N. 138 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2020

Ordinanza del  3  giugno  2020  del  Magistrato  di  sorveglianza  di
Avellino nel procedimento di sorveglianza nei confronti di A. A.. 
 
Ordinamento penitenziario - Misure urgenti in materia  di  detenzione
  domiciliare o  di  differimento  della  pena  per  motivi  connessi
  all'emergenza sanitaria da COVID-19 - Provvedimento  di  ammissione
  alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi
  connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 dei condannati e degli
  internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270-bis, 416-bis del
  codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o  per  un
  delitto  commesso  avvalendosi  delle  condizioni  o  al  fine   di
  agevolare l'associazione mafiosa, o per  un  delitto  commesso  con
  finalita' di terrorismo ai sensi dell'art.  270-sexies  del  codice
  penale, nonche' dei condannati  e  degli  internati  sottoposti  al
  regime previsto dall'art. 41-bis della legge  n.  354  del  1975  -
  Valutazione  della  permanenza  dei  motivi  legati   all'emergenza
  sanitaria  -   Previsione   che   procede   a   rivalutazione   del
  provvedimento  di  ammissione  alla  detenzione  domiciliare  o  di
  differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria
  da Covid-19 il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso. 
- Decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in  materia  di
  detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione  della  pena,
  nonche' in materia di  sostituzione  della  custodia  cautelare  in
  carcere  con  la  misura  degli  arresti  domiciliari,  per  motivi
  connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o
  internate  per  delitti  di  criminalita'   organizzata   di   tipo
  terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a  delinquere
  legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti  commessi
  avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare  l'associazione
  mafiosa o con  finalita'  di  terrorismo,  nonche'  di  detenuti  e
  internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis  della
  legge 26 luglio 1975,  n.  354,  nonche',  infine,  in  materia  di
  colloqui con i congiunti o con altre persone cui  hanno  diritto  i
  condannati, gli internati e gli imputati), art. 2. 
(GU n.37 del 9-9-2020 )
 
                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI AVELLINO 
                    il Magistrato di sorveglianza 
 
    Letti gli atti relativi ad A.  A.,  nata  ad    ,  gia'  detenuta
presso la casa circondariale di Avellino  in  espiazione  della  pena
determinata con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della
Procura di Avellino del 6 dicembre 2019 n.   , con fine  pena  al  25
settembre 2021; 
    Premesso che con ordinanza resa in data  20  aprile  2020  questo
magistrato concedeva alla A. il  differimento  dell'esecuzione  della
pena  per  grave  infermita'  fisica  nelle  forme  della  detenzione
domiciliare  ex  art.  47-ter  comma  1-ter  L.P  -  c.d.  detenzione
domiciliare «umanitaria» - in riferimento al titolo  sopra  indicato,
comprensivo di una condanna per art. 74 decreto del Presidente  della
Repubblica n. 309/1990; 
    Che in data 11 maggio 2020 e' entrato in vigore il  decreto-legge
10 maggio  2020,  n.  29,  il  quale  all'art.  2  ha  introdotto  il
meccanismo della rivalutazione frequente del differimento, prevedendo
che il Magistrato di sorveglianza o il Tribunale di sorveglianza  che
ha adottato il provvedimento di  differimento  dell'esecuzione  della
pena, o di ammissione alla detenzione  domiciliare  surrogatoria  del
differimento per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19,
nei confronti di condannati ed internati per i delitti  di  cui  agli
articoli 270, 270-bis, 416-bis del codice penale, e  74  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, o per  un  delitto  commesso
con finalita' di terrorismo ai sensi dell'art. 270-sexies del  codice
penale, nonche'  nei  confronti  dei  condannati  e  degli  internati
sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge 26  luglio
1975, n.  354,  acquisito  il  parere  del  Procuratore  distrettuale
antimafia del  luogo  in  cui  e'  stato  commesso  il  reato  e  del
Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati  ed
internati gia' sottoposti al regime di cui al  predetto  art.  41-bis
