N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2019
Ordinanza del 27 novembre 2019 del Tribunale di Trapani nel procedimento civile promosso da Truglio Antonino contro Agenzia delle dogane e dei monopoli - Ufficio dei monopoli per la Sicilia. Salute (tutela della) - Sanzioni amministrative - Misure di prevenzione per contrastare la ludopatia - Applicazione sugli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, delle formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro - Prevista sanzione amministrativa pari a cinquantamila euro a carico del soggetto titolare della sala o del punto di raccolta dei giochi per inosservanza dell'applicazione delle formule di avvertimento. - Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189, art. 7, comma 6.(GU n.26 del 24-6-2020 )
TRIBUNALE DI TRAPANI Il Giudice si ritira in Camera di consiglio. All'esito della Camera di consiglio, ritenuto di dover riconsiderare l'eccezione preliminare proposta da parte opponente, reputa necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 7, comma 6 del decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, convertito dalla legge n. 189 dell'8 novembre 2012, per violazione dell'art. 3 della Costituzione anche in combinato disposto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione, nonche' dell'art. 117, primo comma della Costituzione, in relazione all'art. 1, protocollo addizionale CEDU ed agli artt. 16 e 17 CDFUE. I fatti di causa. Truglio Antonino ha proposto opposizione avverso l'ordinanza di ingiunzione protocollo n. 38754 emessa in data 21 maggio 2018, notificata il 30 maggio 2018, con la quale veniva irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50.000,00 (oltre euro 8,75 per diritti di notifica) per la violazione dell'art. 7, commi 5 e 6 del decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, convertito dalla legge n. 189 dell'8 novembre 2012. Segnatamente, in data 21 marzo 2014, alle ore 14,20, i dipendenti dell'ufficio regionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (d'ora innanzi AAMS), accedevano nei locali del Bar Samore' di Truglio Antonino, ubicato in via Cairoli n. 50/52 a Santa Ninfa (TP) al fine di compiere un'ispezione. Veniva, quindi, riscontrata all'interno dell'esercizio commerciale la presenza di un apparecchio di intrattenimento collegato alla rete dei monopoli, e tuttavia gli accertatori, pur dando atto della presenza nel locale di «materiale informativo sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincita in denaro», nonche' della presenza «formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincita in denaro» sull'apparecchio di cui all'art. 110, comma 6/a TULPS, verificavano l'assenza di apposite targhe contenenti analogo avvertimento all'interno dei locali. Veniva quindi contestata la violazione dell'art. 7, comma 5 del decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012 (c.d. decreto Balduzzi), convertito dalla legge n. 189 dell'8 novembre 2012, il quale stabilisce che «Formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonche' le relative probabilita' di vincita devono altresi' figurare sulle schedine invero sui tagliandi di tali giochi. Qualora l'entita' dei dati da riportare sia tale da non potere essere contenuta nelle dimensioni delle schedine ovvero dei tagliandi, questi ultimi devono recare l'indicazione della possibilita' di consultazione di note informative sulle probabilita' di vincita pubblicate sui siti istituzionali dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, successivamente alla sua incorporazione, ai sensi della legislazione vigente, dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonche' dei singoli concessionari e disponibili presso i punti di raccolta dei giochi. Le medesime formule di avvertimento devono essere applicate sugli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a) del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni; le stesse formule devono essere riportate su apposite targhe esposte nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali di cui all'art. 110, comma 6, lettera b) del predetto testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, nonche' nei punti di vendita in cui si esercita come attivita' principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi. Tali formule devono altresi' comparire ed essere chiaramente leggibili all'atto di accesso ai siti internet destinati all'offerta di giochi con vincite in denaro. Ai fini del presente comma, i gestori di sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, ovvero di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, sono tenuti a esporre, all'ingresso e all'interno dei locali, il materiale informativo predisposto dalle Aziende sanitarie locali, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici e del privato sociale dedicati alla cura