N. 138 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2020
Ordinanza del 3 giugno 2020 del Magistrato di sorveglianza di Avellino nel procedimento di sorveglianza nei confronti di A. A.. Ordinamento penitenziario - Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 - Provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 dei condannati e degli internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270-bis, 416-bis del codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, o per un delitto commesso con finalita' di terrorismo ai sensi dell'art. 270-sexies del codice penale, nonche' dei condannati e degli internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975 - Valutazione della permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria - Previsione che procede a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19 il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso. - Decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita' organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con finalita' di terrorismo, nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati), art. 2.(GU n.37 del 9-9-2020 )
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI AVELLINO il Magistrato di sorveglianza Letti gli atti relativi ad A. A., nata ad , gia' detenuta presso la casa circondariale di Avellino in espiazione della pena determinata con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della Procura di Avellino del 6 dicembre 2019 n. , con fine pena al 25 settembre 2021; Premesso che con ordinanza resa in data 20 aprile 2020 questo magistrato concedeva alla A. il differimento dell'esecuzione della pena per grave infermita' fisica nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47-ter comma 1-ter L.P - c.d. detenzione domiciliare «umanitaria» - in riferimento al titolo sopra indicato, comprensivo di una condanna per art. 74 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; Che in data 11 maggio 2020 e' entrato in vigore il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, il quale all'art. 2 ha introdotto il meccanismo della rivalutazione frequente del differimento, prevedendo che il Magistrato di sorveglianza o il Tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento di differimento dell'esecuzione della pena, o di ammissione alla detenzione domiciliare surrogatoria del differimento per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di condannati ed internati per i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 416-bis del codice penale, e 74 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o per un delitto commesso con finalita' di terrorismo ai sensi dell'art. 270-sexies del codice penale, nonche' nei confronti dei condannati e degli internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui e' stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati gia' sottoposti al regime di cui al predetto art. 41-bis L.P., valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile; tuttavia, sempre stando al tenore letterale della norma, la valutazione e' effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilita' di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire di un differimento della pena; Che l'art. 5, dedicato alle norme transitorie, dispone che per i provvedimenti adottati successivamente al 23 febbraio 2020 e gia' emessi alla data di entrata in vigore del decreto, - ovvero alla data dell'11 maggio 2020 - il termine di quindici giorni, - e conseguentemente, a cascata, le successive rivalutazioni mensili - decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto; Che pertanto, in data 26 maggio e' scaduto il termine di quindici giorni per la prima rivalutazione del provvedimento di differimento dell'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare adottato in data 20 aprile 2020 nei confronti della A.; Che in quella data questo magistrato, valutate le risultanze istruttorie pervenute, ed in particolare la nota della DDA di Napoli del 18 maggio 2020, nonche' la relazione sanitaria redatta all'esito della visita medico-fiscale del sanitario dell'ASL distretto di del 22 maggio 2020, in assenza di un riscontro da parte del DAP, riteneva l'assenza di nuovi elementi per una valutazione diversa da quella gia' effettuata con l'ordinanza di concessione e concludeva confermando il provvedimento gia' emesso, nel contempo sollecitando il DAP agli adempimenti di competenza; Che successivamente alla predetta conferma, perveniva nota del DAP che apriva alla valutazione immediata dell'eventuale revoca in base all'ultima parte del citato art. 2; tanto premesso, Osserva Con provvedimento reso in data 20 aprile 2020, questo Magistrato di sorveglianza concedeva ad A. A., persona di settantasei anni di eta', il differimento in via provvisoria ed urgente ex art. 684 del codice di procedura penale - 147 n. 2 