N. 126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2020

Ordinanza del 16 giugno 2020 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia sul ricorso  proposto  da  C.D.P.  contro  Ministero
dell'interno,  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  e
U.T.G. - Prefettura di Milano. 
 
Circolazione stradale - Patente  di  guida  -  Requisiti  morali  per
  ottenere il rilascio - Previsto automatico divieto di conseguimento
  per coloro  che  sono  o  sono  stati  sottoposti  alle  misure  di
  prevenzione. 
- Decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
  strada), art. 120, comma 1. 
(GU n.40 del 30-9-2020 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                          PER LA LOMBARDIA 
                            Sezione Prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 795 del 2020, proposto da C.D.P.,  rappresentato  e
difeso dagli avvocati Roberta Ligotti e Riccardo Maria Zanchetta, con
domicilio digitale eletto presso la loro casella PEC come da Registri
di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio  del  secondo
in Milano, via Francesco De Sanctis n. 33; 
    Contro: 
        Ministero dell'interno e Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti,  in  persona  dei   rispettivi   Ministri   pro   tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato,  con
domicilio ex lege in Milano, via Freguglia n. 1; 
        Prefettura di Milano, in persona del  Prefetto  pro  tempore,
non costituito; 
    Per l'annullamento, previa sospensione: 
        del  provvedimento  del  Ministero  delle  infrastrutture   e
trasporti - Ufficio della motorizzazione di  Milano  del  9  dicembre
2019 con cui e' stato negato il rilascio del titolo abilitativo  alla
guida; 
        della nota n. 2019/2970 del Prefetto di Milano; 
        di ogni atto conseguente e presupposto; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'interno e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Visto l'art. 79, comma 1 cod. proc. amm.; 
    Visto l'art. 84 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18; 
    Relatore la dott.ssa Valentina Mameli nella Camera  di  consiglio
del 27 maggio 2020 tenutasi con le modalita'  previste  dall'art.  84
del decreto-legge n. 18/2020 mediante collegamenti  da  remoto,  come
specificato nel relativo verbale; 
    1. Con il ricorso in  epigrafe  il  ricorrente  ha  impugnato  il
provvedimento del 9  dicembre  2019  con  il  quale  l'Ufficio  della
motorizzazione di Milano ha negato il rilascio del titolo abilitativo
alla  guida,  risultando  inserito  nel   sistema   informativo   del
Dipartimento dei trasporti un «ostativo»  al  rilascio  del  predetto
titolo a carico dell'istante. 
    Con l'atto introduttivo del giudizio il ricorrente ha premesso le
seguenti circostanze di fatto. 
    In data 18 febbraio 2016 il Tribunale di Milano, Sezione Autonoma
Misure di Prevenzione, con decreto n. 16/2016,  nel  p.p.  n.  114/15
R.G.M.P., disponeva a carico del ricorrente la misura di  prevenzione
personale della sorveglianza speciale di PS con obbligo di  soggiorno
per anni due. 
    Al momento della notificazione (26 febbraio 2016)  il  ricorrente
era agli arresti domiciliari, con scadenza in data 24 marzo 2020.  Il
provvedimento precisava che alla scadenza della  data  del  24  marzo
2020 o  di  anticipata  liberazione  sarebbe  stato  sottoposto  alla
predetta misura di prevenzione. 
    Sempre in data 15 aprile 2016 veniva notificato il  provvedimento
con cui il Prefetto della Provincia di  Milano  disponeva  la  revoca
della patente di guida per sopravvenuta carenza dei requisiti morali,
ai sensi dell'art. 120 del codice della strada, in ragione della sola
irrogazione della misura di prevenzione. 
    In data 18 aprile 2019, ad esito del p.p. 12/2019 P.V.  (114/2015
R.G.M.P.), veniva revocata la misura di prevenzione. 
    L'interessato chiedeva quindi al Prefetto la  restituzione  della
patente. 
