N. 84 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 2019

Ordinanza . 
 
Ordinamento  giudiziario  -  Misure  per  l'efficienza  del   sistema
  giudiziario e la  definizione  del  contenzioso  civile  -  Giudici
  ausiliari  -  Corti  d'appello  -  Stato  giuridico  e  funzioni  -
  Assegnazione del giudice onorario  ausiliario  all'esercizio  delle
  funzioni giurisdizionali esercitate dagli organi collegiali. 
- Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni  urgenti  per  il
  rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge
  9 agosto 2013, n. 98, articoli 62, comma 1, 65, commi 1  e  4,  66,
  67, commi 1 e 2, 68, comma 1, e 72, comma 1. 
(GU n.28 del 8-7-2020 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        terza sezione civile 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: 
        dott.ssa Adelaide Amendola, Presidente; 
        dott. Stefano Olivieri, rel. consigliere; 
        dott. Mario Cigna, consigliere; 
        dott. Cristiano Valle, consigliere; 
        dott.ssa Anna Moscarini, consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
6409-2018 proposto da: 
        Vetrano  Daniele,  elettivamente  domiciliato  in  Roma,  via
Filippo Eredia, 12, presso lo studio dell'avvocato Carlo  Testa,  che
lo rappresenta e difende; ricorrente; 
        Contro UnipolSai Assicurazioni S.p.a., in persona del  legale
rappresentante e procuratore speciale, elettivamente  domiciliata  in
Roma, p.za San Lorenzo in Lucina 4, presso  lo  studio  dell'avvocato
Giovanni Gori, che la rappresenta e difende; controricorrente; 
    avverso la sentenza n. 6230/2017 della Corte d'appello di Roma; 
    udita la relazione della causa svolta nella camera  di  consiglio
del 18 giugno 2019 dal consigliere dott. Stefano Olivieri; 
    Il  Collegio  ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  ai  sensi
dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, di  rimessione  alla  Corte
costituzionale della questione di legittimita'  costituzionale  degli
articoli 65, 66, 67 e 68 del  decreto-legge  21  giugno  2013  n.  69
recante  «Disposizioni  urgenti  per  il  rilascio  della   economia»
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013  n.  98,  in
relazione al parametro di cui all'art. 106, comma 2, Cost. 
 
                                Fatto 
 
    La Corte d'appello di Roma, con  sentenza  in  data  13  novembre
2017, n. 6230, ha confermato la decisione di prime cure  e  rigettato
l'appello proposto da Daniele Vetrano, ritenendo provato il  concorso
di colpa di quest'ultimo - nella misura del 20%  -  nella  causazione
del sinistro stradale verificatosi in Roma, il 13 dicembre  2007,  da
attribuire alla prevalente colpa dell'altro conducente Giovanni Mola,
non essendo emersi dalle  risultanze  istruttorie  elementi  tali  da
dimostrare che il Vetrano avesse fatto tutto il possibile per evitare
il danno. 
    Il Giudice di appello: 1 -  ha  ritenuto  non  provato  il  nesso
eziologico tra il sinistro e la  invalidita'  accusata  dal  Vetrano,
essendo la stessa  manifestazione  di  una  patologia  pregressa;  ha
escluso  un  maggiore  danno  morale   in   difetto   di   specifiche
allegazioni; 2 - ha ritenuto non  provato  il  danno  materiale,  non
essendo  stati  riscontrati  dai  verbalizzanti  segni  di  urto  sul
veicolo; 3 - ha confermato la parziale compensazione delle  spese  di
lite disposta in primo grado, essendo stata accolta la  domanda  solo
parzialmente. 
    La sentenza di appello, non notificata, e'  stata  impugnata  dal
Vetrano  con  quattro  motivi   (deducendo:   1   -   «illegittimita'
costituzionale degli articoli da 62 a 72 della  legge  n.  98  del  9
agosto 2013 di conversione con  modificazione  del  decreto-legge  21
giugno 2013 n. 69, in relazione agli articoli 3, 25,  comma  1,  106,
comma 2 Cost. e conseguente nullita'  della  sentenza  per  vizio  di
costituzione del Giudice ex art. 158 codice di procedura  civile,  in
relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 codice di procedura civile»;  2
- «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e'  stato
oggetto di discussione tra le parli in relazione all'art. 360,  comma
1, n. 5 codice di procedura civile», con riferimento alla diagnosi di
trauma cranico; 3 - «violazione e falsa applicazione degli articoli 2
e 32 Cost., dell'art. 1 Carta di Nizza ... degli articoli 1223, 1226,
2056, 2059 e 2697  del  codice  civile  e  dell'art.  115  codice  di
procedura civile, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 codice  di
procedura civile», con riguardo al criterio di liquidazione del danno
ed alla mancata «personalizzazione» del danno  morale;  4  -  «omesso
esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra
le parti in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 codice di procedura
civile», con riguardo allo scadimento del rendimento  scolastico  del
soggetto leso ai fini dell'accertamento del danno non  patrimoniale),
ai quali resiste con controricorso UnipolSai Assicurazioni S.p.a. 
    Non ha svolto difese  Giovanni  Mola  cui  il  ricorso  e'  stato
notificato, ai sensi dell'art. 140 codice  di  procedura  civile,  in
data 26 febbraio 2018. 
    La parte ricorrente ha depositato memoria  illustrativa  ex  art.
380-bis. I codice di procedura civile. 
 
                               Diritto 
 
    1. Con il  primo  motivo  il  ricorrente  ha  chiesto  che  venga
sollevata questione di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli
62-72 della legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione con  modifiche
del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69,  in  relazione  ai  parametri
costituzionale degli articoli 3, 25, comma 1, 106,  comma  2,  e  111
Cost., e conseguentemente dichiarata la nullita' della  sentenza  per
vizio di costituzione del Giudice ex art.  158  codice  di  procedura
civile, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 codice di  procedura
civile. 
    Sostiene il ricorrente che l'intervento del  legislatore  con  il
quale e' stata prevista la nomina dei «Giudici ausiliari di  appello»
non risponde ad esigenze emergenziali  di  carattere  temporaneo,  ma
introduce una misura strutturale con la quale si viene  a  costituire
una magistratura parallela a quella  professionale,  con  conseguente
violazione del limite, stabilito dall'art. 106, comma 2, Cost., entro
il quale al legislatore  e'  consentito  procedere  alla  nomina  dei
magistrati   onorari,   ed   ulteriore   violazione   dei   parametri
costituzionali dell'art. 25, comma l (precostituzione per  legge  del
giudice naturale) e dell'art. 111, comma 2 (posizione di terzieta' ed
indipendenza del giudice) Cost., nonche' del principio di eguaglianza
(art. 3 Cost.) in  relazione  al  diverso  trattamento  riservato  al
cittadino che vede trattata la sua causa in  appello  da  un  Giudice
onorario anziche' da un Giudice professionale. 
    2. I termini della questione vanno individuati nella denuncia  di
illegittimita' delle disposizioni degli articoli 65, 66, 67 e 68  del
decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 recante «Disposizioni urgenti  per
il rilancio della  economia»  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 9 agosto 2013 n. 98, in relazione al parametro di cui  all'art.
106, comma 2, Cost. 
    3. I motivi della rimessione sono dati: 
        a) dalla rilevanza della questione. 
