N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 agosto 2020
Ordinanza del 18 agosto 2020 del Magistrato di sorveglianza di Spoleto nel procedimento di sorveglianza nei confronti di L.T.M.. Ordinamento penitenziario - Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 - Ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19 dei condannati e degli internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270-bis, 416-bis del codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, o per un delitto commesso con finalita' di terrorismo ai sensi dell'art. 270-sexies del codice penale, nonche' dei condannati e degli internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975 - Valutazione della permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria - Previsione che procede alla rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19 il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso. - Decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, art. 2-bis.(GU n.37 del 9-9-2020 )
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI SPOLETO il Magistrato di sorveglianza Rilevato che, ai sensi dell'art. 2, decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, ora trasfuso nell'art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, e' iscritto procedimento relativo a L.T.M., nato a ... il ..., gia' ristretto presso la Casa circondariale di ..., in esecuzione della pena di cui alla sentenza Corte appello Napoli 30 ottobre 2014, irrevocabile il 21 luglio 2017, per anni cinque di reclusione, per la rivalutazione del provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di Spoleto gli ha provvisoriamente concesso la detenzione domiciliare di cui all'art. 47-ter, comma 1-ter ord. penit., surrogatoria della sospensione della pena di cui all'art. 147 cod. pen.; Decorrenza pena: 23 luglio 2017; fine pena: 28 giugno 2021 (tenuto conto della liberazione anticipata concessagli e della fungibilita' riconosciutagli); Rilevato che, vista la documentazione in atti e acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia di Napoli ai fini della decisione richiesta dalla disposizione normativa indicata, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto in data 26 maggio 2020 sospendeva il procedimento trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale, dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli articoli 3, 24, comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione; Rilevato che la Corte costituzionale, con ordinanza in data 22 luglio 2020, depositata il 30 luglio 2020, n. 185, pervenuta all'ufficio il 3 agosto 2020, ha restituito gli atti al Magistrato di sorveglianza per nuovo esame della «non manifesta infondatezza delle questioni, alla luce del mutato quadro normativo determinatosi per effetto dello ius superveniens di cui alla legge n. 70 del 2020»; O s s e r v a Con provvedimento in data 21 marzo 2020 il Magistrato di sorveglianza di Spoleto concedeva provvisoriamente al L.T. la sospensione della pena ex art. 147 cod. pen. nelle forme di cui alla detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter ord. penit., secondo le disposizioni contenute negli articoli 684 cod. proc. pen. e 47-ter, comma 1-quater ord. penit. (come novellato con decreto-legge n. 146/2013, poi convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 10), sulla scorta di un compendio istruttorio analiticamente descritto nell'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale in data 26 maggio 2020, cui integralmente ci si riporta. Nelle motivazioni del provvedimento si evidenziava come: «tenuto conto delle informazioni pervenute dall'area sanitaria di ..., nonche' della sussistenza dell'emergenza epidemiologica legata al Covid-19, appare a questo Magistrato di sorveglianza che sia necessario disporre il differimento facoltativo della pena in favore del L.T., almeno per il tempo dell'emergenza sanitaria e fino a valutazione del competente Tribunale di sorveglianza, in presenza di condannato con patologie gravi e necessitanti costanti contatti con le aree sanitarie territoriali per tenere sotto controllo i valori relativi, che allo stato appare, per come evincibile dall'ultima relazione sanitaria pervenuta il 20 marzo 2020, particolarmente a rischio per la condizione di immunodeficienza collegata al trapianto di fegato, nel caso auspicabilmente scongiurato di una diffusione del Covid-19 nel contesto penitenziario. D'altra parte l'interessato e' ristretto in sezione detentiva dove e' difficile mantenere il distanziamento sociale richiesto dalle disposizioni emanate per la prevenzione del contagio e rispetto ai contatti con le aree sanitarie esterne vede inevitabilmente ridotta la possibilita' di farvi accesso, e' inoltre dato drammaticamente noto che l'incidenza sugli adulti ultrasessantacinquenni (come l'interessato), di tale epidemia e' negativa, ove all'eta' si associno alcune delle patologie da cui il L.T. e' affetto». La misura ha avuto regolarmente inizio, non sono pervenute segnalazioni negative circa i comportamenti dell'interessato nel corso di questi mesi, ed anzi nel tempo i Carabinieri di ..., quando richiesti in relazione ad esempio ad istanza ex art. 54 ord. penit, hanno attestato una condotta corrispondente alle stringenti prescrizioni proprie della misura domiciliare impostagli (autorizzato ad allontanarsi dall'abitazione esclusivamente per il tempo strettamente necessario a recarsi presso i presidi sanitari territoriali, con l'accompagnamento di un familiare, dando notizia dell'allontanamento alle forze dell'ordine preposte ai controlli). Il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, ha previsto nel suo art. 2, per quanto qui di interesse, che quando un condannato per uno dei delitti ivi puntualmente indicati, tra i quali figura anche la partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso, reato commesso dall'odierno interessato, e' ammesso alla detenzione domiciliare o usufruisce del differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza (come nel caso di specie) o il Tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui e' stato commesso il reato, valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione e' effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilita' di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena. Sotto il profilo istruttorio si precisa che, prima di provvedere l'autorita' giudiziaria sente l'autorita' sanitaria regionale, in persona del Presidente della Giunta della regione, sulla situazione sanitaria locale e acquisisce dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilita' di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena puo' riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute. La decisione dell'autorita' giudiziaria e' assunta sulla base della valutazione relativa alla permanenza dei motivi che hanno giustificato l'adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena, nonche' alla disponibilita' di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto. Il provvedimento con cui l'autorita' giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena e' immediatamente esecutivo. L'art. 5 del decreto-legge prevede poi alcune disposizioni transitorie, alla luce delle quali la rivalutazione predetta deve essere effettuata anche circa le misure domiciliari gia' assunte per motivi connessi all'emergenza Covid-19 a far data dal 23 febbraio 2020, con decorrenza dei quindici giorni per la prima rivalutazione dal giorno dell'entrata in vigore del decreto-legge, avvenuta l'11 maggio 2020. Considerati i gia' richiamati contenuti del provvedimento di detenzione domiciliare surrogatoria concessa al L.T., nonche' la data di emissione dello stesso, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ha dunque proceduto alle richieste istruttorie previste dalla disposizione normativa sopravenuta ai fini della rivalutazione