N. 80 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 2019
Ordinanza del 6 dicembre 2019 della Corte dei conti - Sez. riunite sul ricorso proposto dal Comune di Buonabitacolo. Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali deficitari o dissestati - Esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) e controllo sulla relativa attuazione - Mancata adozione del piano entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di esecutivita' della delibera consiliare di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale - Previsto automatico avvio della procedura di dissesto. - Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), art. 243-quater, comma 7.(GU n.28 del 8-7-2020 )
LA CORTE DEI CONTI Sezioni riunite in sede giurisdizionale In speciale composizione composta dai signori magistrati: Mario Pischedda - Presidente; Marta Tonolo - consigliere; Alfredo Grasselli - consigliere; Carmela Mirabella - consigliere; Roberto Rizzi - consigliere; Massimo Balestieri - consigliere; Elena Papa - primo referendario, relatore, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al n. 649/SR/EL del registro di segreteria delle Sezioni riunite, promosso con il ricorso depositato in data 22 maggio 2019 dal Comune di Buonabitacolo (SA), in persona del sindaco dott. Giancarlo Guercio, suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce all'atto introduttivo del presente giudizio, dall'avv. Mario D'Urso, elettivamente domiciliato in Roma, in via Luigi Rizzo n. 50, presso il dott. Ugo Caminiti, per l'annullamento della deliberazione n. 80/2019/PRSP adottata dalla Sezione regionale di controllo per la Campania nelle camere di consiglio del 6 e 13 marzo 2019, depositata in data 15 aprile 2019 e notificata al ricorrente, a mezzo p.e.c., in pari data. Visti i decreti del Presidente della Corte che hanno determinato la composizione del collegio, la fissazione dell'udienza e la nomina del relatore; Visti gli atti e i documenti di causa; Uditi, all'udienza del 3 luglio 2019, il relatore, primo referendario Elena Papa, l'avvocato Mario D'Urso per il comune ricorrente ed il pubblico ministero, nella persona del vice procuratore generale cons. Maria Nicoletta Quarato. Fatto 1. Con ricorso depositato in data 22 maggio 2019, corredato dalle notificazioni di legge, il Comune di Buonabitacolo ha impugnato la deliberazione n. 80/2019/PRSP con cui la Sezione regionale di controllo per la Campania ha accertato «l'intempestiva presentazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte del Comune di Buonabitacolo (SA)», ai sensi degli articoli 243-quater, comma 7, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuel), disponendo contemporaneamente la sospensione degli adempimenti che avviano l'applicazione dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, sino all'esito dell'eventuale impugnazione, in caso di ricorso innanzi a queste Sezioni riunite in speciale composizione. La Sezione regionale, andando in conforme avviso con quanto rilevato dalla Commissione per la stabilita' finanziaria degli enti locali nella relazione istruttoria, trasmessa alla Sezione di controllo in data 5 febbraio 2019, ha ritenuto che il termine di 90 giorni, fissato dall'art. 243-bis, comma 5, del Tuel per l'approvazione. del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP), era scaduto il 28 agosto 2017 e che, pertanto, lo stesso, approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 26 del 7 settembre 2017, doveva considerarsi tardivo con conseguente impossibilita' di esame nel merito. Con particolare riferimento al dies a quo per il computo del predetto termine la Sezione, rilevato che la decisione di ricorrere al PRFP era stata presa dall'allora dal Commissario straordinario con deliberazione n. 59 del 30 maggio 2017, ha ritenuto detta deliberazione immediatamente esecutivita' ai sensi dell'art. 134, comma 4, del Tuel ed ha escluso l'esistenza di un errore scusabile o, comunque, di un legittimo affidamento del comune, nel ritenere che il termine in questione decorresse dal decimo giorno successivo alla pubblicazione della predetta delibera, ai sensi del comma 3 del citato art. 134 Tuel. 2. Con l'odierno ricorso il Comune di Buonabitacolo contesta le statuizioni contenute nella deliberazione della Sezione regionale di controllo e chiede a queste Sezioni riunite di dichiarare che il PRFP, approvato con delibera consiliare n. 26 del 7 settembre 2017, «sia da considerare presentato nei termini, sussistendo nello specifico l'errore scusabile, il legittimo affidamento degli amministratori ed il favor del legislatore per le procedure di riequilibrio», con conseguente annullamento della delibera impugnata. In particolare, eccepisce la violazione e falsa applicazione degli articoli 243-bis, comma 5, 243-quater, 134 del Tuel e dell'art. 12 delle preleggi nonche' il vizio di eccesso di potere per difetto dei presupposti e manifesta illogicita'. Per quanto rileva in questa sede, il comune ricorrente osserva la palese «sproporzione» tra la tardiva approvazione del PRFP e l'effetto conseguente del dissesto finanziario, quando, come avvenuto nella fattispecie, il bilancio del comune si presenta in forte risanamento. A tal riguardo afferma l'intervenuta drastica riduzione della propria esposizione debitoria, l'accelerazione dell'attivita' di riscossione delle entrate, la non ricorrenza di passivita' potenziali e di debiti fuori bilancio, circostanze che, «renderebbero oggi addirittura inutile il ricorso ad un Piano di riequilibrio». In allegato al ricorso, e successivamente in data 20 giugno il comune ha depositato documentazione finalizzata a dimostrare il miglioramento della propria situazione finanziaria. In particolare evidenzia che il PRFP prevedeva di ripianare il disavanzo al 31 dicembre 2016 - pari ad euro 487.206,03 - nonche' i debiti fuori bilancio, che alla stessa data ammontavano ad euro 508.947,30. I suddetti debiti sono stati transatti per euro 270.470,81, riducendo quindi l'esposizione debitoria dell'ente, ed al 31 dicembre 2018 si registra, un disavanzo di soli euro 28.239,05, con conseguente eliminazione nel biennio dello squilibrio che aveva causato il ricorso al PRFP. 3. Nelle proprie conclusioni, depositate il 21 giugno 2019, la Procura generale insiste per il rigetto del ricorso stante la perentorieta' del termine di 90 giorni fissato per la deliberazione del piano dall'art. 243-bis, comma 5, del Tuel ed esclude la sussistenza dell'errore scusabile invocato dal ricorrente. 