N. 132 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 luglio 2020

Ordinanza del 3 luglio 2020 del Tribunale di  Roma  nel  procedimento
penale a carico di P. A.. 
 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza  epidemiologica  da   COVID-19   -   Previsione   della
  sospensione del corso della prescrizione per il periodo dal 9 marzo
  2020  all'11  maggio  2020  disposta  in  conseguenza  del   rinvio
  d'ufficio dei procedimenti penali e della sospensione  dei  termini
  per il compimento in essi di qualsiasi atto stabiliti nello  stesso
  arco di tempo - Applicabilita' ai processi aventi ad oggetto  reati
  commessi prima della data del 9 marzo 2020. 
- Decreto-legge  7  (recte:  17)  marzo  2020,  n.  18   (Misure   di
  potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e  di  sostegno
  economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza
  epidemiologica da COVID-19), convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 24 aprile 2020, n. 27, art.  83,  comma  4;  decreto-legge  8
  aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito
  e di adempimenti fiscali per le imprese,  di  poteri  speciali  nei
  settori strategici, nonche'  interventi  in  materia  di  salute  e
  lavoro,  di  proroga  di  termini  amministrativi  e  processuali),
  convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno  2020,  n.  40,
  art. 36. 
(GU n.40 del 30-9-2020 )
     Il Tribunale di Roma,  VIIIª  sezione  penale,  in  composizione
monocratica nella persona del giudice Marco  Marocchi,  titolare  del
procedimento indicato in epigrafe iscritto nei confronti  di  P.  A.,
come in altri atti generalizzato, per il delitto di cui all'art.  368
del  codice  penale  che  si  assume  commesso  in...  in  danno  del
magistrato C. F. (all'epoca in servizio  come  sostituto  procuratore
presso la Procura della Repubblica di Napoli), a  scioglimento  della
riserva assunta all'udienza del 25 giugno  2020,  ha  pronunciato  la
seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte  costituzionale   di
questione di legittimita' costituzionale; 
    Rilevato che l'imputato e' stata tratto a giudizio con decreto ex
art. 429 del codice di procedura penale emesso dal G.U.P.  presso  il
Tribunale di Roma in data 2 novembre 2016 - udienza in cui la persona
offesa si e' costituito parte civile ; 
    Rilevato che all'udienza di prima comparizione del 12 giugno 2017
il giudice  Annamaria  Planitario,  all'esito  della  verifica  della
regolare instaurazione del rapporto processuale e della  declaratoria
di  assenza  dell'imputato,  ha  disposto  il  rinvio  del   processo
all'udienza del 19 dicembre 2017,  con  sospensione  del  termine  di
prescrizione, a fronte della dichiarazione dei difensori delle  parti
di  adesione  all'astensione  dall'attivita'   di   udienza   indetta
dall'Unione delle Camere penali; 
    Rilevato  che  all'udienza  del  19  dicembre  2017  il   giudice
Annamaria Planitario, rigettate  le  eccezioni  di  incompetenza  per
territorio del  Tribunale  di  Roma  e  di  nullita'  della  notifica
all'imputato dell'avviso  di  cui  all'art.  415-bis  del  codice  di
procedura penale, ha dichiarato aperto il dibattimento,  ha  invitato
le parti a formulare le richieste istruttorie e ha ammesso i mezzi di
prova orali e documentali richiesti; 
    Rilevato che alle udienze del 15 maggio 2018, del 9 luglio 2018 e
del 3 ottobre 2018 sono stati assunti  i  mezzi  di  prova  richiesti
dalle parti con esaurimento dell'istruttoria  dibattimentale  (attesa
l'intervenuta revoca da parte del giudice  procedente  dell'ordinanza
di ammissione dell'esame  dei  residui  testi  di  difesa  in  quanto
ritenuto superfluo); 
    Rilevato che all'udienza del 20 novembre  2018,  fissata  per  la
discussione, il giudice Annamaria Planitario ha  disposto  il  rinvio
del processo all'udienza del 15  aprile  2019,  con  sospensione  del
termine di prescrizione, a fronte della dichiarazione  dei  difensori
delle parti di  adesione  all'astensione  dall'attivita'  di  udienza
indetta dall'Unione delle Camere penali; 
    Rilevato che alle udienze del 15 aprile 2019 e del  23  settembre
2019 il G.O.T. M. Barbanti, designato  in  sostituzione  del  giudice
Annamaria Planitario nel frattempo collocata fuori ruolo per distacco
presso il Ministero  della  giustizia,  ha  disposto  il  rinvio  del
processo in quanto  avente  ad  oggetto  un  delitto  sottratto  alla
propria competenza; 
    Rilevato che il Presidente del Tribunale di Roma ha  disposto  la
riassegnazione del processo al giudice Marco Marocchi  per  l'udienza
del 4 dicembre 2019; 
    Rilevato che all'udienza del 4 dicembre  2019  il  giudice  Marco
Marocchi ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 31  marzo
2020, con sospensione del termine di  prescrizione,  a  fronte  della
dichiarazione dei difensori dell'imputato di adesione  all'astensione
dall'attivita' di udienza indetta dall'Unione delle Camere penali; 
    Rilevato che con decreto di data 27 marzo 2020 il  giudice  Marco
Marocchi, a fronte della sospensione dell'attivita' giudiziaria dal 9
marzo 2020 al 15 aprile 2020 stabilita  dall'art.  83,  comma  1  del
decreto-legge 17 marzo  2020,  n.  18  per  fronteggiare  l'emergenza
sanitaria determinata dalla diffusione del virus  cosi'  detto  Covid
19, ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 4 maggio 2020; 
    Rilevato che con lo  stesso  decreto  il  giudice  ha  dichiarato
sospeso il corso della prescrizione dal 9 marzo  2020  al  15  aprile
2020 ai sensi dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo  2020,
n. 18, con salvezza dell'ulteriore possibile periodo  di  sospensione
previsto dall'art.  83,  comma  9  del  medesimo  decreto-legge  come
effetto dell'eventuale  adozione  da  parte  dei  capi  degli  uffici
giudiziari delle misure organizzative  per  fronteggiare  l'emergenza
sanitaria previste dal comma 6; 
    Rilevato che con decreto di data 18 maggio 2020 il giudice  Marco
Marocchi,  in  ragione  della  proroga  della  predetta   sospensione
dell'attivita' giudiziaria all'11 maggio 2020 stabilita dall'art.  36
del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, ha  disposto  il  rinvio  del
processo all'udienza del 25 giugno 2020; 
    Rilevato che con lo  stesso  decreto  il  giudice  ha  dichiarato
sospeso il corso della prescrizione dal 9 marzo  2020  al  25  giugno
2020 ai sensi del combinato disposto degli articoli 83, commi 4, 6  e
9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (nel  frattempo  convertito
con modificazioni dalla legge  24  aprile  2020,  n.  27)  e  36  del
decreto-legge 8 aprile  2020,  n.  23  e  per  effetto  delle  misure
organizzative adottate dal  Presidente  del  Tribunale  di  Roma  con
decreto del 9 aprile 2020, fra cui la  possibilita'  di  rinviare  la
trattazione dei processi  oltre  l'11  maggio  2020  con  conseguente
sospensione del termine della prescrizione non oltre la data  del  30
giugno 2020; 
    Rilevato  che  all'udienza  del  25  giugno  2020  l'avv.  Teresa
Mercurio e l'avv. Andrea Longo, difensori di  fiducia  dell'imputato,
hanno avanzato al giudice la richiesta di sollevare la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 7
marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile
2020, n. 27) e dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile  2020,  n.  23
nella parte in cui hanno previsto che la sospensione del corso  della
prescrizione per il periodo dal 9 marzo 2020 all'11  maggio  2020  si
applichi ai processi aventi ad oggetto  reati  commessi  prima  della
data del 9 marzo 2020, deducendo il loro contrasto con  il  principio
di irretroattivita' delle disposizioni di  legge  penale  sfavorevoli
sancito dall'art. 25, comma 2  della  Costituzione  e  dell'art.  117
della Costituzione in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  e,