    L'accoglimento  del  primo  motivo  di  ricorso,   in   caso   di
annullamento delle disposizioni impugnate e di  conseguente  invalida
costituzione  del  collegio  giudicate  di  appello  (in  quanto   la
decisione della controversia e' stata assunta con  la  partecipazione
deliberativa di un componente che non poteva integrare il collegio ed
esercitare «stabilmente» la  funzione  giurisdizionale  in  grado  di
appello), comporterebbe  necessariamente  la  cassazione  con  rinvio
della sentenza impugnata; 
        b) dalla non manifesta infondatezza della questione. 
    Le coordinate costituzionali sono fornite dall'art. 25, comma  1,
Cost.  «Nessuno   puo'   essere   distolto   dal   giudice   naturale
precostituito per legge»; dall'art. 102, comma 1, Cost.  secondo  cui
«La funzione giurisdizionale e'  esercitata  da  magistrati  ordinari
istituiti e regolati dalle  norme  sull'ordinamento  giudiziario»,  e
dall'art. 106, comma 1 «Le nomine  dei  magistrati  hanno  luogo  per
concorso» e  comma  2,  Cost.  per  cui  «la  legge  sull'ordinamento
giudiziario puo' ammettere la nomina, anche elettiva,  di  magistrati
onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli». 
    4. L'art. 4 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12  (Ordinamento
giudiziario), dispone che «L'ordine giudiziario e' costituito,  dagli
uditori, dai giudici di ogni grado dei tribunali, e delle corti e dai
magistrati del pubblico ministero»  (comma  1)  e  che  «Appartengono
all'ordine giudiziario come magistrati onorari i giudici di  pace,  i
giudici onorari di tribunale, i vice  procuratori,  gli  esperti  del
tribunale della sezione  di  Corte  d'appello  per  i  minorenni,  ed
inoltre, gli assessori della  Corte  d'assise  e  gli  esperti  della
magistratura  del   lavoro   nell'esercizio   delle   loro   funzioni
giudiziarie» (comma 2). L'elenco contenuto nel  secondo  comma  della
indicata norma dell'ordinamento giudiziario non esaurisce,  tuttavia,
tutte le categorie dei  magistrati  dell'Ordine  giudiziario,  tenuto
conto che nel decreto-legge 21 giugno  2013  n.  69,  convertito  con
modificazioni dalla legge 9 agosto 2013,  n.  98  (cd.  «decreto  del
fare»), agli articoli 62-72, e' prevista anche la nomina di  «Giudici
ausiliari», da destinare alle Corti d'appello, ai quali e' attribuito
«lo stato giuridico di magistrati onorari» (art. 72, comma 1), e  che
- in attuazione alla legge delega 28 aprile 2016  n.  57  «Delega  al
Governo per la riforma organica della magistratura onoraria ed  altre
disposizioni sui giudici di pace»  -  e'  stato  emanato  il  decreto
legislativo  13  luglio  2017  n.  116   («Riforma   organica   della
magistratura onoraria e  altre  disposizioni  sui  giudici  di  pace,
nonche' disciplina transitoria  relativa  ai  magistrati  onorari  in
servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57») che unifica  le
attuali tipologie di magistrati onorari,  prevedendo  la  figura  del
«giudice onorario di pace» e  del  «vice  procuratore  onorario»,  ed
attribuisce  al  primo  -  per  quanto  qui  interessa   -   funzioni
giurisdizionali proprie  dell'«ufficio  giudiziario  del  Giudice  di
Pace» o, alternativamente, funzioni giurisdizionali nell'ambito della
struttura  organizzativa  denominata  «ufficio   per   il   processo»
istituita presso i tribunali. 
    Pure se  quest'ultimo  decreto  legislativo  non  e'  oggetto  di
applicazione nel procedimento pendente avanti questa Corte,  tuttavia
fornisce elementi utili a comprendere in che modo il  legislatore  ha
inteso relazionare le funzioni del giudice  onorario  alla  attivita'
dei collegi giudicanti. 
    Fermo il principio tendenziale per cui al giudice onorario  vanno
attribuiti  compiti  meramente  preparatori  e  strumentali  (studio,
ricerca  di  dottrina,  predisposizioni  schemi   di   provvedimenti,
assistenza anche in Camera di consiglio: art. 10, comma  10,  decreto
legislativo    n.    116/2017)    all'esercizio    della     funzione
giurisdizionale, che rimane riservato  al  magistrato  professionale,
possono allo stesso essere delegati dal magistrato professionale, con
riferimento a ciascun  procedimento  civile,  poteri  giurisdizionali
istruttori  e  decisori  concernenti  singoli   atti   (adozione   di
provvedimenti «semplici e ripetitivi», provvedimenti anticipatori  di
condanna in seguito a non contestazione del  credito,  assunzione  di
testimoni,  attivita'  conciliativa  delle  parti,  liquidazione  dei
compensi agli ausiliari) inerenti  anche  procedimenti  riservati  al
tribunale in composizione  collegiale  «purche'  non  di  particolare
complessita'» (art. 10, comma 11),  ed  in  alcuni  casi  (delimitati
quanto alle materie «non sensibili» ed al ridotto valore della causa)
puo' allo stesso essere delegata anche la «pronuncia di provvedimenti
definitori (art. 10, comma 12, lettera da a) a f) ). 
    I «giudici onorari di pace» destinati all'ufficio per il processo
del  tribunale  possono  essere  assegnatari  di  un  proprio  ruolo,
quantitativamente contingentato (art. 9, comma 4, ed art.  10,  comma
5), con esclusione di determinate materie - di competenza  collegiale
- e dei giudizi di appello avverso i  provvedimenti  del  Giudice  di
pace (art. 11, comma  6),  ed  ancora  possono  essere  «destinati  a
comporre i collegi civili [tranne i collegi in materia fallimentare e
quelli delle sezioni specializzate] e penali  del  tribunale,  quando
sussistono le condizioni di  cui  all'art.  11»,  e  dunque  soltanto
quando: a) si verifichi almeno una  delle  particolari  condizioni  -
descritte nella norma - correlate al numero delle  pendenze  o  delle
sopravvenienze dei procedimenti complessivi  dell'ufficio  ovvero  di
ciascun giudice  professionale,  od  ancora  alla  diminuzione  della
attivita' dei giudici dovuta a «vacanze» ed «assenze non temporanee»,
ed ancora quando b) sussistano situazioni straordinarie e contingenti
alle quali non puo' provvedersi  con  misure  organizzative  diverse.
Tuttavia il provvedimento di destinazione  del  giudice  onorario  ad
integrare la composizione  dei  collegi  non  puo'  essere  adottato,
quanto alla materia civile, per i procedimenti fallimentari e  quelli
attribuiti alle sezioni specializzate; deve osservare il limite della
presenza nel collegio di un unico magistrato onorario ed  al  giudice
onorario possono, comunque, essere assegnati solo i procedimenti  che
risultino pendenti presso il collegio nei dodici mesi dal verificarsi
di una delle condizioni di cui all'art. 11 (art. 12, comma 1). 
    I «giudici onorari di pace», possono altresi', essere destinati a
compiti di «supplenza» «anche nella  composizione  di  collegi»,  nei
casi  di  «assenza  od   impedimento   temporanei»   del   magistrato
professionale, e in presenza di  «specifiche  esigenze  di  servizio»
(art. 13). 
