N. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 maggio 2020

Ordinanza del 27 maggio 2020 della Corte d'appello  di  Cagliari  nel
procedimento civile promosso da INAIL c/M. A. quale erede di P. G.. 
 
Infortuni  sul  lavoro  e  malattie   professionali   -   Prestazioni
  economiche da  inabilita'  permanente  -  Menomazioni  preesistenti
  all'entrata in vigore del decreto ministeriale previsto  dal  comma
  3, dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000  e  gia'  indennizzate  -
  Previsione che la valutazione del grado di menomazione  conseguente
  a un nuovo infortunio o a una nuova malattia professionale  avviene
  senza tenere conto delle preesistenze - Mantenimento dell'eventuale
  rendita  corrisposta  in  conseguenza  di  infortuni   o   malattie
  professionali  verificatisi  o  denunciati  prima  dell'entrata  in
  vigore del citato decreto ministeriale. 
- Decreto legislativo  23  febbraio  2000,  n.  38  (Disposizioni  in
  materia di assicurazione contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e  le
  malattie professionali, a norma dell'art. 55, comma 1, della  legge
  17 maggio 1999, n. 144), art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo. 
(GU n.40 del 30-9-2020 )
 
                   LA CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI 
                           sezione civile 
 
    In funzione di Giudice del lavoro, composta dai magistrati: 
        dott. Alfonso Nurcis, Presidente; 
        dott. Angelo Lucio Caredda, consigliere relatore; 
        dott. Paola Mazzeo, consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  di  previdenza
iscritta al n. 206 di RACL dell'anno  2017,  proposta  da  INAIL,  in
persona  del  direttore  regionale  per  la  Sardegna,  elettivamente
domiciliato in Cagliari, via Nuoro n. 50, rappresentato e  difeso  in
virtu' di procura  generale  alle  liti  dall'avv.  Daniela  Cabiddu,
appellante-appellato incidentale; 
    contro M. A., nata il ... a  ...  ed  ivi  residente  in  ...  ed
elettivamente domiciliata in Cagliari in via Logudoro n.  35,  presso
gli avv.ti Valeria Atzeri, Claudia Atzeri e Giovanni Pruneddu che  la
rappresentano per delega in calce alla memoria di costituzione, quale
erede di P. G., nato il .. e deceduto  il  ...,  appellato-appellante
incidentale. 
 
                      svolgimento del processo 
 
    Lo svolgimento viene riportato nei limiti di quanto  devoluto  al
Giudice di II grado ex art. 346  codice  di  procedura  civile  e  56
decreto legislativo n. 546-1992. 
    Con ricorso al Tribunale di Cagliari in funzione di  giudice  del
lavoro, il ricorrente ha  esposto  di  aver  contratto  la  asbestosi
polmonare e di aver  infruttuosamente  agito  in  via  amministrativa
presso l'Istituto convenuto onde  ottenere  il  riconoscimento  delle
provvidenze di legge, poiche' era stato riconosciuto un danno del 4%.
Ha quindi chiesto accertarsi il suo diritto al riconoscimento  di  un
indennizzo correlato al danno biologico  determinato  dalla  predetta
tecnopatia, ed ha fatto  presente  di  essere  gia'  indennizzato  in
rendita per BPCO ex testo unico 1124-1965 nella misura del 85%. 
    Fissata l'udienza di  discussione,  l'Istituto  convenuto  si  e'
ritualmente costituito in  giudizio  contestando  la  fondatezza  del
ricorso. In particolare ha confermato che il ricorrente era  titolare
di una rendita costituita ai sensi del testo unico  n.  1124/1965  in
ragione del 85 % per broncopneumopatia di origine professionale e che
il  danno  conseguente  alla  asbestosi  era  valutato  congruamente,
poiche' il grave  danno  respiratorio  era  gia'  indennizzato  dalla
rendita per BPCO, costituita in regime di testo unico. 
    La  causa,  istruita  con  produzioni  documentali  e  consulenza
tecnica d'ufficio e' stata decisa con sentenza n. 590  del  7  aprile
2017, che ha riconosciuto al ricorrente: 
        «... la rendita di cui all'art. 13  lettera  a)  del  decreto
legislativo n. 38/2000 per asbestosi pleurica e polmonare,  associata
a cuore polmonare cronico, fibrillazione atriale cronica, e bronchite
asmatiforme, commiserata ad un danno biologico del 75% con decorrenza
dalla domanda amministrativa,  detraendo  dai  singoli  ratei  quelli
della rendita gia' in godimento per la broncopneumopatia cronica.» 
    Il Tribunale ha deciso aderendo alle  conclusioni  del  CTU,  che
aveva anche rilevato come il danno da bronchite  cronica  asmatiforme
non potesse essere scisso dal danno da asbestosi e che, pertanto, gli
stessi non potessero essere scissi, sia sotto il profilo medico,  che
medico-legale. 
