N. 80 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 2019

Ordinanza del 6 dicembre 2019 della Corte dei conti  -  Sez.  riunite
sul ricorso proposto dal Comune di Buonabitacolo. 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Enti  locali   deficitari   o
  dissestati  -  Esame  del   piano   di   riequilibrio   finanziario
  pluriennale (PRFP) e controllo sulla relativa attuazione -  Mancata
  adozione del piano entro il termine perentorio di 90  giorni  dalla
  data di esecutivita' della  delibera  consiliare  di  ricorso  alla
  procedura  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale  -   Previsto
  automatico avvio della procedura di dissesto. 
- Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
  sull'ordinamento degli enti locali), art. 243-quater, comma 7. 
(GU n.28 del 8-7-2020 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
               Sezioni riunite in sede giurisdizionale 
 
    In speciale composizione composta dai signori magistrati: 
        Mario Pischedda - Presidente; 
        Marta Tonolo - consigliere; 
        Alfredo Grasselli - consigliere; 
        Carmela Mirabella - consigliere; 
        Roberto Rizzi - consigliere; 
        Massimo Balestieri - consigliere; 
        Elena Papa - primo referendario, relatore, 
ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  giudizio  iscritto  al  n.
649/SR/EL del registro di segreteria delle Sezioni riunite,  promosso
con il ricorso depositato in  data  22  maggio  2019  dal  Comune  di
Buonabitacolo (SA), in persona del sindaco dott.  Giancarlo  Guercio,
suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta
procura  in  calce  all'atto  introduttivo  del  presente   giudizio,
dall'avv. Mario D'Urso, elettivamente domiciliato  in  Roma,  in  via
Luigi Rizzo n. 50, presso il dott. Ugo Caminiti,  per  l'annullamento
della deliberazione n. 80/2019/PRSP adottata dalla Sezione  regionale
di controllo per la Campania nelle camere di consiglio  del  6  e  13
marzo 2019, depositata  in  data  15  aprile  2019  e  notificata  al
ricorrente, a mezzo p.e.c., in pari data. 
    Visti i decreti del Presidente della Corte che hanno  determinato
la composizione del collegio, la fissazione dell'udienza e la  nomina
del relatore; 
    Visti gli atti e i documenti di causa; 
    Uditi,  all'udienza  del  3  luglio  2019,  il  relatore,   primo
referendario Elena  Papa,  l'avvocato  Mario  D'Urso  per  il  comune
ricorrente  ed  il  pubblico  ministero,  nella  persona   del   vice
procuratore generale cons. Maria Nicoletta Quarato. 
 
                                Fatto 
 
    1. Con ricorso depositato in data 22 maggio 2019, corredato dalle
notificazioni di legge, il Comune di Buonabitacolo  ha  impugnato  la
deliberazione  n.  80/2019/PRSP  con  cui  la  Sezione  regionale  di
controllo per la Campania ha accertato «l'intempestiva  presentazione
del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte del Comune
di Buonabitacolo (SA)», ai sensi degli articoli 243-quater, comma  7,
del testo  unico  delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali
(Tuel),   disponendo   contemporaneamente   la   sospensione    degli
adempimenti che avviano l'applicazione  dell'art.  6,  comma  2,  del
decreto  legislativo  6  settembre  2011,  n.  149,  sino   all'esito
dell'eventuale impugnazione, in caso  di  ricorso  innanzi  a  queste
Sezioni riunite in speciale composizione. 
    La Sezione regionale,  andando  in  conforme  avviso  con  quanto
rilevato dalla Commissione per la stabilita' finanziaria  degli  enti
locali  nella  relazione  istruttoria,  trasmessa  alla  Sezione   di
controllo in data 5 febbraio 2019, ha ritenuto che il termine  di  90
giorni,  fissato  dall'art.  243-bis,   comma   5,   del   Tuel   per
l'approvazione. del Piano  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale
(PRFP), era scaduto il 28 agosto 2017 e  che,  pertanto,  lo  stesso,
approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 26 del  7  settembre
2017, doveva considerarsi tardivo con conseguente  impossibilita'  di
esame nel merito. 
    Con particolare riferimento al dies a  quo  per  il  computo  del
predetto termine la Sezione, rilevato che la decisione  di  ricorrere
al PRFP era stata presa dall'allora dal Commissario straordinario con
deliberazione  n.  59  del  30  maggio  2017,   ha   ritenuto   detta
deliberazione immediatamente esecutivita'  ai  sensi  dell'art.  134,
comma 4, del Tuel ed ha escluso l'esistenza di un errore scusabile o,
comunque, di un legittimo affidamento del comune, nel ritenere che il
termine in questione decorresse dal  decimo  giorno  successivo  alla
pubblicazione della predetta delibera,  ai  sensi  del  comma  3  del
citato art. 134 Tuel. 
    2. Con l'odierno ricorso il Comune di Buonabitacolo  contesta  le
statuizioni contenute nella deliberazione della Sezione regionale  di
controllo e chiede a queste Sezioni  riunite  di  dichiarare  che  il
PRFP, approvato con delibera consiliare n. 26 del 7  settembre  2017,
«sia  da  considerare  presentato  nei  termini,  sussistendo   nello
specifico  l'errore  scusabile,  il   legittimo   affidamento   degli
amministratori ed il  favor  del  legislatore  per  le  procedure  di
riequilibrio», con conseguente annullamento della delibera impugnata. 
    In particolare, eccepisce  la  violazione  e  falsa  applicazione
degli articoli 243-bis, comma 5, 243-quater, 134 del Tuel e dell'art.
12 delle preleggi nonche' il vizio di eccesso di potere  per  difetto
dei presupposti e manifesta illogicita'. 
    Per quanto rileva in questa sede, il comune ricorrente osserva la
palese  «sproporzione»  tra  la  tardiva  approvazione  del  PRFP   e
l'effetto conseguente del dissesto finanziario, quando, come avvenuto
nella fattispecie, il  bilancio  del  comune  si  presenta  in  forte
risanamento. A tal riguardo afferma l'intervenuta drastica  riduzione
della propria esposizione debitoria,  l'accelerazione  dell'attivita'
di  riscossione  delle  entrate,  la  non  ricorrenza  di  passivita'
potenziali e di debiti fuori bilancio, circostanze che, «renderebbero
oggi addirittura inutile il ricorso ad un Piano di riequilibrio». 
    In allegato al ricorso, e successivamente in data  20  giugno  il
comune ha  depositato  documentazione  finalizzata  a  dimostrare  il
miglioramento della propria situazione  finanziaria.  In  particolare
evidenzia che il PRFP prevedeva  di  ripianare  il  disavanzo  al  31
dicembre 2016 - pari ad euro 487.206,03  -  nonche'  i  debiti  fuori
bilancio, che alla stessa data  ammontavano  ad  euro  508.947,30.  I
suddetti debiti sono stati transatti per euro  270.470,81,  riducendo
quindi l'esposizione debitoria dell'ente, ed al 31 dicembre  2018  si
registra, un  disavanzo  di  soli  euro  28.239,05,  con  conseguente
eliminazione nel  biennio  dello  squilibrio  che  aveva  causato  il
ricorso al PRFP. 
