N. 92 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2020

Ordinanza del 30 gennaio 2020 del Tribunale amministrativo  regionale
per la Puglia - Sezione di Lecce sul ricorso proposto  da  Naxos  srl
c/Agenzia delle dogane e dei monopoli - Ufficio dei monopoli  per  la
Puglia, Basilicata ed il Molise - Sezione operativa  territoriale  di
Taranto.. 
 
Documentazione  amministrativa   -   Dichiarazioni   sostitutive   di
  certificazioni  e   dell'atto   di   notorieta'   -   Controlli   -
  Dichiarazione  non   veritiera   -   Decadenza   dai   benefici   -
  Interpretazione, assunta come diritto  vivente,  secondo  la  quale
  l'accertamento dell'oggettiva non veridicita'  della  dichiarazione
  determina la decadenza dal beneficio e, a fortiori, l'impedimento a
  conseguire il beneficio medesimo. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre  2000,  n.  445
  ("Testo unico delle disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia di documentazione amministrativa (Testo A)"), art. 75. 
(GU n.34 del 19-8-2020 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA 
                        Lecce - Sezione terza 
 
    Ha pronunciato  la  presente  Ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 174 del 2019, proposto da Naxos S.r.l., in  persona
del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e   difesa
dall'avvocato Nicola Grippa, con domicilio digitale  come  da Pec  da
Registri di giustizia; 
    Contro Agenzia delle dogane e dei monopoli - Ufficio dei monopoli
per la Puglia,  la  Basilicata  ed  il  Molise  -  Sezione  operativa
territoriale di Taranto, in persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa  dall'Avvocatura  distrettuale  dello
Stato, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo; 
    Per l'annullamento: 
      del provvedimento dell'Agenzia delle dogane e  dei  monopoli  -
Ufficio dei monopoli per la Puglia, la  Basilicata  ed  il  Molise  -
Sezione operativa territoriale di  Taranto,  prot.  n.  8901  del  22
gennaio 2019 R.I. n. 15, ricevuto a mezzo posta in  data  28  gennaio
2019, con cui e'  stata  rigettata  l'istanza  della  societa'  Naxos
S.r.l. di rinnovo dell'autorizzazione n.  500210/TA  e  soppresso  il
patentino per la vendita di generi di monopolio; 
      degli ulteriori atti presupposti, collegati e conseguenziali; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli -  Ufficio  dei  monopoli  per  la  Puglia,  la
Basilicata ed il Molise - Sezione operativa territoriale di Taranto; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  18  dicembre  2019  la
dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per  le  parti  l'avvocato  N.
Grippa e l'avvocato dello Stato G. Marzo; 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. - Con l'atto introduttivo del presente  giudizio,  ritualmente
notificato il 6 febbraio 2019 e depositato in data 8  febbraio  2019,
la Societa' ricorrente - gia' titolare di patentino per la vendita di
generi di monopolio, nell'esercizio bar in Palagiano, alla via Appia,
n. 33 - impugna, domandandone l'annullamento: 
      1) il provvedimento prot. n. 8901 del 22 gennaio 2019  R.I.  n.
15, ad essa notificato (con nota raccomandata prot. n.  9642  del  24
gennaio 2019) il 28 gennaio 2019, con cui l'Agenzia  delle  dogane  e
dei monopoli - Ufficio dei monopoli per la Puglia, la  Basilicata  ed
il Molise - Sezione operativa territoriale di Taranto,  in  riscontro
all'istanza pervenuta in data 16 ottobre 2018 prot. n. 76403  per  il
rinnovo biennale del citato patentino: 
        «Considerato che con decreto ministeriale n. 38/13,  art.  9)
comma 1) il Ministero dell'economia e delle  finanze  ha  specificato
che gli interessati  al  rinnovo  del  patentino  devono  presentare,
insieme all'istanza, una dichiarazione sostitutiva  di  atto  notorio
attestante i dati e le informazioni di cui all'art. 8) comma 3) dello
stesso decreto; 
        Atteso che il Consiglio di Stato, decidendo in caso  analogo,
nella sentenza di rigetto di appello n. 2028/15 ha motivato: 
          "il rinnovo non e' altro, in relazione alla durata biennale
del titolo,  che  un  rinnovato  rilascio,  onde  devono  logicamente
ritenersi  necessari  a  tal  fini  anche  i  presupposti   normativi
richiesti per quest'ultimo alla data in cui il rinnovo e'  richiesto;
tale considerazione trova fondamento nella stessa lettera del decreto
ministeriale n. 38/2013,  laddove,  evidentemente  allo  scopo  della
verifica della sussistenza di tali requisiti, l'art. 9  richiede  una
dichiarazione sostitutiva che riporti 'i dati e  le  informazioni  di
cui all'art. 8, comma 3'; 
    Visto   l'ormai   consolidato   orientamento   della    giustizia
amministrativa e da ultimo il T.A.R. Lecce, con sentenza n.  2466/15,
secondo cui il rinnovo del patentino costituisce un nuovo momento  di
valutazione di tutti i requisiti di legittimita' ed opportunita'  del
punto vendita; 
    Valutato ai fini dell'adozione del  provvedimento  i  dati  e  le
informazioni di cui all'art.  8),  comma  3)  del  succitato  decreto
riportate nella dichiarazione sostitutiva; 
    Vista la dichiarazione sostitutiva di atto  notorio  nella  quale
l'interessata dichiarava al punto 7) la  mancata  sussistenza  a  suo
carico di eventuali pendenze fiscali e/o morosita' verso  l'Erario  o
verso il Concessionario della riscossione definitivamente accertate o
risultanti da sentenze non impugnabili; 
    Vista la verifica della  veridicita'  di  quanto  dichiarato  nel
succitato punto con nota protocollo n. 86258 del  15  novembre  2018,
inviata a mezzo Pec al concessionario Agenzia entrate  e  riscossione
di Taranto; 
    Considerato che dal  riscontro  della  suddetta  nota  pervenuto,
stesso mezzo, con protocollo n. 87280 del 20 novembre 2018, e' emersa
la non corrispondenza di quanto dichiarato dalla parte; 
    Vista la nostra nota protocollo n. 98564 del 20 dicembre 2018 con
la quale si comunicava all'interessata di essere  incorsa  in  quanto
previsto dall'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
445/2000 in merito ad una dichiarazione risultata non veritiera; 
    Vista la nota  Pec  protocollo  n.  100071  pervenuta,  da  parte
dell'interessata, in data 31 dicembre 2018 con  la  quale  comunicava
tra l'altro "di aver sbagliato  nel  comunicare  nella  dichiarazione
sostitutiva prodotta il  28  novembre  2018  di  non  avere  pendenze
fiscali e/o morosita' verso l'Erario in quanto  cartelle  per  Canone
Rai quindi non erariali ... Pertanto in data odierna  ha  debitamente
quietanzato suddette cartelle ...."; 
    Preso atto che  le  suddette  osservazioni  non  apportano  nuovi
elementi tali da consentire una diversa valutazione della  situazione
verificato che la cartella esattoriale al momento della presentazione
della dichiarazione sostitutiva di atto notorio era ancora pendente; 
    Considerato che, cosi' come previsto dal decreto ministeriale  n.
