazione della possibilita' di consultazione di note informative
sulle probabilita'  di  vincita  pubblicate  sui  siti  istituzionali
dell'Amministrazione   autonoma   dei   monopoli    di    Stato    e,
successivamente alla sua incorporazione, ai sensi della  legislazione
vigente, dell'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli,  nonche'  dei
singoli concessionari e disponibili presso i punti  di  raccolta  dei
giochi. Le medesime formule di avvertimento devono  essere  applicate
sugli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a)  del  testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni;  le  stesse  formule
devono essere riportate su apposite targhe esposte nelle aree  ovvero
nelle sale in cui sono installati i videoterminali  di  cui  all'art.
110, comma 6, lettera b) del predetto testo unico  di  cui  al  regio
decreto n. 773 del 1931, nonche' nei  punti  di  vendita  in  cui  si
esercita come attivita' principale l'offerta di scommesse  su  eventi
sportivi, anche ippici, e non sportivi. Tali formule devono  altresi'
comparire ed essere chiaramente leggibili all'atto di accesso ai siti
internet destinati all'offerta di giochi con vincite  in  denaro.  Ai
fini del presente comma, i gestori di sale da gioco e di esercizi  in
cui vi sia offerta di giochi pubblici, ovvero di scommesse su  eventi
sportivi, anche ippici,  e  non  sportivi,  sono  tenuti  a  esporre,
all'ingresso e  all'interno  dei  locali,  il  materiale  informativo
predisposto dalle Aziende sanitarie locali, diretto a  evidenziare  i
rischi correlati al gioco e a segnalare la  presenza  sul  territorio
dei servizi di assistenza pubblici e  del  privato  sociale  dedicati
alla cura e al reinserimento  sociale  delle  persone  con  patologie
correlate alla G.A.P.». 
    Il comma 6 della disposizione or ora citata stabilisce, quanto al
profilo sanzionatorio, che «L'inosservanza delle disposizioni di  cui
al comma 5 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria  pari
a euro cinquantamila irrogata nei confronti del  concessionario;  per
le violazioni di cui al comma 5, relative agli apparecchi di  cui  al
citato art. 110, comma 6, lettere a) e  b),  la  stessa  sanzione  si
applica al solo soggetto titolare della sala o del punto di  raccolta
dei giochi; per le violazioni nei punti di vendita in cui si esercita
come attivita' principale l'offerta  di  scommesse,  la  sanzione  si
applica al titolare del punto vendita, se diverso dal concessionario. 
    Precisava l'opponente che  il  controllo  veniva  effettuato  dal
personale AAMS quando il titolare non era in loco,  essendo  presente
soltanto  la  sorella,  la  quale  dichiarava  di  non  conoscere  il
posizionamento della targa, che pure esisteva (tanto  che  la  stessa
veniva rinvenuta dopo l'allontanamento  degli  ispettori,  dietro  un
raccoglitore di patatine), cosi come poi rappresentato dall'opponente
in sede di audizione presso l'Agenzia. 
    Ad ogni modo parte opponente rilevava,  ancora,  come  sull'unica
macchinetta  da  gioco  esistente  all'interno  dei  locali   fossero
istallati due adesivi con la dicitura: «Giocare troppo  puo'  causare
la dipendenza. Per  informazioni  piu'  dettagliate  con  giochi  con
vincita in denaro consultare i siti internet www.aams.gov.it  nonche'
www.cogetech.it nella sezione Responsabilita' sociale.  Messaggio  di
avvertimento a norma  del  comma  5,  art.  7  del  decreto-legge  13
settembre 2012, n. 758, convertito, con modificazioni, dalla legge  8
novembre 2012, n.  189»:  circostanza  nemmeno  contestata  da  parte
resistente. 
    Tanto   premesso   parte   opponente   eccepiva   preliminarmente
l'incostituzionalita' della  norma  invocata  dall'amministrazione  e
sulla scorta della quale veniva emesso il provvedimento impugnato, in
considerazione  della  irragionevole  sproporzione   della   sanzione
irrogata rispetto al rischio la cui verificazione  la  norma  sarebbe
chiamata a prevenire, nonche'  della  mancanza  di  proporzionalita',
atteso  che  la  misura  fissa  della  sanzione  non  prevede  alcuna
possibilita' di graduazione della risposta punitiva a  seconda  della
gravita' dei fatti contestati. 