    3. Nelle proprie conclusioni, depositate il 21  giugno  2019,  la
Procura generale  insiste  per  il  rigetto  del  ricorso  stante  la
perentorieta' del termine di 90 giorni fissato per  la  deliberazione
del piano  dall'art.  243-bis,  comma  5,  del  Tuel  ed  esclude  la
sussistenza dell'errore scusabile invocato dal ricorrente. 
    4. All'odierna udienza, la difesa del ricorrente ha illustrato  i
tratti salienti delle argomentazioni rassegnate  in  atti  insistendo
per l'accoglimento del ricorso. 
    La Procura generale ha eccepito l'inammissibilita'  del  ricorso,
per  tardivita'  della  notifica  al  Procuratore  generale,  e   per
tardivita' del deposito, avvenuti  oltre  i  termini  previsto  dagli
articoli 124 e 125 c.g.c., per il  resto  si  e'  riportata  all'atto
scritto. 
    In una breve replica la difesa del comune, dopo aver  evidenziato
che l'eccezione e' stata sollevata per la prima volta in udienza,  ha
ribadito la tempestivita' della notifica, riportandosi agli  atti  di
causa. 
    5. Con sentenza non definitiva in pari data, il  cui  dispositivo
e'  stato  letto  in  udienza,  e'  stata  respinta  l'eccezione   di
inammissibilita'  sollevata  dalla  Procura  generale  e  sono  stati
ritenuti  infondati  il  primo  (violazione  di  legge  per   mancato
riconoscimento  dell'errore  scusabile)  ed  il  secondo  motivo   di
ricorso, quest'ultimo limitatamente all'asserito  eccesso  di  potere
per ritenuta disparita' di trattamento rispetto ai comuni  rientranti
nell'applicazione dell'art. 5, comma 11-septies, del decreto-legge 30
dicembre 2016, n. 244, convertito dalla legge 27  febbraio  2017,  n.
19. 
 
                               Diritto 
 
    1.  Le  norme  di  dubbia  costituzionalita'.  Con  la   presente
ordinanza, in aderenza al dispositivo letto in udienza, si solleva la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 243-quater,  comma
7, del Tuel, («La mancata presentazione del piano entro il termine di
cui all'art. 243-bis,  comma  5,  il  diniego  dell'approvazione  del
piano, l'accertamento da parte  della  competente  Sezione  regionale
della Corte dei conti di grave e  reiterato  mancato  rispetto  degli
obiettivi  intermedi   fissati   dal   piano,   ovvero   il   mancato
raggiungimento del riequilibrio finanziario dell'ente al termine  del
periodo di durata del piano stesso, comportano applicazione dell'art.
6,  comma  2,  del  decreto  legislativo  n.  149   del   2011,   con
l'assegnazione al Consiglio dell'ente, da  parte  del  Prefetto,  del
termine non  superiore  a  venti  giorni  per  la  deliberazione  del
dissesto») nella  parte  in  cui  prevede  l'automatico  avvio  della
procedura di dissesto, nel caso di  mancata  adozione  del  piano  di
riequilibrio entro il termine perentorio previsto dall'art.  243-bis,
comma 5, («Il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio
di novanta giorni dalla data di esecutivita' della delibera di cui al
comma 1, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di
durata compresa tra quattro e venti anni, compreso  quello  in  corso
[della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso,  nella
versione  vigente  all'epoca  dei  fatti],   corredato   del   parere
dell'organo di revisione economico-finanziario» ...) senza consentire
alle amministrazioni che iniziano un nuovo mandato  in  pendenza  del
predetto termine, di avvalersi della facolta' prevista  dallo  stesso
comma 5, («Qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di cui  al
presente   comma   risulti   gia'   presentata    dalla    precedente
amministrazione, ordinaria o  commissariale,  e  non  risulti  ancora
intervenuta la delibera della Corte dei conti di  approvazione  o  di
diniego, di cui all'art. 243-quater, comma  3,  l'amministrazione  in
carica  ha  facolta'  di  rimodulare  il   piano   di   riequilibrio,
presentando la relativa delibera nei sessanta giorni successivi  alla
sottoscrizione della relazione di cui all'art. 4-bis,  comma  2,  del
decreto legislativo 6 settembre 2077, n. 149») anche  in  assenza  di
una previa deliberazione di adozione del PRFP e comunque senza  tener
conto della reale situazione finanziaria dell'ente  per  effetto  del
prolungamento  del  procedimento  di  controllo   oltre   i   termini
ordinatori previsti  dall'art.  243-quater,  commi  1  («Entro  dieci
giorni dalla data della delibera di cui all'art. 243-bis, commi 5, il
piano di  riequilibrio  finanziario  pluriennale  e'  trasmesso  alla
competente sezione regionale di  controllo  della  Corte  dei  conti,
nonche' alla Commissione di cui all'art.  755,  la  quale,  entro  il
termine di sessanta giorni dalla data  di  presentazione  del  piano,
svolge la necessaria istruttoria anche sulla base delle  Linee  guida
deliberate dalla sezione  delle  autonomie  della  Corte  dei  conti.
All'esito  dell'istruttoria,  la  Commissione  redige  una  relazione
finale, con gli eventuali allegati, che  e'  trasmessa  alla  sezione
regionale di controllo della Corte dei  conti.»)  e  3  («La  sezione
regionale di controllo della Corte dei conti, entro il termine di  30
giorni dalla data di ricezione della documentazione di cui  al  comma
1, delibera sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la
congruenza ai fini del riequilibrio.  In  caso  di  approvazione  del
piano, la  Corte  dei  conti  vigila  sull'esecuzione  dello  stesso,
adottando  in  sede  di  controllo,  effettuato  ai  sensi  dell'art.
243-bis, comma 6, lettera a), apposita pronuncia.»). 
    2. Legittimazione ad adire  la  Corte  costituzionale.  Prima  di
esporre i motivi che, a  parere  di  questo  giudicante,  rendono  le
suddette  norme  contrarie  alla   Costituzione,   appare   opportuno
precisare che, in base agli articoli 8 e  11,  comma  6,  del  codice
della giustizia  contabile,  approvato  con  decreto  legislativo  26
agosto 2016, n. 174, queste sezioni riunite in speciale  composizione
sono un organo giudicante che  esercita  la  giurisdizione  esclusiva
della Corte dei conti in tema di contabilita' pubblica ex  art.  101,
comma 2, della Costituzione, indubbia la loro legittimazione ad adire
la Corte costituzionale. 
    3. Rilevanza della questione sul  giudizio.  Come  esposto  nella
parte in fatto nel presente giudizio  ricorre  l'ipotesi  di  tardiva
presentazione del  PRFP  rispetto  al  termine  di  90  giorni  dalla
delibera di ricorso alla procedura di riequilibrio, fissato dall'art.