L.P., valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza  sanitaria
entro il termine di quindici giorni dall'adozione  del  provvedimento
e, successivamente, con cadenza mensile; tuttavia, sempre  stando  al
tenore  letterale  della  norma,   la   valutazione   e'   effettuata
immediatamente,  anche  prima  della  decorrenza  dei  termini  sopra
indicati,  nel  caso  in  cui  il  Dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria comunichi la disponibilita' di strutture  penitenziarie
o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di  salute
del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione  domiciliare  o
ad usufruire di un differimento della pena; 
    Che l'art. 5, dedicato alle norme transitorie, dispone che per  i
provvedimenti adottati successivamente al 23  febbraio  2020  e  gia'
emessi alla data di entrata in vigore del decreto, - ovvero alla data
dell'11  maggio  2020  -  il  termine  di  quindici   giorni,   -   e
conseguentemente, a cascata, le successive  rivalutazioni  mensili  -
decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 
    Che pertanto, in data 26 maggio e' scaduto il termine di quindici
giorni per la prima rivalutazione del provvedimento  di  differimento
dell'esecuzione della pena nelle forme della  detenzione  domiciliare
adottato in data 20 aprile 2020 nei confronti della A.; 
    Che in quella data  questo  magistrato,  valutate  le  risultanze
istruttorie pervenute, ed in particolare la nota della DDA di  Napoli
del 18 maggio 2020, nonche' la relazione sanitaria redatta  all'esito
della visita medico-fiscale del sanitario dell'ASL    distretto  di  
del 22 maggio 2020, in assenza di un  riscontro  da  parte  del  DAP,
riteneva l'assenza di nuovi elementi per una valutazione  diversa  da
quella gia' effettuata con l'ordinanza di  concessione  e  concludeva
confermando il provvedimento gia' emesso, nel  contempo  sollecitando
il DAP agli adempimenti di competenza; 
    Che successivamente alla predetta conferma,  perveniva  nota  del
DAP che apriva alla valutazione immediata  dell'eventuale  revoca  in
base all'ultima parte del citato art. 2; 
    tanto premesso, 
 
                               Osserva 
 
    Con provvedimento reso in data 20 aprile 2020, questo  Magistrato
di sorveglianza concedeva ad A. A., persona di  settantasei  anni  di
eta', il differimento in via provvisoria ed urgente ex art.  684  del
codice di procedura  penale  -  147  n.  2  c.p.  nelle  forme  della
detenzione domiciliare ex art. 47-ter comma  1-ter  L.P.,  fino  alla
decisione del Tribunale di sorveglianza di Napoli, a cui  trasmetteva
gli atti per il prosieguo di competenza. 
    Nel  merito,  la  scrivente,  nell'effettuare  il   giudizio   di
bilanciamento tra il principio di  indefettibilita'  e  di  legalita'
della  pena,  il  profilo  della  pericolosita'  sociale  della   A.,
chiaramente  desumibile  dall'informativa  di  ps     attestante   la
contiguita' della prevenuta ad ambienti delinquenziali  operanti  sul
territorio di provenienza, e la tutela  delle  condizioni  di  salute
della medesima, si determinava a  dare  prevalenza  a  queste  ultime
sulla scorta della relazione sanitaria della  casa  circondariale  di
Avellino aggiornata al 20 marzo  2020,  attestante  che  la  detenuta
risultava affetta  da  un  complesso  di  patologie  per  lo  piu'  a
carattere   cronico,   quali   ipertensione   arteriosa,    obesita',
gastropatia,  anemia,  sefectomia,  cardiomegalia,  ectasia  aortica,
broncopatia  cronica  asmatiforme,  insufficienza  venosa  agli  arti
inferiori, pregresso  intervento  di  safectomia,  steatosi  epatica,
artrosi  polidistrettuale,  ernia  discale  multipla  in  trattamento
farmacologico; la relazione teste'  riportata  concludeva  attestando
che le patologie  menzionate  si  configuravano  come  condizione  di
rilevante rischio di  peggioramento  prognostico  in  relazione  alla
possibile comorbilita' da COVID-19. 
    Va evidenziato che questo  magistrato  adottava  il  differimento
dell'esecuzione della pena nelle forme della  detenzione  domiciliare
in favore della A. ai sensi dell'art.  684  comma  2  del  codice  di
procedura penale, il quale prevede che il Magistrato di  sorveglianza
puo' ordinare la liberazione urgente del detenuto, in attesa  che  il
Tribunale di sorveglianza esamini e decida l'istanza di  differimento
della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale. 
