N. 140 ORDINANZA 19 maggio - 6 luglio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione Veneto  -  Armonizzazione  del
  trattamento economico del  personale  transitato  nei  ruoli  della
  Regione  -  Rideterminazione  della  dotazione  dei  fondi  per  il
  trattamento accessorio del  personale  e  per  la  retribuzione  di
  posizione e di risultato del personale con  qualifica  dirigenziale
  della  Giunta  regionale  -  Ricorso  del  Governo   -   Denunciata
  violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale   in
  materia di ordinamento civile e  del  principio  di  eguaglianza  -
  Manifesta inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Veneto 4 ottobre 2018, n. 31, artt. 1, 2,  3  e
  4. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l). 
(GU n.28 del 8-7-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e
4  della  legge  della  Regione  Veneto  4  ottobre   2018,   n.   31
(Armonizzazione  dei  fondi  del   personale   regionale   ai   sensi
dell'articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre  2017,  n.  205),
promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 10-17 dicembre 2018, depositato in  cancelleria  il  18
dicembre 2018,  iscritto  al  n.  85  del  registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  4,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito il Giudice relatore Giulio Prosperetti ai sensi del decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  19
maggio 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 19 maggio 2020. 
    Ritenuto che, con ricorso notificato il  10-17  dicembre  2018  e
depositato il successivo 18 dicembre 2018 (reg. ric. n. 85 del 2018),
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato,  ha  promosso,  in  riferimento
agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e  3  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt.  1,  2,  3  e  4
della legge della Regione  Veneto  4  ottobre  2018,  n.  31  recante
«Armonizzazione  dei  fondi  del   personale   regionale   ai   sensi
dell'articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205»; 
    che, ad avviso del ricorrente, le norme impugnate, rideterminando
il fondo per il trattamento accessorio  del  personale  della  Giunta
regionale e il fondo per la retribuzione di posizione e di  risultato
del personale con qualifica dirigenziale della Giunta regionale  alla
data del 1° gennaio 2018, si porrebbero in contrasto  con  l'art.  l,
comma 800,  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2018-2020) che, al fine di consentire  la
progressiva armonizzazione del trattamento  economico  del  personale
delle Citta' metropolitane  e  delle  Province  transitato  in  altre
amministrazioni pubbliche, attribuisce  agli  enti  presso  cui  tale
personale e' transitato il potere di incrementare i  fondi  destinati
al relativo trattamento economico accessorio,  ma  subordinandolo  al
rispetto dei requisiti individuati dal  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, previsto dall'art. 23, comma 4,  del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e  integrazioni
al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli
16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1,
lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o),  q),  r),  s)  e  z),
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche»; 
    che detto d.P.C.m. non era ancora stato  adottato  alla  data  di
entrata in vigore delle norme regionali impugnate; 
    che,  pertanto,  ad  avviso  del  ricorrente,   le   disposizioni
regionali, non essendo state emanate in conformita' ai requisiti  che
avrebbe dovuto stabilire il d.P.C.m. previsto dall'art. 23, comma  4,
del d.lgs. n. 75 del  2017,  violerebbero  sia  l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  l),  Cost.,  il  quale   riserva   alla   competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile,
in cui rientra anche la regolamentazione dei profili retributivi  del
rapporto di lavoro del  personale  regionale,  che  l'art.  3  Cost.,
stante il diverso e ingiustificato trattamento accessorio  attribuito
ai dipendenti regionali rispetto a quello previsto per il  personale,
nella   medesima   posizione   lavorativa,   di    altre    pubbliche
amministrazioni; 
    che, con atto depositato il 29 gennaio 2019, si e' costituita  in
giudizio   la   Regione   Veneto   chiedendo   che   sia   dichiarata
l'inammissibilita' o, comunque,  l'infondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale; 
    che, successivamente alla proposizione del ricorso con  il  quale
sono  state  promosse   le   presenti   questioni   di   legittimita'
costituzionale, e' stato approvato ed e' entrato in vigore il decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2019 (Disposizioni,
in via sperimentale, sul  trattamento  accessorio  del  personale  in
servizio  presso  le  regioni  a  statuto  ordinario  e   le   Citta'
metropolitane); 
    che il 26  agosto  2019  la  Regione  Veneto  ha  depositato  nel
giudizio  una  memoria  integrativa  con  cui  ha  sostenuto  che  la
sopravvenienza del summenzionato decreto avrebbe fatto venir meno  le
ragioni poste dal Presidente del Consiglio dei ministri a  fondamento
del ricorso o, comunque, determinato la cessazione della materia  del
contendere; 
    che, in prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione  Veneto  ha
depositato un'ulteriore memoria, nella quale ha ribadito  le  proprie
conclusioni in ordine alla  ritenuta  cessazione  della  materia  del
contendere e, comunque, sull'inammissibilita'  e  infondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale proposte dal Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    Considerato che il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
promosso, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e
3 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 1, 2, 3 e 4 della legge della Regione Veneto 4 ottobre 2018, n.