243-bis, comma 5, del Tuel con conseguente «applicazione dell'art. 6,
comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, con  l'assegnazione
al Consiglio dell'ente,  da  parte  del  prefetto,  del  termine  non
superiore a venti giorni per la  deliberazione  del  dissesto»,  come
recita l'art. 243-quater, comma 7. 
    L'applicazione di tale  norma  condiziona  l'esito  del  giudizio
atteso che, una volta respinte  le  eccezioni  ritenute  infondati  i
motivi del ricorso, il Collegio  dovrebbe  respingerlo  ed  accertare
l'obbligo del Comune di  Buonabitacolo  di  dichiarare  il  dissesto.
Viceversa,  l'accoglimento  della  questione   di   costituzionalita'
consentirebbe l'accoglimento del ricorso e la restituzione degli atti
alla Sezione regionale di controllo  perche'  proceda  all'esame  del
merito del PRFP, tenendo canto della attuale  situazione  finanziaria
del Comune. 
    4. Impossibilita' di interpretazione costituzionalmente conforme.
Sempre in tema di ammissibilita' occorre verificare se sia  possibile
un'interpretazione della norma  in  questione  conforme  ai  principi
costituzionali, atteso che,  secondo  la  consolidata  giurisprudenza
della Corte costituzionale, il giudice a quo, pena l'inammissibilita'
della questione,  ha  l'onere  di  verificare  se  e'  possibile  una
interpretazione delle disposizioni sospettate di  incostituzionalita'
in grado di eliminare, l'asserito contrasto. 
    Il Collegio non ritiene possibile un'interpretazione della  norma
diversa da quella letterale che  non  lascia  dubbi  sulla  effettiva
volonta' del legislatore. 
    Va evidenziato, infatti, che l'interpretazione adeguatrice non e'
praticabile a  totale  discrezione  del  giudice,  ma  e'  legata  al
presupposto oggettivo costituito dall'esistenza di un dato  lessicale
polisenso  suscettibile  di  letture  alternative,  tale   cioe'   da
esprimere, in applicazione dei generali  canoni  ermeneutici,  due  o
piu' possibili significati, dei quali uno soltanto compatibile con  i
precetti costituzionali. Ne consegue che quando,  come  nel  caso  di
specie, l'univoco tenore letterale della  norma  non  consente  altre
interpretazioni,   l'accesso    al    sindacato    di    legittimita'
costituzionale diventa una strada obbligata. Ad  una  interpretazione
costituzionalmente  orientata  si   oppone   anche   la   consolidata
giurisprudenza di  questa  Corte,  che  nelle  sue  articolazioni  di
controllo e giurisdizionali, ha da tempo  affermato  che  le  ipotesi
tassativamente elencate dall'art. 243-quater, comma 7, del Tuel,  tra
le quali rientra quella della mancata presentazione  in  termini  del
piano (mancato rispetto del termine di cui  all'art.  243-bis,  comma
5), vanno qualificate come «fattispecie legali tipiche» di condizioni
di dissesto, che si aggiungono a quelle gia'  previste  dall'art  244
del Tuel e comportano l'obbligo della sua  dichiarazione  (ex  multis
Sezione delle autonomie  n.  5/2018,  n.  22/2013,  n.  13/2013  Sez.
riunite in speciale composizione n. 32/2018, n. 29/2018, n.  25/2016,
n. 58/2015). 
    In particolare la Sezione  delle  autonomie  nella  pronunzia  n.
5/2018 ha affermato che «la Sezione regionale di controllo, accertata
la  tardiva  presentazione   del   piano,   trasmette   la   relativa
deliberazione al Prefetto competente  o  altro  organo  previsto  dai
regimi di autonomia differenziata, che, ai sensi dell'art.  6,  comma
2, decreto legislativo n. 149/2011, assegna al Consiglio dell'ente un
termine non  superiore  a  venti  giorni  per  la  deliberazione  del
dissesto». 
    Da cio' consegue che anche secondo il diritto vivente non  vi  e'
alcuno spazio per una diversa interpretazione della norma. 
    5. Le particolarita' della fattispecie.  Prima  di  illustrare  i
dubbi di costituzionalita' il Collegio ritiene  opportuno  illustrare
le  particolarita'   della   fattispecie   e   la   loro   deviazione
dall'impianto normativo previsto dalle vigenti disposizioni. 
    5.1.  I  ritardi  nell'istruttoria  del  Piano.  Il  procedimento
previsto  dal  Tuel  e'  temporalmente  cadenzato,  in   maniera   da
concludersi al massimo entro sette mesi, dalla delibera di ricorso al
Piano da parte dell'ente. L'art 243-bis al  comma  1 prevede  che  «I
comuni e le province per  i  quali,  anche  in  considerazione  delle
pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui
bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio  in
grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure
di cui agli articoli 193 e  194  non  siano  sufficienti  a  superare
le condizioni  di  squilibrio  rilevate,   possono   ricorrere,   con
deliberazione consiliare alla procedura di  riequilibrio  finanziario
pluriennale». Il successivo comma 5 dello stesso articolo dispone che
il consiglio  dell'ente  locale,  «entro  il  termine  perentorio  di
novanta giorni dalla data di esecutivita' della delibera  di  cui  al
comma 1», delibera il PRFP. 
    Il successivo art. 243-quater prevede  che  «entro  dieci  giorni
dalla data della delibera di cui all'art. 243-bis, comma 5, il  piano
di riequilibrio finanziario pluriennale e' trasmesso alla  competente
sezione regionale di controllo della Corte dei  conti,  nonche'  alla
Commissione di cui all'art.  155,  la  quale,  entro  il  termine  di
sessanta giorni dalla data di  presentazione  del  piano,  svolge  la
necessaria istruttoria... All'esito dell'istruttoria, la  Commissione
redige una relazione finale,  con  gli  eventuali  allegati,  che  e'
trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei  conti»
(comma 1).  Il  comma  due  prevede  che  «in  fase  istruttoria,  la
commissione di cui all'art. 155 puo' formulare  rilievi  o  richieste
istruttorie, cui l'ente e' tenuto a  fornire  risposta  entro  trenta
giorni» ed  il  comma  tre  dispone  che  «La  sezione  regionale  di
controllo della Corte dei conti, entro il termine  di  trenta  giorni
dalla data di ricezione della  documentazione  di  cui  al  comma  1,
delibera sull'approvazione o sul diniego del  piano,  valutandone  la
congruenza ai fini del riequilibrio». 
    In pratica, la deliberazione da parte della Sezione regionale  di
controllo dovrebbe intervenire al massimo entro 210 giorni  (90+60  +
eventuali 30+30). Nel caso fisiologico di  rispetto  dei  termini  e'
ragionevole ritenere che  l'ente  non  possa  modificare  la  propria
situazione finanziaria, trattandosi di un ristretto lasso  temporale,
sicche' correttamente la mancata adozione del piano,  o  la  sua  non
approvazione da parte della sezione regionale di controllo, determina
la dichiarazione di dissesto, non essendo stato risolto lo  stato  di
grave squilibrio.  Analogamente,  non  appare  irragionevole  che  il
legislatore abbia parificato  alla  mancata  adozione  del  piano  il
semplice ritardo nella sua adozione, all'evidente  scopo  di  evitare
dilazioni nell'avvio dell'opera di risanamento finanziario. 