    In  subordine,  veniva  comunque  dedotta  l'insussistenza  della
violazione,  sulla  scorta  di  quanto  contenuto   nella   circolare
dell'AAMS protocollo 2012/2916/strategie/UD  del  20  dicembre  2012,
esplicativa del contenuto della norma che si assume violata, la quale
chiarisce che: «... le medesime formule di avvertimento devono essere
applicale sugli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6,  lettera  a)
TULPS, ovvero riportate su apposite targhe esposte nelle aree,  sale,
locali nei quali siano istallati gli apparecchi... ». 
    Ancora,  veniva  dedotta  l'illegittimita'  della   sanzione   in
considerazione:  a)  della  sussistenza  di  vizi  formali  tali   da
inficiare la validita' dell'atto, non essendo  apposto  all'ordinanza
alcun  numero  identificativo  ne'  alcuna  data  di  emissione   del
provvedimento; b) della violazione del termine di  trenta  giorni  di
cui all'art. 2 della legge n. 241/1990, o  in  subordine  di  novanta
giorni, ai sensi dell'art. 36-bis, decreto-legge 14  marzo  2005,  n.
35,  convertito  con  legge  14  maggio  2005,   n.   80,   ai   fini
dell'esaurimento  del  procedimento  amministrativo  per  l'emissione
dell'ordinanza-ingiunzione. 
    Si costituiva l'AAMS, opponendosi alle ragioni del  ricorrente  e
chiedendo la conferma dell'ordinanza impugnata,  con  vittoria  delle
spese. 
    Segnatamente  parte  resistente,  rimettendo  al  Tribunale  ogni
valutazione sulla eccezione di legittimita' costituzionale sollevata,
evidenziava   la   correttezza   dell'iter   amministrativo   seguito
dall'ufficio e la legittimita' dell'ordinanza impugnata in quanto, da
un lato, costituirebbe fatto non contestato  la  mancata  esposizione
della  targa  informativa  (essendo  irrilevante  il  fatto   dedotto
dall'opponente che la stessa fosse comunque presente all'interno  del
locale, sebbene non visibile); dall'altro, che la norma contestata e'
chiara nel prevedere una serie di prescrizioni in capo all'esercente,
non alternative tra  loro  (e  cioe'  l'esposizione  all'ingresso  ed
all'interno dei locali del materiale informativo sui rischi del gioco
patologico, predisposto  dall'ASP,  e  l'apposizione  di  formule  di
avvertimento sul rischio di dipendenza sia sugli  apparecchi  di  cui
all'art. 110, comma 6, lettera  a)  TULPS,  sia  su  apposite  targhe
esposte nelle aree o sale in cui sono installati gli apparecchi). 
    Veniva altresi' contestata la fondatezza delle ulteriori  ragioni
di opposizione. 
La rilevanza della questione. 
    La  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata   e'
certamente rilevante ai fini  del  decidere,  in  base  all'art.  23,
secondo comma della legge n. 87 del 1953 («qualora  il  giudizio  non
possa  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione»), posto che  appare  evidente  che  la  risoluzione  della
controversia non  possa  prescindere  dall'applicazione  della  norma
sanzionatoria, in relazione alla quale - per  come  meglio  si  dira'
appresso - sussistono concreti dubbi di legittimita' costituzionale. 
