N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2020

Ordinanza del 16 luglio 2020 del Tribunale di Paola nel  procedimento
penale a carico di G. P. e altri. 
 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza  epidemiologica  da   COVID-19   -   Previsione   della
  sospensione del corso della prescrizione dei reati  commessi  prima
  del 9 marzo per un periodo di tempo  pari  a  quello  in  cui  sono
  sospesi  i  termini  per  il  compimento  di  qualsiasi  atto   dei
  procedimenti penali. 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Previsione  che  il  corso
  della prescrizione dei  reati  commessi  prima  del  9  marzo  2020
  rimanga sospeso per un periodo di tempo pari a  quello  in  cui  il
  procedimento e' rinviato  sulla  base  delle  misure  organizzative
  adottate dai capi degli uffici giudiziari, e,  in  ogni  caso,  non
  oltre il 30 giugno 2020. 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19  -  Previsione   che   la
  sospensione della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo
  2020 si fondi sull'eventuale adozione di  misure  organizzative  da
  parte dei singoli uffici giudiziari. 
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure  di  potenziamento  del
  Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per  famiglie,
  lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza  epidemiologica  da
  COVID-19), convertito, con modificazioni,  nella  legge  24  aprile
  2020, n. 27, art. 83, commi 4 e 9. 
(GU n.40 del 30-9-2020 )
 
                         TRIBUNALE DI PAOLA 
                           Sezione penale 
 
    Il Giudice dott. Filippo  Putaturo,  all'udienza  del  16  luglio
2020, ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione  alla  Corte
costituzionale di questione di legittimita' costituzionale; 
    Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe,  nei
confronti di 
        G. P. , nata ... 
        R. M. G. nato ... 
        G. M. , nato ... 
        R. A. R. nata ... 
        C. F. , nato ... 
    Imputati del delitto p. e p. dagli articoli 113, 589  del  codice
penale perche': 
        G. M. e G. P. il primo quale medico responsabile  dell'Unita'
operativa di ... e la seconda quale medico in servizio presso  quella
struttura, trascurando la presa  in  carico  del  paziente  V.  G.  ,
affetto da una cardiopatia/displasia aritmogena del ventricolo destro
(ARVD), disattendendo gli obblighi di protezione senza pianificare le
migliori scelte sulla scorta di una stratificazione del rischio,  non
predisponendo un percorso documentato al paziente, un  coinvolgimento
informato, una strategia decisionale in  termini  di  gestione  dello
stesso, che si e' presentata inadeguata  discontinua  e  carente  nel
percorso diagnostico terapeutico, pur  essendo  a  conoscenza  dal  6
ottobre 2010 della anamnesi familiare  positiva  per  morte  cardiaca
improvvisa del nonno e della zia paterna e  del  padre  sottoposto  a
impianto di ICD; 
        C. F. e R. A. R.  medici  in  servizio  presso  la  divisione
cardiovascolare della casa di cura ..., accettando il  V.  G.  giunto
alla loro osservazione per dolore toracico  e  dimettendolo  in  data
..., senza alcuna indicazione per il paziente, nonostante gia' dal 17
dicembre 2009 quella divisione  cardiovascolare  fosse  a  conoscenza
della  condizione  del  paziente  e  della  sua  anamnesi   familiare
positiva; 
        G. P. e R. M. G.  la  prima  nella  predetta  qualita'  e  il
secondo  quale  medico  in  servizio  presso  l'unita'  operativa  di
ecocardiografia   dell'...,   limitandosi   il   16    maggio    2012
all'esecuzione su V. G. recatosi presso la struttura non gia' per  un
controllo programmato, ma  per  un'esigenza  di  verifica  clinica  a
seguito di un episodio di lipotomia avvenuto in data 10 marzo 2012  -
unicamente di un ecocardiogramma  e  rinviando  il  paziente  ad  una
successiva visita alla quale  si  sarebbe  dovuto  sottoporre  il  19
novembre 2012, dopo  oltre  sei  mesi,  senza  alcun  approfondimento
clinico che avrebbe consentito invece in quella sede  di  valorizzare
il citato episodio lipotomico; 
        omettendo  tutti,  nelle  citate  circostanze,  di   valutare
l'inserimento di un defibrillatore  cardioverter  impiantabile  (ICD)
che avrebbe evitato l'evento mortale e che e' la terapia standard per
la  prevenzione  della  morte  improvvisa  (SD)   in   pazienti   con
cardiomiopatia/displasia aritmogena del ventricolo destro; 
        cagionavano,  con  cooperazione  di  condotte  colpose,   con
violazione delle leges artis e comunque per negligenza  imprudenza  e
imperizia, la morte di V. G. ,  deceduto  in  ...  per  insufficienza
cardiorespiratoria  acuta   da   aritmia   ventricolare   maligna   e
conseguente edema polmonare acuto in soggetto  affetto  da  displasia
aritmogena del ventricolo destro. 
    ... in ...  (competenza  ex  art.  16,  comma  2  del  codice  di
procedura penale) il ... 
