N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 agosto 2020

Ordinanza del 18  agosto  2020  del  Magistrato  di  sorveglianza  di
Spoleto nel procedimento di sorveglianza nei confronti di L.T.M.. 
 
Ordinamento penitenziario - Misure urgenti in materia  di  detenzione
  domiciliare o  di  differimento  della  pena  per  motivi  connessi
  all'emergenza sanitaria da COVID-19 -  Ammissione  alla  detenzione
  domiciliare o  al  differimento  della  pena  per  motivi  connessi
  all'emergenza  sanitaria  da  COVID-19  dei  condannati   e   degli
  internati per i delitti di cui agli artt. 270, 270-bis, 416-bis del
  codice penale e 74, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, o  per  un
  delitto  commesso  avvalendosi  delle  condizioni  o  al  fine   di
  agevolare l'associazione mafiosa, o per  un  delitto  commesso  con
  finalita' di terrorismo ai sensi dell'art.  270-sexies  del  codice
  penale, nonche' dei condannati  e  degli  internati  sottoposti  al
  regime previsto dall'art. 41-bis della legge  n.  354  del  1975  -
  Valutazione  della  permanenza  dei  motivi  legati   all'emergenza
  sanitaria  -  Previsione  che  procede   alla   rivalutazione   del
  provvedimento  di  ammissione  alla  detenzione  domiciliare  o  di
  differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria
  da Covid-19 il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso. 
- Decreto-legge  30  aprile  2020,  n.  28  (Misure  urgenti  per  la
  funzionalita' dei sistemi di  intercettazioni  di  conversazioni  e
  comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia  di  ordinamento
  penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di  coordinamento
  in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure
  urgenti  per  l'introduzione  del  sistema  di  allerta  Covid-19),
  convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020,  n.  70,
  art. 2-bis. 
(GU n.37 del 9-9-2020 )
 
                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI SPOLETO 
                    il Magistrato di sorveglianza 
 
    Rilevato che, ai sensi dell'art. 2, decreto-legge 10 maggio 2020,
n. 29, ora trasfuso nell'art. 2-bis, decreto-legge n.  28/2020,  come
convertito in legge n. 70/2020, e' iscritto procedimento  relativo  a
L.T.M.,  nato  a  ...  il  ...,  gia'  ristretto   presso   la   Casa
circondariale di ..., in esecuzione della pena di cui  alla  sentenza
Corte appello Napoli 30 ottobre 2014, irrevocabile il 21 luglio 2017,
per anni cinque di reclusione, per la rivalutazione del provvedimento
con il  quale  il  Magistrato  di  sorveglianza  di  Spoleto  gli  ha
provvisoriamente concesso la detenzione domiciliare di  cui  all'art.
47-ter, comma 1-ter ord. penit., surrogatoria della sospensione della
pena di cui all'art. 147 cod. pen.; 
    Decorrenza pena: 23  luglio  2017;  fine  pena:  28  giugno  2021
(tenuto  conto  della  liberazione  anticipata  concessagli  e  della
fungibilita' riconosciutagli); 
    Rilevato che, vista la documentazione  in  atti  e  acquisito  il
parere del Procuratore distrettuale antimafia di Napoli ai fini della
decisione  richiesta  dalla  disposizione  normativa   indicata,   il
Magistrato  di  sorveglianza  di  Spoleto  in  data  26  maggio  2020
sospendeva  il  procedimento  trasmettendo  gli   atti   alla   Corte
costituzionale, dichiarata rilevante e non  manifestamente  infondata
la  questione  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   2   del
decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, nella parte in cui  prevede  che
proceda  a  rivalutazione  del  provvedimento  di   ammissione   alla
detenzione domiciliare  o  di  differimento  della  pena  per  motivi
connessi  all'emergenza  sanitaria  da  Covid-19,  il  Magistrato  di
sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli articoli  3,  24,
comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione; 
    Rilevato che la Corte costituzionale, con ordinanza  in  data  22
luglio  2020,  depositata  il  30  luglio  2020,  n.  185,  pervenuta
all'ufficio il 3 agosto 2020, ha restituito gli atti al Magistrato di
sorveglianza per nuovo esame della «non manifesta infondatezza  delle
questioni, alla luce del mutato quadro  normativo  determinatosi  per
effetto dello ius superveniens di cui alla legge n. 70 del 2020»; 
 
                            O s s e r v a 
 
    Con  provvedimento  in  data  21  marzo  2020  il  Magistrato  di
sorveglianza  di  Spoleto  concedeva  provvisoriamente  al  L.T.   la
sospensione della pena ex art. 147 cod. pen. nelle forme di cui  alla
detenzione domiciliare ex  art.  47-ter,  comma  1-ter  ord.  penit.,
secondo le disposizioni contenute negli articoli 684 cod. proc.  pen.
e  47-ter,  comma  1-quater   ord.   penit.   (come   novellato   con
decreto-legge n. 146/2013, poi convertito in legge 21 febbraio  2014,
n. 10), sulla  scorta  di  un  compendio  istruttorio  analiticamente
descritto nell'ordinanza di rimessione alla Corte  costituzionale  in
data 26 maggio 2020, cui integralmente ci si riporta. 
    Nelle motivazioni del provvedimento si evidenziava come:  «tenuto
conto  delle  informazioni  pervenute  dall'area  sanitaria  di  ...,
nonche' della sussistenza  dell'emergenza  epidemiologica  legata  al
Covid-19,  appare  a  questo  Magistrato  di  sorveglianza  che   sia
necessario disporre il differimento facoltativo della pena in  favore
del L.T., almeno per il  tempo  dell'emergenza  sanitaria  e  fino  a
valutazione del competente Tribunale di sorveglianza, in presenza  di
condannato con patologie gravi e necessitanti costanti  contatti  con
le aree sanitarie territoriali per tenere sotto  controllo  i  valori
relativi, che allo stato  appare,  per  come  evincibile  dall'ultima
relazione sanitaria pervenuta il 20  marzo  2020,  particolarmente  a
rischio per la condizione di immunodeficienza collegata al  trapianto
di fegato, nel caso auspicabilmente scongiurato di una diffusione del
Covid-19 nel contesto penitenziario. D'altra parte  l'interessato  e'
ristretto  in  sezione  detentiva  dove  e'  difficile  mantenere  il
distanziamento sociale richiesto dalle disposizioni  emanate  per  la
prevenzione del contagio e rispetto ai contatti con le aree sanitarie
esterne  vede  inevitabilmente  ridotta  la  possibilita'  di   farvi
accesso, e' inoltre dato drammaticamente noto che  l'incidenza  sugli
adulti ultrasessantacinquenni (come l'interessato), di tale  epidemia
e' negativa, ove all'eta' si associno alcune delle patologie  da  cui
il L.T. e' affetto». 
    La misura  ha  avuto  regolarmente  inizio,  non  sono  pervenute
segnalazioni negative  circa  i  comportamenti  dell'interessato  nel
corso di questi mesi, ed anzi nel tempo i Carabinieri di ...,  quando
richiesti in relazione ad esempio ad istanza ex art. 54  ord.  penit,
hanno  attestato  una   condotta   corrispondente   alle   stringenti
prescrizioni proprie della misura domiciliare impostagli (autorizzato
ad  allontanarsi  dall'abitazione   esclusivamente   per   il   tempo
strettamente  necessario  a  recarsi  presso   i   presidi   sanitari
territoriali, con l'accompagnamento di un  familiare,  dando  notizia
dell'allontanamento alle forze dell'ordine preposte ai controlli). 
    Il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, ha previsto nel suo  art.
2, per quanto qui di interesse, che quando un condannato per uno  dei
delitti ivi puntualmente  indicati,  tra  i  quali  figura  anche  la
partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso,  reato
commesso  dall'odierno  interessato,  e'  ammesso   alla   detenzione
domiciliare o usufruisce  del  differimento  della  pena  per  motivi
connessi  all'emergenza  sanitaria  da  Covid-19,  il  Magistrato  di
sorveglianza (come nel caso di specie) o il Tribunale di sorveglianza
che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore
distrettuale antimafia del luogo in cui e' stato commesso  il  reato,
valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria  entro
il termine di quindici  giorni  dall'adozione  del  provvedimento  e,
successivamente, con cadenza mensile. La  valutazione  e'  effettuata
immediatamente,  anche  prima  della  decorrenza  dei  termini  sopra
indicati,  nel  caso  in  cui  il  Dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria comunica la disponibilita' di strutture penitenziarie o
di reparti di medicina protetta adeguati alle  condizioni  di  salute
del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione  domiciliare  o
ad usufruire del differimento della pena. 
    Sotto il profilo istruttorio si precisa che, prima di  provvedere
l'autorita' giudiziaria sente  l'autorita'  sanitaria  regionale,  in
persona del Presidente della Giunta della regione,  sulla  situazione
sanitaria locale e acquisisce dal  Dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilita'  di
strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in  cui  il
condannato o l'internato ammesso alla  detenzione  domiciliare  o  ad
usufruire del differimento della pena puo' riprendere la detenzione o
l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute. 
    La decisione dell'autorita' giudiziaria  e'  assunta  sulla  base
della valutazione relativa  alla  permanenza  dei  motivi  che  hanno
giustificato  l'adozione  del  provvedimento   di   ammissione   alla
detenzione domiciliare  o  al  differimento  di  pena,  nonche'  alla
disponibilita' di altre  strutture  penitenziarie  o  di  reparti  di
medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute  del
detenuto. Il provvedimento con cui l'autorita' giudiziaria revoca  la
detenzione domiciliare o il differimento della pena e' immediatamente
esecutivo. 