38/13, comma 3), art. 7), ai fini dell'adozione del provvedimento gli
uffici competenti  devono  valutare  -  lettera  g)  -  l'assenza  di
eventuali pendenze e/o di morosita' verso l'erario o  verso  l'agente
di  riscossione  definitivamente  accertate  indicate,   cosi'   come
previsto alla lettera f), comma 3), art.  8)  del  succitato  decreto
ministeriale, nell'atto notorio presentato a corredo dell'istanza; 
    Considerato quanto emerso dal controllo della veridicita'  presso
l'agente della riscossione in merito a  quanto  dichiarato  nell'atto
notorio  presentato  ovvero  la  presenza  di   pendenze   verso   il
concessionario «ancora non pagati alla data del 19 novembre 2018»; 
    Considerato che nell'atto notorio la presenza di tali  situazioni
debitorie non erano state segnalate; 
    Considerato che per quanto sopra 1'istante e' incorsa  in  quanto
previsto dall'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
445/2000 in merito ad una dichiarazione risultata non veritiera; 
    Considerato che quanto accaduto diventa oggetto  di  interruzione
del rapporto di fiducia con l'amministrazione»; 
  ha   determinato    «il    rigetto    dell'istanza    di    rinnovo
dell'autorizzazione n. 500210/TA», con soppressione del patentino  in
questione, «per i motivi sopra indicati»; 
    2) gli ulteriori atti presupposti, collegati e consequenziali. 
    A  sostegno  dell'impugnazione  interposta  deduce  le   seguenti
censure cosi' rubricate: 
      1) violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7,  8  e  9
del decreto ministeriale 21 febbraio 2013, n. 38 e degli articoli  75
e 76 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  445/2000  -
Eccesso  di  potere  per  errata   presupposizione   e   difetto   di
istruttoria; 
      2) violazione e falsa  applicazione  degli  articoli  23  della
legge 22 dicembre  1957,  n.  1293,  dell'art.  54  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074,  dell'art.  24,
comma 42 del decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98,  convertito  dalla
legge n. 111/2011, e degli articoli 7, 8 e 9 del decreto ministeriale
21 febbraio 2013, n. 38 - Eccesso di potere sotto  il  profilo  dello
sviamento di potere e del difetto di motivazione; 
      3)  violazione  e/o  falsa  applicazione  dell'art.  97   della
Costituzione, che  afferma  i  principi  generali  di  imparzialita',
correttezza  e  trasparenza  della  P.A.  -  Violazione   e/o   falsa
applicazione degli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente  della
Repubblica n.  445/2000  -  Eccesso  di  potere  per  violazione  del
principio  di  proporzionalita',  ragionevolezza  ed  uguaglianza   -
Incostituzionalita' dell'art. 75 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 445/2000. 
    Si e' costituita in  giudizio,  per  il  tramite  dell'Avvocatura
distrettuale erariale,  l'Agenzia  delle  dogane  e  dei  monopoli  -
Ufficio dei monopoli per la Puglia, la  Basilicata  ed  il  Molise  -
Sezione operativa territoriale di Taranto, contestando  integralmente
le avverse pretese e chiedendo la reiezione del gravame. 
    Con ordinanza 6 marzo 2019, n. 136,  questa  Sezione  ha  accolto
l'istanza   cautelare   incidentalmente   proposta   dalla   Societa'
ricorrente, con la seguente motivazione: 
      «Premesso  che  la  Societa'   ricorrente   ha   impugnato   il
provvedimento prot. n. 8901 del 22 gennaio 2019 R.I. n. 15,  con  cui
l'Agenzia delle dogane e dei monopoli - Ufficio dei monopoli  per  la
Puglia, la Basilicata ed il Molise - Sezione  operativa  territoriale
di Taranto ha rigettato l'istanza di rinnovo  dell'autorizzazione  n.
500210/TA,   con   contestuale   soppressione   del   patentino,   in
considerazione della non veridicita' della dichiarazione  sostitutiva
(sostanzialmente, art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 445/2000), resa dal  legale  rappresentante  della  stessa,  circa
l'inesistenza di morosita' verso l'Erario e/o il Concessionario della
riscossione (per complessivi euro  897,92,  importo  relativo  a  due
cartelle relative  al  canone  speciale  Radiotelevisione,  comunque,
prontamente pagate); 
    Ritenuto che l'istanza cautelare vada accolta, considerato che la
Sezione ha gia' sollevato in ipotesi similari (cfr. le  ordinanze  17
settembre 2018, n. 1346, 23 ottobre 2018, n. 1531, 24  ottobre  2018,
n.  1544,  25  ottobre  2018,  n.  1552)  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 75 («Decadenza dai  benefici»)  del  decreto
del Presidente della Repubblica 28  dicembre  2000,  n.  445  («Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
documentazione amministrativa»), sostanzialmente applicato dalla P.A.
anche  nella  presente  fattispecie,  per  ravvisata  violazione  dei
principi di proporzionalita', ragionevolezza e  uguaglianza,  di  cui
all'art. 3 della Costituzione». 