    E' noto come il parametro della rilevanza  esprima  «il  rapporto
che  dovrebbe  correre  fra  la  soluzione  della  questione   e   la
definizione del giudizio in corso» (Corte costituzionale n. 13/1965);
«un   legame   di   carattere   obiettivo   tra   il   giudizio    di
costituzionalita'  e  quello  principale,  commisurato  all'interesse
dell'ordinamento  di  prevenire  ogni  possibilita'  che  il  giudice
applichi  nel  processo  principale  una  norma   anticostituzionale»
(sentenza n. 1012/1988); una relazione per cui la questione  si  pone
«come presupposto necessario del giudizio a quo e con incidenza sulle
norme cui il Giudice e' direttamente chiamato  a  dare  applicazione»
(sentenza  n.  45/1972);  un  «effettivo  e  concreto   rapporto   di
strumentalita' fra la risoluzione  della  questione  di  legittimita'
costituzionale e la definizione del giudizio  principale»  (ordinanza
n. 282/1998).  E'  quindi  necessario  che  ricorra  una  situazione,
valutata a priori,  tale  per  cui  la  disposizione  contestata  sia
applicabile ai fini della decisione del giudizio a quo  (sentenza  n.
241/1990). 
    Sotto altro profilo, e' noto come ulteriore requisito ostativo  a
che la consulta esamini nel merito la questione sollevata, attiene al
dovere  del  Giudice  di  ricercare  un'interpretazione  conforme   a
Costituzione della norma della cui legittimita' dubita  (sentenza  n.
356 del 1996). 
    Ebbene, nel caso di specie la rigida struttura del  giudizio  che
ci occupa - avente ad oggetto un'opposizione ad ordinanza ingiunzione
- implica che nel caso in cui le  ragioni  di  opposizione  (peraltro
sollevate  dall'opponente  in  via  meramente  subordinata,  rispetto
all'eccezione di incostituzionalita') dovessero ritenersi  infondate,
la conseguenza non potrebbe essere  diversa  dall'applicazione  della
sanzione nella misura prevista dalla legge. 
    Ed invero, il  Giudice  dell'opposizione,  nel  caso  in  cui  la
sanzione sia indicata  in  misura  fissa  non  ha  alcun  margine  di
possibilita' per procedere ad una riduzione (cfr. art. 11,  legge  n.
689/1981  «Nella   determinazione   della   sanzione   amministrativa
pecuniaria fissata dalla legge tra un  limite  minimo  ed  un  limite
massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si
ha  riguardo  alla  gravita'  della  violazione,   all'opera   svolta
dall'agente per la  eliminazione  o  attenuazione  delle  conseguenze
della violazione, nonche' alla personalita' dello stesso e  alle  sue
condizioni economiche»). 
    E' poi evidente che, attenendo la questione sollevata alla misura
della sanzione comminata ed al fatto che la stessa  sia  prevista  in
misura fissa, non sussiste alcun margine di interpretazione conforme,
essendo il Giudice vincolato al chiaro tenore  testuale  della  norma
(art. 12 disp. sulla legge in generale). 
    Sotto altro profilo, - e senza con cio' voler anticipare  l'esito
del giudizio - non puo' non sottolinearsi, gia' in questa sede,  come
non paiono  sussistere  ragionevoli  possibilita'  per  una  positiva
valutazione delle ragioni di opposizione spiegate in via  subordinata
dal ricorrente, atteso  che:  a)  la  circostanza  dedotta  da  parte
opponente inerente la presenza  della  targa  nei  locali,  la  quale
sarebbe  scivolata  per  terra  di  modo  da  non  essere   visibile,
sembrerebbe non  rilevante  atteso  che  la  norma  contestata  parla
espressamente di targhe che  vanno  «esposte»;  b)  il  tenore  della
disposizione di cui al comma 5  e'  chiaro  nel  prevedere  come  non
alternative, bensi' cumulative,  le  diverse  prescrizioni  richieste
all'esercente  di  un  esercizio  commerciale  ove  siano   collocate
macchine da gioco di cui all'art. 110, comma 6, lettera a); c)  sotto
il profilo meramente formale, l'ordinanza impugnata  appare  completa
di tutti i suoi elementi essenziali; d) in relazione  alla  questione
inerente alla violazione del termine di  cui  all'art.  2,  legge  n.
241/1990, non  puo'  non  tenersi  conto  dell'orientamento  costante
espresso dalla giurisprudenza di legittimita' sul punto  (cfr.  Cass.