    Va, tuttavia, considerato  che,  mentre  il  termine  di  novanta
giorni per la  predisposizione  del  PRFP  da  parte  del  comune  e'
qualificato come  perentorio  dalla  stessa  legge,  quelli  previsti
dall'art.  243-quater,  commi  1,  2  e  3  per  il  procedimento  di
approvazione del PRFP hanno carattere meramente ordinatorio,  sicche'
puo' accadere che detti termini vengano superati. 
    Nel caso in esame, a causa del prolungarsi  dell'istruttoria,  la
trasmissione  della  documentazione  da  parte   della   Commissione,
prevista dall'art. 243-quater, comma 1, e'  avvenuta  il  5  febbraio
2019 e la deliberazione della Sezione regionale di controllo e' stata
depositata il successivo 15 aprile, cioe'  quasi  due  anni  dopo  la
decisione dell'allora Commissario straordinario di ricorrere al PRFP,
adottata con deliberazione n. 59 del 30 maggio 2017. 
    Per  ovviare  alla  patologica   durata   della   procedura,   la
giurisprudenza di queste sezioni riunite ha da tempo affermato che le
valutazioni compiute dalla Commissione e dalla Sezione  regionale  in
sede  istruttoria  ed  in  sede  procedimentale,  e  persino   quelle
successive   in   sede   di   eventuale   giudizio,   devono   essere
necessariamente improntate ad una visione dinamica  della  situazione
contabile  dell'ente,  in   costante   evoluzione,   esercizio   dopo
esercizio,  e  debbono  tener  conto,  in  una  visione   tendenziale
dell'equilibrio di  bilancio,  dei  fatti  di  gestione  sopravvenuti
all'adozione del piano ed alla valutazione della Sezione di controllo
(ex multis S.S.RR. 23/2019, 2/2019, 23/2018, 8/2018, 17/2017, 3/2017,
1/2017, 58/2015, 2/2015, 34/2014, 11/2014, 3/2014). 
    Nella fattispecie, invece, l'automatismo previsto dal legislatore
ha precluso alla Sezione di controllo, e preclude  a  queste  Sezioni
riunite, di prendere in considerazione l'eventuale superamento  della
situazione  originaria  di  squilibrio  strutturale  ed  il   ritardo
nell'adozione del piano comporta il dissesto dell'ente. In  tal  caso
la fattispecie appare mutata  nel  suo  presupposto  presuntivo,  del
perdurare  della  situazione  di  squilibrio  strutturale  dichiarata
originariamente dallo stesso ente, che da' ragione all'automatismo in
questione. 
    5.2. Il cambio di amministrazione. Come sopra detto la  decisione
di  ricorrere  al  PRFP  e'  stata  presa   dall'allora   Commissario
straordinario con deliberazione n. 59 adottata  il  30  maggio  2017.
Nella pendenza del termine di novanta giorni per adattare il PRFP, si
sono  svolte  le  elezioni  amministrative  e  la   nuova   compagine
amministrativa si e' insediata il 30 giugno 2017, sicche' il tempo  a
disposizione per elaborare il PRFP, tenendo conto della dichiarazione
di  immediata  eseguibilita'  della  delibera   commissariale,   come
accertato nella sentenza non definitiva in data odierna, era limitato
a soli sessanta giorni. 
    Appare evidente la discrasia con la disciplina prevista  dall'art
243-bis, comma 5, che consente alle amministrazioni che  iniziano  il
mandato di rimodulare PRFP - sempre che lo stesso sia stato adottato,
e non risulti intervenuta la delibera di approvazione  o  di  diniego
della  Sezione  regionale  di  controllo  -  nei   sessanta,   giorni
successivi alla sottoscrizione della relazione di inizio mandato  che
deve avvenire entro 90 giorni dall'inizio del  mandato  (art.  4-bis,
gomma 2, decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149). 
    In pratica la  nuova  amministrazione  ha  avuto  60  giorni  per
adottare  il  piano,  mentre  se  questo  fosse  stato  adottato  dal
Commissario avrebbe avuto ben 150 giorni per rimodularlo. 
    6. I dubbi di incostituzionalita'. 
    Ritiene il Collegio  che  l'automatismo  dell'applicazione  della
procedura del dissesto in caso di tardiva presentazione del Piano  di
riequilibrio di cui all'art. 243-quater,  comma  7,  del  Tuel  violi
numerosi principi costituzionali: (i) se non circoscritto ai casi  di
accertamento  della  tardivita'  entro  i  termini   ordinatori   del
controllo e (ii) se non compensato da un  corrispondente  ampliamento
dei tempi di deliberazione del Piano in caso di elezioni  intervenute
durante la pendenza del termine di cui all'art. 243-bis, comma 5, del
Tuel. 
    Poiche' le citate disposizioni (articoli 243-quater, comma  7,  e
243-bis, comma  5,  del  Tuel),  concorrono  tra  loro  in  combinato
disposto, e con effetto di rafforzamento  reciproco  nei  profili  di
illegittimita' costituzionale rilevati, si procedera' all'esposizione
esaminando le due norme congiuntamente ed evidenziandone gli elementi
di contrasto con le disposizioni della Carta fondamentale. 
    6.1. Violazione degli articoli 81, 97, comma 1 e  119,  comma  1,
della Costituzione, che codificano  il  principio  costituzionale  di
pareggio di bilancio. 
    Ritiene il Collegio che il sistema di automatismo sopra descritto
si ponga in contrasto con il principio di «equilibrio e sana gestione
finanziaria   del   bilancio»   e   violi   il    bene    «bilancio»,
costituzionalmente tutelato, quando i termini per  il  controllo  del
PRFP siano largamente superati e la gestione del Piano  sia  iniziata
e/o quando nella pendenza  del  termine  per  l'adozione  vi  sia  un
mutamento della compagine amministrativa  alla  guida  dell'ente  per
nuove elezioni. 
    Viene, infatti, in considerazione  il  principio  evincibile  dal
piu' recente percorso argomentativo della Corte  costituzionale,  che
mette in relazione i precetti di natura finanziaria con i fini per  i
quali sono previsti e valorizza la natura del bilancio pubblico e del
suo equilibrio quale vero e  proprio  bene  giuridico  meritevole  di
tutela. 
    Tale ricostruzione, sviluppatasi anche a seguito delle  modifiche
degli articoli 81 e 97, comma 1, della  Costituzione,  operate  dagli
articoli 1 e 2, legge  costituzionale  n.  1/2012,  ha  portato  alla
rilettura del bilancio pubblico quale  strumento  di  attuazione  del
principio di democraticita' dell'ordinamento in quanto  strumento  di
controllo del rispetto  del  mandato  elettorale  democratico  e  del
programma e dei fini  delle  previsioni  finanziarie  programmatiche,
riconosciuto  ai  cittadini  (cfr.  Corte  costituzionale,   sentenze
247/2017, 228/2017, 184/2016). 