    Con memoria difensiva del 12 novembre 2019, parte  ricorrente  ha
ulteriormente svolto e ribadito le proprie difese. 
    Alla pubblica udienza del  18  dicembre  2019,  su  richiesta  di
parte, la causa e' stata introitata per la decisione. 
    2. - Il Collegio e' dell'avviso meditato di  proporre  nuovamente
al Giudice delle Leggi la questione di  legittimita'  costituzionale,
per contrasto con i principi di  ragionevolezza,  proporzionalita'  e
uguaglianza  sostanziale,  di  cui  all'art.   3,   comma   2   della
Costituzione,  dell'art.  75  del  decreto   del   Presidente   della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (peraltro,  pure  prospettata  da
parte ricorrente nell'ambito  del  terzo  motivo  di  gravame),  gia'
sollevata con le ordinanze 17 settembre 2018,  n.  1346,  23  ottobre
2018, n. 1531, 24 ottobre 2018, n. 1544, 25 ottobre 2018, n. 1552,  e
dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con  la  sentenza
24 luglio 2019, n. 199, per difetto di  motivazione  sulla  rilevanza
della  questione  (in  ragione,  per   un   verso,   dell'«incompleta
descrizione  della  fattispecie»,  in  relazione  alla  definitivita'
dell'accertamento, e, per altro verso, dell'assenza di «alcun rilievo
in ordine al rapporto che lega la disciplina regolamentare  e  quella
delle conseguenze delle false dichiarazioni sostitutive»); 
    3.  -  Osserva,  innanzitutto,  questa  Sezione  che  l'impugnato
diniego risulta motivato dalla Pubblica amministrazione sulla  scorta
della omessa dichiarazione, da parte dell'istante, di  taluni  debiti
verso l'Erario, e cioe', la preesistenza di due cartelle esattoriali,
emesse dall'Agenzia delle entrate - Riscossione di  Taranto,  per  il
mancato pagamento  del  canone  R.A.I.  2016  e  2017,  dell'importo,
rispettivamente, di euro 408,15 ed euro 407,35, oltre diritti,  aggio
e interessi di mora, e, quindi, per complessivi euro 456,07  ed  euro
441,85. 
    Tale diniego  richiama  espressamente  le  seguenti  disposizioni
normative: 
      l'art. 7 («Criteri per il rilascio  di  patentini»),  comma  3,
lettera  g),  del  decreto  ministeriale  21  febbraio  2013,  n.  38
(«Regolamento recante disciplina della distribuzione  e  vendita  dei
prodotti da fumo»), statuente che,  «3.  Ai  fini  dell'adozione  del
provvedimento, gli uffici competenti in relazione  all'esercizio  del
richiedente, valutano: ...g) l'assenza di eventuali pendenze  fiscali
e/o di morosita' verso l'Erario o verso  l'Agente  della  riscossione
definitivamente accertate o risultanti da sentenze non impugnabili»; 
      l'art. 8 («Rilascio dei patentini»), comma 3, lettera  f),  del
citato decreto ministeriale n. 38/2013, il quale prevede che  «3.  La
dichiarazione  sostitutiva  di  atto  notorio  indica:   .....f)   la
sussistenza di eventuali pendenze  fiscali  e/o  di  morosita'  verso
l'Erario o verso il concessionario della riscossione  definitivamente
accertate o risultanti da sentenze non impugnabili»; 
      l'art. 75 («Decadenza dai benefici») del decreto del Presidente
della Repubblica  28  dicembre  2000,  n.  445  («Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa»)  -  in  tal  senso  va  inteso,  infatti,  l'erroneo
richiamo all'art.  76  («Norme  penali»)  del  medesimo  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  445/2000,  relativo  alla  rilevanza
penale delle dichiarazioni mendaci -,  che  dispone  che,  «1.  Fermo
restando quanto previsto dall'art. 76, qualora dal controllo  di  cui
all'art.  71  emerga  la  non   veridicita'   del   contenuto   della
dichiarazione,  il  dichiarante  decade  dai  benefici  eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base  della  dichiarazione
non veritiera». 
    4. - Cio' posto, va,  in  primo  luogo,  precisato  il  carattere
definitivo,  ai  sensi  dei  citati  articoli  7  e  8  del   decreto
ministeriale  n.  38/2013,  della  pretesa  tributaria  di  cui  alle
cartelle di pagamento del  concessionario,  trattandosi  di  cartelle
esattoriali (a seguito dell'iscrizione a ruolo  per  la  riscossione)
emesse per mancato pagamento dei canoni R.A.I. 2016 e 2017 (con  ogni
evidenza, a seguito di accertamento del relativo obbligo tributario),
avverso  cui  l'odierna  ricorrente   non   ha   interposto   gravame
all'Autorita' giudiziaria e ha proceduto, anzi, in data  28  dicembre
2018 (cioe', successivamente  all'autodichiarazione  del  15  ottobre
2018, ma prima del diniego del  22  gennaio  2019),  all'effettivo  e
integrale pagamento (senza rateizzazione alcuna), dopo l'emissione  -
appunto - delle cartelle medesime: tanto comporta, «per tabulas»,  la
definitiva  acquiescenza  e  la   piena   adesione   della   Societa'
ricorrente/contribuente all'accertamento dell'obbligazione tributaria
di che trattasi (il canone di abbonamento alle radioaudizioni e  alla
televisione, che ha,  appunto,  «natura  di  prestazione  tributaria,
fondata sulla legge» - cfr. Corte costituzionale, 26 giugno 2002,  n.
284), con incontroversa definitivita' del medesimo. 