per effetto della  prospettata  illegittimita'  costituzionale  della
detta normativa, l'ineludibilita' della pronuncia di una sentenza  di
immediato proscioglimento del loro assistito ai sensi  dell'art.  129
del codice di procedura penale per  la  sopravvenuta  estinzione  del
delitto ascrittogli per prescrizione alla data del 22 aprile 2020; 
    Rilevato che il pubblico ministero si e' rimesso alle valutazioni
del Tribunale circa la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza
della  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata   dai
difensori dell'imputato e che l'avv. Filippo Dinacci, difensore della
parte civile, ha chiesto il rigetto  dell'istanza  di  questi  ultimi
deducendo la natura processuale dell'istituto della sospensione della
prescrizione, il carattere eccezionale e temporaneo dei provvedimenti
di legge in questione con conseguente applicabilita' della deroga  al
principio  di  irretroattivita'  della  legge   penale   prevista   e
disciplinata dall'art. 2, comma 5 del codice penale e, in ogni  caso,
la rispondenza degli interventi legislativi  in  parola  a  superiori
esigenze di tutela della salute pubblica e, dunque, del diritto  alla
salute tutelato all'art. 32 della Costituzione, bene di rilievo e  di
interesse  costituzionale  da   ritenere   prevalente   sul   diritto
dell'imputato alla prescrizione del reato; 
    Rilevato che il termine di prescrizione sessennale del delitto di
calunnia contestato all'imputato e' stato da  ultimo  interrotto  dal
decreto che dispone il giudizio emesso dal G.U.P. in data 2  novembre
2016 ed e' stato cosi aumentato di1 /4 ; 
    Rilevato che il termine di prescrizione massima di sette  anni  e
sei mesi e' stato sospeso per sei mesi e sette giorni per effetto del
rinvio disposto all'udienza del 12 giugno 2017 e per quattro  mesi  e
ventisei giorni per effetto del rinvio disposto  all'udienza  del  20
novembre 2018 e, dunque, per un totale di mesi undici e giorni tre; 
    Rilevato, pertanto, che al  4  dicembre  2019,  data  dell'ultima
udienza celebrata e del terzo  rinvio  disposto  per  l'adesione  dei
difensori  dell'imputato  all'astensione  indetta  dall'Unione  delle
Camere penali, mancavano alla prescrizione del reato ventidue giorni; 
    Rilevato che il rinvio disposto all'udienza del 4  dicembre  2019
ha determinato l'ennesima sospensione della prescrizione fino  al  31
marzo 2020; 
    Rilevato che,  qualora  si  accedesse  alla  tesi  dei  difensori
dell'imputato dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 83,  commi
4 del decreto-legge 7 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) e dell'art. 36 del decreto-legge 8
aprile 2020,  n.  23  nella  parte  in  cui  hanno  previsto  che  la
sospensione del corso della prescrizione per il periodo dal  9  marzo
2020 all'11 maggio 2020 si applichi ai  processi  aventi  ad  oggetto
reati commessi prima della data del 9 marzo 2020, per  contrasto  con
il principio di irretroattivita' delle disposizioni di  legge  penale
sfavorevoli  all'imputato  sancito  dall'art.  25,  comma   2   della
Costituzione e dall'art. 117 della Costituzione in relazione all'art.
7 Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali, il delitto di calunnia contestato  a  P.
A. dovrebbe effettivamente ritenersi  prescritto  alla  data  del  22
aprile   2020   e   s'imporrebbe    anche    d'ufficio    l'immediato
proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 129  del  codice  di
procedura penale per l'intervenuta estinzione del reato ascrittogli; 
    Ritenuto,   pertanto,   che   la   questione   di    legittimita'
costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato sia rilevante ai
fini della definizione del presente processo,  dipendendo  dalla  sua
decisione la possibilita' o meno di pronunciare  ai  sensi  dell'art.
129  del  codice  di  procedura  penale  una  sentenza  di  immediato
proscioglimento del loro assistito per intervenuta  prescrizione  del
reato ascrittogli; 
    Ritenuta  la  necessita'  di  stabilire  se   la   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato sia
o non sia manifestamente infondata e, dunque, se  l'istanza  da  essi
avanzata possa o meno essere accolta; 
 
                               Osserva 
 
    Le  norme  della  cui  legittimita'  costituzionale  i  difensori
dell'imputato   dubitano   sono   state   adottate    dal    Governo,
nell'esercizio del potere di decretazione d'urgenza di  cui  all'art.
77 Costituzione, al fine di  contrastare  l'emergenza  epidemiologica
determinata dalla diffusione del  virus  denominato  COV1D  19  e  di
contenerne gli  effetti  negativi  sullo  svolgimento  dell'attivita'
giudiziaria. 
    Tale intervento normativo del Governo si  e'  articolato  in  tre
fondamentali provvedimenti provvisori aventi forza di legge: 
        1) l'approvazione del  decreto-legge  8  marzo  2020,  n.  11
(successivamente abrogato dall'art. 1, comma 2 della legge 24  aprile
2020, n. 27 ) il cui art. 1 ha previsto, a decorrere  dalla  data  di
entrata in vigore del provvedimento, al comma 1 il rinvio d'ufficio a
data  successiva  al  22  marzo  2020  delle  udienze  di   tutti   i
procedimenti  civili  e  penali  pendenti  presso  tutti  gli  uffici
giudiziari (con le eccezioni indicate nell'art. 2, comma 2, lettera g
dello stesso decreto) ed al comma 2 la sospensione dei termini per il
compimento di qualsiasi atto dei procedimenti oggetto di rinvio; 
        2) l'approvazione del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,
successivamente convertito con modificazioni dalla  legge  24  aprile
2020, n. 27, il cui  art.  83  ha  previsto  al  comma  1  il  rinvio
d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020 dei procedimenti civili
e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, al comma  2  la
sospensione dal 9 marzo 2020  al  15  aprile  2020  del  decorso  dei
termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e
penali oggetto del rinvio di  ufficio,  al  comma  3  i  procedimenti
eccettuati dal  detto  rinvio  di  ufficio  (individuati,  quanto  ai
procedimenti penali, in quelli di convalida dell'arresto e del fermo,
in quelli con i termini di cui all'art. 304 del codice  di  procedura
penale in scadenza fra il 9 marzo 2020  ed  il  15  aprile  2020,  in
quelli con misure di  sicurezza  detentive  applicate  o  anche  solo
richieste, in quelli con imputati detenuti in presenza di un'espressa
richiesta di trattazione del processo da parte  degli  stessi  o  dei
loro  difensori,  in  quelli  in  cui  siano  applicate   misure   di
prevenzione in presenza di un'espressa richiesta  di  trattazione  da
parte dei proposti o dei loro difensori  e,  infine,  in  quelli  che
rivestano carattere di urgenza, dichiarato dal giudice procedente con
provvedimento motivato non impugnabile, per la necessita' di assumere
prove indifferibili nei casi e con le forme di cui all'art.  392  del
codice di procedura penale) ed al comma 4 la  sospensione  del  corso
della prescrizione e dei termini di cui agli articoli 303 e  308  del
codice di procedura penale nei procedimenti penali in  cui  opera  la
sospensione dei termini di cui al comma 2; 
        3) l'approvazione del decreto-legge 8  aprile  2020,  n.  23,
convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, il cui
art. 36 ha previsto al comma 1 la  proroga  all'11  maggio  2020  del
termine del 15 aprile 2020 previsto dall'art. 83, commi  l  e  2  del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 rispettivamente per il  rinvio  di
ufficio dei procedimenti civili e penali e  per  la  sospensione  dei
termini per il compimento di qualsiasi atto dei medesimi procedimenti
e al comma  2  l'inapplicabilita'  della  medesima  proroga  ai  soli
procedimenti penali con i termini di cui all'art. 304 del  codice  di
procedura penale in scadenza nei sei mesi  successivi  all'11  maggio
2020. 