da effettuarsi il 26 maggio 2020, a quindici giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge. I contenuti dell'istruttoria documentale che e' stato necessario effettuare sono stati ugualmente riassunti nell'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale emessa in quella sede, nella quale il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto di dover sollevare questioni di legittimita' costituzionale relative alla disciplina della rivalutazione periodica frequente della detenzione domiciliare concessa a particolari categorie di condannati ex art. 47-ter, comma 1-ter ord. penit. per motivi connessi all'emergenza Covid-19, come contenuta nell'art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. In punto di rilevanza ci si richiamava alla ricostruzione della vicenda del L.T., per come allora succinta, aggiungendo che allo scadere del quindicesimo giorno dall'entrata in vigore del descritto testo normativo, era richiesto al Magistrato di sorveglianza di effettuare la rivalutazione della concessione della misura domiciliare, avendo compiuto le richieste istruttorie predette e previa adeguata considerazione del parere negativo sulla persistenza delle ragioni della concessione pervenuto dalla Procura distrettuale competente. Si riteneva non manifestamente infondata la questione relativa alla procedura di rivalutazione prevista dall'art. 2 del decreto-legge n. 29/2020, ai sensi degli art. 24, comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione, poiche' si svolge senza adeguato coinvolgimento della difesa e senza il necessario contradditorio delle parti in condizioni di parita', nella parte in cui, onerando il Magistrato di sorveglianza della rivalutazione, prevede un procedimento senza spazi di adeguato formale coinvolgimento della difesa tecnica dell'interessato, senza alcuna comunicazione formale dell'apertura del procedimento e con una conseguente carenza assoluta di contraddittorio, rispetto alla parte pubblica, qui rappresentata in modo inedito dal Procuratore distrettuale antimafia individuato in relazione al luogo del commesso reato, che deve fornire un obbligatorio, seppur non vincolante, parere sulla permanenza dei presupposti di concessione della misura. Veniva inoltre sollevata la questione di costituzionalita' della medesima disposizione normativa anche per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella misura in cui «il condannato ammesso alla detenzione domiciliare surrogatoria subisce il procedimento di frequentissima rivalutazione con rito a contraddittorio pieno, oppure senza alcuna possibilita' di replica sui contenuti istruttori per se' e per la sua difesa, soltanto in base al dato del tutto casuale che rispetto alla pronuncia interinale del Magistrato di sorveglianza sia gia' intervenuta la decisione in via definitiva dinanzi al Tribunale di sorveglianza, oppure la stessa risulti calendarizzata in tempi successivi, in connessione ad esempio con ruoli d'udienza particolarmente gravati» ed ancora perche' la frequente rivalutazione, con le carenze di contraddittorio sin qui evidenziate e sino a che il Tribunale di sorveglianza non si sia pronunciato in via definitiva sull'originaria richiesta della misura alternativa, e' prevista per i soli provvedimenti di concessione della detenzione domiciliare connessi all'emergenza Covid-19, allorche' riferiti ai soli condannati per alcune tipologie di delitti, il cui elenco peraltro non coincide neppure con quello di cui all'art. 4-bis ord. penit. La Corte costituzionale ha restituito gli atti al Magistrato di sorveglianza con ordinanza n. 185/2020 affinche' lo stesso prenda atto delle modifiche normative intervenute con la legge di conversione n. 70/2020 e possa valutarne «in concreto l'incidenza» sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate, apparendo tali modifiche «orientate nella stessa direzione dell'ordinanza di rimessione, con un effetto che potrebbe essere ritenuto suscettibile di ridimensionare, o al limite di emendare, i vizi denunciati». In particolare, occorre premettere che l'art. 1, comma 3 della legge 25 giugno 2020, n. 70, di conversione del decreto-legge n. 28/2020, ha abrogato l'art. 2 del decreto-legge n. 29/2020, precisando che resta comunque ferma la validita' degli atti e dei provvedimenti adottati e fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge, ne ha trasfuso i contenuti nell'art. 2-bis del decreto-legge n. 28/2020, per come convertito nella legge n. 70/2020, e li ha integrati con una previsione al comma 4 riferibile proprio alla procedura di frequentissima rivalutazione, quando da effettuarsi ad opera del Magistrato di sorveglianza e non del Tribunale di sorveglianza. Vi si prevede infatti che «quando il Magistrato di sorveglianza procede alla valutazione del provvedimento provvisorio di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena, i pareri e le informazioni acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 e i provvedimenti adottati all'esito della valutazione sono trasmessi immediatamente al Tribunale di sorveglianza, per unirli a quelli gia' inviati ai sensi degli art. 684, comma 2 cod. proc. pen. e 47-ter, comma 1-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso in cu il Magistrato di sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena adottati in via provvisoria, il Tribunale di sorveglianza decide sull'ammissione alla detenzione domiciliare o sul differimento della pena entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca, anche in deroga al termine previsto dall'art. 47, comma 4 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Se la decisione del tribunale non interviene nel termine prescritto, il provvedimento di revoca perde effiacia». L'art. 2-bis, comma 5 del decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, dispone che tale disciplina si applichi a tutti i provvedimenti di revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena gia' adottati dal Magistrato di sorveglianza alla data di entrata in vigore della legge di conversione e a partire dal 23 febbraio 2020. La Corte costituzionale rileva dunque come, per effetto della legge di conversione, quando il Magistrato di sorveglianza dispone la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena disposti per motivi connessi all'emergenza sanitaria Covid-19, il Tribunale di sorveglianza e' tenuto a pronunciarsi entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca e dovra' farlo nelle forme di cui all'art. 666 cod. proc. pen., per come richiamato dall'art. 678, comma 1 cod. proc. pen. e dunque di «un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti e ha la possibilita' di interloquire in condizioni di parita' nell'udienza all'uopo fissata». I giudici della Consulta proseguono evidenziando come «l'evoluzione del quadro normativo prodottasi per effetto della legge di conversione lascia invero immutata la rilevanza della questione, stante il perdurante obbligo per il giudice a quo di perfezionare il procedimento di "rivalutazione" del provvedimento di concessione della detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19 adottato in data successiva al 23 febbraio 2020» ma aggiungono anche che «le modifiche alla disposizione censurata introdotte dalla legge n. 70/2020 mirano a una piu' intensa tutela del diritto di difesa del condannato, cui e' ora garantita una piena partecipazione al procedimento avanti il Tribunale di sorveglianza nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal provvedimento di revoca», modifiche che hanno un impatto di rilievo, valutato in relazione alla Giurisprudenza costituzionale (in particolare sent. n. 125/2018) e che conducono alla restituzione degli atti al Magistrato di sorveglianza, cui spetta la responsabilita' della valutazione in concreto dell'incidenza delle modifiche rispetto alla non manifesta infondatezza delle questioni