    Considerato che il presente giudizio, per  i  motivi  di  seguito
esposti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale: dell'art.  83,  comma
4,  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.   18,   convertito   con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento  agli
articoli  25,  secondo  comma  della   Costituzione   e   117   della
Costituzione in relazione  all'art.  7  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione dei  reati
commessi prima del 9 marzo 2020 rimane  sospeso  per  un  periodo  di
tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per  il  compimento
di qualsiasi atto dei procedimenti penali; dell'art. 83, nono  comma,
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con  modificazioni
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento  agli  articoli  3,
25, comma  2  e  117  della  Costituzione  in  relazione  all'art.  7
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali,  nella  parte  in   cui   prevede   che   nei
procedimenti penali il corso della prescrizione rimane sospeso per il
tempo in cui il procedimento e'  rinviato  in  ossequio  alle  misure
organizzative disposte dal capo dell'ufficio giudiziario e,  in  ogni
caso, non oltre il 30 giugno 2020; 
    Ritenuta non manifestamente infondata la  predetta  questione  di
legittimita'  costituzionale,  per  le  ragioni  meglio  esposte   di
seguito; 
 
                        Osserva quanto segue 
 
    All'odierna udienza, la difesa di G. P. e G. M. , ha asserito che
la prescrizione del reato in contestazione sarebbe maturata  in  data
23 marzo 2020 se non fosse intervenuta  la  sospensione  dei  termini
prescrizionali prevista dall'art. 83, comma 4  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18 dal 16 marzo 2020 all'11 maggio  2020  (il  termine
era gia' sospeso per altra causa fino al  16  marzo  2020)  e  quella
prevista sulla base del comma 9 dello stesso articolo dal  12  maggio
2020 al 16 luglio 2020, e, pertanto, ha avanzato richiesta  affinche'
lo   scrivente   giudice   sollevasse   questione   di   legittimita'
costituzionale relativamente all'art. 83,  comma  4  e  comma  9  del
decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento  agli  articoli  3,
25, comma 2 della Costituzione e 117 della Costituzione in  relazione
all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    La difesa, in particolare, ha fondato la  propria  istanza  sulle
argomentazioni espresse dai Tribunali di Siena, Spoleto e Crotone che
hanno gia' sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale
con  riferimento   all'art.   83,   comma   4,   richiamando   dunque
indirettamente il costante orientamento della Corte costituzionale  e
della Corte di Giustizia dell'Unione europea in  merito  alla  natura
sostanziale della prescrizione del reato, soggetta  al  principio  di
legalita', sub specie di principio di  irretroattivita'  della  legge
penale sfavorevole. Alla luce  di  tale  granitica  impostazione,  la
sospensione  del  corso  della  prescrizione  inserita   nel   nostro
ordinamento dall'art. 83, comma 4  e  comma  9  non  potrebbe  essere
applicata ai fatti commessi anteriormente al 9 marzo 2020, ma solo  a
quelli commessi in epoca successiva. 
    La difesa ha, inoltre, fondato la propria istanza sulla  asserita
irragionevolezza dell'art. 83, comma  9,  laddove  fa  discendere  la
sospensione della prescrizione dalla discrezionalita' dei capi  degli
uffici  giudiziari  per  ragioni  organizzative,  cosi   determinando
differenziazioni illogiche ed irrazionali nell'ambito del  territorio
nazionale. 
    Al fine di  meglio  chiarire  la  rilevanza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale proposte con il  presente  provvedimento,
occorre  preliminarmente  ricostruire   il   complesso   degli   atti
legislativi disposti in conseguenza dell'emergenza epidemiologica  da
Covid-19, soffermandosi in particolare  sul  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18. Tale ultimo atto, infatti, deve essere letto nell'ambito
della sequela di interventi legislativi inaugurata con  decreto-legge
8 marzo 2020, n. 11 e chiusa dalla legge 25 giugno 2020,  n.  70,  di
conversione del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. 
    Con il decreto-legge n. 11/2020 (dapprima abrogato  dall'art.  1,
comma  2,  della  medesima  legge  n.  27/2020,  di  conversione  del
decreto-legge n. 18/2020, e poi decaduto, in data 7 maggio 2020,  per
mancata conversione in legge, nel termine fissato dalla Costituzione)
e' stato inizialmente previsto «il differimento urgente delle udienze
e una  sospensione  dei  termini  nei  procedimenti  civili,  penali,
tributari e militari sino al 22 marzo 2020» (cosi,  testualmente,  la
relazione  illustrativa  al  d.d.l.  di  conversione  in  legge   del
decreto-legge n. 18/2020). 
    Il termine del 22 marzo 2020 e stato poi prorogato, dapprima,  al
15 aprile 2020, in forza dell'art.  83,  comma  1,  decreto-legge  n.
18/2020 e, successivamente, all'11 maggio 2020, in  virtu'  dell'art.
36, comma 1, decreto-legge n. 23/2020, che non ha tuttavia sostituito
il pregresso termine indicato nel corpo dell'art. 83,  limitandosi  a
disporne la proroga, con autonoma disposizione. 
    L'art. 83, comma 1,  decreto-legge  n.  18/2020,  nella  versione
attualmente in vigore, prevede al primo comma che «dal 9  marzo  2020
al 15 aprile  2020  le  udienze  dei  procedimenti  civili  e  penali
pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a
data successiva ai 15 aprile 2020», aggiungendo,  al  secondo  comma,
che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 e'  sospeso  il  decorso  dei
termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e
penali». Prevede poi l'art. 36, comma 1, decreto-legge n. 23/2020 che
«il termine del 15 aprile 2020 previsto dall'art. 83, commi  l  e  2,
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  e'  prorogato  all'11  maggio
2020». 
    Ne' la legge di conversione,  ne'  il  decreto-legge  n.  28/2020
hanno modificato i commi 1  e  2  del  decreto-legge  n.  18/2020  e,
dunque, la disciplina complessivamente  prevista  ai  commi  primo  e
secondo dell'art. 83, decreto-legge n. 18/2020  -  come,  d'altronde,
espressamente  affermato  e  riconosciuto  dallo  stesso  legislatore
governativo  nella   relazione   al   d.d.l.   di   conversione   del
decreto-legge n. 18/2020 - ruota attorno a un duplice  asse:  da  una
parte, la necessita' di «sospendere tutte  le  attivita'  processuali
allo scopo di ridurre al minimo quelle forme  di  contatto  personale
che favoriscono il propagarsi dell'epidemia»; dall'altra,  l'esigenza
di «neutralizzare ogni effetto negativo che il  massivo  differimento
delle attivita'  processuali  disposto  al  comma  1  avrebbe  potuto
dispiegare sulla  tutela  dei  diritti  per  effetto  del  potenziale
decorso dei termini  processuali»  (cfr.  relazione  illustrativa  al
d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020). 
    In altri termini, se nel primo comma viene prescritto il «massivo
differimento» di ogni attivita' processuale, disponendosi  il  rinvio
obbligatorio di tutte le udienze gia' fissate tra il 9 marzo  2020  e
l'11  maggio  2020,  nel  secondo  comma  viene  invece  prevista  la
sospensione, per lo stesso periodo di tempo, del decorso dei  termini
processuali. 
    Resta pertanto fermo quanto gia'  previsto  dal  decreto-legge  e
dunque, nella c.d. fase 1, e' sospeso il decorso dei termini  per  il
compimento di qualsiasi atto del procedimento penale, e non del  solo
processo - fatte salve le eccezioni di cui al comma 3 -  e,  seguendo
l'indicazione contenuta all'art. 83, comma 2, decreto-legge cit. sono
pertanto sospesi i termini  stabiliti  per  la  fase  delle  indagini
preliminari, i termini per l'adozione dei provvedimenti giudiziari  e
per il deposito della loro motivazione, i termini per la proposizione
degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi,  i
termini  per  le  impugnazioni  e,  in  genere,   tutti   i   termini
procedurali, formula questa di evidente chiusura,  con  la  quale  la
sospensione viene tout court estesa a tutti i procedimenti penali, in
qualunque fase e grado essi si trovino, nonche'  a  tutti  i  termini
procedurali, siano essi di prescrizione, o cautelari, o, per esempio,
di conclusione delle indagini preliminari. 