    Per meglio chiarire  quanto  appresso  si  dira',  vale  la  pena
soffermarsi un attimo sulla norma di riferimento, che prevede che  il
differimento provvisorio e' subordinato alla condizione  che  ricorra
fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti per  cui  il
tribunale accogliera' l'istanza; pertanto, in tal caso il  magistrato
deve compiere una valutazione  ex  ante  sugli  stessi  elementi  che
saranno poi valutati in via definitiva dal tribunale;  inoltre,  deve
ritenere che la protrazione della detenzione possa causare  un  grave
pregiudizio al condannato. 
    E' utile riflettere sulla natura di tale pregiudizio: e' evidente
che esso non possa  identificarsi  nel  semplice  fatto  di  rimanere
privato della liberta', - pregiudizio che e' sempre  sussistente  nei
confronti del detenuto, per cui, se cosi' fosse, questa  parte  della
disposizione sarebbe completamente inutile  -  ma  consistere  in  un
sacrificio apprezzabile ed ulteriore; nel caso di specie un  pericolo
grave per la salute. 
    Una volta compiuta la valutazione  del  bilanciamento  nel  senso
della effettiva sussistenza del grave pregiudizio  per  la  salute  e
della  sua  prevalenza  sulla   indefettibilita'   della   pena,   il
provvedimento di concessione provvisoria emesso  ai  sensi  dell'art.
684  del  codice  di  procedura  penale,   adottato   con   procedura
semplificata de plano per esigenze di celerita' connesse alla  tutela
del grave pregiudizio, conserva la sua efficacia fino alla  decisione
del Tribunale di sorveglianza, a cui vanno trasmessi gli atti per  la
decisione entro il termine di sessanta giorni, in forza del  richiamo
dell'art. 47-ter comma 1-quater all'art. 47 comma 4 L.P.,  che  rende
estensibile la disciplina dettata in tema  di  affidamento  in  prova
provvisorio. 
    Nell'originario impianto normativo  ante  decreto  n.  29  appena
descritto, la sede naturale per la  rivalutazione  complessiva  della
posizione  del  detenuto  era  dunque  l'udienza  dinanzi  all'organo
collegiale,  udienza  per  la   quale   valgono   le   garanzie   del
contraddittorio previste per  il  procedimento  di  sorveglianza  dal
combinato disposto degli articoli 678 e 666 del codice  di  procedura
penale. 
    Sennonche', a mutare il quadro normativo fin  qui  delineato,  e'
intervenuto il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29,  che  ha  imposto
non solo al Tribunale di sorveglianza,  ma  anche  al  Magistrato  di
sorveglianza che ha adottato il provvedimento in  via  interinale  ed
urgente ai sensi dell'art. 684 del codice  di  procedura  penale,  di
effettuare una rivalutazione di quel  medesimo  provvedimento,  entro
termini piuttosto stringenti. 
    Entrato  in  vigore  il  decreto,  in  osservanza   delle   nuove
disposizioni, e'  stata  registrata  la  procedura  di  rivalutazione
dell'ordinanza resa a favore  di  A.  A.,  e  disposta  l'istruttoria
prescritta, all'esito della quale, e' emerso quanto segue: 
        1) con nota del 18 maggio 2020, la DDA di Napoli ha  riferito
che A. A. e' persona contigua al  clan    ;  detto  clan  e'  tuttora
pienamente operante sul territorio  di    ,  e  non  risulta  che  la
predetta abbia mai manifestato intenti collaborativi  o  che  si  sia
dissociata dall'organizzazione criminale  di  riferimento;  pertanto,
l'estensore della nota ha concluso esprimendo parere  contrario  alla
protrazione del beneficio de quo; 
        2) la relazione sanitaria redatta dal  medico  dell'ASL    in
data  22  maggio  2020,  ha  sostanzialmente  confermato  il   quadro
patologico complesso,  attestando,  all'esame  obbiettivo,  «soggetto
obeso, addome batraciano, passaggi posturali  solo  con  sostegno  di
terzi, deambulazione claudicante con appoggio di bastone, edemi  agli
arti inferiori, cute discromica», e alla diagnosi, «obesita' di grado
grave  in  soggetto  con  insufficienza  venosa  cronica  agli   arti
inferiori; marcata gonartrosi con difficolta' deambulatoria; passaggi
posturali  con   sostegno;   ipertensione   arteriosa,   risentimento
cardiaco, poliartrosi diffusa, difficolta' respiratoria»; 
        3) La nota del DAP del 26 maggio 2020  pervenuta  all'ufficio
in  data  successiva,  con  la  quale  si  comunica  che  per  A.  A.