c.p. nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47-ter comma 1-ter L.P., fino alla decisione del Tribunale di sorveglianza di Napoli, a cui trasmetteva gli atti per il prosieguo di competenza. Nel merito, la scrivente, nell'effettuare il giudizio di bilanciamento tra il principio di indefettibilita' e di legalita' della pena, il profilo della pericolosita' sociale della A., chiaramente desumibile dall'informativa di ps attestante la contiguita' della prevenuta ad ambienti delinquenziali operanti sul territorio di provenienza, e la tutela delle condizioni di salute della medesima, si determinava a dare prevalenza a queste ultime sulla scorta della relazione sanitaria della casa circondariale di Avellino aggiornata al 20 marzo 2020, attestante che la detenuta risultava affetta da un complesso di patologie per lo piu' a carattere cronico, quali ipertensione arteriosa, obesita', gastropatia, anemia, sefectomia, cardiomegalia, ectasia aortica, broncopatia cronica asmatiforme, insufficienza venosa agli arti inferiori, pregresso intervento di safectomia, steatosi epatica, artrosi polidistrettuale, ernia discale multipla in trattamento farmacologico; la relazione teste' riportata concludeva attestando che le patologie menzionate si configuravano come condizione di rilevante rischio di peggioramento prognostico in relazione alla possibile comorbilita' da COVID-19. Va evidenziato che questo magistrato adottava il differimento dell'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare in favore della A. ai sensi dell'art. 684 comma 2 del codice di procedura penale, il quale prevede che il Magistrato di sorveglianza puo' ordinare la liberazione urgente del detenuto, in attesa che il Tribunale di sorveglianza esamini e decida l'istanza di differimento della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale. Per meglio chiarire quanto appresso si dira', vale la pena soffermarsi un attimo sulla norma di riferimento, che prevede che il differimento provvisorio e' subordinato alla condizione che ricorra fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti per cui il tribunale accogliera' l'istanza; pertanto, in tal caso il magistrato deve compiere una valutazione ex ante sugli stessi elementi che saranno poi valutati in via definitiva dal tribunale; inoltre, deve ritenere che la protrazione della detenzione possa causare un grave pregiudizio al condannato. E' utile riflettere sulla natura di tale pregiudizio: e' evidente che esso non possa identificarsi nel semplice fatto di rimanere privato della liberta', - pregiudizio che e' sempre sussistente nei confronti del detenuto, per cui, se cosi' fosse, questa parte della disposizione sarebbe completamente inutile - ma consistere in un sacrificio apprezzabile ed ulteriore; nel caso di specie un pericolo grave per la salute. Una volta compiuta la valutazione del bilanciamento nel senso della effettiva sussistenza del grave pregiudizio per la salute e della sua prevalenza sulla indefettibilita' della pena, il provvedimento di concessione provvisoria emesso ai sensi dell'art. 684 del codice di procedura penale, adottato con procedura semplificata de plano per esigenze di celerita' connesse alla tutela del grave pregiudizio, conserva la sua efficacia fino alla decisione del Tribunale di sorveglianza, a cui vanno trasmessi gli atti per la decisione entro il termine di sessanta giorni, in forza del richiamo dell'art. 47-ter comma 1-quater all'art. 47 comma 4 L.P., che rende estensibile la disciplina dettata in tema di affidamento in prova provvisorio. Nell'originario impianto normativo ante decreto n. 29 appena descritto, la sede naturale per la rivalutazione complessiva della posizione del detenuto era dunque l'udienza dinanzi all'organo collegiale, udienza per la quale valgono le garanzie del contraddittorio previste per il procedimento di sorveglianza dal combinato disposto degli articoli 678 e 666 del codice di procedura penale. Sennonche', a mutare il quadro normativo fin qui delineato, e' intervenuto il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, che ha imposto non solo al Tribunale di sorveglianza, ma anche al Magistrato di sorveglianza che ha adottato il provvedimento in via interinale ed urgente ai sensi dell'art. 684 del codice di procedura penale, di effettuare una rivalutazione di quel medesimo provvedimento, entro termini piuttosto stringenti. Entrato in vigore il decreto, in osservanza delle nuove disposizioni, e' stata registrata la procedura di rivalutazione dell'ordinanza resa a favore di A. A., e disposta l'istruttoria prescritta, all'esito della quale, e' emerso quanto segue: 1) con nota del 18 maggio 2020, la DDA di Napoli ha riferito che A. A. e' persona contigua al clan ; detto clan e' tuttora pienamente operante sul territorio di , e non risulta che la predetta abbia mai manifestato intenti collaborativi o che si sia dissociata dall'organizzazione criminale