N. 124 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 2020
Ordinanza del 23 giugno 2020 del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria sull'istanza proposta da B. G. . Ordinamento penitenziario - Misure urgenti anti-COVID-19 per gli istituti penitenziari e gli istituti penali per i minorenni - Colloqui dei detenuti - Mancata previsione che i colloqui cui hanno diritto i detenuti e gli internati sottoposti a regime speciale di cui all'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975 possono essere svolti a distanza con i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile. - Decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita' organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con finalita' di terrorismo, nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati), art. 4. Ordinamento penitenziario - Detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione - Colloqui dei detenuti - Mancata previsione che i colloqui sostitutivi con i figli minorenni possono essere autorizzati a distanza, in alternativa a quelli telefonici, con modalita' audiovisive. - Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo periodo.(GU n.39 del 23-9-2020 )
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI di Reggio Calabria Il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, riunito in camera di consiglio, con l'intervento dei sigg.: - dott. Roberto Di Bella, presidente; - dott. Paolo Ramondino, giudice; - dott. Claudia De Santi, giudice onorario; - dott. Giuseppe Marino, giudice onorario; esaminati gli atti del procedimento n. 81/2020 VG., relativo alla minore B. S., nata a ..... il ......; letta l'istanza avanzata nell'interesse del detenuto B. G.; esaminata la richiesta del Procuratore della Repubblica per i minorenni in sede; Osserva Con istanza pervenuta in data 6 maggio 2020, il difensore di B. G. detenuto al regime speciale di cui all'art. 41-bis ord. pen. , sollecitava - previa disapplicazione della Circolare DAP n. 101903/AG del 27 marzo 2020, l'autorizzazione per il suo assistito ad intrattenere, durante l'emergenza epidemiologica Covid-19, un colloquio audiovisivo mediante la piattaforma Skype con la figlia minorenne B. S. Con altra istanza in data 27 maggio 2020, il predetto difensore reiterava la richiesta di autorizzazione al colloquio, in presenza o a mezzo Skype, preso atto della sopravvenienza legislativa ex art. 4 D.L. nr. 29/2020. Con richiesta in data 3 giugno 2020, il Procuratore della Repubblica in sede sollecitava: 1) la declaratoria di decadenza di B. G. dalla responsabilita' genitoriale nei confronti della figlia minorenne, con previsione di un sostegno alla genitorialita' da attuarsi con educatori e figure esperte intranee al sistema penitenziario; 2) la limitazione della analoga responsabilita' genitoriale della madre D. G.; 3) il co-affido della minore B. S. ai Servizi sociali territoriali; 4) l'inserimento della minore nel progetto Liberi di Scegliere; 5) la nomina di un curatore speciale. Con la medesima istanza, il Procuratore della Repubblica richiedeva di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 per violazione degli articoli 2, 3, 30, 31, comma secondo, 32, 10 e 117 Cost. nella parte in cui essa non prevede la possibilita' del giudice di autorizzare, sino al 30 giugno 2020, colloqui a distanza tra il detenuto in regime speciale ex art. 41-bis o. p. e ciascun figlio minorenne, negli stessi termini e condizioni applicabili ai colloqui a distanza tra il detenuto in regime ordinario e ciascun figlio minorenne, nel caso cui non militi in senso contrario una prevalente esigenza di sicurezza. Nel contempo, chiedeva a questo giudice «di concedere contestualmente (in via immediata, provvisoria, lato sensu cautelare e urgente) i colloqui a distanza di cui trattasi (in termini da prevedere - almeno - sino alla data del 30 giugno 2020) - previa delibazione della questione di legittimita' dianzi prospettata e disapplicazione delle situazioni della circolare del DAP n. 101903/AG del 27 marzo 2020, ove ritenute rilevanti (in senso potenzialmente ostativo) ai fini della conferma delle disposizioni gia' emesse de potestate, ...e della norma di legge presunta illegittima - e subordinando la conferma della detta misura interinale alla declaratoria di incostituzionalita' sopraggiunta». A tal fine, la medesima autorita' giudiziaria segnalava che non ostavano esigenza di sicurezza all'accoglimento della richiesta, in quanto la Procura della Repubblica di Reggio Calabria - Direzione Distrettuale Antimafia aveva espresso parere favorevole ai colloqui via Skype tra il detenuto in regime speciale e la figlia minorenne, di appena anni cinque. Cio' premesso, puo' senz'altro anticiparsi che ricorrono le condizioni per dichiarare B. G. decaduto dalla responsabilita' genitoriale nei confronti della figlia minorenne B. S. Dalle indagini esperite dal Procuratore della Repubblica in sede e' infatti emerso che risultano precedenti penali nei confronti di B. G. , tra l'altro per il reato p. e p. ex art. 416-bis c.p. pluriaggravato, in materia di stupefacenti, falsita' documentale, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale (con condanne ad anni sei e mesi otto di reclusione e ad anni dodici e mesi dieci di reclusione). Tali accertamenti sono rilevanti nel caso di specie in quanto, tra le pene accessorie risulta anche l'irrogazione dell'interdizione legale per la durata della pena, in atto in corso di espiazione, che comporta de jure anche l'attuale sospensione del prefato dalla responsabilita' genitoriale sulla figlia minorenne suindicata. Dall'informativa redatta dalla Tenenza Carabinieri di ... in data 28 maggio 2020 risulta inoltre che numerosi congiunti della minore sono sottoposti a misure restrittive e che, piu' in generale, il nucleo familiare de quo gravita nel contesto delinquenziale 'ndranghetistico facente capo all'omonima Cosca B. Cio' premesso, dal quadro conoscitivo in atti e' agevole inferire che la minorenne B. S. Si trova attualmente esposta a grave pregiudizio per il suo sviluppo e il benessere psicologico, emotivo, relazionale e personale, derivante dal complessivo quadro genitoriale, familiare e ambientale in cui ella vive. Quanto alla posizione del padre, detenuto da lunga data in regime speciale ex art. 41-bis o. p., e con una prospettiva di prosecuzione della restrizione carceraria di lunghissimo orizzonte temporale, dovuta alla commissione, alla condanna e al coinvolgimento in plurimi fatti e contesti delinquenziale, anche di stampo `ndranghetistico, non puo' che prendersi atto della sua sostanziale assenza come figura genitoriale. Assenza (imputabile e colpevole) che espone la minorenne al gravissimo trauma della mancanza della figura paterna nella fanciullezza e nella gioventu'. Inoltre, la stessa caratura criminale del padre e la pesante condanna a pena detentiva consentono di affermare che egli non possa neppure offrire prospettive di recupero di una funzionalita' genitoriale efficace, in tempi e modi compatibili on le esigenze evolutive della minore e il suo superiore interesse allo sviluppo della sua personalita' nel segno della serenita' psicologica, personale, familiare e relazionale. Deve, pertanto, ritenersi conforme al preminente interesse della bambina la declaratoria di decadenza - in sostanziale sovrapposizione alla pena accessoria - di B. G. dalla responsabilita' genitoriale. Cio' premesso, la declaratoria anticipata non esclude la necessita' di tentare - con attenta programmazione, preparazione, vigilanza e controllo - il recupero, sempre nell'interesse preminente della minorenne, della figura paterna quantomeno nella dimensione affettiva. Questo tribunale e di avviso che un'iniziale concessione di opportunita' di colloquio tra la minore e il padre, da monitorare e supportare nei termini sotto indicati, possa rivelarsi funzionale alla salute e all'interesse preminente della minore. Tale sforzo, che risultera' in concreto compatibile con l'avvio di un processo di rivisitazione autocritica della sua vita e della funzione genitoriale da parte del B. potra', in esito a una verifica positiva, condurre a ritenere conforme all'interesse preminente della minorenne il mantenimento di un processo comunicativo atto ad aumentare nella bambina la sua consapevolezza, quale figlia e quale persona, nella delicata fase di sviluppo che caratterizza l'eta' della medesima. Per tale finalita', B. S. dovra' essere sottoposta a un individualizzato percorso di sostegno, anche psicologico, che la supporti nei contatti con il padre e a sviluppare in modo corretto la sua personalita' nel difficile contesto familiare e ambientale in cui vive, che la espone a rischi di contatti con ambiti di criminalita' organizzata, ovvero anche di marginalizzazione ed esclusione sociale. Per contro, il necessario supporto psicologico ed educativo in favore del detenuto, finalizzato a rendere funzionali i colloqui (visivi, telefonici e, possibilmente, audiovisivi), dovra' essere garantito dalle figure specializzate proprie del sistema carcerario. Cio' premesso, ricorrono i presupposti per l'applicazione in favore della medesima minore del sistema a rete di interventi, azione e misure di cui al Protocollo di Intesa interministeriale «Liberi di Scegliere», nella versione rinnovata di cui al protocollo siglato in data 5 novembre 2019. (1) Ne segue che B. S. deve essere co-affidata al Servizio Sociale competente per territorio per il necessario sostegno educativo, psicologico e relazionale, da svolgersi in collaborazione con l'Equipe interdisciplinare permanente e la rete di associazioni antimafia «Libera», con previsione della possibilita' di accesso domiciliare da parte delle superiori agenzie territoriali per l'attuazione degli interventi previsti. Quanto, poi, alla posizione della madre, ricorrono allo stato degli atti i presupposti per adottare - d'urgenza e in via cautelare - il provvedimento limitativo sollecitato dal P.M., dovendosi meglio approfondire il quadro d'indagine e le dinamiche relazionali familiari, con accesso presso il domicilio e controllo delle scelte educativo-normative. In altri