    L'art.  5  del  decreto-legge  prevede  poi  alcune  disposizioni
transitorie, alla luce delle quali  la  rivalutazione  predetta  deve
essere effettuata anche circa le misure domiciliari gia' assunte  per
motivi connessi all'emergenza Covid-19 a far  data  dal  23  febbraio
2020, con decorrenza dei quindici giorni per la  prima  rivalutazione
dal giorno dell'entrata in vigore del  decreto-legge,  avvenuta  l'11
maggio 2020. 
    Considerati i gia'  richiamati  contenuti  del  provvedimento  di
detenzione domiciliare surrogatoria concessa al L.T., nonche' la data
di emissione dello stesso, il Magistrato di sorveglianza  di  Spoleto
ha  dunque  proceduto  alle  richieste  istruttorie  previste   dalla
disposizione normativa sopravenuta ai  fini  della  rivalutazione  da
effettuarsi il 26 maggio 2020,  a  quindici  giorni  dall'entrata  in
vigore del decreto-legge. 
    I contenuti dell'istruttoria documentale che e' stato  necessario
effettuare  sono  stati  ugualmente   riassunti   nell'ordinanza   di
rimessione alla Corte costituzionale emessa  in  quella  sede,  nella
quale il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto  di  dover  sollevare
questioni di legittimita'  costituzionale  relative  alla  disciplina
della rivalutazione periodica frequente della detenzione  domiciliare
concessa a particolari categorie di condannati ex art. 47-ter,  comma
1-ter ord. penit. per motivi connessi  all'emergenza  Covid-19,  come
contenuta nell'art. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. 
    In punto di rilevanza ci si richiamava alla  ricostruzione  della
vicenda del L.T., per come  allora  succinta,  aggiungendo  che  allo
scadere del quindicesimo giorno dall'entrata in vigore del  descritto
testo normativo, era  richiesto  al  Magistrato  di  sorveglianza  di
effettuare  la   rivalutazione   della   concessione   della   misura
domiciliare, avendo compiuto  le  richieste  istruttorie  predette  e
previa adeguata considerazione del parere negativo sulla  persistenza
delle ragioni della concessione pervenuto dalla Procura  distrettuale
competente. 
    Si riteneva non manifestamente infondata  la  questione  relativa
alla  procedura   di   rivalutazione   prevista   dall'art.   2   del
decreto-legge n. 29/2020, ai sensi degli art.  24,  comma  2  e  111,
comma  2  della  Costituzione,  poiche'  si  svolge  senza   adeguato
coinvolgimento della difesa  e  senza  il  necessario  contradditorio
delle parti in condizioni di parita', nella parte in cui, onerando il
Magistrato  di   sorveglianza   della   rivalutazione,   prevede   un
procedimento senza spazi di  adeguato  formale  coinvolgimento  della
difesa tecnica dell'interessato, senza alcuna  comunicazione  formale
dell'apertura del procedimento e con una conseguente carenza assoluta
di contraddittorio, rispetto alla parte pubblica,  qui  rappresentata
in modo inedito dal Procuratore distrettuale antimafia individuato in
relazione  al  luogo  del  commesso  reato,  che  deve   fornire   un
obbligatorio, seppur non  vincolante,  parere  sulla  permanenza  dei
presupposti di concessione della misura. 
    Veniva inoltre sollevata la questione di costituzionalita'  della
medesima disposizione normativa anche  per  contrasto  con  l'art.  3
della Costituzione, nella misura in cui «il condannato  ammesso  alla
detenzione  domiciliare  surrogatoria  subisce  il  procedimento   di
frequentissima rivalutazione con rito a contraddittorio pieno, oppure
senza alcuna possibilita' di replica sui contenuti istruttori per se'
e per la sua difesa, soltanto in base al dato del tutto  casuale  che
rispetto alla pronuncia interinale del Magistrato di sorveglianza sia
gia' intervenuta la decisione in via definitiva dinanzi al  Tribunale
di sorveglianza, oppure la stessa  risulti  calendarizzata  in  tempi
successivi,  in  connessione   ad   esempio   con   ruoli   d'udienza
particolarmente   gravati»   ed   ancora   perche'    la    frequente
rivalutazione, con le carenze di contraddittorio sin qui  evidenziate
e sino a che il Tribunale di sorveglianza non si sia  pronunciato  in
via definitiva sull'originaria richiesta della misura alternativa, e'
prevista per i soli provvedimenti  di  concessione  della  detenzione
domiciliare connessi all'emergenza Covid-19,  allorche'  riferiti  ai
soli condannati per  alcune  tipologie  di  delitti,  il  cui  elenco
peraltro non coincide neppure con quello di cui all'art.  4-bis  ord.
penit. 
    La Corte costituzionale ha restituito gli atti al  Magistrato  di
sorveglianza con ordinanza n. 185/2020  affinche'  lo  stesso  prenda
atto  delle  modifiche  normative  intervenute  con   la   legge   di
conversione n. 70/2020 e possa valutarne  «in  concreto  l'incidenza»
sulla non manifesta  infondatezza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate, apparendo tali modifiche  «orientate  nella
stessa direzione dell'ordinanza di rimessione,  con  un  effetto  che
potrebbe essere ritenuto suscettibile di ridimensionare, o al  limite
di emendare, i vizi denunciati». 
    In particolare, occorre premettere che l'art. 1,  comma  3  della
legge 25 giugno 2020, n. 70,  di  conversione  del  decreto-legge  n.
28/2020,  ha  abrogato  l'art.  2  del  decreto-legge   n.   29/2020,
precisando che resta comunque ferma la validita'  degli  atti  e  dei
provvedimenti adottati e fatti  salvi  gli  effetti  prodottisi  e  i
rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge, ne ha
trasfuso i contenuti nell'art. 2-bis del  decreto-legge  n.  28/2020,
per come convertito nella legge n. 70/2020, e li ha integrati con una
previsione  al  comma  4  riferibile  proprio   alla   procedura   di
frequentissima rivalutazione, quando  da  effettuarsi  ad  opera  del
Magistrato di sorveglianza e non del Tribunale di sorveglianza. 
    Vi si prevede infatti che «quando il Magistrato  di  sorveglianza
procede alla valutazione del provvedimento provvisorio di  ammissione
alla detenzione domiciliare o di differimento della pena, i pareri  e
le informazioni acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 e i  provvedimenti
adottati all'esito della valutazione sono trasmessi immediatamente al
Tribunale di sorveglianza, per unirli a quelli gia' inviati ai  sensi
degli art. 684, comma 2 cod. proc.  pen.  e  47-ter,  comma  1-quater
della legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso in cu il  Magistrato  di
sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare  o
del differimento della pena adottati in via provvisoria, il Tribunale
di sorveglianza decide sull'ammissione alla detenzione domiciliare  o
sul differimento della pena entro trenta giorni dalla  ricezione  del
provvedimento  di  revoca,  anche  in  deroga  al  termine   previsto
dall'art. 47, comma 4 della legge 26  luglio  1975,  n.  354.  Se  la
decisione del tribunale non interviene  nel  termine  prescritto,  il
provvedimento di revoca perde effiacia». 
    L'art.  2-bis,  comma  5  del  decreto-legge  n.  28/2020,   come
convertito in legge  n.  70/2020,  dispone  che  tale  disciplina  si
applichi  a  tutti  i  provvedimenti  di  revoca   della   detenzione
domiciliare  o  del  differimento  della  pena  gia'   adottati   dal
Magistrato di sorveglianza alla data di entrata in vigore della legge
di conversione e a partire dal 23 febbraio 2020. 
    La Corte costituzionale rileva dunque  come,  per  effetto  della
legge di conversione, quando il Magistrato di sorveglianza dispone la
revoca della detenzione domiciliare o  del  differimento  della  pena
disposti per motivi connessi  all'emergenza  sanitaria  Covid-19,  il
Tribunale di sorveglianza e' tenuto a pronunciarsi entro  il  termine
perentorio di trenta giorni  dalla  ricezione  del  provvedimento  di
revoca e dovra' farlo nelle forme di  cui  all'art.  666  cod.  proc.
pen., per come richiamato dall'art. 678, comma 1 cod.  proc.  pen.  e
dunque di «un procedimento in cui la difesa  ha  pieno  accesso  agli
atti e ha la possibilita' di interloquire in  condizioni  di  parita'
nell'udienza all'uopo fissata». 
    I   giudici   della   Consulta   proseguono   evidenziando   come
«l'evoluzione del quadro normativo prodottasi per effetto della legge
di conversione lascia invero immutata la rilevanza  della  questione,
stante il perdurante obbligo per il giudice a quo di perfezionare  il
procedimento di  "rivalutazione"  del  provvedimento  di  concessione
della detenzione domiciliare o di differimento della pena per  motivi
connessi  all'emergenza  sanitaria  da  Covid-19  adottato  in   data
successiva al 23 febbraio 2020» ma aggiungono anche che «le modifiche
alla disposizione censurata introdotte dalla legge n. 70/2020  mirano
a una piu' intensa tutela del diritto di difesa del  condannato,  cui
e' ora garantita una piena partecipazione al procedimento  avanti  il
Tribunale di sorveglianza nel termine  perentorio  di  trenta  giorni
decorrenti dal provvedimento  di  revoca»,  modifiche  che  hanno  un
impatto  di  rilievo,  valutato  in  relazione  alla   Giurisprudenza
costituzionale (in particolare sent. n.  125/2018)  e  che  conducono
alla restituzione degli  atti  al  Magistrato  di  sorveglianza,  cui
spetta   la   responsabilita'   della   valutazione    in    concreto
dell'incidenza  delle   modifiche   rispetto   alla   non   manifesta
infondatezza delle questioni prospettate. 