prospettate. E' in tale contesto che il fascicolo torna alla valutazione odierna del Magistrato di sorveglianza di Spoleto che, per le ragioni che saranno di seguito meglio descritte, omessa una nuova valutazione sulla rilevanza, poiche' gia' in modo espresso autorevolmente affermata dalla stessa Corte costituzionale, ritiene, pur alla luce dello ius superveniens rappresentato dalla legge di conversione n. 70/2020, che sia non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 3, 24, comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione, dell'odierno art. 2-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, come convertito nella legge 25 giugno 2020, n. 70, nel quale e' stato trasfuso con integrazioni il contenuto dell'art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, invece abrogato, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso. Occorre premettere che il provvedimento che oggi il Magistrato di sorveglianza di Spoleto e' chiamato a rivalutare e' stato assunto da quest'ultimo ai sensi dell'art. 684 cod. proc. pen. in via provvisoria, in attesa che si pronunci sul differimento della pena, e la concessione eventuale della detenzione domiciliare, il competente Tribunale di sorveglianza. Il provvedimento ha dunque, secondo la ricostruzione offerta pacificamente in dottrina, natura interinale ed urgente, giustificata dalla necessita' di garantire la piu' rapida tutela del diritto fondamentale alla salute, in attesa dei piu' lunghi tempi di fissazione dell'udienza dinanzi al Collegio. Ne risultano derogate, mediante un procedimento caratterizzato da marcati tratti di atipicita', le forme normalmente previste per il procedimento di sorveglianza dagli articoli 666 e 678 cod. proc. pen., che tuttavia contraddistinguono la procedura che successivamente si svolge dinanzi al Tribunale di sorveglianza. Il Magistrato di sorveglianza, apprezzato un fumus boni iuris in ordine alla sussistenza dei presupposti perche' il tribunale disponga il rinvio, nonche' un periculum in mora per la salute dell'interessato nella protrazione dello stato detentivo, provvede de plano, senza il coinvolgimento del pubblico ministero e neppure della difesa, che tuttavia puo' aver avviato, e ordinariamente avvia (anche se e' prevista la possibilita' di una iniziativa officiosa), il procedimento mediante l'istanza, cui e' allegata la documentazione che ritiene utile. La sede per il ripristino di un contradditorio pieno, garantito dalle disposizioni tipiche del procedimento di sorveglianza, e' quella dell'udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza, che segue necessariamente quella provvisoria, mentre il provvedimento conserva effetti fino a quella decisione, senza che il legislatore abbia imposto con l'art. 684 cod. proc. pen. al tribunale un termine acceleratorio, entro il quale provvedere, a prescindere dall'esito eventualmente liberatorio della pronuncia interinale. Si ritiene tuttavia che, in relazione alla istanza di detenzione domiciliare surrogatoria, possa trovare applicazione il richiamo contenuto nell'art. 47-ter, comma 1-quater alle disposizioni di cui all'art. 47, comma 4 ord. penit. in quanto compatibili, e tra esse la previsione di un termine acceleratorio, ma meramente ordinatorio, di sessanta giorni dall'emissione del provvedimento provvisorio, che comunque non perde efficacia fino alla decisione del Tribunale di sorveglianza anche se la pronuncia giunga tardivamente. Le caratteristiche peculiari del procedimento urgente dinanzi al Magistrato di sorveglianza e la natura interinale dello stesso giustificano anche l'assenza di previsti mezzi di impugnazione del provvedimento emesso, poiche' la sede per il piu' ampio apprezzamento delle ragioni delle parti e' considerata il procedimento che si avvia, ai sensi e con le modalita' previste dagli articoli 666 e 678 cod. proc. pen., dinanzi al Collegio. E' quella la fase nella quale si assiste al ripristino pieno del contradditorio nella parita' delle parti. Il procedimento per la rivalutazione frequente dei provvedimenti di differimento della pena, introdotto inizialmente con il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 ed oggi leggibile nell'art. 2-bis del decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, presenta tratti di marcata differenza rispetto a quelli sin qui descritti. E' infatti previsto che sia il Magistrato di sorveglianza ad iscriverlo d'ufficio, ad acquisire l'istruttoria per come limitata dalla stessa disposizione normativa, ed infine a trasmetterla per il parere sulla persistenza delle ragioni giustificative del differimento o della misura domiciliare alle competenti DDA e, nel solo caso di detenuti ristretti in regime differenziato in peius di cui all'art. 41-bis ord. penit., alla DNA. Il provvedimento di revoca, eventualmente emesso, e' immediatamente esecutivo. La competenza del Magistrato di sorveglianza a rivalutare il proprio provvedimento concessivo permane, all'evidenza, sino a che il Tribunale di sorveglianza non provveda in via definitiva e, ove, sopravvenga la revoca del provvedimento provvisorio, la legge di conversione ha precisato che, nonostante l'uso dell'espressione «revoca» connesso nell'ordinamento penitenziario a provvedimenti non interinali, si incardina la competenza del Collegio, che deve pronunciarsi entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca, non su quest'ultima, che resta comunque di fatto priva di una autonoma valutazione collegiale (con le criticita' che ne derivano, trattandosi di un provvedimento che incide sulla liberta' della persona), ma sulla ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per ragioni connesse all'emergenza Covid-19, con la conseguenza, in caso di ritardo, della perdita di efficacia della revoca con un almeno temporaneo ripristino della misura domiciliare o di differimento concessa, sino a nuova valutazione da parte del Magistrato di sorveglianza, sempre con la scansione, acceleratissima prevista dalla disposizione normativa, o alla, pur tardiva, valutazione in via definitiva del Tribunale di sorveglianza. Lo schema sin qui descritto, frutto delle modifiche apportate in sede di conversione in legge dei decreti-legge n. 28 e n. 29/2020, lascia immutata la procedura dinanzi al Magistrato di sorveglianza e differisce, dunque, da quello inizialmente previsto dall'art. 2 del decreto-legge n. 29/2020, soltanto per questa accelerazione nella valutazione collegiale, che segue l'eventuale revoca della misura concessa. Dalla lettura dei lavori preparatori emerge, invece, effettivamente, la proposizione di emendamenti indirizzati ad incidere sul contradditorio nel corso della valutazione monocratica, o consentendo avvisi al difensore o addirittura aprendo spazi per il deposito di osservazioni e documentazione alla luce della lettura da parte della difesa delle note del DAP e del parere della DDA competente (Cfr. Atto Senato n. 1786, proposte di modifica n. 2.0.1/8 e 2.0.1/12), ma a tali spunti il legislatore non ha poi dato seguito, intervenendo soltanto con l'espressa previsione, in una fase successiva alla decisione sulla revoca del Magistrato di sorveglianza, ancora assunta nel silenzio della parte, di una decisione del Tribunale di sorveglianza con contraddittorio pieno. Tuttavia il Collegio e' comunque chiamato a pronunciarsi in tempi non insignificanti. Non possono infatti decorrere, pena l'inefficacia della revoca, piu' di trenta giorni dalla ricezione del provvedimento stesso da parte del Tribunale di sorveglianza, e dunque con cadenze gia' sperimentate per i procedimenti, di cui si tornera' a parlare, di cui all'art. 51-ter ord. penit., che sono certamente anche piu' lunghe dei trenta giorni dal ripristino della carcerazione, attesi i tempi propri della formale ricezione degli atti, e che comunque, per il rispetto dei termini per gli avvisi necessari alla corretta integrazione del