    A  seguito  di  cio',  prendendo  atto  dell'esistenza   di   una
duplicazione della valutazione del danno, ha disposto  la  detrazione
dai ratei della nuova prestazione di quelli  che  venivano  percepiti
per  la  rendita  gia'  in  godimento,  aderendo  con  cio'   ad   un
orientamento di questa Corte d'appello al riguardo. 
    Propone appello l'INAIL, prospettando  un'errata  interpretazione
della disposizione dell'art. 13,  6°  comma  decreto  legislativo  n.
38-2000 e affermando  che  la  valutazione  autonoma  dell'asbestosi,
rispetto   alla   precedente   broncopneumopatia,   comportava    una
duplicazione  del  danno  e  che  l'unico  modo  per   evitare   tale
duplicazione era quello di fare riferimento  al  concetto  di  «danno
d'apparato»  e  ritenere  indennizzabile  solo  un  «maggior   danno»
riconducibile alla nuova tecnopatia. 
    Si costituisce in giudizio originariamente l'appellato,  ed  oggi
l'erede  M.  A.  contestando  le  affermazioni   e   sostenendo   che
l'interpretazione da dare all'art. 13, 6° comma di  cui  sopra  fosse
quella che la nuova malattia (asbestosi) andasse valutata senza tener
conto delle preesistenze, secondo la lettera  della  legge  e  quanto
gia' affermato dalla Suprema Corte  con  la  sentenza  n.  6048-2018.
Propone percio'  appello  incidentale,  chiedendo  la  riforma  della
sentenza nella parte in cui disponeva la  detrazione,  a  livello  di
importo economico, dei ratei della precedente prestazione  da  quelli
della nuova, sostenendo percio' che spettassero entrambi per intero. 
    Resiste l'INAIL ribadendo la propria posizione. 
    La controversia e' stata istruita con  produzioni  documentali  e
chiarimenti richiesti al CTU del  primo  grado.  Il  procedimento  e'
proseguito con trattazione scritta ex art. 83, comma VII, lettera  h)
decreto-legge  n.  18/2020,  convertito  in  legge  n.  27/2020,   ed
all'udienza del 20 maggio 2020, e' stata riservata la decisione, dopo
la precisazione delle seguenti 
 
                             conclusioni 
 
    Per l'appellante, appellato incidentale: 
        1. In riforma della sentenza impugnata, dichiarare che P.  G.
e' affetto da asbestosi polmonare valutabile nella misura  del  7%  e
condannare  l'INAIL  alla  liquidazione  dell'indennizzo  del   danno
biologico nella misura corrispondente. 
        2. Spese secondo legge per i due gradi di giudizio. 
    Per l'appellato, appellante incidentale: 
        1. Respinga l'appello interposto dall'INAIL. 
        2. Condanni l'INAIL  al  pagamento  delle  spese  legali  del
presente giudizio disponendone la distrazione a favore dei  difensori
anticipatari. 
        3. In  accoglimento  dell'appello  indicentale,  in  parziale
riforma dell'appellata sentenza: 
          4. dichiari tenuto  l'INAIL  a  liquidare  l'indennizzo  in
rendita per asbestosi e malattie associate  cardiocircolatorie  nella
misura del 75%, riconosciuta nel vigore del nuovo  regime,  a  favore
del sig. P. G.  in  aggiunta  alla  rendita  gia'  in  godimento  per
broncopneumopatia ex testo unico, con  decorrenza  dalla  data  della
domanda amministrativa, e per l'effetto lo condanni al  pagamento,  a
favore degli eredi dei ratei maturati e scaduti, fino alla  data  del
decesso, maggiorati degli interessi legali e rivalutazione  monetaria
nei limiti di legge. 
        5. 4) Confermi nell'altro l'impugnata sentenza. 
        6. 5) Ai sensi dell'art. 152 disposizioni di  attuazione  del
codice di procedura civile si  dichiara  che  il  reddito  imponibile
dell'appellato, ai fini dell'imposta personale sul reddito risultante
dall'ultima dichiarazione, non e' superiore a euro 22.987,64 come  da
dichiarazione sostitutiva di certificazione agli atti e, pertanto, in
caso di reiezione della domanda si chiede  che  le  spese  Respingere
l'appello proposto dall'INAIL 
 
                       motivi della decisione 
 
Ricostruzione in fatto: 
    A seguito della richiesta  di  chiarimenti  formulata  da  questa
Corte il consulente tecnico in primo grado ha ribadito e precisato: 
        «Il giorno 19 giugno 2019 io sottoscritto prof.  M.  P.  sono
stato convocato  dall'Ill.mo  Presidente  della  Corte  d'appello  di
Cagliari, Sezione  del  lavoro,  dott.  Alfonso  Nurcis,  che  mi  ha
conferito il seguente incarico: il  C.T.U.  fornisca  chiarimenti  in
relazione alla consulenza, precisando: 
          1. - la data di verosimile insorgenza dell'asbestosi; 
          2. - se  la  bronco  pneumopatia  per  cui  l'appellato  e'
indennizzato INAIL sia stata  correttamente  diagnosticata  o  se  si
trattasse sin dall'origine dell'asbestosi; 
          3. - se tutti i danni valutati  con  riguardo  alla  bronco
pneumopatia siano stati valutati anche per  l'asbestosi,  con  totale
duplicazione della valutazione... 