Sez. U, n. 9591 del 27 aprile 2006; Cass. n. 9585 del 26 aprile 2006;
Cass. n. 21797 dell'11 ottobre 2006; Cass. n.  16859  del  30  luglio
2007; Cass. n. 8763 del 13 aprile 2010; Cass. n.  4363  del  4  marzo
2015). 
La non manifesta infondatezza della questione. 
    In via del tutto preliminare, occorre osservare come recentemente
la Corte costituzionale si sia espressa in termini  generali  (e  con
argomentazioni del tutto sovrapponibili al caso che ci occupa)  sulla
questione attinente  i  limiti  del  sindacato  costituzionale  sulla
proporzionalita' di una sanzione amministrativa (Corte costituzionale
n. 112 depositata il 10 maggio 2019). 
    In breve, la consulta ha avuto modo di chiarire come il carattere
sproporzionato di una  sanzione  amministrativa  (in  particolare  si
trattava della sanzione costituita dalla confisca per equivalente del
«prodotto» dell'illecito di insider trading e dei  «beni  utilizzati»
per commetterlo) possa essere oggetto di vaglio da parte del  Giudice
delle leggi. 
    In  particolare  la  questione  dei  limiti  del   sindacato   di
legittimita'  costituzionale  sulle  tipologie  e  sulla  misura   di
sanzioni amministrative alla luce del  criterio  di  proporzionalita'
della sanzione, e' stata affrontata tanto sul  piano  della  liceita'
dei   meccanismi   automatici   nell'applicazione   della   sanzione:
(meccanismo  ritenuto  illecito);  sia  dal  punto  di  vista   della
congruita' della sanzione. Nella sua ricostruzione, la  Corte  prende
quindi le mosse, dalle numerose pronunce che concernono la  parallela
questione del sindacato sulle scelte sanzionatorie del legislatore in
materia penale. 
    Segnatamente, la consulta sottolinea come principale parametro di
valutazione in tale ambito non possa che rinvenirsi nel principio  di
eguaglianza ex art. 3 della Costituzione «Da  tale  principio  si  e'
tratta la naturale implicazione relativa alla necessita' che a  fatti
di diverso disvalore corrispondano  diverse  reazioni  sanzionatorie;
con   conseguente   atteggiarsi   del   giudizio   di    legittimita'
costituzionale sulla misura della pena secondo uno  schema  triadico,
imperniato attorno  al  confronto  tra  la  previsione  sanzionatoria
censurata e quella apprestata per altra figura di  reato  di  pari  o
addirittura maggiore gravita', assunta  quale  tertium  comparationis
(sentenze n. 68 del 2012, n. 409 del 1989 e n. 218 del 1974,  nonche'
- sotto il duplice profilo del contrasto con gli artt. 3  e  8  della
Costituzione - sentenze n. 327 del 2002, n. 508 del 2000 e n. 329 del
1997)». 
    Corollario di tale principio, di ordine generale,  e'  quello  di
proporzionalita' della sanzione rispetto alla gravita' dell'illecito,
senz'altro  applicabile  anche  alla   generalita'   delle   sanzioni
amministrative. 
    E invero, la consulta ricorda come in numerose  occasioni,  abbia
invocato tale principio «anche in  relazione  a  misure  delle  quali
veniva espressamente negata  la  natura  "punitiva"  (come  nel  caso
deciso dalla sentenza n. 22 del 2018) - a fondamento di dichiarazioni
di  illegittimita'  costituzionale   di   automatismi   sanzionatori,
ritenuti non conformi al principio in questione proprio perche'  esso
postula «l'adeguatezza della sanzione al caso concreto»;  adeguatezza
che  «non  puo'  essere  raggiunta  se  non  attraverso  la  concreta
valutazione  degli  specifici  comportamenti  messi  in  atto   nella
commissione dell'illecito» (sentenza n. 161 del  2018;  nello  stesso
senso, ex multis, sentenze n. 268 del 2016 e n.  170  del  2015).  Il
principio di proporzionalita' della sanzione - prosegue  la  Corte  -
possiede,   peraltro,   potenzialita'   applicative   che    eccedono
l'orizzonte degli automatismi legislativi, come dimostra  proprio  la
giurisprudenza relativa alla materia penale appena  rammentata,  e  i
cui principali approdi sono  estensibili  anche  alla  materia  delle
sanzioni amministrative», rispetto alla quale il principio in  parola
trae  la  propria  base  normativa  dal  richiamato  art.   3   della
Costituzione in combinato disposto con le  norme  costituzionali  che
tutelano i diritti di volta in volta incisi dalla sanzione. 