    Dall'esame delle disposizioni emanate dal Governo con i mentovati
decreti-legge emerge con chiarezza come gli obiettivi  di  sospendere
tutte le attivita' processuali allo scopo  di  ridurre  le  forme  di
contatto  personale  potenzialmente  favorevoli   alla   propagazione
dell'epidemia e, nel contempo, di neutralizzare ogni effetto negativo
del rinvio d'ufficio dei procedimenti sulla tutela  dei  diritti  per
effetto del decorso dei termini processuali  (quali  enunciati  nella
relazione al disegno di legge di  conversione  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18 ) siano stati perseguiti prevedendo da un  lato  il
rinvio di ufficio di tutti i procedimenti  civili  e  penali  a  data
successiva dapprima al 22 marzo  2020,  poi  al  15  aprile  2020  e,
infine, all'11 maggio 2020 e la sospensione dei  termini  processuali
per  il  compimento  di  qualsiasi  atto  per  l'intera  durata   del
differimento dei procedimenti  (effetti  previsti  sia  dall'art.  1,
commi 1 e 2 del decreto-legge n. 11/2020 poi abrogato  che  dall'art.
83, commi 1 e 2  del  decreto-legge  n.  18/2020  poi  convertito  in
legge), dall'altro la sospensione del corso della prescrizione e  dei
termini di cui agli articoli 303 e 308 del codice di procedura penale
nei procedimenti penali  in  cui  sia  operante  la  sospensione  dei
termini processuali conseguente al loro rinvio  di  ufficio  (effetto
previsto dall'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.
18). 
    Appare, dunque, indubitabile che il  Governo  con  la  disciplina
frutto del combinato disposto dell'art.  83,  commi  1,  2  e  4  del
decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18  e  dell'art.  36,  comma  l  del
decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 ed il Parlamento con le  leggi  di
conversione dei medesimi provvedimenti  provvisori  aventi  forza  di
legge abbiano previsto una stretta ed automatica correlazione fra  il
rinvio di ufficio dei procedimenti penali a  data  successiva  all'11
maggio 2020 con sospensione di tutti i termini processuali relativi e
la sospensione del corso della prescrizione dei  reati,  oggetto  dei
procedimenti differiti; cosi come  e'  di  tutta  evidenza  che  tale
ultimo effetto sia stato previsto anche in relazione  a  procedimenti
penali aventi ad oggetto reati commessi  in  data  antecedente  al  9
marzo 2020 ed anzi solo in relazione ad essi, ove si  consideri  come
il passaggio  alla  fase  processuale  entro  l'11  maggio  2020,  in
procedimenti aventi ad oggetto reati commessi in data successiva al 9
marzo 2020, sarebbe stato possibile unicamente nei casi di  convalida
di arresto o di fermo  e  di  successiva  instaurazione  di  giudizio
direttissimo o di giudizio immediato cosi detto cautelare e,  dunque,
di  procedimenti  rientranti,  a  mente  dell'art.   83,   comma   3,
decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,  fra  quelli  sottratti  alla
sospensione dell'attivita' giudiziaria. 
    Viene, dunque, in rilievo l'introduzione nel  nostro  ordinamento
giuridico, mediante provvedimenti provvisori aventi  forza  di  legge
adottati in un caso di necessita' e di urgenza e la  loro  successiva
conversione in legge, di una nuova ipotesi di sospensione  del  corso
della prescrizione dei reati dalla durata fissa e  predeterminata  di
sessantatre' giorni (vale a dire per il periodo  compreso  fra  il  9
marzo  2020  e  l'11  maggio  2020)  e,   dunque,   una   particolare
disposizione di legge che, secondo  quanto  previsto  dall'art.  159,
comma 1 del codice penale,  impone  la  sospensione  dei  termini  di
prescrizione  in   conseguenza   della   disposta   sospensione   del
procedimento o del processo penale. 
    I  difensori   dell'imputato   paventano   il   contrasto   delle
disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8  aprile  2020,  n.  23,
nella parte in cui prevedono che il corso  della  prescrizione  resti
sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti
penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo  2020,  con
il principio di irretroattivita' della legge penale sancito dall'art.
25, comma 2 Costituzione limitatamente alle disposizioni  sfavorevoli
al reo, assumendo, in particolare, che:  a)  la  prescrizione  e'  un
istituto di diritto sostanziale e non processuale,  come  piu'  volte
affermato dalla Corte costituzionale, ex multis con  la  sentenza  n.
393/2006 (punto 4 del considerato in diritto: «il decorso  del  tempo
non  si  limita  ad  estinguere  l'azione  penale,  ma   elimina   la
punibilita' in e' e per se', nel senso che costituisce una  causa  di
rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva»), con la sentenza
n. 324/2008 (punto 7 del considerato in diritto: «la prescrizione  e'
soggetta alla disciplina di cui all'art. 2, quarto comma  del  codice
penale che prevede le  regola  generale  della  retroattivita'  della
norma piu' favorevole»), con l'ordinanza n. 24/2017 e con la sentenza
n. 115/2018 pronunciate nel celebre caso Taricco a ribadire la natura
di istituto di diritto sostanziale e di declinazione del principio di
stretta legalita'  della  prescrizione  e  quella  di  contro  limite
costituzionale del principio di irretroattivita'  delle  disposizioni
di legge penale sfavorevoli al reo  sancito  dall'art.  25,  comma  2
Costituzione; b) il principio di legalita' in materia penale e la sua
declinazione  nell'art.  25,  comma  2  Costituzione  in  termini  di
irretroattivita' delle disposizioni sfavorevoli, al  reo,  in  quanto
principio  fondamentale  e  valore  supremo  su  cui  si   fonda   la
Costituzione, operante come limite  assoluto  persino  al  potere  di
revisione costituzionale e presidiato da una tutela rafforzata  (come
affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza  1146/1988  punto
2.1 del considerato in diritto e nell'ordinanza n. 24/2017:  «Non  vi
e' inoltre dubbio che il principio di  legalita'  in  materia  penale
esprima un principio supremo dell'ordinamento, posto a  presidio  dei
diritti inviolabili dell'individuo, per la parte in cui esige che  le
norme penali siano determinate e non abbiano in nessun  caso  portata
retroattiva»), non puo' subire deroghe per effetto di disposizioni di
legge ordinaria sia pure dettate per ragioni emergenziali a tutela di
un diritto costituzionalmente garantito come  quello  alla  salute  -
posto, peraltro, che il legislatore ordinario, nei casi di necessario
contemperamento  e   bilanciamento   di   valori   costituzionalmente
rilevanti, non potrebbe mai spingersi  fino  ad  eliderne  il  nucleo
essenziale;  c)  la  necessita'  posta   dall'art.   117,   comma   1
Costituzione di assumere come norma interposta, al fine  di  valutare
la  legittimita'   costituzionale   dell'art.   83,   comma   4   del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e dell'art. 36 del decreto-legge 8
aprile  2020,  n.  23,  l'art.  7  C.E.D.U.  fondamento,  cosi'  come
interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,  del  divieto
di  applicazione  retroattiva  del  diritto   penale   a   detrimento
dell'imputato; d)  l'impossibilita'  di  compiere  un'interpretazione
delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile  2020,  n.
23 conforme agli articoli 25, comma 2 e 117, comma 1 Costituzione. 