e al reinserimento sociale delle persone con patologie correlate alla G.A.P.». Il comma 6 della disposizione or ora citata stabilisce, quanto al profilo sanzionatorio, che «L'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 5 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro cinquantamila irrogata nei confronti del concessionario; per le violazioni di cui al comma 5, relative agli apparecchi di cui al citato art. 110, comma 6, lettere a) e b), la stessa sanzione si applica al solo soggetto titolare della sala o del punto di raccolta dei giochi; per le violazioni nei punti di vendita in cui si esercita come attivita' principale l'offerta di scommesse, la sanzione si applica al titolare del punto vendita, se diverso dal concessionario. Precisava l'opponente che il controllo veniva effettuato dal personale AAMS quando il titolare non era in loco, essendo presente soltanto la sorella, la quale dichiarava di non conoscere il posizionamento della targa, che pure esisteva (tanto che la stessa veniva rinvenuta dopo l'allontanamento degli ispettori, dietro un raccoglitore di patatine), cosi come poi rappresentato dall'opponente in sede di audizione presso l'Agenzia. Ad ogni modo parte opponente rilevava, ancora, come sull'unica macchinetta da gioco esistente all'interno dei locali fossero istallati due adesivi con la dicitura: «Giocare troppo puo' causare la dipendenza. Per informazioni piu' dettagliate con giochi con vincita in denaro consultare i siti internet www.aams.gov.it nonche' www.cogetech.it nella sezione Responsabilita' sociale. Messaggio di avvertimento a norma del comma 5, art. 7 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 758, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189»: circostanza nemmeno contestata da parte resistente. Tanto premesso parte opponente eccepiva preliminarmente l'incostituzionalita' della norma invocata dall'amministrazione e sulla scorta della quale veniva emesso il provvedimento impugnato, in considerazione della irragionevole sproporzione della sanzione irrogata rispetto al rischio la cui verificazione la norma sarebbe chiamata a prevenire, nonche' della mancanza di proporzionalita', atteso che la misura fissa della sanzione non prevede alcuna possibilita' di graduazione della risposta punitiva a seconda della gravita' dei fatti contestati. In subordine, veniva comunque dedotta l'insussistenza della violazione, sulla scorta di quanto contenuto nella circolare dell'AAMS protocollo 2012/2916/strategie/UD del 20 dicembre 2012, esplicativa del contenuto della norma che si assume violata, la quale chiarisce che: «... le medesime formule di avvertimento devono essere applicale sugli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a) TULPS, ovvero riportate su apposite targhe esposte nelle aree, sale, locali nei quali siano istallati gli apparecchi... ». Ancora, veniva dedotta l'illegittimita' della sanzione in considerazione: a) della sussistenza di vizi formali tali da inficiare la validita' dell'atto, non essendo apposto all'ordinanza alcun numero identificativo ne' alcuna data di emissione del provvedimento; b) della violazione del termine di trenta giorni di cui all'art. 2 della legge n. 241/1990, o in subordine di novanta giorni, ai sensi dell'art. 36-bis, decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con legge 14 maggio 2005, n. 80, ai fini dell'esaurimento del procedimento amministrativo per l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione. Si costituiva l'AAMS, opponendosi alle ragioni del ricorrente e chiedendo la conferma dell'ordinanza impugnata, con vittoria delle spese. Segnatamente parte resistente, rimettendo al Tribunale ogni valutazione sulla eccezione di legittimita' costituzionale sollevata, evidenziava la correttezza dell'iter amministrativo seguito dall'ufficio e la legittimita' dell'ordinanza impugnata in quanto, da un lato, costituirebbe fatto non contestato la mancata esposizione della targa informativa (essendo irrilevante il fatto dedotto dall'opponente che la stessa fosse comunque presente all'interno del locale, sebbene non visibile); dall'altro, che la norma contestata e' chiara nel prevedere una serie di prescrizioni in capo all'esercente, non alternative tra loro (e cioe' l'esposizione all'ingresso ed all'interno dei locali del materiale informativo sui rischi del gioco patologico, predisposto dall'ASP, e l'apposizione di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza sia sugli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettera a) TULPS, sia su apposite targhe esposte nelle aree o sale in cui sono installati gli apparecchi). Veniva altresi' contestata la fondatezza delle ulteriori ragioni di opposizione. La rilevanza della questione. La questione di legittimita' costituzionale sollevata e' certamente rilevante ai fini del decidere, in base