    La disciplina della procedura di riequilibrio  finanziario  degli
enti locali di cui agli articoli 243-bis e ss. del TUEL, si pone come
attuazione di questi principi,  essendo  finalizzato  a  superare  le
situazioni di squilibrio strutturale del bilancio e a  riportare  gli
enti in quella situazione di equilibrio e sostenibilita' cui  tendono
le norme costituzionale citate. 
    Detto  riequilibrio  ben  puo'  essere  perseguito  in  un   arco
temporale  che  coinvolge  piu'  esercizi,  in  piena  coerenza   con
carattere «dinamico» del bene bilancio e  della  sua  gestione,  piu'
volte riconosciuto dalla  Corte  costituzionale,  nell'ambito  di  un
percorso volto al ripristino della stabilita' economica  di  media  e
lunga durata dell'ente (da ultimo, ex multis, Corte costituzionale n.
18/2019). Coerentemente, dunque, le procedure di riequilibrio possono
essere  inquadrate  sia  per  modi  che   per   fini   nei   principi
costituzionali  sopracitati,  come  articolazione  del  processo   di
perseguimento del pareggio di bilancio in un arco pluriennale,  e  il
riequilibrio puo' essere valutato come processo in itinere nel quadro
della costante evoluzione gestionale dell'ente. 
    Rispetto  alla  rilevanza  costituzionale  del   bene   giuridico
«bilancio pubblico», la previsione,  contenuta  all'art.  243-quater,
comma 7, del Tuel, della fine  del  processo  di  risanamento  ed  il
conseguente passaggio alla fase di dissesto, al solo verificarsi  del
superamento del  termine  perentorio  fissato  per  l'emanazione  del
Piano, ad avviso del Collegio, puo' ritenersi coerente con i principi
costituzionali solo se svolta  nell'immediatezza  della  delibera  di
ricorso al Piano e cioe' entro i termini  massimi  determinati  dalla
legge, quando ancora la  declaratoria  di  condizione  di  squilibrio
conserva la sua attualita'. 
    Va, infatti, considerato che la situazione finanziaria  dell'ente
e' in costante evoluzione, atteso che la gestione non e'  statica  ma
e' in continuo divenire e  cambia,  in  senso  positivo  o  negativo,
esercizio dopo esercizio, indipendentemente dalla formalizzazione dei
provvedimenti di riequilibrio. Ben puo' accadere,  pertanto,  che  la
situazione  di  squilibrio  nel  tempo  volga  progressivamente  alla
normalizzazione, fino a venir meno, ed a maggior  ragione  cio'  puo'
accadere quando, come sembra essere accaduto  nella  fattispecie,  un
Piano  di  riequilibrio,  sia  pure  approvato  in   ritardo,   viene
immediatamente attuato secondo le sue linee direttrici,  in  pendenza
del procedimento  per  la  sua  approvazione,  modificando  in  senso
positivo la condizione di squilibrio strutturale. 
    Ritiene il Collegio che in tale ultima circostanza l'accertamento
della tardivita' della deliberazione del Piano  rispetto  ai  termini
perentori di legge non possa piu' in  se'  giustificare  l'automatico
passaggio  alla  fase  di  preparazione  al  dissesto  dell'ente  con
assegnazione dei termini di cui all'art.  6,  comma  2,  del  decreto
legislativo  n.  149/2011,  ma  che,  in  un'applicazione  in  chiave
sostanziale del principio di tutela del bene  bilancio/equilibrio  di
bilancio, occorra un  ulteriore  passaggio  accertativo  della  reale
situazione finanziario-contabile dell'ente. 
    Infatti, e' solo il permanere di  una  situazione  di  squilibrio
strutturale  che   giustificare   l'applicazione   della   disciplina
liquidatoria del dissesto, mentre  l'automatico  passaggio  a  questa
fase  in  presenza  di  un  superamento  dell'originario   squilibrio
determina una interruzione del processo di risanamento in  corso,  in
contrasto con i  fini  di  tutela  del  bene  giuridico  «bilancio  /
equilibrio di bilancio». 
    Tale situazione di contrarieta'  ai  principi  costituzionale  e'
aggravata dalla mancata previsione  un  ampliamento  del  termine  di
adozione del PRFP per i casi, simili a quello all'esame, di  subentro
di nuova amministrazione alla  guida  dell'ente  nella  pendenza  del
predetto termine. 
    La normativa vigente prevede  per  le  nuove  amministrazioni  la
possibilita'  di  rimodulare  il  Piano,  adottato  dalla  precedente
amministrazione e non ancora esaminato  dalla  Sezione  di  controllo
(art. 243-bis, comma 5) entro 60 giorni  dalla  sottoscrizione  della
relazione di inizio mandato, che,  essendo  «volta  a  verificare  la
situazione finanziaria e patrimoniale e la misura dell'indebitamento»
(art. 4-bis, comma 1, decreto legislativo 6 settembre 2011,  n.  149)
dell'ente  costituisce  il  momento  nel  quale  gli   amministratori
subentranti prendono conoscenza della  reale  situazione  finanziaria
dell'ente che sono stati chiamati ad amministrare,  tanto  che  sulla
base delle sue risultanze, possono anche decidere di  ricorrere  alla
procedura di riequilibrio finanziario. 
    Nulla, invece, e' previsto  per  la  predisposizione  del  Piano,
sicche' agli amministratori di  nuova  nomina  non  e'  garantito  un
margine temporale sufficiente per elaborare le misure ritenute idonee
a  superare  lo  stato   di   squilibrio,   adottando   provvedimenti
compatibili con il loro programma politico e gli impegni assunti  con
il mandato elettorale. 
    La  mancanza  di  un  margine  temporale   sufficiente   per   la
predisposizione del Piano, derivante dalla mancata  cognizione  della
concreta  situazione  finanziaria  dell'ente,   rende   difficilmente
raggiungibile l'obiettivo di risanamento: ne discende, a  parere  del
Collegio, una sostanziale mancanza di tutela del bene bilancio, e  la
violazione del  principio  di  pareggio  di  bilancio,  cui  l'intera
procedura  di  riequilibrio   tende,   rendendo   irrealizzabile   il
risanamento dell'ente. 
    6.2. Violazione degli articoli 81, 119, comma 1, e 97,  comma  1,
della  Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  1   della
Costituzione, per i profili  di  correlazione  tra  il  principio  di
pareggio di bilancio e quello di responsabilita'  nell'esercizio  del
mandato elettivo. 
    L'automatico passaggio al dissesto per tardiva presentazione  del
Piano, anche nel caso di  suo  accertamento  postergato  rispetto  ai
termini ordinatori di controllo (art. 243-quater, comma 7, del  TUEL)
e la mancata previsione di  un  maggiore  margine  temporale  per  la
deliberazione del Piano di riequilibrio a favore dell'amministrazione
subentrante  durante   la   pendenza   del   termine   per   la   sua
predisposizione (art. 243-bis, comma 5, del TUEL), comporta anche  la
violazione del principio costituzionale  della  necessaria  copertura
della spesa e di  quello  della  responsabilita'  nell'esercizio  del
mandato elettivo che si pone alla base dell'ordinamento democratico. 