    Richiamato  quanto  gia'  osservato   in   ordine   all'effettiva
rilevanza della questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata
dai  difensori  dell'imputato  -  in   quanto   avente   ad   oggetto
disposizioni aventi forza  di  legge  destinate  a  trovare  concreta
applicazione nel presente processo, ostando le  stesse  all'immediata
pronuncia ai sensi dell'art. 129 del codice di  procedura  penale  di
una sentenza  di  proscioglimento  del  giudicabile  per  intervenuta
prescrizione del delitto  contestato  (viceversa  possibile  ed  anzi
doverosa qualora dovesse esserne dichiarata  l'incostituzionalita'  e
dovesse  conseguentemente  cessarne   l'efficacia)   e   costituendo,
pertanto, la questione della  loro  legittimita'  costituzionale  una
pregiudiziale rigorosamente necessaria - questo giudice e' chiamato a
stabilire se detta questione non sia prima facie infondata e, dunque,
ad accertare, in linea di mera delibazione, se  sussista  o  meno  un
dubbio   sulla   legittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
denunciate  tale  da  imporre  l'esercizio  del  potere   dovere   di
sospenderne l'applicazione e di proporre alla Corte costituzionale la
questione sollevata. 
    Orbene, questo giudicante ritiene che vi siano  seri  motivi  per
dubitare della legittimita' costituzionale delle disposizioni di  cui
all'art. 83, comma 4  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  e
all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23,  nella  parte  in
cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il  9
marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad
oggetto reati commessi prima del 9 marzo  2020  e  che  la  questione
sollevata  in  merito   dai   difensori   dell'imputato   non   possa
considerarsi manifestamente infondata. 
    Appare,  innanzitutto,  condivisibile  l'assunto  dei   difensori
dell'imputato che la  prescrizione  dei  reati  sia  un  istituto  di
diritto penale sostanziale. 
    In particolare, militano a sostegno di  tale  conclusione  da  un
lato la scelta del legislatore di disegnare la prescrizione come  una
causa di estinzione del reato legata al decorso  del  tempo  (decorso
del tempo che non si limita a  determinare  l'estinzione  dell'azione
penale - come nel codice previgente - ma elimina anche la punibilita'
in se' e per se', cio' in ragione dell'attenuarsi del ricordo sociale
delle violazioni penali e del conseguente venir meno  delle  esigenze
di prevenzione generale che sono a fondamento della  repressione  dei
reati e con  esse  della  pretesa  punitiva  dello  Stato)  e  ne  ha
collocato la disciplina nel libro I, titolo IV,  capo  I  del  codice
penale,  dall'altro   la   pressoche'   unanime   definizione   della
prescrizione come istituto  di  diritto  penale  sostanziale  sia  in
dottrina (si vedano, fra gli altri, i contributi scientifici prodotti
in  materia  da  Antolisei,  Bettiol,  Cordero,  Molari,  Latagliata,
Mantovani, Fiandaca - Musco) che nella giurisprudenza di legittimita'
(si vedano, ex plurimis, Cassazione Sezioni Unite 16 marzo  1994,  n.
3760, Cassazione Sezioni Unite 28 ottobre 1998, n. 13390,  Cassazione
Sezioni Unite 11 luglio 2001, n. 33543). 
    Tuttavia, le indicazioni piu' significative, nette e rilevanti in
ordine alla natura di istituto di diritto  penale  sostanziale  della
prescrizione dei reati sono ricavabili proprio  della  giurisprudenza
della Corte costituzionale. 
    In proposito, mette conto richiamare: 
        1) la sentenza della Corte costituzionale  n.  275/1990  (con
cui e' stata dichiarata illegittimita' costituzionale  dell'art.  157
del codice penale, formulazione previgente, nella parte  in  cui  non
prevedeva che la prescrizione del  reato  potesse  essere  rinunziata
dall'imputato),  segnatamente  il  passaggio  del  paragrafo  3   del
considerato in diritto in cui e'  affermato  che  il  legislatore  ha
previsto  e  disciplinato   la   prescrizione   come   «un   istituto
sostanziale»; 
        2)  la  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  393/2006,
paragrafo 4 del considerato in  diritto,  in  cui  il  Giudice  delle
leggi,  nel  risolvere  affermativamente  la  questione  se  fra   le
disposizioni piu' favorevoli al reo da applicare retroattivamente  ai
sensi dell'art. 2, comma 4 del codice penale debbano rientrare, oltre
a quelle concernenti in senso stretto la  misura  della  pena,  anche
quelle inerenti  ad  ulteriori  e  diversi  profili  del  complessivo
trattamento riservato al reo come quelle sulla riduzione dei  termini
di  prescrizione,  ha  prospettato  tale  soluzione  come  del  tutto
coerente con la  propria  costante  interpretazione  secondo  cui  la
locuzione «disposizioni piu' favorevoli al reo» si riferisce a  tutte
quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una
fattispecie  criminosa,  ivi  comprese  quelle  che  incidono   sulla
prescrizione e quest'ultima ha natura sostanziale in quanto l'effetto
prodotto  dal  decorso  del  tempo  non  e'  limitato  all'estinzione
dell'azione penale, ma si estende all'eliminazione della  punibilita'
in se' e per se' segnando la rinuncia totale dello Stato alla propria
potesta' punitiva (in considerazione dell'interesse generale  di  non
perseguire piu' i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo
la loro commissione abbia fatto venir meno o  notevolmente  attenuato
l'allarme della coscienza comune ed altresi' reso difficile, a volte,
l'acquisizione del materiale probatorio»); 
        3)  la  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  324/2008,
paragrafo 7 del considerato in  diritto,  in  cui  il  giudice  delle
leggi, nell'affrontare la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 10, comma 3 della legge n. 251/2005 sollevata dal Tribunale
di Salerno e nel premettere come la norma censurata  costituisse  una
deroga alla regola generale dell'applicazione retroattiva della nuova
disciplina della prescrizione in quanto piu' favorevole  al  reo,  ha
ribadito : «E' pacifico, infatti,  che  la  prescrizione,  in  quanto
istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina  di  cui
all'art. 2, comma 4 del codice penale che prevede la regola  generale
della retroattivita'  della  norma  piu'  favorevole,  in  quanto  il
decorso del tempo non si limita ad  estinguere  l'azione  penale,  ma
elimina la punibilita' in se' e per se', nel  senso  che  costituisce
una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva»; 
        4) la sentenza della Corte costituzionale  n.  143/2014  (con
cui e' stata dichiarata illegittimita' costituzionale dell'art.  157,
comma 6 del codice penale nella parte in cui prevedeva che i  termini
di prescrizione previsti dai commi precedenti fossero raddoppiati per
il  reato  di  incendio  colposo),  segnatamente  il  passaggio   del
paragrafo 3 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi,
nell'evidenziare la contrarieta' ai  principi  di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Costituzione della  norma  censurata
in quanto implicava un trattamento  della  fattispecie  dell'incendio
colposo in termini di durata del termine di prescrizione  molto  piu'
rigoroso  di  quello  riservato  alla  fattispecie  pur  piu'   grave
dell'incendio doloso, ha osservato: «Sebbene possa proiettarsi  anche
sul piano processuale -  concorrendo,  in  specie,  a  realizzare  la
garanzia della ragionevole durata del  processo  (art.  111,  secondo
comma, Costituzione)  -  la  prescrizione  costituisce,  nell'attuale
configurazione, un istituto  di  diritto  sostanziale  (ex  plurimis,
sentenze n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006), la cui ratio si  collega
preminentemente, da un  lato,  all'interesse  generale  di  non  piu'
perseguire il lungo tempo decorso  dopo  la  loro  commissione  abbia
fatto venir meno o notevolmente attenuato l'allarme  della  coscienza
comune (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n.  337
del 1999), dall'altro al diritto all'oblio dei cittadini,  quando  il
reato non sia cosi grave da escludere tale tutela (sentenza n. 23 del
2013)»; 
        5) la sentenza della Corte costituzionale  n.  265/2017  (con
cui e' stata rigettata la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 157, comma 6 del codice penale sollevata dal  Tribunale  di
Velletri, dal Tribunale di Larino e dal G.U.P. presso il Tribunale di
Torino in relazione  al  termine  di  prescrizione  previsto  per  il
delitto di disastro colposo), segnatamente il passaggio del paragrafo
5 del considerato in diritto in  cui  il  giudice  delle  leggi,  nel
richiamare la decisione presa con la sentenza n. 143/2014 in  materia
di illegittimita' costituzionale dell'art. 157, comma  6  del  codice
penale nella parte in cui prevedeva che  i  termini  di  prescrizione
previsti dai commi precedenti fossero raddoppiati  per  il  reato  di
incendio colposo, ha affermato «Al riguardo si  e'  rilevato  che  la
prescrizione, pur potendo assumere una valenza anche processuale,  in
rapporto alla garanzia della ragionevole durata  del  processo  (art.