    5.  La  disciplina  normativa  sopra  richiamata  evidenzia   due
esigenze concomitanti: da un  lato  la  «ordinaria»  attribuzione  al
giudice onorario - destinato all'ufficio per il processo - di singole
competenze           preparatorie-strumentali,           istruttorie,
delegate-provvedimentali,  ovvero  -  quando   ricorrano   situazioni
straordinarie e contingenti - l'assegnazione di procedimenti affidati
alla competenza del tribunale in composizione monocratica; dall'altro
la «eccezionale» previsione della assegnazione al giudice onorario di
funzioni giurisdizionali collegiali, oltre che per esigenze meramente
episodiche e temporanee (supplenza)  anche  in  caso  di  vacanze  di
organico o per ragioni  relative  al  complessivo  carico  di  lavoro
dell'ufficio o dei singoli giudici professionali. 
    Il  discrimine   tra   competenze   monocratiche   e   collegiali
corrisponde - come si vedra' di seguito - al canone costituzionale di
cui all'art. 106 Cost. ed alla interpretazione che di esso ha fornito
il Giudice  delle  leggi:  ma  che  appare  sottoposto  ad  integrale
revisione a seguito della introduzione legislativa (decreto-legge  n.
69/2013) del «Giudice ausiliario di appello» (GA) il quale: 
        a) non e' nominato per concorso, ma con decreto del  Ministro
della giustizia previa deliberazione del CSM, in base  alla  verifica
dei requisiti prescritti dalla legge (articoli 63 e 64 ); 
        b) acquisisce «lo stato  giuridico  di  magistrato  onorario»
(art. 72, comma 1, decreto-legge n. 98/2013); 
        c) e' «naturaliter» incardinato (per la durata di anni cinque
prorogatile di altri cinque:  art.  67,  commi  l  e  2)  nell'organo
collegiale, esercitando le relative funzioni giurisdizionali, essendo
chiamato a «definire nel collegio  in  cui  e'  relatore  ...  almeno
novanta procedimenti per anno» (art. 68, comma 1); 
        d) non  incontra  alcun  limite  -  di  materia  o  valore  -
nell'assegnazione dei procedimenti civili (art. 62, comma 1), con  la
eccezione dei soli «procedimenti trattati dalla  Corte  d'appello  in
unico grado» (art. 62, comma 2); 
        e)  interviene  a  comporre  i  collegi,  secondo  la  pianta
organica definita presso  ciascuna  Corte  d'appello  «tenendo  conto
delle pendenze e delle scoperture di organico» (art. 65, comma 1), in
funzione della esigenza di «agevolare la definizione dei procedimenti
civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza secondo  le
priorita' individuate dai presidenti delle Corti  di  appello  con  i
programmi previsti dall'art. 37, comma l, del decreto-legge 6  luglio
2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla legge 15  luglio  2011,
n. 111». 
    6. Orbene, come ripetutamente statuito dal Giudice  delle  Leggi,
«l'invocato art. 106, secondo comma, Cost. rimette alla discrezionale
valutazione del legislatore ordinario se ammettere, o meno, la nomina
di  magistrati  onorari,  con  la  conseguenza  che   tale   facolta'
evidentemente comprende anche  quella  di  stabilire,  con  norme  di
carattere organizzatorio, a quali condizioni e in presenza  di  quali
presupposti  detti  magistrati  debbano  in  concreto  esercitare  le
funzioni loro affidate» (Corte Cost. ordinanza 30 novembre  1988,  n.
1055;  id.  ordinanza  n.  132   del   1989).   Tuttavia   la   Corte
costituzionale nelle  poche  pronunce  che  si  sono  occupate  della
questione  della  nomina  dei   magistrati   onorari,   ha   ritenuto
compatibile con  il  dettato  costituzionale  la  «supplenza»  di  un
magistrato  componente  di  collegio  con  un   magistrato   onorario
(l'originario art. 105  ord.  giud.  consentiva  la  sostituzione  in
mancanza di giudici professionali con il «vice pretore onorario»). 
    In particolare con la sentenza del 7 dicembre 1964 n. 99  (e  con
la successiva ordinanza dichiarativa di manifesta infondatezza del 23
aprile 1965 n. 36) la Corte costituzionale, sollecitata a  verificare
la compatibilita' costituzionale  dell'art.  105  dell'ord.  giud.  -
nella parte in cui consentiva, qualora non fosse dato ricorrere  alla
supplenza mediante altri magistrati professionali,  di  destinare  un
«vice pretore onorario» della stesse sede,  a  comporre  il  collegio
giudicante del Tribunale - ha fornito una interpretazione del comma 2
dell'art. 106 («La legge sull'ordinamento giudiziario puo'  ammettere
la nomina,  anche  elettiva,  di  magistrati  onorari  per  tutte  le
funzioni attribuite a giudici singoli») volta a  distinguere  tra  la
«nomina» attributiva di «status» che ricollega il magistrato onorario
all'Ufficio giudiziario monocratico (al tempo, la Pretura) ed  invece
le funzioni  esercitabili  dal  magistrato  addetto  a  quell'Ufficio
(monocratico) che, se pure soltanto  per  fare  fronte  a  situazioni
temporanee ed eccezionali, possono non  coincidere  con  le  funzioni
monocratiche del pretore, trovando titolo  nel  «conferimento  di  un
incarico di supplenza» (in motivazione: «L'art. 106 stabilisce che le
nomine dei magistrati hanno luogo per concorso: tuttavia, le funzioni
del  giudice  singolo  (pretore  e   conciliatore)   possono   essere
esercitate da magistrati onorari. Questo essendo il significato della
norma in esame, la quale non  tratta  dell'esercizio  delle  funzioni
giudiziarie e tanto meno della attribuzione di funzioni a determinati
organi, non sembra dubbio  che  la  frase:  «per  tutte  le  funzioni
attribuite a  giudici  singoli»  debba  intendersi  come  indicazione
generica dell'ufficio nel quale i magistrati onorari  possono  essere
ammessi ad esercitare funzioni giudiziarie.»), pervenendo in tal modo
ad escludere un «vulnus» al principio della regola  del  concorso  di
cui al comma  1  dell'art.  106  Cost.:  «Anche  senza  tenere  conto
dell'argomento letterale (la frase «tutte le funzioni» comprenderebbe
non soltanto quelle ordinarie, ma anche  le  funzioni  temporanee  ed
eccezionali derivanti da un incarico di supplenza), per  decidere  la
questione, e' sufficiente rilevare che risolvendosi «la nomina» nella
costituzione  dello  stato  giuridico  del   magistrato   nell'ambito
dell'ordinamento  giudiziario,  la  possibilita'  di  un   temporaneo
incarico di supplenza presso un collegio giudicante non  puo'  essere
confusa con un precetto riguardante  detto  «stato».  E  gia'  questa
Corte ha avuto occasione di affermare che i provvedimenti,  i  quali,
per ragioni contingenti, facciano luogo alla temporanea  destinazione
di un magistrato ad una sede oppure ad una funzione diversa da quelle
alle quali  egli  sia  assegnato,  non  incidono  sullo  «stato»  dei
magistrati (sentenza n. 156 del 1963)», tanto piu' che  la  norma  di
cui  all'art.  105  ord.  giud.  «risponde   altresi'   ad   esigenze
eccezionali dell'amministrazione della giustizia, che  si  verificano
soprattutto  nei  piccoli  Tribunali,  nei  quali  non  e'  possibile
talvolta comporre  il  collegio  giudicante  per  -  mancanza  di  un
giudice» (ibidem). 
    Investita  della   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 90 della legge 26 novembre 1990 n.  353  (che  al  comma  5
prevedeva - al fine di esaurire le pendenze alla data 30 aprile  1995
- la  possibilita'  per  il  Presidente  del  tribunale  di  disporre
supplenze dei componenti dei collegi  giudicanti,  con  vice  pretori
onorari, anche in assenza delle condizioni  richieste  dall'art.  105
ord. giud.) la Corte costituzionale nella sentenza 6 aprile  1998  n.