    La Prefettura di Milano, con atto protocollo n. 2019/2970 del  14
agosto 2019, respingeva la richiesta, ritenendo ormai  definitivo  il
provvedimento con il quale era stata revocata la patente di guida. 
    La  Prefettura  precisava  che  il  ricorrente   avrebbe   dovuto
«ottenere  un   nuovo   titolo   abilitativo   alla   guida   e,   in
quell'occasione, lo scrivente Ufficio sara' chiamato ad esprimere  il
proprio nulla osta ai sensi del comma  1  dell'art.  120  del  codice
della strada. In merito si informa  sin  d'ora  che,  alla  luce  del
dettato normativo dell'art. 120 del codice della  strada,  la  revoca
della misura di prevenzione non rappresenta elemento sufficiente  per
il conseguimento di una nuova patente di guida, rendendosi necessario
a tal fine ottenere idonea riabilitazione in sede penale ai sensi del
decreto legislativo n. 159/2011. Inoltre,  nonostante  le  evoluzioni
giurisprudenziali, il diniego del nulla osta nei confronti di  coloro
che sono o sono stati  sottoposti  a  misure  di  prevenzione  rimane
un'attivita'  vincolata   in   capo   allo   scrivente   Ufficio,   e
conseguentemente  non  possono  essere  oggetto  di  valutazione   la
situazione  personale,  familiare  o  lavorativa  in  cui  versano  i
soggetti interessati». 
    Sulla scorta di tale indicazione  in  data  14  ottobre  2019  il
ricorrente presentava istanza per il conseguimento della  patente  di
guida, essendo trascorso comunque un  triennio  dal  suo  ritiro,  ai
sensi dell'art. 120, comma 3 del codice della strada. 
    Superava la prova teorica, e si accingeva a  sostenere  la  prova
pratica quando, con il provvedimento  impugnato  con  il  ricorso  in
epigrafe, il Ministero delle infrastrutture  e  trasporti  -  Ufficio
della  motorizzazione  civile,  negava   il   rilascio   del   titolo
abilitativo alla guida, «stante  la  non  sussistenza  dei  requisiti
morali di cui all'art. 120, comma 1 del codice della strada». 
    2. Cio' posto, con l'atto introduttivo del giudizio il ricorrente
ha  impugnato  il  diniego  di  rilascio  della  patente  di   guida,
chiedendone l'annullamento previa tutela cautelare. 
    3. Si sono costituiti  in  giudizio  i  Ministeri  intimati,  con
memoria di mera forma e senza il deposito di documentazione alcuna. 
    4. Alla Camera di consiglio del 27 maggio 2020, tenutasi  con  le
modalita' previste dall'art. 84 del decreto-legge n. 18/2020 mediante
collegamenti da remoto, il Tribunale  ha  trattenuto  il  ricorso  in
decisione. 
    5. Il ricorso proposto  e'  affidato  ai  motivi  di  gravame  di
seguito sintetizzati: 
        I) violazione di legge, art. 120, comma l  del  codice  della
strada; eccesso di potere sotto il profilo della carente  motivazione
e  del  difetto  di  istruttoria:  la  censura  operata  dalla  Corte
costituzionale in relazione al comma 2 dell'art. 120 del codice della
strada quanto all'automatismo nella valutazione del Prefetto  sarebbe
«traslabile» anche in relazione alla fattispecie di cui  al  comma  1
della   medesima    disposizione,    attraverso    un'interpretazione
costituzionalmente orientata. Nessun automatismo potrebbe operare  in
relazione al  rilascio  della  patente.  Il  provvedimento  impugnato
sarebbe, di conseguenza, affetto da carenza di  motivazione,  laddove
richiama sic et simpliciter il disposto di cui al comma  1  dell'art.