    5. - Chiarito quanto innanzi,  osserva  il  Collegio  che  assume
rilevanza decisiva, nell'adozione dell'opposto  diniego,  la  diretta
applicazione del summenzionato art. 75  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 445/2000. 
    5.1 - Ed invero, gli articoli 7 e 8 del regolamento approvato con
decreto ministeriale 21 febbraio 2013, n.  38,  pure  richiamati  nel
provvedimento  impugnato,  non  sanciscono,  a  ben   vedere,   alcun
automatismo  nel  rigetto  dell'istanza  di  rinnovo  del   patentino
nell'ipotesi - come quella in questione - di  morosita'  dell'istante
verso l'Erario o verso il Concessionario  della  riscossione  e/o  di
presentazione della  relativa  autodichiarazione  non  veritiera:  le
suddette norme regolamentari  statali,  infatti,  dispongono  (tra  i
«Criteri»  ai  fini  del  rilascio   o   del   rinnovo   del   titolo
autorizzatorio), testualmente e  chiaramente,  solo  che  gli  uffici
competenti «valutano» - tra l'altro - l'assenza  di  morosita'  verso
l'Erario  o  verso   l'Agente   della   riscossione   definitivamente
accertate;  sicche'  la   P.A.   ben   potrebbe   (anzi,   dovrebbe),
nell'esercizio della discrezionalita' ad  essa  attribuita  ai  sensi
delle predette disposizioni regolamentari, tenere conto della natura,
della portata e  dell'attualita'  di  siffatte  morosita'  alla  data
dell'istanza o - anche solo - a quella  dell'eventuale  rilascio  del
titolo. 
    D'altro  canto,  tali  conclusioni  sono  suffragate  pure  dalle
affermazioni dell'Avvocatura  generale  dello  Stato  nel  precedente
giudizio di legittimita' costituzionale, laddove  «Si  evidenzia  ...
che l'amministrazione e' tenuta a valutare compiutamente la portata e
l'attualita'  delle   pendenze   fiscali   sussistenti   al   momento
dell'istanza,  e  quindi  a  tenere  conto  anche   della   eventuale
rateizzazione del pagamento (TAR  Sicilia,  Palermo,  sezione  prima,
sentenza 29 ottobre 2018, n.  2190)»  (cfr.  la  menzionata  sentenza
della Corte costituzionale n. 199/2019, paragrafo 4.1). 
    5.1.1 - Invece,  alcuna  compiuta  valutazione  discrezionale  in
ordine alla natura, alla  portata  e  all'attualita'  delle  pendenze
fiscali sussistenti al momento dell'istanza o alla data  di  adozione
del provvedimento  si  rinviene  nel  gravato  diniego,  con  cui  la
Pubblica amministrazione non effettua alcuna  valutazione  in  ordine
alla   gradazione   e/o,   comunque,   rilevanza   (qualitativa   e/o
quantitativa) e/o attualita' delle morosita' in questione (non vi e',
quindi, esercizio della  discrezionalita'  ex  articoli  7  e  8  del
decreto ministeriale n. 38/2013), ma pone il  contestato  diniego  in
nesso di automatica e immediata  consequenzialita'  (atto  vincolato)
rispetto alla - mera - omessa segnalazione delle  morosita'  medesime
(emerse soltanto  all'esito  dei  controlli  d'ufficio)  e  alla  non
veridicita' dell'autodichiarazione: e tanto  in  evidente  e  diretta
applicazione dell'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 445/2000 (espressamente richiamato dal  provvedimento  impugnato),
norma generale statale -  questa  si'  -  che  unicamente  stabilisce
(cosi' come costantemente interpretata dalla giurisprudenza, come  di
seguito  sara'   illustrato)   tale   automatismo   nell'ipotesi   di
dichiarazione mendace. 
    Inoltre, l'omessa dichiarazione delle suddette morosita' e' posta
ad  unico  fondamento  della  preliminare  comunicazione  dei  motivi
ostativi, di cui alla nota prot. n. 98564 del 20 dicembre  2018  (cui
il provvedimento finale si riporta  e  rispetto  alla  quale  ritiene
inconferenti  le   osservazioni   procedimentali   dell'interessata),
laddove - testualmente - si contesta  che  «la  S.V.  e'  incorsa  in
quanto previsto dall'art. 76» - «rectius»,  75  -  «del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.   445/2000   in   merito   ad   una
dichiarazione risultata non veritiera». 
    D'altro  canto,  cio'   e'   chiarito   anche   nella   relazione
dell'Amministrazione resistente del 20  febbraio  2019  (prodotta  in
giudizio il 28 febbraio 2019), nella quale - anche qui testualmente -
si  chiarisce  che  «l'elemento  che   ha   assunto   rilievo   nella
determinazione dell'ufficio e' costituito dalla  circostanza  che  il
ricorrente ha presentato una dichiarazione non veritiera non trovando
giustificazione, rispetto a tale  comportamento: ne'  la  valutazione
dell'entita' del debito  esistente; ne'  la  circostanza  che,  medio
tempore, sia stato effettuato il relativo  pagamento»,  e  che,  «  a
fronte di una dichiarazione non veritiera, l'art. 76» («rectius», 75)
«del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, applicabile
alla  fattispecie,  non  da'  spazio  ad  alcuna  discrezionalita'  e
l'azione amministrativa e' vincolata...». 