103, e nella successiva ordinanza 12 dicembre 1998 n.  400,  ribadiva
ancora che la differenza tra «nomina» (come attribuzione  di  status)
ed  «assegnazione  precaria»  rendeva  compatibile  l'istituto  della
«supplenza» - ricondotta alla seconda ipotesi - con l'art. 106 Cost.,
evidenziando come il limite di tenuta della norma di  legge  rimaneva
superato  laddove  si  fosse   invece   operata   la   trasformazione
dell'incarico «in un sostanziale incardinamento nell'ufficio,» e  «il
magistrato addetto ad un ufficio monocratico qual e' il vice  pretore
onorario - [fosse stato trasformato] in magistrato appartenente ad un
organo collegiale», superamento che nella specie non si verificava in
considerazione: 
        a) della limitazione della  sostituzione  collegiale  con  un
solo magistrato onorario ed  esclusivamente  per  singole  udienze  o
processi  (come  previsto  dall'allora  vigente  art.  97,  comma  4,
ordinanza giud.); 
        b)  della  necessita'  di  dovere  fare  fronte  a  «esigenze
eccezionali dell'amministrazione della giustizia»  ed  esclusivamente
in via temporanea. 
    7. Osserva il Collegio che la  evoluzione  del  quadro  normativo
esistente al tempo delle  pronunce  della  Corte  costituzionale  non
sembra  privare  di   attualita'   la   questione   di   legittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 106, comma 2, Cost.,  laddove
l'asse portante di quelle decisioni deve essere rinvenuto pur  sempre
nella  distinzione  tra  «provvedimenti  che  attengono  allo   stato
giuridico» e provvedimenti che «per ragioni contingenti  -  volte  ad
assicurare   la   continuita'   e   la   prontezza   della   funzione
giurisdizionale - facciano luogo alla temporanea destinazione  di  un
magistrato ad una sede o ad una  funzione  diversa»  (la  distinzione
tracciata  dalla  sentenza  13  dicembre  1963  n.  156  della  Corte
costituzionale  e'  nella  diversa  natura   dei   provvedimenti   di
assegnazione,   di   carattere   «permanente»    e    di    carattere
«provvisorio»). 
    Le  modifiche  introdotte  all'ordinamento   giudiziario   (regio
decreto 30 gennaio 1941 n. 12) dal decreto  legislativo  19  febbraio
1998 n. 51 (l'art. 42-bis, comma 2, dispone - al tribunale  ordinario
possono essere addetti giudici onorari»: l'art. 43-bis  -  nel  testo
vigente fino alla abrogazione disposta dall'art. 33, comma 1, lettera
a), del decreto legislativo 13 luglio 2017  n.  116  -  disponeva  ai
commi 1 e 2  «I  giudici  ordinari  ed  onorari  svolgono  presso  il
tribunale  ordinario  il  lavoro  giudiziario  loro   assegnato   dal
Presidente del tribunale o, se il tribunale e' costituito in sezioni,
dal presidente o altro magistrato che dirige la  sezione.  I  giudici
onorari di tribunale non possono tenere udienza se non  nei  casi  di
impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.»; l'art. 105 e' stato
inoltre abrogato dall'art. 30, comma 2, del  decreto  legislativo  18
febbraio 1998 n. 51) non hanno, infatti,  modificato,  ne'  avrebbero
potuto,  i  limiti  costituzionali  entro  i  quali  puo'  espandersi
l'impiego del magistrato onorario «per tutte le funzioni attribuite a
giudici singoli». 
    8. Tanto premesso, occorre osservare che le sentenze della  Corte
di legittimita' che si sono occupate della materia, sotto il  profilo
del dedotto vizio  di  nullità-inesistenza  della  sentenza  «per  la
illegittima composizione  del  collegio  giudicante,  avendone  fatto
parte un vice pretore onorario in violazione degli articoli 158 e 161
codice di procedura civile nonche' degli articoli 18 e 21 della legge
11 agosto 1973 n. 533», hanno tutte riconosciuto la legittimita'  dei
provvedimenti di «supplenza» del magistrato  onorario  (vice  pretore
onorario, Giudice onorario di tribunale - GOT) destinato ad integrare
il  collegio  giudicante,  evidenziando  al  riguardo   come   alcuna
limitazione «ratione materiae» fosse stata  introdotta  dalla  legge,
neppure per le controversie di lavoro e di previdenza  ed  assistenza
obbligatorie (cfr. Corte cassazione Sez. L, sentenza n. 11178 del  14
dicembre 1996; id. Sez. L, sentenza n. 26812 del 7 novembre 2008), ma
ribadendo  il  principio  statuito   nelle   sentenze   della   Corte
costituzionale secondo cui, al di fuori dell'assegnazione  temporanea
(supplenza) poteva essere attribuito al magistrato onorario  soltanto
l'esercizio delle  funzioni  attribuite  al  singolo  Giudice  togato
(cosi' Corte cassazione Sez. 3, sentenza n. 12207 del 20 agosto 2003,
in  relazione  a  sentenza  del  Tribunale  pronunciata  dal  giudica
onorario aggregato  -  GOA  -  in  funzione  monocratica;  ed  ancora
relativamente alla  formazione  delle  tabelle  per  la  ripartizione
interna degli affari giurisdizionali, quanto alla assegnazione  delle
procedure  esecutive  ai  giudici  onorari,  secondo  la   previsione
dell'art. 43-bis del regio decreto  30  gennaio  1941,  n.  12,  come
aggiunto dall'art. 10, comma 1, del citato decreto legislativo n.  51
del 1998: Corte cassazione Sez. 3, sentenza n. 5342 del 5 marzo 2009;
ancora  con  riferimento  ai  giudici  onorari  aggregati  presso   i
tribunali - GOA - istituiti dalla legge 22 luglio 1997, n. 276: Corte
cassazione Sez. 3, sentenza n. 19741 del 19 settembre 2014). 
    Non  sembra  percorribile,  pertanto,  una  linea  interpretativa
evolutiva orientata costituzionalmente  alla  «istituzionalizzazione»
id est: al di fuori  di  provvedimenti  eccezionali  di  assegnazione
temporanea  o,  comunque,  limitati  e  circoscritti  ad  uno   scopo
assolutamente peculiare, predeterminato e definito quanto ad  oggetto
e durata  -  dell'assegnazione  ai  magistrati  onorari  di  funzioni
giudicanti riservate ai componenti di organi giudiziari collegiali. 