    Tanto premesso, in  termini  generali,  occorre  a  questo  punto
interrogarsi sulla  rispondenza  della  norma  sanzionatoria  che  ci
occupa ai principi cosi'  sinteticamente  compendiati,  prendendo  le
mosse dalle finalita' di interesse  pubblico  sottese  al  richiamato
decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, convertito dalla legge n.
189 dell'8 novembre 2012. 
    Orbene, la normativa in esame si pone su un piano di  continuita'
rispetto ad una serie di interventi legislativi volti a contrastare i
fenomeni di illegalita' connessi alla  distribuzione  di  giochi  con
vincite in denaro, e cio' al fine di tutelare l'ordine e la sicurezza
pubblica, regolare i profili di carattere fiscale, ed infine tutelare
la salute pubblica in relazione alle crescenti problematiche connesse
alla diffusione del fenomeno della  ludopatia.  A  tal  uopo  possono
menzionarsi la legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il  2006,
art. 1, commi 525 e successivi), che attribuisce all'Azienda autonoma
monopoli di  Stato  la  puntuale  regolamentazione  del  settore;  il
decreto-legge n. 98 del 2011  (convertito  nella  legge  n.  111  del
2011),  che  all'art.  24,  comma  21  nel  ribadire  il  divieto  di
partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori  di
diciotto  anni,  inasprisce  le  sanzioni,   di   natura   pecuniaria
(indicando la cornice edittale tra  gli  euro  5.000,00  e  gli  euro
20.000,00) ovvero di sospensione dell'esercizio o di revoca  in  caso
di commissione di tre violazioni nell'arco di tre anni; la  legge  n.
88 del 2009, art. 24, commi 12 e successivi (legge comunitaria per il
2008), che  prevede  l'adozione  di  strumenti  ed  accorgimenti  per
l'esclusione dall'accesso al  gioco  on  line  da  parte  di  minori,
nonche' l'esposizione del relativo divieto  in  modo  visibile  negli
ambienti virtuali di gioco  gestiti  dal  concessionario  (comma  17,
lettera e)). 
    In questo quadro si inserisce il  decreto-legge  n.  158  del  13
settembre 2012, che all'art. 5, comma 2 prevede  l'aggiornamento  dei
Livelli  essenziali  di  assistenza  (LEA)   con   riferimento   alle
prestazioni  di  prevenzione,  cura  e  riabilitazione  rivolte  alle
persone affette da ludopatia (art. 5, comma 2), ed all'art. 7  limita
fortemente le forme pubblicitarie concernenti il gioco con vincite in
denaro, introduce le  disposizioni  inerenti  agli  avvertimenti  sul
rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in  denaro,
che  piu'  direttamente   ci   occupano,   istituendo,   infine,   un
osservatorio per valutare le misure piu' efficaci per contrastare  la
diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. 
    Il legislatore, pertanto, ha inteso operare al fine di  garantire
un «piu' alto livello di tutela della salute», ed estendere i livelli
essenziali di assistenza alle  prestazioni  di  prevenzione,  cura  e
riabilitazione da ludopatia. Peraltro, che  la  finalita'  principale
della normativa in  esame  sia  quello  di  garantire  un  piu'  alto
standard di tutela della salute pubblica e'  stato  ribadito  a  piu'
riprese dalla stessa Corte costituzionale (cfr. Corte  costituzionale
sentenze n. 108 del 2017, n. 300 del 2011 e n. 220 del 2014). 