    5.2 - Quanto, ancora, al rapporto tra la disciplina regolamentare
di cui agli articoli 7 e 8 del  decreto  ministeriale  n.  38/2013  e
quella delle conseguenze delle false dichiarazioni  sostitutive,  va,
poi, evidenziato: 
      che,  riferendosi   il   richiamato   art.   75   a   «benefici
eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla  base  della
dichiarazione  non  veritiera»,  deve  esservi  stretta  correlazione
causale tra la dichiarazione  ed  il  provvedimento  attributivo  dei
benefici, nel senso che la dichiarazione deve  essere  necessaria  ai
fini dell'adozione del provvedimento favorevole al privato ed i  suoi
contenuti devono fondare, costituendone presupposti  di  legittimita'
(anche  qualora  discrezionalmente   valutabili   dalla   P.A.),   la
determinazione provvedimentale  dell'Amministrazione;  pertanto,  «la
non veridicita' rileva in quanto abbia determinato l'attribuzione  di
un  beneficio  (cfr.  T.A.R.  Lazio,   II,   n.   12433/2016   cit.),
evidenziandosi che la disciplina di  cui  alla  richiamata  norma  e'
volta  a  sanzionare  l'accertamento   della   non   veridicita'   di
dichiarazioni  rese  al  fine  di  beneficiare  di   un   determinato
provvedimento e non certo la falsita' di una dichiarazione del  tutto
irrilevante rispetto  al  conseguimento  del  beneficio  (cfr.  Cons.
Stato, V, 1-8-2016, n. 3446)» (Consiglio di Stato, Sezione sesta,  20
agosto 2019, n. 5761); 
      e  che  l'assenza  di  pendenze  fiscali  e/o  morosita'  verso
l'Erario o verso il Concessionario  della  riscossione  e',  appunto,
requisito discrezionalmente valutato dalla P.A. (ex articoli  7  e  8
del decreto ministeriale n. 38/2013)  ai  fini  del  rilascio  o  del
rinnovo del titolo autorizzatorio (ad eccezione, s'intende, di quelle
situazioni di fatto - derogatorie - in cui  e'  la  stessa  normativa
tributaria, con valutazione «ex  lege»  a  monte  -  a  escludere  la
qualificabilita' come pendenza fiscale, ad  esempio  per  il  mancato
superamento della soglia minima di rilevanza fiscale); il possesso di
tale requisito (valutabile  successivamente  dalla  P.A.)  e'  stato,
pero', nel caso di specie, oggetto di autodichiarazione non veritiera
dell'interessato,   sanzionata   automaticamente    e    direttamente
dall'Amministrazione (atto vincolato),  ai  sensi  dell'art.  75  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, con  il  diniego
del titolo (mancata attribuzione del beneficio richiesto). 
    5.3 - D'altro canto, anche a voler ammettere  (ipotesi  che,  per
quanto innanzi esposto, il Collegio non ravvisa) la  rilevanza  «tout
court» delle menzionate disposizioni regolamentari statali  (articoli
7 e 8 del decreto ministeriale n. 38/2013) ai  fini  della  decadenza
automatica   dal   beneficio   richiesto   e   dell'impedimento    al
conseguimento dello stesso (in contrasto - pero' -  con  la  suddetta
interpretazione letterale delle predette  disposizioni),  trattandosi
di norme regolamentari, le stesse risulterebbero sottratte al  vaglio
di costituzionalita' della Consulta, con la conseguente paralisi  del
diritto di difesa sul  punto  (e  «vulnus»  delle  relative  «tutele»
costituzionali). 
    6. - Le predette considerazioni fondano  la  rilevanza  decisiva,
nella fattispecie concreta in esame, dell'art.  75  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 445/2000,  sicche'  -  risultando,  ad
avviso di questa Sezione, non manifestamente infondata  la  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  75   del   decreto   del
Presidente della Repubblica n. 445/2000 (per le ragioni nel prosieguo
illustrate)  -  l'intervento   del   Giudice   delle   leggi   appare
assolutamente necessario nella presente controversia,  non  potendosi
prescindere  dalla   definizione   (necessariamente   e   logicamente
pregiudiziale) di tale questione ai fini della decisione del presente
giudizio. 
    Infatti, nell'ipotesi in cui il citato art. 75  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n.  445/2000  dovesse  essere  dichiarato
incostituzionale, verrebbe meno  il  presupposto  normativo  decisivo
posto, sostanzialmente (a  ben  vedere),  a  fondamento  del  gravato
diniego; nel mentre, in caso contrario, il gravame sarebbe infondato,
alla stregua delle censure formulate dalla parte ricorrente. 
    7. - A  questo  punto,  osserva  il  Collegio  che  la  granitica
giurisprudenza formatasi «in subiecta materia», con riferimento (come
nella    fattispecie    «de    qua»)    ai     vizi     «sostanziali»
dell'autodichiarazione, ha osservato che il su riportato art. 75  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 «si inserisce  in
un contesto in cui alla dichiarazione sullo status o sul possesso  di
determinati requisiti e' attribuita funzione probatoria,  da  cui  il
dovere del dichiarante di affermare il vero. 
    Ne consegue che la dichiarazione "non veritiera" al  di  la'  dei
profili penali, ove ricorrano  i  presupposti  del  reato  di  falso,
nell'ambito della disciplina dettata dalla legge  n.  445  del  2000,
preclude  al  dichiarante  il  raggiungimento  dello  scopo  cui  era
indirizzata la dichiarazione o comporta  la  decadenza  dall'utilitas
conseguita per effetto  del  mendacio»  (ex  plurimis,  Consiglio  di
Stato, Sezione quinta, 9 aprile 2013, n. 1933). 
    Pertanto, «In tale contesto normativo, in cui  la  "dichiarazione
falsa o non veritiera" opera come fatto, perde  rilevanza  l'elemento
soggettivo ovvero il dolo o la colpa del dichiarante»  (Consiglio  di
Stato, Sezione quinta, cit., n. 1933/2013), «poiche', se cosi' fosse,
verrebbe meno la ratio della disciplina che e' volta  a  semplificare
l'azione   amministrativa,   facendo   leva    sul    principio    di
autoresponsabilita' del dichiarante»  (Consiglio  di  Stato,  Sezione
quinta, 27 aprile 2012, n. 2447): sicche'  ogni  eventuale  ulteriore
circostanza, «senz'altro rilevante in sede penale, in quanto ostativa
alla  configurazione  del  falso  ideologico,  attesa   la   mancanza
dell'elemento soggettivo,  ovvero  della  volonta'  cosciente  e  non
coartata di compiere il fatto e della consapevolezza di agire  contro
il dovere  giuridico  di  dichiarare  il  vero,  non  assume  rilievo
nell'ambito della legge n. 445 del 2000, in cui  il  mendacio  rileva
quale inidoneita' della dichiarazione  allo  scopo  cui  e'  diretto»
(Consiglio di Stato, Sezione quinta, cit., n. 1933/2013). 