    9. Non nega il Collegio che una  interpretazione  per  cosi  dire
ampia del comma 2 dell'art. 106 Cost. consentirebbe  di  riferire  il
limite di compatibilita' costituzionale alla  assegnazione  di  tutte
quelle «funzioni» che ciascun magistrato togato  puo'  esercitare  in
quanto tale, in tal modo potendo riconoscersi al magistrato  onorario
le stesse funzioni che vengono  riconosciute  al  singolo  magistrato
professionale in qualita' di «componente» di un organo collegiale: ma
cosi' operando piu' che un  superamento  in  via  di  interpretazione
evolutiva si determinerebbe un aggiramento  del  principio  affermato
nelle precedenti sentenze della Corte costituzionale, secondo cui  il
limite di compatibilita' con l'art. 106,  comma  2,  Cost.  e'  stato
storicamente identificato  con  l'assegnazione  al  giudice  onorario
delle competenze giurisdizionali proprie dell'ufficio giudiziario che
poteva essere assegnato ad un singolo Giudice, e  che  trova  la  sua
ragione  nel  riservare  ai  Giudici  ordinari  che   «costituiscono»
l'Ordine  giudiziario,  la  decisione  delle  questioni  maggiormente
rilevanti, sia dal punto di vista della materia e del valore, sia per
la loro maggiore complessita' e difficolta' tecnica  nella  soluzione
delle questioni giuridiche che vengono in rilievo, tanto valendo  per
il primo grado di giudizio, mentre la funzione  di  «revisio  prioris
istantiae»  riservata  al  grado  impugnatorio,  quale   momento   di
controllo di merito di una precedente decisione  giurisdizionale,  in
quanto  funzione  attribuita  -  originariamente  -  ad   un   organo
collegiale, impediva - proprio alla  stregua  della  assenza  di  una
funzione  giudicante  attribuita  al  Giudice  singolo  -  tanto   la
composizione del collegio unicamente con magistrati  onorari,  quanto
un impiego generalizzato e  stabile  del  magistrato  onorario  quale
componente del collegio. 
    E' bene vero che tale distinzione  veniva  a  svolgere  un  ruolo
discriminante quando esisteva ancora l'ufficio di Pretura (in cui  si
realizzava una piena  coincidenza  tra  le  funzioni  giurisdizionali
assegnate al «singolo»  magistrato  e  la  «competenza»  dell'ufficio
giudiziario), mentre  oggi  tale  coincidenza  si  rinviene  soltanto
nell'ufficio - monocratico - del Giudice di Pace, che pero'  e'  gia'
assegnato per legge ad un magistrato onorario (la legge  21  novembre
1991, n. 374 ha istituito il giudice di  pace,  definito  «magistrato
onorario appartenente all'ordine giudiziario»: art. 1 comma  2),  con
la conseguenza che l'abolizione  dell'ufficio  giudiziario  «singolo»
rendeva attuale la esigenza  di  attribuire  una  diversa  estensione
semantica  al  sintagma  «tutte  le  funzioni  attribuite  a  giudici
singoli», tenuto conto che negli altri uffici giudiziari  (Tribunale;
Corte   d'appello)   la   funzione    giudicante    era    esercitata
collegialmente: non si trattava quindi di uffici giudiziari assegnati
a «singoli» giudici. 
    La difficolta' esegetica poteva, tuttavia, ritenersi  accantonata
in seguito alla istituzione del Giudice unico di  tribunale  (decreto
legislativo  n.  51/1998),  atteso  che  numerose  delle   competenze
dell'ufficio  giudiziario-Tribunale  venivano  a   concentrarsi   nel
singolo giudice che, esercitando le funzioni decisorie  monocratiche,
si immedesima nell'ufficio giudiziario stesso. La riforma legislativa
del 1998 veniva, infatti, a scindere le funzioni collegiali da quelle
monocratiche attribuite ai magistrati assegnati al  medesimo  ufficio
giudiziario (art. 50-bis - 50-quater codice di procedura civile della
Sezione VI-bis, Capo I, Titolo  I,  Libro  I,  del  codice  di  rito,
introdotti dall'art. 56 del decreto legislativo 19 febbraio 1998,  n.
51: articoli 281-bis - 281-nonies codice  di  procedura  civile  Capo
III-bis e ter, Titolo I, Libro II, del  codice  di  rito,  introdotti
dall'art.  68  del  medesimo   decreto   legislativo):   proprio   la
separazione  di  tali  funzioni  all'interno  del  medesimo   ufficio
giudiziario,  consentiva,  pertanto,   di   individuare   ancora   il
discrimine posto dalla norma costituzionale all'impiego  del  giudice
onorario,  nella  assegnazione   esclusivamente   dell'esercizio   di
funzioni monocratiche attribuite al «singolo giudice» togato, in  tal
modo essendo state interpretate ed avendo trovato applicazione  nella
prassi  organizzativa,  nonostante  l'assenza  di  espressi   divieti
concernenti  l'esercizio  delle  funzioni  collegiali  da  parte  dei
giudici onorari, le disposizioni  dell'art.  43-bis  dell'ordinamento
giudiziario   (nel   testo   emendato   dall'ultima   modifica    del
decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 convertito con modificazioni dalla
legge 5 giugno 2000, n. 144, e successivamente abrogate dell'art. 33,
comma l, lettera a) del decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116). 
    10. Come e' stato precedentemente anticipato, risulta  del  tutto
evidente che, se si abbandona il  criterio  della  coincidenza  della
«funzione  attribuita  al  singolo  magistrato»  con  la  «competenza
dell'ufficio  giudiziario  monocratico»,  e  se  si   sposta   invece
l'attenzione  dall'«ufficio  giudiziario»  (attribuito   al   singolo
giudice) esclusivamente alle «funzioni  giudiziarie»  esercitate  dal
singolo giudice (non limitate soltanto a  quelle  giudicanti),  viene
immediatamente in rilievo che  anche  il  magistrato  assegnato  alla
Corte  d'appello  esercita  «singolarmente»   la   propria   funzione
giurisdizionale, sia nel caso di delega delle  funzioni  istruttorie,
sia attraverso  la  partecipazione  alla  funzione  deliberativa  del
collegio, dovendo  quindi  trarsene  la  logica  conseguenza  che  al
magistrato  onorario,  possono  essere  attribuite  indifferentemente
tutte le funzioni attribuite al singolo magistrato professionale,  ed
in  particolare  puo'  essere  concesso  anche  di  partecipare  «uti
singulo» al collegio (analogamente a quanto e' pacificamente previsto
in  relazione  alla  «supplenza»  del  componente  professionale  del
collegio temporaneamente impedito), con l'unico  limite,  forse,  del
divieto  della  costituzione  di  un  organo  giudiziario  collegiale
composto esclusivamente - o prevalentemente - da  magistrati  onorari
(tale limitazione e' tradizionalmente ribadita da  tutte  le  riforme
legislative in materia di magistratura onoraria: art.  68,  comma  1,
decreto-legge n. 69/2013; art. 12, comma 1, terzo alinea del  decreto
legislativo n. 116/2017 e riflette - con  riferimento  alle  funzioni
giudiziarie esercitabili dal magistrato non assunto  per  concorso  -
quella stessa esigenza, strumentale all'affermazione  della  garanzia
della precostituzione del giudice  naturale  ex  art.  25  Cost.  cui
provvedono in caso di supplenza  e  di  applicazione  dei  magistrati
professionali gli art. 97, comma 4, -  «E'  vietato  l'intervento  in
ciascuna sezione di piu' di un supplente estraneo al  collegio»  -  e
110, comma 6, - «Non puo' far parte di un collegio giudicante piu' di
un magistrato applicato» - del regio decreto n. 12/1941). 
    Una tale soluzione - praticabile in relazione ad istituti volti a
provvedere esigenze di carattere temporaneo e che non possono  essere
altrimenti soddisfatti  -  non  sembra  collimare,  tuttavia,  con  i
principi trasmessi dalle pronunce sopra richiamate del Giudice  delle
leggi. Ed infatti, anche a ritenere superata la tesi secondo  cui  il
limite imposto all'impiego della magistratura onorario dall'art. 106,
comma 2, Cost. debba essere riferito  alle  competenze  assegnate  al
giudice  cui  e'  affidato  un  «ufficio  giudiziario   monocratico»,
estendendo quindi la piena corrispondenza delle funzioni esercitabili
dal giudice onorario a tutte quelle esercitabili dal singolo  giudice
professionale, permane sempre  la  necessita'  di  riconoscere,  alla
stregua della norma costituzionale, quella fondamentale alterita' tra
la figura professionale e quella  onoraria  del  magistrato,  che  si
riflette anche sul piano dell'esercizio delle  funzioni  giudiziarie,
in quanto espressione costitutiva ed  identificativa  dello  «status»
del magistrato (Corte cost., sentenza  13  dicembre  1963,  n.  156).