    La sospensione ex lege, nella fase 1, viene dunque dilatata oltre
i confini  della  «pendenza»  del  procedimento  e  investe  tutti  i
procedimenti penali. 
    Ma la disposizione che,  in  questa  sede,  risulta  di  maggiore
rilievo  risiede  nel  quarto  comma  del  citato   art.   83:   «nei
procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai  sensi
del comma 2 e' altresi' sospeso, per  lo  stesso  periodo,  il  corso
della prescrizione». 
    Tale norma non ha subito alcuna modifica e, pertanto,  alla  luce
della ratio della riforma (che mira, nella fase 1, ad una sospensione
generalizzata e diffusa) va superata l'illogica discrasia dovuta alla
formulazione della norma che, con il richiamo al solo art. 83,  comma
2, sembra inopinatamente escludere i procedimenti in cui  le  udienze
vengano rinviate d'ufficio ai sensi  dell'art.  83,  comma  1;  resta
dunque inalterata, per la fase 1, la  generalizzata  sospensione  dei
termini e, per la sua stessa durata, la sospensione del  corso  della
prescrizione relativamente a tutti i procedimenti penali pendenti. 
    Il legislatore  ha  infatti  istituito  uno  stretto  legame  tra
sospensione dei termini processuali e  sospensione  del  corso  della
prescrizione, ancorando quest'ultima alla prima,  sia  per  quel  che
concerne  i  presupposti  applicativi,  sia  per  quel  che  riguarda
l'estensione temporale. Pertanto, laddove siano sospesi i termini per
il compimento di qualsiasi attivita' processuale, restera'  parimenti
sospeso il corso della prescrizione, per un periodo di tempo,  sempre
fisso e prestabilito, corrispondente all'arco di tempo che intercorre
tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, pari a complessivi sessantaquattro
giorni. 
    In ragione di siffatti rilievi, ritiene, pertanto,  il  Tribunale
che la prescrizione del reato contestato nel presente giudizio  debba
intendersi sospesa, in virtu' dell'art. 83, comma 4, decreto-legge n.
18/2020. 
    D'altra parte, a tale sospensione  va  aggiunta  quella  prevista
dall'art. 83, comma 9, decreto-legge n. 18/2020. 
    Tale disposizione prevede che nei procedimenti  penali  il  corso
della prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui il procedimento
e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g) dello  stesso  articolo,
e, in ogni  caso,  non  oltre  un  termine  massimo,  originariamente
individuato nel 30 giugno 2020,  poi  differito  al  31  luglio  2020
dall'art. 3, comma 1, lettera i), decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28
ed  infine  nuovamente  fissato  al  30  giugno  2020,  per   effetto
dell'abrogazione della disposizione ultima citata  determinata  dalla
legge 25 giugno  2020,  n.  70,  di  conversione  con  modifiche  del
decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. 
    A sua volta, il  comma  7,  lettera  g)  indica,  tra  le  misure
organizzative  adottabili  dai  capi  degli  uffici  giudiziari   per
contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 per il periodo dal
12 maggio 2020 al 30 giugno 2020,  la  previsione  del  rinvio  delle
udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e
penali, con le eccezioni indicate al comma 3. Anche  in  relazione  a
tale norma la data del 30  giugno,  prevista  in  origine,  e'  stata
dapprima sostituita dall'art. 3, comma 1, lettera  i),  decreto-legge
30 aprile 2020, n. 28 con quella del 31 luglio e infine  ripristinata
dalla legge 25 giugno 2020, n. 70. 
    Nel caso di specie, il procedimento, fissato  per  il  12  maggio
2020, e' stato rinviato all'odierna udienza, in ossequio  ai  decreti
n. 25/2020 e n. 26/2020 del Presidente del Tribunale di Paola, con  i
quali e' stato disposto di provvedere al rinvio di ufficio di tutti i
procedimenti penali fissati  nel  periodo  intercorrente  tra  il  12
maggio 2020 e il 26 maggio  2020,  ad  eccezione  di  quelli  di  cui
all'art. 83, comma 3, decreto-legge n. 18/2020 e all'art.  36,  comma
1, decreto-legge n. 23/2020 (ora tutti ricompresi in quelli  previsti
dall'art. 83, comma 3,  decreto-legge  n.  18/2020,  come  modificato
dall'art. 3, comma 1, lettera a, n. 2 decreto-legge n. 28/2020);  nel
provvedimento di rinvio e'  stata  dichiarata  la  sospensione  della
prescrizione per il tempo per cui il procedimento e'  stato  rinviato
e, dunque, fino al 16 luglio 2020, essendo tale  data  precedente  al
termine ultimo del 31 luglio 2020 previsto all'epoca. 
    Nelle more, come gia' evidenziato, e'  intervenuta  la  legge  25
giugno 2020, n. 70, di conversione con modifiche del decreto-legge 30
aprile 2020, n. 28, che  ha  anticipato  il  termine  ultimo  per  la
sospensione della prescrizione al 30 giugno 2020; l'art. 1,  comma  2
della richiamata legge ha previsto che «restano validi gli atti  e  i
provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e  i
rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 3, comma 1, lettera i),
decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28». 
    Orbene, questo Tribunale ritiene che tale ultima norma non  possa
trovare  applicazione  con   riferimento   alla   sospensione   della
prescrizione: l'effetto sospensivo, determinatosi nel caso di  specie
a partire dal 12 maggio 2020, consiste, invero, in una condizione  di
stasi del termine  prescrizionale,  che  non  decorre,  e  non  puo',
pertanto, considerarsi gia' ab origine  consolidato  fino  alla  data
indicata per il rinvio (nel caso di specie, la data odierna), poiche'
si  determina  giorno  per  giorno;  pertanto,  la  sospensione  deve
ritenersi operante solamente fino al momento in seguito al  quale  il
nuovo intervento legislativo ha imposto nuovamente la decorrenza  del
termine, ovvero il 30 giugno 2020. 
    Pertanto, applicando entrambe le sospensioni  previste  dall'art.