di riferimento; pertanto, l'estensore della nota ha concluso esprimendo parere contrario alla protrazione del beneficio de quo; 2) la relazione sanitaria redatta dal medico dell'ASL in data 22 maggio 2020, ha sostanzialmente confermato il quadro patologico complesso, attestando, all'esame obbiettivo, «soggetto obeso, addome batraciano, passaggi posturali solo con sostegno di terzi, deambulazione claudicante con appoggio di bastone, edemi agli arti inferiori, cute discromica», e alla diagnosi, «obesita' di grado grave in soggetto con insufficienza venosa cronica agli arti inferiori; marcata gonartrosi con difficolta' deambulatoria; passaggi posturali con sostegno; ipertensione arteriosa, risentimento cardiaco, poliartrosi diffusa, difficolta' respiratoria»; 3) La nota del DAP del 26 maggio 2020 pervenuta all'ufficio in data successiva, con la quale si comunica che per A. A. «considerata la relazione sanitaria pervenuta dalla Direzione dell'istituto penitenziario di Avellino, riferita all'ultimo periodo detentivo, non avendo ulteriori notizie al riguardo e non essendo a conoscenza dell'attuale condizione clinica, si segnala la necessita', in caso di ripristino dell'esecuzione della pena in carcere, di associare la predetta in un istituto penitenziario con ampia offerta sanitaria, quale ad esempio la casa circondariale di Messina, tenuto conto che, allo stato, non sono disponibili SAI (ex CDT) con degenza femminile. Si segnala, altresi', l'opportunita' di valutare il ricovero in un reparto di medicina protetta. Si fa presente, comunque, che i reparti di medicina protetta sono reparti presenti all'interno di ospedali, "luoghi esterni di cura", destinati al ricovero dei detenuti e degli internati per i quali l'Autorita' abbia disposto il piantonamento, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 354/75 o altro provvedimento previsto dalla normativa vigente, e che eventuali disponibilita' di posto letto dovranno essere richieste direttamente al reparto di medicina protetta. Detti reparti offrono una degenza ospedaliera controllata, mediante camere di degenza dotate di grate di sicurezza alle finestre e alle porte». La nota prosegue poi effettuando un lungo elenco di tutti i reparti di medicina protetta presenti sul territorio nazionale, e specificando, poi, per ognuno di essi la capienza dei posti letto teoricamente disponibili presso ciascun reparto. Non si puo' fare a meno di sottolineare la peculiarita' del tenore della predetta nota, che desta una certa perplessita' in chi scrive, atteso che in tal caso il DAP non si fa realmente carico di offrire una reale disponibilita', ma si limita ad elencare quali e dove sono tutti i reparti di medicina protetta sparsi nelle varie regioni d'Italia, lasciando poi al magistrato l'arduo compito di chiedere e verificare dove ci sia una disponibilita' effettiva, e soprattutto dove sia corretto collocare la detenuta in relazione alla complessita' del quadro patologico; il tutto, poi, da sciogliere nel termine previsto dalla norma e, in ogni caso, nel piu' breve tempo possibile. A parte cio', il corredo istruttorio fin qui illustrato, considerato il tenore negativo della nota della DDA e la risposta del DAP, a questo punto deporrebbe nel senso di una revoca della detenzione domiciliare con ripristino del regime detentivo ordinario e conseguentemente, la collocazione della A. in uno dei tanti reparti di medicina protetta indicati; sebbene permanga il dubbio dell'opportunita' di integrare l'istruttoria, nel caso di collocazione della predetta in una struttura sanitaria fuori dalla regione di provenienza, richiedendo anche il parere dell'autorita' sanitaria della regione presso la quale si trova la struttura ospedaliera prescelta, e magari anche accertare l'eventuale presenza presso quella struttura di un reparto di terapia anti-covid, con il rischio pero' di ulteriore rallentamento rispetto ai ristretti limiti temporali per provvedere imposti dall'art. 2. Ma e' proprio a questo punto, invece, che chi scrive si interroga sulla legittimita' costituzionale dell'art. 2, nella parte in cui prevede che proceda alla rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, anche il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso in via provvisoria ed urgente; un dubbio che ritiene rilevante, perche' e' proprio attraverso l'applicazione della disciplina contenuta nella norma in discussione, che dovrebbe oggi verosimilmente pervenirsi ad un provvedimento di revoca della concessione a suo tempo effettuata, ed al conseguente ripristino dello stato detentivo carcerario; ed al contempo non manifestamente infondato, per contrasto della predetta norma con gli articoli 24 comma 2, 111 comma 2, e 32 della Costituzione. Ed invero, mentre il procedimento dinanzi all'organo collegiale, sia che sia instaurato con istanza autonoma dell'interessato rivolta direttamente al Tribunale, sia