111,  secondo  comma,   Costituzione),   costituisce,   nel   vigente
ordinamento, un istituto di natura sostanziale (ex plurimis, sentenze
n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006, nonche' piu' di recente  ordinanza
n. 24 del 2017): istituto la cui ratio si collega preminentemente, da
un lato, all'interesse generale di non piu' perseguire il lungo tempo
decorso  dopo  la  loro  commissione  abbia  fatto   venir   meno   o
notevolmente attenuato l'allarme della coscienza comune (sentenze  n.
393 del 2006  e  n.  202  del  1971,  ordinanza  n.  337  del  1999),
dall'altro al diritto all'oblio dei cittadini, quando  il  reato  non
sia cosi' grave da escludere tale tutela (sentenza n. 23 del 2013)»; 
        6) l'ordinanza della Corte costituzionale n. 24/2017 (con cui
sono state sottoposte alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, in
via pregiudiziale ai sensi  e  per  gli  effetti  dell'art.  267  del
Trattato sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  alcune  questioni
interpretative in ordine all'art. 325, paragrafi 1 e 2  del  medesimo
Trattato ed all'interpretazione datane  dalla  Grande  Sezione  della
Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza pronunciata in
data 8 settembre 2015 nella causa C105/14 Taricco), segnatamente:  il
paragrafo 4 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi,
dopo avere rilevato come la sentenza Taricco avesse tratto  dall'art.
325  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  una   regola
destinata ad interferire con  il  regime  legale  della  prescrizione
imponendo al giudice nazionale italiano  di  disapplicarlo  nei  casi
indicati nella decisione, ha osservato:  «Nell'ordinamento  giuridico
nazionale  il  regime  legale  della  prescrizione  e'  soggetto   al
principio di legalita' in  materia  penale,  espresso  dall'art.  25,
secondo comma,  Costituzione,  come  questa  Corte  ha  ripetutamente
riconosciuto (da  ultimo  sentenza  n.  143  del  2014).  E'  percio'
necessario che esso sia analiticamente descritto, al pari del reato e
della pena, da una norma che vige al tempo di commissione del  fatto.
Si tratta, infatti, di un istituto che incide sulla punibilita' della
persona e la legge, di conseguenza, lo disciplina in ragione  di  una
valutazione che viene compiuta con riferimento al  grado  di  allarme
sociale indotto da un certo reato e all'idea che, trascorso del tempo
dalla commissione del fatto, si attenuino le esigenze di punizione  e
maturi un diritto all'oblio in capo all'autore di esso  (sentenza  n.
23 del 2013). E' noto che alcuni stati membri invece muovono  da  una
concezione processuale della prescrizione,  alla  quale  la  sentenza
resa in  causa  Taricco  e'  piu'  vicina,  anche  sulla  base  della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo,  ma  ve  ne
sono  altri,  tra  cui  la  Spagna,  che  accolgono  una   concezione
sostanziale della prescrizione non  differente  da  quella  italiana.
Pare  utile  osservare  che  su  questo  aspetto,  che  non  riguarda
direttamente ne' le competenze dell'Unione,  ne'  norme  dell'Unione,
non sussiste alcuna esigenza  di  uniformita'  nell'ambito  giuridico
europeo. Ciascuno Stato membro e' percio' libero di  attribuire  alla
prescrizione dei reati natura di istituto sostanziale o  processuale,
in conformita' alla sua tradizione costituzionale. Questa conclusione
non e' stata posta in dubbio dalla sentenza resa  in  causa  Taricco,
che si e' limitata ad escludere  l'applicazione  dell'art.  49  della
Carta di Nizza alla prescrizione, ma non ha affermato  che  lo  Stato
membro  deve  rinunciare  ad  applicare  le  proprie  disposizioni  e
tradizioni costituzionali, che, rispetto all'art. 49 della  Carta  di
Nizza e all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e  rasa
esecutiva  con  la  legge  4  agosto  1955,  n.  848,  risultano  per
l'imputato  di  maggior   favore.   Ne'   cio'   sarebbe   consentito
nell'ordinamento italiano quando esse esprimono un principio  supremo
dell'ordine costituzionale, come accade per il principio di legalita'
in campo penale in relazione all'intero ambito materiale a  cui  esso
di rivolge»; il paragrafo 5 del considerato  in  diritto  in  cui  il
giudice delle leggi ha osservato: «Sulla base della  giusta  premessa
che il principio di legalita' penale riguarda anche il regime  legale
della prescrizione, questa Corte e' chiamata dai giudici remittenti a
valutare, tra l'altro, se la regola tratta  dalla  sentenza  resa  in
causa Taricco soddisfi il requisito della determinatezza che  per  la
Costituzione  deve  caratterizzare  le  norme  del   diritto   penale
sostanziale. Queste ultime devono quindi essere formulate in  termini
chiari, precisi e stringenti,  sia  allo  scopo  di  consentire  alle
persone di comprendere quali  possono  essere  le  conseguenze  della
propria condotta  sul  piano  penale,  sia  allo  scopo  di  impedire
l'arbitrio applicativo del giudice. Si tratta di  un  principio  che,
come  e'  stato  riconosciuto  dalla  stessa  Corte   di   giustizia,
appartiene alle tradizioni costituzionali comuni  agli  stati  membri
quale corollario del principio di certezza del diritto  (sentenza  12
dicembre 1996 in cause C-74/95 e C-129/95 punto 25)....E'  questo  un
principio irrinunciabile del diritto penale  costituzionale.  Occorre
infatti che la disposizione scritta con cui  si  decide  quali  fatti
punire, con quale pena, e, nel  caso  qui  a  giudizio,  entro  quale
limite temporale, permetta una percezione sufficientemente chiara  ed
immediata del relativo valore precettivo (sentenza n. 5 del 2004); il
paragrafo  8  in  cui  il  giudice  delle  leggi  ha  osservato:  «la
Costituzione italiana conferisce al principio di legalita' penale  un
oggetto piu'  ampio  di  quello  riconosciuto  dalle  fonti  europee,
perche' non e' limitato alla descrizione del fatto di reato  e  della
pena,  ma   include   ogni   profilo   sostanziale   concernente   la
punibilita'»; 
        7) la sentenza della Corte costituzionale  n.  115/2018  (con
cui e' stata rigettata la questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata dalla Corte di cassazione in  relazione  all'art.  2  della
legge  2  agosto  2008,  n.  130,  preso  atto  dell'inapplicabilita'
nell'ordinamento  giuridico  nazionale  della  cosi'  detta   «regola
Taricco» nel frattempo riconosciuta dalla Grande Sezione della  Corte
di giustizia dell'Unione europea con la sentenza 5 dicembre  2017  in
causa  C42/17  M.A.S  e  M.B.),  segnatamente  il  paragrafo  10  del
considerato in diritto in cui il giudice delle  leggi  ha  osservato:
«Indipendentemente dalla collocazione dei fatti,  prima  o  dopo  l'8
settembre 2025, il giudice comune non puo' applicare loro  la  regola
«Taricco»,  perche'  essa  e'  in  contrasto  con  il  principio   di
determinatezza in materia penale  consacrato  dall'art.  25,  secondo
comma, Costituzione... Un istituto che incide sulla punibilita' della
persona, riconnettendo al decorso del  tempo  l'effetto  di  impedire
l'applicazione della pena, nel nostro ordinamento  giuridico  rientra
nell'alveo  costituzionale  del   principio   di   legalita'   penale
sostanziale, enunciato dall'art. 25, secondo comma, Costituzione  con
formula di particolare ampiezza. La prescrizione pertanto deve essere
considerata un istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare
attraverso un ragionevole bilanciamento tra il  diritto  all'oblio  e
l'interesse di perseguire i reati fino  a  quando  l'allarme  sociale
indotto da un reato non sia venuto meno (potendosene anche  escludere
l'applicazione per  delitti  di  estrema  gravita'),  ma  sempre  nel
rispetto di tale premessa costituzionale  inderogabile  (ex  plurimis
sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e  n.  393
del 2006 e ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000  e  n.  288  del
1999). 