83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, si dovrebbe posticipare al
18 ottobre 2020 il decorso del termine massimo di  prescrizione,  per
le ragioni che di qui a poco si esporranno.  Le  considerazioni  e  i
rilievi innanzi esposti, ad avviso di questo giudice, depongono tutti
nel senso di escludere la possibilita' che il presente giudizio possa
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 e dell'art.  83,
comma 9 del decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,  convertito  con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento  agli
articoli 3, 25,  comma  2  e  117  della  Costituzione  in  relazione
all'art. 7  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    Tanto  premesso,  e'  necessario  precisare  che  il   reato   in
contestazione si configura quale ipotesi  delittuosa  punita  con  la
pena massima della reclusione inferiore a sei anni, la  cui  data  di
consumazione va individuata nel 19 maggio 2012. 
    Ebbene, l'art.  157  del  codice  di  procedura  penale  -  nella
formulazione introdotta con la legge n. 251/2005, entrata  in  vigore
l'8 dicembre 2005 e  pertanto  certamente  applicabile  ai  fatti  in
contestazione - prevede che la prescrizione estingue il reato decorso
il tempo corrispondente al  massimo  della  pena  edittale  stabilita
dalla legge o comunque decorso un tempo non inferiore a sei anni  per
i delitti e non superiore, ex art. 161  ult.  co.  c.p.,  al  termine
massimo individuato aumentato di un quarto, e dunque  non  superiore,
nel caso di specie, a sette anni e sei mesi. Tale termine risulta poi
allungato considerando la sospensione, seppur non dichiarata,  dovuta
alla richiesta di rinvio formulata  da  tutte  le  parti  all'udienza
dell'11 novembre 2016 fissata per l'incidente  probatorio  ed  avente
una durata pari a giorni centotre (fino alla successiva  udienza  del
22 febbraio 2017), la sospensione dovuta  alla  richiesta  di  rinvio
formulata  da  tutte  le  parti  all'udienza  dibattimentale  del  12
novembre 2019 ed avente una durata pari a  giorni  settantasei  (fino
alla successiva udienza del 27 gennaio 2020), la  sospensione  dovuta
alla richiesta di rinvio formulata  da  tutte  le  parti  all'udienza
dibattimentale del 27 gennaio 2020 ed avente una durata pari a giorni
quaranta (fino alla successiva udienza del 16 marzo 2020), nonche' la
sospensione introdotta dall'art. 83, comma  4  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile
2020, n. 27, dal 16 marzo 2020 all'11 maggio 2020, pari  a  ulteriori
cinquantasette giorni ed infine la sospensione  introdotta  dall'art.
83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020  n.  18,  convertito  con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, dal 12  maggio  2020
al 30 giugno 2020, pari a ulteriori quarantanove giorni. 
    Ebbene, al fine  di  comprendere  la  rilevanza  della  questione
avanzata dalla difesa nel caso di specie, va evidenziato  che  se  le
norme delle quali si invoca  l'incostituzionalita'  non  fossero  mai
stata introdotte, il fatto in contestazione si sarebbe prescritto  in
data 4 luglio 2020;  tuttavia,  proprio  in  virtu'  dell'entrata  in
vigore delle nuove ipotesi di sospensione in parola, il  decorso  del
termine massimo di prescrizione risulta slittato in avanti sino al 18
ottobre 2020. 
    E' semplice comprendere, dunque, che la questione di legittimita'
dell'art. 83, comma 4 e dell'art. 83, comma 9  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile
2020, n. 27 hanno una piena rilevanza nel caso che ci occupa. 
    Con riguardo alla  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni
proposte, iniziando da quella  relativa  all'art.  83,  comma  4,  si
possono mutuare le considerazioni, che di seguito si riportano,  gia'
espresse dal Tribunale di Crotone nell'ordinanza del 19  giugno  2020
con  cui  e'  stata  sollevata  analoga  questione  di   legittimita'
costituzionale. «E' necessario analizzare le peculiarita' della nuova
ipotesi di sospensione del termine  di  prescrizione  introdotta  dal
detto comma. Tale norma ha infatti si' introdotto ex novo un "evento"
del decorso del termine prescrizionale legato ad una  sospensione  ex
lege del procedimento penale - come gia' avvenuto in passato -, ma lo
ha fatto in virtu' del dilagare di un'emergenza sanitaria nazionale e
globale. Dunque, la ratio che ha di certo condotto il  legislatore  a
prevedere  tale  sospensione  obbligata  dell'attivita'   processuale
nazionale non sembra  in  alcun  modo  connessa  ad  un  disinteresse
all'attuazione  della  pretesa  punitiva,  bensi'  dipendente   dalla
oggettiva impossibilita dell'ordinamento di  esercitare  le  funzioni
giurisdizionali senza ledere il diritto  alla  salute  di  tutti  gli
utenti degli uffici giudiziari. 
    Il legislatore ha cosi' previsto la sospensione del  decorso  dei
termini prescrizionali al fine di evitare che la forzata e  obbligata
inattivita' degli organi giurisdizionali potesse andare a  favore  di
alcuni soggetti, i quali avrebbero inopinatamente  beneficiato  della
stasi giudiziaria, senza che la stessa potesse essere in  alcun  modo
legata allo scemare dell'interesse dello Stato alla  repressione  dei
reati. 
    Il legislatore ha dunque inserito un'ipotesi di sospensione della
prescrizione avente una particolare efficacia retroattiva, in  quanto
applicabile si a tutti i fatti commessi prima della  sua  entrata  in
vigore gia' sfociati in un procedimento penale (di qualunque stato  e
grado), ma non anche ai fatti commessi prima del 9 marzo 2020, ma non
ancora  approdati  neppure  alla  primissima  fase   delle   indagini
preliminari. 
    Proprio sulla base delle considerazioni appena svolte, sembra che
il legislatore abbia inserito nel nostro ordinamento la  prima  causa
di sospensione dei termini di prescrizione avente valenza prettamente
processuale e non sostanziale e,  percio',  sottoposta  al  principio
tempus  regit  actum  invece  che   all'inderogabile   principia   di
irretroattivita' della legge penale sfavorevole, di cui agli articoli
25 Coste  117  della  Costituzione  in  relazione  all'art.  7  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali. 