    E' in tale contesto  che  il  fascicolo  torna  alla  valutazione
odierna del Magistrato di sorveglianza di Spoleto che, per le ragioni
che saranno di seguito meglio descritte, omessa una nuova valutazione
sulla  rilevanza,  poiche'  gia'  in  modo  espresso   autorevolmente
affermata dalla stessa Corte costituzionale, ritiene, pur  alla  luce
dello ius superveniens rappresentato dalla legge  di  conversione  n.
70/2020,  che  sia  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale, per violazione  degli  articoli  3,  24,
comma 2 e 111, comma 2 della Costituzione,  dell'odierno  art.  2-bis
del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, come convertito nella  legge
25 giugno 2020, n. 70, nel quale e' stato trasfuso  con  integrazioni
il contenuto dell'art. 2 del decreto-legge 10  maggio  2020,  n.  29,
invece  abrogato,  nella  parte  in  cui  prevede   che   proceda   a
rivalutazione  del  provvedimento  di  ammissione   alla   detenzione
domiciliare  o  di  differimento  della  pena  per  motivi   connessi
all'emergenza sanitaria da Covid-19, il  Magistrato  di  sorveglianza
che lo ha emesso. 
    Occorre premettere che il provvedimento che oggi il Magistrato di
sorveglianza di Spoleto e' chiamato a rivalutare e' stato assunto  da
quest'ultimo  ai  sensi  dell'art.  684  cod.  proc.  pen.   in   via
provvisoria, in attesa che si pronunci sul differimento della pena, e
la concessione eventuale della detenzione domiciliare, il  competente
Tribunale di sorveglianza. 
    Il provvedimento ha  dunque,  secondo  la  ricostruzione  offerta
pacificamente in dottrina, natura interinale ed urgente, giustificata
dalla necessita' di garantire  la  piu'  rapida  tutela  del  diritto
fondamentale  alla  salute,  in  attesa  dei  piu'  lunghi  tempi  di
fissazione dell'udienza dinanzi al Collegio. Ne  risultano  derogate,
mediante  un  procedimento  caratterizzato  da  marcati   tratti   di
atipicita', le forme normalmente  previste  per  il  procedimento  di
sorveglianza dagli articoli 666 e 678 cod. proc. pen.,  che  tuttavia
contraddistinguono la procedura che successivamente si svolge dinanzi
al Tribunale di sorveglianza. 
    Il Magistrato di sorveglianza, apprezzato un fumus boni iuris  in
ordine alla sussistenza dei presupposti perche' il tribunale disponga
il  rinvio,  nonche'   un   periculum   in   mora   per   la   salute
dell'interessato nella protrazione dello stato detentivo, provvede de
plano, senza il coinvolgimento del pubblico ministero e neppure della
difesa, che tuttavia puo' aver avviato, e ordinariamente avvia (anche
se e' prevista la  possibilita'  di  una  iniziativa  officiosa),  il
procedimento mediante l'istanza, cui e'  allegata  la  documentazione
che ritiene utile. 
    La sede per il ripristino di un contradditorio  pieno,  garantito
dalle disposizioni  tipiche  del  procedimento  di  sorveglianza,  e'
quella dell'udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza,  che  segue
necessariamente quella provvisoria, mentre il provvedimento  conserva
effetti fino a quella  decisione,  senza  che  il  legislatore  abbia
imposto con l'art. 684  cod.  proc.  pen.  al  tribunale  un  termine
acceleratorio, entro il quale provvedere,  a  prescindere  dall'esito
eventualmente liberatorio della pronuncia interinale. 
    Si ritiene tuttavia che, in relazione alla istanza di  detenzione
domiciliare surrogatoria,  possa  trovare  applicazione  il  richiamo
contenuto nell'art. 47-ter, comma 1-quater alle disposizioni  di  cui
all'art. 47, comma 4 ord. penit. in quanto compatibili, e tra esse la
previsione di un termine acceleratorio, ma meramente ordinatorio,  di
sessanta giorni dall'emissione  del  provvedimento  provvisorio,  che
comunque non perde efficacia fino alla  decisione  del  Tribunale  di
sorveglianza anche se la pronuncia giunga tardivamente. 
    Le caratteristiche peculiari del procedimento urgente dinanzi  al
Magistrato di  sorveglianza  e  la  natura  interinale  dello  stesso
giustificano anche l'assenza di previsti mezzi  di  impugnazione  del
provvedimento emesso, poiche' la sede per il piu' ampio apprezzamento
delle ragioni delle parti  e'  considerata  il  procedimento  che  si
avvia, ai sensi e con le modalita' previste dagli articoli 666 e  678
cod. proc. pen., dinanzi al Collegio. E' quella la fase  nella  quale
si assiste al ripristino pieno del contradditorio nella parita' delle
parti. 
    Il procedimento per la rivalutazione frequente dei  provvedimenti
di  differimento  della  pena,   introdotto   inizialmente   con   il
decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 ed oggi leggibile nell'art. 2-bis
del decreto-legge n. 28/2020, come convertito in  legge  n.  70/2020,
presenta tratti di marcata  differenza  rispetto  a  quelli  sin  qui
descritti. E' infatti previsto che sia il Magistrato di  sorveglianza
ad iscriverlo d'ufficio, ad acquisire l'istruttoria per come limitata
dalla stessa disposizione normativa, ed infine a trasmetterla per  il
parere   sulla   persistenza   delle   ragioni   giustificative   del
differimento o della misura domiciliare alle competenti  DDA  e,  nel
solo caso di detenuti ristretti in regime differenziato in  peius  di
cui all'art. 41-bis ord. penit., alla DNA. 
    Il   provvedimento   di   revoca,   eventualmente   emesso,    e'
immediatamente esecutivo. 
    La competenza del Magistrato  di  sorveglianza  a  rivalutare  il
proprio provvedimento concessivo permane, all'evidenza, sino a che il
Tribunale di sorveglianza non provveda  in  via  definitiva  e,  ove,
sopravvenga la revoca del  provvedimento  provvisorio,  la  legge  di
conversione  ha  precisato  che,  nonostante  l'uso  dell'espressione
«revoca» connesso nell'ordinamento penitenziario a provvedimenti  non
interinali,  si  incardina  la  competenza  del  Collegio,  che  deve
pronunciarsi entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di
revoca, non su quest'ultima, che resta comunque di fatto priva di una
autonoma valutazione collegiale (con le criticita' che  ne  derivano,
trattandosi di un  provvedimento  che  incide  sulla  liberta'  della
persona), ma  sulla  ammissione  alla  detenzione  domiciliare  o  al
differimento della pena per ragioni connesse all'emergenza  Covid-19,
con la conseguenza, in caso di ritardo, della  perdita  di  efficacia
della  revoca  con  un  almeno  temporaneo  ripristino  della  misura
domiciliare o di differimento concessa, sino a nuova  valutazione  da
parte del  Magistrato  di  sorveglianza,  sempre  con  la  scansione,
acceleratissima prevista dalla disposizione normativa,  o  alla,  pur
tardiva, valutazione in via definitiva del Tribunale di sorveglianza. 
    Lo schema sin qui descritto, frutto delle modifiche apportate  in
sede di conversione in legge dei decreti-legge n. 28  e  n.  29/2020,
lascia immutata la procedura dinanzi al Magistrato di sorveglianza  e
differisce, dunque, da quello inizialmente previsto dall'art.  2  del
decreto-legge n. 29/2020, soltanto  per  questa  accelerazione  nella
valutazione collegiale, che segue  l'eventuale  revoca  della  misura
concessa.  Dalla  lettura  dei  lavori  preparatori  emerge,  invece,
effettivamente,  la  proposizione  di  emendamenti   indirizzati   ad
incidere sul contradditorio nel corso della valutazione  monocratica,
o consentendo avvisi al difensore o addirittura aprendo spazi per  il
deposito di osservazioni e documentazione alla luce della lettura  da
parte della difesa  delle  note  del  DAP  e  del  parere  della  DDA
competente (Cfr. Atto Senato n. 1786, proposte di modifica n. 2.0.1/8
e 2.0.1/12), ma a tali spunti il legislatore non ha poi dato seguito,
intervenendo  soltanto  con  l'espressa  previsione,  in   una   fase
successiva  alla   decisione   sulla   revoca   del   Magistrato   di
sorveglianza,  ancora  assunta  nel  silenzio  della  parte,  di  una
decisione del Tribunale di sorveglianza con contraddittorio pieno. 