contradittorio, si attestano ordinariamente sul massimo temporalmente a disposizione. La carcerazione viene invece subito ripristinata, giacche' resta il carattere di immediata esecutivita' del provvedimento con il quale e' disposta la revoca della detenzione domiciliare surrogatoria o del differimento della pena. Cio' accade nei confronti di un condannato per il quale il Magistrato di sorveglianza ha effettuato una valutazione di sussistenza di condizioni di salute di particolare gravita', poste a rischio peculiare nel corso dell'emergenza sanitaria da Covid-19, con conseguenze potenzialmente deleterie per la salute dell'interessato (si pensi alla subitanea implacabile rapidita' del contagio) in relazione alle quali la rivalutazione collegiale di eventuale ripristino della misura diversa dalla detenzione potrebbe giungere ormai tardivamente e che, ove invece si incorresse in una inefficacia della revoca per tardivita' del giudizio del Tribunale di sorveglianza, sembra esporre al rischio, analogamente grave, di un alternarsi di reingressi in carcere e ritorni sul territorio che, se normalmente non auspicabili per le finalita' di cui all'art. 27 della Costituzione, appaiono peculiarmente controindicati a fronte di persone affette da gravi condizioni di salute, con pregiudizio del diritto di cui all'art. 32 della Costituzione e, sotto il profilo dell'umanita' della pena, dello stesso art. 27 della Costituzione. Per quanto concerne la fase del procedimento che si svolge dinanzi al Magistrato di sorveglianza, dalla descrizione dei passaggi essenziali della procedura, per come sin qui riassunti, emerge dunque ancora dal testo di cui all'art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, all'evidenza l'assenza, che in tal senso non appare ragionevole, di qualsiasi formale coinvolgimento della difesa dell'interessato, nonostante dalla decisione del Magistrato di sorveglianza derivi l'eventuale ripristino della massima privazione della liberta' rappresentata dal rientro in carcere, per altro di una persona affetta da rilevanti patologie e gia' destinataria, per come ricordato sopra, di una misura volta essenzialmente alla tutela del diritto alla salute (art. 32 della Costituzione) e ad una detenzione conforme al senso di umanita' (art. 27, comma 3 della Costituzione). Innanzitutto non e' previsto che sia comunicata alla parte l'instaurazione del procedimento. Nel procedimento di rivalutazione, poi, in assenza di un atto introduttivo di parte (Cfr. cass. 5 novembre 2013, n. 269), potrebbe persino dubitarsi della legittimazione di quest'ultima o della sua difesa a produrre memorie e documentazione, tenuto conto della prevista assunzione della decisione senza formalita', de plano e non con lo schema minimale della Camera di consiglio. Anche volendo ammetterla tuttavia, come avvenuto nel caso di specie, in cui al fascicolo e' stata acquisita memoria del difensore (nominato nel procedimento ex art. 684 cod. proc. pen. gia' concluso dinanzi al Magistrato di sorveglianza, che ha trasmesso gli atti al Tribunale di sorveglianza compente per la decisione definitiva), in cui si ribadisce la necessita' di una misura domiciliare per consentire all'assistito di curarsi e si ricorda l'inadeguatezza della presa in carico da parte dell'area sanitaria di ..., la stessa e' assolutamente all'oscuro degli elementi essenziali, acquisiti mediante l'istruttoria, e sui quali vertera' il giudizio. Non e' infatti previsto che alla difesa sia data contezza dei risultati istruttori e la stessa e' privata della facolta' di confrontarsi con i contenuti delle note pervenute: non puo' ad esempio sapere dove il DAP ritenga che cure adeguate possano essere svolte in favore dell'assistito, ed in qual modo. Non puo' verificare se queste cure siano le stesse che i medici dell'interessato considerano efficaci e risolutive. Non puo' confrontarle con quelle che, in ipotesi, abbia gia' intrapreso durante il periodo trascorso in detenzione domiciliare. Non puo', soprattutto, prendere atto dei contenuti del parere della parte pubblica, che invece ha potuto leggere l'intera istruttoria pervenuta e svolgere autonomi approfondimenti istruttori (come avvenuto nel caso di specie, ad esempio mediante nota richiesta direttamente dalla DDA alla Casa circondariale di Terni), e fornire al Magistrato di sorveglianza le proprie repliche. Occorre inoltre ricordare che, ove il DAP comunichi la disponibilita' di una adeguata struttura penitenziaria, secondo il disposto dell'art. 2-bis, comma 1, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, la valutazione sulla revoca deve essere effettuata immediatamente, anche in deroga ai pur gia' strettissimi termini previsti, e cio' rende dunque ancor piu' imponderabile per la difesa il tempo di un qualsiasi eventuale intervento, anche volesse tentarlo, pur all'oscuro dell'istruttoria compiuta. L'intervento necessario della Procura, invece, mediante il prescritto parere obbligatorio, ed in assenza di una piena interlocuzione con la difesa dell'interessato, appare contraddistinguere della piu' marcata atipicita' la procedura, tanto da non avere eguali nel pur variegato panorama di modelli procedimentali, piu' o meno semplificati, previsti dinanzi alla Magistratura di sorveglianza. Potrebbe in tal senso richiamarsi il procedimento in materia di liberazione anticipata ex art. 69-bis ord. penit., in cui e' comunque prevista una decisione in Camera di consiglio, ma senza la presenza delle parti e con richiesta di parere al pubblico ministero, parere che pero' puo' non essere atteso ulteriormente, se non interviene entro quindici giorni dalla richiesta. Non a caso furono sollevati dubbi su tale rito semplificato, introdotto dall'art. 1, comma 2 della legge 19 dicembre 2002, n. 277, dinanzi alla Corte costituzionale, che li ha sciolti con ordinanze di manifesta infondatezza delle questioni, evidenziando sostanzialmente che la descritta carenza di contraddittorio, o meglio il sacrificio del diritto di difesa dell'interessato, doveva considerarsi, a fronte di una successiva fase, seppur eventuale, di reclamo a contraddittorio pieno, compatibile con il principio di cui all'art. 24, comma 2 della Costituzione poiche' rispondente ad «esigenze di snellimento procedurale fortemente sentite nella prassi, tenuto conto anche dell'elevato numero delle istanze di cui si discute», a fronte di una istanza di parte che avvia il procedimento e comunque di un numero molto elevato di accoglimenti (Cfr. ord. 5 dicembre 2003, n. 352). Soprattutto, i giudici della Consulta riconoscevano che il procedimento avesse un oggetto peculiare: «traducendosi in una mera riduzione quantitativa della pena, finalizzata a "premiare" il condannato che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, cui non si accompagna alcun regime "alternativo" a quello carcerario» (Cfr. ord. 19 luglio 2005, n. 291). Sembra dunque che nel caso che ci occupa i rilievi fatti propri dalla Corte costituzionale per escludere una incompatibilita' della disposizione con il diritto di difesa non trovino spazio in questa sede, sia perche' il procedimento di rivalutazione oggi descritto nell'art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, non interviene a istanza di parte, ed anzi senza alcun avviso alla stessa, sia perche' le richieste istruttorie previste, restringendo il campo della valutazione del Magistrato di sorveglianza alla sussistenza di una struttura penitenziaria o di un reparto di medicina protetta in cui possa riprendere l'esecuzione penale intramuraria dell'interessato senza pregiudizio per la sua salute (si veda pure l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Sassari in data 4 giugno 2020 con la quale quel Collegio solleva, anche sul punto, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decrto-legge n. 29/2020 poiche' comportante una violazione del diritto alla salute