Pertanto, anche a non incontrare ostacoli nella nomina di  magistrati
onorari all'esercizio di tutte  le  funzioni  attribuite  al  singolo
giudice professionale, ivi incluse quelle esercitate  collegialmente,
tuttavia rimane ineludibile, se si vuole salvaguardare l'applicazione
del precetto costituzionale, il  carattere  meramente  temporaneo  di
detta assegnazione, diversamente venendosi a costituire  mediante  un
impiego «generalizzato e stabilizzato» del  magistrato  onorario  una
figura parallela di giudice che si affianca  a  quello  professionale
esercitando gli stessi poteri e le  stesse  competenze  degli  uffici
giudiziari nei quali e' incardinato. 
    Al riguardo appaiono  del  tutto  condivisibili  le  osservazioni
formulate -  con  riferimento  allo  schema  di  decreto  legislativo
attuativo della legge delega 28 aprile 2016 n.  57  -  dal  Consiglio
Superiore della Magistratura nel parere  approvato  con  delibera  15
giugno 2017, secondo cui non  potrebbe  darsi,  neppure  seguendo  un
percorso ermeneutico  evolutivo,  una  totale  piena  equiparabilita'
della magistratura onoraria  a  quella  professionale  nell'esercizio
delle   funzioni   giudiziarie:   «Va   infatti    considerato    che
l'attribuzione di competenze cosi significative, sul piano tecnico ed
economico, come quelle previste dalla legge delega  e  dallo  schema,
presuppone livelli di professionalita' mediamente propri del  giudice
togato (selezionato sulla base di  complessa  procedura  concorsuale,
che svolge il lavoro di magistrato a tempo pieno ed esclusivo  ed  e'
sottoposto a quadriennali valutazioni di  professionalita'  e  ad  un
sistema disciplinare piu' articolato e penetrante di quello  previsto
per i giudici onorari). Non puo' poi sottacersi che l'affidamento  di
controversie di non  banale  livello  tecnico  ed  economico  postula
l'attribuzione, al magistrato  che  le  istruisce  e  soprattutto  le
giudica, di uno status che, anche sul piano della percezione sociale,
fornisca nel complesso adeguate  garanzie  in  ordine  alla  qualita'
della risposta giurisdizionale.  Sotto  questo  profilo,  non  appare
ragionevole assegnare cause  di  valore  economico  cosi'  elevato  a
magistrati che non esercitano l'attivita'  in  via  esclusiva  ed  ai
quali e'  riservato  un  livello  retributivo  modesto,  come  quello
delineato a regime dallo schema». 
    11. Se la deroga alle previsioni degli articoli 102, comma  1,  e
106, comma  1,  Cost.,  mediante  l'intervento  nell'esercizio  delle
funzioni giudiziarie  di  soggetti  che  non  costituiscono  l'Ordine
giudiziario, puo' trovare certamente  bilanciamento  in  esigenze  di
natura  organizzativa  degli  uffici  giudiziari,  anch'esse   aventi
fondamento  costituzionale  (art.  97  Cost.),  e  nella  conseguente
applicazione di misure atte a garantirne  il  funzionamento,  non  e'
dubbio allora che sia assolutamente imprescindibile  circoscrivere  i
limiti entro i quali e' consentito l'impiego del magistrato  onorario
nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali demandate al magistrato
professionale, ovverossia individuare in relazione a quali interessi,
anch'essi   di   rilevanza   costituzionale,   possa   operarsi    il
bilanciamento in esito al quale l'art. 106, comma  1,  Cost.  diviene
recessivo. 
    Nelle richiamate pronunce della Corte costituzionale la questione
era venuta in  considerazione  sotto  l'aspetto  dell'istituto  della
«supplenza» e della «applicazione»  i  cui  elementi  caratterizzanti
erano forniti: 1 - dall'urgenza  ed  eccezionalita'  del  provvedere,
onde non interrompere il funzionamento del servizio o dell'organo;  2
- dalla temporaneita' dell'intervento sostitutivo. 
    Pertanto non confliggono con  gli  articoli  25  e  107  Cost.  i
provvedimenti «provvisori» adottati «in via contingente e temporanea»
per ragioni «volte ad assicurare la continuita' e la prontezza  della
funzione giurisdizionale» in  dipendenza  dei  «vuoti  (permanenti  o
temporanei)  determinatisi  negli  organi  giudiziari  (a  causa   di
decessi, promozioni, trasferimenti, ecc., o, rispettivamente, a causa
di infermita', di congedi e di altri impedimenti temporanei)»  (Corte
Cost. n.  156/1963,  citata,  con  riferimento  agli  istituti  della
applicazione e della  supplenza  di  magistrati  professionali).  Non
confligge con l'art. 106 Cost. il conferimento  ad  un  vice  pretore
onorario  di  un  incarico  di  mera  supplenza  presso   un   organo
collegiale, in quanto non determina una investitura  dello  «status»,
laddove il provvedimento sia temporaneo e venga emesso  per  «ragioni
contingenti» quali l'impossibilita' di costituire presso  un  piccolo
tribunale il collegio giudicate per mancanza di  un  giudice,  ed  il
magistrato onorario sia chiamato in sostituzione «per singole udienze
o singoli processi» (Corte cost. sentenza, 7 dicembre 1964,  n.  99).
Viene esclusa la  violazione  dell'art.  106,  comma  1  e  2,  Cost.
qualora, in presenza di  «esigenze  eccezionali  dell'amministrazione
giudiziaria» (nella specie per sopperire allo scopo  dell'esaurimento
delle controversie civili pendenti alla data del 30 aprile 1995: art.
90  della  legge  26  novembre  1990  n.  353),  si  faccia  luogo  a
provvedimento di assegnazione provvisoria (supplenza)  di  magistrati
onorari in  organi  collegiali,  sempre  che,  per  non  «trasformare
l'incarico temporaneo in un sostanziale incardinamento nell'ufficio»,
sia prevista «la chiamata dei vice  pretori  per  singole  udienze  o
singoli processi» e la supplenza  sia  limitata  nel  tempo,  essendo
recuperata in tal caso la garanzia di imparzialita' di  cui  all'art.
97 Cost. attraverso gli istituti della astensione e  ricusazione,  in
quanto ritenuti «rimedi bastevoli ... stante  l'occasionalita'  delle
funzioni espletate» (Corte cost. sentenza, 6  aprile  1998,  n.  103;
Corte cost. ordinanza, 12 dicembre 1998, n. 400). 
    12. Orbene la normativa del decreto-legge n.  69/2013  sospettata
di incostituzionalita' non sembra rispondere  ad  alcuno  dei  limiti
inderogabili posti dalla giurisprudenza costituzionale: 
        a)  non  risponde  al  criterio   della   «eccezionalita'   e
contingenza della esigenza organizzativa» che richiede l'assegnazione
provvisoria dell'incarico al magistrato onorario: l'art. 62, comma 1,
del  decreto-legge  individua  lo  scopo   generale   dell'intervento
legislativo nell'«agevolare la definizione  dei  procedimenti  civili
compresi quelli in materia di lavoro e previdenza», dunque si  tratta
di uno scopo genericamente acceleratorio,  ribadito  anche  dall'art.