120, senza alcuna autonoma valutazione da parte dell'Amministrazione; 
        II) violazione di legge, art. 120, comma 3 del  codice  della
strada in relazione ai commi l  e  2;  eccesso  di  potere  sotto  il
profilo della carente motivazione e del difetto  di  istruttoria:  il
terzo comma dell'art. 120 del codice della  strada  dispone  che  «La
persona destinataria del provvedimento di revoca di cui  al  comma  2
non puo' conseguire una  nuova  patente  di  guida  prima  che  siano
trascorsi almeno tre  anni».  Una  volta  trascorsi  tre  anni  dalla
revoca, l'esistenza di un precedente ostativo, quanto meno se ad essa
precedente, non dovrebbe avere alcun effetto sulla nuova  concessione
del  titolo.  La  norma  dovrebbe  essere  letta  anche   alla   luce
dell'ultimo periodo  del  comma  2  dello  stesso  articolo,  laddove
dispone che «La revoca non puo' essere  disposta  se  sono  trascorsi
piu'  di  tre  anni  dalla  data  di  applicazione  delle  misure  di
prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di
condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1». 
    6. Il Collegio ritiene che il secondo mezzo di  gravame  non  sia
fondato. 
    La disposizione di cui all'art. 120, comma  3  del  codice  della
strada pone una  sorta  di  condizione  temporale  di  procedibilita'
all'ottenimento di una nuova licenza di  guida.  Aggiunge,  in  altri
termini, un ulteriore requisito  necessario  all'ottenimento  di  una
nuova patente, ma non  incide  sui  requisiti  morali  necessari  per
conseguire la patente, indicati al comma 1, che si applicano a  tutti
coloro che intendono conseguire la patente di guida, e quindi anche a
coloro che l'hanno avuta revocata. 
    Il decorso del termine di tre anni dalla revoca della patente non
e' quindi condizione sufficiente per  ottenere  il  rilascio  di  una
nuova patente. 
    7. Il punto centrale ai fini della decisione  della  controversia
e' lo scrutinio del primo mezzo di gravame. 
    8. L'art. 120 del decreto legislativo  30  aprile  1992,  n.  285
(codice della strada), rubricato «Requisiti morali  per  ottenere  il
rilascio dei titoli abilitativi di cui all'art.  116»,  al  comma  1,
primo periodo, dispone che «1. Non possono conseguire la  patente  di
guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza  e  coloro
che sono o sono stati sottoposti a misure di  sicurezza  personali  o
alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956,  n.
1423, ad eccezione di quella di cui all'art.  2,  e  della  legge  31
maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati  di  cui  agli
articoli 73 e 74 del testo unico di cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti  dei
provvedimenti  riabilitativi,  nonche'  i  soggetti  destinatari  dei
divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma
1, lettera f)  del  medesimo  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la  durata  dei
predetti divieti.». 
    Al secondo comma detto articolo prevede che «... se le condizioni
soggettive indicate  al  primo  periodo  del  comma  1  del  presente
articolo intervengono in data successiva  al  rilascio,  il  Prefetto
provvede alla revoca della patente di guida». 
    8.1. Con sentenza 9 febbraio 2018, n. 22, la Corte costituzionale
ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  del  secondo  comma
dell'art. 120, in relazione  all'art.  3  della  Costituzione,  nella
parte in cui, con riferimento all'ipotesi di condanna per i reati  di
cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309 del 1990, intervenuta in data successiva a quella del rilascio
della patente di guida, dispone che il Prefetto «provvede»  in  luogo
di «puo' provvedere» alla revoca della patente di guida. 
    8.2. Con analoga sentenza del 20 febbraio 2020, n. 24,  la  Corte
costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  del
secondo comma  dell'art.  120,  per  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione, anche per l'ipotesi di revoca  della  patente  disposta
nei confronti di coloro che, successivamente  al  relativo  rilascio,
sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali. 