termini, la necessita' di imporre dei controlli educativi domiciliari e un sostegno psicologico in favore della minore, onde consentirle di elaborare - nonostante la tenerissima eta' - la figura paterna e le ragioni della sua assenza, in uno con la necessita' di prepararla ai contatti telefonici e a quelli visivi anche in carcere, non consentono altra soluzione. Resta fermo l'assunto che il presente provvedimento de potestate, finalizzato esclusivamente a verificare la condizione di B. S. e ad attuare gli interventi (psicologici ed educativi) funzionali al superiore interesse della minore, potra' essere revocato nel momento in cui gli accertamenti svolti evidenzieranno un'attivazione ed una collaborazione funzionale della medesima donna. Il potenziale conflitto di interessi tra la minore e i genitori impone poi la nomina di un curatore speciale, che potra' rivestire la contestuale qualifica di difensore tecnico di B. S. nel presente procedimento. Quanto ai programmati colloqui tra la minorenne e il padre non sembra superfluo ribadire che gli stessi appaiono funzionali al benessere della minore e, pertanto, devono essere immediatamente attivati. Cosi' ricostruita la vicenda processuale, deve osservarsi che le statuizioni di questo tribunale in ordine ai colloqui tra la minore ed il padre detenuto al regime speciale dell'art. 41-bis o. p. sono al momento impediti - sia dal punto di vista telefonico che a distanza nei termini auspicati - dalla normativa primaria e secondaria emessa per l'emergenza Covid 19. L'emergenza sanitaria dettata dal propagarsi del contagio epidemico da SarsCov-2 sul territorio nazionale ha determinato un'immane esigenza di adattamento di tutti i settori dello Stato. Pure il sistema giustizia ha dovuto plasmarsi in relazione alle mutate necessita' di limitazione del contagio virale su diversi fronti. In questo contesto Si innesta la questione attinente ai colloqui dei minorenni con genitori detenuti in regime di 41-bis o. p., che risulta di particolare interesse giuridico, implicando il coinvolgimento e l'interazione, sinora inesplorata, di giurisdizioni diverse, di norme sovranazionali e nazionali, norme a tutela dei minori e della genitorialita', norme che garantiscono la stabilita' della sanzione penale e allo stesso tempo la protezione dei diritti fondamentali. Il quadro normativo di riferimento: le norme nazionali. Oltre alle norme sovranazionali direttamente o indirettamente applicabili che di seguito si esamineranno, le norme costituzionali offrono un ampio ventaglio di garanzie per i minorenni, per la genitorialita' e per i detenuti. Agganci generici di tutela sono gli articoli 2 e 3 Cost. in merito alla protezione della dignita' umana, l'uguaglianza ed i diritti fondamentali che interessano l'uomo in quanto tale. Gli articoli 29, 30, 31 Cost. realizzano il fulcro della tutela della famiglia come nucleo fondamentale della societa', fissano i principi generali relativi alla genitorialita' e riconoscono i diritti dei minorenni. In particolare, i diritti/doveri di istruzione e di educazione dei quali anche lo Stato deve essere pronto a farsi carico. Tuttavia, il riconoscimento dei legami affettivi non sempre risulta essere preso in diretta considerazione dalla legislazione nazionale; spesso queste relazioni non risultano espressamente regolate dal diritto positivo sebbene vengano alla luce come posizioni giuridiche meritevoli di tutela, perche' costituzionalmente garantite, in rapporto a discipline che hanno ad oggetto altri settori dell'ordinamento. E' il caso dell'ordinamento penitenziario. Le conseguenze dell'applicazione delle norme sulla restrizione della liberta' personale a seguito della pronuncia giurisdizionale di condanna si riversano su posizioni giuridiche di pari interesse costituzionale. L'esigenza di «punizione» statale costituzionalmente prevista invade certamente la sfera dei rapporti affettivi, anche essi garantiti da norme di assoluto rilievo costituzionale. Piu' volte la giurisprudenza si e' occupata del rapporto genitoriale in caso di detenzione ed in virtu' del disposto di cui all'art. 31 Cost., potendo la «formazione del bambino essere gravemente pregiudicata dall'assenza di una figura genitoriale», ha attribuito preminenza all'interesse del minore a crescere a contatto con la madre (e con il padre, in via residuale), rispetto alle esigenze punitive dello Stato. (2) Ed infatti, in diverse disposizioni dell'ordinamento penitenziario, e del relativo regolamento di esecuzione, la rilevanza dei legami familiari e elemento indispensabile nel concreto attuarsi della carcerazione, soprattutto al fine di salvaguardare il minore dai danni che la detenzione del .genitore puo' innegabilmente provocare. Due sono gli istituti che maggiormente rilevano dal punto di vista della tutela dei diritti umani dell'individuo detenuto in rapporto ai suoi legami familiari: da un lato, i permessi previsti dall'art. 30 o. p. e dall'altro, i colloqui. La disciplina generale dei colloqui concessi al detenuto e dettata, principalmente, dagli art. 18 della L. n. 354 del 1975 e 37 del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. In essi si riconosce il diritto del recluso allo svolgimento di colloqui sia con i propri familiari, previa autorizzazione del direttore dell'istituto penitenziario sia - in presenza di ragionevoli motivi - anche con persone diverse dai congiunti e conviventi (art. 37, 10 comma). Particolare favore, comunque, e accordato ai colloqui con i familiari (art. 18, 3° comma), soprattutto al fine di preservare, per quanto compatibile con la condizione carceraria. «il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in eta' minore». (3) Se si sposta l'attenzione sul versante della pericolosita' sociale e si considera quindi l'art. 41-bis comma 2 o. p., che, parallelamente all'art. 4-bis o. p., e' stato introdotto con obiettivi di neutralizzazione dei detenuti appartenenti alla criminalita' organizzata, il discorso e' evidentemente piu' delicato. Le statuizioni relative ai colloqui subiscono un restringimento per i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p. (L. n. 354 del 1975), comma 2-quater, lett. b), che prevede per i detenuti sottoposti al regime speciale un solo colloquio al mese con i familiari e i conviventi, da svolgersi ad intervalli di tempo regolari e con modalita' di sicurezza (locali attrezzati ad impedire il passaggio di oggetti, registrazione e controllo auditivo). L'ammissione al colloquio di persone diverse da familiari e conviventi, per i detenuti sottoposti al regime carcerario speciale previsto dall'art. 41-bis o. p., e' subordinata alla presenza di «casi eccezionali, determinati volta per volta, dal direttore dell'istituto». Dall'esame della normativa relativa al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p., agevole intuire come le conseguenze della restrizione in carcere non si riversino esclusivamente sul detenuto, ma colpiscano indirettamente anche i familiari: si coglie al riguardo la c.d. portata bilaterale della pena, che colpisce in modo emblematico i figli minori del detenuto lesi, senza colpa, nel diritto di crescere accanto ai propri genitori e in un ambiente che ne favorisca il sano sviluppo psicofisico, come rilevato dalla Corte costituzionale in diverse pronunce. Cio' premesso, non ci si puo' esimere dal segnalare che la garanzia di tutela di soggetti «fragili» dell'ordinamento e un compito irrinunciabile per ogni potere dello Stato. Le singole istituzioni si devono fare carico di supportare i singoli ancor piu' se minori, offrendo la piu' ampia protezione possibile attraverso strumenti di natura amministrativa e giurisdizionale. Per consentire l'adeguata cura del preminente interesse dei minorenni figli di detenuti (v. art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176) e fondamentale il coordinamento istituzionale ed una legislazione ampia e puntuale sugli aspetti della vita che li coinvolgono direttamente e indirettamente, facendosi anche carico del loro benessere psicofisico (art. 32 Cost.) ove non realizzato in ambito familiare. L'equilibrio tra la lotta alla criminalita' organizzata, ove il 41-bis o. p. assurge ad emblema, e la tutela degli interessi preminenti dei minori, comporta una seria riflessione che non puo' prescindere dalle valutazioni bilanciate del caso concreto, come piu' volte ha stabilito la Corte costituzionale pur in riferimento a fattispecie diverse. A supporto di tale assunto si segnala la sentenza 12 febbraio 2012 n. 31 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 569 c.p., nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato, previsto dall'art. 567, comma 2, e.p., consegua di diritto la perdita della responsabilita' genitoriale, cosi' precludendo al giudice ogni possibilita' di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. Un bilanciamento ricercato anche dall'Amministrazione penitenziaria con la circolare n. 3676/616 del 2 ottobre 2017 in materia di organizzazione del circuito detentivo speciale di cui all'art. 41-bis o. p. a cui si affianca un allegato contenente specifiche misure applicative detto «Modello 72», che tiene conto di una serie di aspetti di vita quotidiana dei soggetti posti in isolamento al fine di rendere l'esecuzione della pena sempre conforme al rispetto dei diritti umani costituzionalmente (e non solo) garantiti. Il quadro normativo di riferimento: la disciplina emergenziale sull'ordinamento penitenziario. L'improvviso impatto del virus Sars Cov-2 nel nostro territorio ha imposto l'emanazione di una serie di norme emergenziali per disciplinare in via d'urgenza tutti i settori dell'ordinamento, tra questi anche quello giudiziario e penitenziario. Per quanto qui di interesse, il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 prevede «Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita' organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati.» Quanto agli istituiti penitenziari, l'art. 4 del decreto emergenziale dispone: «Al fine di consentire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del COV1D-19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino alla data del 30 giugno 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati a norma degli articoli 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, 37 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, e 19 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, possono essere svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che puo' essere autorizzata oltre i limiti di cui all'art. 39, comma 2, del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e all'art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 121 del 2018. Il direttore dell'istituto penitenziario e dell'istituto penale per minorenni, sentiti, rispettivamente, il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro per la giustizia minorile, nonche' l'autorita' sanitaria regionale in persona del Presidente della Giunta della Regione stabilisce, nei limiti di legge, il numero massimo di colloqui da svolgere con modalita' in presenza, fermo il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese in presenza di almeno un congiunto o altra persona». Dunque, appare evidente che nella necessita' di garantire il diritto al mantenimento delle relazioni affettive sia stato ampliato il novero dei contatti telefonici o audiovisivi nella consapevolezza del rischio di contagio determinato dall'ingresso di soggetti esterni dentro le strutture penitenziarie. La ratio della norma ha un chiaro fondamento nell'esigenza sanitaria, il legislatore ha dunque voluto adattare le norme dell'ordinamento penitenziario alle mutate circostanze della realta' sociale, nel rispetto delle indicazioni mediche sul contenimento del contagio virale. Il limite agli spostamenti non puo' dunque comportare un ulteriore restringimento delle liberta' concesse ai detenuti, le stesse possono ben realizzarsi - con modalita' diverse - nel rispetto delle norme di sicurezza. E' tuttavia da ritenere che la disposizione de qua, nel rinviare esclusivamente agli articoli 18 L. 26 luglio 1975, n. 354 e 37 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, quanto alla determinazione del suo ambito e delle sue modalita' di applicazione, sia riferibile solo al regime ordinario di detenzione e non a quello speciale ex art. 41-bis o. p.. Tale interpretazione e' stata ribadita dal direttore generale dei detenuti e del trattamento del DAP con missiva inviata 18 maggio 2020 a questo tribunale, in relazione ad altro procedimento civile avente il medesimo oggetto. I provvedimenti di attuazione dei decreti emanati in relazione all'emergenza Covid: le circolari. La circolare 101903/AG del 27 marzo 2020 avente ad oggetto «la concessione di un ulteriore colloquio telefonico, in aggiunta a quello sostitutivo spettante, per i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis comma 2 o. p.» reca l'organizzazione per la realizzazione di un colloquio aggiuntivo da tenersi con modalita' telefonica in alternativa al colloquio visivo mensile a cui hanno diritto - per il tempo dell'emergenza Covid 19 - i detenuti ristretti in regime di isolamento. I colloqui che si ritengono necessari in ragione dell'impossibilita' di spostamento delle persone sul territorio per effetto della legislazione «anticontagio» possono dunque essere svolti in modo alternativo e con particolari cautele: la chiamata dovra' partire dall'istituto penitenziario verso la caserma dei carabinieri del comune piu' vicino ai destinatari (familiari), luogo in cui gli stessi si recheranno in modo da poter essere identificati ed al fine di registrare la conversazione. La sorveglianza risulta, pertanto, essere perfettamente attuata. Ancora, secondo quanto previsto dalla circolare, i familiari - muniti di dispositivi di protezione individuate - che potranno recarsi presso la caserma per il colloquio, non dovranno essere piu' di due, con esclusione della presenza al colloquio dei minori. La circolare dunque - a differenza della successiva disposizione legislativa di cui all'art. 4 D.L. 29 del 2020 - non prevede neppure per i detenuti ordinari collegamenti a distanza diversi dal contatto telefonico ed esclude i minorenni. Un'esclusione non presente nelle precedenti circolari, sia in quelle «pre-covid» che in quelle emesse successivamente. In particolare, la circolare piu' recente del 12 maggio 2020 - che segue il decreto-legge n. 29/2020 - consente la ripresa dei colloqui in presenza mediante la predisposizione delle cautele «anticontagio» (dpi, plexiglas, distanziamento fisico) ove possibile, previa valutazione dei rischi di spostamento; in alternativa, prevede che rimarranno ferme, le opportunita' di colloquio con mezzi telefonici e, per i detenuti ordinari; anche informatici audiovisivi. Anche in questa circostanza, l'Amministrazione penitenziaria nulla afferma circa la presenza dei minori nei colloqui a distanza. La ratio dell'esigenza di esclusione dei colloqui a distanza tra i minorenni ed i genitori detenuti al 41-bis o. p. ha dunque dei contorni sfumati e sfuggenti. Inoltre, la distinzione tra minori e maggiorenni, quanto alle relazioni familiari esplicantesi nell'istituto dei colloqui, non viene in rilievo ne' nel decreto-legge n. 29/20 ne' nelle altre circolari che involgono il sistema penitenziario. Rilevanza della questione Cio' premesso, occorre verificare la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione proposta. Il vaglio di rilevanza della questione attiene alla verifica dell'impossibilita', per il Giudice a quo, di risolvere il caso pratico sottoposto alla sua attenzione, indipendentemente dalla risoluzione della questione stessa. Ebbene, nel caso che occupa, questo giudice dovrebbe applicare quello specifico articolo di legislazione primaria (art. 4 d.l. 29/20) per rigettare l'istanza del detenuto che ha chiesto di poter vedere la figlia minorenne con sistemi telematici o audiovisivi. L'applicazione di tale norma ai fini del rigetto rende rilevante la questione, in quanto si tratterebbe di applicare una norma che si asserisce incostituzionale. Cio' premesso, ne consegue la rilevanza della questione nel presente giudizio, in quanto l'applicazione della norma precluderebbe la valutazione del merito dell'istanza del detenuto e, nel contempo, non consentirebbe alle statuizioni del presente provvedimento (tra cui anche quella relativa ai contatti a distanza in modalita' audio visive, che sicuramente potrebbero portare un enorme beneficio per il benessere psico-fisico della bambina) di potere dispiegare la sua efficacia per un rilevante lasso di tempo. Sebbene la norma dell'ordinamento penitenziario sia destinata prevalentemente a disciplinare il rapporto del detenuto con i familiari, non vi e' dubbio che la stessa ha contestualmente dirette ripercussioni sul diritto della minorenne B. ad intrattenere rapporti con il padre detenuto, prospettiva - preclusa, o meglio non considerata, dalla normativa emergenziale - che principalmente interessa questa autorita' giudiziaria. Sotto altra direttrice, la rilevanza della questione emerge anche dal contenuto del presente provvedimento, finalizzato ad agevolare il percorso rieducativo del detenuto B. al fine del recupero/sostegno delle sue competenze genitoriali in funzione del preminente interesse della figlia minorenne. Come anticipato, questo tribunale ha richiesto al detenuto B. di intraprendere un percorso psicologico e di sostegno per un corretto approccio educativo-affettivo con la figlia minorenne, privata dell'importante figura paterna dalla sua vita quotidiana. Orbene, l'interruzione per lunghi mesi dei contatti e, in specie, l'impossibilita' di accedere a colloqui telefonici e a contatti visivi durante l'emergenza epidemiologica Covid 19 e una situazione di fatto che, ritardando l'esecuzione delle statuizioni di questo tribunale, incide sulla prospettiva rieducativa prevista in favore del detenuto e, dall'altro, determina una grave compromissione del diritto fondamentale della figlia minorenne ad intrattenere - senza soluzione di continuita' e a maggior ragione durante la difficile situazione emergenziale - rassicuranti contatti anche visivi con il padre. A conforto della superiore proposizione va evidenziato che la norma derivante dal combinato disposto dell'art. 4 del D.L. nr. 29/2020 e dell'art. 18 o. p., e' una norma giuridica primaria di relazione che incide non solo sulla posizione del detenuto (e il cui diniego da parte dell'amministrazione penitenziaria puo essere dedotto con i rimedi dell'ordinamento penitenziario, innanzi la magistratura di sorveglianza), ma anche (e innanzitutto) sulla posizione della minore (i cui diritti sono deducibili innanzi la magistratura minorile). La bilateralita' della relazione giuridica tra figlio minore e detenuto pone pertanto la preliminare questione della legittimazione di questo Tribunale per i minorenni a sollevare il quesito di costituzionalita' della norma indicata. Non vi e dubbio che nel rapporto giuridico genitore/figlio minorenne, la posizione preminente (anche se non assoluta) - cosi' come stabilito dall'art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 - e' quella di diritto soggettivo del minore a mantenere rapporti affettivi e a ricevere dal genitore - anche se detenuto - un'educazione coerente ai valori costituzionali, fattori tutti idonei a consentire al minorenne un adeguato sviluppo della sua personalita' (diritto inviolabile di rango costituzionale che connota i valori della persona umana). Tale preminenza assiologica comporta l'affermazione della giurisdizione e della competenza del giudice civile minorile, quale giudice naturale de potestate (art. 25 Cost.). Competenza che, nel caso che occupa, e' rafforzata dalla circostanza che non risulta pendente un contestuale procedimento di sorveglianza e dall'ulteriore rilievo che l'interesse pubblico (primario dal punto di vista dell'Amministrazione penitenziaria) alla sicurezza nella gestione del detenuto in regime speciale e garantita dal parere espresso dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, che non ha segnalato esigenze di sicurezza ostative alla concessione di colloqui audiovisivi a distanza nel caso in esame. In conclusione, non si puo' ritenere che sussista in materia di rapporti affettivi tra un figlio minorenne e un genitore detenuto un'implicita preferenza legislativa per l'autorita' amministrativa o per la competenza del giudice di sorveglianza o ordinario, capace di attrarre per connessione anche la cognizione sulla posizione (invero preminente sub specie juris) del minore, in quanto cio' apparirebbe contrario alla logica stessa della specializzazione (anche nella composizione mista dei collegi) e delle funzioni della magistratura minorile. Ritenere che una simile competenza specializzata sia (implicitamente) recessiva di fronte alla competenza del direttore dell'istituto penitenziario o del giudice di sorveglianza (relativa alla posizione penitenziaria del detenuto) costituirebbe un quid juris irragionevole, a sua volta da elevare a sospetto di incostituzionalita' sotto il profilo della violazione delle garanzie giurisdizionali della condizione del minore e della effettiva tutela in giudizio del suo diritto a mantenere i rapporti affettivi con il genitore mediante il colloquio (a distanza). Aggiungasi, inoltre, che l'eventuale (sopravvenuto) diniego ai colloqui/collegamenti a distanza del direttore dell'istituto penitenziario, del magistrato di sorveglianza o del giudice penale che procede sino alla sentenza di primo grado, fondato sulla disposizione di cui si sospetta l'incostituzionalita', non costituisce neppure - ad avviso di questa autorita' giudiziaria - un dato oggettivo idoneo per escludere la rilevanza della questione nel giudizio a quo. Non vi e' dubbio che, nonostante il tribunale per i minorenni non sia un'autorita' giudiziaria contemplata nella disposizione emergenziale in oggetto (cosi' come nell'art. 41-bis o. p.), la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale nel senso auspicato (ovvero, con la rimozione del divieto dei colloqui audiovisivi a distanza) consentirebbe a questo giudice di interloquire istituzionalmente (e sinergicamente) in ordine alla necessita' dei contatti previsti - per la tutela dell'integrita' psico-fisica dei minorenni - con le autorita' amministrative e giudiziarie preposte ad autorizzarli dalla prospettiva del detenuto, ovvero con il direttore dell'istituto penitenziario (nel caso si tratti di condannato in via definitiva), con il magistrato di sorveglianza in sede di reclamo avverso un provvedimento di diniego di un'autorizzazione al colloquio o, nei casi residui, con l'autorita' giudiziaria che procede. Cio' premesso, ne consegue che la competenza a pronunciarsi sulla rilevanza della questione non potrebbe essere sottratta al tribunale per i minorenni, senza «amputare» la competenza del giudice civile minorile, con violazione cosi' dei canoni di effettivita' e pienezza della tutela giurisdizionale della minorenne B. e delle regole (anche costituzionali) del giusto processo (civile minorile). Non manifesta infondatezza Per quanto attiene al profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo non e' chiamato a pronunciarsi sulla fondatezza o meno, esame che e' appunto rimesso alla sola Corte costituzionale, ma deve semplicemente respingere la questione quando palesemente, prima facie, gli appaia priva di ogni fondamento giuridico. La Corte costituzionale ha poi aggiunto che il giudice a quo, prima di rimettere la questione, deve preliminarmente tentare l'interpretazione conforme a Costituzione, che tuttavia nel caso che occupa non appare possibile, in quanto tale operazione ermeneutica comporterebbe un'invasione delle prerogative del legislatore, dovendosi estendere l'applicazione di una norma ad una categoria di soggetti - ovvero, i detenuti al regime speciale dell'art. 41-bis o. p. - che la stessa implicitamente esclude. In merito, non sembra superfluo segnalare che la Corte di Cassazione in diverse occasioni ha escluso la possibilita' di un'interpretazione estensiva dell'art. 41-bis o. p., con riferimento ai colloqui audiovisivi a distanza, ritenendo (v., a tal proposito, Cass. I sezione penale n. 16557 del 2019) la necessita' che sia il legislatore a fornire le indicazioni vincolanti per i vari ambiti della vita penitenziaria. Tale indirizzo e' stato tuttavia sconfessato da una diversa lettura conforme del sistema normativo derivante dall'art. 41-bis o. p. operato dalla stessa Corte di Cassazione (cfr. Cass. Penale Sent. n. 7654/2014, dep. 19.02.2015) elle, chiamata ad esprimersi in regime di colloqui audiovisivi fra padre e figlio entrambi detenuti e soggetti al regime di cui al 41-bis o. p., ha accolto il ricorso avverso la decisione di diniego. La Corte si e' posta il problema del bilanciamento tra i due interessi in conflitto, cioe' quello della tutela dell'ordine e della sicurezza, sia interna agli istituti che nei riguardi della generalita' dei cittadini sotto il profilo della prevenzione di ulteriori reati, e il diritto alla coltivazione della vita familiare ed affettiva del detenuto al 41-bis o. p. attraverso i colloqui, la cui preclusione integra un grave pregiudizio sotto il profilo trattamentale, esistenziale, di compressione della personalita' del detenuto e del percorso rieducativo. Partendo da tale impostazione, ha accolto il ricorso del detenuto prospettando la possibilita' di una soluzione che contempera entrambi gli interessi, ovvero la videoconferenza come strumento atto a superare i limiti di costituzionalita' che, altrimenti, porrebbe la lettura restrittiva dell'art. 41-bis o. p.. In sostanza, la video-conferenza come strumento idoneo a garantire tanto i criteri di sicurezza e pericolo che sono alla radice del trattamento differenziato, quanto il rispetto dei diritti fondamentali dell'essere umano che ad ogni detenuto, per quanto severamente ristretto, devono essere riconosciuti. In modo conforme, si e di recente pronunciato il tribunale di Sorveglianza di Roma (ordinanza del 16 gennaio 2020, n. 291/2020), che ha autorizzato il colloquio via skype tra due detenuti - tra loro congiunti - sottoposti al regime del 41-bis o. p.. In merito, il predetto giudice ha evidenziato che, altrimenti, «ci sarebbe un grave pregiudizio al diritto del detenuto al mantenimento di relazioni di diretta presenza con i piu' stretti congiunti. I contatti con i parenti hanno rilevanza come strumento volto ad impedire effetti negativi sulla personalita' del detenuto determinati dallo stato detentivo. Pertanto, i colloqui rientrano nell'attivita' di recupero e rieducazione del condannato, anche per coloro che sono sottoposti al regime penitenziario del 41-bis o. p.. In altri termini, da un lato c'e' l'esigenza di recidere i contatti criminali e dall'altro il mantenimento del diritto al colloquio diretto e di presenza con i congiunti quale minima e basilare opportunita' relazionale, in quanto altrimenti si finirebbe per sopprimere completamente la vita affettiva del detenuto con ulteriore svilimento delle condizioni umane di restrizione e con effetti negativi sulla sua personalita' e con gravi pregiudizi sul percorso di reinserimento sociale». Cio' stabilito, il predetto giudice ha precisato che «la valorizzazione della insopprimibilita' di tale diritto sia ancora piu' preminente nella prospettiva della attuazione dei principi costituzionali della finalita' rieducativa della pena e del divieto del trattamento contrario al senso di umanita' indicati CEDU considerato che per le restrizioni di movimento e di comunicazione imposta dal regime di cui all'art. 41-bis, l'accesso alle altre opportunita' trattamentali ordinarie sono assai ridotte se non escluse del tutto». Ancora, secondo il medesimo Tribunale, «il sacrificio del diritto in questione non risponde alla concreta esigenza del 41-bis o. p. di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, in quanto il collegamento tramite Skype - gia' promosso con una circolare del Dap (30 gennaio 2019) per effettuare colloqui di detenuti inseriti nel circuito di media sicurezza con i familiari - garantisce la visione dell'immagine senza comportare spostamenti e contatti fisici diretti. Inoltre, il contatto distanza e controllabile, registrabile e non comporta rischi, in quanto l'interruzione del colloquio in caso di anomalie e un'opzione agevolmente percorribile», Infine, «non vi sarebbero problemi legati alla sicurezza in quanto sia il sistema di videoconferenza sia quello Skype, sono gia' utilizzati per i video collegamenti dei detenuti al 41-bis in occasione delle udienze». Cio' premesso, deve osservarsi che nel caso in argomento tale interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata, fornita dal tribunale di sorveglianza di Roma, cosi' come dalla Corte di Cassazione, non e' percorribile nel caso che occupa per la sopravvenuta disciplina emergenziale, che preclude implicitamente e con una precisa scelta di campo - non richiamandoli - i collegamenti audiovisivi distanza con i familiari per i detenuti sottoposti al regime del 41-bis o. p.. Di fronte alla chiara struttura della relatio formate ed esplicita tra l'art. 4 del D.L. nr. 29/2020 e l'art. 18 o. p. non appare possibile estendere l'interpretazione della legge, in maniera correttiva e conforme a un'inespressa ratio legis maggiormente ampia, senza prima ottenere la caducazione/demolizione di tale norma legislativa di divieto. Ne consegue che un'esegesi costituzionalmente orientata della disposizione censurata, potrebbe dar luogo ad un'interpretazione evolutiva e non estensiva della norma, vietata perche' snatura la funzione di giudice da organo di applicazione in quello di formazione della legge (cfr. Corte di Cassazione sez. 3, n. 2230 dell'11 gennaio 1980, Pasculli). Cio' premesso, puo' anticiparsi che la preclusione automatica prevista dall'art. 4 d.l. 29/20 espone al sospetto di legittimita' costituzionale la medesima disposizione per contrasto con gli art. 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo, 32, 117 della Costituzione, nella parte in cui non prevede il medesimo trattamento per i detenuti ordinari e quelli sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p. (o, dalla prospettiva che interessa, per i minorenni figli di detenuti ordinari e i minorenni figli di detenuti in regime speciale), relativamente alla disciplina dei colloqui audiovisivi a distanza. Prima questione: sospetta violazione degli articoli 2, 3, 27, 30 e 31, comma secondo, 32 costituzione Come anticipato, l'art. 4 d.l. 29/20 ha un riflesso indiretto anche sui diritti fondamentali dei minori, i quali sono privati della relazione visiva a distanza con il genitore ristretto al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p.. Si tratta, quindi, di un vizio materiale consistente nella violazione di norme costituzionali e, in particolare, degli articoli 2, 3, 27, 30, 31, comma secondo, e 32. La sospetta violazione degli articoli 2, 3 e 30 Cost. emerge dall'evidente disparita' di trattamento riservata ai figli minorenni dei detenuti sottoposti al 41-bis o. p. rispetto ai minorenni figli di detenuti ordinari, con la correlata violazione di diritti inviolabili come quello di intrattenere rapporti affettivi con i familiari detenuti, idonei a garantire un corretto sviluppo della personalita' ed una condizione di benessere psico-fisico del minore. Nel caso specifico, non vi e' dubbio che risponde ad un'esigenza affettiva della minorenne B. - specialmente in un momento delicato come quello rappresentato dall'emergenza Covid 19 - quella di mantenere il contatto visivo con il padre detenuto, nell'impossibilita' di accedere ai colloqui presso la casa circondariale di Novara. Per converso, la violazione sospetta esiste anche sotto la diversa prospettiva del condannato. Parimenti, la violazione costituzionale potrebbe apprezzarsi sotto il profilo degli articoli 31, comma secondo, e 32 Cost., intimamente connessi tra loro e con le disposizioni costituzionali prima richiamate. Non vi e' dubbio che l'impossibilita' di fruire per un lungo lasso di tempo di un contatto telefonico e visivo con il padre stia arrecando alla piccola S. un indubbio pregiudizio alla sua integrita' psico-fisica e al corretto sviluppo della sua personalita', che vede nella relazione affettiva con il padre un punto cardine. Parimenti, la preclusione introdotta non appare in linea con l'art. 31 comma secondo Cost., secondo cui «La Repubblica protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo». Ne consegue che sembra in contrasto con le disposizioni costituzionali sopra richiamate una norma che non open il necessario bilanciamento tra le esigenze di sicurezza e ordine pubblico e quelle di «protezione dell'infanzia e della gioventu'», privilegiando automaticamente le prime. Preme ancora sottolineare come l'emergenza non possa giustificare la conculcazione di diritti fondamentali della persona nell'ottica di una asserita generica ed indiscriminata tutela della salute pubblica e di un'apodittica esigenza di sicurezza. Occorre bensi' valutare, caso per caso, le condizioni contingenti, per bilanciare nel modo il piu' possibile rispondente alla fattispecie concreta, la supremazia di un diritto fondamentale rispetto ad un altro. Ne l'emergenza puo' giustificare l'emanazione di una normativa contraddittoria e ingiusta, atta a disciplinare casi simili in maniera irragionevolmente diversa. Cio' posto, appare incomprensibile la differenziazione tra i minori figli di detenuti «ordinari» e quelli di detenuti sottoposti al regime di 41-bis o. p. Sebbene la disciplina del regime speciale sia ritenuta conforme a Costituzione in virtu' della specificita' dei reati per i quali viene applicata e si giustifichi con la precisa ratio di recidere legami tanto stretti come quelli di stampo mafioso, che per loro natura intrinseca non sono destinati a cessare con la carcerazione, questo non puo' dare la stura alla creazione di zone d'ombra non soggette al controllo costituzionale. Cio' trova, peraltro, conferma nella recente pronuncia della Corte costituzionale con la quale e' stato dichiarato illegittimo l'art 41-bis, comma 2-quater, lett. f) nella parte in cui non consente ai detenuti di cuocere cibi. (4) In altri termini, la normativa esaminata appare di difficile sostenibilita' nel nostro quadro costituzionale, avendo analoghe questioni gia' trovato puntuale risposta in altro recente pronunciamento della Corte delle Leggi del 2020/97. Nell'occasione, la Corte costituzionale, entrando nel merito della congruita' dei divieti del 41-bis rispetto agli scopi per i quali e' prevista detta norma, ha affermato che «la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, in base all'art. 41-bis, comma 2, ordin. penit., e' possibile sospendere solo l'applicazione di regole e istituti dell'ordinamento penitenziario che risultino in concreto contrasto con le richiamate esigenze di ordine e sicurezza. Correlativamente, ha affermato non potersi disporre misure che, a causa del loro contenuto, non siano riconducibili a quelle concrete esigenze, poiche' si tratterebbe in tal caso di misure palesemente incongrue a inidonee rispetto alle finalita' del provvedimento che assegna il detenuto al regime differenziato. Se cio' accade, non solo le misure in questione non risponderebbero piu' al fine in vista del quale la legge consente siano adottate, ma acquisterebbero un significato diverso, «divenendo ingiustificate deroghe all'ordinario regime carcerario, con una portata puramente afflittiva non riconducibile alla funzione attribuita dalla legge al provvedimento ministeriale» (sentenza n. 351 del 1996)». In sostanza, la compressione della possibilita' di intrattenere colloqui visivi a distanza con i familiari (figli minorenni) e la conseguente deroga all'applicazione delle regole ordinarie, potrebbe giustificarsi non in via generale ed astratta, ma solo se esista, nelle specifiche condizioni date, la necessita' in concreto di garantire la sicurezza dei cittadini e la motivata esigenza di prevenire - come recita l'art. 41-bis, comma secondo-quater, lettera a) ord. pen. - «contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni criminali contrapposte o interazioni con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate». Da questo punto di vista, l'applicazione necessaria e generalizzata del divieto di collegamenti a distanza, sconta il limite di essere frutto di un bilanciamento condotto ex ante dal legislatore, a prescindere, percio', da una verifica in concreto dell'esistenza delle ricordate, specifiche, esigenze di sicurezza, e senza possibilita' di adattamenti calibrati sulle peculiarita' dei singoli casi. Questa verifica, operata sulla disposizione censurata, fornisce esito negativo, sicche' la questione sollevata non risulta manifestamente infondata, per sospetta violazione delle norme costituzionale sopra richiamate. E', in definitiva, la previsione ex lege del divieto automatico ed assoluto a costituire misura sproporzionata anche sotto questo profilo in contrasto con gli articoli 3 e 27 Cost.. In questo caso, alla compressione di una forma minima di socialita' - estrinsecantesi, peraltro, nell'ambito di una cerchia assai ristretta di soggetti - non corrisponde un accrescimento delle garanzie di difesa sociale e sicurezza pubblica. Nel caso che occupa, in aggiunta, la Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria (DDA) ha formulato parere favorevole all'effettuazione dei colloqui anche audiovisivi a distanza tra il detenuto B. e la figlia minorenne. Motivo per cui le esigenze di sicurezza sono state ritenute assolutamente tutelabili con la registrazione audio-video del colloquio, la possibilita' di interruzione e con la presenza della minorenne presso un ufficio di polizia giudiziaria: condizioni di carattere generale che, a prescindere dalla situazione concreta, consentirebbero di realizzare in assoluta sicurezza colloqui a distanza per tutti i figli minorenni e, piu' in generale, per i familiari dei detenuti sottoposti al 41-bis o. p.. Aggiungasi, per completezza di esposizione, che nel caso di accoglimento della presente questione di costituzionalita', in forza della disposizione di cui alla lett. a) del comma 2-quater dell'art. 41-bis o. p. - secondo cui la sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 puo' comportare «l'adozione di misure di sicurezza interna ed esterna» - restera' consentito all'amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalita' di effettuazione dei collegamenti a distanza - cosi' come avviene gia' per i detenuti ordinari e come ipotizzato dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 7654/2014 per gli stessi detenuti in regime speciale nonche' di predeterminare le condizioni per introdurre eventuali limitazioni. Naturalmente, le limitazioni dovrebbero risultare giustificate da precise esigenze, da motivare espressamente, e sotto questi profili ben potrebbero essere sindacate, di volta in volta, in relazione al caso concreto, dal magistrato di sorveglianza, in attuazione di quanto disposto dagli art. 35-bis, comma 3, e 69, comma 6, lettera b), ord. pen. Ancora, seppur con riferimento diretto alle esigenze del presente procedimento civile - ma specularmente per quelle proprie rieducative e di umanita' del trattamento sanzionatorio - la disposizione richiamata appare in contrasto con l'art. 27 Cost., non consentendo al detenuto di potere recuperare correttamente il rapporto con la figlia e, indirettamente, di reinserirsi socialmente, emendando la sua condotta che ha provocato e sta provocando (con la lunga carcerazione) enorme sofferenza pure alla prole minorenne. In altri termini, se e' vero che la pena si realizza per effetto della privazione della liberta', tuttavia e' egualmente innegabile che essa debba, al contempo, consentire trattamenti idonei al recupero sociale del reo e, fra questi, indiscussa importanza va attribuita al mantenimento dei rapporti familiari e, soprattutto, al recupero di quelli genitoriali; prospettiva che e' privilegiata da questa autorita' giudiziaria, in quanto funzionale a garantire il superiore interesse del minore. Seconda questione: sospetto contrasto con l'art. 117, primo comma, Costituzione in riferimento agli articoli 3 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU). La valorizzazione dei rapporti tra genitori e i figli minorenni assume una portata di piu' ampio respiro anche attraverso le tutele sovranazionali. Come anticipato, la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza (Convention on the Rights of the Child - CRC) del 1989 (5) individua l'interesse del minore quale necessario oggetto di primaria considerazione, in tutte le statuizioni legislative, amministrative e giudiziarie: «in all actions concerning children, whether undertaken by public or private social welfare institutions, courts of law, administrative authorities or legislative bodies, the best interests of the child shall be a primary consideration». (6) Preme all'uopo evidenziare che sono due i punti fondamentali sottolineati, ossia il perseguimento del miglior interesse del minore e letteralmente «tutte le azioni riguardanti i bambini». Si e' cosi' realizzato un mutamento di prospettiva attraverso l'introduzione del concetto di «best interest of the child» il minore e' riconosciuto titolare di diritti, portatore di un interesse, che - dal Legislatore prima e dal Giudice poi - deve essere considerato preminente, laddove siano coinvolte dinamiche esistenziali di bambini, soprattutto se in tenera eta'. La nozione di «actions concerning children» secondo l'interpretazione avallata dal Comitato dei diritti del fanciullo comprende tanto le misure che hanno un minore come destinatario immediato, quanto quelle che sulla vita dello stesso si ripercuotono sebbene indirizzate ad altri. Le conseguenze indirette delle azioni non specificatamente dirette verso i minori devono essere apprezzate caso per caso in modo da assicurare le piu' adatte protezioni del fanciullo a seconda delle circostanze concrete. In altri termini, in presenza di «actions concerning children» il minore deve comunque godere di «primary consideration» secondo misure flessibili. (7) Quanto al preminente interesse del minore in rapporto a misure che incidono sui suoi interessi direttamente ed indirettamente si puo' altresi' fare riferimento, a livello sovranazionale, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, firmata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (che sostituisce la Carta proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000), che all'art. 24 ribadisce il diritto dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, evidenziando altresi' come «in tutti gli atti relativi a minori»,«compiuti da autorita' pubbliche» o «da istituzioni private», «l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente». Sulla stessa scia dei «diritti del bambino» il Trattato sull'Unione europea, art. 3, paragrafo 3 si occupa della protezione dei diritti dei minori (in generale). Ancora, a livello europeo, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) non fornisce una definizione di minore, ma il suo art. 1 obbliga gli Stati a riconoscere i diritti della Convenzione a «ogni persona» sottoposta alla loro giurisdizione. L'art. 14 della CEDU assicura il godimento dei diritti riconosciuti nella Convenzione «senza nessuna discriminazione», comprese quelle fondate sull'eta'. (8) Tra le fattispecie applicabili a tutti, compresi i minori vengono spesso valorizzate quelle di cui agli art. 8 che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, e 3 che vieta la tortura nonche' pene e trattamenti inumani e degradanti. Avvalendosi di approcci interpretativi che si concentrano sugli obblighi positivi insiti nelle disposizioni della CEDU, la Corte EDU ha sviluppato un ampio corpus giurisprudenziale in materia di diritti dei minori. Varie interpretazioni della norma di cui all'art. 8 CEDU hanno condotto all'affermazione secondo la quale tale disposizione configura un diritto suscettibile di bilanciamento per effetto del secondo comma, che ammette limitazioni al diritto in parola, ove previste dalla legge e giustificate dalla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, oltre che per la protezione dei diritti e delle liberta' altrui. In quest'ottica si giustificano le particolari disposizioni di sicurezza adottate per i genitori sottoposti a detenzione carceraria. Le limitazioni previste sono conseguenza di scelte sanzionatorie collegate a violazioni di norme imperative che strutturano l'ordinamento nazionale e la cui efficacia non e' messa in discussione a livello europeo. Si fa riferimento alle Regole Penitenziarie Europee (EPR), dettate al fine di uniformare le politiche penitenziarie degli Stati membri. Agli articoli 64 e 65 previsto, in particolare, che «ogni sforzo deve essere fatto per assicurarsi che i regimi degli istituti siano regolati e gestiti in maniera da: [...] mantenere e rafforzare i legami dei detenuti con i membri della famiglia e con la comunita' esterna al fine di proteggere gli interessi dei detenuti e delle loro famiglie»; e ancora, all'art. 24, viene fissato l'obbligo di garantire il mantenimento e lo sviluppo di relazioni familiari «il piu' possibile normali». Orbene, per quanto qui di interesse, non sembra possano esserci difficolta' nel riconoscere che gli standard sovranazionali di tutela dei diritti umani fondino l'esigenza di un sistema sanzionatorio nel quale l'impatto sui figli sia oggetto di autonoma considerazione al fine della determinazione ed esecuzione della pena a carico del genitore. Aspetto di precipuo interesse costituzionale del quale il Legislatore si deve fare carico e dal quale il Giudice non puo' non farsi orientare nelle questioni sottoposte alla sua attenzione e che comportano una delicata riflessione sul bilanciamento degli interessi emergenti di volta in volta. Ad ogni modo, i suesposti principi sono ribaditi anche dall'Amministrazione penitenziaria che afferma che tali prescrizioni «non sono volte a punire e non devono determinare un ulteriore afflizione aggiuntiva alla pena gia' comminata». (9) A cio' va aggiunto che non devono risultare afflizioni anche a terzi soggetti incolpevoli che subiscono l'altrui carcerazione. Cosi' ricostruito il quadro normativo sovranazionale, ad avviso di questo giudice l'art. 4 del D.L. 29/2020 e' attraversato da un altro profilo di sospetta incostituzionalita', intimamente connesso a quelli prima esaminati. Potrebbe, infatti, prospettarsi la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. per mancata attuazione dell'art. 8 CEDU, secondo cui «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non puo' esservi ingerenza di una autorita' pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una societa' democratica, e' necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle liberta' altrui». Analoghe considerazioni posso specularmente svolgersi in riferimento all'art. 3 della Convenzione, che vieta i trattamenti inumani e degradanti, sia sotto il profilo del detenuto che di quello dei figli minorenni, costretti a patire le conseguenze di una legislazione particolarmente afflittiva. Tanto premesso in ordine generale, seguendo le direttrici delle sentenze «gemelle» n. 348 e n. 349 del 2007 della Corte costituzionale, non si puo' non riconoscere che, tra normativa interna di rango primario e la Costituzione, si e' «interposta» una norma, attuativa di un trattato internazionale, che, pur non direttamente applicabile, crea obblighi del nostro paese, quale Stato contraente. Tali obblighi, in primo luogo, impongono al giudice comune di «interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali cio' sia permesso dai testi delle norme. Qualora cio' non sia possibile, ovvero il giudice dubiti della compatibilita' della norma interna con la disposizione convenzionale 'interposta', egli deve investire questa Corte della relativa questione di legittimita' costituzionale rispetto al parametro dell'art. 117, primo comma ... spettera' poi alla Corte ...accertare il contrasto e, in caso affermativo, verificare se le stesse norme garantiscono una tutela dei diritti fondamentali almeno equivalente al livello garantito dalla Costituzione italiana (Corte Cost. 349/2007). Cio' premesso, e' indubbio che il contrasto tra l'attuale formulazione dell'art. 4 del decreto-legge n. 29 del 2020 e le norme richiamate sia insanabile in via interpretativa. Il contrasto segnalato deve, pertanto, essere sottoposto alla verifica di costituzionalita' del giudice ad quem. Questa appare l'unica soluzione idonea (e propedeutica) a garantire l'adeguamento del diritto interno agli obblighi convenzionali assunti in materia. Per il complesso dei motivi sopra segnalati, deve prospettarsi come rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29, per potenziale contrasto con gli art. 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo, 32 e 117 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui con i familiari e conviventi cui hanno diritto i detenuti o gli internati sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis della L. 26 luglio 1975 , n. 354 possono essere svolti a distanza con i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile. Al riguardo, non vi e' dubbio che la presente questione sia sollevata per i minorenni figli di detenuti sottoposti al 41-bis o. p., che devono necessariamente essere inclusi nella categoria dei congiunti, ma il petitum potrebbe in via consequenziale - sussistendone i medesimi motivi - essere allargato dal giudice ad quem, per derivazione causale, a tutti gli altri familiari e conviventi. In merito, non sembra superfluo segnalare che l'accompagnamento del minorenne presso il luogo deputato per il contatto dovra' necessariamente avvenire ad opera di un familiare esercente la responsabilita' genitoriale, che pertanto potrebbe svolgere nella medesima sessione il colloquio a distanza, senza perdere la possibilita' concessa - una sola volta al mese e senza possibilita' di frazionamento - dall'art. 41-bis o. p.. Terza questione: sospetta incostituzionalita' dell'art. 41-bis 2-quater lett. b), terzo periodo, L. 26 luglio 1975, n. 354 per potenziale contrasto con gli art. 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo, 32 e 117 della Costituzione Per analoghi motivi e per la stessa rilevanza della questione nel giudizio a quo, che continuera' a tutela della minorenne B. S. oltre lo stretto periodo emergenziale (e per almeno due anni), deve segnalarsi il potenziale contrasto tra l'art. 41-bis 2-quater lett. b), terzo periodo, dell'ordinamento penitenziario, intimamente connesso con l'art. 4 del d. l. 10 maggio 2020, n. 29, e le norme costituzionali sopra richiamate, nella parte in cui non prevede che i colloqui sostitutivi del colloquio visivo tra il detenuto sottoposto al regime speciale ed i figli minorenni possono essere autorizzati, in alternativa, con modalita' audiovisive. E' notorio, infatti, che l'emergenza epidemiologica ripercuotera' i suoi effetti fino a dopo il 30 giugno 2020 (comunque fino al 31 luglio 2020, come stabilito dal decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito nella legge 22 maggio 2020, n. 35), rendendo rischiosi per la piccola S. - cosi' come per altri minorenni in condizioni analoghe - gli spostamenti sul territorio nazionale sino a quando non saranno individuati e resi nella disponibilita' dei cittadini gli antidoti farmacologici necessari (vaccino). A prescindere dalle motivazioni di carattere sanitario presenti nel caso che occupa, e' palese che le trasferte per i colloqui visivi comportano oneri economici e di altro genere non facilmente sostenibili e, per quel che concerne i minorenni, anche problematiche di natura psicologica e scolastica. Non vi e' dubbio, infatti, che la complessa organizzazione delle trasferte presso i penitenziari ospitanti i detenuti al 41-bis o. p. (quasi tutti collocati nel Centro, nel Nord Italia e in Sardegna) determina nella maggior parte dei casi situazioni stressanti e l'assenza scolastica del minorenne, con pregiudizio di quello che e' il suo superiore interesse. Determina, in generale, un'ingiustificata e irrazionale discriminazione tra minorenni, in relazione alle condizioni economiche e di salute, alle condizioni familiari e alla distanza chilometrica dagli istituti penitenziari, con la conseguenza che la presenza ai colloqui visivi per alcuni e preclusa o comunque assai compromessa. Tale discriminazione e' possibile coglierla, a prescindere dalla normativa emergenziale, anche nell'impianto attuale ordinario, che prevede tale possibilita' per i detenuti appartenenti al circuito di media sicurezza. Il Ministero della giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Direzione generale detenuti e trattamento, dopo un periodo di sperimentazione iniziato nel 2015, ha diramato la circolare del 30 gennaio 2019 n. 0031246U, contenente le indicazioni per agevolare le attivita' e predisporre gli interventi necessari a rendere fruibile - su vasta scala - l'utilizzo della piattaforma Skype for business per l'effettuazione di video chiamate da parte del detenuti ed internati - in questa prima fase di avvio appartenenti al circuito di media sicurezza - con i familiari e/o conviventi. Nella circolare, peraltro, viene effettuato espressamente l'inquadramento giuridico della fattispecie ed il richiamo all'apparato normativo di riferimento, con l'affermazione che la video chiamata e' da equipararsi ai colloqui previsti dagli articoli 18 o. p. e 37 decreto del Presidente della Repubblica 230/2000. (10) Tale possibilita' e' stata inoltre ampliata - con circolare D.A.P. del 12 marzo 2020 - anche per i detenuti del circuito di Alta Sicurezza. Orbene, la possibilita' - gia' prevista dall'ordinamento penitenziario per i detenuti in regime ordinario - di colloqui (sostitutivi) audiovisivi a distanza consentirebbe di superare le difficolta' sopra segnalate, garantendo il superiore interesse del minore e condizioni di uguaglianza sostanziale al figli minorenni dei detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p.. Come gia' evidenziato da altre autorita' giudiziarie (tribunale di sorveglianza di Roma e Corte di Cassazione), le esigenze di sicurezza e ordine pubblico potrebbero essere adeguatamente garantite dalla video registrazione, dalla possibilita' di interruzione contestuale del colloquio e dall'espletamento dello stesso - per la parte relativa ai minorenni - presso una caserma dei carabinieri o altro ufficio di polizia giudiziaria tecnicamente attrezzato, secondo modalita' gia' in atto e previste per legge e regolamento per i detenuti in regime ordinario. In ordine all'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione, deve osservarsi che la possibilita' dei colloqui audiovisivi a distanza prevista dalle circolari del DAP sopra indicate - e' stata introdotta espressamente dall'art. 4 del decreto legge n. 29 del 10 maggio 2020 solo per i detenuti in regime ordinario; cio' a riprova di una diversa e piu' rigorosa lettura dell'art. 41-bis o. p. fornita dallo stesso legislatore. Quanto alla pronuncia che Si richiede alla Corte costituzionale, deve osservarsi che la stessa non comporterebbe l'invasione di competenze riservate al legislatore. Le possibilita' tecniche di colloqui audiovisivi sono gia' previste per i detenuti ordinari, sicche' - una volta intervenuta l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' - la normativa di dettaglio (regolamentare) potrebbe - come gia' in atto prevede l'art. 4 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29 e come previsto dalle pregresse circolari del DAP - essere demandata all'Amministrazione penitenziaria. Invero, gli accorgimenti tecnici che si richiederebbero all'Amministrazione penitenziaria e agli organi di polizia delegati sono assolutamente identici, alla luce degli attuali progressi della tecnologia legata ai telefoni, a quelli previsti per i colloqui telefonici e audiovisivi per i detenuti in regime ordinario. Aggiungasi, a conforto della superiore proposizione, che e' stato lo stesso Ministero della giustizia, al dichiarato fine di «facilitare le relazioni familiari nelle strutture penitenziarie», ad adottare un'interpretazione evolutiva della locuzione colloquio visivo della normativa di riferimento, comprendendovi anche il colloquio diretto fra persone presenti in video-collegamento, che e' ormai uno strumento abitualmente diffuso nella pratica comune. Per completezza di esposizione, deve rammentarsi che nel caso di accoglimento della presente questione di costituzionalita', in forza della disposizione di cui alla lett. a) del comma 2-quater dell'art. 41-bis o. p. - secondo cui la sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 puo' comportare «l'adozione di misure di sicurezza interna ed esterna» - restera' consentito all'amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalita' di effettuazione dei collegamenti a distanza - cosi' come avviene gia' per i detenuti ordinari e come ipotizzato dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 7654/2014 per gli stessi detenuti in regime speciale nonche' di predeterminare le condizioni per introdurre eventuali limitazioni. In sostanza, l'ordinamento penitenziario prevede gia' la delega all'amministrazione penitenziaria per l'organizzazione dei colloqui cui hanno diritto i detenuti sottoposti al regime speciale dell'art. 41-bis o. p., sicche' l'intervento richiesto alla Corte costituzionale non potra' comportare in alcun caso l'invasione di prerogative del legislatore. Dal punto di vista della previsione di spesa, non sembra superfluo segnalare che tale possibilita' e gia' prevista per i detenuti ordinari che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione penitenziaria, sicche' escluderla per i sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p. - che sono in numero assai minore - appare irragionevole. Inoltre, la possibilita' di colloqui audiovisivi - realizzabile con apparecchiature gia' a disposizione dell'amministrazione penitenziaria - consentira' di evitare costose trasferte ai familiari dei detenuti, psicologicamente stressanti per i minorenni, ed evitera' le lunghe attese per tutte le operazioni preliminari di identificazione e controllo negli istituti di reclusione, attivita' che peraltro impegnano notevolmente il personale penitenziario. Deve pertanto segnalarsi il potenziale contrasto tra l'art. 41-bis 2-quater lett. b), secondo periodo, dell'ordinamento penitenziario, e gli articoli 2, 3, 27, III comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, I comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui sostitutivi di quelli visivi tra il detenuto ed i figli minorenni possono essere autorizzati, in alternativa ai colloqui telefonici, a distanza con modalita' audiovisive. La presente questione e sollevata per i minorenni figli di detenuti sottoposti al 41-bis o. p., tuttavia il petitum potrebbe in via consequenziale - sussistendone i medesimi motivi - essere allargato dal giudice ad quem, per derivazione causale, a tutti i familiari e conviventi. In merito, non sembra superfluo segnalare che l'accompagnamento del minorenne presso il luogo deputato per il contatto dovra' necessariamente avvenire ad opera di un familiare esercente la responsabilita' genitoriale, che pertanto potrebbe svolgere nella medesima sessione il colloquio a distanza, senza perdere la possibilita' concessa - una sola volta al mese e senza possibilita' di frazionamento - dall'art. 41-bis o. p. 2-quater lett. b), della L. 26 luglio 1975, n. 354. Disapplicazione della circolare amministrativa del DAP Come anticipato, il Procuratore della Repubblica in sede ha chiesto a questo giudice, «di concedere contestualmente (in via immediata, provvisoria, lato sensu cautelare e urgente) i colloqui a distanza di cui trattasi (in termini da prevedere - almeno - sino alla data del 30.06.2020) - previa delibazione della questione di legittimita' dianzi prospettata e disapplicazione statuizioni della circolare del DAP n. 101903/AG del 27 marzo 2020, ove ritenute rilevanti (in senso potenzialmente ostativo) ai fini della conferma delle disposizioni gia' emesse de potestate, ...e della norma di legge presunta illegittima - e subordinando la conferma della detta misura interinale alla declaratoria di incostituzionalita' sopraggiunta». Cio' premesso, in ordine alla possibilita' di autorizzare i colloqui a distanza tra il B. e la figlia minorenne deve osservarsi che, pur ribadendosene la necessita' per le ragioni evidenziate, i contatti con tale modalita' non possono essere attuati per l'intervento dell'art. 4 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29. Tale norma, oltretutto, fornisce anche lo spunto per una interpretazione piu' rigorosa dell'art. 41-bis ord. pen. nella parte in cui non prevede tale possibilita'. Ne consegue che la circolare del D.A.P. n. 101903/AG del 27 marzo 2020, nella parte in cui non prevede la possibilita' di colloqui audiovisivi a distanza per i detenuti al 41-bis o. p. non puo' essere disapplicata, trovando la stessa il suo fondamento in disposizioni di legge non suscettibili di un'interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata. In ordine alla vexata quaestio, appare condivisibile l'indirizzo dottrinale secondo cui, «esperito negativamente ogni tentativo di un'interpretazione costituzionalmente orientata, la disapplicazione di una legge ritenuta illegittima puo' avvenire solo a seguito di una pronuncia di incostituzionalita', perche' nel nostro ordinamento non puo' essere ritenuto proprio dei giudici il potere di disapplicare la legge, se non vi sia stata un pronuncia di incostituzionalita' da parte della Corte costituzionale». Nelle more della decisione della Corte costituzionale, indispensabile per la fruibilita' da parte della minorenne B. dei colloqui audiovisivi a distanza auspicati da questo giudice, puo' invece essere disapplicata la suddetta circolare nella parte in cui esclude i minorenni dai colloqui telefonici sostitutivi, che pertanto devono essere immediatamente organizzati per tutto il periodo emergenziale, secondo le modalita' gia' indicate dal DAP con la medesima circolare per i familiari maggiorenni dei detenuti al 41-bis o. p.. Al riguardo, deve osservarsi che appare palesemente contra legem la suddetta circolare nella parte in cui nega ai minorenni figli di detenuti sottoposti al regime speciale la possibilita' di fruire dei suddetti colloqui telefonici, peraltro prevista dalla norma primaria dell'art. 41-bis o. p.. Invero, in situazione emergenziale non puo' costituire lo spunto per conculcare diritti soggettivi fondamentali, seppur per un tempo limitato. Oltretutto, la predisposizione e l'uso dei dispositivi di sicurezza individuali e il distanziamento sociale - attuabile sia presso l'istituto di detenzione che presso la caserma dei carabinieri (secondo quanto indicato dal DAP) o presso la Questura (come suggerito da questo tribunale per i minorenni) - appaiono tutte modalita' attuative idonee a garantire in ordine alla sicurezza sanitaria anche per i minorenni. Con riguardo all'efficacia esterna, affermare che la circolare possa vincolare il Giudice, vorrebbe dire che l'atto amministrativo de quo possa avere effetti normativi e cio' e' decisamente in conflitto con il dettato costituzionale sulla riserva di legge (art. 23 cost.). Per meglio chiarire, il Consiglio di Stato ha affermato in proposito che: «...le circolari amministrative sono atti diretti agli organi e uffici periferici ovvero sottordinati, che non hanno di per se valore normativo o provvedimentale. Ne consegue che tali atti di indirizzo interpretativo non sono vincolanti per i soggetti estranei all'amministrazione, mentre, per gli organi destinatari esse sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem.» (11) Il blando potere vincolante della circolare e stato ribadito anche dalle Sezioni Unite (12) che hanno sostenuto che la stessa non possa essere annoverata fra gli atti generali di imposizione in quanto tali atti non possono ne contenere disposizioni derogative di norme di legge, ne essere considerate alla stregua di norme regolamentari vere e proprie. Ne consegue che la circolare del DAP non puo' restringere il campo applicativo di una norma di legge (nel nostro caso l'art. 41-bis o. p.) che non preclude ai minori i colloqui telefonici con i genitori detenuti. Tale restrizione appare del tutto irragionevole e puo' comportare una disapplicazione della stessa, nel giudizio in cui viene in rilievo, da parte del giudice ordinario, in quanto proprio la gerarchia delle fonti impone la prevalenza della norma di legge. Ne consegue che - previa disapplicazione della suddetta circolare amministrativa nel caso che occupa - deve demandarsi all'Amministrazione penitenziaria (e, in specie, al Direttore della Casa Circondariale di Novara) il compito di organizzare immediatamente i colloqui (solo) telefonici, nei termini di legge e secondo le modalita' indicate dal presente provvedimento, tra il detenuto B. G. e la figlia B. S. (1) Siglato dal Ministero della giustizia, dal Ministero dell'istruzione, dal Ministero della famiglia Dipartimento pari opportunita', dal Tribunale per i minorenni e dalla Procura della Repubblica per i minorenni di Reggio Calabria, dalla direzione nazionale antimafia, dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, dall'associazione libera e dalla conferenza episcopale italiana. (2) Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 4748/2013. (3) art. 61, D.P.R. n. 230/2000. (4) Cfr. sentenza Corte costituzionale n. 186 del 2018. (5) Ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. (6) art. 3 par. 1. (7) Committee on the Rights of the Children, General comment No. 14 (2013) on the right of the child to have his or her best interests taken as a primary consideration (art. 3, para. 1), 29.5.2013, CRC/C/GC/14. parr. 19 ss. (8) Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 10 giugno 2010, Schwizgebel c. Svizzera n. 25762/07. (9) Circolare DAP n. 3676/616 del 2 ottobre 2017. (10) Per il collegamento i detenuti saranno accompagnati in appositi locali degli istituti ed avranno a disposizione piattaforme informatiche abilitate. Per assicurare completa sicurezza, i colloqui si svolgeranno sempre sotto il controllo visivo del personale della polizia penitenziaria che da postazione remota potra' visualizzare le immagini che appaiono sul monitor del computer che sta utilizzando il detenuto e, nei casi di comportamenti non corretti del detenuto o dei familiari, il videocollegamento verra' immediatamente interrotto. (11) C. Stato, sez. IV, 27-11-2000, n. 6299. (12) Cass. Civ. Sez. Un 23013/2017.
P. Q. M. Visto l'art. 330 e ss c.c. Dichiara B. G. decaduto dalla responsabilita' genitoriale nei confronti della figlia B. S. coaffida per anni due la minore B. S. al Servizio sociale competente per territorio per le attivita' di vigilanza, assistenza, educazione alla legalita', chiarificazione del ruolo paterno e sostegno psicologico in motivazione indicati, da espletarsi in collaborazione con l'Equipe interdisciplinare permanente territorialmente competente in relazione al domicilio attuale (da individuarsi a cura del Coordinatore delle EIP dell'ASP n. 5) e con l'associazione di volontariato «Libera», in virtu' del protocollo relativo al progetto «Liberi di Scegliere», siglato in data 5 novembre 2019. Demanda alle superiori agenzie territoriali di elaborare in favore di D. G. un percorso di sostegno delle competenze genitoriali nei termini in motivazione indicati, avvalendosi della collaborazione della rete di associazioni «Libera». Prescrive a D. G. di attenersi alle prescrizioni che le saranno impartite, nei termini in motivazione specificati, per il benessere psico-fisico della figlia minorenne. Autorizza i colloqui telefonici tra B. G. e la figlia minorenne B. S. Avvisa che i colloqui telefonici dovranno preferibilmente essere organizzati presso la Questura di Reggio Calabria, istituzione dotata dell'ufficio minorenni, adottando tutte le cautele necessarie a garantire condizioni di sicurezza sanitaria per la minorenne B. S. Richiede al Questore di Reggio Calabria di fornire l'ausilio necessario per l'eventuale organizzazione dei colloqui telefonici sopra indicati. Richiede al Direttore della Casa Circondariale di Novara di attivare, compatibilmente con il particolare regime di detenzione, i supporti necessari (accompagnamento psicologico ed educativo) a garantire incontri/contatti adeguati - nei termini in motivazione indicati - tra B. G. e la figlia minorenne. Prescrive a B. G. di attenersi alle indicazioni che gli saranno fornite dagli operatori delegati per il recupero delle sue competenze genitoriali ed un corretto approccio con la figlia minore. Nomina curatore speciale di B. S. l'avv. Pasquale Cananzi del foro di Reggio Calabria, con l'avviso che potra' rivestire la qualifica di difensore della minore. Demanda al giudice onorario dott. Claudia De Santi il monitoraggio della fase esecutiva del presente provvedimento e di tutte le attivita' di raccordo con la Questura di Reggio Calabria, la Direzione della Casa Circondariale di Novara, il Servizio Sociale territoriale, l'E.I.P. individuata e l'associazione Libera. Differisce il contraddittorio a data da individuarsi con successivo provvedimento. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, per contrasto con gli articoli 2, 3, 27, III comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, I comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui cui hanno diritto i detenuti o gli internati sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis della L. 26 luglio 1975, n. 354 possono essere svolti a distanza con i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis 2-quater lett. b), terzo periodo, della L. 26 luglio 1975, n. 354, per contrasto con gli articoli 2, 3, 27, III comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, I comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui sostitutivi con i figli minorenni possono essere autorizzati a distanza, in alternativa a quelli telefonici, con modalita' audiovisive. Sospende il procedimento civile in corso per le statuizioni relative ai colloqui audiovisivi a distanza e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della cancelleria in sede, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' a B. G., a D. G., al curatore speciale dei minorenni avv. Pasquale Cananzi, ai difensori e al pubblico ministero. Ordina che, a cura della cancelleria in sede, l'ordinanza sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Segnala che, a norma dell'art. 52 del decreto legislativo 196/03 e succ. modifiche, in caso di diffusione del presente provvedimento dovranno essere omessi le generalita' e gli altri dati identificativi della minorenne. Reggio Calabria, 9 giugno 2020. Il presidente: Di Bella