    Tuttavia il Collegio e' comunque chiamato a pronunciarsi in tempi
non insignificanti. Non possono infatti decorrere, pena l'inefficacia
della revoca, piu' di trenta giorni dalla ricezione del provvedimento
stesso da parte del Tribunale di sorveglianza, e dunque  con  cadenze
gia' sperimentate per i procedimenti, di cui si tornera'  a  parlare,
di cui all'art. 51-ter ord. penit., che sono  certamente  anche  piu'
lunghe dei trenta giorni dal ripristino della carcerazione, attesi  i
tempi propri della formale ricezione degli atti, e che comunque,  per
il rispetto dei  termini  per  gli  avvisi  necessari  alla  corretta
integrazione del  contradittorio,  si  attestano  ordinariamente  sul
massimo temporalmente a disposizione. La  carcerazione  viene  invece
subito  ripristinata,  giacche'  resta  il  carattere  di   immediata
esecutivita' del provvedimento con il quale  e'  disposta  la  revoca
della detenzione domiciliare surrogatoria o  del  differimento  della
pena. 
    Cio' accade nei confronti  di  un  condannato  per  il  quale  il
Magistrato  di  sorveglianza  ha  effettuato   una   valutazione   di
sussistenza di condizioni di salute di particolare gravita', poste  a
rischio peculiare nel corso dell'emergenza sanitaria da Covid-19, con
conseguenze potenzialmente deleterie per la  salute  dell'interessato
(si pensi alla  subitanea  implacabile  rapidita'  del  contagio)  in
relazione  alle  quali  la  rivalutazione  collegiale  di   eventuale
ripristino della misura diversa dalla  detenzione  potrebbe  giungere
ormai tardivamente e che, ove invece si incorresse in una inefficacia
della  revoca  per  tardivita'  del   giudizio   del   Tribunale   di
sorveglianza, sembra esporre al rischio, analogamente  grave,  di  un
alternarsi di reingressi in carcere e ritorni sul territorio che,  se
normalmente non auspicabili per le finalita' di cui all'art. 27 della
Costituzione,  appaiono  peculiarmente  controindicati  a  fronte  di
persone affette da gravi condizioni di salute,  con  pregiudizio  del
diritto di cui all'art. 32 della Costituzione  e,  sotto  il  profilo
dell'umanita' della pena, dello stesso art. 27 della Costituzione. 
    Per quanto concerne  la  fase  del  procedimento  che  si  svolge
dinanzi al Magistrato di sorveglianza, dalla descrizione dei passaggi
essenziali della procedura, per come sin qui riassunti, emerge dunque
ancora dal testo di cui all'art.  2-bis,  decreto-legge  n.  28/2020,
come convertito in legge n. 70/2020, all'evidenza l'assenza,  che  in
tal senso non appare ragionevole, di qualsiasi formale coinvolgimento
della  difesa  dell'interessato,  nonostante  dalla   decisione   del
Magistrato  di  sorveglianza  derivi  l'eventuale  ripristino   della
massima  privazione  della  liberta'  rappresentata  dal  rientro  in
carcere, per altro di una persona affetta da  rilevanti  patologie  e
gia' destinataria, per come ricordato  sopra,  di  una  misura  volta
essenzialmente alla tutela del diritto alla  salute  (art.  32  della
Costituzione) e ad una detenzione conforme al senso di umanita' (art.
27, comma 3 della Costituzione). 
    Innanzitutto non  e'  previsto  che  sia  comunicata  alla  parte
l'instaurazione del procedimento. 
    Nel procedimento di rivalutazione, poi, in  assenza  di  un  atto
introduttivo di parte (Cfr. cass. 5 novembre 2013, n. 269),  potrebbe
persino dubitarsi della legittimazione di quest'ultima  o  della  sua
difesa a  produrre  memorie  e  documentazione,  tenuto  conto  della
prevista assunzione della decisione senza formalita', de plano e  non
con lo schema minimale  della  Camera  di  consiglio.  Anche  volendo
ammetterla tuttavia, come avvenuto nel caso  di  specie,  in  cui  al
fascicolo e' stata acquisita  memoria  del  difensore  (nominato  nel
procedimento ex art. 684 cod. proc. pen.  gia'  concluso  dinanzi  al
Magistrato di sorveglianza, che ha trasmesso gli atti al Tribunale di
sorveglianza  compente  per  la  decisione  definitiva),  in  cui  si
ribadisce la necessita' di  una  misura  domiciliare  per  consentire
all'assistito di curarsi e si ricorda l'inadeguatezza della presa  in
carico  da  parte  dell'area  sanitaria  di   ...,   la   stessa   e'
assolutamente  all'oscuro  degli   elementi   essenziali,   acquisiti
mediante l'istruttoria, e sui quali vertera' il giudizio. 
    Non e' infatti previsto che alla difesa  sia  data  contezza  dei
risultati istruttori  e  la  stessa  e'  privata  della  facolta'  di
confrontarsi con i  contenuti  delle  note  pervenute:  non  puo'  ad
esempio sapere dove il DAP ritenga che cure adeguate  possano  essere
svolte in favore dell'assistito, ed in qual modo. Non puo' verificare
se  queste  cure  siano  le  stesse  che  i  medici  dell'interessato
considerano efficaci e risolutive. Non puo' confrontarle  con  quelle
che, in ipotesi, abbia gia' intrapreso durante il  periodo  trascorso
in detenzione domiciliare. Non puo', soprattutto, prendere  atto  dei
contenuti del parere della  parte  pubblica,  che  invece  ha  potuto
leggere  l'intera   istruttoria   pervenuta   e   svolgere   autonomi
approfondimenti istruttori (come avvenuto  nel  caso  di  specie,  ad
esempio mediante nota richiesta  direttamente  dalla  DDA  alla  Casa
circondariale di Terni), e fornire al Magistrato di  sorveglianza  le
proprie repliche. 
    Occorre  inoltre  ricordare  che,  ove  il   DAP   comunichi   la
disponibilita' di una adeguata struttura  penitenziaria,  secondo  il
disposto dell'art. 2-bis, comma 1,  decreto-legge  n.  28/2020,  come
convertito in legge n. 70/2020,  la  valutazione  sulla  revoca  deve
essere  effettuata  immediatamente,  anche  in  deroga  ai  pur  gia'
strettissimi  termini  previsti,  e  cio'  rende  dunque  ancor  piu'
imponderabile per la  difesa  il  tempo  di  un  qualsiasi  eventuale
intervento, anche volesse tentarlo, pur  all'oscuro  dell'istruttoria
compiuta. 
    L'intervento  necessario  della  Procura,  invece,  mediante   il
prescritto  parere  obbligatorio,  ed  in  assenza   di   una   piena
interlocuzione    con    la    difesa    dell'interessato,     appare
contraddistinguere della piu' marcata atipicita' la procedura,  tanto
da  non  avere  eguali  nel  pur  variegato   panorama   di   modelli
procedimentali, piu'  o  meno  semplificati,  previsti  dinanzi  alla
Magistratura di sorveglianza. 
    Potrebbe in tal senso richiamarsi il procedimento in  materia  di
liberazione anticipata ex art. 69-bis ord. penit., in cui e' comunque
prevista una decisione in Camera di consiglio, ma senza  la  presenza
delle parti e con richiesta di parere al pubblico  ministero,  parere
che pero' puo' non essere atteso  ulteriormente,  se  non  interviene
entro quindici giorni dalla richiesta. 
    Non a caso furono sollevati  dubbi  su  tale  rito  semplificato,
introdotto dall'art. 1, comma 2 della legge 19 dicembre 2002, n. 277,
dinanzi alla Corte costituzionale, che li ha sciolti con ordinanze di
manifesta infondatezza delle questioni, evidenziando  sostanzialmente
che la descritta carenza di contraddittorio, o meglio  il  sacrificio
del diritto di difesa dell'interessato, doveva considerarsi, a fronte
di  una   successiva   fase,   seppur   eventuale,   di   reclamo   a
contraddittorio pieno, compatibile con il principio di  cui  all'art.
24, comma 2 della Costituzione poiche' rispondente  ad  «esigenze  di
snellimento procedurale fortemente sentite nella prassi, tenuto conto
anche dell'elevato numero delle istanze di cui si discute», a  fronte
di una istanza di parte che avvia il procedimento e  comunque  di  un
numero molto elevato di accoglimenti (Cfr. ord. 5 dicembre  2003,  n.
352). Soprattutto, i giudici  della  Consulta  riconoscevano  che  il
procedimento avesse un oggetto peculiare: «traducendosi in  una  mera
riduzione  quantitativa  della  pena,  finalizzata  a  "premiare"  il
condannato che  abbia  dato  prova  di  partecipazione  all'opera  di
rieducazione, cui non si  accompagna  alcun  regime  "alternativo"  a
quello carcerario» (Cfr. ord. 19 luglio 2005, n. 291). 
    Sembra dunque che nel caso che ci occupa i rilievi  fatti  propri
dalla Corte costituzionale per escludere una  incompatibilita'  della
disposizione con il diritto di difesa non trovino  spazio  in  questa
sede, sia perche' il procedimento  di  rivalutazione  oggi  descritto
nell'art. 2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito  in  legge
n. 70/2020, non interviene a istanza di parte, ed  anzi  senza  alcun
avviso alla stessa, sia perche' le  richieste  istruttorie  previste,
restringendo  il  campo   della   valutazione   del   Magistrato   di
sorveglianza alla sussistenza di una struttura penitenziaria o di  un
reparto di medicina protetta in  cui  possa  riprendere  l'esecuzione
penale intramuraria dell'interessato senza  pregiudizio  per  la  sua
salute (si veda pure l'ordinanza del  Tribunale  di  sorveglianza  di
Sassari in data 4 giugno 2020 con la  quale  quel  Collegio  solleva,
anche sul punto, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2
del decrto-legge n. 29/2020 poiche' comportante  una  violazione  del
diritto alla salute dell'interessato, nella parte in cui  prevede  un
regime di acquisizioni  istruttorie  dalle  quali  «e'  assente  ogni
riferimento ad una verifica delle condizioni di salute  del  detenuto
malato» ed in cui piuttosto  si  ravvisa  «una  marcata  tensione  al
ripristino  della  detenzione»)  sollecita  evidentemente  verso   la
revoca,  incidendo  in  senso  restrittivo  rispetto   al   perimetro
valutativo  e  al  giudizio  di  bilanciamento  sotteso  al  disposto
dell'art. 147 cod. pen., sia infine perche' in questione non  e'  una
mera mutazione favorevole del quantum di pena,  come  premio  di  una
condotta partecipativa, ma  un  drammatico  nuovo  cambiamento  nelle
modalita' di esecuzione della pena, che per  altro  non  conduce  dal
«dentro» al «fuori», ma in direzione opposta. 