«considerata  la  relazione  sanitaria  pervenuta   dalla   Direzione
dell'istituto penitenziario di Avellino, riferita all'ultimo  periodo
detentivo, non avendo ulteriori notizie al riguardo e non  essendo  a
conoscenza dell'attuale condizione clinica, si segnala la necessita',
in caso di ripristino  dell'esecuzione  della  pena  in  carcere,  di
associare la predetta in un istituto penitenziario con ampia  offerta
sanitaria, quale ad esempio la casa circondariale di Messina,  tenuto
conto che, allo stato, non sono disponibili SAI (ex CDT) con  degenza
femminile.  Si  segnala,  altresi',  l'opportunita'  di  valutare  il
ricovero  in  un  reparto  di  medicina  protetta.  Si  fa  presente,
comunque, che i reparti di medicina protetta  sono  reparti  presenti
all'interno di ospedali,  "luoghi  esterni  di  cura",  destinati  al
ricovero dei detenuti e degli internati per i quali l'Autorita' abbia
disposto il piantonamento, ai  sensi  dell'art.  11  della  legge  n.
354/75 o altro provvedimento previsto dalla normativa vigente, e  che
eventuali disponibilita' di posto  letto  dovranno  essere  richieste
direttamente al reparto di medicina protetta. Detti  reparti  offrono
una degenza  ospedaliera  controllata,  mediante  camere  di  degenza
dotate di grate di sicurezza alle finestre e  alle  porte».  La  nota
prosegue poi effettuando un  lungo  elenco  di  tutti  i  reparti  di
medicina protetta presenti sul territorio nazionale, e  specificando,
poi, per ognuno di essi la  capienza  dei  posti  letto  teoricamente
disponibili presso ciascun reparto. 
    Non si puo' fare a  meno  di  sottolineare  la  peculiarita'  del
tenore della predetta nota, che desta una certa perplessita'  in  chi
scrive, atteso che in tal caso il DAP non si fa realmente  carico  di
offrire una reale disponibilita', ma si limita ad  elencare  quali  e
dove sono tutti i reparti di medicina  protetta  sparsi  nelle  varie
regioni d'Italia, lasciando poi  al  magistrato  l'arduo  compito  di
chiedere e verificare dove ci sia  una  disponibilita'  effettiva,  e
soprattutto dove sia corretto collocare la detenuta in relazione alla
complessita' del quadro patologico; il tutto, poi, da sciogliere  nel
termine previsto dalla norma e, in ogni caso, nel  piu'  breve  tempo
possibile. 
    A  parte  cio',  il  corredo  istruttorio  fin  qui   illustrato,
considerato il tenore negativo della nota della DDA e la risposta del
DAP, a  questo  punto  deporrebbe  nel  senso  di  una  revoca  della
detenzione domiciliare con ripristino del regime detentivo  ordinario
e conseguentemente, la collocazione della A. in uno dei tanti reparti
di  medicina  protetta   indicati;   sebbene   permanga   il   dubbio
dell'opportunita'   di   integrare   l'istruttoria,   nel   caso   di
collocazione della predetta in una struttura  sanitaria  fuori  dalla
regione di provenienza, richiedendo anche  il  parere  dell'autorita'
sanitaria della  regione  presso  la  quale  si  trova  la  struttura
ospedaliera prescelta, e magari anche accertare l'eventuale  presenza
presso quella struttura di un reparto di terapia anti-covid,  con  il
rischio pero' di ulteriore rallentamento rispetto ai ristretti limiti
temporali per provvedere imposti dall'art. 2. 
    Ma e' proprio a questo punto, invece, che chi scrive si interroga
sulla legittimita' costituzionale dell'art. 2,  nella  parte  in  cui
prevede  che  proceda  alla  rivalutazione   del   provvedimento   di
ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento  della  pena
per motivi connessi all'emergenza sanitaria  da  COVID-19,  anche  il
Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso  in  via  provvisoria  ed
urgente;  un  dubbio  che  ritiene  rilevante,  perche'  e'   proprio
attraverso l'applicazione della disciplina contenuta nella  norma  in
discussione,  che  dovrebbe  oggi  verosimilmente  pervenirsi  ad  un
provvedimento di revoca della concessione a suo tempo effettuata,  ed
al conseguente ripristino dello stato  detentivo  carcerario;  ed  al
contempo non manifestamente infondato, per contrasto  della  predetta
norma con  gli  articoli  24  comma  2,  111  comma  2,  e  32  della
Costituzione. 