    Esiste,  cioe',   come   rimarcata   piu'   volte   anche   dalla
giurisprudenza costituzionale, un forte legame tra la  sana  gestione
finanziaria  dell'ente  e  il  mandato  fiduciario   conferito   agli
amministratori dal corpo elettorale, che  trova  il  suo  momento  di
chiusura  nell'atto  di  rendicontazione  (Corte  costituzionale   n.
18/2019; 49/2018; 247/2017; 228/2017; 184/2010; 206/2002). 
    Il diritto di voto in tale  quadro  acquista  il  significato  di
valutazione sull'uso piu' o meno virtuoso  delle  risorse  economiche
disponibili, nonche', per i casi di procedure di riequilibrio,  sulle
misure di risanamento adottate. 
    Infatti, in situazione di ricorso alla procedura di riequilibrio,
la cesura di mandato segna l'inizio  della  responsabilita'  politica
dell'Amministrazione  neoeletta,  e  al  contempo,   costituisce   il
parametro di riferimento del programma di risanamento che  questa  e'
chiamata ad impostare, e che e' oggetto del giudizio degli elettori. 
    In tale quadro, ritiene il Collegio che  l'automatica  cassazione
della procedura di riequilibrio in corso per violazione  del  termine
di presentazione del Piano, quando sia operata non  nell'immediatezza
della declaratoria di squilibrio  strutturale,  ma,  stravolgendo  il
quadro  di  fisiologico  svolgimento  dei  controlli   previsto   dal
legislatore, in momenti anche di molto successivi, mini il  principio
di  responsabilita'  politica  sopra  descritto,  trasformandola  per
effetto  dell'automatismo  che  si   censura,   in   una   sorta   di
responsabilita' oggettiva. 
    In altre parole, non e' dato ai nuovi amministratori  il  margine
temporale   sufficiente   al   corretto   esercizio,    del    potere
programmatorio del risanamento di condizioni finanziarie  «ereditate»
dalle gestioni passate. 
    Anzi, ad avviso di questo Collegio, la limitazione dei  tempi  di
conoscibilita'  della  reale  condizione   contabile   dell'ente   in
squilibrio strutturale, e di adozione del Piano - termine addirittura
inferiore a quella di 90 giorni conferiti  alle  amministrazioni  che
operano in continuita' e hanno sin  dall'inizio  piena  contezza  dei
dati finanziari - fa venir meno fondamento della  responsabilita'  di
mandato per la  non  corretta  gestione  della  fase  programmatoria,
violandone la stessa ratio. 
    Non  puo'  essere,  cioe',  richiesto  di  rispondere  al   corpo
elettorale di una eventualmente non corretta valutazione delle misure
di risanamento dell'ente  nel  momento  in  cui  il  legislatore  non
prevede un termine congruo per la loro predisposizione. 
    Ritiene pertanto, il Collegio che anche per questo profilo vi sia
la violazione degli articoli 81 e 97, comma 1, della Costituzione, in
combinato disposto con l'art. 1 della Costituzione. 
    6.3. Violazione degli  articoli  3  e  97,  comma  2,  Cost.  per
manifesta irragionevolezza. 
    L'art. 3  della  Costituzione  fissa  un  principio  generale  di
razionalita'  della  legge  in  primis  in  modo  svincolato  da  una
normativa di raffronto, rintracciandolo nell'esigenza di  conformita'
dell'ordinamento  a  principi  di  coerenza  logica,  teleologica   e
storico-cronologica. 
    In tale prospettiva il principio di ragionevolezza deve ritenersi
leso quando si accerti l'esistenza di un'irrazionalita' intra  legem,
intesa  come  contraddittorieta'  intrinseca   tra   la   complessiva
finalita' perseguita dal Legislatore e la disposizione espressa dalla
norma censurata. 
    Collocato in un ambito pubblicistico quale quello all'esame, tale
principio di razionalita' ben si coniuga con quello di buon andamento
della pubblica amministrazione. In tal senso e', la  pronuncia  della
Corte costituzionale n. 107/2017, secondo cui  «l'incoerenza  di  una
norma e' censurabile secondo il principio di  razionalita'  normativa
qualora la formulazione della  stessa  sia  tale  da  dare  luogo  ad
applicazioni distorte... che contrastino, a causa dei  diversi  esiti
che  essa  rende  plausibili,  il  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione da intendersi come ordinato, uniforme  e  prevedibile
svolgimento dell'azione amministrativa secondo principi di  legalita'
o di buona amministrazione». 
    In  questa  nozione  di   ragionevolezza,   della   norma   entra
considerazione  anche  il   principio   di   proporzionalita'   della
previsione   e   di   bilanciamento   dei   principi   ed   interessi
costituzionalmente  rilevanti  (Corte  costituzionale   sentenza   n.
35/2017 e n. 241/2017). 
    In particolare, la sentenza n. 241/2017 precisa che il  «giudizio
[di razionalita' della legge] deve svolgersi attraverso  ponderazioni
relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal  legislatore
nella  sua  insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle  esigenze
obiettive da soddisfare o  alle  finalita'  che  intende  perseguire,
tenuto  conto   delle   circostanze   e   limitazioni   concretamente
sussistenti». 
    In altri termini, la ragionevolezza «in se'» di una  disposizione
di  legge  deve  essere  parametrata  a  caratteri  di  congruita'  e
proporzionalita' della scelta legislativa, di razionalita' intrinseca
e coerenza della norma con la sua ratio  e  di  proporzionalita'  tra
mezzi impiegati e scopi perseguiti. 
    Tale principio e' stato piu' volte invocato dalla  giurisprudenza
costituzionale anche in relazione a casi  di  automatismi  normativi,
ritenuti  illegittimi  finanche  in  materie  dove  era  riconosciuta
un'ampia discrezionalita'  del  Legislatore,  in  base  alla  duplice
considerazione: (i) che  il  principio  di  proporzionalita'  postula
l'adeguatezza della sanzione - in questo caso dovremmo dire  -  delle
conseguenze, al caso concreto, e (ii) che detta adeguatezza non  puo'
essere valutata in via automatica, ma solo a mezzo  di  una  disamina
effettiva ed in concreto ricorrere dei presupposti che conseguenze ex
multis Corte costituzionale nn. 170/2015; 2021;  202/2013;  139/2010;
2/1999). 
    Ritiene il Collegio che l'art. 243-quater,  comma  7,  del  Tuel,
nella parte in cui prevede l'automatismo del  passaggio  al  dissesto
per  il  caso  di  mancata  predisposizione  del  Piano  nei  termini
perentori da parte dell'ente, sia coerente con il principio del  buon
andamento, e proporzionato come conseguenza dello stato di squilibrio
strutturale, dichiarato, dallo stesso  comune  a  giustificazione  do
ricorso  alla  procedura  di  riequilibrio,  solo  nel   se   vengono
fisiologicamente rispettati tutti gli step temporali della procedura,
ivi compresi quelli riferiti al controllo sul piano. Infatti,  appare
razionale,  in  considerazione  della  persistenza  dello  squilibrio
strutturale,  gia'  riconosciuto  dall'ente,  che  non  puo'   essere
sostanzialmente mutato nel breve tempo, intercorso, la previsione del
dissesto per gli enti che non siano stati in grado di predisporre nei
tempi stabiliti un programma di risanamento. 