    Proseguendo nella  ricognizione  dei  molteplici  riti  che,  nel
susseguirsi delle modifiche normative, possono leggersi nella materia
della sorveglianza, si incontrano diversi profili  semplificatori,  a
volte  dettati  da  esigenze  di  celerita'  connesse  agli  endemici
problemi di sovraffollamento ed alle  difficolta'  dei  Tribunali  di
sorveglianza a far fronte alla mole di lavoro. Anche se su alcuni  di
essi la dottrina da tempo discute della compatibilita' con i principi
costituzionali,  tema  che  esula   dall'orizzonte   della   presente
questione,  puo'  apprezzarsi  come  gli  stessi  presentino   sempre
caratteri piu' garantiti del procedimento disegnato dall'art.  2-bis,
comma 4, decreto-legge  n.  28/2020,  come  convertito  in  legge  n.
70/2020, in particolare se si controverte de libertate, e salvo forse
soltanto quando ci si occupi di questioni che comunque  non  incidono
su quell'area di indefettibile contraddittorio, che e' proprio quella
delle revoche di misure alternative al carcere. 
    Nell'ambito particolarmente  presidiato  dal  rito  di  cui  agli
articoli 666 e 678  cod.  proc.  pen.,  dopo  le  novelle  che  hanno
introdotto gli articoli 35-bis e ter ord. pen., del  procedimento  in
materia di tutela dei diritti, e' previsto ad esempio  il  meccanismo
residuale, per altro assai criticato in  dottrina,  di  cui  all'art.
666, comma 2 cod. proc. pen. Il giudice, a fronte  di  una  richiesta
che appaia manifestamente infondata per difetto delle  condizioni  di
legge o perche' mera riproposizione di una richiesta gia'  rigettata,
provvede de plano alla declaratoria di inammissibilita', sentito solo
il pubblico ministero. 
    Tuttavia intanto il provvedimento e' qui assunto su impulso della
parte e comunque avverso il decreto emesso e' proponibile ricorso per
cassazione. Inoltre,  la  S.C.  con  giurisprudenza  consolidata,  ha
chiarito che «le cadenze procedurali previste dall'art.  35-bis  ord.
pen. e la scelta legislativa del contraddittorio nel doppio grado  di
merito impongono, percio', «di considerare come la  possibilita'  per
il Magistrato di sorveglianza di emettere un provvedimento fuori  dal
modello partecipato sia limitata alla sola eccezione  prevista  dallo
stesso art. 35-bis, comma 1 ord. pen. laddove  fa  salvi  i  casi  di
"manifesta inammissibilita' della richiesta a  norma  dell'art.  666,
comma 2,"» e «soltanto nei casi in cui risulti che  la  richiesta  e'
"manifestamente infondata  per  difetto  delle  condizioni  di  legge
ovvero  costituisce  mera  riproposizione  di  una   richiesta   gia'
rigettata,  basata  sui  medesimi   elementi»,   il   Magistrato   di
sorveglianza potra'  dichiarare  con  decreto  de  plano  il  reclamo
inammissibile.»  In,  altri  termini,  «l'esercizio  da   parte   del
Magistrato di sorveglianza del potere di cui all'art. 666,  comma  2,
cod. proc. pen. deve essere limitato alle ipotesi in  cui  la  "presa
d'atto"  dell'assenza  delle  condizioni  di   legge   non   richieda
accertamenti di tipo cognitivo, ne' valutazioni discrezionali» e  «la
dichiarazione  di  inammissibilita'  risulta  possibile  solo  quando
facciano difetto nell'istanza i requisiti  posti  direttamente  dalla
legge che non implicano alcuna valutazione discrezionale (Sez. 1,  n.
277 del 13 gennaio 2000,  rv.  215368).»  Sicche',  onde  evitare  il
«pericolo che la ricognizione dei presupposti di ammissibilita' della
domanda involga una implicita valutazione del merito con la  adozione
di provvedimenti di sostanziale rigetto in assenza della esplicazione
del regolare contraddittorio», «la carenza delle condizioni di  legge
deve essere rilevabile ictu oculi, non  deve  comportare  valutazioni
discrezionali, ne' valutazioni  negative  fondate  su  argomentazioni
complesse o rese  opinabili  da  possibili  differenti  ricostruzioni
della situazione di fatto posta a base della  richiesta».  (Cass.  16
luglio 2015, n. 876/2016). 
    E piu' di recente, sempre la Suprema Corte ha  affermato  che  le
carenze  che  sole  giustificano  l'inammissibilita'  della   domanda
debbono risiedere «nella palmare evidenza di tali difetti  nel  senso
che il loro accertamento non deve richiedere alcun giudizio di merito
e  apprezzamento  discrezionale,  ne'  implicare  la   soluzione   di
questioni controverse (si confrontino, in  linea  con  l'orientamento
qui espresso: Sez. 1, n. 35045 del 18  aprile  2013,  Giuffrida,  Rv.
257017; Sez. 1, n. 277 del 13 gennaio 2000, Angemi, Rv. 215368;  Sez.
1, n. 2058 del 29 marzo 1996, Silvestri, Rv. 204688; Sez. 3, n.  2886
del 3 novembre 1994, Sforza, Rv. 200724). Laddove,  invece,  non  sia
rilevabile ictu oculi l'infondatezza della  domanda,  il  decreto  di
inammissibilita' rischierebbe di soppiantare l'ordinanza camerale  di
rigetto in tutti i casi,  anche  complessi  e  delicati,  di  mancato
accoglimento della richiesta, con evidente violazione dei diritti  di
contraddittorio e di difesa previsti dall'art. 666, commi 3 e 4  cod.
proc..pen. (...) (Le) considerazioni implicanti giudizi di  merito  e
apprezzamenti discrezionali non sono consentiti nel provvedimento  di
inammissibilita', emesso ai sensi dell'art. 666, comma 2  cod.  proc.
pen.  senza  fissare  l'udienza  camerale  e,  quindi,  eludendo   il
procedimento in contraddittorio previsto dall'art. 666, commi 3  e  4
cod. proc. pen., interamente richiamato dall'art. 35-bis  ord.  pen.,
in tema di reclamo proposto a norma dell'art. 69, comma 6 ord. pen.».
(Cass. 23 marzo 2018, n. 43241). 
    Dunque assai ristretto rispetto a quello di cui all'istituto oggi
in  esame  e'  il  perimetro  minimale  in  cui  un  sacrificio   del
contraddittorio (realizzato in forma  meramente  cartolare,  comunque
nel confronto tra  l'istanza  di  parte  e  il  parere  del  pubblico
ministero) e' in tale contesto consentito, limitato ai  casi  in  cui
non vi siano da svolgere accertamenti cognitivi di sorta ne'  debbano
compiersi valutazioni discrezionali. 
    Anche il rito previsto nell'art. 678, comma 1 ult. parte e  comma
1-bis cod. proc. pen. , mediante il richiamo all'art.  667,  comma  4
cod. proc. pen., appare  assai  differente,  perche'  e'  assente  il
coinvolgimento  di  entrambe  le   parti   nella   prima   fase   del
procedimento, che precede la valutazione de plano, e  dunque  permane
una parita' delle armi tra difesa  e  parte  pubblica  e  perche'  le
materie sulle quali e' consentito alla Magistratura  di  sorveglianza
il ricorso a tale procedura semplificata e' evidentemente  ritagliato
sulle fattispecie (si vedano ad esempio le  ipotesi  di  differimento
della pena ai sensi dell'art. 146, comma 1, n.  1  e  2)  in  cui  il
merito della decisione e' legato a valutazioni a bassissimo tasso  di
discrezionalita' oppure e' largamente maggioritaria  una  valutazione
di segno favorevole (si veda l'utilizzabilita' del rito  semplificato
per la valutazione circa  la  declaratoria  di  estinzione  pena  per
positivo esito dell'affidamento, che si giustifica in connessione con
l'elevatissimo tasso di successo di quella misura alternativa, per la
capacita' degli affidati di rispettare le prescrizioni ed evitare  la
recidiva nel reato). Ad ogni modo, per  le  ipotesi  in  cui  non  si
pervenga ad una soluzione favorevole all'interessato, vale la  regola
generale per la  quale  le  ordinanze  de  plano  adottate  ai  sensi
dell'art. 667, comma 4, in assenza  della  deroga  generale  prevista
nell'art. 666, comma 7 cod. proc. pen., al principio di cui  all'art.