che sia, piuttosto, il prosieguo della procedura interinale ed urgente instauratasi dinanzi all'organo monocratico, prevede tutte le garanzie di un contraddittorio pieno e «ad armi pari», quali sono quelle desumibili dal combinato disposto degli articoli 678 e 666 del codice di procedura penale, non altrettanto prevede la procedura di differimento dinanzi al magistrato, per la quale il contraddittorio viene completamente sacrificato in funzione di una decisione celere il piu' possibile in funzione della tutela di quel grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, e nella quale, nella migliore delle ipotesi costituita da attivazione della procedura su istanza del soggetto interessato e non di ufficio, la partecipazione della difesa tecnica e' limitata alla formulazione dell'istanza iniziale con allegazione di documentazione sanitaria di parte; ne' e' stato previsto nel decreto-legge in argomento un diritto dell'interessato di prendere visione degli atti contenuti nel fascicolo della rivalutazione ed eventualmente controdedurre nel merito delle risultante istruttorie. L'interessato, quindi, che nel contraddittorio dell'udienza dinanzi al Tribunale puo' produrre memorie, ed eventualmente anche una documentazione sanitaria piu' aggiornata o specifica, in tal caso per converso non potra' nulla eccepire ne' rispetto al contenuto della nota informativa della DDA, ne' interloquire rispetto alla risposta del DAP in merito alla individuazione della struttura penitenziaria presso la quale ritenga che possano essere svolte cure adeguate per le condizioni di salute del detenuto; una interlocuzione che per esempio proprio nel caso di specie potrebbe essere dirimente, visto l'ampio ventaglio di possibilita' entro le quali dovrebbe operarsi la scelta, e la necessita' che detta scelta sia il piu' possibile oculata e rispondente alle effettive esigenze di cura, per cui non sara' indifferente per la tutela della salute della condannata che la scelta ricada su una struttura in luogo di un'altra; un profilo, questo, che va opportunamente evidenziato specie se si rammenta l'orientamento piu' recente e condivisibile della Suprema Corte, secondo il quale l'incompatibilita' delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario va valutata in concreto, ossia considerando non soltanto il grado di gravita' della malattia, ma anche quali sono le offerte terapeutiche in concreto apprestabili in rapporto alla specificita' della malattia. Certo, e' anche verosimile che in prossimita' della scadenza dei termini per le rivalutazioni l'interessato, tramite la sua difesa tecnica, si attivi per produrre altra documentazione tendente ad arricchire il compendio istruttorio per ottenere una valutazione di tipo confermativo del beneficio ottenuto, e tale possibilita', nel silenzio della legge, non sembra che possa essere aprioristicamente esclusa; tuttavia, non avendo il difensore accesso agli atti del fascicolo, non essendo prevista una discovery formale, questa attivita' si svolgera' «alla cieca», ossia non in modo mirato rispetto agli specifici contenuti delle risposte pervenute. Si ravvisa in cio' anche una palese violazione del principio del contraddittorio nel cui perimetro si esplica pienamente il diritto di difesa, in assenza di un piano di parita' tra le parti; in sostanza, viene ad essere lesa la possibilita' della parte interessata di poter avere una effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento giurisdizionale di cui sara' destinataria in condizioni di «par condicio» con la parte pubblica, con violazione, quindi, dell'art. 111, comma 2; di riflesso poi, anche il principio della imparzialita' del giudice, parimenti richiamato dal comma 2 dell'art. 111, risultera' ad avviso di chi scrive alterato dall'aver «sentito una sola campana», ravvisandosi un simile pregiudizio tutte le volte in cui la magistratura assume la veste di arbitro esclusivo nella selezione degli elementi su cui fondare la decisione. Si potrebbe obbiettare, a questo punto, che il sacrificio del contraddittorio e' in realta' solo parziale e temporaneo, essendo previsto il recupero pieno nella fase successiva presso il Tribunale, dinanzi al quale approderanno tanto il provvedimento di concessione, tanto verosimilmente la successiva revoca, e che avra' il compito poi di dire l'ultima parola (salve poi le rivalutazioni successive demandate al Tribunale stesso dal medesimo art. 2). Peraltro, proprio il recupero del contraddittorio in fase successiva ha costituito uno degli argomenti principali con cui la Corte adita, con la sentenza n. 279 del 2019, ebbe a rigettare una precedente questione di legittimita' costituzionale sollevata proprio da questo magistrato in relazione all'art. 238-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, nella parte in cui parifica all'ipotesi della comunicazione di esperimento infruttuoso della procedura