    Questo criterio di intrinseca ragionevolezza  della  norma  viene
meno nei casi di superamento dei termini di controllo del PRFP, anche
se legittimi alla luce della loro natura  meramente  ordinatoria.  In
questi casi  l'automatico  passaggio  al  dissesto  conseguente  alla
declaratoria di tardivita' del Piano diviene irrazionale, essendo del
tutto  avulso  dalla  valutazione  delle  circostanze   concrete,   e
sproporzionato nelle conseguenze rispetto al fine stesso del  sistema
normativo del riequilibrio. 
    Ben puo' avvenire, infatti, che al momento della dichiarazione di
tardivita' del Piano l'applicazione dello stesso e l'evoluzione della
gestione  finanziaria  abbiano   determinato   il   superamento   del
presupposto di squilibrio strutturale originario. In questo  caso  il
passaggio alla procedura di dissesto diventerebbe con  ogni  evidenza
del tutto irragionevole, in palese contrasto con i principi  di  buon
andamento   dell'azione   amministrativa,   nonche'   di   intrinseca
ragionevolezza della legge stessa, fissati agli articoli 97 e 3 della
Costituzione. 
    Irrazionalita' tanto maggiore, se si opera una lettura  congiunta
dell'art. 243-quater, comma 7, e dell'art. 243-bis, comma 5, Tuel. 
    Dal combinato disposto delle due norme, infatti,  viene,  meno  h
stessa logica ordinamentale di garantire la concreta possibilita' del
risanamento,  essendo  prevista  ed  in   termini   ampi,   solo   la
possibilita'  di  rimodulare  il  piano  gia'  adottato,  mentre   si
costringe la nuova amministrazione ad operare in termini  addirittura
ridotti rispetto a quelli generali  di  90  giorni,  con  sostanziale
impossibilita' o comunque notevole aggravamento della difficolta'  di
predisposizione tempestiva del Piano stesso, in contrasto col fine di
legge di consentire il reale risanamento degli enti. 
    Invero,  a  fronte  della  certezza   del   momento   elettorale,
l'amministrazione uscente puo' legittimamente  decidere  di  rimanere
del tutto inerte, non essendo essa tenuta ad alcuna azione specifica,
atteso che  la  responsabilita'  politica  dell'adozione  del  Piano,
dell'avvio del processo di risanamento  e  dei  suoi  esiti  ricadra'
interamente in capo all'amministrazione entrante. 
    6.4. Violazione dell'art. 3 della  Costituzione  per  trattamento
uniforme di situazioni tra loro diverse. 
    Nella declinazione del principio di uguaglianza e  ragionevolezza
fissato dall'art. 3 della Costituzione, la  Corte  costituzionale  ha
poi esaminato le norme  nel  quadro  sistematico  di  riferimento  in
chiave comparativa tra di loro. 
    In questo senso  e'  espressione  del  principio  di  uguaglianza
l'omogeneita' dei trattamenti previsti per situazioni  giuridicamente
rilevanti tra loro analoghe,  con  la  conseguenza  di  ravvisare  la
violazione del principio costituzionale quando  vengono  disciplinate
in modo analogo situazioni non equivalenti (cfr. Corte costituzionale
148/2017). 
    A tal fine la Corte ha fissato un presupposto di «comparabilita'»
delle situazioni a confronto  come  condizione  per  la  verifica  di
legittimita' di trattamenti omogenei. 
    Ritiene il Collegio che tale comparabilita' possa essere valutata
con riferimento alle condizioni che l'art. 243-quater, comma  7,  del
Trattato sull'Unione europea, pone, sullo stesso piano  tra  loro,  a
presupposto  dell'applicazione  dell'art.  6,  comma  2  del  decreto
legislativo n. 149/2011, da un lato, e in relazione  alle  previsioni
sui termini di presentazione del Piano  contenute  all'art.  243-bis,
comma 5, del TUEL, dall'altro lato. 
    6.4.1. In particolare, 243-quater, comma  7,  equipara  tra  loro
negli effetti gli accertamenti della Sezione  regionale  della  Corte
dei conti territorialmente competente (i) sulla  tempestivita'  della
presentazione del Piano, (ii) sulla sua sostenibilita', (iii) sul suo
andamento nel tempo e (iv) sul raggiungimento  finanziario  alla  sua
conclusione, considerandoli presupposti  tra  loro  omogenei,  per  i
quali  validamente  disporre  conseguenze  analoghe.  A  ben  vedere,
tuttavia, solo il primo e' un accertamento di mero fatto,  scevro  da
profili   valutativi   sulla situazione   finanziaria   dell'ente   e
sufficiente a determinare il passaggio alla  fissazione  dei  termini
per la procedura di dissesto di cui all'art. 6, comma 2  del  decreto
legislativo n. 149/2011, in modo del tutto automatico.  Nei  restanti
casi, invece, la voltura della procedura di riequilibrio in  atto  in
quella  del  dissesto,  passa  attraverso   la   ponderazione   della
sostenibilita' finanziaria delle  misure  proposte  e  dell'idoneita'
delle  medesime  al  raggiungimento  del   riequilibrio   strutturale
dell'ente da parte della Sezione di controllo. 
    Le dette situazioni possono ritenersi tra loro «analoghe»,  e  la
conseguenza  comune  del  passaggio  al  dissesto  giustificata   per
ciascuna di esse, solo se la valutazione di tardivita' del Piano  sia
effettuata  dagli  organi  di  controllo  nel  rispetto  dei  termini
ordinatori di legge a questi concessi.  In  tale  caso,  infatti,  la
mancanza della ponderazione della condizione finanziaria dell'ente da
parte  della  Sezione   della   Corte   dei   conti   e'   compensata
dall'accertamento  dello  squilibrio  strutturale  operato  dall'ente
stesso pochi mesi prima, e che  ha  condotto  alla  deliberazione  di
ricorso alla procedura di riequilibrio. Si ha  pertanto  in  tutti  e
quattro i casi un  accertamento  sostanzialmente  attualizzato  dello
stato di fatto finanziario-contabile dell'ente locale. 
    Diversamente e' a dirsi nei casi di accertamento della tardivita'
del Piano operato una volta decorsi i termini ordinari del controllo. 
