N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2020
Ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Macerata nel procedimento penale a carico di M. G. emessa il 15 gennaio 2020. Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di emissione di decreto penale per ritenuta diversita' del fatto - Incompatibilita' a pronunciarsi su una nuova richiesta di emissione di decreto penale avanzata dal pubblico ministero in conformita' ai rilievi precedentemente formulati dal giudice - Mancata previsione. - Codice di procedura penale, art. 34, comma 2.(GU n.34 del 19-8-2020 )
In data 5.11.19 il pubblico ministero chiedeva emettersi decreto penale nei confronti di M G per il reato di cui all'art. 186 CdS, avendo la PG effettuato accertamento alcolimetrico del quale risultava che lo stesso guidava con tasso alcoolico pari a 1.5 e 1.52 g/l. Con provvedimenti 9.11.19 (interlocutorio) e 11.12.19 il GIP rigettava la richiesta, rilevato che non risultava contestata la aggravante dell'aver provocato incidente stradale - comma 2-sexies art. 186 CdS. Aggravante emergente dalla nota 1.12.2019 CC Tolentino, dalla quale risultava che "la responsabilita' del sinistro non puo' che ricadere su entrambi i conducenti" (tra i quali l'odierno imputato, la cui condotta imprudente costituisce pertanto concausa del sinistro, con correlata integrazione della aggravante). In data 8.1.20 il PM avanzava nuova istanza di decreto penale, contesta la aggravante di cui al comma 2-sexies art. 186 CdS. Ritiene questo GIP la possibile incostituzionalita' dell'art. 34 c. 2 cpp nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del GIP che abbia rigettato la richiesta di emissione di decreto penale per ritenuta diversita' del fatto a pronunziarsi su nuova richiesta di emissione di decreto penale, avanzata dal PM in conformita' ai rilievi precedentemente formulati dal giudice. L'art. 34 cod. proc. pen. non contempla infatti tale ipotesi tra le cause di incompatibilita' del giudice; deve escludersi che ad essa possa adattarsi la previsione dell'art. 37, comma 1, lettera b), del medesimo codice, concepita quale caso di ricusazione (l'avere il giudice manifestato indebitamente il proprio convincemento sui fatti oggetto dell'imputazione) e non puo' nemmeno ritenersi appagante, nella predetta situazione processuale, il ricorso all'istituto della astensione, attraverso l'evocazione del motivo delle "gravi ragioni di convenienza" di cui alla lettera h) del comma 1 dell'art. 36, non potendo essere rimessa alla discrezionalita' del singolo magistrato la autovalutazione della propria capacita' professionale di non lasciarsi influenzare da giudizi gia' espressi ritualmente. Al riguardo la mancata inclusione della predetta ipotesi tra i casi di incompatibilita' individuati dall'art. 34, appare contrastante sia con il principio di parita' di trattamento normativo di situazioni simili sia con il diritto di difesa (artt. 3 e 24 Costituizione). E infatti, tenuto anche conto dell'espansione che ha caratterizzato l'evoluzione dell'istituto a seguito di numerose sentenze della Corte costituzionale, deve ritenersi che l'incompatibilita' debba essere sancita in ogni caso in cui l'attivita' del giudice si configuri come oggettivamente sostitutiva del potere-dovere di iniziativa del pubblico ministero, il che si verifica nel caso in esame, in quanto, rigettando la richiesta di decreto penale e evidenziando la sussistenza di aggravante non contestata, il GIP ha posto in essere un attivita' sostitutiva a quella di naturale spettanza del PM ( immediata contestazione della aggravanti in fatto ravvisabili). Inoltre, la previsione normativa appare in contrasto con il principio per il quale l'incompatibilita' e' determinata da ogni valutazione di merito circa l'idoneita' delle risultante probatorie a fondare un giudizio di responsabilita' dell' imputato, come piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, e cio' in quanto nel caso di specie ci si trova in presenza di una previa valutazione di responsabilita' compiuta dallo stesso giudice chiamato alla emissione di decreto penale, che ha rigettato il decreto ritenendo - implicitamente ma univocamente - non solo sussistente il fatto (altrimenti avrebbe rigettato per tale motivo) ma altresi' la esistenza di una non contestata aggravante. Al riguardo si evidenzia in particolare che la Corte Costituzionale con sentenza 455/94 ha sancito la l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che abbia, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521, comma 2, del codice di procedura penale con sentenza 400/2008 ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla trattazione dell'udienza preliminare del giudice che abbia ordinato, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art. 521, comma 2, del codice di procedura penale. La Corte, in particolare, nella pronuncia 455/94 ha evidenziato come "Discende dalla giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui deve affermarsi l'incompatibilita' alla funzione di giudizio in capo al giudice che abbia, in uno stadio anteriore del procedimento, espresso una valutazione nel merito della stessa materia processuale riguardante il medesimo incolpato; e cio' sia quando questo apprezzamento sia stato compiuto nel momento conclusivo delle indagini preliminari (sentenze nn. 496 del 1990; 401 e 502 del 1991; 453 del 1994) sia quando esso sia stato compiuto in un precedente giudizio di cognizione, non potutosi definire con sentenza (sentenze nn. 124, 186, 399 del 1992; 439 del 1993)." Nel caso di specie questo GIP ha espresso certamente una valutazione di merito , rigettando la originaria richiesta per la insussistenza della aggravante da ultimo contestata (con il che anche, implicitamente, pronunziandosi sulla sussistenza della stessa). Non dirimente appare poi la circostanza che si verta sempre in fase di richiesta di decreto penale, atteso che il rigetto del decreto comporta la retrocessione degli atti al PM, talche' la riformulazione di nuova richiesta apre nuovo giudizio, che si ritiene debba essere demandato a giudice diverso da quello che sulla materia si e' gia' duplicemente espresso (sulla sussistenza del fatto - non rigettando nel merito la prima richiesta; sulla sussistenza della aggravante - evidenziando la stessa al PM).
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Costituzione e 23 legge 11 marzo 1955, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c. 2 cpp, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del GIP che abbia rigettato la richiesta di emissione di decreto penale per ritenuta diversita' del fatto a pronunziarsi su nuova richiesta di emissione di decreto penale, avanzata dal PM in conformita' ai rilievi precedentemente formulati dal giudice, Sospende il presente procedimento e Dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 23 della legge n. 87/53. Macerata, 14 gennaio 2020 Il giudice: Manzoni