          ... 
    1) Data di verosimile insorgenza dell'asbestosi. 
    ... Per rispondere al  quesito  posto  dall'Ecc.ma  Corte,  sulla
scorta delle considerazioni e dei riscontri obiettivi disponibili, si
puo'  prospettare  che  la  data  di  insorgenza  dell'asbestosi  sia
collocabile in un periodo di qualche anno (l-5 anni) prima  dell'anno
2010. Tale evenienza sarebbe in linea con i  dati  anamnestici  sulla
durata dell'esposizione al rischio  "amianto"  -  che  daterebbe  dal
1964, e che si protrasse sino ai primi anni '90  -  e  le  conoscenze
scientifiche circa il tempo di latenza tra esposizione al  rischio  e
insorgenza della malattia. 
    2) Se la bronco pneumopatia per cui l'appellato  e'  indennizzato
dall'INAIL, sia stata correttamente diagnosticata o se  si  trattasse
sin dall'origine di asbestosi. 
    La "bronco pneumopatia professionale" - per la quale il signor P.
e' indennizzato INAIL in regime di testo unico,  era  stata  definita
sin dal 1987 dallo  stesso  istituto  assicuratore  quale  "bronchite
cronica  asmatiforme  da  inalazione  di  gas  e  vapori  irritanti",
derivante dall'esercizio della professione di  saldatore  industriale
che il signor P. G. pratico' ininterrottamente dal 1963 al  2001.  Si
trattava, quindi, di una patologia professionale insorta in  operario
specializzato saldatore  industriale,  molto  ben  qualificata  sotto
tutti  profili:   anamnestico-lavorativo,   clinico,   funzionale   e
radiologico toracico. Tale diagnosi doveva e deve ancor  oggi  essere
confermata con criterio di certezza. In  conclusione  devesi,  sempre
con  criterio   di   certezza,   escludere   che   la   diagnosi   di
broncopneumopatia professionale possa  essere  stata  scambiata,  nel
passato,  per  una  asbestosi  solo  successivamente   diagnosticata.
Infatti, oltre alla certezza  che  il  signor  P.  fosse  affetto  da
"bronchite  cronica  asmatiforme  da  inalazione  di  gas  e   vapori
irritanti"  sin  dal  1987,   possiamo,   con   criterio   di   tutta
verosimiglianza  ritenere,  per  i  motivi  estesamente  esposti  nel
capitolo precedente, che l'asbestosi sia insorta in  epoca  ben  piu'
recente rispetto a quel lontano 1987: non  prima,  come  si  e'  gia'
chiarito, del 2005. 
    3) Se tutti i danni valutati con riguardo alla bronco pneumopatia
siano stati valutati anche per l'asbestosi, con  totale  duplicazione
della valutazione. 
    Nell'anteriore relazione di CTU, a proposito  del  terzo  quesito
proposto dall'Ecc.ma Corte, cosi' mi ero espresso:  Sulla  scorta  di
quanto sopra riferito appare del tutto logico confermare la  diagnosi
di  asbestosi,  che,  pero',  a  differenza   di   quanto   sostenuto
dall'INAIL, non puo' essere definita  semplicemente  come  "asbestosi
pleurica",  ma  deve  piu'  correttamente  essere  classificata  come
asbestosi pleurica e polmonare. 
    Infatti, la sola dimostrabilita'  di  un  corpuscolo  di  asbesto
nell'espettorato  sta  significare,  senza  possibilita'  di  diversa
interpretazione, che le fibre di amianto inalate  dal  P.,  in  tanti
anni di lavoro rischioso, si sono accumulate all'interno del  tessuto
polmonare e tuttora producono le reazioni tipiche di difesa d'organo,
rappresentate dalla attivita' di  contrasto  immunitario  svolte  dai
macrofagi bronchiolo-alveolari, che producono i  classici  corpuscoli
di asbesto. 
    Peraltro, minimizzare il quadro  asbestosico  alle  sole  placche
pleuriche, come se i polmoni fossero indenni da ogni insulto  esogeno
da parte dell'amianto, non ha senso, in quanto le fibre  di  amianto,
per poter produrre le placche pleuriche non possono che  attraversare
bronchioli ed alveoli nei quali non e' immaginabile che  non  rimanga
alcuna traccia di danno anatomico. Il coinvolgimento  del  parenchima
polmonare  e'  anche  dimostrato  dalla  esistenza  di   un   deficit
ventilatorio di tipo prevalentemente  "restrittivo"  (FVC  59%,  FEV1
49%, TLC 76%) con consensuale riduzione del transfert  del  CO  (DLCO
46%). 