all'art. 23, secondo comma della legge n. 87 del 1953 («qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione»), posto che appare evidente che la risoluzione della controversia non possa prescindere dall'applicazione della norma sanzionatoria, in relazione alla quale - per come meglio si dira' appresso - sussistono concreti dubbi di legittimita' costituzionale. E' noto come il parametro della rilevanza esprima «il rapporto che dovrebbe correre fra la soluzione della questione e la definizione del giudizio in corso» (Corte costituzionale n. 13/1965); «un legame di carattere obiettivo tra il giudizio di costituzionalita' e quello principale, commisurato all'interesse dell'ordinamento di prevenire ogni possibilita' che il giudice applichi nel processo principale una norma anticostituzionale» (sentenza n. 1012/1988); una relazione per cui la questione si pone «come presupposto necessario del giudizio a quo e con incidenza sulle norme cui il Giudice e' direttamente chiamato a dare applicazione» (sentenza n. 45/1972); un «effettivo e concreto rapporto di strumentalita' fra la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale e la definizione del giudizio principale» (ordinanza n. 282/1998). E' quindi necessario che ricorra una situazione, valutata a priori, tale per cui la disposizione contestata sia applicabile ai fini della decisione del giudizio a quo (sentenza n. 241/1990). Sotto altro profilo, e' noto come ulteriore requisito ostativo a che la consulta esamini nel merito la questione sollevata, attiene al dovere del Giudice di ricercare un'interpretazione conforme a Costituzione della norma della cui legittimita' dubita (sentenza n. 356 del 1996). Ebbene, nel caso di specie la rigida struttura del giudizio che ci occupa - avente ad oggetto un'opposizione ad ordinanza ingiunzione - implica che nel caso in cui le ragioni di opposizione (peraltro sollevate dall'opponente in via meramente subordinata, rispetto all'eccezione di incostituzionalita') dovessero ritenersi infondate, la conseguenza non potrebbe essere diversa dall'applicazione della sanzione nella misura prevista dalla legge. Ed invero, il Giudice dell'opposizione, nel caso in cui la sanzione sia indicata in misura fissa non ha alcun margine di possibilita' per procedere ad una riduzione (cfr. art. 11, legge n. 689/1981 «Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravita' della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonche' alla personalita' dello stesso e alle sue condizioni economiche»). E' poi evidente che, attenendo la questione sollevata alla misura della sanzione comminata ed al fatto che la stessa sia prevista in misura fissa, non sussiste alcun margine di interpretazione conforme, essendo il Giudice vincolato al chiaro tenore testuale della norma (art. 12 disp. sulla legge in generale). Sotto altro profilo, - e senza con cio' voler anticipare l'esito del giudizio - non puo' non sottolinearsi, gia' in questa sede, come non paiono sussistere ragionevoli possibilita' per una positiva valutazione delle ragioni di opposizione spiegate in via subordinata dal ricorrente, atteso che: a) la circostanza dedotta da parte opponente inerente la presenza della targa nei locali, la quale sarebbe scivolata per terra di modo da non essere visibile, sembrerebbe non rilevante atteso che la norma contestata parla espressamente di targhe che vanno «esposte»; b) il tenore della disposizione di cui al comma 5 e' chiaro nel prevedere come non alternative, bensi' cumulative, le diverse prescrizioni richieste all'esercente di un esercizio commerciale ove siano collocate macchine da gioco di cui all'art. 110, comma 6, lettera a); c) sotto il profilo meramente formale, l'ordinanza impugnata appare completa di tutti i suoi elementi essenziali; d) in relazione alla questione inerente alla violazione del termine di cui all'art. 2, legge n. 241/1990, non puo' non tenersi conto dell'orientamento costante espresso dalla giurisprudenza di legittimita' sul punto (cfr. Cass. Sez. U, n. 9591 del 27 aprile 2006; Cass. n. 9585 del 26 aprile 2006; Cass. n. 21797 dell'11 ottobre 2006; Cass. n. 16859 del 30 luglio 2007; Cass. n. 8763 del 13 aprile 2010; Cass. n. 4363 del 4 marzo 2015). La non manifesta infondatezza della questione. In via del tutto preliminare, occorre osservare come recentemente la Corte costituzionale si sia espressa in termini generali (e con argomentazioni del tutto sovrapponibili al caso che ci occupa) sulla questione attinente i limiti del sindacato costituzionale sulla proporzionalita' di una sanzione amministrativa (Corte costituzionale n. 112 depositata il 10 maggio 2019). In breve, la consulta ha avuto modo di chiarire come il carattere sproporzionato di una sanzione amministrativa (in particolare si trattava della sanzione costituita dalla confisca per equivalente del «prodotto» dell'illecito di insider trading e dei «beni utilizzati» per commetterlo) possa essere oggetto di vaglio da parte del Giudice delle leggi. In particolare la questione dei limiti del sindacato di legittimita' costituzionale sulle tipologie e sulla misura di sanzioni amministrative alla luce del criterio di proporzionalita' della sanzione, e' stata affrontata tanto sul piano della liceita' dei meccanismi automatici nell'applicazione della sanzione: (meccanismo ritenuto illecito); sia dal punto di vista della congruita' della sanzione. Nella sua ricostruzione, la Corte prende quindi le mosse, dalle numerose pronunce che concernono la parallela questione del sindacato sulle scelte sanzionatorie del legislatore in materia penale. Segnatamente, la consulta sottolinea come principale parametro di valutazione in tale ambito non possa che rinvenirsi nel principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione «Da tale principio si e' tratta la naturale implicazione relativa alla necessita' che a fatti di diverso disvalore corrispondano diverse reazioni sanzionatorie; con conseguente atteggiarsi del giudizio di legittimita' costituzionale sulla misura della pena secondo uno schema triadico, imperniato attorno al confronto tra la previsione sanzionatoria censurata e quella apprestata per altra figura di reato di pari o addirittura maggiore gravita', assunta quale tertium comparationis (sentenze n. 68 del 2012, n. 409 del 1989 e n. 218 del 1974, nonche' - sotto il duplice profilo del contrasto con gli artt. 3 e 8 della Costituzione - sentenze n. 327 del 2002, n. 508 del 2000 e n. 329 del 1997)». Corollario di tale principio, di ordine generale, e' quello di proporzionalita' della sanzione rispetto alla gravita' dell'illecito, senz'altro applicabile anche alla generalita' delle sanzioni amministrative. E invero, la consulta ricorda come in numerose occasioni, abbia invocato tale principio «anche in relazione a misure delle quali veniva espressamente negata la natura "punitiva" (come nel caso deciso dalla sentenza n. 22 del 2018) - a fondamento di dichiarazioni di illegittimita' costituzionale di automatismi sanzionatori, ritenuti non conformi al principio in questione proprio perche' esso postula «l'adeguatezza della sanzione al caso concreto»; adeguatezza che «non puo' essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell'illecito» (sentenza n. 161 del 2018; nello stesso senso, ex multis, sentenze n. 268 del 2016 e n. 170 del 2015). Il principio di proporzionalita' della sanzione - prosegue la Corte - possiede, peraltro, potenzialita' applicative che eccedono l'orizzonte degli automatismi legislativi, come dimostra proprio la giurisprudenza relativa alla materia penale appena rammentata, e i cui principali approdi sono estensibili anche alla materia delle sanzioni amministrative», rispetto alla quale il principio in parola trae la propria base normativa dal richiamato art. 3 della Costituzione in combinato disposto con le norme costituzionali che tutelano i diritti di volta in volta incisi dalla sanzione. Tanto premesso, in termini generali, occorre a questo punto interrogarsi sulla rispondenza della norma sanzionatoria che ci occupa ai principi cosi' sinteticamente compendiati, prendendo le mosse dalle finalita' di interesse pubblico sottese al richiamato decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, convertito dalla legge n. 189 dell'8 novembre 2012. Orbene, la normativa in esame si pone su un piano di continuita' rispetto ad una serie di interventi legislativi volti a contrastare i fenomeni di illegalita' connessi alla distribuzione di giochi con vincite in denaro, e cio' al fine di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica, regolare i profili di carattere fiscale, ed infine tutelare la salute pubblica in relazione alle crescenti problematiche connesse alla diffusione del fenomeno della ludopatia. A tal uopo possono menzionarsi la legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006, art. 1, commi 525 e successivi), che attribuisce all'Azienda autonoma monopoli di Stato la puntuale regolamentazione del settore; il decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito nella legge n. 111 del 2011), che all'art. 24, comma 21 nel ribadire il divieto di partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di diciotto anni, inasprisce le sanzioni, di natura pecuniaria (indicando la cornice edittale tra gli euro 5.000,00 e gli euro 20.000,00) ovvero di sospensione dell'esercizio o di revoca in caso di commissione di tre violazioni nell'arco di tre anni; la legge n. 88 del 2009, art. 24, commi 12 e successivi (legge comunitaria per il 2008), che prevede l'adozione di strumenti ed accorgimenti per l'esclusione dall'accesso al gioco on line da parte di minori, nonche' l'esposizione del relativo divieto in modo visibile