dell'interessato, nella parte in cui prevede un regime di acquisizioni istruttorie dalle quali «e' assente ogni riferimento ad una verifica delle condizioni di salute del detenuto malato» ed in cui piuttosto si ravvisa «una marcata tensione al ripristino della detenzione») sollecita evidentemente verso la revoca, incidendo in senso restrittivo rispetto al perimetro valutativo e al giudizio di bilanciamento sotteso al disposto dell'art. 147 cod. pen., sia infine perche' in questione non e' una mera mutazione favorevole del quantum di pena, come premio di una condotta partecipativa, ma un drammatico nuovo cambiamento nelle modalita' di esecuzione della pena, che per altro non conduce dal «dentro» al «fuori», ma in direzione opposta. Proseguendo nella ricognizione dei molteplici riti che, nel susseguirsi delle modifiche normative, possono leggersi nella materia della sorveglianza, si incontrano diversi profili semplificatori, a volte dettati da esigenze di celerita' connesse agli endemici problemi di sovraffollamento ed alle difficolta' dei Tribunali di sorveglianza a far fronte alla mole di lavoro. Anche se su alcuni di essi la dottrina da tempo discute della compatibilita' con i principi costituzionali, tema che esula dall'orizzonte della presente questione, puo' apprezzarsi come gli stessi presentino sempre caratteri piu' garantiti del procedimento disegnato dall'art. 2-bis, comma 4, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, in particolare se si controverte de libertate, e salvo forse soltanto quando ci si occupi di questioni che comunque non incidono su quell'area di indefettibile contraddittorio, che e' proprio quella delle revoche di misure alternative al carcere. Nell'ambito particolarmente presidiato dal rito di cui agli articoli 666 e 678 cod. proc. pen., dopo le novelle che hanno introdotto gli articoli 35-bis e ter ord. pen., del procedimento in materia di tutela dei diritti, e' previsto ad esempio il meccanismo residuale, per altro assai criticato in dottrina, di cui all'art. 666, comma 2 cod. proc. pen. Il giudice, a fronte di una richiesta che appaia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge o perche' mera riproposizione di una richiesta gia' rigettata, provvede de plano alla declaratoria di inammissibilita', sentito solo il pubblico ministero. Tuttavia intanto il provvedimento e' qui assunto su impulso della parte e comunque avverso il decreto emesso e' proponibile ricorso per cassazione. Inoltre, la S.C. con giurisprudenza consolidata, ha chiarito che «le cadenze procedurali previste dall'art. 35-bis ord. pen. e la scelta legislativa del contraddittorio nel doppio grado di merito impongono, percio', «di considerare come la possibilita' per il Magistrato di sorveglianza di emettere un provvedimento fuori dal modello partecipato sia limitata alla sola eccezione prevista dallo stesso art. 35-bis, comma 1 ord. pen. laddove fa salvi i casi di "manifesta inammissibilita' della richiesta a norma dell'art. 666, comma 2,"» e «soltanto nei casi in cui risulti che la richiesta e' "manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta gia' rigettata, basata sui medesimi elementi», il Magistrato di sorveglianza potra' dichiarare con decreto de plano il reclamo inammissibile.» In, altri termini, «l'esercizio da parte del Magistrato di sorveglianza del potere di cui all'art. 666, comma 2, cod. proc. pen. deve essere limitato alle ipotesi in cui la "presa d'atto" dell'assenza delle condizioni di legge non richieda accertamenti di tipo cognitivo, ne' valutazioni discrezionali» e «la dichiarazione di inammissibilita' risulta possibile solo quando facciano difetto nell'istanza i requisiti posti direttamente dalla legge che non implicano alcuna valutazione discrezionale (Sez. 1, n. 277 del 13 gennaio 2000, rv. 215368).» Sicche', onde evitare il «pericolo che la ricognizione dei presupposti di ammissibilita' della domanda involga una implicita valutazione del merito con la adozione di provvedimenti di sostanziale rigetto in assenza della esplicazione del regolare contraddittorio», «la carenza delle condizioni di legge deve essere rilevabile ictu oculi, non deve comportare valutazioni discrezionali, ne' valutazioni negative fondate su argomentazioni complesse o rese opinabili da possibili differenti ricostruzioni della situazione di fatto posta a base della richiesta». (Cass. 16 luglio 2015, n. 876/2016). E piu' di recente, sempre la Suprema Corte ha affermato che le carenze che sole giustificano l'inammissibilita' della domanda debbono risiedere «nella palmare evidenza di tali difetti nel senso che il loro accertamento non deve richiedere alcun giudizio di merito e apprezzamento discrezionale, ne' implicare la soluzione di questioni controverse (si confrontino, in linea con l'orientamento qui espresso: Sez. 1, n. 35045 del 18 aprile 2013, Giuffrida, Rv. 257017; Sez. 1, n. 277 del 13 gennaio 2000, Angemi, Rv. 215368; Sez. 1, n. 2058 del 29 marzo 1996, Silvestri, Rv. 204688; Sez. 3, n. 2886 del 3 novembre 1994, Sforza, Rv. 200724). Laddove, invece, non sia rilevabile ictu oculi l'infondatezza della domanda, il decreto di inammissibilita' rischierebbe di soppiantare l'ordinanza camerale di rigetto in tutti i casi, anche complessi e delicati, di mancato accoglimento della richiesta, con evidente violazione dei diritti di contraddittorio e di difesa previsti dall'art. 666, commi 3 e 4 cod. proc..pen. (...) (Le) considerazioni implicanti giudizi di merito e apprezzamenti discrezionali non sono consentiti nel provvedimento di inammissibilita', emesso ai sensi dell'art. 666, comma 2 cod. proc. pen. senza fissare l'udienza camerale e, quindi, eludendo il procedimento in contraddittorio previsto dall'art. 666, commi 3 e 4 cod. proc. pen., interamente richiamato dall'art. 35-bis ord. pen., in tema di reclamo proposto a norma dell'art. 69, comma 6 ord. pen.». (Cass. 23 marzo 2018, n. 43241). Dunque assai ristretto rispetto a quello di cui all'istituto oggi in esame e' il perimetro minimale in cui un sacrificio del contraddittorio (realizzato in forma meramente cartolare, comunque nel confronto tra l'istanza di parte e il parere del pubblico ministero) e' in tale contesto consentito, limitato ai casi in cui non vi siano da svolgere accertamenti cognitivi di sorta ne' debbano compiersi valutazioni discrezionali. Anche il rito previsto nell'art. 678, comma 1 ult. parte e comma 1-bis cod. proc. pen. , mediante il richiamo all'art. 667, comma 4 cod. proc. pen., appare assai differente, perche' e' assente il coinvolgimento di entrambe le parti nella prima fase del procedimento, che precede la valutazione de plano, e dunque permane una parita' delle armi tra difesa e parte pubblica e perche' le materie sulle quali e' consentito alla Magistratura di sorveglianza il ricorso a tale procedura semplificata e' evidentemente ritagliato sulle fattispecie (si vedano ad esempio le ipotesi di differimento della pena ai sensi dell'art. 146, comma 1, n. 1 e 2) in cui il merito della decisione e' legato a valutazioni a bassissimo tasso di discrezionalita' oppure e' largamente maggioritaria una valutazione di segno favorevole (si veda l'utilizzabilita' del rito semplificato per la valutazione circa la declaratoria di estinzione pena per positivo esito dell'affidamento, che si giustifica in connessione con l'elevatissimo tasso di successo di quella misura alternativa, per la capacita' degli affidati di rispettare le prescrizioni ed evitare la recidiva nel reato). Ad ogni modo, per le ipotesi in cui non si pervenga ad una soluzione favorevole all'interessato, vale la regola generale per la quale le ordinanze de plano adottate ai sensi dell'art. 667, comma 4, in assenza della deroga generale prevista nell'art. 666, comma 7 cod. proc. pen., al principio di cui all'art. 588, comma 1 cod. proc. pen., non sono immediatamente esecutive e, in caso di mancata opposizione, lo