588, comma 1 cod. proc. pen., non sono immediatamente esecutive e, in
caso di mancata opposizione, lo diventano alla scadenza  del  termine
di quindici giorni previsto dalla seconda parte dell'art. 667,  comma
4 cod. proc. pen. (Cfr. cass. 18 giugno 2015, n. 36754). 
    Cosi' non e', con ogni conseguenza in termini di  ragionevolezza,
tenuto conto della materia sensibilissima di cui  si  parla,  per  la
revoca del provvedimento  concessivo  della  misura  domiciliare  per
motivi  di  salute,  immediatamente  esecutiva,   attesa   l'espressa
previsione contenuta gia' nell'art. 2, decreto-legge 10 maggio  2020,
n. 29 e ribadita ora  nell'art.  2-bis,  comma  4,  decreto-legge  n.
28/2020, come convertito in legge n. 70/2020. 
    Il rito previsto nell'art. 678,  comma  1-ter  cod.  prod.  pen.,
recentemente introdotto  con  decreto  legislativo  n.  123/2018,  in
relazione  a  peculiari   ipotesi   di   valutazione   dell'eventuale
concessione di misure alternative alla detenzione  nei  confronti  di
persone non  ristrette  in  carcere  che  debbano  espiare  pene  non
superiori a diciotto mesi, consente pure l'emissione di una ordinanza
provvisoria  da  parte  del  magistrato  relatore   individuato   dal
Tribunale di  sorveglianza,  ma  ancora  una  volta  l'emissione  del
provvedimento (che solo se concessiva di una  misura  alternativa  al
carcere e' comunque suscettibile di essere adottato in  questa  forma
semplificata) segue una istanza della parte, si  riscontra  l'assenza
di contradditorio nel decidere riferibile alla difesa  e  alla  parte
pubblica, ma  sono  previste  opportune  successive  comunicazioni  e
termini  per  proporre  l'opposizione,  in  cui  viene   ripristinato
l'ordinario rito a contraddittorio pieno di cui all'art. 666, comma 4
cod. proc. pen., con  esecuzione  sospesa  dell'ordinanza  fino  alla
pronuncia sulla stessa da parte del Tribunale di sorveglianza, con il
rito pienamente garantito. 
    La decisione inaudita altera parte ai sensi dell'art. 51-bis ord.
pen. in presenza di sopravvenuti nuovi  titoli  di  privazione  della
liberta'  sembra  trovare  giustificazione  nella  mera   valutazione
aritmetica che  il  Magistrato  di  sorveglianza  deve  compiere,  su
richiesta del pubblico ministero, tenuto conto del cumulo delle  pene
sopravvenuto, circa la permanenza delle condizioni di  applicabilita'
della misura in esecuzione, e dunque anche  in  questo  caso  con  un
quasi inesistente tasso di discrezionalita' residua. 
    La procedura ai  sensi  dell'art.  51-ter  ord.  pen.  (rubricato
sospensione  cautelativa  delle  misure   alternative)   assume   una
peculiare importanza ricostruttiva, poiche' sembra che  le  modifiche
introdotte in sede di  conversione  in  legge  del  decreto-legge  n.
28/2020  vi  si  avvicinino.  Tuttavia,  anche  in  questo  caso,  la
procedura dinanzi al  Magistrato  di  sorveglianza  di  cui  all'art.
2-bis,  per   come   convertito   in   legge   n.   70/2020,   sembra
distinguersene, sia per le effettive  scansioni  procedimentali,  sia
per la ratio che pare ispirare le due disposizioni. 
    Ai sensi dell'art. 51-ter ord. penit., disposizione normativa che
a quanto consta  al  magistrato  remittente  non  e'  stata  comunque
sottoposta allo stato ad un  vaglio  di  costituzionalita'  sotto  il
profilo della adeguatezza delle garanzie difensive, quando la persona
in misura alternativa ponga in essere comportamenti  suscettibili  di
determinarne la revoca, il Magistrato di sorveglianza  puo'  disporre
con  decreto  motivato  la  provvisoria  sospensione   della   misura
alternativa e ordinare l'accompagnamento in carcere del trasgressore.
Si dispone,  inoltre,  con  termine  di  certo  tenuto  a  mente  dal
legislatore  della  legge  di  conversione   n.   70/2020,   che   il
provvedimento di sospensione perda  efficacia  se  la  decisione  del
tribunale non interviene entro trenta giorni  dalla  ricezione  degli
atti. 
    La norma prevede, pero', e  assai  significativamente,  per  come
costruita  all'esito  della  novellazione  avvenuta  con  il  decreto
legislativo  n.  123/2018,  che  pur  a   fronte   di   comportamenti
suscettibili di determinare la revoca della misura, ordinariamente il
Magistrato  di  sorveglianza  dia  comunicazione  al   Tribunale   di
sorveglianza,  omesso  un  provvedimento  sospensivo  e  dunque   con
prosecuzione  della  misura  in  corso  sino  ad   apposita   udienza
collegiale, affinche' decida, nel contradditorio delle  parti,  sulla
prosecuzione, sostituzione o revoca della stessa. 
    Soltanto eventualmente, e residualmente, si direbbe, puo'  essere
disposta, con decreto  motivato,  la  provvisoria  sospensione  della
misura alternativa. 
    Cio' accade a fronte della necessita' particolarmente spiccata di
una  azione  inibitoria  urgente   da   parte   del   Magistrato   di
sorveglianza,   in   correlazione   con   comportamenti   del   tutto
incompatibili con la prosecuzione della misura posti  in  essere  dal
condannato, comportamenti colpevoli, almeno prima facie, che nel caso
della revoca della detenzione domiciliare o  del  differimento  della
pena per motivi di salute connessi all'emergenza sanitaria, non  sono
invece alla base della  rivalutazione  da  parte  del  Magistrato  di
sorveglianza prevista dalla legge n. 70/2020  (si  instaurerebbe,  se
invece vi fossero, proprio il procedimento  di  cui  all'art.  51-ter
ord. penit.) e che, anche nel caso di specie, in effetti non si  sono
sino ad ora verificati secondo l'istruttoria sopra succinta. 
    Si apprezza inoltre, nel procedimento di cui all'art. 51-ter ord.
penit., l'assenza di interventi  della  parte  privata  ma  anche  di
quella pubblica, in parita', prima del provvedimento di  sospensione,
con una astratta possibilita' per l'interessato e la  sua  difesa  di
far   comunque   pervenire   nell'immediatezza   al   Magistrato   di
sorveglianza discolpe perspicue, poiche' riferibili  a  comportamenti
la cui spiegazione e' nella sua disponibilita', valutabili con  ampio
margine di discrezionalita' da parte  dell'a.g..  Tali  opportunita',
per le ragioni gia' ricordate, non si ravvisano nel  procedimento  di
rivalutazione  del  differimento  della  pena  o   della   detenzione
domiciliare surrogatoria, poiche' la parte, quando anche  consapevole
dell'obbligo delle frequenti rivalutazioni,  e'  comunque  del  tutto
all'oscuro dell'istruttoria effettuata e  dei  contenuti  del  parere
pervenuto dalla DDA o dalla DNA competenti. 
    Con la legge n. 70/2020,  infine,  i  due  procedimenti  si  sono
avvicinati per  la  comune  imposizione  di  uno  stringente  termine
acceleratorio   per   la   valutazione    successiva,    nel    pieno
contraddittorio delle parti, dinanzi al Tribunale di sorveglianza, il
cui  mancato  rispetto  comporta  la   perdita   di   efficacia   del
provvedimento emesso. 
    In entrambi i casi si determina il ripristino, seppur interinale,
della condizione detentiva, mentre pero' nel caso  della  sospensione
ex art. 51-ter ord. penit.,  cio'  avviene  nelle  descritte  ipotesi
residuali, con apprezzamento in concreto da parte del  Magistrato  di
sorveglianza della gravita' dei comportamenti, del  pericolo  di  una
loro eventuale reiterazione, ma  anche  delle  possibili  conseguenze
negative derivanti alla persona dal ripristino della detenzione,  nel
caso della revoca ex  art.  2-bis,  decreto-legge  n.  28/2020,  come
convertito in legge n. 70/2020, la stessa interviene in ogni caso  in
cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria attesti che vi
e'  disponibilita'  di  una  struttura  penitenziaria  adeguata  alle
condizioni di salute del detenuto,  a  fronte  dell'esiguo  compendio
istruttorio  gia'  descritto.  Da  cio'  consegue  il  reingresso  in
carcere, senza alcun confronto con le ragioni della difesa e  con  la
documentazione con cui la  stessa  potrebbe  contribuire  a  definire
concretamente    se    il    luogo    di    detenzione    individuato
dall'amministrazione  sia  idoneo  alla   prosecuzione   delle   cure
necessarie e a preservare l'incolumita' del condannato:  una  persona
affetta da gravi patologie, in attesa della pronuncia  del  Tribunale
di sorveglianza, che ora sappiamo dovra' intervenire in trenta giorni
dalla ricezione degli atti. 
    Si  tratta  di  un  termine  lungo,  se   vissuto   mediante   la
riconduzione in carcere, nel dipanarsi di una  quotidianita'  segnata
dalla malattia e dal timore  del  contagio,  che  solo  pochi  giorni
prima, o come nel caso di specie pochi mesi prima, avevano indotto il
Magistrato  di  sorveglianza  ad   allontanarvelo,   e   che   appare
astrattamente idoneo ad incidere anche drammaticamente  sulla  tutela
della  salute  dell'interessato  (ex  art.  32  della  Costituzione).