    E' d'obbligo  rilevare,  tuttavia,  che  nel  nostro  ordinamento
all'istituto  della   prescrizione   e   stata   attribuita   valenza
sostanziale, incidendo lo stesso sulla pena latu sensu intesa  e  sui
diritto dei consociati di conoscere e prevedere  le  conseguenze  cui
possono incorrere commettendo un reato. L'istituto in parola, dunque,
deve necessariamente essere sottoposto al principia  di  legalita'  e
tutte le modifiche che  lo  riguardano  devono  essere  regolate  dal
principio della retroattivita' della lex mitior  e  da  quello  della
irretroattivita' della legge penale sfavorevole.  Pur  riconoscendosi
una doppia anima  dell'istituto  della  prescrizione,  avente  natura
ibrida in quanta legata a  doppio  filo  a  vicende  processuali  per
quanta concerne gli eventi connessi al suo decorso, questa  causa  di
estinzione del reato  e  tutte  le  sue  vicende  sono  state  sempre
ricondotte sotto l'alveo applicativo dei principi suddetti e, dunque,
le modifiche in peius della disciplina della prescrizione sono  state
applicate solo  ai  fatti  commessi  successivamente  all'entrata  in
vigore delle novelle normative. 
    Infatti, la giurisprudenza costituzionale, nel  recente  passato,
ha riconosciuto natura sostanziale  all'istituto  della  prescrizione
del reato, traendone conseguenze proprio in  ordine  all'applicazione
dei principi in materia di diritto intertemporale. 
    Con  la  sentenza  n.  393/2006,  relativa  alla  riforma   della
prescrizione del reato realizzata nel 2005 dalla legge «ex  Cirielli»
(legge n. 251/2005), la Corte  costituzionale  ha  affermato  che  il
principio di retroattivita' della legge penale favorevole all'agente,
radicato nell'art. 3 della Costituzione,  opera  in  rapporto  a  una
legge che, a processo in corso, abbrevi i termini di prescrizione del
reato. Quel principio, secondo la Corte, puo' subire deroghe solo nei
limiti della ragionevolezza, cio' che in quel  caso  fu  escluso.  In
particolare, la Corte  costituzionale  in  quell'occasione  dichiaro'
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3 della legge «ex
Cirielli» nella parte  in  cui  escludeva  che  i  nuovi  termini  di
prescrizione del reato, ove risultassero piu' brevi, si  applicassero
ai processi gia' pendenti in  primo  grado  ove  vi  fosse  stata  la
dichiarazione di apertura del dibattimento, nonche' ai processi  gia'
pendenti in grado di appello  o  avanti  alla  Corte  di  cassazione.
Secondo la sentenza n. 393 del 2006, la  soluzione  che  inquadra  le
modifiche  in  melius  del  regime  della  prescrizione   del   reato
nell'ambito del principio  di  retroattivita'  della  lex  mitior  e'
«coerente con la natura sostanziale della prescrizione  (sentenza  n.
275 del/990) e con l'effetto da essa prodotto, in quanto «il  decorso
del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina  la
punibilita' in se e per se, nel senso che costituisce  una  causa  di
rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva» (Cass., Sez. 1, 8
maggio 1998, n. 7442). Tale effetto, peraltro,  esprime  l'«interesse
generale di non piu' perseguire i reati rispetto ai  quali  il  lungo
tempo decorso dopo la loro commissione  abbia  fatto  venir  meno,  o
notevolmente attenuato (...) l'allarme  della  coscienza  comune,  ed
altresi'  reso  difficile,  a  volte,  l'acquisizione  del  materiale
probatorio» (sentenza n. 202 del 1971; v. anche sentenza n.  254  del
1985;  ordinanza  n.  337  del  1999).  Pertanto,  le   norme   sulla
prescrizione dei reati, ove piu' favorevoli al reo, rispetto a quelle
vigenti al momento della commissione del fatto,  devono  conformarsi,
in linea generale, al principio previsto  dalla  citata  disposizione
del codice penale». E' un principio,  questo,  ribadito  dalla  Corte
costituzionale nella successiva sentenza n. 324/2008: «e' pacifico...
che la  prescrizione,  quale  istituto  di  diritto  sostanziale,  e'
soggetta alla disciplina di cui all'art. 2, quarto comma, del  codice
penale che prevede la  regola  generale  della  retroattivita'  della
norma piu' favorevole, in quanto "il decorso del tempo non si  limita
ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se' e per
se', nel senso che costituisce una causa  di  rinuncia  totale  dello
Stato alla potesta' punitiva"». 
    Come e' facile notare, in occasione della riforma attuata con  la
legge «ex Ciriellis», la giurisprudenza costituzionale non si occupo'
del  problema  opposto  e,  cioe',  del   divieto   di   applicazione
retroattiva delle modifiche inmalam partem,  che  avevano  comportato
(ad es., in rapporto alle contravvenzioni)  termini  di  prescrizione
del reato piu' lunghi. Il  problema  fu  infatti  in  quell'occasione
risolto dal legislatore, stabilendo espressamente  che  le  riformate
disposizioni «non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso
se i nuovi termini di prescrizione risultano piu'  lunghi  di  quelli
previgenti» (art. 10, comma 2, legge n. 251/2005). 
    Un'analoga  disposizione  transitoria  e'  stata  inserita  nella
successiva legge di riforma dell'istituto, che interesso' proprio  il
meccanismo della sospensione del corso  della  prescrizione.  Con  la
legge Orlando, nel 2017, fu come  e'  noto  introdotta  un'automatica
sospensione correlata ai gradi di giudizio; ebbene, tale sospensione,
per espressa  previsione  normativa  (art.  1,  comma  15,  legge  n.
103/2017), poteva operare in  relazione  ai  procedimenti  per  fatti
commessi dopo l'entrata  in  vigore  della  legge  stessa.  Nulla  ha
previsto  a  riguardo,  invece,   l'ultima   riforma   dell'istituto,
realizzata nel 2019 (a decorrere dal 1°  gennaio  2020)  dalla  legge
Bonafede, meglio nota come legge «spazzacorrotti».  Anche  in  questo
caso, come si sa, il  legislatore  e'  intervenuto  sulla  disciplina
della sospensione  del  corso  della  prescrizione,  stabilendone  in
realta' l'interruzione (il «blocco») dopo la sentenza di primo  grado
o il decreto penale di condanna.  Senonche',  in  considerazione  del
diritto vivente, sembrerebbe pacifico che, anche in  assenza  di  una
disposizione transitoria analoga a quelle delle leggi «ex Cirielli» e
Orlando, la nuova e  piu'  sfavorevole  disciplina  introdotta  dalla
legge Bonafede non possa  trovare  applicazione  retroattiva  per  le
ragioni sin qui evidenziate. 