4. All'odierna udienza, la difesa del ricorrente ha illustrato i tratti salienti delle argomentazioni rassegnate in atti insistendo per l'accoglimento del ricorso. La Procura generale ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso, per tardivita' della notifica al Procuratore generale, e per tardivita' del deposito, avvenuti oltre i termini previsto dagli articoli 124 e 125 c.g.c., per il resto si e' riportata all'atto scritto. In una breve replica la difesa del comune, dopo aver evidenziato che l'eccezione e' stata sollevata per la prima volta in udienza, ha ribadito la tempestivita' della notifica, riportandosi agli atti di causa. 5. Con sentenza non definitiva in pari data, il cui dispositivo e' stato letto in udienza, e' stata respinta l'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla Procura generale e sono stati ritenuti infondati il primo (violazione di legge per mancato riconoscimento dell'errore scusabile) ed il secondo motivo di ricorso, quest'ultimo limitatamente all'asserito eccesso di potere per ritenuta disparita' di trattamento rispetto ai comuni rientranti nell'applicazione dell'art. 5, comma 11-septies, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19. Diritto 1. Le norme di dubbia costituzionalita'. Con la presente ordinanza, in aderenza al dispositivo letto in udienza, si solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 243-quater, comma 7, del Tuel, («La mancata presentazione del piano entro il termine di cui all'art. 243-bis, comma 5, il diniego dell'approvazione del piano, l'accertamento da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano, ovvero il mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario dell'ente al termine del periodo di durata del piano stesso, comportano applicazione dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, con l'assegnazione al Consiglio dell'ente, da parte del Prefetto, del termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto») nella parte in cui prevede l'automatico avvio della procedura di dissesto, nel caso di mancata adozione del piano di riequilibrio entro il termine perentorio previsto dall'art. 243-bis, comma 5, («Il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutivita' della delibera di cui al comma 1, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso [della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, nella versione vigente all'epoca dei fatti], corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario» ...) senza consentire alle amministrazioni che iniziano un nuovo mandato in pendenza del predetto termine, di avvalersi della facolta' prevista dallo stesso comma 5, («Qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di cui al presente comma risulti gia' presentata dalla precedente amministrazione, ordinaria o commissariale, e non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego, di cui all'art. 243-quater, comma 3, l'amministrazione in carica ha facolta' di rimodulare il piano di riequilibrio, presentando la relativa delibera nei sessanta giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di cui all'art. 4-bis, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2077, n. 149») anche in assenza di una previa deliberazione di adozione del PRFP e comunque senza tener conto della reale situazione finanziaria dell'ente per effetto del prolungamento del procedimento di controllo oltre i termini ordinatori previsti dall'art. 243-quater, commi 1 («Entro dieci giorni dalla data della delibera di cui all'art. 243-bis, commi 5, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale e' trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, nonche' alla Commissione di cui all'art. 755, la quale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria anche sulla base delle Linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti. All'esito dell'istruttoria, la Commissione redige una relazione finale, con gli eventuali allegati, che e' trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti.») e 3 («La sezione regionale di controllo della Corte dei conti, entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della documentazione di cui al comma 1, delibera sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio. In caso di approvazione del piano, la Corte dei conti vigila sull'esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo, effettuato ai sensi dell'art. 243-bis, comma 6, lettera a), apposita pronuncia.»). 2. Legittimazione ad adire la Corte costituzionale. Prima di esporre i motivi che, a parere di questo giudicante, rendono le suddette norme contrarie alla Costituzione, appare opportuno precisare che, in base agli articoli 8 e 11, comma 6, del codice della giustizia contabile, approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, queste sezioni riunite in speciale composizione sono un organo giudicante che esercita la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in tema di contabilita' pubblica ex art. 101, comma 2, della Costituzione, indubbia la loro legittimazione ad adire la Corte costituzionale. 