N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 2019

Ordinanza  del  9  dicembre  2019  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento  civile  promosso  da  D'Alessio  Ernesta  e   D'Alessio
Giuliana, in proprio e nella qualita' di  eredi  di  Orlandi  Paolina
c/Gemma Giampiero e Unipol Sai Assicurazioni S.p.a.. 
 
Ordinamento  giudiziario  -  Misure  per  l'efficienza  del   sistema
  giudiziario e la  definizione  del  contenzioso  civile  -  Giudici
  ausiliari  -  Corti  d'appello  -  Stato  giuridico  e  funzioni  -
  Assegnazione del  giudice  onorario  all'esercizio  delle  funzioni
  giurisdizionali esercitate dagli organi collegiali. 
- Legge 9 agosto 2013, n. 98, artt. 62-72  [recte:  Decreto-legge  21
  giugno  2013,  n.  69  (Disposizioni  urgenti   per   il   rilancio
  dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto
  2013, n. 98, artt. da 62 a 72]. 
(GU n.34 del 19-8-2020 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Terza Sezione Civile 
 
    Composta dagli ill.mi sig.ri magistrati: 
    dott. Adelaide Amendola - Presidente; 
    dott. Chiara Graziosi - Rel. Consigliere; 
    dott. Emilio Iannello - Consigliere; 
    dott. Giuseppe Criceti - Consigliere; 
    dott, Paolo Porreca - Consigliere; 
ha pronunciato la seguente: 
 
                      Ordinanza interlocutoria 
 
    sul ricorso 28830-2017 preposto da: 
    D'Alessio Ernesta, D'Alessio Giuliana, elettivamente in proprio e
nella qualita' di eredi di Orlandi Paolina, domiciliata in Roma,  via
Filippo Eredia n. 12, presso lo studio  dell'avv.  Carlo  Testa,  che
rappresenta e difende; 
    ricorrenti - 
    contro  Gemma  Giampiero,  elettivamente  domiciliato  in   Roma,
piazzale delle Belle Arti n. 2, presso lo  studio  dell'avv.  Gaetano
Antonio Scalise che lo rappresenta e lo difede; controricorrente 
    contro UNIPOLSAI S.p.a. 
      intimata-avverso la sentenza n. 6750/2017 della Corte d'appello
di Roma, depositata il 25 ottobre 2017; 
      udita la relazione della causa svolta  nella  pubblica  udienza
dell'11 settembre 2019 dal Consiliere dott. Chiara Graziosi; 
      udito il P.M. in persona  del  Sostituto  procuratore  generale
dott. Anna Maria Soldi che ha concluso per il rigetto; 
      udito l'avv. Carlo Testa; 
      udito l'avv. Gaetano Antonio Scalise; 
    1.  Avendo  Ernesta  D'Alessio,  Antonietta  D'Alessio,  Giuliana
D'Alessio,  Giuseppina  D'Alessio,   Annamaria   D'Alessio,   Claudio
D'Alessio e Paolina Orlandi, quali  congiunti  di  Orazio  D'Alessio,
convenuto davanti al Tribunale di  Roma  Giampiero  Genna  e  la  sua
compagnia assicuratrice Fondiaria SAI - S.p.a. per  risarcimento  dei
danni derivati da sinistro stradale  del  14  dicembre  2002  in  cui
Orazio D'Alessio era stato investito da un veicolo  Fiat  Iveco,  che
proprietario Genna  guidava,  su  strisce  pedonali,  e  ne  era  poi
deceduto,  ed  essendosi  costituiti  i  convenuti   resistendo,   il
Tribunale  rigettava  la  domanda  con  sentenza  n.  14608/2010.   I
soccombenti proponevano appello, cui resisteva il  Genna,  e  che  la
Corte d'appello di Roma rigettava con sentenza del 25 ottobre 2017. 
    2. Hanno proposto ricorso Ernesta D'Alessio e Giuliana D'Alessio,
in proprio e quali eredi di Paolina Orlandi, nelle more deceduta.  Il
ricorso si articola in cinque motivi. 
      2.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360, primo  comma,  n.  4
c.p.c., violazione e falsa applicazione  degli  articoli  158  e  174
c.p.c., 25, primo comma, e 111, secondo comma, Cost.,  nonche'  vizio
di costituzione del giudice e nullita' della  sentenza.  Il  collegio
d'appello dapprima avrebbe avuto come relatore il presidente Buonomo,
che avrebbe firmato nel verbale d'udienza dei 26 giugno 2015 l'ultimo
rinvio d'ufficio all'udienza dell'1° marzo 2017 disponendo che vi  si
pronunciasse ex art.  281-sexies  c.p.c.;  in  questa  udienza  pero'
«appare»  relatrice  l'avv.  Paola  Castriota   Scanderbeg,   ma   la
sostituzione non sarebbe stata comunicata alle parti  ed  emergerebbe
da un provvedimento a margine del verbale dell'udienza del  1°  marzo
2017 senza sottoscrizione del presidente, numero cronologico  e  data
della emissione. Sarebbero state quindi violate le norme invocate  in
rubrica integrandosi vizio  di  costituzione  del  giudice  ai  sensi
dell'articolo 158 c.p.c. 
      2.2 Il secondo motivo propone eccezione di  incostituzionalita'
degli articoli 62-72  della  legge  9  agosto  2013  n.  98,  che  ha
convertito con modifiche il decreto legge del 21 giugno 2013 n. 69  -
riguardante  l'istituzione  dei   giudici   ausiliari   delle   Corti
d'appello, in relazione agli articoli 3, 25, 106,  secondo  comma,  e
111 Cost. Si ribadisce anche la nullita' della sentenza per vizio  di
costituzione del giudice ex articolo 158 c.p.c. 
    Nella  legge  istitutiva  del  giudice  ausiliario  della   Corte
d'appello  non  emergerebbero  le  ragioni  eccezionali  e  i  limiti
temporali che la Corte costituzionale evidenzio' per le supplenze dei
magistrati onorari nei collegi del  Tribunale  con  le  pronunce  nn.
99/1964,  156/1963  e  103/1998.  Non  vi  e'  pertanto  un   rimedio
eccezionale,  bensi'  una  misura  strutturale  per  colmare  vacanze
d'organico. In tal modo sarebbe stato  violato  l'art.  106,  secondo
comma, Cost. riguardo ai giudici singoli. Sussistono  limiti  per  le
cause da assegnare ai giudici onorari in Tribunale, per  cui  sarebbe
stato violato anche l'art. 3,  secondo  comma,  Cost.  rispetto  alle
cause d'appello. 
      2.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e
4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli  99,  343  e
246 c.p.c. per avere giudice d'appello accolto l'eccezione di difetto
di legittimazione attiva jure proprio degli appellanti pur essendo la
questione coperta da giudicato interno, in quanto sollevata in  primo
grado, implicitamente non  accolta  e  non  riproposta  come  appello
incidentale. Il Tribunale decise nel merito, per  cui  implicitamente
rigetto' l'eccezione preliminare. L'eccezione sarebbe stata  comunque
infondata. 
      2.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo  360,  primo  comma,
n.3 c.p.c., violazione e  falsa  applicazione  degli  articoli  2054,
primo comma, 1227, primo comma, 2697 del codice civile 115, 116,  117
e 228 c.p.c.,  143  e  191,  terzo  comma,  CdS,  per  avere  giudice
d'appello escluso la responsabilita' totale e/o concorsuale del Genna
nella causazione del sinistro come ricostruito  appunto  dalla  corte
territoriale. 
      2.5 Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.
3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1226,  2056,
2059 del  codice  civile,  115  e  116  c.p.c.  per  avere  la  corte
territoriale  ritenuto  inesistente  il  danno  morale   del   pedone
investito e quindi il diritto ai risarcimentojure  hereditatis  delle
ricorrenti. 
    3. Si e' difeso con controricorso il Genna. 
    Presentata dalle ricorrenti memoria, il  ricorso,  a  seguito  di
adunanza ex articolo 380-bis c.p.c., e'  stato  rimesso  in  pubblica
udienza, con  ordinanza  12  marzo  2019.  Entrambe  le  parti  hanno
depositato memoria difensiva ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. 