negli ambienti virtuali di gioco gestiti dal concessionario (comma 17, lettera e)). In questo quadro si inserisce il decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, che all'art. 5, comma 2 prevede l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia (art. 5, comma 2), ed all'art. 7 limita fortemente le forme pubblicitarie concernenti il gioco con vincite in denaro, introduce le disposizioni inerenti agli avvertimenti sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, che piu' direttamente ci occupano, istituendo, infine, un osservatorio per valutare le misure piu' efficaci per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Il legislatore, pertanto, ha inteso operare al fine di garantire un «piu' alto livello di tutela della salute», ed estendere i livelli essenziali di assistenza alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione da ludopatia. Peraltro, che la finalita' principale della normativa in esame sia quello di garantire un piu' alto standard di tutela della salute pubblica e' stato ribadito a piu' riprese dalla stessa Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale sentenze n. 108 del 2017, n. 300 del 2011 e n. 220 del 2014). E tuttavia, nonostante l'alto rango costituzionale del bene giuridico tutelato dalla disposizione in esame (aspetto questo non secondario, atteso che tanto piu' importante e' il bene giuridico tutelato, tanto piu' si giustifica, astrattamente, una severa risposta sanzionatoria da parte dello Stato) questo Tribunale dubita della legittimita' costituzionale di una sanzione di eccezionale severita', ma non graduabile in funzione della concreta gravita' dell'illecito. Anzitutto, perche' l'automatismo sanzionatorio previsto dalla legge viola il principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione, poiche' non consente di graduare la risposta punitiva in considerazione delle diverse circostanze che concretamente possono verificarsi. La previsione di una sanzione unica di rilevante importo (euro 50.000,00) contrasta, cioe', col principio per cui a fatti di diverso disvalore debbano corrispondere diverse reazioni sanzionatorie. Difatti l'adeguatezza della sanzione al caso concreto «non puo' essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell'illecito» (sentenza n. 161 del 2018). E invero, la sanzione prevista dall'art. 7, comma 6 del decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, si applica indiscriminatamente, senza distinguere: a) a seconda che l'autore dell'illecito abbia violato una o piu' delle diverse prescrizioni previste dal comma 5; b) a seconda del numero di macchine da gioco presenti nel locale; c) a seconda della collocazione spazio-temporale dell'esercizio commerciale (essendo del tutto evidente che il bene giuridico tutelato non subisce la medesima offesa nel caso in cui il locale sia situato in un grande centro commerciale frequentato da centinaia di persone al giorno, o nel centro cittadino di una grande citta', o vicino ad una scuola, ovvero - come nel caso di specie - in un bar di provincia; ancora, nel graduare il disvalore della condotta, non puo' non tenersi conto anche degli orari di apertura al pubblico dell'esercizio commerciale). Sotto altro profilo - sempre connesso all'art. 3 della Costituzione - la disposizione in parola appare irragionevole in quanto sproporzionata rispetto ad altre fattispecie come quella prevista dal richiamato decreto-legge n. 98 del 2011, che all'art. 24, comma 21 punisce con la sanzione da euro 5.000,00 ad euro 20.000,00 la condotta - che non appare affatto, a chi scrive, di minore gravita' - di chi «consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto». Ancora, non puo' escludersi la sussistenza di un contrasto con l'art. 3 in combinato disposto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione, nonche' dell'art. 117, primo comma della Costituzione, in relazione all'art. 1 protocollo addizionale CEDU ed agli artt. 16 e 17 CDFUE - quali norme che in ambito europeo tutelano il diritto di proprieta' e il diritto d'impresa - nella misura in cui la sanzione comminata puo' incidere irragionevolmente sia sul diritto di proprieta' dell'autore dell'illecito, sia sul diritto di esercitare liberamente un'attivita' di impresa (essendo del tutto evidente che l'importo della sanzione comminata e' idoneo a determinare un'irreversibile crisi aziendale, almeno nel caso in cui l'esercizio commerciale sia di modeste dimensioni). In definitiva, alla luce delle considerazioni che precedono, la questione va rimessa al vaglio della Corte costituzionale, con conseguente sospensione dell'odierno procedimento.
P.Q.M. Rimette gli atti alla Corte costituzionale. Sospende il processo. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Manda alla cancelleria per quanto di competenza. Trapani, 27 novembre 2019 Il Giudice: Sole