    Circa il danno biologico, cosi  proseguivo  nella  mia  anteriore
relazione: Dovendo procedere alla  valutazione  del  danno  biologico
derivante dalla asbestosi, a parere  dello  scrivente  CTU,  si  deve
tener conto dei seguenti elementi: - danno anatomico derivante  dalle
placche pleuriche  e  da  un  nodulo  polmonare,  pari  ad  un  danno
biologico del 5% - danno funzionale, calcolato sul parametro  trovato
maggiormente compromesso, il  DLCO  (meno  54%),  pari  ad  un  danno
biologico   del   43%   -   l'associato   danno   cardiocircolatorio,
rappresentato da un cuore polmonare cronico in fibrillazione  atriale
cronica (riconducibile  alla  classe  II  NYHA),  pari  ad  un  danno
biologico del 30%. Il conseguente danno  biologico  complessivo  puo'
essere indicato pari al 75%. 
    Quanto sostenuto dall'INAIL a proposito  del  calcolo  del  danno
biologico da asbestosi non  puo'  essere  condiviso  in  questa  sede
peritale, per i seguenti motivi. - Il danno anatomico non puo' essere
limitato al danno da placche pleuriche  ma  deve  essere  considerato
anche come danno polmonare per i motivi sopra riportatati. - Il danno
funzionale non puo' essere ascritto alla sola  bronchite  asmatiforme
gia' indennizzata in regime di testo unico, per gli stessi motivi (il
danno  funzionale  e'  prevalentemente  restrittivo  e  la  riduzione
patologica del DLCO sta ad  indicare  la  esistenza  di  un  danno  a
livello di membrana alveolo-capillare, che non puo' essere attribuito
alla ostruzione bronchiale  dovuta  alla  bronchite  asmatiforme,  ma
piuttosto   ad   un   danno   polmonare    interstiziopatico,    piu'
verosimilmente da attribuire alla asbestosi). 
    - Il danno derivante dalla bronchite asmatiforme non puo'  essere
scisso dal danno da asbestosi in quanto le alterazioni  anatomiche  e
funzionati delle due malattie sono tra loro intrecciate e concatenate
e quindi non separabili sia sotto il profilo strettamente medico  che
sotto quello assicurativo o medico-legale. - In ogni caso,  la  legge
prescrive  che  nella  silicosi  e  nella  asbestosi  debbano  essere
valutate, ai fini dell'indennizzo,  anche  le  patologie  "associate"
dell'apparato cardiovascolare e respiratorio.» 
    Da  tutto   quanto   sopra   riferito,   derivano   le   seguenti
considerazioni, da ritenersi accertate in questa sede giudiziale: 
        1)  l'asbestosi  attualmente   manifestatasi   e'   patologia
professionale nuova, che si e' instaurata in soggetto gia'  da  molti
anni  affetto  da  un'altra  patologia  respiratoria   professionale,
rappresentata da bronchite cronica asmatiforme da inalazione di gas e
vapori irritanti; 
        2)   la   seconda   malattia   professionale    dell'apparato
respiratorio, l'asbestosi pleurica e polmonare, incide a  sua  volta,
sia  sotto  il  profilo  anatomico  che  sotto  l'aspetto  funzionale
respiratorio, sullo stesso organo o  apparato  (quello  respiratorio)
che e' gia' gravato da altra patologia professionale preesistente; 
        3)  l'attuale  valutazione  del  danno  biologico   derivante
dall'asbestosi comprende a) il danno  anatomico  propriamente  dovuto
all'asbestosi (le placche pleuriche ed i  noduli  polmonari),  b)  il
danno funzionale respiratorio che non e' in alcun modo scindibile dal
danno  preesistente  dovuto  alla   bronchite   cronica   asmatiforme
professionale, c)  il  danno  cardiaco  associato  alla  asbestosi  e
provocato  sia  dalla   asbestosi   che   dalla   bronchite   cronica
asmatiforme; 
        4) il danno  funzionale  respiratorio  derivante  dalla  sola
bronchite  cronica  asmatiforme,  gia'  riconosciuto  in  termini  di
riduzione della capacita' lavorativa secondo le regole stabilite  dal
testo unico, non puo' in alcun modo  essere  scisso  e  separatamente
quantificato   dal   danno   funzionale   respiratorio    attualmente
riscontrato, il quale ultimo deriva sia dalla bronchite  cronica  che
dall'asbestosi.» 
    In termini di certezza, pertanto, anche a seguito dei chiarimenti
resi, il defunto P. G. era in  vita  afflitto  da  due  malattie  qui
rilevanti: una  broncopneumopatia  cronico  ostruttiva  (BPCO),  gia'
costituita in precedenza, in base alla  disciplina  del  testo  unico
1124-1965 nella misura del 85%, ed una asbestosi, la  cui  insorgenza
puo' essere collocata dal 2005 in poi,  che  ha  dato  luogo  ad  una
ulteriore rendita al 75% concessa in base alle previsioni del decreto
legislativo n. 38-2000. 