    Ed invero, mentre il procedimento dinanzi all'organo  collegiale,
sia che sia instaurato con istanza autonoma dell'interessato  rivolta
direttamente al Tribunale, sia che sia, piuttosto, il prosieguo della
procedura  interinale  ed  urgente  instauratasi  dinanzi  all'organo
monocratico, prevede tutte le garanzie di un contraddittorio pieno  e
«ad armi pari», quali sono quelle desumibili dal  combinato  disposto
degli articoli  678  e  666  del  codice  di  procedura  penale,  non
altrettanto  prevede  la  procedura  di   differimento   dinanzi   al
magistrato, per  la  quale  il  contraddittorio  viene  completamente
sacrificato in funzione di una decisione celere il piu' possibile  in
funzione della tutela  di  quel  grave  pregiudizio  derivante  dalla
protrazione dello stato di detenzione, e nella quale, nella  migliore
delle ipotesi costituita da attivazione della  procedura  su  istanza
del soggetto interessato e non di ufficio,  la  partecipazione  della
difesa tecnica e' limitata alla  formulazione  dell'istanza  iniziale
con allegazione di documentazione sanitaria di parte;  ne'  e'  stato
previsto nel decreto-legge in argomento un  diritto  dell'interessato
di  prendere  visione  degli  atti  contenuti  nel  fascicolo   della
rivalutazione  ed  eventualmente  controdedurre  nel   merito   delle
risultante istruttorie. 
    L'interessato,  quindi,  che  nel  contraddittorio   dell'udienza
dinanzi al Tribunale puo' produrre memorie,  ed  eventualmente  anche
una documentazione sanitaria piu' aggiornata o specifica, in tal caso
per converso non potra' nulla  eccepire  ne'  rispetto  al  contenuto
della nota informativa della  DDA,  ne'  interloquire  rispetto  alla
risposta del  DAP  in  merito  alla  individuazione  della  struttura
penitenziaria presso la quale ritenga che possano essere svolte  cure
adeguate per le condizioni di salute del detenuto; una interlocuzione
che per esempio proprio nel caso di specie potrebbe essere dirimente,
visto l'ampio ventaglio  di  possibilita'  entro  le  quali  dovrebbe
operarsi la scelta, e la necessita' che  detta  scelta  sia  il  piu'
possibile oculata e rispondente alle effettive esigenze di cura,  per
cui  non  sara'  indifferente  per  la  tutela  della  salute   della
condannata che  la  scelta  ricada  su  una  struttura  in  luogo  di
un'altra; un  profilo,  questo,  che  va  opportunamente  evidenziato
specie se si rammenta l'orientamento  piu'  recente  e  condivisibile
della  Suprema  Corte,  secondo  il  quale  l'incompatibilita'  delle
condizioni di  salute  del  detenuto  con  il  regime  carcerario  va
valutata in concreto, ossia considerando non  soltanto  il  grado  di
gravita' della malattia, ma anche quali sono le offerte  terapeutiche
in  concreto  apprestabili  in  rapporto  alla   specificita'   della
malattia. 
    Certo, e' anche verosimile che in prossimita' della scadenza  dei
termini per le rivalutazioni l'interessato,  tramite  la  sua  difesa
tecnica, si attivi per  produrre  altra  documentazione  tendente  ad
arricchire il compendio istruttorio per ottenere una  valutazione  di
tipo confermativo del beneficio ottenuto, e  tale  possibilita',  nel
silenzio della legge, non sembra che possa  essere  aprioristicamente
esclusa; tuttavia, non avendo il  difensore  accesso  agli  atti  del
fascicolo,  non  essendo  prevista  una  discovery  formale,   questa
attivita' si  svolgera'  «alla  cieca»,  ossia  non  in  modo  mirato
rispetto agli specifici contenuti delle risposte pervenute. 
    Si ravvisa in cio' anche una palese violazione del principio  del
contraddittorio nel cui perimetro si esplica pienamente il diritto di
difesa, in assenza di un piano di parita' tra le parti; in  sostanza,
viene ad essere lesa la possibilita' della parte interessata di poter
avere una effettiva partecipazione alla formazione del  provvedimento
giurisdizionale di cui  sara'  destinataria  in  condizioni  di  «par
condicio» con la parte pubblica, con  violazione,  quindi,  dell'art.