31  (Armonizzazione  dei  fondi  del  personale  regionale  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205); 
    che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto del  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  8  marzo  2019  (Disposizioni,  in  via
sperimentale, sul trattamento accessorio del  personale  in  servizio
presso le regioni a statuto ordinario e le Citta' metropolitane),  la
Regione  Veneto,  costituita  in  giudizio,  ha  sostenuto   che   la
sopravvenienza del summenzionato decreto avrebbe fatto venir meno  le
ragioni poste a fondamento del ricorso o,  comunque,  determinato  la
cessazione della materia del contendere; 
    che e' costante orientamento di questa Corte che la  materia  del
contendere  «cessa  solo  se  lo  ius   superveniens   ha   carattere
satisfattivo  delle  pretese  avanzate  con  il  ricorso  e   se   le
disposizioni censurate non hanno avuto  medio  tempore  applicazione»
(sentenza n. 68 del 2018; nello stesso senso, tra  le  piu'  recenti,
sentenze n. 140, n. 44 e n. 38 del 2018); 
    che il  d.P.C.m.  menzionato  non  ha  comportato  l'abrogazione,
sostituzione  o  modificazione  delle   disposizioni   impugnate   o,
comunque, inciso in alcun modo sui termini delle questioni proposte; 
    che, pertanto, essendo escluso nel caso in questione il carattere
satisfattivo della normativa sopravvenuta, non puo' essere dichiarata
la cessazione della materia del contendere sul ricorso; 
    che e' principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte
che  il  ricorso  in  via  principale  non  solo  «deve  identificare
esattamente la questione nei suoi termini normativi»,  indicando  «le
norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto  di
compatibilita'  o  incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della
questione di costituzionalita'», ma deve,  altresi',  «contenere  una
seppur sintetica argomentazione di merito a sostegno della  richiesta
declaratoria  di  incostituzionalita'  della  legge»,  ponendosi   la
esigenza di una adeguata motivazione a supporto della impugnativa «in
termini perfino piu' pregnanti nei  giudizi  diretti  che  in  quelli
incidentali» (sentenze n. 139 del 2006  e  n.  450  del  2005;  nello
stesso senso, sentenze n. 232 del 2019, n. 152 del 2018 e n. 107  del
2017); 
    che  il  ricorso  introduttivo   del   presente   giudizio,   pur
identificando i parametri costituzionali e le disposizioni  regionali
impugnate, risulta generico nella  motivazione  delle  ragioni  della
proposizione  delle  questioni,  limitandosi  a  denunciare  in  modo
meramente assertivo la lesione della competenza legislativa esclusiva
dello Stato in materia dell'ordinamento civile e  senza  indicare  la
disposizione assunta quale tertium comparationis  in  relazione  alla
denunciata violazione dell'art. 3 Cost.; 
    che da  cio'  consegue  la  assoluta  genericita'  delle  censure
prospettate, in contrasto con la necessita', piu' volte  sottolineata
da questa Corte, che il ricorrente svolga specifiche argomentazioni a
sostegno delle proprie doglianze; 
    che,  alla  luce  delle  evidenziate  carenze  del  ricorso,   le
questioni   promosse    debbono,    pertanto,    essere    dichiarate
manifestamente inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge della
Regione Veneto 4 ottobre 2018, n. 31 (Armonizzazione  dei  fondi  del
personale regionale ai sensi dell'articolo 1, comma 800, della  legge
27 dicembre 2017, n. 205), promosse dal Presidente del Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e
3 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA