N. 116 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 2020

Ordinanza del 25 maggio 2020 del Tribunale di Pavia nel  procedimento
civile promosso da Sabbadini Cristina c/Lazzati Luigi Camillo.. 
 
Procedimento  civile  -  Misure  per  il   contrasto   dell'emergenza
  epidemiologica da COVID-19 in materia di giustizia civile,  penale,
  tributaria e militare - Svolgimento delle udienze  civili  mediante
  collegamenti da remoto - Modalita' di partecipazione del giudice  -
  Previsione che  lo  svolgimento  dell'udienza  deve  in  ogni  caso
  avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario. 
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure  di  potenziamento  del
  Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per  famiglie,
  lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza  epidemiologica  da
  COVID-19), convertito, con modificazioni,  nella  legge  24  aprile
  2020, n.  27,  art.  83,  comma  7,  lettera  f),  come  modificata
  dall'art. 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 30 aprile 2020,
  n.  28  (Misure  urgenti  per  la  funzionalita'  dei  sistemi   di
  intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori  misure
  urgenti  in   materia   di   ordinamento   penitenziario,   nonche'
  disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia
  civile,  amministrativa  e   contabile   e   misure   urgenti   per
  l'introduzione del sistema di allerta Covid-19). 
(GU n.38 del 16-9-2020 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI PAVIA 
                       Seconda sezione civile 
          ordinanza ex art. 23, legge 1° marzo 1953, n. 87 
 
    Nella causa civile iscritta al n. R.G. 6512/19, il giudice  dott.
Giorgio Marzocchi, assegnatario del procedimento, pone in  dubbio  la
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma  7,  lettera  f)  del
decreto legislativo n. 18/2020 convertito in legge n. 27/2020,  cosi'
come modificato dall'art. 3, comma 1, lettera c) del decreto-legge n.
28/2020 e, ritenendo la  questione  rilevante  e  non  manifestamente
infondata, ne espone di seguito i 
 
                               Motivi 
 
1. Rilevanza. 
    In  ordine  alla  rilevanza  della  questione   di   legittimita'
costituzionale si osserva che allo scrivente e'  stata  assegnata  la
trattazione del procedimento n.  6512/2019  di  R.G.,  chiamato  alla
prossima udienza del 5 giugno 2020, ore 13,00, con  le  modalita'  di
trattazione telematica istituite dall'art. 83, comma 7,  lettera  f),
decreto-legge n. 18/2020 convertito con modificazioni nella legge  n.
27/2020  come  da  autorizzazione  del  Presidente  del  Tribunale  e
successivamente del magistrate togato della sezione seconda, dott.ssa
Michela Fenucci, che ha consentito allo scrivente magistrate onorario
l'accesso all'applicativo consolle del magistrato per la  trattazione
dell'udienza da remoto. Alla prossima  udienza  i  procuratori  delle
parti dovrebbero collegarsi alla stanza virtuale del giudice messa  a
disposizione  dalla  Direzione  generale  dei   sistemi   informativi
automatizzati   del   Ministero    della    giustizia    per    mezzo
dell'applicativo Microsoft Teams. I procuratori delle parti  potranno
collegarsi alla stanza virtuale dai rispettivi studi professionali  o
dalle  loro  private  abitazioni.  Al  contrario,   il   sottoscritto
magistrato, in forza del disposto dell'art. 83, comma 7,  lettera  f)
citato, sara' tenuto a recarsi nel suo ufficio presso il Tribunale di
Pavia,  Autorita'  giudiziaria  ricompresa  nel  distretto  di  Corte
d'appello  di  Milano.  La  norma  che  disciplina  le  modalita'  di
celebrazione dell'udienza con collegamento da remoto  non  prevedeva,
nella formulazione vigente al  momento  dell'entrata  in  vigore  del
decreto-legge n. 18/2020 poi convertito nella legge n. 2/2020, alcuna
particolare disposizione quanto alla postazione  dalla  quale  doveva
collegarsi il magistrato per poter utilizzare il  software  Microsoft
Teams nella stanza virtuale fornita dalla DGSIA. Solo con la modifica
dell'art. 3, comma 1, lettera c)  del  decreto-legge  n.  28/2020  e'
stata aggiunta la specificazione che «dopo le parole  "deve  in  ogni
caso avvenire" sono  aggiunte  le  seguenti:  "con  la  presenza  del
giudice nell'ufficio giudiziario e"» cosi' obbligando il magistrato a
recarsi presso  l'ufficio  giudiziario  per  potersi  collegare  alla
propria stanza  virtuale  Teams,  che  invece  tecnicamente  potrebbe
essere utilizzata a prescindere dal luogo fisico dal quale  si  trova
collegato il giudice, purche' abbia a  disposizione  una  connessione
internet, una webcam ed un microfono. 
    Quanto alla  rilevanza  della  questione  sottoposta  alla  Corte
costituzionale, e' pienamente consapevole il giudice remittente  che,
avendo la norma richiamata vigenza temporale limitata, ovvero fino al
31 luglio 2020 data fino alla quale e' possibile ad  oggi  utilizzare
tale forma di trattazione dei procedimenti civili,  la  questione  si
sarebbe potuta superare semplicemente rinviando  la  trattazione  del
procedimento a data successiva al 31 luglio 2020. Si osserva tuttavia
che il procedimento di cui si tratta e' stato iscritto  a  ruolo  nel
mese di novembre 2019 e, avendo ad oggetto la domanda di convalida di
un'intimazione di sfratto per morosita' ex art. 658 e segg. codice di
procedura civile, come tale un oggetto del quale non e' opportuno  il
differimento  ulteriore  della  trattazione.  Tale  condizione  rende
attuale la rilevanza della questione cosi come richiesto anche  dalla
sentenza  91/2013  (red.  Cartabia)  dovendo  necessariamente   farsi
applicazione  della  norma  oggetto  della   questione   cosi'   come
prospettata. 
    Ancora  sotto  il  profilo  della  rilevanza  appare   necessario
valutare se, ipotizzando che la decisione della Corte  costituzionale
possa intervenire in un periodo successivo  al  31  luglio  2020,  la
questione rivesta il carattere di attualita' per  come  definito  con
costanza dalla giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  (per  un
esame della tematica si rimanda ai quaderni dell'ufficio studi  della
Corte  costituzionale  dell'ottobre  2016  e  alla   raccolta   delle
decisioni ivi contenute). 
    Sul  punto   si   rileva   che   nulla   impedisce   alla   Corte
costituzionale, ritenuta l'urgenza della questione, di  trattarla  in
data anteriore al 31 luglio 2020 dal momento che -  come  noto -  gli
articoli 25 e 26 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953  consentono  di
adottare una decisione in appena quaranta giorni. Giova  osservare  a
questo proposito che se e' pur vero che lo strumento  previsto  dalla
lettera f) del comma 7 dell'art.  83,  decreto-legge  n.  18/2020  e'
attualmente vigente solo fino al 31 luglio 2020, non puo'  escludersi
che alla data del 31 luglio  la  situazione  epidemiologica,  che  ha
giustificato la sua introduzione,  possa  protrarsi  soprattutto  nei
territori sui quali insiste l'ufficio giudiziario del giudice  a  quo
che e' collocato nel distretto di Corte d'appello di Milano  nel  cui
interno e' ricompresa la circoscrizione del Tribunale di Pavia.  Tali
territori evidenziano una situazione epidemiologica  che  puo'  dirsi
avere caratteri  del  fatto  notorio,  quanto  a  diffusivita'  della
pandemia da COVID-19, cosi' che la rimozione della  norma  sospettata
di illegittimita' costituzionale appare necessaria oltreche' urgente,
alla luce dell'attuale situazione di fatto  presente  nel  territorio
lombardo e del suo possibile prolungamento. 
    Per una migliore comprensione della diffusivita'  del  virus  nel
territorio lombardo si riportano ad abundantiam i dati della pandemia
aggiornati alla data dell'8 maggio reperibili sul sito  istituzionale
dell'Istituto superiore di sanita'. Sintesi dei  dati  principali  in
Lombardia: 
        79.369 infezioni diagnosticate dai laboratori di  riferimento
regionale; 
        eta' media degli infettati 66 anni (0aa-100aa); 
        14.611 decessi. 
    Come ricorda la Corte  costituzionale,  la  questione  posta  dal
giudice a quo deve essere attuale nel senso che il giudice remittente
non deve aver esaurito il potere  di  decidere  sulla  questione,  la
quale   richiede   l'applicazione   della   norma    sospettata    di
illegittimita' costituzionale (sentenza n. 200/2014) come e' nel caso
di specie, considerato che il procedimento di intimazione di  sfratto
per morosita', ex art. 657 e ss. del codice di procedura  civile  non
e' stato ancora deciso neppure quanto alla valutazione se  operare  o
meno la sua conversione da rito sommario a rito ordinario. 
2. Non manifesta infondatezza. 
    In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  della   questione
sollevata, va osservato che l'obbligo di essere presenti  in  ufficio
per il magistrato al fine di usufruire della  connessione  da  remoto
con Microsoft Teams, previsto dalla lettera f) del comma 7, dell'art.
83, decreto-legge n. 18/2020, e' attualmente  sancito  esclusivamente
per le udienze che deve celebrare il giudice civile, non ritrovandosi
analoga  imposizione,  quantomeno  in  modo  cosi'   esplicito,   per
qualsivoglia  altro  magistrato  (sia  esso  penale,  amministrativo,
contabile o tributario). 
    Neppure il giudice  costituzionale  ha  ritenuto  di  imporsi  la
presenza fisica in ufficio per fare ricorso allo strumento telematico
per trattare i procedimenti sottoposti al suo esame  come  si  evince
dal provvedimento del 20 aprile 2020  della  Presidente  della  Corte
costituzionale prof.ssa  Cartabia,  dal  quale  si  apprende  che  la
manifesta irragionevolezza e disparita' di trattamento che la  norma,
cosi'  come  modificata  dall'art.  3,  comma  1,  lettera  c),   del
decreto-legge n. 28/2020, riserva alle  modalita'  di  partecipazione
all'udienza civile da parte del giudice e' resa ancora piu'  evidente
dal fatto che, nell'attuale situazione epidemiologica  dei  territori
lombardi, essa costringe il magistrato, per vero solo quello  civile,
a recarsi presso l'ufficio giudiziario  esponendosi  lungo  tutto  il
viaggio e durante la permanenza nei locali del Tribunale,  ad  essere
contagiato od a contagiare soggetti terzi laddove  dovesse  risultare
un positive asintomatico, il tutto al solo fine di  poter  utilizzare
uno strumento  informatica  come  Microsoft  Teams  che  puo'  essere
utilizzato da  un  luogo  diverso  dall'ufficio  giudiziario.  Questo
elemento espone irragionevolmente il giudice a rischi per  la  salute
sua e altrui, facilmente  evitabili  grazie  agli  strumenti  tecnici
forniti  dal  Ministero  della  giustizia   (art.   32   Cost.)   che
consentirebbero una  trattazione  dell'udienza  da  remoto  in  tutta
sicurezza, ove non esistesse la citata norma che impone al magistrate
la presenza fisica in ufficio. 
    La norma in esame appare irragionevole anche  perche'  omette  di
considerare se le  dotazioni  informatiche  degli  uffici  giudiziari
siano adeguate a sopportare il flusso di dati che  verrebbe  generato
se tutti i magistrati dell'ufficio  utilizzassero  contemporaneamente
la banda internet per svolgere udienze  in  collegamento  da  remote,
come emerge dalle prime segnalazioni  pervenute  da  svariati  uffici
giudiziari che segnalano difficolta' di collegamento nelle ore  della
giornata di maggior traffico. Conforta le valutazioni dello scrivente
giudice a quo anche il parere  reso  dal  Consiglio  superiore  della
magistratura n. 18/PP/2020 - Parere sul decreto-legge del  30  aprile
2020, n. 28: «Misure urgenti per  la  funzionalita'  dei  sistemi  di
intercettazioni di conversazioni e  comunicazioni,  ulteriori  misure
urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni
integrative e  di  coordinamento  in  materia  di  giustizia  civile,
amministrativa e contabile e misure urgenti  per  l'introduzione  del
sistema di allerta Covid-19» - settore civile  (relatore  Consigliere
Braggion).  Nel  parere  si  legge  tra  l'altro  che  «In   assoluta
controtendenza  rispetto  a  quanto  precedentemente   previsto   dal
decreto-legge n. 18, come convertito dalla legge n. 27 del  2020,  e'
la  innovazione  disposta  dall'art.  1,   comma   1,   lettera   c),
decreto-legge n. 28/2020, per la quale «lo  svolgimento  dell'udienza
deve in ogni caso avvenire con la presenza del  giudice  nell'ufficio
giudiziario», oltre che, come gia' previsto, «con modalita' idonee  a
salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva  partecipazione  delle
parti».  E'  difficile  individuare  la  ratio  di  tale  scelta  del
legislatore, in mancanza di una sua illustrazione nella relazione  di
accompagnamento, non risultando necessaria la  presenza  del  giudice
nell'ufficio giudiziario per la celebrazione dell'udienza da  remoto.
Infatti, poiche' in ogni caso nessuna delle parti viene  in  contatto
fisico  con  il  giudice,  la   presenza   fisica   di   quest'ultimo
nell'ufficio giudiziario non aggiunge nulla quanto alla modalita'  di
espletamento  del  contraddittorio  simultaneo  e  quanto  alla   sua
qualita'  intrinseca.  Ne'  tale  presenza  semplifica  la   gestione
dell'udienza da parte del giudice o  l'attivita'  degli  avvocati,  i
quali sono tenuti al rispetto delle medesime regole  tecniche,  senza
che il primo possa richiedere un ausilio  qualificato  per  risolvere
eventuali inconvenienti tecnici. Dal  momento  che  nella  stragrande
maggioranza dei casi l'udienza civile e' notoriamente celebrata senza
la presenza fisica  del  cancelliere  (ne'  il  decreto-legge  n.  28
prevede l'obbligo della sua presenza in caso di processo da  remoto),
l'unica ipotetica giustificazione di tale presenza in ufficio sarebbe
quella di garantire  la  funzionalita'  dell'udienza  da  remoto.  Si
tratta, tuttavia, di una ipotesi che non puo' trovare riscontro nella
realta', posto  che  e'  evidente  che  tale  assistenza,  in  quanto
garantita mediante procedure di help desk da remoto, risulta fruibile
anche dal domicilio del magistrato, mentre gli uffici informatici dei
Tribunali,  in  considerazione  della  loro  ridotta  dotazione,  non
sarebbero in grado di garantire interventi tecnici in tempo reale per
tutti i giudici. Tutta da verificare, poi, e' la capacita' della rete
informatica dei diversi uffici giudiziari di  reggere  il  carico  di
lavoro conseguente allo svolgimento contestuale di  numerose  udienze
da remoto. L'obbligo di presenza del giudice  non  trova  spiegazione
neanche nella necessita' che l'udienza sia preceduta  da  un  rituale
invito a partecipare rivolto agli  avvocati.  La  formula  utilizzata
dalla  disposizione  contenuta  nella  lettera f)  implica   che   la
comunicazione avvenga tramite PEC a cura  della  cancelleria  («Prima
dell'udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle  parti  ed
al pubblico ministero, se e' prevista la sua partecipazione,  giorno,
ora e modalita' di collegamento»), il che  presuppone,  naturalmente,
che l'avviso sia disposto con congruo  anticipo,  per  consentire  la
partecipazione effettiva, e non  di  certo  il  giorno  dell'udienza.
Ancora, la norma non puo' trovare giustificazione nella  possibilita'
che gli avvocati, le parti o gli  ausiliari  conservino  comunque  la
possibilita' di recarsi personalmente presso la sede  fisica  ove  si
trova il giudice, in quanto e' evidente che cio'  contrasterebbe  non
solo, ovviamente, con il principio del distanziamento interpersonale,
specie  in  considerazione  delle  anguste  dimensioni  della  stanza
assegnata allo scrivente, ma anche con la linearita' dello strumento,
che mal si presta alla celebrazione di una udienza «ibrida», in parte
in presenza e in parte da remoto. La necessaria  presenza  fisica  in
ufficio, peraltro, potrebbe determinare l'impossibilita' di  svolgere
le udienze da remoto sia nel  caso  in  cui  vi  sia  una  temporanea
impraticabilita' dell'ufficio  per  la  necessita'  di  sanificazione
conseguente alla scoperta di casi positivi, sia nel  caso  in  cui  i
giudici  siano  positivi  asintomatici  oppure,  anche  se  negativi,
debbano permanere in isolamento domiciliare a  causa  del  precedente
contatto con persone risultate positive. Va altresi' rilevato che  la
norma in esame, prevedendo la necessita' della  presenza  fisica  del
giudice  nell'ufficio  giudiziario,  deve  intendersi  riferita   sia
all'organo giudicante monocratico che a quello  collegiale.  In  tale
ultimo caso, pero', la  norma  non  chiarisce  se  i  componenti  del
collegio debbano essere contestualmente presenti nell'aula di udienza
o se gli stessi possano mettersi in collegamento tra loro da  remoto,
ciascuno dal proprio ufficio o comunque da locali interni all'ufficio
giudiziario. Deve,  infine,  evidenziarsi  che  l'art.  4,  comma  1,
intervenendo sull'art. 84, relativo al processo amministrativo -  con
disposizione analoga a quella dettata dall'art. 85,  come  modificato
dall'art.  5  del  decreto-legge  n.  28  del  2020,   sul   processo
contabile -  stabilisce  che  «il  luogo  da  cui  si   collegano   i
magistrati, gli  avvocati  e  il  personale  addetto  e'  considerate
udienza a tutti gli effetti di legge» e quindi esclude  l'obbligo  di
presenza del collegio presso l'ufficio giudiziario, con una soluzione
opposta a quella relativa al processo civile. Peraltro, anche per  il
processo penale, ove consentito  celebrare  udienza  da  remoto,  non
viene disposto alcun obbligo per il giudice di presenza fisica presso
l'ufficio giudiziario (art. 83, comma 12-bis). 
    Come ben evidenziato nel parere proposto dalla sesta  commissione
del  CSM,   la   norma   appare   irragionevole   e   intrinsecamente
contraddittoria,  nella  parte  in  cui  al  comma  12-quinquies  del
medesimo art. 83, laddove e' previsto che: «12-quinquies. Dal 9 marzo
2020 al 30 giugno 2020, nei procedimenti civili e penali non sospesi,
le deliberazioni collegiali in Camera  di  consiglio  possono  essere
assunte mediante collegamenti da remoto individuati  e  regolati  con
provvedimento  del  direttore  generale  dei  sistemi  informativi  e
automatizzati del Ministero della  giustizia.  Il  luogo  da  cui  si
collegano i magistrati e' considerato Camera di consiglio a tutti gli
effetti  di  legge».  Tale  previsione  comporta   quindi   l'effetto
irragionevole  che  il  giudice  civile,  monocratico  o  collegiale,
dovrebbe recarsi in ufficio per utilizzare Teams per collegarsi con i
procuratori delle  parti,  le  parti  medesime o  il  CTU,  tutti  in
collegamento dai propri luoghi personali, per poi invece, al  termine
dell'udienza, potersi spostare in un luogo diverso  e  meno  soggetto
all'afflusso del pubblico indifferenziato per  collegarsi  nuovamente
con Teams con i membri  del  collegio  per  deliberare  la  decisione
conseguente alla celebrazione dell'udienza svoltasi in ufficio, ma da
remoto. 
    La irragionevolezza della norma traspare pure  dal  tenore  della
relazione accompagnatoria al decreto-legge dal momento che  la  norma
non rende comprensibili le ragioni che rendono necessaria la presenza
del giudice in ufficio (si veda sul punto  il  dossier  n.  251  che,
quanto alla lettera c) del comma 1 dell'art.  3  evidenzia  che:  «La
lettera c) interviene sul comma 7 dell'art. 83, che elenca le  misure
organizzative che potranno essere  adottate  dai  capi  degli  uffici
giudiziari. In particolare, per quanto riguarda  la  possibilita'  di
svolgere le udienze civili mediante collegamenti da  remoto  (lettera
f) del comma 7), il  decreto-legge  precisa  che  il  giudice  dovra'
essere fisicamente presente  nell'ufficio  giudiziario;  saranno  gli
altri  partecipanti   all'udienza   -   difensori,   parti   private,
eventualmente pubblico ministero - che potranno collegarsi da  remoto
con l'ufficio giudiziario. Conseguentemente, le udienze civili  (alle
quali debbano partecipare  solo  difensori,  parti  e  ausiliari  del
giudice,   nonche'   per   quelle   finalizzate   all'assunzione   di
informazioni  presso  la  pubblica  amministrazione)  possono  essere
svolte mediante  collegamenti  da  remoto,  con  modalita'  idonee  a
salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva  partecipazione  delle
parti. L'individuazione e la disciplina di questi  collegamenti  sono
demandate ad un provvedimento  del  direttore  generale  dei  sistemi
informativi e automatizzati del Ministero  della  giustizia,  che  e'
stato emanato lo scorso 20 marzo. Nei casi in cui si intenda svolgere
l'udienza mediante collegamento da remoto il giudice  deve  non  solo
dare congruo avviso alle parti e eventualmente al pubblico  ministero
dell'ora e della modalita' di collegamento,  ma  anche  dare  atto  a
verbale  delle  modalita'  con  cui  si  accerta  dell'identita'  dei
soggetti partecipanti e, nel  caso  delle  parti,  anche  della  loro
libera  volonta'.  Il  giudice  dovra'  trovarsi   presso   l'ufficio
giudiziario e di tutte le operazioni  dovra'  essere  dato  allo  nel
processo verbale». La norma in esame si  appalesa  ancora  nella  sua
manifesta irragionevolezza poiche'  in  contrasto  con  la  circolare
della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 1  del  2020  («Misure
incentivanti per il ricorso a  modalita'  flessibili  di  svolgimento
della prestazione lavorativa»), che ha, in particolare  al  punto  3,
indicato l'importanza del ricorso al lavoro agile, alla flessibilita'
di svolgimento della prestazione lavorativa, nonche' a strumenti  per
la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro  (sistemi
di videoconferenza e call conference). La predetta esigenza e'  posta
a fondamento anche  dell'art.  87,  comma  1,  del  decreto-legge  n.
18/2020 laddove dispone che, fino  alla  cessazione  dello  stato  di
emergenza epidemiologica, il lavoro agile e' la  modalita'  ordinaria
di  svolgimento  della   prestazione   lavorativa   nelle   pubbliche
amministrazioni e che la presenza del  personale  negli  uffici  deve
essere  limitata   per   assicurare   esclusivamente   le   attivita'
indifferibili che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di
lavoro. Come si ricava proprio dal comma  12-quinquies  dell'art.  83
del decreto-legge n. 18/2020  la  presenza  in  ufficio  non  sarebbe
affatto necessaria visto che, come gia' rilevato, «Il luogo da cui si
collegano i magistrati e' considerato Camera di consiglio a tutti gli
effetti di legge» cosi' che se il mezzo  tecnologico  e'  idoneo  per
celebrare la Camera di consiglio, non e' oggettivamente comprensibile
perche' non lo possa essere per celebrare  l'udienza,  peraltro  solo
quella civile perche' la limitazione vale solo per le udienze civili,
considerato che lo strumento  tecnico  e'  il  medesimo  sia  per  le
udienze che per le Camere di consiglio.  
 
                               P.Q.M. 
 
    Il giudice dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 83,
comma 7, lettera f), del decreto-legge n.  18/2020  convertito  nella
legge n. 27/2020 cosi' come modificato dall'art. 3, comma l,  lettera
c), del decreto-legge n. 28/2020 per il contrasto con gli articoli 3,
32 e 97 Cost.; 
    Letti e applicati l'art. 23, legge 87 dell'11 marzo 1953 e l'art.
295 del codice di procedura civile; 
    Rimette  gli  atti   del   presente   procedimento   alla   Corte
costituzionale e dispone la sospensione del  procedimento  in  attesa
della decisione sull'illegittimita' costituzionale denunciate; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri,  al  Presidente
della  Camera  dei  deputati  ed  al  Presidente  del  Senato   della
Repubblica. 
    Si comunichi altresi' alle parti costituite. 
      Pavia, 24 maggio 2020 
 
                        Il Giudice: Marzocchi