esecutiva, l'ipotesi di mancato esperimento della procedura esecutiva decorsi ventiquattro mesi dalla presa in carico da parte dell'agente della riscossione. Al riguardo, si rammenta che ci si doleva del fatto che la disposizione citata, prendendo per presupposto la semplice inerzia dell'agente della riscossione per ventiquattro mesi, avrebbe dato avvio ad un procedimento nei confronti del condannato ad una mera pena pecuniaria, finalizzato all'adozione di un provvedimento di conversione della pena pecuniaria non pagata in liberta' controllata, e dunque limitativo della sua sfera di liberta' personale, senza che questi, soprattutto nel caso di notifica mediante il rito previsto per l'irreperibilita' relativa, ne avesse mai avuto in concreto notizia e conseguentemente la possibilita' di espone le proprie ragioni prima dell'adozione del provvedimento medesimo. In quella circostanza la Corte ritenne infondata la questione e la rigetto', non solo osservando che l'operativita' della norma censurata era condizionata dalla previa notifica dell'invito al pagamento, quantomeno nelle forme dell'art. 140 del codice di procedura civile (ipotesi della c.d. «irreperibilita' relativa»), notifica volta ad avvisare il debitore della possibilita' di una esecuzione forzata, e in difetto di risultato utile, della conversione della pena nelle sanzioni sostitutive ex legge n. 689/81, ma viepiu' osservando che contro l'ordinanza del Magistrato di sorveglianza che dispone la conversione, il condannato conserva pur sempre la facolta' di proporre opposizione davanti al medesimo giudice, nonche' quella di ricorrere in Cassazione contro l'eventuale rigetto dell'opposizione, «con l'ulteriore garanzia, - imposta dalla sentenza n. 108 del 1987 della medesima Corte e oggi riconosciuta dall'art. 660 ultimo comma del codice di procedura penale, dell'effetto sospensivo dell'esecuzione a far data dalla presentazione del ricorso in Cassazione». Orbene, proprio effettuando un utile raffronto con quanto chiarito dalla Corte in tema di art. 238-bis testo unico spese di giustizia, non si puo' fare a meno di notare che a differenza di quest'ultimo caso, per il provvedimento adottato all'esito della rivalutazione, che come si e' visto e' istituto fortemente tendente alla revoca piuttosto che alla conservazione, non e' prevista alcuna opposizione con effetto sospensivo in grado di paralizzarne immediatamente gli effetti negativi, essendo il differimento urgente un provvedimento di natura provvisoria, come tale non impugnabile ne' opponibile davanti alla medesima a.g. emittente, ed estendendosi per coerenza logico giuridica queste medesime caratteristiche al provvedimento ad esso speculare di revoca. Conseguenza necessaria della inopponibilita', sara' l'inevitabile ripristino della detenzione inframuraria in via immediata. Inoltre, e' pur vero che la successiva fase dinanzi al Tribunale di sorveglianza consente di recuperare il pieno contraddittorio e con esso l'esercizio del diritto di difesa, ma, a parte la circostanza che il termine di sessanta giorni entro il quale il Tribunale e' chiamato a decidere e' un termine ordinatorio e non perentorio, e' piuttosto realistico ipotizzare che la decisione del Tribunale ben difficilmente interverra' prima di trenta giorni o piu', considerando non solo i necessari tempi tecnici di registrazione, notifica degli avvisi ed istruttoria, ma soprattutto i ruoli oberati per l'eccezionale carico di lavoro che notoriamente grava sui Tribunali di sorveglianza, circostanza, quest'ultima, che la stessa Corte ha ufficialmente riconosciuto come dato di fatto notorio nel finale della motivazione della sentenza del 27 settembre 2016 n. 216, in tema di divieto di sospensione dell'esecuzione nei confronti dei condannati per il delitto di furto in abitazione. L'applicazione della norma comportera' che il condannato precedentemente differito per ragioni di salute connesse all'emergenza covid, si trovera' costretto, senza aver posto in essere alcuna condotta colpevole e spesso senza neppure averne avuto preventiva notizia, a subire gli effetti della revoca del provvedimento di concessione della detenzione domiciliare, in un momento particolarmente delicato, in cui per converso il contraddittorio immediato sarebbe stato importante, se non altro, almeno sotto il profilo della scelta del reparto di medicina protetta di assegnazione e della sua idoneita' a curarlo. L'incidenza della revoca sul bene primario della salute, avrebbe dovuto imporre una maggiore cautela con la previsione di piu' adeguate garanzie, specie considerando che l'attuale emergenza sanitaria, lungi dall'essere stata completamente debellata, e' ancora in atto, sia pure con differente livello di impatto nelle diverse regioni del Paese. Viene quindi autonomamente in rilievo una violazione anche del diritto alla salute, che l'art. 32 della Costituzione definisce non a