    Si tratta  di  due  patologie  distinte,  pur  se  influenti  sul
medesimo apparato, i cui effetti, in termini di  danno,  non  possono
essere scissi e separatamente quantificati, ne' dal  punto  di  vista
medico, ne' medico-legale, aderendo alle conclusioni del CTU,  esenti
da censure di ordine logico o metodologico. 
Quadro normativo. 
    La fattispecie e' disciplinata dalla disposizione  dell'art.  13,
6° comma decreto legislativo n. 38-2000,  il  quale  ha  innovato  il
sistema  delle  prestazioni  erogabili  dall'INAIL  sostituendo,  per
quanto qui rileva, il sistema di valutazione medico-legale del danno.
Nel sistema del T.U. 1124-1965, infatti, si teneva  conto  del  danno
che gravava sulla «capacita' lavorativa», mentre in quello  delineato
dal decreto suddetto si ha riguardo al «danno biologico». 
La norma: 
    «6. Il grado di menomazione dell'integrita'  psicofisica  causato
da infortunio sul lavoro o  malattia  professionale,  quando  risulti
aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da  fatti
estranei  al  lavoro  o  da  infortuni   o   malattie   professionali
verificatisi o denunciate prima della data di entrata in  vigore  del
decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita,
deve essere rapportato non all'integrita' psicofisica completa, ma  a
quella  ridotta  per  effetto  delle  preesistenti  menomazioni,   il
rapporto e' espresso da una frazione in cui il denominatore indica il
grado  d'integrita'  psicofisica  preesistente  e  il  numeratore  la
differenza tra questa ed il grado d'integrita' psicofisica  residuato
dopo l'  infortunio  o  la  malattia  professionale.  Quando  per  le
conseguenze  degli   infortuni   o   delle   malattie   professionali
verificatisi o denunciate prima della data di entrata in  vigore  del
decreto ministeriale di cui al comma 3  l'assicurato  percepisca  una
rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del  testo  unico,
il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla  nuova
malattia  professionale  viene  valutato  senza  tenere  conto  delle
preesistenze. In tale  caso,  l'assicurato  continuera'  a  percepire
l'eventuale  rendita  corrisposta  in  conseguenza  di  infortuni   o
malattie professionali verificatisi o  denunciate  prima  della  data
sopra indicata.» 
    Dall'esame dell'art. 13, 6° comma, risulta che lo stesso contiene
la disciplina che regola il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di
indennizzo, in relazione ai  casi  di  interferenza  che  si  possono
verificare   nel   caso   dell'esistenza   di   menomazioni   fisiche
preesistenti, individuando due diverse ipotesi: la prima e' quella in
cui, all'alto della richiesta  di  una  prestazione  sotto  il  nuovo
regime, ci siano menomazioni preesistenti concorrenti,  derivanti  da
fatti estranei al lavoro (e non e' il caso che  si  presenta),  o  da
infortuni o malattie professionali verificatisi  o  denunciate  prima
della data di entrata in vigore (neanche questo e' il  caso  attuale)
del decreto ministeriale di cui al comma  3  e  non  indennizzati  in
rendita, nel qual caso la percentuale  di  danno  relativa  al  nuovo
danno e' calcolata tenendo conto che  la  capacita'  fisica  e'  gia'
diminuita per effetto della preesistenza. La  norma  precisa  infatti
anche la formula matematica da applicare (c.d. formula di Gabrielli). 
    La seconda e' quella in cui  non  solo  ci  sia  una  malattia  o
infortunio professionale preesistente, ma per lo stesso l'interessato
gia' percepisca una rendita o sia stato «liquidato  in  capitale»  ai
sensi del testo unico: in questo caso, il  nuovo  danno  va  valutato
«senza  tener  conto  delle  preesistenze»,  quindi  presumendo   una
integrita' fisica del 100%. Si prevede di seguito  che  l'interessato
continui  a  percepire  la   prestazione   gia'   in   corso,   senza
modificazioni. 
Principio di diritto: 
    Il principio di diritto cui questa  Corte  si  deve  occupare  e'
quello derivante dall'applicazione del 6° comma di cui sopra, secondo
e terzo periodo, che e' anche oggetto dell'appello incidentale. 
    La posizione dell'INAIL e'  che  ci  si  debba  discostare  dalla
dizione testuale dei periodi sopra indicati, che comporterebbero  una
duplicazione della valutazione dei medesimi effetti invalidanti,  per
arrivare ad una nozione di «danno d'apparato», in relazione al  quale
propone di scorporare i danni delle due diverse patologie, assegnando
a quella nuova, l'asbestosi, una percentuale di danno del  7%  (sette
per cento), a differenza del 75% (settantacinque per cento) accertato
dal CTU e dalla sentenza. 