    Ai sensi della normativa statale generale di cui all'art. 75  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, quindi,  «la
non veridicita' di quanto  autodichiarato  rileva  sotto  un  profilo
oggettivo  e  conduce  alla  decadenza  dei  benefici  ottenuti   con
l'autodichiarazione non veritiera»; cosi' la sent. 13 settembre 2016,
n. 9699)» (T.A.R. Lazio, Roma, Sezione terza ter, 24 maggio 2017,  n.
6207), «senza che tale disposizione lasci margine di discrezionalita'
alle Amministrazioni (cfr. ad es. CdS  1172\2017)»  (T.A.R.  Liguria,
Genova, Sezione prima, 14 giugno 2017, n. 534; in termini,  Consiglio
di Stato, Sezione Sesta,  20  agosto  2019,  n.  5761;  Consiglio  di
giustizia amministrativa Sicilia, 9 dicembre 2019, n. 1039; Consiglio
di Stato, Sezione quinta, 3  febbraio  2016,  n.  404;  Consiglio  di
Stato, Sezione quinta, 15 marzo 2017, n. 1172). 
    In definitiva, per effetto  della  suddetta  esegesi  consolidata
(tale da assurgere al rango di «diritto vivente», sicche' neppure  e'
possibile  per  il  Tribunale  operare  una   c.d.   «interpretazione
costituzionalmente conforme»): 
      l'applicazione dell'art. 75 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 445/2000 comporta l'automatica decadenza dal  beneficio
eventualmente  gia'  conseguito,  non  residuando,  nell'applicazione
della  predetta  norma,  alcun  margine  di   discrezionalita'   alle
pubbliche amministrazioni che, in sede di  controllo  (d'ufficio)  ex
art. 71 del medesimo Testo Unico, si avvedano della  (oggettiva)  non
veridicita' delle autodichiarazioni, posto che tale norma  prescinde,
per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva del dichiarante,
attestandosi (unicamente) sul dato oggettivo della  non  veridicita',
rispetto  al  quale  risulta,  peraltro,  del  tutto  irrilevante  il
complesso delle giustificazioni addotte dal dichiarante medesimo; 
      parimenti, tale disposizione, nel contemplare la decadenza  dai
benefici  conseguenti  al  provvedimento  emanato  sulla  base  delle
dichiarazioni non veritiere, impedisce (ovviamente  e  «a  fortiori»,
come  nel  caso  di  specie)  anche  l'emanazione  del  provvedimento
(ampliativo) di accoglimento  dell'istanza  tendente  ad  ottenere  i
benefici dalla P.A. 
    Non risulta pertinente in proposito,  al  fine  dell'espletamento
del tentativo  di  «interpretazione  conforme»,  il  riferimento  (si
vedano le argomentazioni opposte dall'Avvocatura generale dello Stato
nel precedente giudizio di  legittimita'  costituzionale  -  cfr.  la
menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 199/2019, paragrafo
4.1) a  taluna  giurisprudenza  formatasi  con  riferimento  ai  vizi
meramente formali dell'autodichiarazione (quali, ad esempio, l'omessa
produzione di copia del documento di  identita'  sottoscritto  e  del
«curriculum» formativo/professionale con dichiarazione sostitutiva  -
cfr. Consiglio di Stato, Sezione quinta, 17 gennaio 2018, n. 257, che
ha sancito l'ammissibilita' del soccorso istruttorio,  peraltro,  nel
caso  ivi  in  esame,  in  applicazione  di  apposita   e   specifica
disposizione del bando): cio' in quanto,  nella  fattispecie  di  che
trattasi, la menzionata omissione, sanzionata  ai  sensi  del  citato
art. 75 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  445/2000,
concreta un vizio - con  ogni  evidenza  -  sostanziale  e  non  gia'
meramente formale dell'autodichiarazione, non veritiera al riguardo. 
    8.  -  Orbene,  la  predetta  norma  (art.  75  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  445/2000),  intesa  alla   stregua
dell'illustrato «diritto  vivente»,  nel  suo  meccanico  automatismo
legale (del tutto decontestualizzato dal caso specifico) e nella  sua
assoluta rigidita' applicativa (che non conosce eccezioni), sembra al
Collegio   incostituzionale,   per   violazione   dei   principi   di
ragionevolezza, proporzionalita' e uguaglianza  sostanziale,  sanciti
dall'art. 3 della Costituzione. 
    9. -  Ed  invero,  «il  giudizio  di  ragionevolezza,  lungi  dal
comportare  il  ricorso  a  criteri   di   valutazione   assoluti   e
astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni  relative
alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore  nella  sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle  esigenze  obiettive  da
soddisfare o alle finalita'  che  intende  perseguire,  tenuto  conto
delle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti.
Sicche', ... l'impossibilita' di fissare in astratto un  punto  oltre
il quale  scelte  di  ordine  quantitativo  divengono  manifestamente
arbitrarie e, come tali,  costituzionalmente  illegittime,  non  puo'
essere validamente assunta come elemento connotativo di  un  giudizio
di merito, essendo un tratto che si riscontra ... anche  nei  giudizi
di ragionevolezza. 
    Del  resto,  ......,  le  censure  di   merito   non   comportano
valutazioni strutturalmente diverse, sotto  il  profilo  logico,  dal
procedimento argomentativo proprio dei giudizi  valutativi  implicati
dal sindacato di legittimita', differenziandosene, piuttosto, per  il
fatto che in quest'ultimo le  regole  o  gli  interessi  che  debbono
essere assunti come parametro del giudizio sono  formalmente  sanciti
in norme di legge o della  Costituzione»  (Corte  costituzionale,  22
dicembre 1988, n. 1130). 