diventano alla scadenza del termine di quindici giorni previsto dalla seconda parte dell'art. 667, comma 4 cod. proc. pen. (Cfr. cass. 18 giugno 2015, n. 36754). Cosi' non e', con ogni conseguenza in termini di ragionevolezza, tenuto conto della materia sensibilissima di cui si parla, per la revoca del provvedimento concessivo della misura domiciliare per motivi di salute, immediatamente esecutiva, attesa l'espressa previsione contenuta gia' nell'art. 2, decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 e ribadita ora nell'art. 2-bis, comma 4, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020. Il rito previsto nell'art. 678, comma 1-ter cod. prod. pen., recentemente introdotto con decreto legislativo n. 123/2018, in relazione a peculiari ipotesi di valutazione dell'eventuale concessione di misure alternative alla detenzione nei confronti di persone non ristrette in carcere che debbano espiare pene non superiori a diciotto mesi, consente pure l'emissione di una ordinanza provvisoria da parte del magistrato relatore individuato dal Tribunale di sorveglianza, ma ancora una volta l'emissione del provvedimento (che solo se concessiva di una misura alternativa al carcere e' comunque suscettibile di essere adottato in questa forma semplificata) segue una istanza della parte, si riscontra l'assenza di contradditorio nel decidere riferibile alla difesa e alla parte pubblica, ma sono previste opportune successive comunicazioni e termini per proporre l'opposizione, in cui viene ripristinato l'ordinario rito a contraddittorio pieno di cui all'art. 666, comma 4 cod. proc. pen., con esecuzione sospesa dell'ordinanza fino alla pronuncia sulla stessa da parte del Tribunale di sorveglianza, con il rito pienamente garantito. La decisione inaudita altera parte ai sensi dell'art. 51-bis ord. pen. in presenza di sopravvenuti nuovi titoli di privazione della liberta' sembra trovare giustificazione nella mera valutazione aritmetica che il Magistrato di sorveglianza deve compiere, su richiesta del pubblico ministero, tenuto conto del cumulo delle pene sopravvenuto, circa la permanenza delle condizioni di applicabilita' della misura in esecuzione, e dunque anche in questo caso con un quasi inesistente tasso di discrezionalita' residua. La procedura ai sensi dell'art. 51-ter ord. pen. (rubricato sospensione cautelativa delle misure alternative) assume una peculiare importanza ricostruttiva, poiche' sembra che le modifiche introdotte in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 28/2020 vi si avvicinino. Tuttavia, anche in questo caso, la procedura dinanzi al Magistrato di sorveglianza di cui all'art. 2-bis, per come convertito in legge n. 70/2020, sembra distinguersene, sia per le effettive scansioni procedimentali, sia per la ratio che pare ispirare le due disposizioni. Ai sensi dell'art. 51-ter ord. penit., disposizione normativa che a quanto consta al magistrato remittente non e' stata comunque sottoposta allo stato ad un vaglio di costituzionalita' sotto il profilo della adeguatezza delle garanzie difensive, quando la persona in misura alternativa ponga in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il Magistrato di sorveglianza puo' disporre con decreto motivato la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinare l'accompagnamento in carcere del trasgressore. Si dispone, inoltre, con termine di certo tenuto a mente dal legislatore della legge di conversione n. 70/2020, che il provvedimento di sospensione perda efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti. La norma prevede, pero', e assai significativamente, per come costruita all'esito della novellazione avvenuta con il decreto legislativo n. 123/2018, che pur a fronte di comportamenti suscettibili di determinare la revoca della misura, ordinariamente il Magistrato di sorveglianza dia comunicazione al Tribunale di sorveglianza, omesso un provvedimento sospensivo e dunque con prosecuzione della misura in corso sino ad apposita udienza collegiale, affinche' decida, nel contradditorio delle parti, sulla prosecuzione, sostituzione o revoca della stessa. Soltanto eventualmente, e residualmente, si direbbe, puo' essere disposta, con decreto motivato, la provvisoria sospensione della misura alternativa. Cio' accade a fronte della necessita' particolarmente spiccata di una azione inibitoria urgente da parte del Magistrato di sorveglianza, in correlazione con comportamenti del tutto incompatibili con la prosecuzione della misura posti in essere dal condannato, comportamenti colpevoli, almeno prima facie, che nel caso della revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena per motivi di salute connessi all'emergenza sanitaria, non sono invece alla base della rivalutazione da parte del Magistrato di sorveglianza prevista dalla legge n. 70/2020 (si instaurerebbe, se invece vi fossero, proprio il procedimento di cui all'art. 51-ter ord. penit.) e che, anche nel caso di specie, in effetti non si sono sino ad ora verificati secondo l'istruttoria sopra succinta. Si apprezza inoltre, nel procedimento di cui all'art. 51-ter ord. penit., l'assenza di interventi della parte privata ma anche di quella pubblica, in parita', prima del provvedimento di sospensione, con una astratta possibilita' per l'interessato e la sua difesa di far comunque pervenire nell'immediatezza al Magistrato di sorveglianza discolpe perspicue, poiche' riferibili a comportamenti la cui spiegazione e' nella sua disponibilita', valutabili con ampio margine di discrezionalita' da parte dell'a.g.. Tali opportunita', per le ragioni gia' ricordate, non si ravvisano nel procedimento di rivalutazione del differimento della pena o della detenzione domiciliare surrogatoria, poiche' la parte, quando anche consapevole dell'obbligo delle frequenti rivalutazioni, e' comunque del tutto all'oscuro dell'istruttoria effettuata e dei contenuti del parere pervenuto dalla DDA o dalla DNA competenti. Con la legge n. 70/2020, infine, i due procedimenti si sono avvicinati per la comune imposizione di uno stringente termine acceleratorio per la valutazione successiva, nel pieno contraddittorio delle parti, dinanzi al Tribunale di sorveglianza, il cui mancato rispetto comporta la perdita di efficacia del provvedimento emesso. In entrambi i casi si determina il ripristino, seppur interinale, della condizione detentiva, mentre pero' nel caso della sospensione ex art. 51-ter ord. penit., cio' avviene nelle descritte ipotesi residuali, con apprezzamento in concreto da parte del Magistrato di sorveglianza della gravita' dei comportamenti, del pericolo di una loro eventuale reiterazione, ma anche delle possibili conseguenze negative derivanti alla persona dal ripristino della detenzione, nel caso della revoca ex art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020, la stessa interviene in ogni caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria attesti che vi e' disponibilita' di una struttura penitenziaria adeguata alle condizioni di salute del detenuto, a fronte dell'esiguo compendio istruttorio gia' descritto. Da cio' consegue il reingresso in carcere, senza alcun confronto con le ragioni della difesa e con la documentazione con cui la stessa potrebbe contribuire a definire concretamente se il luogo di detenzione individuato dall'amministrazione sia idoneo alla prosecuzione delle cure necessarie e a preservare l'incolumita' del condannato: una persona affetta da gravi patologie, in attesa della pronuncia del Tribunale di sorveglianza, che ora sappiamo dovra' intervenire in trenta giorni dalla ricezione degli atti. Si tratta di un termine lungo, se vissuto mediante la riconduzione in carcere, nel dipanarsi di una quotidianita' segnata dalla malattia e dal timore del contagio, che solo pochi giorni prima, o come nel caso di specie pochi mesi prima, avevano indotto il Magistrato di sorveglianza ad allontanarvelo, e che appare