68, comma 2, che specifica l'obiettivo da  raggiungere,  declinandolo
in termini di incremento della produttivita' («il giudice  ausiliario
deve definire nel collegio in cui e' relatore e a norma dell'art. 72,
comma 2, almeno novanta procedimenti per anno ...»), e che emerge  in
modo inequivoco dalla relazione  di  accompagnamento  al  disegno  di
legge n. 1248 della XVII Legislatura, in cui  viene  in  evidenza  la
«necessita'» - che non riveste carattere meramente contingente ma che
si palesa cronica e generalizzata - di  «garantire  un  significativo
apporto in  termini  di  smaltimento  dell'arretrato  -  al  fine  di
realizzare lo scopo di primaria  importanza  di  «ridurre  la  durata
della causa» ed i tempi di definizione del processo. Tale essendo  lo
scopo  dell'intervento  legislativo,  difetta  del  tutto  l'elemento
cronologico  fondamentale  che  circoscrive  la  durata  dell'impiego
sostitutivo-integrativo del giudice onorario nella  composizione  dei
collegi giudicanti, rendendolo compatibile con l'art. 106 comma 1 e 2
Cost., non essendo individuato, neppure «per relationem»,  un  limite
temporale da osservare in funzione della risoluzione della situazione
«eccezionale di emergenza», diversamente da quanto, invece, era stato
previsto nel caso dei  provvedimenti  di  «supplenza  extra  ordinem»
disciplinati dall'art.  90  della  legge  n.  353/1990,  per  cui  la
situazione di eccezionalita' e la efficacia  di  detto  provvedimento
veniva in ogni caso a cessare, secondo quanto disposto dalla legge 22
luglio 1997 n. 27, con l'introduzione delle  nuove  sezioni  stralcio
del tribunale; e diversamente anche dalla stessa legge n. 27/1997 che
aveva  disposto  la  nomina  di  giudici  onorari  aggregati   (GOA),
costituiti in sezioni stralcio allo scopo di «definire i procedimenti
civili pendenti davanti al tribunale alla data del 30  aprile  1995»,
con esclusione di quelli gia' assunti in decisione e di quelli per  i
quali e' prevista riserva di  collegialita'  (art.  1,  primo  comma,
della legge), circoscrivendo quindi l'ambito  oggettivo  delle  cause
destinate ai giudici  onorari  e,  per  relationem,  anche  il  tempo
dell'intervento sostitutivo; 
        b) non risponde al  criterio  della  temporaneita'  o  meglio
provvisorieta'  del  provvedimento  di  assegnazione  del  magistrato
onorario: il presidente della Corte d'appello, infatti, «assegna alle
diverse sezioni» dell'ufficio giudiziario - ex articoli 65, comma  4,
e 66 del decreto-legge - il giudice ausiliario, il quale e' collocato
«nella pianta organica ad  esaurimento»  con  indicazione  dei  posti
disponibili presso ciascuna Corte territoriale (art. 65, comma 1)  ed
acquisisce «lo stato giuridico  di  magistrato  onorario»  (art.  72,
comma 1). L'assegnazione del giudice onorario ausiliario  all'ufficio
collegiale con attribuzione di tutti i poteri riservati al magistrato
professionale, senza  alcuna  previsione  di  un  termine  di  durata
relazionato alla esigenza organizzativa non  altrimenti  risolvibile,
viene a commutarsi in una sostanziale nomina attributiva  di  status,
come tale incompatibile con l'art. 106 commi 1 e 2 Cost.; 
        c) non risponde ancora  al  criterio  della  «provvisorieta'»
dell'assegnazione dell'incarico collegiale: la  durata  della  nomina
del GA che e' stata fissata in  cinque  anni  prorogabile  per  altri
cinque (art. 67, comma 1 e 2), e dunque per un tempo  complessivo  di
gran lunga  eccedente  il  triennio  previsto  per  tutti  gli  altri
magistrati onorari  e  pari  allo  stesso  periodo  massimo  previsto
tabellarmente per i magistrati  professionali  nella  permanenza  nel
medesimo ufficio. Non e' dato, pertanto,  ravvisare  l'indispensabile
requisito   di   «occasionalita'»   dell'esercizio   delle   funzioni
giudiziarie che, soltanto, impedisce di riconoscere nel provvedimento
di assegnazione - secondo la richiamata giurisprudenza costituzionale
-  uno  «stabile  inserimento»  del  giudice  onorario   nell'ufficio
giudiziario o nell'organo collegiale cui  e'  stato  destinato,  come
avviene per i magistrati professionali con la nomina e l'assegnazione
di  «status»:  il  decennale  esercizio   di   funzioni   giudiziarie
collegiali da parte del giudice ausiliario presso  la  sezione  della
Corte d'appello cui e' stato  assegnato,  lo  converte,  infatti,  in
componente fisso del collegio giudicante, competente a  pieno  titolo
alla trattazione  di  tutti  i  procedimenti,  senza  limitazioni  di
materia  o  valore,  assegnati  a   quella   sezione   (con   l'unica
limitazione, prevista in via generale  dall'art.  62,  comma  2,  del
decreto-legge dei «procedimenti trattati  dalla  Corte  d'appello  in
unico grado»), e con la costituzione di un proprio «ruolo»  di  cause
delle quali e' nominato relatore,  venendo  in  tal  modo  del  tutto
disatteso il criterio, indicato dal  Giudice  delle  leggi,  volto  a
delimitare oggettivamente l'incarico affidato  al  giudice  onorario,
attraverso la limitazione della applicazione  al  collegio  «per  una
singola udienza o un singolo processo», che appunto in considerazione
della eccezionalita' e temporaneita'  della  assegnazione  renderebbe
compatibile con l'art. 106, comma 1 e 2  Cost.  il  provvedimento  di
incarico all'esercizio delle funzioni collegiali. 
    13. Conclusivamente gli  articoli  62  (Finalita'  ed  ambito  di
applicazione), comma 1, 65 (Pianta organica  dei  giudici  ausiliari.
Domande per la nomina a giudici ausiliari), commi 1 e 4, 66 (Presa di
possesso), 67 (Durata dell'incarico), commi l  e  2,  68  (Collegi  e
provvedimenti. Monitoraggio), comma  1,  e  72  (Stato  giuridico  ed
indennita'),  comma  1  del  decreto-legge  21  giugno  2013  n.  69,
convertito con modificazioni nella legge 9 agosto  2013  n.  98,  non
risultano  coerenti  con  le  norme  costituzionali  -   cosi'   come
interpretate dalla giurisprudenza  del  Giudice  delle  Leggi  -  che
riservano l'esercizio della funzione  giurisdizionale  ai  magistrati
ordinari nominati per concorso (articoli 102, comma 1, e  106,  comma
1, Cost.), limitando l'accesso - da effettuarsi anche mediante nomina
elettiva - di  magistrati  onorari  soltanto  «a  tutte  le  funzioni
attribuite a giudici singoli» (art. 106, comma 2,  Cost.),  rimanendo
in  conseguenza   esclusa   l'assegnazione   del   giudice   onorario
all'esercizio delle funzioni giurisdizionali esercitate dagli  organi
collegiali, salva la possibilita' di sostituzioni od integrazioni dei
collegi, disposte con provvedimenti  provvisori,  in  conseguenza  di
situazioni organizzative temporanee ed eccezionali tali che, a  causa
di vacanze di organico od impedimenti del  magistrato  professionale,
ne impediscano la composizione ed il regolare funzionamento. Non puo'
non evidenziarsi, al proposito, la palese difformita' in cui le norme
del decreto-legge si atteggiano rispetto alle successive ben  diverse
soluzioni  adottate  -  proprio  in  relazione  all'esercizio   delle
funzioni collegiali  ed  all'esercizio  delle  funzioni  nei  giudizi
impugnatori - dal decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116  che  se,
da un lato, esclude che al giudice onorario addetto  all'ufficio  per
il processo possano essere assegnati «i procedimenti di  impugnazione
avverso i provvedimenti del giudice di pace» (art. 11,  comma  6,  n.
2), dall'altro, limita l'accesso del  giudice  onorario  agli  organi
collegiali civili solo quando sussistono  particolari  condizioni  di
emergenza organizzativa circoscrivendone l'attivita' alla trattazione
dei soli giudizi gia' pendenti al  momento  dell'assegnazione  e  con
esclusione della materia fallimentare e  di  quelle  attribuite  alle
sezioni specializzate (art. 12). 
    Pertanto la eccezione di illegittimita' costituzionale  sollevata
dalla parte ricorrente, in  relazione  al  parametro  dell'art.  106,
comma 2, Cost., oltre che rilevante ai  fini  della  decisione  della
causa, deve essere ritenuta non manifestamente infondata, non essendo
possibile  -  a  giudizio  di  questa  Corte   -   salvaguardare   la
compatibilita'  costituzionale  delle  norme  di   legge   denunciate
attraverso  una  soluzione  ermeneutica  «orientata»   dell'enunciato
«tutte le finzioni attribuite a giudici singoli» contenuto nel  comma
secondo dell'art. 106, volta  a  riconoscere  la  piena  ed  assoluta
identita'  di  funzioni  giudiziarie  esercitabili   dal   magistrato
professionale  e  da  quella  onorario,  posto  che  tale   soluzione
ermeneutica  renderebbe  priva  di  autonoma  portata  precettiva  la
disposizione della norma costituzionale  indicata  a  parametro,  con
evidenti riflessi anche sulla portata sistematica  che  deve  essere,
invece, riconosciuta al combinato disposto dal primo comma  dell'art.
102 Cost. con il primo comma  dell'art.  106  Cost.,  da  cui  emerge
l'ineludibile  opzione  del   Costituente   che   l'esercizio   della
giurisdizione venga affidato  in  via  generale  ai  soli  magistrati
professionali. 
    14. Manifestamente infondata  e'  invece  la  medesima  questione
sollevata in relazione agli articoli 3, 25, comma 1, e 111, comma  2,
della Costituzione. 
    La  ingiustificata  disparita'  di   trattamento   intesa   quale
applicazione a situazioni identiche di norme regolatrici  differenti,
e' ipotesi che esula dalla censura prospettata dal ricorrente secondo
cui  la  irragionevolezza   delle   norme   sul   giudice   ausiliaro
discenderebbe  dalle  altre  norme  di  legge  che  disciplinano   la
magistratura onoraria tra cui l'art. 43-bis ord. giud. ed il  decreto
legislativo n.  116/2017,  atteso  che  le  norme  del  decreto-legge
trovano eguale applicazione a tutte indifferentemente le controversie
devolute alla competenza delle Corti  d'appello:  essendo  appena  il
caso di aggiungere  che  -  laddove  fosse  in  ipotesi  ritenuta  la
compatibilita' delle norme di legge con l'art. 106, comma 2  Cost.  -
l'assunto del ricorrente di un ingiustificato diverso trattamento tra
le cause assegnate in Corte d'appello al relatore professionale od  a
quello onorario od ancora tra  le  cause  assegnate  ad  un  collegio
composto di soli magistrati professionali o invece composto anche  da
un giudice onorario, sarebbe smentito sia  dall'esercizio  collegiale
della funzione giudicante,  alla  quale  concorrono  anche  -  ed  in
composizione  prevalente  -  i  magistrati  professionali;  sia   dai
meccanismi di controllo  di  qualita'  della  decisione,  interni  ed
esterni al collegio (deliberazione a maggioranza; verifiche  relative
alla diligenza del magistrato onorario) che impediscono di attribuire
una diversa «valenza» ai provvedimenti  definitori  a  seconda  della
composizione dei collegi giudicanti. 
    La garanzia del giudice precostituito per legge non va incontro a
lesione, laddove l'assegnazione al collegio  del  giudice  ausiliario
non  e'  disposta  in  vista  della  celebrazione  di  uno  specifico
processo, in quanto le disposizioni censurate non comportano  deroghe
alla competenza dell'ufficio giudiziario e rientrano tra  quelle  che
compongono  il  quadro  normativo  dal  quale  desumere   le   regole
prefissate dalla legge  secondo  criteri  oggettivi  e  generali  per
l'identificazione  del  giudice  competente,   non   sussistendo   la
denunciata violazione dell'art. 25, primo comma, della  Costituzione,
in quanto «la garanzia del giudice naturale non  e'  lesa  quando  il
giudice sia stato designato in modo non arbitrario ne' a  posteriori,
oppure  direttamente  dal  legislatore  in  conformita'  alle  regole
generali, ovvero attraverso atti  di  soggetti  ai  quali  sia  stato
attribuito il relativo potere nel rispetto  della  riserva  di  legge
stabilita dall'art. 25, primo comma, della Costituzione (cfr.,  oltre
alla gia' richiamata ordinanza n. 152 del 2001, sentenza n.  419  del
1998 e ordinanza n. 159 del 2000) ...»  (Corte  Cost.  ordinanza,  15
marzo 2002, n. 63). 
    Inconsistente poi il denunciato vulnus  all'art.  111,  comma  2,
Cost.,  neppure  peraltro  argomentato,  prevedendo  le   norme   del
decreto-legge  l'applicazione  anche  al  magistrato  onorario  degli
istituti dell'obbligo di astensione e della ricusazione. 
    15. In conclusione va disposta la trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale apparendo rilevante e non manifestamente fondata
la questione di legittimita' costituzionale delle norme di  cui  agli
articoli 62 (Finalita'  ed  ambito  di  applicazione),  comma  1,  65
(Pianta organica dei giudici  ausiliari.  Domande  per  la  nomina  a
giudici ausiliari), commi 1 e 4, 66 (Presa di possesso),  67  (Durata
dell'incarico),  commi  1  e  2,   68   (Collegi   e   provvedimenti.
Monitoraggio), comma 1, e 72 (Stato giuridico ed  indennita'),  comma
1,  del  decreto-legge  21  giugno  2013  n.   69,   convertito   con
modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98,  nella  parte  in  cui
conferiscono al «giudice ausiliario» lo «status»  di  componente  dei
collegi nelle sezioni in cui e' articolata  la  Corte  d'appello,  in
relazione ai parametri di cui all'art. 106  comma  2  Cost.  ed  agli
articoli 102 comma 1, e 106 comma l Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza; 
    Solleva questione di legittimita' costituzionale  degli  articoli
62, comma 1, 65 commi 1 e 4, 66, 67 commi 1 e 2,  68,  comma  1,  72,
comma 1, del decreto-legge 21  giugno  2013  n.  69,  convertito  con
modificazioni nella legge 9 agosto 2013 n. 98, siccome  in  contrasto
con gli articoli 102 comma 1, 106 comma 1 e 2 della Costituzione. 
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e che la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore generale
presso la Corte di cassazione nonche' al Presidente del Consiglio dei
Ministri e che sia anche comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
del Parlamento. 
        Roma, 18 giugno 2019 
 
                       Il Presidente: Amendola