    In conclusione: 
      per un verso, il giudizio  di  ragionevolezza  della  norma  di
legge  deve  essere   necessariamente   ancorato   al   criterio   di
proporzionalita', rappresentando  quest'ultimo  «diretta  espressione
del generale canone di ragionevolezza (ex art. 3 della Costituzione)»
(Corte costituzionale, 1° giugno 1995, n. 220); 
      per altro verso, la ragionevolezza  va  intesa  come  forma  di
razionalita' pratica (tenuto conto,  appunto,  «delle  circostanze  e
delle limitazioni concretamente sussistenti» - Corte  costituzionale,
cit., n. 1130/1988), non  riducibili  alla  mera  (e  sola)  astratta
razionalita' sillogistico - deduttiva e  logico  -  formale,  laddove
(invece)  la  ragione  (pratica  e  concreta)  deve   essere   aperta
all'impatto che su di essa esplica il caso,  il  fatto,  il  dato  di
realta'  (che  diventa  esperienza  giuridica),  solo  cosi'  potendo
(doverosamente)  valutarsi  l'adeguatezza  del  mezzo  al  fine,   la
ragionevolezza «intrinseca», in uno agli (eventuali) esiti ed effetti
sproporzionati e/o paradossali che possono concretamente derivare  da
una regola generale apparentemente ed astrattamente logica. 
    In tal senso, il giudizio di ragionevolezza, lungi dal  limitarsi
alla  (sola)  valutazione  della  singola  situazione  oggetto  della
specifica controversia  da  cui  sorge  il  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale, si appalesa idoneo  (traendo  spunto  da
quest'ultima) a vagliare gli effetti della Legge sull'intera  realta'
sociale che la Legge  medesima  e'  chiamata  a  regolare,  anche  in
funzione dell'«"esigenza di conformita' dell'ordinamento a valori  di
giustizia e  di  equita'"  ...  ed  a  criteri  di  coerenza  logica,
teleologica .... , che costituisce  un  presidio  contro  l'eventuale
manifesta irrazionalita' o iniquita' delle conseguenze della  stessa»
(sentenza n. 87 del 2012)» (Corte costituzionale, sentenza 10  giugno
2014, n. 162). 
    E tanto anche confrontando i benefici che derivano dall'adozione,
per dir cosi', «neutra» del  provvedimento  con  i  suoi  «costi»,  e
valutando l'eventuale inadeguata penalizzazione degli altri diritti e
interessi  di   rango   costituzionale   contestualmente   in   gioco
(bilanciamento). 
    10.  -   Orbene,   l'illustrata   fattispecie   di   «automatismo
legislativo» di cui all'art. 75  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 445/2000, intesa alla stregua  del  «diritto  vivente»,
non sfugge, ad  avviso  meditato  del  Collegio,  a  forti  dubbi  di
incostituzionalita' per violazione dei principi di  proporzionalita',
ragionevolezza e uguaglianza sostanziale, di  cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    10.1  -  Ed  invero,   le   conseguenze   decadenziali/impeditive
(definitive e in alcun modo «rimediabili») dal  beneficio  (peraltro,
«lato sensu» sanzionatorie), legate alla  non  veridicita'  obiettiva
della dichiarazione, e, «a fortiori», l'impedimento a  conseguire  il
beneficio medesimo, ai sensi del  citato  art.  75  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  445/2000,  appaiono  al  Tribunale
irragionevoli e incostituzionali, contrastando con  il  principio  di
proporzione, che e' alla base della razionalita' che,  a  sua  volta,
informa il principio di uguaglianza sostanziale, ex art. 3,  comma  2
della Costituzione. 
    E tanto ove si considerino (innanzitutto e in via  dirimente)  il
meccanico automatismo legale (del tutto «slegato»  dalla  fattispecie
concreta)  e  l'assoluta  rigidita'  applicativa   della   norma   in
questione,  che  (da  un  lato)  impone  «tout  court»  (senza  alcun
distinguo,  ne'   gradazione)   la   decadenza   dal   beneficio   (o
l'impedimento  al  conseguimento   dello   stesso),   a   prescindere
dall'effettiva gravita' del fatto contestato (sia per le  fattispecie
in cui la dichiarazione non veritiera riveste un'incidenza del  tutto
marginale rispetto all'interesse pubblico perseguito dalla P.A.,  sia
per quelle nelle quali tale dichiarazione risulta in netto  contrasto
con tale interesse, riservando, quindi,  il  medesimo  trattamento  a
situazioni  di  oggettiva  diversa  gravita'),  e  (dall'altro)   non
consente di escludere nemmeno le ipotesi  di  non  veridicita'  delle
autodichiarazioni su aspetti  di  minima  rilevanza  concreta  (come,
appunto, nel caso di cui al presente giudizio), con ogni possibile (e
finanche  prevedibile)  abnormita'  e  sproporzione  delle   relative
conseguenze, rispetto al reale disvalore del fatto commesso. 
    10.2  -  Sotto  altro  profilo,  inoltre,  l'assoluta   rigidita'
applicativa dell'art. 75 del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 445/2000 appare  eccessiva,  in  quanto  non  consente  (parimenti
irragionevolmente   e   inadeguatamente)   di   valutare   l'elemento
soggettivo (dolo - la c.d. coscienza e volonta' di immutare il vero -
ovvero colpa, grave o meno - nell'ipotesi  di  fatto  dovuto  a  mera
leggerezza   o   negligenza    dell'agente)    della    dichiarazione
(oggettivamente) non veritiera, nella naturale (e  contestuale)  sede
del procedimento amministrativo (o anche, laddove la P.A. lo ritenga,
nell'ambito del pertinente giudizio penale). 