      4.1 Il  secondo  motivo  del  ricorso  deve  essere  per  primo
esaminato, suscitando l'eccezione  di  incostituzionalita'  attinente
all'inserimento di un  giudice  onorario  nel  collegio  della  Corte
d'appello una questione prioritaria rispetto anche a quella  relativa
alle  concrete  modalita'  dell'inserimento  ed  alla   comunicazione
dell'inserimento stesso, la quale e' oggetto  di  censura  nel  primo
motivo. 
    La censura viene rubricata, appunto, come proponente eccezione di
incostituzionalita' degli articoli 62-72 della legge 9 agosto 2013 n.
98 che ha convertito con modifiche decreto legislativo del 21  giugno
2013 n. 69 (riguardante l'istituzione  dei  giudici  ausiliari  delle
Corti d'appello) in relazione  agli  articoli  3,  25,  106,  secondo
comma, e 111 Cost., dalla fondatezza  della  eccezione  desumendo  la
nullita' della sentenza per vizio  di  costituzione  del  giudice  ai
sensi dell'articolo 158 c.p.c. in relazione all'articolo  360,  primo
comma, n. 4 c.p.c. 
    Prendendo le mosse dal fatto che componente  del  collegio  della
Corte d'appello che ha deciso la sentenza impugnata e'  l'avv.  Paola
Castriota Scandeberg, che ne  e'  stata  relatore  ed  estensore,  si
adduce che, come sarebbe stato riconosciuto anche  in  dottrina,  non
sussistono  «nella  normativa  del  Giudice   Ausiliario   di   Corte
d'Appello» quelle ragioni eccezionali e quei limiti temporali che  la
Corte Costituzionale «aveva  evidenziato  per  fare  salve  le  varie
ipotesi di supplenza dei Magistrati Onorari nei Collegi dei Tribunali
nelle sentenze n. 99 del 7 dicembre 1964, n. 156 del 1963  e  n.  103
del 6 aprile 1998». 
    La sentenza n. 103 del 1998 ha riconosciuto la  costituzionalita'
della  normativa  attinente  alle  sezioni  stralcio  del  Tribunale,
istituite con la legge n. 27 del 22  luglio  1997,  essendo  prevista
come limite la data precisa del 30 aprile 1995 quanto ai procedimenti
pendenti da definire nell'imminenza di un nuovo meccanismo diretto  a
smaltire l'arretrato. Invece quello configurato dagli articoli 62 ss.
d.l. n. 69/2013  «non  e'  un  rimedio  eccezionale,  ma  una  misura
strutturale  volta  a  colmare   le   vacanze   di   organico   della
Magistratura, e cio' anche alla luce  della  durata,  eccezionalmente
decennale, delle nomine e  della  mancanza  di  una  data  limite  di
previsione di trattazione delle procedure pendenti in appello». Viene
pertanto violato l'articolo 106, secondo comma,  Cost.  per  cui  «la
legge sull'ordinamento giudiziario puo' ammettere  la  nomina,  anche
elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni  attribuite  ai
giudici singoli»; e tale divieto  di  inserire,  in  sostituzione  di
giudici  ordinari,  i  giudici  onorari   negli   organi   giudicanti
collegiali risulta confermato dagli atti della Assemblea Costituente,
da cui emerge che il riferimento ai  «giudici  singoli»  atteneva  ai
giudici monocratici (conciliatore e pretore) all'epoca esistenti. 
    Inoltre, la normativa che regola i giudici ausiliari della  Corte
d'appello «determina una figura ibrida» di magistrato tra  la  figura
del magistrato onorario, appunto regolata dall'articolo 106,  secondo
comma, Cost. e la figura del consigliere di Cassazione  nominato  per
meriti insigni, disciplinata dai terzo comma dello  stesso  articolo.
La Costituzione «ha chiaramente limitato la possibilita' di ingresso»
dei giudici onorari soltanto nei  collegi  giudicanti  della  Suprema
Corte, «in considerazione della funzione nomofirattica della  stessa,
a  differenza  di  quanto  prevedeva  all'art.  122  dell'Ordinamento
Giudiziario». 
      4.2 Da  ultimo,  nella  memoria  ex  articolo  378  c.p.c.,  le
ricorrenti richiamano l'ordinanza n. 400 del 12 dicembre 1998  emessa
dalla  Corte  Costituzionale,  che   ha   dichiarato   la   manifesta
infondatezza  della  questione  di  costituzionalita'   del   decreto
legislativo del 19 febbraio 1998 n. 51, richiamando  la  gia'  citata
sentenza n. 103 del 1998, che  aveva  dichiarato  infondata  identica
questione, «restringendo l'ambito di operativita'  della  norma  alla
supplenza per «singole udienze o singoli processi», precisando che la
chiamata  dei  vice   pretori   onorari   risponde   alle   «esigenze
eccezionali» costituita dal limitato  scopo  di  esaurire  i  giudizi
pendenti»  al  30  aprile  1995,  cosi'  da  «consentire   ripristino
dell'ordinario andamento della giurisdizione civile». E  il  suddetto
decreto legislativo prevedeva l'utilizzazione dei magistrati  onorari
nel Tribunale ordinario o nella relativa Procura  finche'  non  fosse
attuato i) riordino del ruolo e  delle  funzioni  della  magistratura
onoraria ai sensi dell'articolo 106, secondo comma, Cost, e  comunque
non oltre cinque anni dalla vigenza del decreto. Ribadito che  invece
testo normativo posto qui in discussione costituisce non  un  rimedio
eccezionale, bensi' una misura strutturale  per  colmare  le  vacanze
d'organico, le ricorrenti, oltre a riproporre quanto  gia'  affermato
sulla volonta' dei costituenti in ordine al  contenuto  dell'articolo
106, secondo comma, Cost., argomentano  pure  in  ordine  al  preteso
conflitto che detta normativa patirebbe con gli articoli 3, 24 e 111,
secondo  comma,   Cost.,   al   gia'   addotto   argomento   relativo
all'istituzione  di  un  ibrido  tra  il  magistrato  onorario  e  il
consigliere di Cassazione per meriti  insigni  aggiungendo  l'asserto
della violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza laddove
la   normativa   «prevede   il   sub    procedimento    disciplinare»
all'ausiliario fino alla revoca qualora  non  redica  almeno  novanta
presenze all'anno, e sostenendo comunque quanto segue:  «E'  evidente
lo spregio del legislatore ordinario  nei  confronti  della  qualita'
della giurisdizione, con documento  per  i  cittadini  utenti  e  con
disparita' di trattamento, ingiustificata rispetto a coloro che nella
stessa stuazione  di  fatto  vengono  giudicati  da  altre  Autorita'
giurisdizionali non sottoposte al vincolo  disciplinare  del  quantum
decisum». 
    Inoltre la presenza di giudici estranei all'ordine giudiziario in
collegi dedicati al controllo dell'operato dei giudici di primo grado
(magari, questi, ordinari) «non solo  mette  in  crisi,  ma  altresi'
provoca la totale  abdicazione  dei  principi  della  garanzia  della
terzieta', dell'indipendenza  e  della  professionalita'  dell'organo
giudicante», nonche' del  giusto  processo  e  del  giudice  naturale
(articoli 111 e 25 Cost.); e la irragionevolezza di  tale  normativa,
con  conseguente  violazione  del  principio  di  uguaglianza,  viene
dimostrata pure  dalla  «dissonanza»  con  l'articolo  43-bis,  terzo
comma,  lettera  b,  dell'ordinamento  giudiziario,  con  il  decreto
legislativo n. 116/2017 e con la risoluzione 16 luglio 2008 del  CSM,
«che pongono limiti alle cause da assegnare» ai  giudici  onorari  di
Tribunale. Invece nei collegi delle  Corti  d'appello  gli  ausiliari
sono inseriti «senza alcuna previsione di limiti di competenza o  per
materia o per valore», stravolgendo  la  struttura  costituzionale  e
legislativa  dell'ordine  giudiziario  che  ha  sempre  garantito  in
secondo grado un giudice piu' autorevole ed esperto rispetto a quello
del primo. 