    8.3. Da ultimo con la sentenza 27 maggio 2020, n. 99, la Corte ha
dichiarato  l'illegittimita'   costituzionale   del   secondo   comma
dell'art. 120, per contrasto con l'art. 3 della  Costituzione,  anche
per l'ipotesi di revoca  della  patente  disposta  nei  confronti  di
coloro che, successivamente al rilascio della  stessa,  sono  o  sono
stati sottoposti  a  misure  di  prevenzione  ai  sensi  del  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 159. 
    9. Il  ricorrente  ha  richiamato  diffusamente  le  sentenze  n.
22/2018 e n. 24/2020, invocando un'interpretazione costituzionalmente
orientata del comma 1 dell'art. 120 del  codice  della  strada,  alla
luce dei principi ivi affermati, e deducendo come  non  irragionevole
«ritenere  che  incorra  nelle   medesime   ragioni   di   dichiarata
incostituzionalita' di cui al secondo comma,  anche  il  primo  comma
dell'art. 120 del codice della strada» (cfr. pag.  8  del  ricorso  e
nello stesso senso pag. 17). 
    10. Si  e'  detto  che  le  richiamate  sentenze,  come  pure  la
recentissima n. 99/2020  (intervenuta  in  pendenza  del  ricorso  in
epigrafe), riguardano il comma  2  dell'art.  120  del  codice  della
strada. 
    10.1.  Il  Collegio  ritiene  non  possibile  percorrere  la  via
dell'interpretazione conforme dell'art. 120,  comma  1,  in  base  ai
principi enunciati dal Giudice delle leggi  (in  particolare  con  la
sentenza della Corte 27 maggio  2020,  n.  99,  su  cui  si  tornera'
infra). 
    Se e' vero che il giudice, prima di  sollevare  la  questione  di
legittimita'   costituzionale,   ha   l'obbligo   di   vagliare    la
percorribilita'  di  tutte  le  ipotesi  ermeneutiche   astrattamente
possibili per attribuire alla norma un significato non  incompatibile
con i principi costituzionali, e' altrettanto vero che  tale  obbligo
incontra pur sempre il  limite  della  formulazione  letterale  della
disposizione sospettata di incostituzionalita'. 
    D'altro canto la stessa Corte costituzionale, nelle  sentenze  n.
22/2018, n. 24/2020 e n. 99/2020, non ha esercitato i poteri previsti
dall'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il quale, in deroga al
principio della corrispondenza  tra  il  chiesto  e  il  pronunciato,
consente  di  dichiarare  l'illegittimita'  c.d.  consequenziale   di
disposizioni legislative che, pur non essendo oggetto del giudizio di
legittimita' costituzionale, derivano la  propria  illegittimita'  da
quella della disposizione impugnata. 
    A fortiori  questo  Tribunale  ritiene  di  non  poter  dare  una
interpretazione diversa da quella letterale al comma 1 dell'art.  120
del codice della strada. 
    11. Tuttavia, ad avviso del Collegio,  sussistono  i  presupposti
per dubitare della legittimita' costituzionale della norma in esame. 
    11.1. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Come sopra osservato, la pretesa azionata dal ricorrente non puo'
che essere esaminata in riferimento alla disposizione censurata  che,
cosi' come e' formulata, attribuisce al Prefetto un potere vincolato.
Non sarebbe quindi possibile per il ricorrente conseguire la  patente
di guida, non possedendo i  requisiti  morali  indicati  dalla  norma
stessa, e dovendo l'autorita' pubblica  applicar  automaticamente  la
disposizione medesima. 
    L'Amministrazione infatti, nel caso di specie,  si  e'  limitata,
appunto, a fare applicazione automatica della norma in vigore che non
si   presta,   anche   secondo   il   c.d.   diritto   vivente,    ad
un'interpretazione diversa da quella letterale. 
    Pertanto  si  rende  necessario   sollevare   la   questione   di
legittimita'   costituzionale   il    cui    accoglimento    soltanto
consentirebbe  al  giudice  adito  di  annullare   il   provvedimento
impugnato. 