111, comma 2; di riflesso poi, anche il principio della imparzialita'
del  giudice,  parimenti  richiamato  dal  comma  2  dell'art.   111,
risultera' ad avviso di chi scrive alterato  dall'aver  «sentito  una
sola campana», ravvisandosi un simile pregiudizio tutte le  volte  in
cui la magistratura  assume  la  veste  di  arbitro  esclusivo  nella
selezione degli elementi su cui fondare la decisione. 
    Si potrebbe obbiettare, a questo punto,  che  il  sacrificio  del
contraddittorio e' in realta' solo  parziale  e  temporaneo,  essendo
previsto il recupero pieno nella fase successiva presso il Tribunale,
dinanzi al quale approderanno tanto il provvedimento di  concessione,
tanto verosimilmente la successiva revoca, e che avra' il compito poi
di dire  l'ultima  parola  (salve  poi  le  rivalutazioni  successive
demandate al Tribunale stesso dal medesimo art. 2). 
    Peraltro,  proprio  il  recupero  del  contraddittorio  in   fase
successiva ha costituito uno degli argomenti principali  con  cui  la
Corte adita, con la sentenza n. 279 del 2019, ebbe  a  rigettare  una
precedente questione di legittimita' costituzionale sollevata proprio
da questo  magistrato  in  relazione  all'art.  238-bis  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115/2002, nella parte in cui  parifica
all'ipotesi della  comunicazione  di  esperimento  infruttuoso  della
procedura esecutiva, l'ipotesi di mancato esperimento della procedura
esecutiva decorsi ventiquattro mesi dalla presa in  carico  da  parte
dell'agente della riscossione. Al riguardo, si  rammenta  che  ci  si
doleva  del  fatto  che  la  disposizione   citata,   prendendo   per
presupposto  la  semplice  inerzia  dell'agente   della   riscossione
per ventiquattro mesi, avrebbe dato  avvio  ad  un  procedimento  nei
confronti del condannato ad una  mera  pena  pecuniaria,  finalizzato
all'adozione di un provvedimento di conversione della pena pecuniaria
non pagata in liberta' controllata, e  dunque  limitativo  della  sua
sfera di liberta' personale, senza che questi, soprattutto  nel  caso
di notifica mediante il rito previsto per l'irreperibilita' relativa,
ne avesse  mai  avuto  in  concreto  notizia  e  conseguentemente  la
possibilita' di espone le proprie  ragioni  prima  dell'adozione  del
provvedimento  medesimo.  In  quella  circostanza  la  Corte  ritenne
infondata la  questione  e  la  rigetto',  non  solo  osservando  che
l'operativita' della norma censurata era  condizionata  dalla  previa
notifica dell'invito al pagamento, quantomeno nelle  forme  dell'art.
140  del   codice   di   procedura   civile   (ipotesi   della   c.d.
«irreperibilita' relativa»), notifica volta ad avvisare  il  debitore
della possibilita'  di  una  esecuzione  forzata,  e  in  difetto  di
risultato  utile,  della  conversione  della  pena   nelle   sanzioni
sostitutive ex legge n. 689/81,  ma  viepiu'  osservando  che  contro
l'ordinanza  del  Magistrato   di   sorveglianza   che   dispone   la
conversione,  il  condannato  conserva  pur  sempre  la  facolta'  di
proporre opposizione davanti al medesimo giudice, nonche'  quella  di
ricorrere in Cassazione contro l'eventuale rigetto  dell'opposizione,
«con l'ulteriore garanzia, - imposta dalla sentenza n. 108  del  1987
della medesima Corte e oggi riconosciuta dall'art. 660  ultimo  comma
del   codice   di   procedura   penale,    dell'effetto    sospensivo
dell'esecuzione  a  far  data  dalla  presentazione  del  ricorso  in
Cassazione». 
    Orbene,  proprio  effettuando  un  utile  raffronto  con   quanto
chiarito dalla Corte in tema di art. 238-bis  testo  unico  spese  di
giustizia, non si puo' fare a meno di  notare  che  a  differenza  di
quest'ultimo caso, per  il  provvedimento  adottato  all'esito  della
rivalutazione, che come si e' visto e' istituto  fortemente  tendente
alla revoca piuttosto che alla conservazione, non e' prevista  alcuna
opposizione  con  effetto  sospensivo  in   grado   di   paralizzarne
immediatamente gli effetti negativi, essendo il differimento  urgente
un provvedimento di natura provvisoria, come tale non impugnabile ne'
opponibile davanti alla medesima a.g. emittente, ed estendendosi  per
coerenza  logico  giuridica  queste   medesime   caratteristiche   al
provvedimento ad esso speculare di revoca. 