caso «fondamentale», evidentemente riferendosi al fatto che in mancanza, qualunque altro diritto finisce per ridursi a vuoto simulacro; del resto, il diritto alla salute contiene in se anche il diritto alla vita, ed e' per questo che e' l'unico diritto che non tollera alcuna compressione. Sia consentita, a questo punto, una breve riflessione sul tema, che ad avviso di chi scrive rafforza la necessita' di una valutazione ponderata ed attenta quando si parla di provvedimenti che vanno ad incidere sul diritto alla salute, sia pure in maniera provvisoria, ma con effetti immediati e potenzialmente devastanti in caso di decisione errata o frutto di una visione parziale. Molto si e' discusso, ma poco si e' fatto finora a beneficio della tutela della salute in carcere, che e' un tema con ripercussioni immediate sulle scarcerazioni per motivi di salute, per le inevitabili conseguenze che comporta sulle concrete possibilita' di cure ed accertamenti diagnostici necessari alla salute dei ristretti; possibilita' che hanno una loro incidenza nel giudizio di bilanciamento che il Magistrato di sorveglianza e' chiamato ad effettuare in punto di differimento dell'esecuzione della pena, anche alla luce del menzionato orientamento della Suprema Corte sulla incompatibilita' in concreto. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del l° aprile 2008, la competenza sul servizio sanitario penitenziario e' passata dal Ministero di grazia e giustizia, al Servizio sanitario nazionale, organizzato su base regionale. Se giusta era la riflessione di partenza, consistita nella avvertita necessita' di fornire una risposta unitaria a tutti i cittadini, liberi o detenuti, nella pratica pero', non si e' tenuto in debito conto delle maggiori difficolta' incontrate dai soggetti detenuti nel ricevere assistenza sanitaria, inevitabilmente connesse proprio allo stato di restrizione; ne e' derivato un sistema farraginoso, complesso e non sempre efficiente, le cui criticita', messe ancora piu' in evidenza dal virus, hanno finito per riverberarsi in maniera negativa sulla salute dei ristretti compromettendone in molti casi le effettive possibilita' di cura permanendo in regime penitenziario; questo aspetto ha reso, se possibile, ancora piu' delicate e complesse le valutazioni e le scelte effettuate dalla magistratura di sorveglianza in tema di differimento urgente dell'esecuzione della pena per motivi di salute legati anche all'emergenza Covid; e basti allora questo a far considerare quanto mai opportuna, in luogo di valutazioni che rischiano di essere frettolose, approssimative e parziali, la restituzione della rivalutazione del quadro complessivo alla pienezza del contraddittorio.
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato che lo ha emesso, per violazione degli articoli 24 comma 2, 111 comma 2, e 32 della Costituzione. Sospende il procedimento nei confronti di A. A. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 nella parte richiamata. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Avellino, 3 giugno 2020 Il Magistrato di sorveglianza: Ventra UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI AVELLINO il Magistrato di sorveglianza Rivista la propria ordinanza con cui in data 3 giugno 2020 sollevava la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 nel procedimento di rivalutazione dell'ordinanza del 20 aprile 2020 nei confronti di A. A., nata ad , gia' detenuta presso la casa circondariale di Avellino in espiazione della pena determinata con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della Procura di Avellino del 6 dicembre 2019 n. , ed attualmente in differimento provvisorio dell'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare; Rilevato che occorre procedere alla correzione degli errori materiali contenuti nella predetta ordinanza - non incidenti sul contenuto della decisione - nella parte in cui si fa riferimento al reato di cui all'art. 74 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, anziche' ai reati di cui agli articoli 110 del codice penale - 81 comma 2 del codice penale - 644 commi l e 5 del codice penale - art. 7 legge n. 203/1991 e art. 629 comma 2 del codice penale - 7 legge n. 203/1991, nonche' nella parte in cui, nel riportare il testo dell'art. 2 citato, si omette di menzionare i delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa; P. Q. M. Dispone la correzione degli errori materiali contenuti nella predetta ordinanza, nella parte in cui si fa riferimento all'art. 74 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 anziche' ai reati di cui agli articoli 110 - 81 comma 2 del codice penale - 644 comma 1 e 5 del codice penale - art. 7 legge n. 203/1991 e art. 629 comma 2 del codice penale - 7 legge n. 203/1991, e si omette il riferimento ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa. Avellino, 15 giugno 2020 Il Magistrato di sorveglianza: Ventra