    Il Collegio non ignora l'orientamento  giurisprudenziale  secondo
il quale l'esercizio del potere amministrativo di cui  all'art.  120,
comma 1 del codice della strada  avrebbe  carattere  vincolato  e  la
posizione  del  privato  sarebbe  quindi   di   diritto   soggettivo,
radicandosi  pertanto  la   giurisdizione   del   giudice   ordinario
(Cassazione SS.UU. ordinanze 13 dicembre 2019, n. 32977 e n. 32978, e
16 dicembre 2019, n. 33090; idem sentenze 14 maggio 2014, n. 10406, e
6 febbraio 2006, recepite da Consiglio di Stato, sez. III,  6  giugno
2016, n. 2413, e sez. V, 29 agosto 2016, n. 3712). 
    Tuttavia il Collegio ritiene che tale orientamento  debba  essere
rivisitato proprio alla  luce  delle  recenti  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 24/2020 e n. 99/2020, laddove si esclude che «nella
specie la giurisdizione del giudice  amministrativo  possa  ritenersi
ictu  oculi   manifestamente   insussistente»,   sulla   base   della
qualificazione della posizione giuridica del privato e del  carattere
del potere pubblico esercitato, ridondando quindi, in ultima analisi,
in termini di giurisdizione. 
    11.2. Sulla non manifesta infondatezza della questione. 
    Il  Collegio  ritiene  di  sottoporre  al  vaglio   della   Corte
costituzionale la disposizione di  cui  all'art.  120,  comma  1  del
codice della strada nella parte in cui, disponendo che  «Non  possono
conseguire la patente di  guida...  coloro  che  sono  o  sono  stati
sottoposti alle  misure  di  prevenzione»  previste  dalla  legge  27
dicembre 1956, n. 1423, oggi da intendersi come previste dal  decreto
legislativo  n.  159/2011,  impone  un  automatismo  e  non  consente
all'autorita' pubblica una valutazione discrezionale e in concreto. 
    12. Ad avviso di questo  giudice  la  questione  di  legittimita'
costituzionale va posta in relazione agli articoli  3,  4,  16  e  35
della Costituzione. 
    13. Va ricordato che con la sentenza 27 maggio 2020,  n.  99,  la
Corte costituzionale ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 120, comma 2  del  codice  della  strada  (come  sostituito
dall'art. 3, comma 52, lettera a) della legge 15 luglio 2009, n.  94,
e come modificato dall'art. 19, comma 2, lettere a) e b) della  legge
29 luglio 2010, n. 120 e dall'art. 8, comma 1, lettera b) del decreto
legislativo 18 aprile 2011, n. 59), nella parte in cui dispone che il
Prefetto «provvede» - invece che  «puo'  provvedere»  -  alla  revoca
della patente di guida nei confronti dei soggetti  che  sono  o  sono
stati sottoposti  a  misure  di  prevenzione  ai  sensi  del  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 159. 
    13.1. Con la predetta sentenza n. 99/2020 la Corte costituzionale
ha  censurato  in  termini  di  irragionevolezza  il  meccanismo  che
riconnette automaticamente la revoca della patente a coloro che siano
o siano stati sottoposti a  misure  di  prevenzione,  senza  che  sia
consentito all'Amministrazione operare un bilanciamento con ulteriori
elementi di valutazione che possano emergere in concreto. 
    14. Posti tali principi, il Collegio ritiene che anche il comma 1
dell'art.  120  del  codice  della  strada  ugualmente  si  ponga  in
contrasto con l'art. 3 della Costituzione,  nella  parte  in  cui  la
sottoposizione a misure di prevenzione costituisca automaticamente un
presupposto ostativo al rilascio della patente. 
    Il contrasto con l'art. 3  della  Costituzione  appare  evidente,
sotto il profilo del principio  di  uguaglianza,  in  relazione  alla
diversa disciplina delineata dal secondo comma del medesimo  articolo
a seguito della sentenza della Corte costituzionale 27  maggio  2020,
n. 99. 