    La riferibilita' del principio di irretroattivita'  ex  art.  25,
comma 2 della Costituzione all'istituto della prescrizione del reato,
sul  presupposto  della  sua  asserita  natura  sostanziale   e   non
processuale, e' stata affermata pure dalla Corte  costituzionale  con
l'ordinanza n. 24/2017 e con la  sentenza  n.  115/2018,  nell'ambito
della   nota   vicenda   Taricco,   in   rapporto   alla   disciplina
dell'interruzione del corso della prescrizione e, in particolare, del
prolungamento del  termine  per  effetto  di  atti  interruttivi.  In
quell'occasione veniva in rilievo «l'estensione del  potere  punitivo
pubblico oltre il limite temporale previsto al tempo del  fatto»  non
gia' - si noti - in conseguenza di una modifica normativa, bensi' per
effetto della sentenza Taricco della Carte di Giustizia UE, alla luce
della quale il giudice penale, in materia  di  gravi  frodi  a  danno
degli interessi finanziari dell'UE, avrebbe  dovuto  disapplicare  la
disposizione codicistica che, in presenza di atti interruttivi,  pone
un limite al termine di durata massima del corso della  prescrizione.
Cio'  avrebbe  comportato,  secondo  la  Corte   costituzionale,   in
relazione ai fatti commessi prima della sentenza Taricco,  un  vulnus
all'art. 25, comma 2 della Costituzione. Secondo la  Corte,  infatti,
«un  istituto   che   incide   sulla   punibilita'   della   persona,
riconnettendo  al   decorso   del   tempo   l'effetto   di   impedire
l'applicazione della pena, nel nostro ordinamento  giuridico  rientra
nell'alveo  costituzionale  del   principio   di   legalita'   penale
sostanziale enunciato dall'art. 25, secondo comma, Cost. con  formula
di particolare  ampiezza».  La  prescrizione  pertanto  «deve  essere
considerata un istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare
attraverso un ragionevole bilanciamento tra il  diritto  all'oblio  e
l'interesse a perseguire i reati  fino  a  quando  l'allarme  sociale
indotto dal reato non sia venuto meno  (potendosene  anche  escludere
l'applicazione  per  delitti  di  estrema  gravita),  ma  sempre  nel
rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile  (ex  plurimis,
sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e  n.  393
del 2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del  2000  e  n.  288  del
1999)» (sent. n. 115/2018). Infine, anche con le sentenze n. 143  del
2014  e  n.  265  del  2017,  la  Corte  costituzionale  ha  ribadito
fermamente la natura sostanziale dell'istituto della  prescrizione  e
la sua conseguenziale applicazione  irretroattiva  per  le  modifiche
sfavorevoli in relazione, rispettivamente, al raddoppio  dei  termini
di prescrizione del delitto di incendio colposo e del delitto di  cui
al combinate disposto degli articoli 434, 449 del codice penale. 
    Nella pronuncia n. 265 del 2017, in particolare, la Corte afferma
che  la  prescrizione  «pur  potendo  assumere  una   valenza   anche
processuale, in rapporto alfa garanzia della ragionevole  durata  del
processo (art.  111,  secondo  comma,  Cost.)  ...  costituisce,  nel
vigente ordinamento, un istituto di natura  sostanziale  ...  la  cui
ratio «si collega preminentemente, da un lato, all'interesse generale
di non piu' perseguire i reati  rispetto  ai  quali  il  lungo  tempo
decorso  dopo  la  loro  commissione  abbia  fatto  venir   meno,   o
notevolmente  attenuato,   [...]   della   coscienza   comune»   ...;
dall'altro, «al "diritto all'oblio" dei cittadini,  quando  il  reato
non  sia  cosi'  grave  da  escludere  tale   tutela»   (cfr.   Corte
costituzionale, sentenza n. 265 del 2017). 
    Negli  stessi  termini  la  Corte  si  e'  espressa  anche  nella
precedente pronuncia n. 143  del  2014:  «sebbene  possa  proiettarsi
anche sui piano processuale - concorrendo, in specie, a realizzare la
garanzia della ragionevole durata del  processo  (art.  111,  secondo
comma,   Cost.)   -   la   prescrizione   costituisce,   nell'attuale
configurazione,  un  istituto  di  natura  sostanziale»  (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 143 del 2014). 
    E' doveroso rilevare, tuttavia,  che  tutte  le  pronunce  appena
citate  fanno  riferimento  a  dei   casi   di   specie   nei   quali
effettivamente si era posto un problema  di  serio  allungamento  dei
termini prescrizionali e, comunque, era intervenuta  una  riforma  di
sistema  avente  carattere  generale  ed  applicabile  ad  un  numero
assolutamente indeterminato di casi. 
    La sospensione dei termini di prescrizione  introdotta  dall'art.
83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18,  convertito  con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, invece, comporta  un
allungamento dei termini di prescrizione di durata  predeterminata  -
dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 - ed applicabile a tutti i  fatti
commessi prima della sua entrata in vigore che siano gia' sfociati in
un procedimento penale (di qualunque stato e grado), ma non anche  ai
fatti commessi prima del 9 marzo 2020 e non ancora approdati  neppure
alla primissima fase delle indagini preliminari. Come tale, la  nuova
ipotesi di sospensione introdotta dal decreto-legge cd.  Cura  Italia
sembra differenziarsi da tutte le ipotesi sulle quali la Consulta  ha
gia' avuto modo di pronunciarsi. La norma di cui all'art.  83,  comma
4, decreto-legge citato trova la sua ispirazione  nel  fatto  che  lo
Stato si e' trovato a dover necessariamente restare immobile  dinanzi
ad un'emergenza sanitaria di portata mondiale ed appare  percio'  del
tutto slegata da ragioni connesse  al  minore  o  maggiore  interesse
dell'ordinamento alla pretesa punitiva. 