Quest'ultimo  potrebbe  all'esterno  aver   intrapreso   accertamenti
diagnostici od essersi sottoposto ad iniziali cure, di cui l'a.g. non
puo' avere cognizione e che, soprattutto, non  puo'  confrontare  con
l'offerta  di  cure  e  di  protezione   dal   contagio   propostegli
dall'amministrazione penitenziaria. 
    Si tratta di un difetto di conoscenza che, per altro,  sia  detto
qui soltanto incidentalmente, finisce paradossalmente per  affliggere
anche il procedimento dinanzi al Tribunale di sorveglianza, a seguito
dell'intervento integrativo di cui alla legge n. 70/2020, poiche'  la
censura di inefficacia che segue inevitabilmente al mancato  rispetto
del termine di trenta  giorni  dalla  ricezione  degli  atti  per  la
decisione dinanzi al Collegio, finisce per porre l'a.g. di fronte  al
possibile nodo gordiano di una  valutazione  tempestiva,  ma  privata
della possibilita' di svolgere, ad esempio, approfondimenti peritali,
oppure di un rinvio a tale  scopo  che  inevitabilmente  travolge  la
intervenuta revoca e riconduce in liberta', per un'ulteriore frazione
di tempo, il condannato, costretto ad  una  serie  di  reingressi  in
carcere  che,   come   gia'   evidenziato,   sembrano   difficilmente
compatibili con la cura di gravi patologie e il rispetto del senso di
umanita'. 
    Lo  stesso  intervento  della  difesa,  finalmente  chiamata   ad
interloquire in questo momento collegiale, rischia quindi di apparire
non soltanto tardivo ma, per le descritte ragioni e  rispetto  ad  un
procedimento in  cui  la  tutela  della  salute  e'  al  cuore  della
decisione da assumersi, non pienamente efficace. 
    D'altra parte il campo delle revoche di misure  alternative  alla
detenzione,  proprio  perche'  ne  deriva  il  drammatico   mutamento
dell'esecuzione penale nella sua opzione intramuraria, e'  quello  in
cui  la  pienezza  del  contraddittorio  e'  ritenuta  caratteristica
indefettibile. Lo si evince,  ancora  una  volta,  da  ultimo,  dalle
indicazioni contenute nella legge delega  23  giugno  2017,  n.  103,
nella parte in cui, nell'art. 1, comma 85, indirizzava gli interventi
di modifica dell'ordinamento penitenziario, poi solo in parte attuati
anche per come sopra significativamente ricordato, prevedendo che  si
approntasse  una  «semplificazione  delle  procedure,  anche  con  la
previsione  del  contraddittorio  differito  ed  eventuale,  per   le
decisioni  di  competenza  del  Magistrato   e   del   Tribunale   di
sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla  revoca  delle
misure alternative alla detenzione». 
    Per queste ultime la garanzia fornita dalla  valutazione  operata
esclusivamente dal Tribunale di sorveglianza e' infatti sia  connessa
alla collegialita' del giudicante, con la sua piu' ampia e  ponderata
capacita' di apprezzamento, sia determinata dallo spazio pieno che vi
trova il contraddittorio nelle parita' delle parti e innanzitutto  il
ruolo indefettibile della difesa, presidiato dal  rito  di  cui  agli
articoli 666 e 678 cod proc. pen.,  e  dalla  nullita'  assoluta  che
interviene a  fulminare  il  provvedimento  assunto  in  presenza  di
vicende patologiche che l'abbiano in qualche modo compromesso  (Cfr.,
tra le altre, cass. 24 settembre 2018, n. 50475 e cass. 18  settembre
2019, n. 43854). 
    Dalla disamina di queste  differenti  ipotesi  emerge  l'assoluta
atipicita'  della   procedura   oggi   disegnata   dall'art.   2-bis,
decreto-legge n. 28/2020, convertito in legge  n.  70/2020,  che  per
altro dispiega i suoi  effetti  anche  retroattivamente,  per  quanto
impone l'art. 2-bis, comma 5. 
    Ne deriva che un condannato per particolari  tipologie  di  reati
che, come l'odierno interessato, abbia ottenuto un  provvedimento  di
sospensione dell'esecuzione della pena nelle forme  della  detenzione
domiciliare  per  gravi  motivi  di  salute  connessi   all'emergenza
sanitaria Covid-19, e  che  sia  stato  percio'  reimmesso  in  luogo
esterno di cura o  presso  la  propria  abitazione,  ritenuti  luoghi
idonei alla miglior cura delle proprie condizioni patologiche,  possa
oggi vedersi revocato il provvedimento accordato, senza essere  stato
neppure formalmente informato dell'apertura di  questo  procedimento,
che deriva  da  una  disposizione  normativa  sopravvenuta  alla  sua
fuoriuscita dal carcere e che sconvolge la prospettiva descritta  nel
provvedimento concessivo del Magistrato di sorveglianza. 
    Il provvedimento provvisorio  di  concessione  prevedeva  infatti
espressamente che la  sua  posizione  sarebbe  stata  rivalutata,  ed
eventualmente confermata, dinanzi al Tribunale  di  sorveglianza  nel
pieno  contraddittorio  delle  parti.  Oggi  invece,  con   l'odierno
procedimento, una rivalutazione avviene senza che lui stesso e la sua
difesa abbiano preso cognizione dei contenuti istruttori  raccolti  e
soprattutto  del   parere   obbligatorio   richiesto   alla   Procura
distrettuale   antimafia,   e   senza   aver   potuto   adeguatamente
interloquire in modo conseguente. 
    Non   ignora   il   Magistrato   di    sorveglianza    rimettente
l'insegnamento  della  Corte  costituzionale  relativo   alla   piena
compatibilita' con il diritto di difesa dei  «modelli  processuali  a
contraddittorio eventuale e  differito:  caratterizzati  cioe'  -  in
ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza  -
da una decisione de plano  seguita  da  una  fase  a  contraddittorio
pieno» (Cfr., in questo senso, ex  plurimis,  ordinanze  n.  292  del
2004; n. 257, n. 132, n. 131 e n. 32 del 2003) «e cio'  conformemente
al consolidato principio per cui il diritto  di  difesa  puo'  essere
regolato in modo  diverso,  onde  adattarlo  alle  esigenze  ed  alle
specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti, purche' di  tale
diritto siano assicurati lo scopo e la funzione» (Cfr. ord. 19 luglio
2005, n. 291). 
    Si veda da ultimo, tra l'altro, quanto in  tal  senso  affermato,
per  come  ricordato   anche   nell'ordinanza   del   Magistrato   di
sorveglianza di Avellino in data 3 giugno 2020, che solleva questione
di costituzionalita' con tratti di analogia a quella che qui  ora  si
reitera, sull'allora vigente art. 2, decreto-legge n. 29/2020,  nella
sentenza Corte costituzionale n. 279/2019 in relazione alla procedura
di cui all'art. 238-bis, decreto del Presidente della  Repubblica  n.
115/2002, in materia di conversione della pena pecuniaria in liberta'
vigilata, in  cui,  per  quanto  qui  di  interesse,  la  carenza  di
contraddittorio nella fase che precede la decisione del Magistrato di
sorveglianza, il condannato conserva comunque la facolta' di proporre
opposizione davanti al medesimo giudice e di ricorrere in  cassazione
con l'ulteriore garanzia, di cui  all'art.  660,  ultimo  comma  cod.
proc. pen., dell'effetto sospensivo dell'esecuzione a far data  dalla
presentazione del ricorso in cassazione. 
    Nel caso che oggi ci occupa invece, la revoca, anche in  pendenza
di decisione dinanzi al Tribunale di sorveglianza, e'  immediatamente
esecutiva, e si apprezza l'innesto di una ulteriore nuova  fase,  per
altro dai tratti urgenti  dubbi,  considerata  la  valutazione  sulla
pericolosita' gia' svolta in concreto ai sensi dell'art. 147,  ultimo
comma cod. pen., dal Magistrato  di  sorveglianza  nel  provvedimento
concessivo  originario,  in  una  sequenza  che   ha   appunto   gia'
attraversato una prima fase interinale  del  procedimento  avente  ad
oggetto la concessione di una misura di  sospensione  dell'esecuzione
della pena, anche nelle forme della detenzione  domiciliare  ex  art.
47-ter, comma 1-ter  ord.  penit.,  e  che  avrebbe  trovato  il  suo
naturale sbocco  nella  successiva  fase,  a  contraddittorio  pieno,
dinanzi  al  Tribunale  di  sorveglianza,  con  salvezza  delle   sue
conseguenze, in senso reiettivo o concessivo, sino a quel momento. 
    Questa fase di nuova introduzione, in  cui  fa  accesso,  per  la
prima volta, con un suo parere obbligatorio, la parte pubblica, senza
alcuna possibilita'  di  replica  della  controparte,  sfocia  in  un
provvedimento che, ove di revoca, fortemente probabile a  fronte  dei
limiti  istruttori  sopra  indicati,  ha  l'effetto   dirompente   di
ricondurre immediatamente in vinculis il condannato,  che  era  stato
ammesso alla misura extramuraria. 