    La differenza di trattamento venutasi a  determinare  all'interno
del medesimo articolo di legge, originariamente formulato in  maniera
unitaria mediante l'utilizzo della tecnica del rinvio  agli  elementi
oggettivi  della  fattispecie  contemplata  dal   primo   comma   per
estenderne gli effetti ostativi alla  diversa  fattispecie  delineata
dal secondo comma, non appare giustificata  a  fronte  di  situazioni
omogenee,    connotate    dal    medesimo    presupposto    oggettivo
(l'applicazione delle misure di prevenzione), e  dunque  partecipanti
di una medesima ratio. 
    Appare evidente la disparita'  di  trattamento  che  si  viene  a
creare a seconda che la sottoposizione  alle  misure  di  prevenzione
avvenga prima o dopo il rilascio del titolo abilitativo alla guida. 
    14.1. Sotto altro ma concorrente profilo l'esercizio  del  potere
in sede di rilascio e in  sede  di  revoca  della  patente  di  guida
risponde alla tutela del medesimo interesse pubblico,  ovvero  quello
della  sicurezza  stradale,  degradando  ad  interesse  legittimo  la
posizione giuridica del privato, necessariamente, sia in un caso  che
nell'altro. 
    Ne consegue che anche il  comma  1  deve  ritenersi  affetto  dai
medesimi vizi di incostituzionalita',  laddove  la  norma  non  venga
interpretata nel senso di attribuire all'autorita' pubblica non  gia'
un potere con carattere automatico  e  vincolato,  bensi'  pienamente
discrezionale a fronte della specifica misura di prevenzione cui  nel
caso concreto e' sottoposto il soggetto istante,  come  discrezionale
deve intendersi il potere esercitato in sede di revoca,  per  effetto
dell'intervento della Corte n. 99/2020. 
    14.2. Tale sentenza ha rilevato che le categorie dei  destinatari
delle misure di prevenzione sono variegate ed  eterogenee,  al  punto
che non e' agevole identificarne un denominatore comune. 
    La diversita' delle fattispecie di cui al decreto legislativo  n.
159/2011, che rilevano come indice di pericolosita'  sociale,  impone
che l'autorita' pubblica, anche in sede di rilascio della patente  di
guida, oltre che di revoca  del  titolo,  operi  una  valutazione  in
concreto. 
    La circostanza che la misura di prevenzione sia intervenuta in un
momento  anteriore  o  successivo  al  rilascio  della  patente  deve
considerarsi  un  fatto  neutro   rispetto   alla   sicurezza   della
circolazione stradale, che rappresenta l'interesse primario  tutelato
dalla norma sospettata di illegittimita' costituzionale. 
    15. L'art. 120, comma l del codice della strada si pone  altresi'
in contrasto con gli articoli 4,  16  e  35  della  Costituzione,  in
quanto,  nel  prevedere  l'attribuzione  al  Prefetto  di  un  potere
vincolato ridonda in termini di sproporzionalita' e  irragionevolezza
incidenti sulla liberta' personale, sul diritto  al  lavoro  e  sulla
liberta' di circolazione. 