3. Rilevanza della questione sul giudizio. Come esposto nella parte in fatto nel presente giudizio ricorre l'ipotesi di tardiva presentazione del PRFP rispetto al termine di 90 giorni dalla delibera di ricorso alla procedura di riequilibrio, fissato dall'art. 243-bis, comma 5, del Tuel con conseguente «applicazione dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, con l'assegnazione al Consiglio dell'ente, da parte del prefetto, del termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto», come recita l'art. 243-quater, comma 7. L'applicazione di tale norma condiziona l'esito del giudizio atteso che, una volta respinte le eccezioni ritenute infondati i motivi del ricorso, il Collegio dovrebbe respingerlo ed accertare l'obbligo del Comune di Buonabitacolo di dichiarare il dissesto. Viceversa, l'accoglimento della questione di costituzionalita' consentirebbe l'accoglimento del ricorso e la restituzione degli atti alla Sezione regionale di controllo perche' proceda all'esame del merito del PRFP, tenendo canto della attuale situazione finanziaria del Comune. 4. Impossibilita' di interpretazione costituzionalmente conforme. Sempre in tema di ammissibilita' occorre verificare se sia possibile un'interpretazione della norma in questione conforme ai principi costituzionali, atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, il giudice a quo, pena l'inammissibilita' della questione, ha l'onere di verificare se e' possibile una interpretazione delle disposizioni sospettate di incostituzionalita' in grado di eliminare, l'asserito contrasto. Il Collegio non ritiene possibile un'interpretazione della norma diversa da quella letterale che non lascia dubbi sulla effettiva volonta' del legislatore. Va evidenziato, infatti, che l'interpretazione adeguatrice non e' praticabile a totale discrezione del giudice, ma e' legata al presupposto oggettivo costituito dall'esistenza di un dato lessicale polisenso suscettibile di letture alternative, tale cioe' da esprimere, in applicazione dei generali canoni ermeneutici, due o piu' possibili significati, dei quali uno soltanto compatibile con i precetti costituzionali. Ne consegue che quando, come nel caso di specie, l'univoco tenore letterale della norma non consente altre interpretazioni, l'accesso al sindacato di legittimita' costituzionale diventa una strada obbligata. Ad una interpretazione costituzionalmente orientata si oppone anche la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che nelle sue articolazioni di controllo e giurisdizionali, ha da tempo affermato che le ipotesi tassativamente elencate dall'art. 243-quater, comma 7, del Tuel, tra le quali rientra quella della mancata presentazione in termini del piano (mancato rispetto del termine di cui all'art. 243-bis, comma 5), vanno qualificate come «fattispecie legali tipiche» di condizioni di dissesto, che si aggiungono a quelle gia' previste dall'art 244 del Tuel e comportano l'obbligo della sua dichiarazione (ex multis Sezione delle autonomie n. 5/2018, n. 22/2013, n. 13/2013 Sez. riunite in speciale composizione n. 32/2018, n. 29/2018, n. 25/2016, n. 58/2015). In particolare la Sezione delle autonomie nella pronunzia n. 5/2018 ha affermato che «la Sezione regionale di controllo, accertata la tardiva presentazione del piano, trasmette la relativa deliberazione al Prefetto competente o altro organo previsto dai regimi di autonomia differenziata, che, ai sensi dell'art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 149/2011, assegna al Consiglio dell'ente un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto». Da cio' consegue che anche secondo il diritto vivente non vi e' alcuno spazio per una diversa interpretazione della norma. 5. Le particolarita' della fattispecie. Prima di illustrare i dubbi di costituzionalita' il Collegio ritiene opportuno illustrare le particolarita' della fattispecie e la loro deviazione dall'impianto normativo previsto dalle vigenti disposizioni. 5.1. I ritardi nell'istruttoria del Piano. Il procedimento previsto dal Tuel e' temporalmente cadenzato, in maniera da concludersi al massimo entro sette mesi, dalla delibera di ricorso al Piano da parte dell'ente. L'art 243-bis al comma 1 prevede che «I comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale». Il successivo comma 5 dello stesso articolo dispone che il consiglio dell'ente locale, «entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutivita' della delibera di cui al comma 1», delibera il PRFP. Il successivo art. 243-quater prevede che «entro dieci giorni dalla data della delibera di cui all'art. 243-bis, comma 5, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale e' trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, nonche' alla Commissione di cui all'art. 155, la quale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria... All'esito dell'istruttoria, la Commissione redige una relazione finale, con gli eventuali allegati, che e' trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti» (comma 1). Il comma due prevede che «in fase istruttoria, la commissione di cui all'art. 155 puo' formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente e' tenuto a fornire risposta entro trenta giorni» ed il comma tre dispone che «La sezione regionale di controllo della Corte dei conti, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della documentazione di cui al comma 1, delibera sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio». In pratica, la deliberazione da parte della Sezione regionale di controllo dovrebbe intervenire al massimo entro 210 giorni (90+60 + eventuali 30+30). Nel caso fisiologico di rispetto dei termini e' ragionevole ritenere che l'ente non possa modificare la propria situazione finanziaria, trattandosi di un ristretto lasso temporale, sicche' correttamente la mancata adozione del piano, o la sua non approvazione da parte della sezione regionale di controllo, determina la dichiarazione di dissesto, non essendo stato risolto lo stato di grave squilibrio. Analogamente, non appare irragionevole che il legislatore abbia parificato alla mancata adozione del piano il semplice ritardo nella sua adozione, all'evidente scopo di evitare dilazioni nell'avvio dell'opera di risanamento finanziario. Va, tuttavia, considerato che, mentre il termine di novanta giorni per la predisposizione del PRFP da parte del comune e' qualificato come perentorio dalla stessa