    Tale quadro continua percio' a  mostrare  elementi  che  appaiono
allo scrivente Magistrato  di  sorveglianza  di  carente  tutela  del
diritto di difesa del condannato, anche con l'attuale previsione, che
certamente garantisce, per come autorevolmente affermato dalla  Corte
costituzionale, un passaggio obbligatorio  dinanzi  al  Tribunale  di
sorveglianza in cui la tutela  della  difesa  e'  maggiore,  ma  cio'
accade in un tempo comunque  troppo  lungo  (oltre  i  trenta  giorni
effettivi) per una persona affetta da gravi patologie, senza  che  il
provvedimento che ha inciso  la  liberta'  personale  subisca  alcuna
sospensione in attesa di quel vaglio collegiale e con  un  intervento
che potrebbe essere ormai tardivo e inefficace. 
    E, cio' senza  aggiungere  che  permane  dubbio  l'oggetto  della
valutazione  collegiale,  chiamata  ad  abbracciare  di  fatto  tanto
l'iniziale  provvisoria  concessione  della  misura,  quanto  la  sua
revoca. 
    Tali criticita', costituzionalmente  rilevanti  alla  luce  degli
articoli 24, comma 2 e 111,  comma  2  della  Costituzione,  sembrano
configurare vulnera al diritto alla difesa tecnica  ed  al  principio
del contraddittorio nella parita'  delle  parti  imposti  perche'  si
configuri un giusto processo, non ragionevoli e particolarmente gravi
perche' cio' accade in relazione ad un procedimento di  rivalutazione
che puo' condurre alla  revoca,  seppur  temporanea,  di  una  misura
extramuraria concessa per motivi di salute  ed  al  ripristino  della
privazione della liberta' in carcere. Un  perimetro  nell'ambito  del
quale  si  dubita  che  possa  trovare   spazio   costituzionale   un
contraddittorio differito, in cui sia data la  parola  al  condannato
malato, ed alla sua difesa, soltanto dopo che l'interessato e'  stato
ricondotto in vinculis. 
    Se cio'  determina  dunque  dubbi  di  costituzionalita'  che  il
rimettente non puo' che tornare a sottoporre al  vaglio  del  Giudice
delle leggi, e che si  pongono  anche  rispetto  a  provvedimenti  di
provvisoria  concessione  della  misura  domiciliare   concessi   dal
Magistrato di sorveglianza  a  partire  dall'entrata  in  vigore  del
decreto-legge, l'11 maggio 2020, per le ragioni sopra  enunciate,  le
gravi  carenze  descritte  si  appalesano  ancor  piu'  critiche  con
riferimento alle rivalutazioni che intervengano su provvedimenti gia'
emessi, come pure previsto dall'art. 2-bis, comma 5, decreto-legge n.
28/2020, per come convertito in legge n.  70/2020,  poiche'  in  tali
casi si determina l'azzeramento della previsione  che  il  condannato
destinatario  doveva  farsi,  prima  dell'entrata   in   vigore   del
decreto-legge, di una rivalutazione piu' ampia della  sua  posizione,
unicamente  dinanzi  al   Tribunale   di   sorveglianza   nel   pieno
contraddittorio delle parti. 
    Deve  dunque  porsi  all'esame  della  Corte  costituzionale   la
questione  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   2-bis   del
decreto-legge 28 aprile 2020, come  convertito  in  legge  25  giugno
2020, n. 70, nella parte in cui prevede che proceda  a  rivalutazione
del provvedimento di ammissione  alla  detenzione  domiciliare  o  di
differimento della pena per motivi connessi  all'emergenza  sanitaria
da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, anche in
data antecedente all'entrata in vigore del decreto-legge n.  29/2020,
alterando, con i  descritti  vulnera  al  diritto  di  difesa  ed  al
contraddittorio  in  condizioni  di  parita',  l'ordinaria  scansione
procedimentale che richiede che, alla fase interinale,  segua  quella
dinanzi al Tribunale di sorveglianza con  le  garanzie  previste  dal
rito di cui agli articoli 666 e 678 cod.  proc.  pen.,  con  salvezza
della provvisoria concessione sino a quel momento di ampio  confronto
con le parti. 
    Si apprezza ancora sotto tale  profilo  anche  un  contrasto  con
l'art. 3 della  Costituzione,  nella  misura  in  cui  il  condannato
ammesso  alla  detenzione   domiciliare   surrogatoria   subisce   il
procedimento   di   frequentissima   rivalutazione   con    rito    a
contraddittorio pieno, oppure senza alcuna  possibilita'  di  replica
sui contenuti istruttori per se' e per la  sua  difesa,  soltanto  in
base al dato del tutto casuale che rispetto alla pronuncia interinale
del Magistrato di sorveglianza sia gia' intervenuta la  decisione  in
via definitiva dinanzi al Tribunale di sorveglianza, oppure la stessa
risulti calendarizzata in tempi successivi, in connessione ad esempio
con ruoli d'udienza particolarmente gravati.  E  cio'  a  piu'  forte
ragione laddove si tenga conto della necessita' di urgente  decisione
che soltanto per i casi che provengano dalla rivalutazione con revoca
del Magistrato di sorveglianza, finiranno per  imporre  al  Collegio,
ove voglia evitare la perdita di efficacia di quel provvedimento,  di
decidere nel termine di trenta giorni  dalla  ricezione  degli  atti,
senza poter disporre  approfondimenti  istruttori  incompatibili  con
queste tempistiche, pena la perdita di efficacia della revoca. 
    Il contrasto con l'art.  3  della  Costituzione,  d'altra  parte,
sembra porsi anche con riferimento al perimetro  soggettivo  di  tali
rivalutazioni, concernenti i soli  provvedimenti  ammissivi  connessi
all'emergenza Covid-19, quando  riferiti  ai  condannati  per  alcune
tipologie di delitti, secondo un elenco, per altro diverso da  quello
di cui all'art.  4-bis  ord.  penit.,  contenuto  gia'  nell'art.  2,
decreto-legge n. 29/2020 (i condannati e gli internati per i  delitti
di cui agli articoli 270, 270-bis, 416-bis cod. pen. e 74,  comma  1,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, o per un delitto
commesso  avvalendosi  delle  condizioni  o  al  fine  di   agevolare
l'associazione mafiosa, o per un delitto commesso  con  finalita'  di
terrorismo  ai  sensi  dell'art.  270-sexies  cod.  pen.,  nonche'  i
condannati e gli internati sottoposti al  regime  previsto  dall'art.
41-bis ord. penit.)  ed  oggi  trasfuso  senza  variazioni  nell'art.
2-bis, decreto-legge n. 28/2020, come convertito in legge n. 70/2020. 
    Pur essendo stati tutti adottati dal Magistrato  di  sorveglianza
sulla base di un giudizio di bilanciamento,  previsto  dall'art.  147
cod. pen., tra  esigenze  di  cura  in  connessione  con  l'emergenza
sanitaria  e  profili   di   pericolosita'   concreta,   soltanto   i
provvedimenti concessivi relativi ai condannati  per  i  gravi  reati
rientranti   nell'elenco   da   ultimo   citato    dovranno    essere
frequentemente rivalutati, con le carenze di contraddittorio sin  qui
evidenziate, e sino  a  che  il  Tribunale  di  sorveglianza  non  si
pronunci. 
    In tal senso non puo' non rilevarsi come questa opzione normativa
finisca per assegnare ad alcuni autori di reato soltanto,  senza  che
questa cernita si colleghi, in alcun modo ad una  speciale  incidenza
sugli stessi dell'emergenza sanitaria da Covid-19, e con scelta della
cui ragionevolezza  si  dubita,  un  procedimento  meno  garantito  e
fortemente  orientato   verso   il   ripristino   della   detenzione,
attribuendo alla  presunzione  di  speciale  pericolosita'  derivante
dalla commissione di un certo reato (in un ambito che per  altro  non
concerne il trattamento, ma la tutela del diritto  fondamentale  alla
salute ex art. 32 della Costituzione e alla umanita'  delle  pene  ex
art. 27, comma 3 della Costituzione)  una  portata  che  finisce  per
travalicare il giudizio in concreto gia' compiuto sul punto, in  modo
individualizzato, nel provvedimento provvisorio emesse dal Magistrato
di sorveglianza. 
    Ad avviso del  Magistrato  di  sorveglianza  scrivente,  sussiste
dunque contrasto dell'art. 2-bis, decreto-legge 30  aprile  2020,  n.
28, come convertito in legge 25 giugno 2020, n. 70, per come sin  qui
illustrato, con gli articoli 3, 24, comma 2  e  111,  comma  2  della
Costituzione e pertanto, presuppostane  la  rilevanza  per  l'odierno
procedimento,   deve    sollevarsi    questione    di    legittimita'
costituzionale che si ritiene ancora  non  manifestamente  infondata,
valutato il mutato quadro normativo determinatosi per  effetto  dello
ius superveniens di cui alla legge n. 70/2020. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione,  23  e  ss.  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale  dell'art.  2-bis  del  decreto-legge  30
aprile 2020, n. 28, come convertito in legge 25 giugno 2020,  n.  70,
nella  parte  in  cui  prevede  che  proceda  a   rivalutazione   del
provvedimento  di  ammissione  alla  detenzione  domiciliare   o   di
differimento della pena per motivi connessi  all'emergenza  sanitaria
da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza  che  lo  ha  emesso,  per
violazione degli articoli 3,  24,  comma  2  e  111,  comma  2  della
Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Sospende il procedimento in corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  di
trasmissione degli atti sia notificata alle  parti  in  causa  ed  al
pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Spoleto, 18 agosto 2020 
 
             Il Magistrato di sorveglianza: Gianfilippi