astrattamente idoneo ad incidere anche drammaticamente sulla tutela della salute dell'interessato (ex art. 32 della Costituzione). Quest'ultimo potrebbe all'esterno aver intrapreso accertamenti diagnostici od essersi sottoposto ad iniziali cure, di cui l'a.g. non puo' avere cognizione e che, soprattutto, non puo' confrontare con l'offerta di cure e di protezione dal contagio propostegli dall'amministrazione penitenziaria. Si tratta di un difetto di conoscenza che, per altro, sia detto qui soltanto incidentalmente, finisce paradossalmente per affliggere anche il procedimento dinanzi al Tribunale di sorveglianza, a seguito dell'intervento integrativo di cui alla legge n. 70/2020, poiche' la censura di inefficacia che segue inevitabilmente al mancato rispetto del termine di trenta giorni dalla ricezione degli atti per la decisione dinanzi al Collegio, finisce per porre l'a.g. di fronte al possibile nodo gordiano di una valutazione tempestiva, ma privata della possibilita' di svolgere, ad esempio, approfondimenti peritali, oppure di un rinvio a tale scopo che inevitabilmente travolge la intervenuta revoca e riconduce in liberta', per un'ulteriore frazione di tempo, il condannato, costretto ad una serie di reingressi in carcere che, come gia' evidenziato, sembrano difficilmente compatibili con la cura di gravi patologie e il rispetto del senso di umanita'. Lo stesso intervento della difesa, finalmente chiamata ad interloquire in questo momento collegiale, rischia quindi di apparire non soltanto tardivo ma, per le descritte ragioni e rispetto ad un procedimento in cui la tutela della salute e' al cuore della decisione da assumersi, non pienamente efficace. D'altra parte il campo delle revoche di misure alternative alla detenzione, proprio perche' ne deriva il drammatico mutamento dell'esecuzione penale nella sua opzione intramuraria, e' quello in cui la pienezza del contraddittorio e' ritenuta caratteristica indefettibile. Lo si evince, ancora una volta, da ultimo, dalle indicazioni contenute nella legge delega 23 giugno 2017, n. 103, nella parte in cui, nell'art. 1, comma 85, indirizzava gli interventi di modifica dell'ordinamento penitenziario, poi solo in parte attuati anche per come sopra significativamente ricordato, prevedendo che si approntasse una «semplificazione delle procedure, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, per le decisioni di competenza del Magistrato e del Tribunale di sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione». Per queste ultime la garanzia fornita dalla valutazione operata esclusivamente dal Tribunale di sorveglianza e' infatti sia connessa alla collegialita' del giudicante, con la sua piu' ampia e ponderata capacita' di apprezzamento, sia determinata dallo spazio pieno che vi trova il contraddittorio nelle parita' delle parti e innanzitutto il ruolo indefettibile della difesa, presidiato dal rito di cui agli articoli 666 e 678 cod proc. pen., e dalla nullita' assoluta che interviene a fulminare il provvedimento assunto in presenza di vicende patologiche che l'abbiano in qualche modo compromesso (Cfr., tra le altre, cass. 24 settembre 2018, n. 50475 e cass. 18 settembre 2019, n. 43854). Dalla disamina di queste differenti ipotesi emerge l'assoluta atipicita' della procedura oggi disegnata dall'art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, convertito in legge n. 70/2020, che per altro dispiega i suoi effetti anche retroattivamente, per quanto impone l'art. 2-bis, comma 5. Ne deriva che un condannato per particolari tipologie di reati che, come l'odierno interessato, abbia ottenuto un provvedimento di sospensione dell'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare per gravi motivi di salute connessi all'emergenza sanitaria Covid-19, e che sia stato percio' reimmesso in luogo esterno di cura o presso la propria abitazione, ritenuti luoghi idonei alla miglior cura delle proprie condizioni patologiche, possa oggi vedersi revocato il provvedimento accordato, senza essere stato neppure formalmente informato dell'apertura di questo procedimento, che deriva da una disposizione normativa sopravvenuta alla sua fuoriuscita dal carcere e che sconvolge la prospettiva descritta nel provvedimento concessivo del Magistrato di sorveglianza. Il provvedimento provvisorio di concessione prevedeva infatti espressamente che la sua posizione sarebbe stata rivalutata, ed eventualmente confermata, dinanzi al Tribunale di sorveglianza nel pieno contraddittorio delle parti. Oggi invece, con l'odierno procedimento, una rivalutazione avviene senza che lui stesso e la sua difesa abbiano preso cognizione dei contenuti istruttori raccolti e soprattutto del parere obbligatorio richiesto alla Procura distrettuale antimafia, e senza aver potuto adeguatamente interloquire in modo conseguente. Non ignora il Magistrato di sorveglianza rimettente l'insegnamento della Corte costituzionale relativo alla piena compatibilita' con il diritto di difesa dei «modelli processuali a contraddittorio eventuale e differito: caratterizzati cioe' - in ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza - da una decisione de plano seguita da una fase a contraddittorio pieno» (Cfr., in questo senso, ex plurimis, ordinanze n. 292 del 2004; n. 257, n. 132, n. 131 e n. 32 del 2003) «e cio' conformemente al consolidato principio per cui il diritto di difesa puo' essere regolato in modo diverso, onde adattarlo alle esigenze ed alle specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti, purche' di tale diritto siano assicurati lo scopo e la funzione» (Cfr. ord. 19 luglio 2005, n. 291). Si veda da ultimo, tra l'altro, quanto in tal senso affermato, per come ricordato anche nell'ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Avellino in data 3 giugno 2020, che solleva questione di costituzionalita' con tratti di analogia a quella che qui ora si reitera, sull'allora vigente art. 2, decreto-legge n. 29/2020, nella sentenza Corte costituzionale n. 279/2019 in relazione alla procedura di cui all'art. 238-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, in materia di conversione della pena pecuniaria in liberta' vigilata, in cui, per quanto qui di interesse, la carenza di contraddittorio nella fase che precede la decisione del Magistrato di sorveglianza, il condannato conserva comunque la facolta' di proporre opposizione davanti al medesimo giudice e di ricorrere in cassazione con l'ulteriore garanzia, di cui all'art. 660, ultimo comma cod. proc. pen., dell'effetto sospensivo dell'esecuzione a far data dalla presentazione del ricorso in cassazione. Nel caso che oggi ci occupa invece, la revoca, anche in pendenza di decisione dinanzi al Tribunale di sorveglianza, e' immediatamente esecutiva, e si apprezza l'innesto di una ulteriore nuova fase, per altro dai tratti urgenti dubbi, considerata la valutazione sulla pericolosita' gia' svolta in concreto ai sensi dell'art. 147, ultimo comma cod. pen., dal Magistrato di sorveglianza nel provvedimento concessivo originario, in una sequenza che ha appunto gia' attraversato una prima fase interinale del procedimento avente ad oggetto la concessione di una misura di sospensione dell'esecuzione della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter ord. penit., e che avrebbe trovato il suo naturale sbocco nella successiva fase, a contraddittorio pieno, dinanzi al Tribunale di sorveglianza, con salvezza delle sue conseguenze, in senso reiettivo o concessivo, sino a quel momento. Questa fase di nuova introduzione, in cui fa accesso, per la prima volta, con un suo parere obbligatorio, la parte pubblica, senza alcuna possibilita' di replica della controparte, sfocia in un provvedimento che, ove di revoca, fortemente probabile a fronte dei limiti istruttori sopra indicati, ha l'effetto dirompente di ricondurre immediatamente in vinculis il condannato, che era stato ammesso alla