    Un simile intervento «emergenziale» non e' un novum assoluto.  In
passato il legislatore  ha  gia'  emanato  disposizioni  emergenziali
volte a sospendere procedimenti  penali,  ma  anche  il  decorso  del
termine di prescrizione  (in  concomitanza  con  alcune  calamita'  -
naturali e non - che interessavano  specifiche  zone  del  territorio
nazionale): si allude all'art. 1, comma 1, del  decreto-legge  n.  73
del 2018 (Sospensione dei termini e dei procedimenti penali  pendenti
dinanzi al Tribunale di Bari); all'art. 49, comma 9 del decreto-legge
n. 189 del 2016  (Interventi  urgenti  in  favore  delle  popolazioni
colpite dagli eventi sismici del 2016);  all'art.  6,  comma  9,  del
decreto-legge n. 74 del 2012  (Interventi  urgenti  in  favore  delle
popolazioni colpite dagli eventi sismici  che  hanno  interessato  il
territorio delle  province  di  Bologna,  Modena,  Ferrara,  Mantova,
Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012); all'art. 5, comma
8, del decreto-legge n. 39 del 2009  (Interventi  urgenti  in  favore
delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione  Abruzzo
nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di  protezione
civile). 
    Tuttavia, non risulta che la Consulta sia mai stata  chiamata  ad
occuparsi delle omologhe previsioni di sospensione  del  corso  della
prescrizione in occasione  delle  precedenti  leggi  emergenziali  e,
percio', non si e' mai rinvenuto un appiglio  costituzionale  a  quel
minoritario orientamento - per lo piu' dottrinario - che afferma  che
la prescrizione «e' un istituto bizzarro», la cui fisionomia  non  e'
«costituzionalmente  delineata»  e  che,  al  di  la'  di   qualsiasi
approccio nominalistico, cio' che conta e'  il  concreto  atteggiarsi
dell'istituto nel sistema, al fine di evitare possibili «frodi  delle
etichette». 
    Inoltre, vi e' da aggiungere che la disposizione di cui  all'art.
83, comma 4 d.l. cd. Cura Italia se non rappresenta una  novita'  dal
punto di vista delle ragioni ispiratrici,  costituisce  di  certo  un
novum con riguardo al suo generalizzato  campo  di  applicazione,  in
quanto risulta slegata da realta' emergenziali prettamente  locali  e
territorialmente  circoscritte  ed  applicabile,  invece,  all'intero
territorio nazionale. Nel tentativo di ricondurre a sistema la  norma
oggi censurata potrebbe affermarsi che l'art. 159 del  codice  penale
prevede - tra le altre ipotesi tipiche - anche la possibilita' che il
corso della prescrizione possa essere sospeso «in ogni caso in cui la
sospensione del procedimento o del processo penale o dei  termini  di
imposta da una particolare disposizione di legge». 
    L'applicazione  letterale  dell'art.  159   del   codice   penale
sembrerebbe  dunque  tollerare  la  sospensione   del   corso   della
prescrizione in un  caso  come  quello  in  esame.  Tuttavia  non  e'
possibile  ignorare   il   conseguenziale   quesito   relativo   alla
conformita' o meno al divieto di irretroattivita' della legge  penale
sfavorevole dell'introduzione di «nuove»  cause  di  sospensione  del
corso della prescrizione introdotte con legge in epoca successiva  al
fatto di reato commesso, con una sorta di  rinvio  mobile;  strumento
questo per il cui tramite il legislatore avrebbe deciso di attribuire
preventivo rilievo a qualunque causa  sospensiva  della  prescrizione
introdotta in futuro. Tale esito  esegetico  si  risolverebbe  in  un
surrettizio aggiramento del principio di irretroattivita'  in  peius,
non garantendo, dunque, alle disposizioni sopravvenute una patente di
immunita' da censure di incostituzionalita', se concepite per colpire
anche fatti commessi in epoca precedente. 
    E'  indubbio  che  l'introduzione  di  una   «nuova»   causa   di
sospensione del corso della prescrizione sia  previsione  sfavorevole
all'imputato ed e' doveroso percio' analizzare  le  altre  principali
novelle legislative che hanno agito nel medesimo  senso,  nonche'  il
loro regime di applicazione al fine di verificare le  scelte  che  il
legislatore ha posto in essere in ordine alla loro  applicabilita'  a
fatti commessi antecedentemente. 
    Come gia' visto sopra, la legge Orlando del 2017  recava  in  se'
una  apposita  norma  di  diritto  transitorio   che   ne   prevedeva
l'applicazione ai soli fatti commessi dopo la sua entrata in  vigore;
cosi' come pure la riforma dell'art. 159 del codice  penale  adottata
con legge n. 3 del 2019 (cd.  Spazzacorrotti)  ne  affermava  la  sua
applicazione a decorrere dal 1°  gennaio  2020,  intendendosi  -  per
consolidato orientamento - che la stessa risultava  applicabile  solo
ai fatti commessi successivamente a tale data. 
    Anche la legge n. 251 del  2005  «ex  Cirielli»  contemplava  una
norma di diritto transitorio che e' stata anche sottoposta al  vaglio
della Consulta, come gia'  visto.  Le  riforme  appena  citate  hanno
certamente comportato  una  rivisitazione  strutturale  dell'istituto
della prescrizione e delle sue vicende, la cui  applicazione,  seppur
ancorata - nel caso della legge Orando e della legge Spazzacorrotti -
alla clausola di apertura di cui all'art. 159 del  codice  penale,  e
stata comunque limitata da apposite norme di diritto transitorio solo
ai fatti commessi successivamente alla loro entrata  in  vigore,  con
cio' lasciando chiaramente intendere  di  voler  aderire  all'univoco
orientamento della Corte costituzionale che annovera l'istituto della
prescrizione, inteso nella  sua  interezza,  tra  quelli  di  diritto
penale sostanziale e che il semplice aggancio normativo dell'art. 159
del codice penale non e' sufficiente a ritenere coperte dal principio
di irretroattivita' della legge  penale  sfavorevole  le  novelle  in
parola. 
    La medesima scelta legislativa, inoltre, e' stata posta in essere
nelle ipotesi in cui il legislatore e'  intervenuto  a  modificare  o
integrare le ipotesi tipiche di sospensione del decorso  dei  termini
prescrizionali  legate  a  sospensioni   del   procedimento   penale,
espressamente elencate dall'art. 159 del codice penale ed invero,  la
legge n. 103 del 2017 (legge Orlando) nell' incidere sulle  cause  di
sospensione  legate  alle  ipotesi  di  rogatorie  all'estero  e   di
deferimento di questioni ad altro giudizio, ne ha limitato la portata
applicativa solo ai fatti commessi in un momento successive alla  sua
entrata in vigore (cfr. art. 1, comma 151, n. 103/2017). 