    Ritiene, infatti,  il  Collegio  che  in  detti  casi  l'autonoma
valutazione  della  situazione  finanziaria  precedentemente  operata
dall'ente diventi troppo remota  per  poterne  presumere  rispondenza
alla realta' di fatto e che, nelle more del controllo,  l'ente  abbia
potuto vedere mutate le proprie  condizioni  originarie,  in  special
modo a  mezzo  dell'attuazione  alle  misure  fissate  nel  Piano  di
riequilibrio. Ritiene, altresi', che la mancanza di  un  accertamento
del quadro finanziario attualizzato dell'ente renda  la  declaratoria
di  tardivita'  di  presentazione  del  Piano  condizione  non   piu'
equiparabile alle altre  condizioni  previste  dall'art.  243-quater,
comma 7, sopra ricordate, per cio' solo non ragionevolmente idonea  a
fondare la comune conseguenza del passaggio al dissesto. 
    6.4.2.  Come  si  e'  gia'  avuto  modo  di  evidenziare,  manca,
peraltro, alcun elemento normativo  compensativo  che  riconcluca  il
caso all'esame ad analogia con gli altri tre, quale  potrebbe  essere
il bilanciamento con un termine maggiorato per la  deliberazione  del
Piano, quanto meno nel caso di sopravvenienza di nuove  elezioni  nel
corso dei 90 giorni dati per la sua predisposizione. 
    Invero,  una  simile  previsione  garantirebbe  il  rispetto  del
termine  e  la  valutazione  in  concreto  dei  suoi  contenuti,  con
conseguente accertamento del reale quadro  finanziario  dell'ente  in
sede di valutazione del Piano da parte della Commissione ministeriale
e della  Sezione  regionale  di  controllo  della  Corte  dei  conti.
Conseguentemente l'ipotesi di automatismo del passaggio  ai  dissesto
opererebbe solo in casi residuali, di tardivita'  cosi'  grave  nella
deliberazione del Piano, da confortare utilmente una  presunzione  di
gravita'   insuperabile   del   quadro   finanziario   da   risanare,
ragionevolmente avvicinabile ad un suo accertamento in concreto. 
    Come visto, detto termine maggiorato trova effettivamente  spazio
nel disegno normativo della procedura di riequilibrio, al piu'  volte
citato art. 243-bis, comma 5, del TUEL, ma  con  solo  riguardo  alla
riconosciuta facolta' di rimodulazione del Piano,  gia'  adottato  da
precedente amministrazione, sempreche'  non  ancora  esaminato  dalla
Sezione di controllo della Corte dei conti, e  comunque  da  operarsi
entro un termine  massimo  di  150  giorni  dall'inizio  del  mandato
elettorale. 
    Trattandosi, tuttavia, di una situazione  di  subentro  di  nuova
amministrazione, non puo' non rilevarsi l'analogia del presupposto di
fatto con quello della scadenza elettorale  intervenuta  prima  della
deliberazione del Piano e non puo' non  rilevarsi  la  disparita'  di
trattamento tra le due situazioni. Nel caso di Piano gia' presentato,
infatti,  sono  concessi  termini  ulteriori  al  solo   fine   della
rimodulazione, in coerenza con l'esigenza dei nuovi amministratori di
gestire le misure con la massima  coerenza  con  il  proprio  disegno
politico. 
    Nel caso di Piano non ancora presentato, a fronte di una medesima
esigenza, non e' previsto a favore  dell'amministrazione  subentrante
alcun termine maggiorato, sebbene sconti la necessita' di colmare  le
lacune   conoscitive   situazione   finanziaria   dell'ente    dovute
all'ingresso ex novo nella gestione. Anzi, il termine di elaborazione
del Piano risulta addirittura ridotto rispetto a quello ordinario  di
90 giorni,  dovendo  scomputarne  i  giorni  preelettorali  e  quelli
funzionali all'insediamento. 
    Peraltro, non e'  irrilevante  rimarcare  che  il  detto  maggior
termine riconosciuto dall'art. 243-bis, comma 5, cit. per il subentro
a Piano gia' deliberato, e' comprensivo tempistica di legge  prevista
per la necessaria  fase  della  predisposizione  della  Relazione  di
inizio mandato (per l'art. 4-bis, comma 2, del decreto legislativo n.
149/2011 la detta Relazione puo'  essere  prodotta  entro  90  giorni
dall'inizio del mandato),  che  consente  la  piena  acquisizione  di
consapevolezza, da parte dei nuovi amministratori,  della  situazione
finanziario-contabile  dell'ente,  presupposto  necessario   per   il
corretto esercizio della  facolta'  di  rimodulazione  del  Piano  di
riequilibrio, cosa che rimane invece del tutto preclusa per  i  casi,
simili a quello all'esame, di subentro  di  nuova  amministrazione  a
Piano ancora non approvato. 
    In conclusione, l'art. 243-bis, comma 5, del TUEL non prevede  un
aumento  del  margine  temporale  di  deliberazione  del  Piano   per
l'amministrazione subentrante in corso di  termini,  a  bilanciamento
della mancanza disamina in concreto dello stato dei  conti  dell'ente
di cui all'art. 243-quater, comma 7, del TUEL. Anzi,  in  tali  casi,
nel  silenzio  normativo  sul  punto,  si  pone  in  violazione,  del
principio di uguaglianza e di ragionevolezza nel trattamento in  modo
analogo di situazioni tra loro dissimili nel momento in  cui,  da  un
lato, non prevede la medesima  maggiorazione  temporale  riconosciuta
alle  amministrazioni  subentranti  a  Piano  appena  deliberato   e,
dall'altro lato, determina una diminuzione  sostanziale  del  termine
addirittura rispetto a  quello  di  90  giorni  riconosciuto  in  via
generale agli enti che non vedono mutata la compagine amministrativa. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte dei conti, Sezioni riunite  in  sede  giurisdizionale  a
speciale composizione: 
        solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
243-quater, comma 7, del decreto legislativo n. 267/2000 (Tuel) nella
parte in cui prevede l'automatico avvio della procedura di  dissesto,
nel caso di mancata adozione  del  Piano  di  riequilibrio  entro  il
termine  perentorio  previsto  dall'art.  243-bis,  comma  5,   senza
consentire alle amministrazioni  che  inizino  il  nuovo  mandato  in
pendenza del predetto termine, di avvalersi della  facolta'  prevista
dall'art. 243-bis, comma 5, del Tuel anche in assenza di  una  previa
deliberazione di Piano e  comunque  senza  tener  conto  della  reale
situazione finanziaria dell'ente per effetto  del  prolungamento  del
procedimento  di  controllo  oltre  i  termini  ordinatori   previsti
dall'art. 243-quater, commi 1 e 3,, in relazione  agli  articoli  81,
119, comma 1, 97, commi  1,  anche  in  combinato  disposto  con  gli
articoli 1 e 2 Cost., nonche' all'art. 3 della Costituzione; 
    Ordina  la  sospensione  del  giudizio  e   dispone   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone, ai sensi dell'art. 23,  ultimo  comma,  della  legge  11
marzo 1953,  n.  87,  che,  a  cura  della  segreteria,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa al Procuratore  generale
ed al Presidente del Consiglio dei  ministri  e  che  sia  comunicata
anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del giorno  3
luglio 2019. 
 
                      Il Presidente: Pischedda 
 
 
                                                    L'estensore: Papa