    E tuttavia,  nonostante  l'alto  rango  costituzionale  del  bene
giuridico tutelato dalla disposizione in esame  (aspetto  questo  non
secondario, atteso che tanto piu' importante  e'  il  bene  giuridico
tutelato,  tanto  piu'  si  giustifica,  astrattamente,  una   severa
risposta sanzionatoria da parte dello Stato) questo Tribunale  dubita
della legittimita' costituzionale  di  una  sanzione  di  eccezionale
severita', ma non graduabile  in  funzione  della  concreta  gravita'
dell'illecito. 
    Anzitutto, perche'  l'automatismo  sanzionatorio  previsto  dalla
legge viola il principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione,
poiche'  non  consente  di   graduare   la   risposta   punitiva   in
considerazione delle diverse circostanze  che  concretamente  possono
verificarsi. La previsione di una sanzione unica di rilevante importo
(euro 50.000,00) contrasta, cioe', col principio per cui a  fatti  di
diverso   disvalore   debbano    corrispondere    diverse    reazioni
sanzionatorie. Difatti l'adeguatezza della sanzione al caso  concreto
«non puo' essere raggiunta se non attraverso la concreta  valutazione
degli  specifici  comportamenti  messi  in  atto  nella   commissione
dell'illecito» (sentenza n. 161 del 2018). 
    E  invero,  la  sanzione  prevista  dall'art.  7,  comma  6   del
decreto-legge  n.   158   del   13   settembre   2012,   si   applica
indiscriminatamente, senza distinguere: a)  a  seconda  che  l'autore
dell'illecito abbia violato una o  piu'  delle  diverse  prescrizioni
previste dal comma 5; b) a seconda del numero di  macchine  da  gioco
presenti nel locale; c) a seconda della collocazione spazio-temporale
dell'esercizio commerciale (essendo del tutto evidente  che  il  bene
giuridico tutelato non subisce la medesima offesa nel caso in cui  il
locale sia situato in un grande  centro  commerciale  frequentato  da
centinaia di persone al giorno, o nel centro cittadino di una  grande
citta', o vicino ad una scuola, ovvero - come nel caso di specie - in
un  bar  di  provincia;  ancora,  nel  graduare  il  disvalore  della
condotta, non puo' non tenersi conto anche degli orari di apertura al
pubblico dell'esercizio commerciale). 
    Sotto  altro  profilo  -  sempre  connesso   all'art.   3   della
Costituzione - la disposizione  in  parola  appare  irragionevole  in
quanto sproporzionata  rispetto  ad  altre  fattispecie  come  quella
prevista dal richiamato decreto-legge n. 98 del  2011,  che  all'art.
24, comma 21 punisce  con  la  sanzione  da  euro  5.000,00  ad  euro
20.000,00 la condotta - che non appare  affatto,  a  chi  scrive,  di
minore gravita' -  di  chi  «consente  la  partecipazione  ai  giochi
pubblici a minori di anni diciotto». 
    Ancora, non puo' escludersi la sussistenza di  un  contrasto  con
l'art.  3  in  combinato  disposto  con  gli  artt.  41  e  42  della
Costituzione, nonche' dell'art. 117, primo comma della  Costituzione,
in relazione all'art. 1 protocollo addizionale CEDU ed agli artt.  16
e 17 CDFUE - quali norme che in ambito europeo tutelano il diritto di
proprieta' e il diritto d'impresa - nella misura in cui  la  sanzione
comminata  puo'  incidere  irragionevolmente  sia  sul   diritto   di
proprieta' dell'autore dell'illecito, sia sul diritto  di  esercitare
liberamente un'attivita' di impresa (essendo del tutto  evidente  che
l'importo  della  sanzione  comminata   e'   idoneo   a   determinare
un'irreversibile crisi aziendale, almeno nel caso in cui  l'esercizio
commerciale sia di modeste dimensioni). 
    In definitiva, alla luce delle considerazioni che  precedono,  la
questione va  rimessa  al  vaglio  della  Corte  costituzionale,  con
conseguente sospensione dell'odierno procedimento. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Rimette gli atti alla Corte costituzionale. 
    Sospende il processo. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti  della  Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Manda alla cancelleria per quanto di competenza. 
      Trapani, 27 novembre 2019 
 
                          Il Giudice: Sole