      4.3  Nella  legge  9  agosto  2013  n.  98,  Conversione,   con
modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 -  Disposizioni
urgenti  per  rilancio  dell'economia,  al  Titolo  III,  Misure  per
l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso
civile, il Capo I, Giudici ausiliari, contiene gli articoli da  62  a
72, disciplinando il nuovo istituto  degli  ausiliari  per  le  Corti
d'appello. Premesso  che  tali  disposizioni  «non  si  applicano  al
procedimenti trattati dalla Corte d'appello in unico grado» (articolo
62, secondo  comma),  i  giudici  ausiliari  vengono  introdotti  per
«agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in
materia di lavora e previdenza» (articolo 62,  primo  comma)  e  sono
nominati  con  le  modalita'  di  cui  all'articolo  63:  scelti  tra
magistrati togati od onorari che non esercitino piu' tale  attivita',
professori e ricercatori universitari in materie giuridiche, avvocati
e notai, con decreto di nomina del Ministro  della  giustizia  previa
delibera   del   CSM,   su   proposta   del   consiglio   giudiziario
territorialmente  competente,  acquisito  il  parere  dei   Consiglio
dell'ordine se si tratta di avvocati o del Consiglio notarile  se  si
tratta di notai. L'articolo 64  determina  poi  i  requisiti  per  la
nomina e l'articolo 65 disciplina  la  pianta  organica  dei  giudici
ausiliari, regolando altresi' la proposizione delle  domande  per  la
nomina; l'articolo 66 regola la  presa  di  possesso,  l'articolo  69
indica i casi di incompatibilita' ed ineleggibilita' e l'articolo  70
disciplina l'astensione e la ricusazione. 
    Di maggiore rilievo, per quanto qui interessa, sono gli  articoli
67, 68, 71 e 72. 
    L'art.  67,  durata  dell'ufficio,  stabilisce  che   la   nomina
conferisce l'incarico per una durata di cinque anni, prorogabili  per
non piu' di altri cinque (primo comma) mediante le modalita'  di  cui
all'art. 63, secondo comma (cioe' quanto previsto in ordine al  primo
procedimento di nomina), con cessazione  comunque  dall'incarico  «al
compimento  del  settantottesimo  anno  di  eta'  e  nell'iporesi  di
decadenza, dimissioni, revoca e mancata conferma  a  norma  dell'art.
71» (terzo comma). 
    L'art. 68, Collegi e provvedimenti; Monitoraggio, al primo  comma
stabilisce che «del collegio giudicante non puo' far parte piu' di un
giudice ausiliario»; e  il  secondo  comma  che  tale  giudice  «deve
definire, nel collegio in cui e' relatore e  a  norma  dell'art.  72,
comma 2, almeno novanta procedimenti per anno» - l'art.  72,  secondo
comma, si riferisce peraltro ad ogni provvedimento che  definisce  il
processo, anche in parte o nei confronti di alcune  delle  parti»,  a
sua volta richiamando l'art. 68, secondo comma; infine il terzo comma
prevede un semestrale  monitaraggio  del  ministero  della  giustizia
sull'attivita' degli ausiliari «al fine di rilevare il  rispetto  dei
parametri di operosita' ed il conseguimento degli  obiettivi  fissati
dal presente capo». 
    L'art. 71, decadenza,  dimissioni,  mancata  conferma  e  revoca,
regola, per cosi dire, la stabilita' degli ausiliari. 
    Il  primo  comma  stabilisce  che  «cessano  dell'ufficio  quando
decadono perche' viene meno taluno dei requisiti per  la  nomina,  in
caso di revoca e di dimissioni, in caso di mancata  conferma  annuale
ovvero quando sussiste una causa di incompatibilita'». 
    La procedura della conferma annuale, elemento  tipico  di  questa
figura di giudici onorari (qualita' loro attribuita, come  si  vedra'
infra, dall'art. 72), viene regolata dal  secondo  comma,  stabilendo
che entro trenta giorni dal compimento di ogni anno dalla data  della
nomina «il consiglio giudiziario in composizione  integrata  verifica
che  il  giudice  ausiliario  abbia  definito  il  numero  minimo  di
procedimenti dr cui all'art. 68,  comma  2»,  proponendo  al  CSM  la
conferma o, in mancanza dei presupposti e  «previo  contraddittorio»,
la «dichiarazione di mancata conferma». 
    Il terzo e il quarto comma disciplinano poi  la  revoca,  che  il
presidente della Corte d'appello puo' proporre «in ogni momento»,  ma
comunque «motivatamente», al consiglio giudiziario nel  caso  in  cui
l'ausiliario non risulti  «in  grado  di  svolgere  diligentemente  e
proficuamente il  proprio  incarico»;  il  consiglio  giudiziario  in
composizione  integrata,  «sentito  l'interessato  e  verificata   la
fondatezza della proposta»,  la  trasmette  al  CSM  con  «un  parere
motivato». 
    L'ultimo comma stabilisce  che  provvedimenti  di  cessazione  si
adottano con decreto del Ministro della  giustizia  su  deliberazione
del CSM. 
    L'art. 72, infine, per quanto qui interessa, stabilisce al  primo
comma: «I  giudici  ausiliari  acquisiscono  lo  stato  giuridico  di
magistrati onorari». 
    Non e' dunque discutibile la qualifica di magistrati onorari come
spettante agli ausiliari delle Corti  d'appello,  che  rispetto  agli
altri magistrati onorari si distinguono, comunque, in particolare con
a predeterminata quantificazione del loro contributo al funzionamento
dell'ufficio in cui  sono  inseriti,  quale  e'  correlata  l'annuale
verifica diretta alla conferma o  alla  mancata  conferma.  Ulteriore
distinzione risiede poi nel poter essi svolgere  (soltanto)  funzioni
collegiali, e soltanto in materia civile,  di  lavoro  e  previdenza,
rimanendo quindi  esclusi  dall'attivita'  delle  corti  territoriali
svolte in un unico grado e soprattutto dai processi penali (art. 62). 
    E' il caso di  rammentare  che  l'art.  43-bis  del'  Ordinamento
giudiziario - regio  decreto  30  gennaio  1941  n.  12  -,  inserito
dall'art. 10 decreto  legislativo  del  19  febbraio  1998  n.  51  e
abrogato dall'art. 33 decreto legislativo del 13 luglio 2017 n. 116 -
norma quindi vigente quando fu introdotta la  figura  dell'ausiliario
delle corti territoriali, e che ebbe  una  notevole  incidenza  sullo
sviluppo giurisprudenziale  relativo  alle  funzioni  dei  magistrati
onorari -, concerneva le funzioni dei giudici ordinari e onorari  nel
tribunale ordinario, stabilendo tra l'altro  che  i  giudici  onorari
«non possono tenere udienza se non  nei  casi  di  impedimento  o  di
mancanza dei giudici ordinari» essendo inoltre  vietato,  in  materia
civile, affidare loro «la trattazione  di  procedimenti  cautelari  e
possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel  corso  della
causa di merito o del giudizio petitorio». E il  decreto  legislativo
del 13 luglio  2017  n.  116,  Riforma  organica  della  magistratura
onoraria e altre disposizioni sul giudice di pace, nonche' disciplina
transitoria relativa al magistrati onorari in servizio, a norma della
legge del 28 aprile 2016,  n.  57,  non  ha  inciso  sulla  normativa
specifica sugli ausiliari delle Corti d'appello di cui alla legge  n.
98/2013; 
      4.4 Tanto  premesso,  occorre  ora  vagliare  se  sussistono  i
presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza della sollevata
eccezione di incostituzionalita'. 
    In primis, la sussistenza  della  rilevanza  emerge  ictu  oculi,
giacche', nel caso in esame, la sentenza impugnata  e'  stata  decisa
dalla  Corte  d'appello  mediante  un  collegio  in  cui  un  giudice
ausiliario  e'  componente,  a  cio'   aggiungendosi   meramente   ad
abundantiam che l'ausiliario e' stato  relatore  della  causa  ed  e'
estensore  della  sentenza.  E'  ben  prospettabile,  pertanto,  che,
qualora  la  sentenza  in  esame  sia  radicalmente  cessata  -  come
deriverebbe dall'accoglimento della eccezione di  incostituzionalita'
-,  la  sentenza  che  verrebbe  a  sostituirla  potrebbe  essere  di
contenuto diverso,  e  pertanto  anche  maggiormente  favorevole  nei
confronti delle ricorrenti. 
      4.5 Passando al profilo della non manifesta infondatezza,  deve
essere vagliato anzitutto il riferimento all'art. 106, secondo comma,
Cost.,   in   quanto   il   primo   richiamato   nella   proposizione
dell'eccezione, di cui costituisce comunque la sostanza fondamentale.
Non a caso viene considerato direttamente il  testo  letterale  della
norma, per cui, come gia' si e' visto, il legislatore ordinario  puo'
attribuire ai  giudici  onorari  e  funzioni  attribuite  a  «giudici
singoli»: «La legge sull'ordinamento giudiziario  puo'  ammettere  la
nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte  le  funzioni
attribuite a Giudici singoli». 