misura extramuraria. Tale quadro continua percio' a mostrare elementi che appaiono allo scrivente Magistrato di sorveglianza di carente tutela del diritto di difesa del condannato, anche con l'attuale previsione, che certamente garantisce, per come autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale, un passaggio obbligatorio dinanzi al Tribunale di sorveglianza in cui la tutela della difesa e' maggiore, ma cio' accade in un tempo comunque troppo lungo (oltre i trenta giorni effettivi) per una persona affetta da gravi patologie, senza che il provvedimento che ha inciso la liberta' personale subisca alcuna sospensione in attesa di quel vaglio collegiale e con un intervento che potrebbe essere ormai tardivo e inefficace. E, cio' senza aggiungere che permane dubbio l'oggetto della valutazione collegiale, chiamata ad abbracciare di fatto tanto l'iniziale provvisoria concessione della misura, quanto la sua revoca. Tali criticita', costituzionalmente rilevanti alla luce degli articoli 24, comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione, sembrano configurare vulnera al diritto alla difesa tecnica ed al principio del contraddittorio nella parita' delle parti imposti perche' si configuri un giusto processo, non ragionevoli e particolarmente gravi perche' cio' accade in relazione ad un procedimento di rivalutazione che puo' condurre alla revoca, seppur temporanea, di una misura extramuraria concessa per motivi di salute ed al ripristino della privazione della liberta' in carcere. Un perimetro nell'ambito del quale si dubita che possa trovare spazio costituzionale un contraddittorio differito, in cui sia data la parola al condannato malato, ed alla sua difesa, soltanto dopo che l'interessato e' stato ricondotto in vinculis. Se cio' determina dunque dubbi di costituzionalita' che il rimettente non puo' che tornare a sottoporre al vaglio del Giudice delle leggi, e che si pongono anche rispetto a provvedimenti di provvisoria concessione della misura domiciliare concessi dal Magistrato di sorveglianza a partire dall'entrata in vigore del decreto-legge, l'11 maggio 2020, per le ragioni sopra enunciate, le gravi carenze descritte si appalesano ancor piu' critiche con riferimento alle rivalutazioni che intervengano su provvedimenti gia' emessi, come pure previsto dall'art. 2-bis, comma 5, decreto-legge n. 28/2020, per come convertito in legge n. 70/2020, poiche' in tali casi si determina l'azzeramento della previsione che il condannato destinatario doveva farsi, prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, di una rivalutazione piu' ampia della sua posizione, unicamente dinanzi al Tribunale di sorveglianza nel pieno contraddittorio delle parti. Deve dunque porsi all'esame della Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2-bis del decreto-legge 28 aprile 2020, come convertito in legge 25 giugno 2020, n. 70, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, anche in data antecedente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 29/2020, alterando, con i descritti vulnera al diritto di difesa ed al contraddittorio in condizioni di parita', l'ordinaria scansione procedimentale che richiede che, alla fase interinale, segua quella dinanzi al Tribunale di sorveglianza con le garanzie previste dal rito di cui agli articoli 666 e 678 cod. proc. pen., con salvezza della provvisoria concessione sino a quel momento di ampio confronto con le parti. Si apprezza ancora sotto tale profilo anche un contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella misura in cui il condannato ammesso alla detenzione domiciliare surrogatoria subisce il procedimento di frequentissima rivalutazione con rito a contraddittorio pieno, oppure senza alcuna possibilita' di replica sui contenuti istruttori per se' e per la sua difesa, soltanto in base al dato del tutto casuale che rispetto alla pronuncia interinale del Magistrato di sorveglianza sia gia' intervenuta la decisione in via definitiva dinanzi al Tribunale di sorveglianza, oppure la stessa risulti calendarizzata in tempi successivi, in connessione ad esempio con ruoli d'udienza particolarmente gravati. E cio' a piu' forte ragione laddove si tenga conto della necessita' di urgente decisione che soltanto per i casi che provengano dalla rivalutazione con revoca del Magistrato di sorveglianza, finiranno per imporre al Collegio, ove voglia evitare la perdita di efficacia di quel provvedimento, di decidere nel termine di trenta giorni dalla ricezione degli atti, senza poter disporre approfondimenti istruttori incompatibili con queste tempistiche, pena la perdita di efficacia della revoca. Il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, d'altra parte, sembra porsi anche con riferimento al perimetro soggettivo di tali rivalutazioni, concernenti i soli provvedimenti ammissivi connessi all'emergenza Covid-19, quando riferiti ai condannati per alcune tipologie di delitti, secondo un elenco, per altro diverso da quello di cui all'art. 4-bis ord. penit., contenuto gia' nell'art. 2, decreto-legge n. 29/2020 (i condannati e gli internati per i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 416-bis cod. pen. e 74, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, o per un delitto commesso con finalita' di terrorismo ai sensi dell'art. 270-sexies cod. pen., nonche' i condannati e gli internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis ord. penit.) ed oggi trasfuso senza variazioni nell'art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020. Pur essendo stati tutti adottati dal Magistrato di sorveglianza sulla base di un giudizio di bilanciamento, previsto dall'art. 147 cod. pen., tra esigenze di cura in connessione con l'emergenza sanitaria e profili di pericolosita' concreta, soltanto i provvedimenti concessivi relativi ai condannati per i gravi reati rientranti nell'elenco da ultimo citato dovranno essere frequentemente rivalutati, con le carenze di contraddittorio sin qui evidenziate, e sino a che il Tribunale di sorveglianza non si pronunci. In tal senso non puo' non rilevarsi come questa opzione normativa finisca per assegnare ad alcuni autori di reato soltanto, senza che questa cernita si colleghi, in alcun modo ad una speciale incidenza sugli stessi dell'emergenza sanitaria da Covid-19, e con scelta della cui ragionevolezza si dubita, un procedimento meno garantito e fortemente orientato verso il ripristino della detenzione, attribuendo alla presunzione di speciale pericolosita' derivante dalla commissione di un certo reato (in un ambito che per altro non concerne il trattamento, ma la tutela del diritto fondamentale alla salute ex art. 32 della Costituzione e alla umanita' delle pene ex art. 27, comma 3 della Costituzione) una portata che finisce per travalicare il giudizio in concreto gia' compiuto sul punto, in modo individualizzato, nel provvedimento provvisorio emesse dal Magistrato di sorveglianza. Ad avviso del Magistrato di sorveglianza scrivente, sussiste dunque contrasto dell'art. 2-bis, decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, come convertito in legge 25 giugno 2020, n. 70, per come sin qui illustrato, con gli articoli 3, 24, comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione e pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno procedimento, deve sollevarsi questione di legittimita' costituzionale che si ritiene ancora non manifestamente infondata, valutato il mutato quadro normativo determinatosi per effetto dello ius superveniens di cui alla legge n. 70/2020.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, come convertito in legge 25 giugno 2020, n. 70, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli articoli 3, 24, comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il procedimento in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Spoleto, 18 agosto 2020 Il Magistrato di sorveglianza: Gianfilippi