    L'appello incidentale si rivolge verso la  parte  della  sentenza
che dispone la detrazione  dell'importo  spettante  in  relazione  al
danno  preesistente  (broncopneumopatia),  da  quello  spettante  per
l'intervenuta  (asbestosi).  Chiede  infatti   l'applicazione   della
disposizione in esame, per cui la rendita gia' in  godimento  al  85%
dovrebbe essere mantenuta ed ad essa si  dovrebbe  aggiungere  quella
per la nuova malattia al 75%, liquidata col nuovo  regime  del  danno
biologico. 
    Per  effetto  della  disposizione,  infatti,   il   nuovo   danno
(asbestosi) va  valutato  «senza  tener  conto  delle  preesistenze»,
quindi presumendo una integrita'  fisica  del  100%.  Si  prevede  di
seguito che l'interessato continui a percepire la prestazione gia' in
corso, senza modificazioni (rendita per broncopneumopatia al 85%). 
    A   sostegno   della   propria   tesi,    ovvero    sia    quella
dell'applicazione   testuale   della    disposizione,    l'appellante
incidentale richiama due pronunce della Suprema Corte  entrambe  rese
su sentenze di questa Corte d'Appello: le nn. 6048 e 6774  del  2018,
nello stesso senso.  La  seconda  di  queste  sentenze,  entrambe  di
annullamento, e' attualmente riassunta e pendente  davanti  a  questo
ufficio, che e' tenuto ad applicare il seguente principio di diritto,
individuato dalla stessa Cassazione  nei  seguenti  punti  della  sua
sentenza: 
        «6. La fattispecie che ne occupa attiene alla  seconda  parte
dell'art. 13 comma 6 decreto  legislativo  n.  38/2000,  su  cui  non
constano specifici precedenti di questa Corte. In base alla norma  di
legge risulta che qualora il lavoratore goda di una rendita  per  una
malattia professionale denunciata prima dell'entrata in vigore  della
disciplina dettata dal decreto legislativo n. 38/2000  (ovvero  prima
del 25 luglio del 2000) e successivamente venga colpito da una  nuova
malattia professionale (non importa se concorrente o coesistente)  il
grado di menomazione conseguente alla  nuova  malattia  professionale
deve  essere  valutato  senza   tenere   conto   delle   preesistenti
menomazioni, ed il lavoratore percepira' pertanto sia la rendita gia'
liquidata in base al TU 1124/65, sia  la  prestazione  per  la  nuova
malattia da liquidarsi in  base  allo  stesso  art.  13  del  decreto
legislativo n. 38 del 2000. 
    7. La legge non contempla la  distinzione  pretesa  dalla  difesa
dell'Inail ed accolta dalla sentenza impugnata secondo cui in caso di
nuova  malattia  si  dovrebbe   distinguere   l'ipotesi   del   danno
concorrente e quella del danno coesistente; ne' consente di enucleare
una terza ipotesi di valutazione delle preesistenze per il c.d "danno
biologico d'apparato" (rispetto a quelle regolate  nel  primo  e  nel
secondo periodo dell'art. 13, 6° comma). E' percio' evidente  che  la
soluzione presa dalla Corte d'appello cagliaritana, di scorporare  il
danno biologico d'apparato  ovvero  il  danno  biologico  per  branco
pneumopatia da quello per silicosi, sia in contrasto  con  la  regola
dettata dalla legge.» 
Effetti dell'applicazione della norma. 
    In applicazione  del  principio  di  diritto  alla  controversia,
pertanto, l'appello dell'INAIL dovrebbe essere rigettato  ed  accolto
l'appello incidentale: la valutazione del 75% di danno biologico data
all'asbestosi non solo sarebbe corretta, ma anche non dovrebbe  tener
conto dell'esistenza della preesistente rendita per broncopneumopatia
al 85%. All'appellato spetterebbe pertanto la rendita al 75% di danno
biologico per asbestosi, che andrebbe  ad  aggiungersi  alla  vecchia
rendita in godimento del 85%, per broncopneumopatia. 
    Si  assiste   pertanto   ad   una   duplicazione   quasi   totale
dell'indennizzo, sia pure sotto due diversi parametri di valutazione:
da un lato la perdita della capacita' lavorativa, dall'altro il danno
biologico. 
    A  differenza  di  questa  fattispecie,  se   il   fatto   lesivo
preesistente non fosse stato  gia'  indennizzato,  come  nella  prima
parte del 6° comma («verificato o denunciato»  e'  la  dizione  della
norma), la valutazione medico legale  della  nuova  malattia  avrebbe
potuto tener conto della preesistenza ed essere, quindi,  unitaria  e
complessiva. Questa considerazione e' valida anche nella  fattispecie
in cui, anche a prescindere dall'esistenza di un'esatta identita'  di
malattia, le due  patologie,  una  preesistente  ed  una  successiva,
interessino gli stessi organi e parametri vitali da  valutare  e  sia
impossibile, sempre dal punto di vista medico  legale,  scinderne  le
conseguenze sulla funzionalita' fisica. Cio'  viene  precisato  anche
perche' questa Corte ha, pendenti davanti a se',  altre  controversie
investenti questa problematica. 