    E' ben noto che il quadro normativo, gia'  prima  dell'intervento
del 2013 di cui si tratta, ha in realta'  consentito  -  secondo  una
interpretazione consolidata - l'attribuzione a giudici onorari  della
funzione di giudice collegiale nei Tribunali ordinari; e su questo si
e' suscitato l'intervento della Consulta, come ricordano  gli  stessi
ricorrenti. 
    La Corte costituzionale, con sentenza del 3 dicembre 1964 n.  99,
investita  di  questione  di  legittimita'  costituzionale   relativa
all'affidamento a un  vicepretore  onorario  della  supplenza  di  un
giudice in un collegio di Tribunale  ai  sensi  dell'art.  105  regio
decreto n. 12/1941 nel testo all'epoca vigente -  che  consentiva  al
presidente di Tribunale, in caso di  mancanza  o  impedimento  di  un
giudice del suo ufficio, qualora non  fosse  possibile  avvalersi  ex
art. 97 regio decreto n. 12/1941 di magistrati  d'altre  sezioni,  di
costituire il collegio integrandolo con  un  vicepretore,  togato  od
onorario -, in base all'asserto che «dal secondo comma dell'art.  106
della  Costituzione  derivi  che  il  vice  pretore  onorario   possa
esercitare soltanto le funzioni ordinarie dei pretore, e  non  quelle
eccezionali e temporanee di supplenza» e che  pertanto  sia  violato,
appunto,  dall'art.  105  dell'Ordinamento   giudiziario,   con   una
motivazione concisa (del cui contenuto, in realta', si sono  nutriti,
piu' o meno espressamente, tutti gli interventi successivi, anche  di
questa Suprema Corte) cosi' disattendeva: 
    «L'art. 106 stabilisce che le nomine dei magistrati  hanno  luogo
per concorso; tuttavia, le funzioni del giudice  singolo  (pretore  e
conciliatore) possono essere esercitate da magistrati onorari. Questo
essendo il significato della norma in  esame,  la  quale  non  tratta
dell'esercizio  delle  funzioni   giudiziarie   e   tantomeno   della
attribuzione di funzioni a determinati organi, non sembra dubbio  che
la frase «per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli»  debba
intendersi  come  indicazione  generica  dell'ufficio  nel  quale   i
magistrati onorari possono  essere  ammessi  ad  esercitare  funzioni
giudiziarie. 
    Anche senza  tenere  conto  dell'argomento  letterale  (la  frase
«tutte le funzioni» comprenderebbe non soltanto quelle ordinarie,  ma
anche le funzioni temporanee ed eccezionali derivanti da un  incarico
di supplenza) per decidere la questione, e' sufficiente rilevare che,
risolvendosi «la nomina» nella costituzione dello stato giuridico del
magistrato nell'ambito dell'ordinamento giudiziario, la  possibilita'
di un temporanee incarico di supplenza presso un collegio  giudicante
non puo' essere confusa con un precetto riguardante detto «stato».  E
gia' questa Corte ha avuto occasione di affermare che  provvedimenti,
i quali, per ragioni  contingenti,  facciano  luogo  alla  temporanea
destinazione di un magistrato ad una  sede  oppure  ad  una  funzione
diversa da quelle alle quali egli sia assegnato, non  incidono  sullo
«stato» dei magistrati (sentenza n. 156 del 1963). 
    La norma impugnata  che  pertanto  non  viola  l'art.  106  della
Costituzione risponde altresi' ad della giustizia, che si  verificano
soprattutto  nei  piccoli  tribunali,  nei  quali  non  a'  possibile
talvolta comporre collegio giudicante per mancanza di un  giudice.  E
il vice pretore onorario puo' essere chiamato per singole  udienze  o
singoli processi dopo il pretore e  l'aggiunto  giudiziario,  secondo
l'ordine fissato dallo stesso art. 105». 
      4.6  Non  puo'  non  rilevarsi  che  questa  motivazione  desta
perplessita' laddove afferma che  l'art.  106,  secondo  comma,  «non
tratta dell'esercizio delle funzioni giudiziarie  e  tantomeno  della
attribuzione  di  funzioni   a   determinati   organi»,   in   quanto
l'espressione «per tutte le funzioni attribuite  ai  giudici  singoli
«dovrebbe» intendersi  come  indicazione  generica  dell'ufficio  nel
quale i magistrati  onorari  possono  essere  ammessi  ad  esercitare
funzioni giudiziarie»: un argomento diretto, in effetti, a sostituire
la parola «funzione» con la parola «ufficio», che  pero'  non  ne  e'
sinonimo (non a caso la pronuncia  e'  stata  criticata  in  dottrina
nelle note di commento). 
    Non appare un consistente sostegno,  poi,  l'invocato  precedente
della sentenza n. 156 del 13 dicembre 1963. Questa  aveva  dichiarato
infondata una questione di legittimita', proposta in riferimento agli
articoli 25, 105 e 107 Cost., dell'art. 101 regio decreto n.  12/1941
«nella parte in cui dispone che un pretore o un aggiunto  giudiziario
di  altro  mandamento  del  distretto  puo',  su   designazione   del
Procuratore generale, esser destinato,  con  decreto  del  presidente
della Corte d'appello, a compiere temporaneamente le funzioni  di  un
pretore mancante o impedito»: la questione  non  aveva  investito  la
figura del giudice onorario, tant'e' vero che nella motivazione della
sentenza (ben piu' articolata di quella  della  sentenza  n,  99  del
1964, si nota per inciso) non vi e' alcun  riferimento  all'art.  106
Cost. 
    A  ben  guardare,  la  sentenza  del  1964  avvia   un   fenomeno
interpretativo di minimizzazione dell'art. 106, secondo comma,  Cost.
nella parte in cui «confina» il legislatore ordinario  in  ordine  al
ruolo dei magistrati onorari. L'espressione «giudici singoli» diventa
sinonimo  d'altro,  e  quindi  viene  deprivata  del  suo   semantico
significato  (l'argomento  letterale»  non  a  caso  si  stima   pure
rimuovibile  in  assoluta   misura:   «Anche   senza   tenere   conto
dell'argomento  letterale  ...,  e'  sufficiente  ecc.»)  per  essere
assorbita da altri elementi, l' «ufficio» e lo «stato»,  quest'ultimo
ulteriormente inserito come fonte di quella idoneita'  «globale»  che
si connette intrinsecamente con la  ratio  decidendi  utilizzata  per
concludere, trasferente dal vaglio della  condizione  soggettiva  dei
magistrato  a  quello  -  fondamento  realmente  dominante  -   della
condizione oggettiva del sistema: l'esigenza contingente. 
    Infatti la sentenza n. 99 del 1964, come si e' visto, nella parte
conclusiva della motivazione, introduce il dispositivo che  e'  stato
poi sempre utilizzato per legittimare  il  conferimento  di  funzioni
collegiali al  giudice  onorario:  l'affermazione  dell'esistenza  di
ragioni «contingenti» e in quanto tali temporanee. Il  che  significa
effettuare  il  classico  bilanciamento  dei  valori  costituzionali,
contestualizzando quindi la norma e reputando prevalente  sul  limite
dell'art.   106,   secondo   comma,   l'effettivita'   della   tutela
giurisdizionale in situamoni alterate. 
      4.7 E a questo infatti (dopo la conferma della sentenza  n.  99
del 1964 compiuta per un caso analogo dall'ordinanza 8 aprile 1965 n.
36) si connette (citando epressamente  il  precedente  del  1964)  la
Corte costituzionale, ritornando  molti  anni  dopo  sulla  tematica,
nella sentenza n. 103 del 6 aprile 1998. 
    La questione di legittimita' costituzionale  qui  derivava  dalla
partecipazione di  un  vicepretore  onorario,  quale  supplente,  nel
collegio giudicante di un Tribunale (civile), ed era stata conformata
in relazione all'art. 90, quinto comma, legge  26  novembre  1990  n.
353, come modificato  dal  decreto-legge  18  ottobre  1995  n.  432,
convertito  nella  legge  20  dicembre  1995  n.  534:   disposizione
conferente, al fine di esaurire le controversie civili  pendenti,  a)
presidente del Tribunale per  particolari  esigenze  di  servizio  il
potere di disporre supplenze ai sensi  dell'art.  105  regio  decreto
12/1941,  con  possibilita'  pure  di  nominare  anche  piu'  di  due
vicepretori onorari per sede di pretura «in assenza delle  condizioni
ivi contemplate - qualora non possa provvedere a norma dell'art. 97 -
». 