    Conseguenza necessaria della inopponibilita', sara' l'inevitabile
ripristino della detenzione inframuraria in via immediata. 
    Inoltre, e' pur vero che la successiva fase dinanzi al  Tribunale
di sorveglianza consente di recuperare il pieno contraddittorio e con
esso l'esercizio del diritto di difesa, ma, a  parte  la  circostanza
che il termine di sessanta giorni entro  il  quale  il  Tribunale  e'
chiamato a decidere e' un termine ordinatorio e  non  perentorio,  e'
piuttosto realistico ipotizzare che la decisione  del  Tribunale  ben
difficilmente interverra' prima di trenta giorni o piu', considerando
non solo i necessari tempi tecnici di registrazione,  notifica  degli
avvisi  ed  istruttoria,  ma  soprattutto   i   ruoli   oberati   per
l'eccezionale carico di lavoro che notoriamente grava  sui  Tribunali
di sorveglianza, circostanza, quest'ultima, che la  stessa  Corte  ha
ufficialmente riconosciuto come dato  di  fatto  notorio  nel  finale
della motivazione della sentenza del 27 settembre  2016  n.  216,  in
tema di divieto di  sospensione  dell'esecuzione  nei  confronti  dei
condannati per il delitto di furto in abitazione. 
    L'applicazione  della  norma  comportera'   che   il   condannato
precedentemente   differito   per   ragioni   di   salute    connesse
all'emergenza covid, si  trovera'  costretto,  senza  aver  posto  in
essere alcuna condotta colpevole e spesso senza neppure averne  avuto
preventiva  notizia,  a  subire  gli   effetti   della   revoca   del
provvedimento di concessione  della  detenzione  domiciliare,  in  un
momento  particolarmente   delicato,   in   cui   per   converso   il
contraddittorio immediato sarebbe stato  importante,  se  non  altro,
almeno sotto il profilo della scelta del reparto di medicina protetta
di assegnazione e della sua idoneita' a curarlo. 
    L'incidenza della revoca sul bene primario della salute,  avrebbe
dovuto imporre  una  maggiore  cautela  con  la  previsione  di  piu'
adeguate  garanzie,  specie  considerando  che  l'attuale   emergenza
sanitaria, lungi dall'essere stata completamente debellata, e' ancora
in atto, sia pure con differente livello  di  impatto  nelle  diverse
regioni del Paese. 
    Viene quindi autonomamente in rilievo una  violazione  anche  del
diritto alla salute, che l'art. 32 della Costituzione definisce non a
caso  «fondamentale»,  evidentemente  riferendosi  al  fatto  che  in
mancanza,  qualunque  altro  diritto  finisce  per  ridursi  a  vuoto
simulacro; del resto, il diritto alla salute contiene in se anche  il
diritto alla vita, ed e' per questo che e' l'unico  diritto  che  non
tollera alcuna compressione. 
    Sia consentita, a questo punto, una breve riflessione  sul  tema,
che ad avviso di chi scrive rafforza la necessita' di una valutazione
ponderata ed attenta quando si parla di provvedimenti  che  vanno  ad
incidere sul diritto alla salute, sia pure in maniera provvisoria, ma
con  effetti  immediati  e  potenzialmente  devastanti  in  caso   di
decisione errata o frutto di una visione parziale. 
    Molto si e' discusso, ma poco si  e'  fatto  finora  a  beneficio
della  tutela  della  salute  in  carcere,  che  e'   un   tema   con
ripercussioni immediate sulle scarcerazioni per motivi di salute, per
le inevitabili conseguenze che comporta sulle  concrete  possibilita'
di  cure  ed  accertamenti  diagnostici  necessari  alla  salute  dei
ristretti; possibilita' che hanno una loro incidenza nel giudizio  di
bilanciamento che  il  Magistrato  di  sorveglianza  e'  chiamato  ad
effettuare in punto di differimento dell'esecuzione della pena, anche
alla luce del  menzionato  orientamento  della  Suprema  Corte  sulla
incompatibilita' in concreto. 
    Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  del  l°
aprile 2008, la competenza sul servizio  sanitario  penitenziario  e'
passata dal Ministero di grazia e giustizia,  al  Servizio  sanitario
nazionale,  organizzato  su  base  regionale.  Se   giusta   era   la
riflessione di partenza, consistita  nella  avvertita  necessita'  di
fornire una risposta unitaria a tutti i cittadini, liberi o detenuti,
nella pratica pero', non si e' tenuto in debito conto delle  maggiori
difficolta' incontrate dai soggetti detenuti nel ricevere  assistenza
sanitaria,   inevitabilmente   connesse   proprio   allo   stato   di
restrizione; ne e' derivato un sistema farraginoso, complesso  e  non
sempre efficiente, le cui criticita', messe ancora piu'  in  evidenza
dal virus, hanno finito per riverberarsi in  maniera  negativa  sulla
salute dei ristretti compromettendone  in  molti  casi  le  effettive
possibilita' di  cura  permanendo  in  regime  penitenziario;  questo
aspetto ha reso, se possibile, ancora piu' delicate  e  complesse  le
valutazioni e le scelte effettuate dalla magistratura di sorveglianza
in tema di differimento urgente dell'esecuzione della pena per motivi
di salute legati anche all'emergenza Covid; e basti allora  questo  a
far considerare quanto mai opportuna, in  luogo  di  valutazioni  che
rischiano  di  essere  frettolose,  approssimative  e  parziali,   la
restituzione della rivalutazione del quadro complessivo alla pienezza
del contraddittorio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e  la  non  manifesta
infondatezza; 
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  2
del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, nella parte in  cui  prevede
che proceda a rivalutazione  del  provvedimento  di  ammissione  alla
detenzione domiciliare  o  di  differimento  della  pena  per  motivi
connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato che lo ha
emesso, per violazione degli articoli 24 comma 2, 111 comma 2,  e  32
della Costituzione. 
    Sospende il procedimento nei confronti di A. A. 
    Dispone la trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale
affinche',  ove  ne  ravvisi   i   presupposti,   voglia   dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 decreto-legge  10  maggio
2020, n. 29 nella parte richiamata. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
        Avellino, 3 giugno 2020 
 
                Il Magistrato di sorveglianza: Ventra 
 
 
                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI AVELLINO 
                    il Magistrato di sorveglianza 
 
    Rivista la propria ordinanza  con  cui  in  data  3  giugno  2020
sollevava la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2
decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 nel procedimento di rivalutazione
dell'ordinanza del 20 aprile 2020 nei confronti di A. A., nata ad   ,
gia' detenuta presso la casa circondariale di Avellino in  espiazione
della pena  determinata  con  provvedimento  di  esecuzione  di  pene
concorrenti della Procura di Avellino del 6 dicembre 2019 n.    ,  ed
attualmente in differimento provvisorio  dell'esecuzione  della  pena
nelle forme della detenzione domiciliare; 
    Rilevato che  occorre  procedere  alla  correzione  degli  errori
materiali contenuti nella predetta  ordinanza  -  non  incidenti  sul
contenuto della decisione - nella parte in cui si fa  riferimento  al
reato di cui all'art. 74 decreto del Presidente della  Repubblica  n.
309/1990, anziche' ai reati di  cui  agli  articoli  110  del  codice
penale - 81 comma 2 del codice penale - 644 commi l e  5  del  codice
penale - art. 7 legge n. 203/1991 e  art.  629  comma  2  del  codice
penale - 7 legge  n.  203/1991,  nonche'  nella  parte  in  cui,  nel
riportare il testo dell'art. 2 citato,  si  omette  di  menzionare  i
delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di  agevolare
l'associazione mafiosa; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dispone la correzione  degli  errori  materiali  contenuti  nella
predetta ordinanza, nella parte in cui si fa riferimento all'art.  74
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 anziche' ai reati
di cui agli articoli 110 - 81 comma 2 del codice penale - 644 comma 1
e 5 del codice penale - art. 7 legge n. 203/1991 e art. 629  comma  2
del codice penale - 7 legge n. 203/1991, e si omette  il  riferimento
ai delitti  commessi  avvalendosi  delle  condizioni  o  al  fine  di
agevolare l'associazione mafiosa. 
        Avellino, 15 giugno 2020 
 
                Il Magistrato di sorveglianza: Ventra