    10.3  -  Ne'   puo'   ritenersi   che   i   suddetti   dubbi   di
costituzionalita' possano essere superati facendo leva sulla  «ratio»
sottesa alla disposizione di che trattasi,  rinvenibile,  secondo  il
diritto «vivente» (cfr., «ex plurimis», Consiglio di  Stato,  Sezione
quinta,   cit.,   n.   2447/2012),   nel   principio   generale    di
semplificazione  amministrativa  (cui  si  accompagna  l'affermazione
dell'autoresponsabilita' - «oggettiva» - del dichiarante,  in  uno  -
anche - all'interruzione «ex lege» del rapporto di fiducia tra P.A. e
cittadino). 
    E' ben vero, infatti, che l'art. 75 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 445/2000 debba qualificarsi quale norma  generale
di semplificazione amministrativa. 
    Tuttavia, proprio in quanto tale, la suddetta norma,  se,  da  un
lato, e' sicuramente volta a  rendere  piu'  efficiente  ed  efficace
l'azione dell'Amministrazione  pubblica  (buon  andamento,  ai  sensi
dell'art.  97  della  Costituzione),   dall'altro   e'   (altrettanto
inequivocabilmente) finalizzata a garantire  i  diritti  dei  singoli
costituzionalmente  tutelati  e  di  volta  in  volta  coinvolti  nel
procedimento amministrativo attivato (e nell'ambito  del  quale  sono
state rese le autodichiarazioni medesime): si pensi, ad  esempio,  al
diritto allo studio (art. 34), al diritto alla salute (art.  32),  al
diritto al lavoro  (articoli  4  e  35),  al  diritto  all'assistenza
sociale (art. 38), al diritto di iniziativa economica  privata  (art.
41, come nel caso di specie). 
    Sicche', anche nella  prospettiva  del  necessario  bilanciamento
degli  interessi  costituzionali  coinvolti  (nonche'  della  massima
espansione possibile delle relative tutele),  il  rigido  automatismo
applicativo (in uno ai correlati e definitivi effetti preclusivi  e/o
decadenziali, non emendabili) si  rivela,  in  concreto,  lesivo  del
doveroso equilibrio fra le diverse esigenze in gioco, e persino  tale
da pregiudicare definitivamente proprio quei  diritti  costituzionali
del singolo alla cui migliore e piu' rapida realizzazione la norma di
semplificazione «de qua» e', in definitiva, finalizzata. 
    E  tanto  vieppiu'  allorche'  si   consideri   che   l'art.   40
(«Certificati»)  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  28
dicembre 2000, n. 445 («Testo unico delle disposizioni legislative  e
regolamentari in materia  di  documentazione  amministrativa»),  come
modificato dall'art. 15, comma 1, lett. a), legge 12  novembre  2011,
n. 183, ha disposto  che  «01.  Le  certificazioni  rilasciate  dalla
pubblica amministrazione in ordine  a  stati,  qualita'  personali  e
fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra  privati.  Nei
rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di
pubblici servizi i certificati e gli atti di notorieta'  sono  sempre
sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e  47»  e  che
«02. Sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati e' apposta,
a pena di nullita', la dicitura: «Il presente  certificato  non  puo'
essere prodotto agli  organi  della  pubblica  amministrazione  o  ai
privati gestori di pubblici servizi»: sicche', in definitiva, essendo
il privato obbligato, e non piu' (meramente) facultato, a  presentare
alle PP.AA. le «dichiarazioni di cui  agli  articoli  46  e  47»,  la
semplificazione «de qua» si risolve, in ultima analisi, per un verso,
nella   (sicura)   diminuzione    degli    adempimenti    a    carico
dell'Amministrazione Pubblica  (a  fronte  dei  controlli  d'ufficio,
«anche a campione», ai sensi dell'art. 71 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 445/2000), e,  per  altro  verso,  nell'eccessiva
(considerate  le  conseguenze  automatiche  derivanti  dall'eventuale
dichiarazione non veritiera, ex art. 75 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 445/2000) autoresponsabilita'  («oggettiva»)  del
privato medesimo. 
    11. - Pertanto, rispetto ad una  disposizione  -  l'art.  75  del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.   445/2000   -,   nel
significato  in  cui  essa  «vive»  nella   (costante)   applicazione
giudiziale, il Collegio  non  puo'  che  sollevare  la  questione  di
legittimita'  costituzionale,  tenuto  conto,  per   quanto   innanzi
esposto, che la stessa appare non superabile  in  via  interpretativa
(in ragione, appunto, del «diritto  vivente»)  e  non  manifestamente
infondata. 
    12. - Il Collegio, in conclusione, ritiene che  la  questione  di
legittimita'  costituzionale,  per  contrasto  con  i   principi   di
ragionevolezza, proporzionalita' e uguaglianza  di  cui  all'art.  3,
comma 2 della Costituzione, dell'art. 75 del decreto  del  Presidente
della  Repubblica  28  dicembre   2000,   n.   445,   sia   rilevante
(sussistendo, appunto, il nesso di assoluta pregiudizialita'  tra  la
soluzione della prospettata questione di legittimita'  costituzionale
e la decisione del presente giudizio) e non manifestamente infondata,
e debba,  conseguentemente,  essere  rimessa  all'esame  della  Corte
costituzionale, mentre il giudizio in corso deve essere sospeso  fino
alla decisione della Consulta. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo  regionale  per  la  Puglia  Lecce  -
Sezione  terza,  pronunciando  sul  ricorso  indicato  in   epigrafe,
sospende  il   giudizio   e   solleva   questione   di   legittimita'
costituzionale,  per  contrasto  con  l'art.   3,   comma   2   della
Costituzione, nei sensi e termini di cui in motivazione, dell'art. 75
del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che, a cura della Segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
dei ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e
del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Lecce nella Camera di  consiglio  del  giorno  18
dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati: 
      Enrico d'Arpe, Presidente; 
      Maria Luisa Rotondano, Primo Referendario, Estensore; 
      Anna Abbate, Referendario. 
 
                        Il Presidente: d'Arpe 
 
                       L'estensore: Rotondano