    Il  Tribunale  ritiene,  del   pari,   pienamente   condivisibile
l'assunto  dei  difensori  dell'imputato  secondo  cui,  essendo   la
prescrizione un istituto di diritto penale sostanziale, le  modifiche
della sua disciplina sono assoggettate alle regole della  successione
delle leggi penali nel tempo e, in  particolare,  ai  principi  della
irretroattivita'  delle  disposizioni  sfavorevoli  al  reo  e  della
retroattivita' delle disposizioni favorevoli sanciti dall'art. 2  del
codice penale e dall'art. 25, comma 2 Costituzione. 
    In particolare, il principio di irretroattivita'  assoluta  della
legge sancito dall'art. 11  disp.  prel.  (per  cui:  «la  legge  non
dispone che per l'avvenire; essa  non  ha  effetto  retroattivo»)  e'
declinato in materia penale dall'art. 2 del codice penale in  termini
di irretroattivita' relativa, vale a dire di  irretroattivita'  della
legge sfavorevole e di retroattivita' della legge favorevole e l'art.
25, comma 2 Costituzione, stabilendo che «nessuno puo' essere  punito
se non in forza di una legge che sia  entrata  in  vigore  prima  del
fatto commesso», ha  inteso  offrire,  secondo  quanto  chiarito  nei
lavori  preparatori,  copertura  costituzionale   al   principio   di
irretroattivita' delle disposizioni di legge sfavorevoli al reo cosi'
elevandolo a principio supremo  ed  inderogabile  dell'ordinamento  e
lasciare alla discrezionalita' del legislatore ordinario il  problema
della retroattivita' o meno delle disposizioni di legge favorevoli al
reo - cio' in conformita' al principio del «favor libertatis» ed alla
primaria esigenza di assicurare al cittadino che  non  potra'  essere
sottoposto per l'eventuale reato  commesso  ad  un  trattamento  piu'
severo di quello previsto al momento del fatto. 
    E', peraltro, sufficiente porre mente a  quanto  affermato  dalla
Corte costituzione nelle pronunce sopra mentovate per  giungere  alla
sicura conclusione che la successione di leggi nel tempo  in  materia
di prescrizione sia retta dal principio del  divieto  di  retroazione
delle disposizioni penali sfavorevoli al reo  dettato  dall'art.  25,
comma  2  Costituzione  quale  principio  supremo   ed   inderogabile
dell'ordinamento. 
    Il Tribunale ritiene, inoltre, evidente ed  indubitabile  che  la
soggezione delle modifiche della  disciplina  della  prescrizione  ai
principi dettati in materia di successione di leggi penali nel  tempo
dall'art. 2, commi 1 e 2 del codice penale e dall'art.  25,  comma  2
Costituzione  (principio  di  irretroattivita'  della  legge   penale
sfavorevole) e dall'art. 2, comma 4 del codice penale  (principio  di
retroattivita' della legge penale favorevole) concerna  non  soltanto
le disposizioni sul tempo necessario a prescrivere i  reati  e  sulla
sua decorrenza, ma anche quelle sulla sospensione e sull'interruzione
del  corso  della  prescrizione  in  quanto  anch'esse   direttamente
incidenti  sulla  durata  della   prescrizione   e,   dunque,   sulla
determinazione del limite temporale  entro  cui  lo  Stato  puo'  far
valere la propria pretesa punitiva. 
    In particolare,  le  norme  sulla  sospensione  del  corso  della
prescrizione, in quanto volte ad individuare le situazioni di  stallo
processuale  non  attribuibili  all'inerzia  degli  organi   statuali
titolari dell'azione penale e di quelli deputati all'accertamento dei
fatti e, dunque, non implicanti la rinuncia da parte dello Stato alla
pretesa punitiva rispetto ai reati in contestazione,  afferiscono  ad
un profilo centrale della punibilita' (e, dunque,  della  fattispecie
criminosa) quale la determinazione del limite temporale massimo entro
cui l'imputato puo' essere punito per il reato contestato. 
    Peraltro, la stretta attinenza della sospensione del corso  della
prescrizione al profilo sostanziale della punibilita' dei reati e  la
conseguente soggezione delle  eventuali  modificazioni  normative  al
divieto di retroazione delle disposizioni sfavorevoli al reo  di  cui
all'art. 2, commi 1 e 2 del codice penale  e  all'art.  25,  comma  2
Costituzione appaiono chiaramente  evocate  ancora  una  volta  dalla
scelta  del  legislatore  di   collocare   la   disciplina   generale
dell'istituto nel libro I, titolo IV, capo  I  del  codice  penale  e
dalla stessa formulazione dell'art. 159, comma 1  del  codice  penale
ispirata a  quei  principi  garantisti  di  riserva  di  legge  e  di
tassativita' e determinatezza delle fattispecie di cui  il  principio
di  irretroattivita'   della   legge   penale   sfavorevole   e'   il
completamento logico. 
    Appare, dunque, ragionevole ritenere che la necessita' posta  dal
principio di  legalita'  penale  consacrato  nell'art.  25,  comma  2
Costituzione che il cittadino sia posto dalla legge nella  condizione
di prevedere con certezza, alla luce del quadro normativo coevo, ogni
conseguenza penale delle proprie azioni sarebbe gravemente  inficiata
qualora  il  legislatore  potesse   introdurre   nuove   ipotesi   di
interruzione o  di  sospensione  del  corso  della  prescrizione  con
efficacia retroattiva. 
    Il Tribunale ritiene, del  pari,  non  inconferente  e  privo  di
fondamento il richiamo dei difensori  dell'imputato  alla  necessita'
posta dall'art. 117, comma 1  Costituzione  di  assumere  come  norma
interposta,  al  fine  di  valutare  la  legittimita'  costituzionale
dell'art. 83, comma 4 del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  e
dell'art. 36 del  decreto-legge  8  aprile  2020,  n.  23,  l'art.  7
C.E.D.U. in quanto fondamento, cosi' come  interpretato  dalla  Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo,   del   divieto   di   applicazione
retroattiva del diritto penale a detrimento dell'imputato. 