legge, quelli previsti dall'art. 243-quater, commi 1, 2 e 3 per il procedimento di approvazione del PRFP hanno carattere meramente ordinatorio, sicche' puo' accadere che detti termini vengano superati. Nel caso in esame, a causa del prolungarsi dell'istruttoria, la trasmissione della documentazione da parte della Commissione, prevista dall'art. 243-quater, comma 1, e' avvenuta il 5 febbraio 2019 e la deliberazione della Sezione regionale di controllo e' stata depositata il successivo 15 aprile, cioe' quasi due anni dopo la decisione dell'allora Commissario straordinario di ricorrere al PRFP, adottata con deliberazione n. 59 del 30 maggio 2017. Per ovviare alla patologica durata della procedura, la giurisprudenza di queste sezioni riunite ha da tempo affermato che le valutazioni compiute dalla Commissione e dalla Sezione regionale in sede istruttoria ed in sede procedimentale, e persino quelle successive in sede di eventuale giudizio, devono essere necessariamente improntate ad una visione dinamica della situazione contabile dell'ente, in costante evoluzione, esercizio dopo esercizio, e debbono tener conto, in una visione tendenziale dell'equilibrio di bilancio, dei fatti di gestione sopravvenuti all'adozione del piano ed alla valutazione della Sezione di controllo (ex multis S.S.RR. 23/2019, 2/2019, 23/2018, 8/2018, 17/2017, 3/2017, 1/2017, 58/2015, 2/2015, 34/2014, 11/2014, 3/2014). Nella fattispecie, invece, l'automatismo previsto dal legislatore ha precluso alla Sezione di controllo, e preclude a queste Sezioni riunite, di prendere in considerazione l'eventuale superamento della situazione originaria di squilibrio strutturale ed il ritardo nell'adozione del piano comporta il dissesto dell'ente. In tal caso la fattispecie appare mutata nel suo presupposto presuntivo, del perdurare della situazione di squilibrio strutturale dichiarata originariamente dallo stesso ente, che da' ragione all'automatismo in questione. 5.2. Il cambio di amministrazione. Come sopra detto la decisione di ricorrere al PRFP e' stata presa dall'allora Commissario straordinario con deliberazione n. 59 adottata il 30 maggio 2017. Nella pendenza del termine di novanta giorni per adattare il PRFP, si sono svolte le elezioni amministrative e la nuova compagine amministrativa si e' insediata il 30 giugno 2017, sicche' il tempo a disposizione per elaborare il PRFP, tenendo conto della dichiarazione di immediata eseguibilita' della delibera commissariale, come accertato nella sentenza non definitiva in data odierna, era limitato a soli sessanta giorni. Appare evidente la discrasia con la disciplina prevista dall'art 243-bis, comma 5, che consente alle amministrazioni che iniziano il mandato di rimodulare PRFP - sempre che lo stesso sia stato adottato, e non risulti intervenuta la delibera di approvazione o di diniego della Sezione regionale di controllo - nei sessanta, giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di inizio mandato che deve avvenire entro 90 giorni dall'inizio del mandato (art. 4-bis, gomma 2, decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149). In pratica la nuova amministrazione ha avuto 60 giorni per adottare il piano, mentre se questo fosse stato adottato dal Commissario avrebbe avuto ben 150 giorni per rimodularlo. 6. I dubbi di incostituzionalita'. Ritiene il Collegio che l'automatismo dell'applicazione della procedura del dissesto in caso di tardiva presentazione del Piano di riequilibrio di cui all'art. 243-quater, comma 7, del Tuel violi numerosi principi costituzionali: (i) se non circoscritto ai casi di accertamento della tardivita' entro i termini ordinatori del controllo e (ii) se non compensato da un corrispondente ampliamento dei tempi di deliberazione del Piano in caso di elezioni intervenute durante la pendenza del termine di cui all'art. 243-bis, comma 5, del Tuel. Poiche' le citate disposizioni (articoli 243-quater, comma 7, e 243-bis, comma 5, del Tuel), concorrono tra loro in combinato disposto, e con effetto di rafforzamento reciproco nei profili di illegittimita' costituzionale rilevati, si procedera' all'esposizione esaminando le due norme congiuntamente ed evidenziandone gli elementi di contrasto con le disposizioni della Carta fondamentale. 6.1. Violazione degli articoli 81, 97, comma 1 e 119, comma 1, della Costituzione, che codificano il principio costituzionale di pareggio di bilancio. Ritiene il Collegio che il sistema di automatismo sopra descritto si ponga in contrasto con il principio di «equilibrio e sana gestione finanziaria del bilancio» e violi il bene «bilancio», costituzionalmente tutelato, quando i termini per il controllo del PRFP siano largamente superati e la gestione del Piano sia iniziata e/o quando nella pendenza del termine per l'adozione vi sia un mutamento della compagine amministrativa alla guida dell'ente per nuove elezioni. Viene, infatti, in considerazione il principio evincibile dal piu' recente percorso argomentativo della Corte costituzionale, che mette in relazione i precetti di natura finanziaria con i fini per i quali sono previsti e valorizza la natura del bilancio pubblico e del suo equilibrio quale vero e proprio bene giuridico meritevole di tutela. Tale ricostruzione, sviluppatasi anche a seguito delle modifiche degli articoli 81 e 97, comma 1, della Costituzione, operate dagli articoli 1 e 2, legge costituzionale n. 1/2012, ha portato alla rilettura del bilancio pubblico quale strumento di attuazione del principio di democraticita' dell'ordinamento in quanto strumento di controllo del rispetto del mandato elettorale democratico e del programma e dei fini delle previsioni finanziarie programmatiche, riconosciuto ai cittadini (cfr. Corte costituzionale, sentenze 247/2017, 228/2017, 184/2016). La disciplina della procedura di riequilibrio finanziario degli enti locali di cui agli articoli 243-bis e ss. del TUEL, si pone come attuazione di questi principi, essendo finalizzato a superare le situazioni di squilibrio strutturale