    Con riferimento alle misure di prevenzione,  condividendo  quanto
rilevato dal TAR Marche con l'ordinanza di rimessione 27 maggio 2019,
n. 356, va aggiunto che: 
        «l'autorita' giudiziaria  che  dispone  l'applicazione  della
sorveglianza speciale di P.S. e' tenuta, ai  sensi  dell'art.  8  del
citato  decreto  legislativo,  a  stabilire  le  prescrizioni  a  cui
l'interessato deve attenersi per tutto il periodo di efficacia  della
misura»; 
        «tali prescrizioni, tuttavia, non possono avere l'effetto  di
inibire all'interessato la possibilita' di  vivere  una  vita  quanto
piu' possibile normale (anche se  vengono  notevolmente  limitate  la
liberta' di spostamento e la  liberta'  di  frequentazione  di  altre
persone) e, soprattutto, non debbono impedirgli di svolgere attivita'
lavorativa lecita. Questo secondo profilo  emerge  sia  dall'art.  8,
comma  3,  laddove  si  prevede  addirittura  che  il  Tribunale   in
determinati casi "ordini" all'interessato di darsi alla ricerca di un
lavoro, sia, a livello piu'  generale,  dall'art.  67,  comma  5  del
decreto legislativo n. 159/2011  (laddove  si  prevede  che  "Per  le
licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative
alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri  provvedimenti  di
cui al comma 1  le  decadenze  e  i  divieti  previsti  dal  presente
articolo possono essere esclusi dal  giudice  nel  caso  in  cui  per
effetto degli stessi verrebbero a mancare i  mezzi  di  sostentamento
all'interessato e alla famiglia")». 
    Ora, e' evidente che il diniego  automatico  del  rilascio  della
patente  di  guida  in  presenza  della  sottoposizione,  presente  o
passata,  ad  una  misura   di   prevenzione   impedisce   di   fatto
all'interessato  di  svolgere  con  maggiore   agio   una   attivita'
lavorativa lecita per tutto il periodo in cui egli e' sottoposto alla
sorveglianza speciale (il che rende la misura ancora piu' gravosa  di
quanto abbia inteso configurarla il giudice penale). 
    A fronte di  quanto  sopra  rilevato,  di  contro,  il  carattere
discrezionale del provvedimento prefettizio, come sottolineato  dalla
Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.  99/2020,  evita  di   non
contraddire l'eventuale finalita' della  misura  di  prevenzione  «di
inserimento del soggetto nel  circuito  lavorativo»,  che  la  misura
stessa si propone. 
    16. In conclusione questo Tribunale ritiene che l'art. 120, comma
1 del codice della  strada  sia  costituzionalmente  illegittimo  per
violazione degli articoli 3, 4, 16 e 35 della  Costituzione  laddove,
nel disporre che «non possono conseguire la patente di  guida  coloro
che sono  o  sono  stati  sottoposti  alle  misure  di  prevenzione»,
attribuisce al  Prefetto  un  potere  automatico  e  vincolato,  come
risulta  dal  tenore  letterale  della  disposizione  e  dal  diritto
vivente, senza consentire  all'autorita'  amministrativa  margini  di
esercizio della discrezionalita' in relazione alle peculiarita' delle
singole fattispecie al suo esame. 
    Ai sensi dell'art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953, n.  87,
deve   pertanto   essere   sollevata   questione   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 120, comma  1  del  decreto  legislativo  30
aprile 1992, n. 285,  secondo  i  profili  e  per  le  ragioni  sopra
indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  della  decisione  della
Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli
79 ed 80 del c.p.a. e art. 295 del c.p.c. 
    17. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito  e
sulle spese. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per la  Lombardia,  Sezione
Prima, ritenuta la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma  1  del
decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285,  per  violazione  degli
articoli 3, 4, 16 e 35 della Costituzione, dispone la sospensione del
giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Rinvia ogni definitiva statuizione nel merito e  sulle  spese  di
lite all'esito del giudizio incidentale ai sensi degli articoli 79 ed
80 del c.p.a. 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei deputati. 
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi l
e 2 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,  e  dell'art.  10
del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del  Consiglio
del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignita' della parte
interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle
generalita' nonche' di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il
ricorrente. 
    Cosi' deciso in Milano nella Camera di consiglio  del  giorno  27
maggio 2020 con l'intervento dei magistrati: 
        Domenico Giordano, Presidente; 
        Mauro Gatti, consigliere; 
        Valentina Santina Mameli, consigliere, estensore. 
 
                       Il Presidente: Giordano 
 
 
                                                  L'estensore: Mameli