    Le censure di illegittimita' erano state formulate in riferimento
agli articoli 3, 102, 106, primo e secondo  comma,  e  97  Cost.;  e,
specificamente, il riferimento all'art. 106, secondo comma,  derivava
dall'asserto che  «la  disciplina  costituzionale  della  nomina  dei
magistrati onorari escluderebbe la possibilita' che siano chiamati  a
comporre collegi giudicanti». 
    A proposito allora dell'art.  106,  secondo  comma,  la  Consulta
reputa  la  questione  infondata  «poiche'  si  tratta  comunque   di
supplenza che risponde a «esigenze eccezionali» », venendo  applicata
una norma rispondente a  «esigenze  eccezionali  dell'amministrazione
della giustizia». Dunque, quel che viene  ritenuto  legittimo  e'  un
«impiego    eccezionale    e,    insieme,    limitato»    costituente
un'apprezzabile  risposta  alla  «situazione  di  sovraccarico  degli
uffici». 
    Per analogo caso la successiva ordinanza n. 400 del  12  dicembre
1998 alle ragioni esposte nella sentenza n.  103/1998  (le  «esigenze
eccezionali»  sottese  alla  supplenza  effettuata  dai   vicepretori
onorari  nei  collegi  di  Tribunale),  aggiunge   che   il   decreto
legislativo del 19 febbraio 1998 n. 51 «ha previsto una nuova  figura
di giudice onorario  in  sostituzione  del  vice  pretore  onorario»,
stabilendo pure che le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941
n. 12, come dallo stesso decreto modificate  o  introdotte,  per  cui
magistrati onorari possono essere addetti al  Tribunale  ordinario  e
alla Procura della Repubblica  presso  il  Tribunale  ordinario,  «si
applicano fino a quando non sara' attuato il complessivo riordino del
ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria a norma  dell'art.
106, secondo comma, della Costituzione»; che e' avvenuto mediante  il
decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116. 
      4.8 Dunque, gli interventi della Corte costituzionale  si  sono
finora incentrati sulla partecipazione dal  magistrato  onorario  nel
collegio del Tribunale quale supplenza contingente e  sulla  base  di
«esigenze eccezionali» 
    Questa suprema Corte ha dato adito a un'apertura diversa  e  piu'
ampia, comunque sempre in riferimento  all'assunzione  da  parte  dei
magistrati onorari di Funzioni collegiali in Tribunale. 
    Limitando il vaglio alla giurisprudenza nomofilattica civile e ai
suoi arresti piu' recenti, la sentenza 19 maggio 2008 n. 12644  delle
Sezioni Unite, - che aveva vagliato un  caso  in  cui,  peraltro,  il
giudice onorario aveva deciso l'appello proposto avverso sentenza  di
giudice di  pace,  e  quindi  espletato  funzioni  d'appello  ma  non
collegiali, e' massimata nel senso che  «i  giudici  onorari  possono
decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la  quale
non vi sia espresso divieto di legge,  con  piena  assimilazione  dei
loro poteri a quelli dei magistrati togati, mentre e'  manifestamente
infondata la questione di illegittimita' costituzionale,  sulla  base
del carattere eccezionale delle funzioni giurisdizionali attribuibili
ai giudici onorari, atteso che l'art. 106 Cost. prevede la nomina  di
giudici onorari per tutte le tunzioni attribuite  a  giudici  singoli
con piena parificazione. 
    Interessante e' la motivazione in particolare laddove si affronta
un motivo di ricorso denunciante difetto di  giurisdizione,  tentando
evidentemente di attingere alla  impostazione  delle  sentenze  della
Corte costituzionale sopra esaminate.  La  denuncia,  infatti,  viene
effettuata «anche per violazione del regio decreto 30  gennaio  1941,
n. 12, art. 43  bis,  come  modificato  dal  decreto  legislativo  19
febbraio 1998,  n.  51,  art.  10,  sollecitandosi  eventualmente  il
rilievo  della   non   manifesta   infondatezza   dell'eccezione   di
illegittimita'  costituzionale  di  tale  ultima  norma  per  il  suo
contrasto con gli articoli 3, 24, 97, 101, 102, 104, 105, 106, 107  e
111 Cost., essendosi il processo di merito  svolto,  per  entrambi  i
gradi, dinanzi  a  giudici  «onorari»,  mentre  la  richiamata  norma
dell'ordinamento giudiziario consente che  i  giudicanti  non  togati
tengano udienza soltanto nei casi di impedimento di quelli ordinari e
svolgano quindi funzioni giurisdizionali solo in via eccezionale.». 
    Il  giudice   nomofilattico,   allora,   nega   il   difetto   di
giurisdizione (la  questione  non  attiene  «all'astratto  potere  di
giudicare del giudice adito in appello, ma piuttosto a un difetto del
concreto potere di decidere del giudice onorario in appello, cioe' ad
una mancanza di legittimazione a decidere di questo») e qualifica poi
manifestamente infondata l'eccezione  «della  pretesa  illegittimita'
costituzionale della decisione nei due  distinti  gradi,  da  giudici
entrambi onorari, con riferimento allo straripamento di  potere,  che
dovrebbe riconoscersi nella fattispecie, solo  perche'  due  distinti
giudicanti non di professione hanno deciso la causa in primo grado  e
in appello,  pur  essendo  «eccezionale»,  nel  quadro  dei  principi
costituzionali, l'intervento dei giudici non togati, che  invece  nel
presente processo hanno operato essi soltanto in via  esclusiva,  per
entrambi i gradi di merito.» E cio' perche' (come  riconosciuto  gia'
dalla citata Cassazione 22 febbraio 2008 n. 4578) l'art.  10  decreto
legislativo n. 51/1998 ha introdotto nel  regio  decreto  n.  12/1941
l'art. 43-bis, che stabilisce l'assegnazione degli affari ai  giudici
onorari di Tribunale in caso di impedimento o  mancanza  dei  giudici
ordinari escludendo soltanto i procedimenti cautelari: «pertanto essi
possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza,  per
la quale  non  vi  sia  un  espresso  divieto  di  legge,  con  piena
assimilazione dei loro poteri a quelli  dei  magistrati  togati.  Non
appare in contrasto con gli articoli della Costituzione  indicati  in
ricorso la norma  dell'ordinamento  giudiziario  citata,  essendo  il
presente giudizio  petitorio  e  avendo  svolto  in  appello  le  sue
funzioni un giudice onorario, cui il processo e' stato assegnato  dal
presidente del Tribunale,  non  diversamente  da  quanto  accade  per
l'attribuzione di ogni processo di secondo grado ai  giudici  togati»
(argomento,  quest'ultimo,  che  intrinsecamente  spinge   oltre   lo
«spazio» di assegnazione ai giudici togati, tant'e' che  subito  dopo
frena rimarcando il non esser stato addotto che «il  decidente  abbia
tenuto  udienza,  anche  se  un  magistrato  togato  avrebbe   potuto
decidere»). 
    Viene poi esclusa ogni disuguaglianza tra le parti della causa in
esame «e altri cittadini, per i quali il giudizio di appello  avverso
una decisione di primo grado del giudice di pace e' stato adottato da
un magistrato ordinario». In quest'ottica la totale  possibilita'  di
sostituzione, implicitamente, equipara la qualita'  del  servizio;  e
infatti - prosegue il giudice nomofilattico -  «nessuna  delle  norme
della Costituzione richiamate  e'  stata  violata,  essendo  prevista
dall'art. 106 Cost. la nomina  di  giudici  onorari,  per  «tutte  le
funzioni attribuite a giudici singoli»,  con  piena  parificazione  a
questi dei  giudicanti  onorari,  se  regolarmente  nominati.»  E  in
conclusione: «Manifestamente infondata e' poi  l'eccezione  sollevata
d'illegittimita' costituzionale della norma indicata dell'ordinamento
giudiziario, solo perche' non  impedisce  o  comunque  consente,  che
l'esercizio delle funzioni d'appello  sia  attribuito  a  un  giudice
onorario invece che ordinario,  quando  la  pronuncia  impugnata  sia
stata emessa da altro magistrato onorario.». 