Norme costituzionali interessate. 
    Questa Corte  dubita  della  conformita'  della  disposizione  da
applicare agli articoli 3 e 38 della Costituzione, sotto  il  profilo
percio' della  disparita'  di  trattamento  e  della  violazione  del
principio di solidarieta' sociale, che deve essere  ancorato  ad  uno
stato di bisogno effettivo. 
    Per  quanto  riguarda  la  disparita'  di  trattamento,  essa  e'
evidente rispetto alla stessa fattispecie disciplinata dalla norma in
questione, nel primo  periodo  del  6°  comma:  nel  caso  di  eventi
precedenti e domande gia' presentate prima  dell'entrata  in  vigore,
l'evento lesivo precedente  viene  valutato  unitariamente  a  quello
successivo, ai fini di accertare il  complessivo  danno,  mentre  nel
caso che sia gia' stata erogata la prestazione (2° e 3°  comma),  del
danno precedente non si tiene conto e si presume la piena  efficienza
fisica, calcolando su questa il danno  nuovamente  verificatosi,  con
cio' creando una situazione di privilegio per questo secondo caso. 
    La ragione della differenziazione non puo' essere rinvenuta nella
tutela dei diritti acquisiti, poiche' anche nella  prima  fattispecie
si e' di fronte ad una situazione  in  cui  esiste  un  diritto  gia'
consolidato: la presentazione  della  richiesta  di  prestazione  per
l'evento verificatosi consolida la pretesa di vederselo  valutare  ed
eventualmente  indennizzare,  ed  e'  percio'  anch'esso  un  diritto
acquisito. 
    A ben vedere, la tutela ha la sola finalita' di  mantenere  fermo
il criterio  di  valutazione  medico  legale  applicato,  ancorato  a
parametri che si vorrebbe non confondibili  con  quelli  relativi  al
danno biologico, ma questo viene  fatto  differenziandosi  dall'altra
ipotesi in  cui  il  danno  e'  preesistente  ed  anche  la  relativa
denuncia, ma il criterio  di  valutazione  medico  legale  del  danno
precedente, sempre nel caso di un danno successivo, viene  mutato  ed
anche  il  primo  viene  coinvolto  nella  valutazione   complessiva,
ancorata a parametri diversi dai precedenti,  prevista  espressamente
dal 6° comma nella prima parte. 
    Non si ravvisa alcuna giustificazione in questa differenziazione,
che nel caso dell'esistenza di una rendita gia' in essere attribuisce
un  ingiustificato  privilegio  al  percettore,  poiche'  si  ottiene
l'effetto di maggiorare  la  percentuale  di  danno  indennizzato  in
relazione al nuovo evento o malattia. 
    Questa  Corte  e'   consapevole   che   la   legittimita'   della
disposizione e' stata gia' indagata da codesta Corte, in  particolare
con la sentenza n. 426 del 2006, sempre in  relazione  al  secondo  e
terzo periodo del 6° comma in questione.  In  ogni  caso,  totalmente
diversa e' la situazione di fatto  posta  a  base  della  valutazione
compiuta al tempo: nella sentenza n. 426, in una situazione in cui si
percepiva gia' una rendita col regime precedente e si era  verificato
un nuovo fatto lesivo col nuovo regime, che pero' non oltrepassava la
percentuale di danno indennizzabile, si desiderava  giungere  ad  una
valutazione unitaria al fine di comprendervi anche  il  nuovo  danno,
che era  invece  sotto  soglia,  al  fine  di  ottenere  una  rendita
maggiore. 