del bilancio e a riportare gli enti in quella situazione di equilibrio e sostenibilita' cui tendono le norme costituzionale citate. Detto riequilibrio ben puo' essere perseguito in un arco temporale che coinvolge piu' esercizi, in piena coerenza con carattere «dinamico» del bene bilancio e della sua gestione, piu' volte riconosciuto dalla Corte costituzionale, nell'ambito di un percorso volto al ripristino della stabilita' economica di media e lunga durata dell'ente (da ultimo, ex multis, Corte costituzionale n. 18/2019). Coerentemente, dunque, le procedure di riequilibrio possono essere inquadrate sia per modi che per fini nei principi costituzionali sopracitati, come articolazione del processo di perseguimento del pareggio di bilancio in un arco pluriennale, e il riequilibrio puo' essere valutato come processo in itinere nel quadro della costante evoluzione gestionale dell'ente. Rispetto alla rilevanza costituzionale del bene giuridico «bilancio pubblico», la previsione, contenuta all'art. 243-quater, comma 7, del Tuel, della fine del processo di risanamento ed il conseguente passaggio alla fase di dissesto, al solo verificarsi del superamento del termine perentorio fissato per l'emanazione del Piano, ad avviso del Collegio, puo' ritenersi coerente con i principi costituzionali solo se svolta nell'immediatezza della delibera di ricorso al Piano e cioe' entro i termini massimi determinati dalla legge, quando ancora la declaratoria di condizione di squilibrio conserva la sua attualita'. Va, infatti, considerato che la situazione finanziaria dell'ente e' in costante evoluzione, atteso che la gestione non e' statica ma e' in continuo divenire e cambia, in senso positivo o negativo, esercizio dopo esercizio, indipendentemente dalla formalizzazione dei provvedimenti di riequilibrio. Ben puo' accadere, pertanto, che la situazione di squilibrio nel tempo volga progressivamente alla normalizzazione, fino a venir meno, ed a maggior ragione cio' puo' accadere quando, come sembra essere accaduto nella fattispecie, un Piano di riequilibrio, sia pure approvato in ritardo, viene immediatamente attuato secondo le sue linee direttrici, in pendenza del procedimento per la sua approvazione, modificando in senso positivo la condizione di squilibrio strutturale. Ritiene il Collegio che in tale ultima circostanza l'accertamento della tardivita' della deliberazione del Piano rispetto ai termini perentori di legge non possa piu' in se' giustificare l'automatico passaggio alla fase di preparazione al dissesto dell'ente con assegnazione dei termini di cui all'art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011, ma che, in un'applicazione in chiave sostanziale del principio di tutela del bene bilancio/equilibrio di bilancio, occorra un ulteriore passaggio accertativo della reale situazione finanziario-contabile dell'ente. Infatti, e' solo il permanere di una situazione di squilibrio strutturale che giustificare l'applicazione della disciplina liquidatoria del dissesto, mentre l'automatico passaggio a questa fase in presenza di un superamento dell'originario squilibrio determina una interruzione del processo di risanamento in corso, in contrasto con i fini di tutela del bene giuridico «bilancio / equilibrio di bilancio». Tale situazione di contrarieta' ai principi costituzionale e' aggravata dalla mancata previsione un ampliamento del termine di adozione del PRFP per i casi, simili a quello all'esame, di subentro di nuova amministrazione alla guida dell'ente nella pendenza del predetto termine. La normativa vigente prevede per le nuove amministrazioni la possibilita' di rimodulare il Piano, adottato dalla precedente amministrazione e non ancora esaminato dalla Sezione di controllo (art. 243-bis, comma 5) entro 60 giorni dalla sottoscrizione della relazione di inizio mandato, che, essendo «volta a verificare la situazione finanziaria e patrimoniale e la misura dell'indebitamento» (art. 4-bis, comma 1, decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149) dell'ente costituisce il momento nel quale gli amministratori subentranti prendono conoscenza della reale situazione finanziaria dell'ente che sono stati chiamati ad amministrare, tanto che sulla base delle sue risultanze, possono anche decidere di ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario. Nulla, invece, e' previsto per la predisposizione del Piano, sicche' agli amministratori di nuova nomina non e' garantito un margine temporale sufficiente per elaborare le misure ritenute idonee a superare lo stato di squilibrio, adottando provvedimenti compatibili con il loro programma politico e gli impegni assunti con il mandato elettorale. La mancanza di un margine temporale sufficiente per la predisposizione del Piano, derivante dalla mancata cognizione della concreta situazione finanziaria dell'ente, rende difficilmente raggiungibile l'obiettivo di risanamento: ne discende, a parere del Collegio, una sostanziale mancanza di tutela del bene bilancio, e la violazione del principio di pareggio di bilancio, cui l'intera procedura di riequilibrio tende, rendendo irrealizzabile il risanamento dell'ente. 6.2. Violazione degli articoli 81, 119, comma 1, e 97, comma 1, della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 1 della Costituzione, per i profili di correlazione tra il principio di pareggio di bilancio e quello di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo. L'automatico passaggio al dissesto per tardiva presentazione del Piano, anche nel caso di suo accertamento postergato rispetto ai termini ordinatori di controllo (art. 243-quater, comma 7, del TUEL) e la mancata previsione di un maggiore margine temporale per la deliberazione del Piano di riequilibrio a favore dell'amministrazione subentrante durante la pendenza del termine per la sua predisposizione (art. 243-bis, comma 5, del TUEL), comporta anche la violazione del principio costituzionale della necessaria copertura della spesa e di quello della responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo che si pone alla base dell'ordinamento democratico. Esiste, cioe', come rimarcata piu' volte anche dalla giurisprudenza costituzionale, un forte legame tra la sana gestione finanziaria dell'ente e il mandato fiduciario conferito agli amministratori dal corpo elettorale, che trova il suo momento di chiusura nell'atto di rendicontazione (Corte costituzionale n. 18/2019; 49/2018; 247/2017; 228/2017; 184/2010; 206/2002). Il diritto di voto in tale quadro acquista il significato di valutazione sull'uso piu' o meno virtuoso delle risorse economiche disponibili, nonche', per i casi di procedure di riequilibrio, sulle misure di risanamento adottate. Infatti, in situazione di ricorso alla procedura di riequilibrio, la cesura di mandato segna l'inizio della responsabilita' politica dell'Amministrazione neoeletta, e al contempo, costituisce il parametro di riferimento del programma di risanamento che questa e' chiamata ad impostare, e che e' oggetto del giudizio degli elettori. In tale quadro, ritiene il Collegio che l'automatica cassazione della procedura di riequilibrio in corso per violazione del termine di presentazione del Piano, quando sia operata non nell'immediatezza della declaratoria di squilibrio strutturale, ma, stravolgendo il quadro di fisiologico svolgimento dei controlli previsto dal legislatore, in momenti anche di molto successivi, mini il principio di responsabilita' politica sopra descritto, trasformandola per effetto dell'automatismo che si censura, in una sorta di responsabilita' oggettiva. In altre parole, non e' dato ai nuovi amministratori il margine temporale sufficiente al corretto esercizio, del potere programmatorio del risanamento di condizioni finanziarie «ereditate» dalle gestioni passate. Anzi, ad avviso di questo Collegio, la limitazione dei tempi di conoscibilita' della reale condizione contabile dell'ente in squilibrio strutturale, e di adozione del Piano - termine addirittura inferiore a quella di 90 giorni conferiti alle amministrazioni che operano in continuita' e hanno sin dall'inizio piena contezza dei dati finanziari - fa venir meno fondamento della responsabilita' di mandato per la non corretta gestione della fase programmatoria, violandone la stessa ratio. Non puo' essere, cioe', richiesto di rispondere al corpo elettorale di una eventualmente non corretta valutazione delle misure di risanamento dell'ente nel momento in cui il legislatore non prevede un termine congruo per la loro predisposizione. Ritiene pertanto, il Collegio che anche per questo profilo vi sia la violazione degli articoli 81 e 97, comma 1, della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 1 della Costituzione. 6.3. Violazione degli articoli 3 e 97, comma 2, Cost. per manifesta irragionevolezza. L'art. 3 della Costituzione fissa un principio generale di razionalita' della legge in primis in modo svincolato da una normativa di raffronto, rintracciandolo nell'esigenza di conformita' dell'ordinamento a principi di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica. In tale prospettiva il principio di ragionevolezza deve ritenersi leso quando si accerti l'esistenza di un'irrazionalita' intra legem, intesa come contraddittorieta' intrinseca tra la complessiva finalita' perseguita dal Legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata. Collocato in un ambito pubblicistico quale quello all'esame, tale principio di razionalita' ben si coniuga con quello di buon andamento della pubblica amministrazione. In tal senso e', la pronuncia della Corte costituzionale n. 107/2017, secondo cui «l'incoerenza di una norma e' censurabile secondo il principio di razionalita' normativa qualora la formulazione della stessa sia tale da dare luogo ad applicazioni distorte... che contrastino, a causa dei diversi esiti che essa rende plausibili, il buon andamento della pubblica amministrazione da intendersi come ordinato, uniforme e prevedibile svolgimento dell'azione amministrativa secondo principi di legalita' o di buona amministrazione». In questa nozione di ragionevolezza, della norma entra considerazione anche il principio di proporzionalita' della previsione e di bilanciamento dei principi ed interessi costituzionalmente rilevanti (Corte costituzionale sentenza n. 35/2017 e n. 241/2017). In particolare, la sentenza n. 241/2017 precisa che il «giudizio [di razionalita' della legge] deve svolgersi attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e limitazioni concretamente sussistenti». In altri termini, la ragionevolezza «in se'» di una disposizione di legge deve essere parametrata a caratteri di congruita' e proporzionalita' della scelta legislativa, di razionalita' intrinseca e coerenza della norma con la sua ratio e di proporzionalita' tra mezzi impiegati e scopi perseguiti. Tale principio e' stato piu' volte invocato dalla giurisprudenza costituzionale anche in relazione a casi di automatismi normativi, ritenuti illegittimi finanche in materie dove era riconosciuta un'ampia discrezionalita' del Legislatore, in base alla duplice considerazione: (i) che il principio di proporzionalita' postula l'adeguatezza della sanzione - in questo caso dovremmo dire - delle conseguenze, al caso concreto, e (ii) che detta adeguatezza non puo' essere valutata in via automatica, ma solo a mezzo di una disamina effettiva ed in concreto ricorrere dei presupposti che conseguenze ex multis Corte costituzionale nn. 170/2015; 2021; 202/2013; 139/2010; 2/1999). Ritiene il Collegio che l'art. 243-quater, comma 7, del Tuel, nella parte in cui prevede l'automatismo del passaggio al dissesto per il caso di mancata predisposizione del Piano nei termini perentori da parte dell'ente, sia coerente con il principio del buon andamento, e proporzionato come conseguenza dello stato di squilibrio strutturale, dichiarato, dallo stesso comune a giustificazione do ricorso alla procedura di riequilibrio, solo nel se vengono fisiologicamente rispettati tutti gli step temporali