      4.9 Quest'ottica viene recepita da Cassazione sez. 2, 2  agosto
2010 n. 18002, che riconosce la composizione  dei  collegi  d'appello
nei tribunali ordinari legittima anche con giudici onorari, a  questi
ultimi   rimanendo   sbarrata   esclusivamente   l'assegnazione   dei
procedimenti possessori e cautelari ante causam  in  forza  dell'art.
43-bis regio decreto 12/1942,  senza  rischi  di  incostituzionalita'
(«Ai sensi dell'art. 43-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
i giudici onorari chiamati  ad  integrare  i  collegi  nei  tribunali
ordinari, mentre possono svolgere  anche  funzioni  di  appello,  non
possono, invece, trattare i procedimenti cautelari  «ante  causam»  e
quelli possessori...», dichiara la massima). 
    In motivazione, richiamato l'allora  vigente  art.  43-bis  regio
decreto 12/1941, drasticamente si dichiara che, nel  settore  civile,
«il dato normativo consente  ...  di  ritenere  che,  in  assenza  di
specifici divieti di  ordine  sistematico,  i  g.o.t.  possano  anche
essere chiamati a fare parte dei collegi (eventualmente di  appello),
benche'  l'art.  106  Cost.,  comma  2,  ne  preveda  la  nomina  per
l'esercizio  delle  funzioni  attribuite  «a  giudici   singoli»   »,
residuando  divieto  esclusivamente  per  procedimenti  possessori  e
cautelari ante causam: un'affermazione del  genere,  paradossalmente,
sembra  invertire  la  gerarchia  delle  fonti,   facendo   prevalere
l'ordinamento  giudiziario  sull'art.  106,  secondo   comma,   della
Costituzione. Peraltro, a ben guardare, si e'  dinanzi  piuttosto  ad
uno «svuotamento» di significato alla norma  costituzionale  che,  al
contempo, viene esattamente individuata  come  pertinente,  e  dunque
potenzialmente ostativa. 
      4.10  Questo  «disinnesco»  del  limite  inserito  nel  sistema
dall'art.  106,  secondo  comma,  Cost.  in  forza  di  un   supporto
specificamente  ravvisato  nell'art.  43-bis  regio  decreto  12/1941
quanto ai giudici onorari di Tribunale e' proseguito,  alla  luce  di
quell'esigenza di bilanciamento dei valori che, pur con la  modalita'
implicita  concretizzata  nella  concisione  motivazionale,   avevano
indicato le sentenze del giudice delle leggi. 
    Sempre  tra  le  pronunce  maggiormente  significative,   si   e'
nuovamente manifestato in Cassazione  sez.  L,  9  novembre  2016  n.
22845, cosi' massimata: «I giudici  onorari  -  sia  in  qualita'  di
giudici monocratici che  di  componenti  di  un  collegio  -  possono
decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la  quale
non vi sia espresso divieto di legge,  con  piena  assimilazione  dei
loro poteri a quelli dei magistrati togati, come si evince  dall'art.
106  Cost.,  cosicche',  in  ipotesi  siffatte,  deve  escludersi  la
nullita' della sentenza per  vizio  relativo  alla  costituzione  del
giudice  ex  art.  158  c.p.c.,  ravvisabile  solo  quando  gli  atti
giudiziali siano posti in essere  da  persona  estranea  all'ufficio,
ossia  non  investita  della  funzione  esercitata.  Ne'  a   diversa
conclusione puo' indurre l'art. 43-bis del regio decreto  n.  12  del
1941, che vieta ai giudici onorari di tenere udienza se non  in  caso
di  «impedimento  o  mancanza  dei  giudici  ordinari»,   espressione
quest'ultima da intendersi come comprensiva di quelle  situazioni  di
sproporzione fra  organici  degli  uffici  e  domanda  di  giustizia,
rispetto alle quali l'impiego della  magistratura  onoraria  conserva
una  funzione  suppletiva  e  costituisce  una  misura'  apprezzabile
nell'ottica  di   un'efficiente   amministrazione   della   giustizia
(articoli 97 e 111 Cost.)». 
    A fronte di una censura denunciante nullita' della  decisione  di
primo grado perche'  emessa  da  un  giudice  onorario  di  tribunale
anziche' da un giudice togato, in violazione dell'art.  43-bis  regio
decreto 12/1941, che avrebbe attribuito agli onorari  «esclusivamente
una funzione vicaria, ossia di sostituzione  dei  giudici  togati  in
caso di loro assenza ed impedimento» - laddove prevedeva che i g.o.t.
non potessero «tenere udienza se non nei casi  di  impedimento  o  di
mancanza di giudici ordinari» -,  sostenendo  che,  diversamente,  si
sarebbero violati gli articoli 3, 24, 97, 102, 106 e  111  Cost.,  la
motivazione della sentenza merita un approfondito  esame,  in  quanto
illustra in modo ampio e  chiaro  le  ragioni  del  rigetto  di  tale
censura cosi' da fornire una completa ricostruzione  del  dispositivo
ermeneutico ormai strutturato per questa tematica. 
    Prende le mosse, gia' significativamente, dal  doversi  escludere
che la figura del giudice ordinario «sia da considerarsi  eccezionale
nel nostro ordinamento costituzionale»,  cio'  fondando  proprio  sul
primo e sul secondo comma dell'art. 105 Cost.,  desumendone  che  «il
nostro sistema ordinamentale conosce due diverse e parallele forme di
reclutamento dei magistrati», il concorso per i togati  e  la  nomina
per i giudici onorari, i quali, «attesa la  legittimita'  della  loro
presenza nell'ordinamento giudiziario» proprio a norma dell'art. 106,
sono ricompresi tra i magistrati ordinari di cui  agli  art:coli  102
Cost. e 1  codice  di  procedura  civile  Pertanto  e'  da  escludere
«l'illegittimita' costituzionale dell'art. 43-bis del  regio  decreto
n. 12 del 1941, sulla base del preteso  carattere  eccezionale  delle
funzioni giurisdizionali attribuibili ai giudici onorari, atteso  che
l'art. 106 Cost. prevede la nomina di giudici onorari  per  tutte  le
funzioni attribuite ai giudici singoli con  piena  parificazione  dei
primi di questi ultimi (si cita S.U. 1264/2008). E,  per  quanto  qui
ineressa, si giunge ora al nucleo  del  ragionamento:  «Tali  rilievi
hanno, quindi, consentito alla successiva giurisprudenza di precisare
altresi' che,  sebbene  l'art.  106  Cost.  faccia  riferimento  alle
funzioni attribuite a giudici togati singoli, giacche' questi  ultimi
sono chiamati - nelle materie  previste  dalla  legge  -  a  comporre
collegi nei tribunali ordinari, e' ben possibile che anche i  giudici
onorari siano chiamati ad integrare gli stessi collegi,  potendo  ivi
svolgere perfino le funzioni di giudice di appello  (cfr.  Cassazione
18002/2010), essendo irrilevante anche  ogni  diversa  previsione  da
parte delle Circolari del CSM,  trattandosi  di  fonti  normative  di
secondo grado ... (cfr. Cassazione 1376/2012; 727/2013; 466/2016). Se
ne deve inferire, dunque, che i giudici onorari  sono  legittimati  a
decidere  ogni  processo  ed  a  pronunciare  qualsiasi  sentenza   -
monocratica o collegiale - per la quale non vi sia  espresso  divieto
di legge, con piena  assimilazione  dei  loro  poteri  a  quelli  dei
magistrati togati ... Ne' a diversa conclusione potrebbe  indurre  il
tenore letterale dell'art. 43-bis, comma 2°, regio decreto n. 12  del
1941, laddove riproduce, per i giudici onorari, l'art. 34, comma  l°,
riguardante i vice pretori onorari, ma con l'eliminazione dell'inciso
«di regola» (riferito al divieto di tenere udienza, se non in caso di
inadempimento o mancanza  dei  giudici  ordinari).  Tale  previsione,
infatti,  se,  da  un  lato,  sembra  voler  ridurre  i  margini   di
flessibilita'  della  disposizione,  dall'altro  non   impedisce   di
conferire l'incarico onorario in caso di «impedimento»  o  «mancanza»
del giudice togato, da intendersi quest'ultima  come  comprensiva  di
quelle situazioni eccezionali  di  sproporzione  fra  organici  degli
uffici e domanda di giustizia,  rispetto  alle  quali  un  ugualmente
eccezionale ricorso all'impiego della magistratura onoraria conserva,
nella  sostanza,  una  funzione  suppletiva  e   costituisce   misura
sicuramente apprezzabile,  nell'attuale  situazione  di  sovraccarico
degli    uffici    giudiziari,    in    un'ottica    di    efficienza
dell'amministrazione della giustizia, nel rispetto  delle  previsioni
di cui agli articoli 97 e 111 Cost. ... Ne consegue che, non soltanto
l'affidamento  ai  giudici  onorari  della  decisione  di   qualsiasi
controversia civile non  contrasta  con  i  parametri  costituzionali
indicati dal ricorrente, ma - ben al contrario  -  e'  finalizzato  a
garantire il  soddisfacimento  delle  esigenze  di  incremento  della
produttivita' e, quindi, di maggiore  efficienza  dell'organizzazione
giudiziaria„ scaturenti dal  progressivo  aumento  della  domanda  di
giustizia ... M tale prospettiva e' evidente che  la  sottrazione  ai
g.o.t. dei soli procedimenti cautelari e possessori ante  causam  ...