    Infatti,  premesso  che  ai  sensi   dell'art.   117,   comma   1
Costituzione il legislatore interno deve  conformarsi  agli  obblighi
internazionali  assunti  dallo  Stato  e  che  fra  questi  rientrano
certamente   quelli   derivanti   dall'adesione   dell'Italia    alla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, si osserva come l'art. 7, comma 1  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali  enunci  proprio  i   principi   di   legalita'   e   di
irretroattivita' della legge penale sfavorevole («nessuno puo' essere
condannato per una azione o una omissione che, al momento in  cui  e'
stata commessa, non costituiva reato secondo  il  diritto  interno  o
internazionale») e sia stato costantemente interpretato  dalla  Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo  come  una  norma  rafforzativa   ed
innovativa della portata garantista dei medesimi principi, in  quanto
volta  ad  imporre  che  il  cittadino,  al  momento  dell'azione   o
dell'omissione, disponga di informazioni chiare e precise su tutte le
norme giuridiche applicabili al caso concreto e, dunque, non solo sul
precetto  contenente  la  descrizione  delle  condotte   vietate   ma
sull'intero  quadro  normativo  che  ne   individua e   sancisce   le
conseguenze penali (vale a dire l'intero regime della responsabilita'
penale che ne discende), con il necessario corollario che le relative
norme rispondano ai  sotto  principi  della  accessibilita'  e  della
prevedibilita'  e,  dunque,  che  siano   portate   adeguatamente   a
conoscenza dei destinatari e  che  siano  formulate  con  sufficiente
precisione in modo  da  permettere  loro  di  regolare  ed  orientare
consapevolmente i propri agiti (in quanto «in grado di prevedere, con
un grado ragionevole di approssimazione in rapporto alle  circostanze
del caso, le conseguenze  che  possono  derivare  da  un  determinato
atto»): 
    Ai  fini  che   interessano   mette   conto   richiamare   alcuni
significativi passaggi della  sentenza  pronunciata  dalla  Corte  di
giustizia Grande Sezione del 5  dicembre  2017  nella  causa  C-42/17
M.A.S. e M.B. (cosi detta Taricco bis) in cui dopo avere richiamato i
principi di legalita' dei reati e delle pene ed in particolare quello
di irretroattivita' della legge penale sanciti dall'art. 7,  comma  l
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'   fondamentali    come    appartenenti    alle    tradizioni
costituzionali comuni agli stati membri dell'UE, nonche' gli articoli
49 e 51, paragrafo 1 della CDFUE che impongono  a  questi  ultimi  di
conformarsi  a  quei  principi  nel  dare   attuazione   al   diritto
dell'Unione ed avere precisato come  essi  postulino  la  rispondenza
delle disposizioni penali interne ai requisiti dell'accessibilita'  e
della prevedibilita' in ordine alla definizione  del  reato  ed  alla
determinazione della pena (in modo che «il singolo  possa  conoscere,
in base al testo della disposizione rilevante e,  se  del  caso,  con
l'aiuto dell'interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici,  gli
atti e le omissioni che chiamano  in  causa  la  sua  responsabilita'
penale») e non consentano al giudice non solo di sanzionare  condotte
al momento del fatto non vietate da alcuna norma penale nazionale, ma
anche  «di   aggravare   il   regime   di   responsabilita'   penale»
dell'imputato; ha osservato che i  requisiti  di  prevedibilita',  di
determinatezza e di irretroattivita' si  applicano,  nell'ordinamento
giuridico italiano, anche al regime della prescrizione (nel  caso  di
specie a quello relativo ai reati in materia di IVA) e che il giudice
nazionale italiano non puo' essere obbligato a disapplicare le  norme
sulla prescrizione qualora in contrasto con  il  diritto  dell'Unione
(nel caso  di  specie  ai  fini  dell'applicazione  della  condizione
prevista al punto 58 della sentenza della Corte di  giustizia  Grande
Sezione dell'8 settembre 2015 in causa C-105/14 Taricco) qualora cio'
conduca ad una situazione di  incertezza  nell'ordinamento  giuridico
italiano  quanto  alla  determinazione  del  regime  di  prescrizione
applicabile o  all'applicazione  retroattiva  di  una  normativa  che
imponga un regime di punibilita' piu' severo  di  quello  vigente  al
momento della commissione del reato (si vedano i punti  da  51  a  62
della sentenza). 
    Dalla lettera dell'art. 7, comma 1  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  e
dell'art. 49, comma 1 CDFUE  e  dall'interpretazione  di  tali  norme
fatta dalla Corte europea dei diritti  dell'uomo  e  dalla  Corte  di
giustizia e' dato,  dunque,  ricavare  una  chiara  declinazione  del
divieto di retroazione della legge penale sfavorevole in  termini  di
esclusione  della  possibilita'  per  i  legislatori   nazionali   di
introdurre norme  che  aggravino  retroattivamente  il  regime  della
punibilita' e, dunque, anche norme in  materia  di  prescrizione  che
estendano retroattivamente il limite temporale della pretesa punitiva
dello Stato. 
    In  questa  prospettiva  appare,   dunque,   non   manifestamente
infondata la denuncia dei difensori dell'imputato  dell'esistenza  di
un contrasto delle disposizioni di  cui  all'art.  83,  comma  4  del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge  8
aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono che il  corso  della
prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020  e  l'11  maggio  2020
anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi  prima
del 9 marzo 2020, oltre che con  l'art.  25,  comma  2  Costituzione,
anche con l'art. 117, comma 1 Costituzione in relazione  all'art.  7,
comma 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle liberta' fondamentali (cosi' come in relazione  all'art.  49,
comma 1 CDFUE). 
    Resta da valutare se la questione di legittimita'  costituzionale
prospettata  dai  difensori  dell'imputato  possa   essere   ritenuta
manifestamente infondata sulla scorta delle argomentazioni spese  dal
difensore  di  parte  civile,  il  quale  ha  sostenuto   la   natura
processuale dell'istituto della sospensione  della  prescrizione,  il
carattere eccezionale e temporaneo dei provvedimenti aventi forza  di
legge denunciati con conseguente applicabilita' ad essi della  deroga
al principio  di  irretroattivita'  della  legge  penale  sfavorevole
prevista e disciplinata dall'art. 2, comma 5 del codice penale e,  in
ogni caso, la rispondenza degli interventi legislativi  in  parola  a
superiori esigenze di tutela della salute  pubblica  e,  dunque,  del
diritto alla  salute  tutelato  all'art.  32  Costituzione,  bene  di
rilievo e di interesse  costituzionale  da  ritenere  prevalente  sul
diritto dell'imputato alla prescrizione del reato. 
    Le considerazioni  sopra  svolte  sulla  natura  di  istituto  di
diritto  sostanziale   penale   della   prescrizione,   nonche'   sul
conseguente  assoggettamento  delle  modifiche  del  relativo  quadro
normativo  al  supremo  principio  costituzionale  del   divieto   di
retroazione delle disposizioni di legge sfavorevoli al reo consentono
di ritenere superato il primo degli argomenti spesi dalla  difesa  di
parte civile a sostegno della richiesta di rigetto della questione di
legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato. 
    Quanto alla deduzione della difesa di parte civile relativa  alla
natura di interventi legislativi emergenziali delle  disposizioni  di
cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18  ed
all'art.  36  del  decreto-legge  8  aprile  2020,  n.  23  ed   alla
conseguente applicabilita' ad  essi  della  deroga  al  principio  di
irretroattivita' della legge penale sfavorevole prevista dall'art. 2,
comma 5 del codice penale per  le  leggi  eccezionali  o  temporanee,
ritiene  il  Tribunale  che  la  condivisibile   qualificazione   dei
decreti-legge  in  questione  come  leggi  eccezionali,   in   quanto
contenenti una disciplina  transeunte  e  peculiare  imposta  da  una
situazione  di  emergenza   (quale   l'epidemia   determinata   dalla
diffusione del virus denominato Covid 19), non consenta in alcun modo
di sacrificare il principio del divieto di  retroazione  della  legge
penale sfavorevole in quanto posto dall'art. 25, comma 2 Costituzione
a presidio di diritti  inviolabili  dell'individuo  e,  dunque,  come
valore  supremo  parte  dell'identita'  costituzionale   del   nostro
ordinamento. 
    D'altro canto la disposizione dettata dall'art. 2,  comma  5  del
codice penale per le leggi eccezionali o temporanee, da leggere  alla
luce sia dell'art. 14 delle disposizioni sulle leggi in generale  che
recita : «le leggi penali e  quelle  che  fanno  eccezione  a  regole
generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi  in
esse considerati» che dell'art. 25, comma 2 Costituzione e  dell'art.