della procedura, ivi compresi quelli riferiti al controllo sul piano. Infatti, appare razionale, in considerazione della persistenza dello squilibrio strutturale, gia' riconosciuto dall'ente, che non puo' essere sostanzialmente mutato nel breve tempo, intercorso, la previsione del dissesto per gli enti che non siano stati in grado di predisporre nei tempi stabiliti un programma di risanamento. Questo criterio di intrinseca ragionevolezza della norma viene meno nei casi di superamento dei termini di controllo del PRFP, anche se legittimi alla luce della loro natura meramente ordinatoria. In questi casi l'automatico passaggio al dissesto conseguente alla declaratoria di tardivita' del Piano diviene irrazionale, essendo del tutto avulso dalla valutazione delle circostanze concrete, e sproporzionato nelle conseguenze rispetto al fine stesso del sistema normativo del riequilibrio. Ben puo' avvenire, infatti, che al momento della dichiarazione di tardivita' del Piano l'applicazione dello stesso e l'evoluzione della gestione finanziaria abbiano determinato il superamento del presupposto di squilibrio strutturale originario. In questo caso il passaggio alla procedura di dissesto diventerebbe con ogni evidenza del tutto irragionevole, in palese contrasto con i principi di buon andamento dell'azione amministrativa, nonche' di intrinseca ragionevolezza della legge stessa, fissati agli articoli 97 e 3 della Costituzione. Irrazionalita' tanto maggiore, se si opera una lettura congiunta dell'art. 243-quater, comma 7, e dell'art. 243-bis, comma 5, Tuel. Dal combinato disposto delle due norme, infatti, viene, meno h stessa logica ordinamentale di garantire la concreta possibilita' del risanamento, essendo prevista ed in termini ampi, solo la possibilita' di rimodulare il piano gia' adottato, mentre si costringe la nuova amministrazione ad operare in termini addirittura ridotti rispetto a quelli generali di 90 giorni, con sostanziale impossibilita' o comunque notevole aggravamento della difficolta' di predisposizione tempestiva del Piano stesso, in contrasto col fine di legge di consentire il reale risanamento degli enti. Invero, a fronte della certezza del momento elettorale, l'amministrazione uscente puo' legittimamente decidere di rimanere del tutto inerte, non essendo essa tenuta ad alcuna azione specifica, atteso che la responsabilita' politica dell'adozione del Piano, dell'avvio del processo di risanamento e dei suoi esiti ricadra' interamente in capo all'amministrazione entrante. 6.4. Violazione dell'art. 3 della Costituzione per trattamento uniforme di situazioni tra loro diverse. Nella declinazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza fissato dall'art. 3 della Costituzione, la Corte costituzionale ha poi esaminato le norme nel quadro sistematico di riferimento in chiave comparativa tra di loro. In questo senso e' espressione del principio di uguaglianza l'omogeneita' dei trattamenti previsti per situazioni giuridicamente rilevanti tra loro analoghe, con la conseguenza di ravvisare la violazione del principio costituzionale quando vengono disciplinate in modo analogo situazioni non equivalenti (cfr. Corte costituzionale 148/2017). A tal fine la Corte ha fissato un presupposto di «comparabilita'» delle situazioni a confronto come condizione per la verifica di legittimita' di trattamenti omogenei. Ritiene il Collegio che tale comparabilita' possa essere valutata con riferimento alle condizioni che l'art. 243-quater, comma 7, del Trattato sull'Unione europea, pone, sullo stesso piano tra loro, a presupposto dell'applicazione dell'art. 6, comma 2 del decreto legislativo n. 149/2011, da un lato, e in relazione alle previsioni sui termini di presentazione del Piano contenute all'art. 243-bis, comma 5, del TUEL, dall'altro lato. 6.4.1. In particolare, 243-quater, comma 7, equipara tra loro negli effetti gli accertamenti della Sezione regionale della Corte dei conti territorialmente competente (i) sulla tempestivita' della presentazione del Piano, (ii) sulla sua sostenibilita', (iii) sul suo andamento nel tempo e (iv) sul raggiungimento finanziario alla sua conclusione, considerandoli presupposti tra loro omogenei, per i quali validamente disporre conseguenze analoghe. A ben vedere, tuttavia, solo il primo e' un accertamento di mero fatto, scevro da profili valutativi sulla situazione finanziaria dell'ente e sufficiente a determinare il passaggio alla fissazione dei termini per la procedura di dissesto di cui all'art. 6, comma 2 del decreto legislativo n. 149/2011, in modo del tutto automatico. Nei restanti casi, invece, la voltura della procedura di riequilibrio in atto in quella del dissesto, passa attraverso la ponderazione della sostenibilita' finanziaria delle misure proposte e dell'idoneita' delle medesime al raggiungimento del riequilibrio strutturale dell'ente da parte della Sezione di controllo. Le dette situazioni possono ritenersi tra loro «analoghe», e la conseguenza comune del passaggio al dissesto giustificata per ciascuna di esse, solo se la valutazione di tardivita' del Piano sia effettuata dagli organi di controllo nel rispetto dei termini ordinatori di legge a questi concessi. In tale caso, infatti, la mancanza della ponderazione della condizione finanziaria dell'ente da parte della Sezione della Corte dei conti e' compensata dall'accertamento dello squilibrio strutturale operato dall'ente stesso pochi mesi prima, e che ha condotto alla deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio. Si ha pertanto in tutti e quattro i casi un accertamento sostanzialmente attualizzato dello stato di fatto finanziario-contabile dell'ente locale. Diversamente e' a dirsi nei casi di accertamento della tardivita' del Piano operato una volta decorsi i termini ordinari del controllo. Ritiene, infatti, il Collegio che in detti casi l'autonoma valutazione della situazione finanziaria precedentemente operata dall'ente diventi troppo remota per poterne presumere rispondenza alla realta' di fatto e che, nelle more del controllo, l'ente abbia potuto vedere mutate le proprie condizioni originarie, in special modo a mezzo dell'attuazione alle misure fissate nel Piano di riequilibrio. Ritiene, altresi', che la mancanza di un accertamento del quadro finanziario attualizzato dell'ente renda la declaratoria di tardivita' di presentazione del Piano condizione non piu' equiparabile alle altre condizioni previste dall'art. 243-quater, comma 7, sopra ricordate, per cio' solo non ragionevolmente idonea a fondare la comune conseguenza del passaggio al dissesto. 