si giustifica con l'intento del legislatore di  evitare  che  possano
essere affidati ai giudici onorari provvedimenti emessi a seguito  di
una delibazione sommaria, di mera verasimiglianza dell'esistenza  del
diritto azionato, che possono essere addirittura idonei ad anticipare
gli effetti della decisione  definitiva,  e  che  -  in  tale  ultima
ipotesi - non sono neppure  soggetti  alla  necessaria  verifica  nel
giudizio  di  merito,  la  cui  instaurazione  e'  facoltativa  ...".
Conclusione, questa, che desta qualche perplessita', in quanto da  un
lato detta instaurazione facoltativa e' rimessa appunto alla volonta'
dispositiva delle parti per cui la sua  eventualita'  corrisponde,  a
ben guardare, a quella, dell'accordo che le parti possono raggiungere
durante una causa attinente disponibili per poi attribuirgli  effetto
nelle varie modalita' previste), e dall'altro non riesce realmente  a
indicare dallo stesso art. 43-bis una  pregnanza  dimostrativa  della
differenza tra giudici legali e  giudici  onorari  di  Tribunale  (ha
deciso conformemente a questo  arresto,  da  ultimo,  Cass.  sez.  2,
ordinanza 24 gennaio 2019 n. 2047). 
    L'elemento dominante, comunque, e' ancora una volta quello  della
esigenza di fronteggiare un sovraccarico di domande di giustizia  che
si reputa non potrebbe essere affrontato senza  lasciare  uno  spazio
sensibile e dunque efficace all'utilizzazione dei giudici onorari. Il
che supera ormai il criterio della temporaneita'/contingenza  da  cui
questa soluzione aveva preso le mosse  nella  sua  fonte  originaria,
ovvero le sentenze della Corte costituzionale  sopra  ricordate,  per
raggiungere quello  che  in  dottrina  e'  stato  anche  definito  un
bilanciamento «mascherato» tra efficienza e garanzia giurisdizionali. 
      4.11  Tutte  le  pronunce  sin   qui   considerate,   comunque,
concernono l'esercizio di funzioni proprie del  Tribunale;  e  in  un
simile quadro e' agevole inserire anche la figura  dell'onorario  che
svolge le funzioni di giudice di pace, pure considerata  nel  recente
riordinamento di cui al decreto legislativo 13 luglio  2017  n.  116,
che peraltro non incide sulle peculiarita' della figura dell'onorario
ausiliario delle Corti d'appello. 
    Se, peraltro, l'ufficio in cui il giudice onorario e' inserito  -
originariamente, ovvero all'epoca della Costituzione, conciliatore  e
pretore, e ora, a parte la figura, si  ripete  peculiare,  in  esame,
giudice di pace e  giudice  onorario  di  tribunale  (limitandosi  in
questa sede il vaglio alle funzioni  giudicanti)  -  e'  stato,  fino
all'introduzione dell'ausiliario delle Corti d'appello, un ufficio in
cui le funzioni da «giudice singolo» erano le uniche  o  comunque  le
prevalenti, inserire l'onorario nelle  Corti  d'appello  radicalmente
inverte, tanto che (come sopra  si  e'  visto)  l'art.  62  legge  n.
98/2013  puntualizza  che  la  nuova  figura  non  e'  destinata  «ai
procedimenti trattati dalla Corte d'appello in unico grado». 
    E allora, non si puo' non ritornare a  riflettere  sul  contenuto
del testo del secondo comma dell'art. 106  Cost.,  che  presenta,  in
effetti,  un  bivio  ermeneutico/strutturale:  considerare   che   il
baricentro  interpretativo   risieda   nell'espressione   «tutte   le
funzioni» oppure collocarlo nella definizione «giudici singoli». 
    Scegliendo la prima opzione, il significato sembra  poter  essere
del tutto «aperto», per non  dire  indefinito,  dal  momento  che  e'
sostenibile che ogni funzione - e quindi «tutte le funzioni» -  viene
affidata a «giudici singoli», i quali la esercitino da soli  (giudice
monocratico) oppure insieme ad altri giudici singoli, cioe' acl altri
giudici che compongono cosi  un  collegio  (giudice  collegiale).  Le
strutture  collegiali,  invero,   potrebbero   essere   intese   come
costituite da una «fusione» di piu' giudici singoli. 
    Tuttavia, una simile interpretazione, astrattamete configurabile,
ben guardare diventa, paradossale,  perche'  esime  dal  significato,
rendendola pleonastica, la presenza di un aggettivo - «singoli» - nei
riferimento  ai  «giudici»,  E'  cio'  e'   violazione   del   canone
conservativo insito in ogni  ermeneutica:  canone  che,  sinora,  per
quanto emerge dai casi di interpretazione sopra  descritti,  potrebbe
dirsi non essere stato propriamente contestualizzato ed  equilibrato,
bensi' compresso  fino  a  sfiorare  l'involuzione  del  dettato  qui
rilevante dell'art. 106, secondo comma, in una «norma fantasma». 
    Il   baricentro   non   puo'   quindi   che   ritornare   proprio
all'espressione «giudici singoli», di cui riferimento  alle  funzioni
diventa cosi' il prodromo. Il testo  normativo,  allora,  non  appare
manifestamente infondato ritenere che limiti i giudici  onorari  alla
funzione di giudice monocratico; e la presenza nel suddetto  prodromo
dell'aggettivo «tutte» ben  puo'  giustificarsi  logicamente  con  la
possibile configurazione di  una  pluralita'  di  species  del  genus
monocratico (come si e' verificato all'epoca della  formazione  della
Costituzione e attualmente). 
    Se cosi e', l'eccezione sollevata  dalle  ricorrenti  non  appare
manifestamente infondata. A prescindere - come questa  sede  esige  -
dall'interpretazione dell'art. 106, secondo comma,  in  relazione  ai
giudici di pace e ai g.o.t., per gli ausiliari delle Corti  d'appello
la funzione e' a un alto livello di equivalenza rispetto a quella dei
consiglieri togati, dal  momento  che  gli  ausiliari  la  esercitano
tramite l'inserimento, pur se non piu' di uno per volta, nel collegio
composto  da  altri  due  giudici,  questi  togati.  La   conseguente
assimilazione alla funzione che cosi espletano gli  altri  componenti
dunque e' totale, perche' i tre consiglieri  svolgono  una  attivita'
giurisdizionale i nterdipendente. 
      4.12 Non appare poi ineludibilmente prospettabile una  concreta
situazione di sovraccarico che legittimi l'utilizzazione del  giudice
onorario al pari e nelle modalita'  di  quella  del  giudice  togato:
ragione interpretativa, come si e' visto, di  cui  piu  volte  si  e'
avvalsa la giurisprudenza di  questa  Suprema  Corte  sviluppando  ed
espandendo il concetto di  eccezionalita'  contingente  inserito  nel
quadro nornnativo dalla Consulta. 
    Non e' infatti una «condanna certa» per la Corte d'appello in cui
l'ausiliario  viene  inserito  la  permanenza  di   un   sovraccarico
insostenibile con il personale togato per un  periodo  di  ben  dieci
anni,  e  cio'  anche  in  considerazione  dei   plurimi   interventi
legislativi che negii ultimi tempi sono stato effettuati per sgravare
la   «macchina»   giurisdizionale,   nell'ottica   di   una   plurima
degiurisdizionalizzazione valorizzante gli strumenti alternativi  (le
c.d. ADR, Alternative Dispute 
    Resolution, e non esenti da venature punitive per l'abusiva (lato
sensu) fruizione  del  singolo  deteriorante  l'efficacia  a  livello
collettivo del servizio giustizia. 