117,  comma  1  Costituzione  in  relazione  all'art.  7,   comma   1
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali  e  all'art.  49,  comma  1  CDFUE,  lungi  dal
prevedere  che  gli  interventi  legislativi   emergenziali   possano
introdurre  disposizioni  di  legge  penale  a  detrimento  del   reo
applicabili retroattivamente - previsione che  sarebbe  in  contrasto
oltre che, inammissibilmente, con il  divieto  di  retroazione  della
legge penale  sfavorevole  di  rango  costituzionale,  anche  con  la
naturale destinazione delle leggi eccezionali o temporanee a  dettare
una disciplina  rivolta  al  tempo  presente  ed  ad  una  delimitata
porzione di quello futuro e non anche ad  un  passato  non  connotato
dall'emergenza fronteggiata - pone un limite al solo principio  della
retroattivita' della legge penale favorevole al reo di  cui  all'art.
2, comma 4 del codice penale,  stabilendone  l'inapplicabilita'  alle
situazioni disciplinate  dalle  leggi  eccezionali  e  temporanee  e,
dunque, ponendo la regola della  ultrattivita'  di  queste  ultime  a
salvaguardia della loro efficacia intimidatrice ; ne consegue come la
norma di cui all'art. 2, comma 5 del codice penale non possa in alcun
modo essere posta a  fondamento  di  un'ordinanza  di  rigetto  della
questione di legittimita' costituzionale che occupa. 
    E',  infine,  avviso  del  Tribunale  che   non   possa   trovare
accoglimento neppure la sollecitazione della difesa di parte civile a
ritenere  manifestamente  infondata  la  questione  di   legittimita'
costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato  ravvisando  nei
provvedimenti aventi  forza  di  legge  denunciati  il  carattere  di
interventi a tutela del bene supremo della salute tutelato  dall'art.
32 Costituzione sia come  diritto  fondamentale  dell'individuo,  sia
come  interesse  della   collettivita'   e   ritenendo   il   diritto
dell'imputato alla prescrizione, pur  se  derivante  dal  divieto  di
irretroattivita' della legge penale sfavorevole sancito dall'art. 25,
comma 2 Costituzione, necessariamente recessivo. 
    Infatti, il percorso logico argomentativo  che  il  Tribunale  e'
chiamato  a  seguire  dal  difensore  di  parte  civile  non  esclude
l'esistenza di un contrasto delle disposizioni di  cui  all'art.  83,
comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18  e  all'art.  36  del
decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono  che
il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e  l'11
maggio 2020 anche nei procedimenti penali  aventi  ad  oggetto  reati
commessi prima del 9 marzo 2020, con l'art. 25, comma 2  Costituzione
e con l'art. 117, comma 1 Costituzione in relazione all'art. 7, comma
l Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali ed all'art. 49, comma 1 CDFUE, ma postula
che il giudice ordinario possa ritenerlo irrilevante assumendo che il
legislatore si sia trovato a bilanciare due  beni  o  valori  supremi
dell'ordinamento costituzionale e che abbia correttamente ritenuto il
principio di legalita' penale  recessivo  rispetto  al  diritto  alla
salute. 
    Si chiede, dunque, al giudice ordinario di non limitarsi  ad  una
mera delibazione in ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dai  difensori
dell'imputato che ne sfiori il merito e si  risolva  in  un  giudizio
sull'esistenza  di  motivi   per   dubitare   della   conformita'   a
Costituzione delle disposizioni di legge impugnate e, dunque, di  una
controversia in  merito  da  rimettere  alla  decisione  della  Corte
costituzionale, ma di spingersi oltre fino a  decidere  la  questione
stessa e a giudicare della correttezza o meno del  bilanciamento  fra
beni   o   valori   costituzionalmente   rilevanti   effettuato   dal
legislatore, decisione e giudizio che appaiono,  tuttavia,  riservati
alla Corte costituzionale. 
    Alla luce delle considerazioni sopra svolte il Tribunale  ritiene
che la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni di
cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo  2020,  n.  18  e
all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23,  nella  parte  in
cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il  9
marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad
oggetto  reati  commessi  prima  del  9  marzo  2020,  sollevata  dai
difensori  dell'imputato  per  contrasto  con  l'art.  25,  comma   2
Costituzione e con l'art. 117,  comma  1  Costituzione  in  relazione
all'art. 7, comma 1  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'   fondamentali   non   sia
manifestamente infondata. 
    Ritiene, infine, il tribunale che non sia possibile dare luogo ad
un'interpretazione   delle   disposizioni   impugnate   conforme    a
Costituzione. 
    Infatti, posto che il dubbio  sulla  legittimita'  costituzionale
dell'art. 83, comma 4 del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  e
dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile  2020,  n.  23  attiene  alla
parte di tali norme in cui si prevede che il corso della prescrizione
resti sospeso fra il 9 marzo  2020  e  l'11  maggio  2020  anche  nei
procedimenti penali aventi ad oggetto  reati  commessi  prima  del  9
marzo 2020, con conseguente violazione  del  principio  di  legalita'
nella declinazione del divieto di irretroattivita' della legge penale
sfavorevole sancito  dall'art.  25,  comma  2  Costituzione,  nonche'
dall'art. 7, comma l Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 49,  comma
1  CDFUE  (operanti  come  norme  interposte  e  come  parametri   di
valutazione della legittimita' costituzionale attraverso l'art.  117,
comma  1  Costituzione),  l'unica  loro  interpretazione  adeguatrice
possibile, quella di ritenere la disposta sospensione del corso della
prescrizione fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020  operante  per  i
soli procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi dopo  il  9
marzo 2020 ed inapplicabile a quelli aventi ad oggetti reati commessi
in  data  antecedente,  contrasterebbe  con  la   littera   legis   e
frustrerebbe  la  chiara  intenzione  del  legislatore,   da   sempre
considerati   dalla   stessa   Corte   costituzionale   come   limiti
invalicabili  nell'esperimento  dell'interpretazione   conforme   (si
vedano ex multis le sentenze della Corte costituzionale n.  356/1994,
n. 208/2009, n. 78/2012, n. 42/2017 e n. 49/2019).  
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Costituzione e 23  della  legge  11  marzo
1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale prospettata  all'udienza  del  25  giugno
2020 dall'avv. Teresa Mercurio e dall'avv. Andrea Longo, difensori di
fiducia dell'imputato P. A. e per l'effetto 
    Solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  83,
comma 4 del  decreto-legge  7  marzo  2020,  n.  18  (convertito  con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) e dell'art.  36  del
decreto-legge 8 aprile 2020,  n.  23  (convertito  con  modificazioni
dalla legge 5 giugno 2020, n. 40) nella parte in cui  hanno  previsto
che la sospensione del corso della prescrizione per il periodo dal  9
marzo 2020 all'11 maggio 2020, disposta  in  conseguenza  del  rinvio
d'ufficio dei procedimenti penali e della sospensione dei termini per
il compimento in essi di qualsiasi atto stabiliti nello  stesso  arco
di tempo, si applichi ai processi aventi ad oggetto  reati  commessi.
prima della data del 9 marzo 2020, per contrasto con l'art. 25, comma
2 Costituzione che sancisce il  principio  di  legalita'  in  materia
penale in termini di divieto di retroattivita' delle disposizioni  di
legge penale sfavorevoli al reo e  con  l'art.  117,  comma  1  della
Costituzione nella parte in cui impone  il  rispetto  degli  obblighi
internazionali assunti dall'Italia in relazione all'art. 7,  comma  1
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali e all'art. 49, comma 1 CDFUE che sanciscono  lo
stesso principio. 
    Sospende il presente giudizio sino  alla  decisione  della  Corte
costituzionale sulla proposta questione di legittimita'. 
    Dispone a cura della cancelleria  l'immediata  trasmissione  alla
Corte costituzionale  della  presente  ordinanza  e  degli  atti  del
processo,  nonche'  della   prova   delle   notificazioni   e   delle
comunicazioni di seguito disposte. 
    Dispone a cura  della  cancelleria  la  notifica  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione
del medesimo provvedimento ai presidenti del Senato  e  della  Camera
dei deputati. 
 
        In Roma, 3 luglio 2020 
 
                        Il giudice: Marocchi