6.4.2. Come si e' gia' avuto modo di evidenziare, manca, peraltro, alcun elemento normativo compensativo che riconcluca il caso all'esame ad analogia con gli altri tre, quale potrebbe essere il bilanciamento con un termine maggiorato per la deliberazione del Piano, quanto meno nel caso di sopravvenienza di nuove elezioni nel corso dei 90 giorni dati per la sua predisposizione. Invero, una simile previsione garantirebbe il rispetto del termine e la valutazione in concreto dei suoi contenuti, con conseguente accertamento del reale quadro finanziario dell'ente in sede di valutazione del Piano da parte della Commissione ministeriale e della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Conseguentemente l'ipotesi di automatismo del passaggio ai dissesto opererebbe solo in casi residuali, di tardivita' cosi' grave nella deliberazione del Piano, da confortare utilmente una presunzione di gravita' insuperabile del quadro finanziario da risanare, ragionevolmente avvicinabile ad un suo accertamento in concreto. Come visto, detto termine maggiorato trova effettivamente spazio nel disegno normativo della procedura di riequilibrio, al piu' volte citato art. 243-bis, comma 5, del TUEL, ma con solo riguardo alla riconosciuta facolta' di rimodulazione del Piano, gia' adottato da precedente amministrazione, sempreche' non ancora esaminato dalla Sezione di controllo della Corte dei conti, e comunque da operarsi entro un termine massimo di 150 giorni dall'inizio del mandato elettorale. Trattandosi, tuttavia, di una situazione di subentro di nuova amministrazione, non puo' non rilevarsi l'analogia del presupposto di fatto con quello della scadenza elettorale intervenuta prima della deliberazione del Piano e non puo' non rilevarsi la disparita' di trattamento tra le due situazioni. Nel caso di Piano gia' presentato, infatti, sono concessi termini ulteriori al solo fine della rimodulazione, in coerenza con l'esigenza dei nuovi amministratori di gestire le misure con la massima coerenza con il proprio disegno politico. Nel caso di Piano non ancora presentato, a fronte di una medesima esigenza, non e' previsto a favore dell'amministrazione subentrante alcun termine maggiorato, sebbene sconti la necessita' di colmare le lacune conoscitive situazione finanziaria dell'ente dovute all'ingresso ex novo nella gestione. Anzi, il termine di elaborazione del Piano risulta addirittura ridotto rispetto a quello ordinario di 90 giorni, dovendo scomputarne i giorni preelettorali e quelli funzionali all'insediamento. Peraltro, non e' irrilevante rimarcare che il detto maggior termine riconosciuto dall'art. 243-bis, comma 5, cit. per il subentro a Piano gia' deliberato, e' comprensivo tempistica di legge prevista per la necessaria fase della predisposizione della Relazione di inizio mandato (per l'art. 4-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011 la detta Relazione puo' essere prodotta entro 90 giorni dall'inizio del mandato), che consente la piena acquisizione di consapevolezza, da parte dei nuovi amministratori, della situazione finanziario-contabile dell'ente, presupposto necessario per il corretto esercizio della facolta' di rimodulazione del Piano di riequilibrio, cosa che rimane invece del tutto preclusa per i casi, simili a quello all'esame, di subentro di nuova amministrazione a Piano ancora non approvato. In conclusione, l'art. 243-bis, comma 5, del TUEL non prevede un aumento del margine temporale di deliberazione del Piano per l'amministrazione subentrante in corso di termini, a bilanciamento della mancanza disamina in concreto dello stato dei conti dell'ente di cui all'art. 243-quater, comma 7, del TUEL. Anzi, in tali casi, nel silenzio normativo sul punto, si pone in violazione, del principio di uguaglianza e di ragionevolezza nel trattamento in modo analogo di situazioni tra loro dissimili nel momento in cui, da un lato, non prevede la medesima maggiorazione temporale riconosciuta alle amministrazioni subentranti a Piano appena deliberato e, dall'altro lato, determina una diminuzione sostanziale del termine addirittura rispetto a quello di 90 giorni riconosciuto in via generale agli enti che non vedono mutata la compagine amministrativa.
P.Q.M. La Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale a speciale composizione: solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 243-quater, comma 7, del decreto legislativo n. 267/2000 (Tuel) nella parte in cui prevede l'automatico avvio della procedura di dissesto, nel caso di mancata adozione del Piano di riequilibrio entro il termine perentorio previsto dall'art. 243-bis, comma 5, senza consentire alle amministrazioni che inizino il nuovo mandato in pendenza del predetto termine, di avvalersi della facolta' prevista dall'art. 243-bis, comma 5, del Tuel anche in assenza di una previa deliberazione di Piano e comunque senza tener conto della reale situazione finanziaria dell'ente per effetto del prolungamento del procedimento di controllo oltre i termini ordinatori previsti dall'art. 243-quater, commi 1 e 3,, in relazione agli articoli 81, 119, comma 1, 97, commi 1, anche in combinato disposto con gli articoli 1 e 2 Cost., nonche' all'art. 3 della Costituzione; Ordina la sospensione del giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa al Procuratore generale ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019. Il Presidente: Pischedda L'estensore: Papa