    Una  siffatta  durata   dell'incarico,   comunque,   per   quanto
«controllata» corne sopra  si  e'  visto,  e'  ci:A  tutto  idonea  a
stabilizzare l'esercizio  della  funzione  colleniale  da  parte  del
giudice  onorario,  anche  sotto  questo  aspetto  in  sostanza   non
dissimile della curata della presenza che sovente mantiene un giudice
togato in una corte territoriale.  Significativo  per  confermare  la
natura dell'istituto come non realmente vincolata a una situazione di
necessita' straordinaria/contingente e'  pure  il  raffronto  con  un
successivo intervento di tal genere, la costituzione  dell'ausiliario
con funzione di legittimita': l'art. 1, comma  971,  della  legge  27
dicembre 2017  n.  205,  nell'ambito  appunto  della  disciplina  del
«magistrato ausiliario» per la definizione delle cause tributarie  in
Corte di Cassazione, ne limita la nomina alla «durata  di  tre  anni,
non prorogabili». 
      4.13 Tirando le fila di quanto si  e'  rilevato,  allora,  puo'
riconoscersi  la  sostenibilita'  -  id   est,   la   non   manifesta
infondatezza - che nella  funzione  conferita  agli  ausiliari  delle
corti territoriali non sussista alcunche' di «singolo», in  quanto  i
giudici Sono inglobati in un organo collegiale, e che  la  situazione
di  temporaneita'  si  sia  divaricata  completamente  dal  correlato
concetto di  contingenza  per  convertirsi  in  una  vera  e  propria
stabilita'. E' altresi'  considerabile  che  l'avere  il  legislatore
ordinario  esternato  una  ratio  di  intervento  temporale  in   una
situazione di difficolta' del sistema giurisdizionale (come  gia'  si
e' visto, Titolo III della legge istitutiva e' intitolato Misure  per
l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso
dvile) non significa che sempre  e  comunque  nell'ottica  di  questa
ratio le norme  sprigionino  effetto,  ben  potendo  invece,  tramite
l'effetto che in realta' discende dal  loro  oggettivo  dettato,  non
corrispondere all'intento del legislatore. 
    Peraltro, in  considerazione  di  quanto  gia'  sopra  rimarcato,
punctum dolens della compatibilita' con l'art.  106,  secondo  comma,
Cost. non puo' essere sedani sorreggendo l'espansione del  ruolo  del
giudice  onorario  soltanto  con  una  aperta  ratio  enunciata   dal
legislatore   ordinario.   La   norma   costituzionale    correrebbe,
altrimenti, un vero e proprio  rischio  di  disapplicazione;  oppure,
anche (e l'ipotesi non  e'  peregrina,  alla  luce  di  certi  tratti
rinvenuti nella  giurisprudenza),  di  degradazione  nella  gerarchia
delle fonti per venire subordinata alla legge ordinaria. Come  si  e'
visto,  cio'  si  potrebbe   ritenere   essersi   infiltrato   almeno
parzialmente nella giurisprudenza di questa Suprema Corte tramite una
interpretazione costituzionalmente orientata che  si  potrebbe  forse
qualificare oltrepassante  il  ruolo  nomofilattico  del  giudice  di
legittimita' per creare una qualche intrusione in quel che compete al
giudice delle leggi. 
    Invero  la  necessita'   di   correlare   tra   loro   i   valori
costituzionali per identificarne ermeneuticamente la  portata,  anche
quanto all'incidenza sulle leggi ordinarie,  e'  un  principio  tanto
generale  quanto  noto.  Tuttavia,  nel  caso   in   cui   la   norma
costituzionale sia chiaramente conformata in modo tale  da  mostrarsi
radicalmente  incompatibile  con  un  testo   normativo   di,   legge
ordinaria, lo strumento  della  interpretazione  orientata  non  puo'
sostituire l'onere di rimettere alla Consulta  la  valutazione  anche
dell'equilibrio tra la norma costituzionale  e  il  valore  parimenti
costituzionale cui eventualmente si rapporti  tale  norma  ordinaria,
diversamente confondendosi la normofilachia -  tutela  di  quanto  e'
sostenibile ed evincibile mediante gli strumenti ermeneutici - con la
vigilanza strutturale sull'attivita'  del  legislatore  ordinario  in
rapporto alla Costituzione. 
    5.  Reputa,  pertanto,  questo  collegio  che  la  questione   di
legittimita'   costituzionale   sollevata   quale   eccezione   dalle
ricorrenti in riferimento all'art. 106, secondo  comma,  Cost.  delle
norme racchiuse nel Titolo III, Capo I, della legge 9 agosto 2013  n.
98 - articoli 62-72, ovvero delle norme che Istituiscono  e  regolano
la figura  di  un  giudice  onorario  destinato  esclusivamente  alla
funzione   giurisdizionale   collegiale,   non   sia   manifestamente
infondata. 
    Quanto, invece, al riferimento agli articoli 3, 24 e 111, secondo
comrna,  Cost.,  la  questione   appare   manifestamente   infondata,
giacche', in sintesi, quel che si prospetta e' una qualita' inferiore
del servizio giurisdizionale che verrebbe fornito nel caso in cui  un
giudice onorario  sia  un  corrisponente  del  collegio  della  Corte
d'appello che pronuncia la  decisione:  argomento  irragionevole,  in
considerazione del  fatto  che,  appunto,  si  tratta  di  un  organo
collegiale, in cui sono inclusi  anche  due  togati,  uno  dei  quali
presiede il collegio.  Sia  nel  caso  in  ali  l'onorario  sia  mero
componente, sia nel caso in cui sia relatore  e/o  estensore  -  come
quello in esame -, anche a prescindere dai requisiti di conoscenza ed
esperienza richiesti dalla  legge  (all'art.  64),  la  collegialita'
conduce ad una equiparazione completa del funzionamento del  collegio
rispetto all'ipotesi in cui sia composto  esclusivamente  da  giudici
togati, anche in ordine alla qualita' della decisione. 
    Anche l'ulteriore argomento per cui la disparita' di  trattamento
verrebbe  subita  pure  in  considerazione  dell'assoggettamento  del
giudice onorario  al  controllo  annuo  della  produzione  di  almeno
novanta provvedimenti definitovi non gode di alcuna consistenza, tale
numero non essendo certo oltrepassante  la  media  produttivita'  che
viene posta in essere anche dal giudice togato. 
    Infine,  l'asserto   di   un'abdicazione,   tramite   la   figura
dell'ausiliario della corte territoriale, ai principi di terzieta' ed
indipendenza del giudice a sua  volta  non  trova  ictu  oculi  alcun
effettivo riscontro nella normativa qui censurata. 
    6. In conclusione, dovendosi ritenere rilevante -  non  potendosi
definire il giudizio indipendentemente da essa - e non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale degli  articoli
62-72 della legge 9 agosto 2013 n. 98 sollevata dai ricorrenti  quale
eccezione di incostituzionahta' delle suddette norme  in  riferimento
all'art.  106,  secondo  comma,  Cost.,  quanto  norme  prevedenti  e
regolanti l'attribuzione a magistrato onorano,  quale  ausiliario  di
Corte d'appello, delle funzioni di giudice collegiale, in luogo delle
funzioni di giudice  singolo  costituzionalmente  imposte,  ai  sensi
dell'art. 23, secondo comma, I. 11 marzo 1952 n.  87  si  dispone  la
trasmissione degli atti alla  Corte  costituzionale,  sospendendo  il
presente giudizio, mandando altresi la cancelleria per l'espletamento
degli incombenti di cui all'ultimo comma del suddetto articolo. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Vista  la  rilevanza  e.  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale degli articoli  62-72  della
legge 9 agosto 2013 n. 98 in riferimento all'art. 106, secondo comma,
Cost., ai sensi dell'art. 23 I. 11 marzo 1952 n. 87 rimette gli  atti
alla  Corte  costituzionale,  sospendendo  il  presente  giudizio   e
mandando la cancelleria per l'espletamento degli incombenti di legge. 
    Cosi' deciso in Roma l'11 settembre 2019 
 
                       Il Presidente: Amendola