    Nella  fattispecie  in  esame,  invece,   si   assiste   ad   una
duplicazione dell'indennizzo, in tutto o in parte, e cio', ad  avviso
di questa Corte, confligge anche con l'art.  38  della  Costituzione,
oltre  che   sempre   con   l'art.   3,   poiche'   la   duplicazione
dell'attribuzione  spezza  il  collegamento  sia  con  lo  stato   di
necessita',  che  con  l'adeguatezza  del  rimedio  predisposto   dal
legislatore. Il meccanismo predisposto  dal  6°  comma  dell'art.  13
decreto legislativo, in  definitiva,  non  e'  in  grado  di  evitare
duplicazioni di indennizzo, poiche' il 2° e 3° periodo, a  differenza
del 1° periodo del 6° comma stesso,  nel  quale  nessun  problema  di
duplicazione si pone, impongono  di  far  riferimento  ad  una  piena
efficienza fisica, anche se in concreto  gia'  compromessa,  portando
pertanto a valutare necessariamente due volte le conseguenze  di  una
determinata patologia o le conseguenze di patologie interessanti  gli
stessi organi o influenti sugli stessi parametri vitali. Nel  sistema
generale  vige  invece  il  principio  dell'incompatibilita'  tra  le
prestazioni derivanti dallo stesso fatto lesivo (art.  1,  43°  comma
legge  n.  335-1995)  ed  anche  tra  prestazioni  previdenziali   ed
assistenziali, anche se  di  diversa  origine  e  frutto  di  diverso
sistema di valutazione (art. 3, legge n. 407-1990).  La  possibilita'
di cumulo e' inoltre rimessa a situazioni previste da norme speciali,
come nel caso dell'art. 12, legge n.  412-1991  che,  nel  modificare
l'art. 3 legge n. 407-1990 appena  citato,  esclude  dal  divieto  di
cumulo le prestazioni erogate ai ciechi civili, ai sordomuti  e  agli
invalidi totali. 
    Non si  puo'  neanche  ritenere  una  valida  giustificazione  la
volonta' di assicurare un  trattamento  di  miglior  favore,  poiche'
sarebbe stata realizzabile in altro modo, quale  la  possibilita'  di
conservare il trattamento piu' favorevole, prevista ad esempio  dalle
stesse disposizioni appena citate. 
Rilevanza della questione. 
    La questione e' decisiva per l'esito della controversia: se la si
dovesse disciplinare applicando la previsione del 2° e 3° periodo del
6° comma, l'appello dell'INAIL dovrebbe essere  respinto  ed  accolto
l'appello  incidentale.  L'appellato  dovrebbe   pertanto   percepire
integralmente e senza decurtazioni l'importo della rendita al 75% per
silicosi,  che  si  aggiungerebbe  a  quella  gia'  in   essere   per
broncopneumopatia al 85%. 
    Se, invece le disposizioni di cui sopra dovessero essere ritenute
costituzionalmente illegittime e, in ipotesi,  dovesse  risultare  di
generalizzata applicazione  quella  del  1°  periodo  del  6°  comma,
l'appello dell'INAIL dovrebbe essere accolto e nuovamente determinato
il danno complessivo con l'applicazione della formula precisata, e di
conseguenza dovrebbe essere rigettato l'appello incidentale. 
    Si rileva che la Suprema Corte si  e'  gia'  pronunciata  in  due
occasioni, con le sentenze nn. 6048 e  6774  del  2018,  entrambe  su
sentenze di questa Corte d'appello, ed entrambe di annullamento delle
pronunce impugnate, con  l'affermazione  del  medesimo  principio  di
diritto. La seconda di queste sentenze  e'  attualmente  riassunta  e
pendente  davanti  a  questo  ufficio   (r.g.   190-2018),   che   in
quest'ultima e' tenuto ex art. 384  codice  di  procedura  civile  ad
applicare il principio di diritto in discussione. 
    Nella presente controversia, R.G. 206-2017, pur  non  proveniente
da rinvio dalla Suprema Corte, si chiede l'applicazione del  medesimo
principio di diritto e si richiamano  espressamente  le  pronunce  di
quest'ultima appena richiamate. 
    Per  quanto  riguarda  pertanto  l'applicazione  della   suddetta
previsione, si e' di fronte ad un orientamento  reiterato,  che  deve
essere ritenuto diritto vivente, e nei confronti del quale non paiono
percorribili  altre  soluzioni  interpretative,  vista   l'inequivoca
previsione  della  norma.  In  particolare,   non   e'   percorribile
l'interpretazione  propugnata  dall'INAIL  che,   oltre   ad   essere
totalmente in contrasto con la previsione della legge, fa riferimento
ad un criterio medico  legale  che,  in  causa,  risulta  essere  non
esistente ed impraticabile con metodo scientifico. 
    Sulla base di queste considerazioni, sciogliendo la  riserva,  si
deve pertanto sospendere il presente  procedimento  e  rimettere  gli
atti alla Corte costituzionale, per  la  soluzione  della  questione,
rilevata d'ufficio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte d'appello, visti l'art. 134 Cost. e la  legge  11  marzo
1953 n. 87, dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di costituzionalita' dell'art.  13,  6°  comma,  secondo  e
terzo periodo del decreto legislativo n. 38-2000  in  relazione  agli
articoli 3 e 38 Cost. nella parte in cui portano ad una  duplicazione
totale o parziale dell'indennizzo,  a  differenza  delle  fattispecie
disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma. 
    Dispone la  sospensione  del  giudizio  in  corso  e  l'immediata
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale.  Manda   alla
cancelleria di  notificare  la  presente  ordinanza  alle  parti  del
giudizio, al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  di  darne
comunicazione al Presidente del Senato e al Presidente della Camera. 
 
        Cagliari, 26 maggio 2020 
 
                        Il Presidente: Nurcis