    Ancora, la legge n. 67 del 2014, nell'aggiungere il numero 3-bis)
all'art. 159 del codice  penale  che  prevede  un'ipotesi  tipica  di
sospensione  della  prescrizione  nel   caso   di   sospensione   del
procedimento ai sensi dell'art. 420-quater del  codice  di  procedura
penale, ha previsto all'art. 15-bis  che  «la  norma  si  applica  ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore  della  presente
legge, a condizione che  nei  medesimi  procedimenti  non  sia  stato
pronunciato il dispositivo  della  sentenza  di  primo  grado».  Tale
previsione, dunque, introduce un'ipotesi di sospensione  dei  termini
prescrizionali applicabile anche ai fatti  commessi  antecedentemente
alla  sua  entrata  in  vigore,  ancorandone  l'applicabilita'   alla
circostanza che il procedimento sia in corso  e  che  non  sia  stata
ancora emessa sentenza di prima grado, limitandone cosi' notevolmente
la portata applicativa. 
    Anche  l'art.  5  della  legge  n.  134  del  2003,  in  tema  di
patteggiamento allargato, ha previsto al suo secondo comma un'ipotesi
particolare   di   sospensione   del   dibattimento,    su    istanza
dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque  giorni,
con consequenziale sospensione  dei  termini  di  prescrizione  e  di
custodia cautelare. Ebbene, perfino in tale occasione, caratterizzata
dal fatto di dipendere da una mera  decisione  dell'imputato  in  tal
senso e, dunque, pensata per tutelare  gli  interessi  di  tutti  gli
attori processuali,  la  Corte  di  cassazione  a  Sezioni  Unite  e'
intervenuta con sentenza n. 47289 del 10 dicembre 2003  ad  affermare
che il comma 2 dell'art. 5, legge n. 134/2003 e' norma transitoria e,
in quanto tale, la  sospensione  del  dibattimento  e'  di  carattere
eccezionale, da applicare  solo  nei  casi  in  cui  univocamente  lo
dispone la lettera della legge. 
    Da ultimo, l'art. 1, comma 466  della  legge  n.  2015  del  2017
(legge finanziaria per il 2018)  ha  inserito  all'art.  420-ter  del
codice di procedura  penale  una  ulteriore  ipotesi  di  impedimento
legittimo a comparire in udienza per il difensore  che  si  trovi  in
stato di gravidanza, ipotesi alla quale consegue la  sospensione  del
processo e, di conseguenza, ai  sensi  dell'art.  159  n.  3)  codice
penale, la sospensione del decorso  dei  termini  prescrizionali.  In
tale occasione, tuttavia,  ne'  il  legislatore  ha  inserito  alcuna
disciplina intertemporale, ne' la Consulta e' mai  stata  chiamata  a
pronunciarsi sulla costituzionalita' della norma  in  relazione  agli
articoli 25 della Costituzione e 117 della Costituzione in  relazione
all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    Come  visto,  dunque,  la  necessita'  di  limitare  la   portata
applicativa   delle   disposizioni   incidenti   sul   regime   della
prescrizione ha da sempre contrassegnato la mente del legislatore,  e
cio' proprio in ossequio al dovere di legiferare nel  rispetto  della
nostra Carta fondamentale e dei principi nel  tempo  enucleati  dalla
Corte costituzionale. 
    L'art. 83, comma 4  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,
convertito con modificazioni dalla  legge  24  aprile  2020,  n.  27,
tuttavia, sembra differire da tutte le ipotesi sin qui riportate,  in
quanto pur avendo con esse in comune il legame biunivoco che lega  la
sospensione  dei  termini   prescrizionali   alla   sospensione   dei
procedimenti,  si  presenta  come  norma  che  si  caratterizza   per
l'eccezionalita' assoluta che ha condotto alla sua  introduzione  nel
nostro ordinamento. 
    La disposizione  censurata,  infatti,  sospende  il  corso  della
prescrizione per una durata prestabilita - dal 9  marzo  2020  all'11
maggio 2020 - e solo in relazione ai procedimenti in corso, lasciando
intendere che la sua applicazione non da' luogo  ad  una  riforma  di
sistema dell'istituto della prescrizione. 
    Proprio  le   circostanze   emergenziali   che   hanno   condotto
all'inserimento di  una  disposizione  di  tal  fatta  costituiscono,
infatti, la ragione per la  quale  intendendo  l'art.  83,  comma  4,
decreto-legge cd Cura Italia come applicabile solo ai fatti  commessi
dal 9 marzo 2020 in poi, si giungerebbe ad un'interpretatio  abrogans
della normativa emergenziale, che  ne  vanificherebbe  del  tutto  le
rationes ispiratrici. Sembra infatti che non applicando la  norma  in
parola ai fatti gia' commessi, la stessa  non  riuscirebbe  in  alcun
modo a svolgere  la  sua  funzione  di  «neutralizzare  ogni  effetto
negativo che il  massivo  differimento  delle  attivita'  processuali
disposto al comma  1  avrebbe  potuto  dispiegare  sulla  tutela  dei
diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali». 
    Dinanzi ad una norma dotata di tali e tante peculiarita'  -  solo
alcune delle quali affrontate nel presente  provvedimento  in  quanto
rilevanti per il processo de quo - e' dunque necessaria domandarsi se
il principio di irretroattivita' della legge penale, di cui  all'art.
25, comma  2  della  Costituzione  e  all'art.  117,  comma  1  della
Costituzione, in relazione all'art. 7 della Convenzione  europea  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
operi o meno in rapporto ad una legge che, dopo  la  commissione  del
fatto, sospenda il corso della prescrizione del reato  per  un  certo
periodo, in  ragione  di  un'emergenza  sanitaria  sopravvenuta,  che
impedisca il regolare svolgimento dell'attivita' giudiziaria al  fine
di tutelare il diritto alla salute di tutti gli utenti dei palazzi di
giustizia. 
    Escludere il divieto di applicazione  retroattiva  dell'art.  83,
comma 4, decreto-legge cd.  Cura  Italia  potrebbe  sembrare  l'unica
soluzione ragionevole per evitare di vanificare il  lodevole  intento
del legislatore e garantire che la paralisi del sistema giustizia non
sia foriera di benefici  illegittimi.  La  sospensione  in  tal  caso
sarebbe forzata e, dunque, non imputabile a nessuno e non vi  sarebbe
ragione per cui dovesse tornare a favore di qualcuno. 
    Per giungere a tale soluzione sarebbe necessario approdare per la
prima volta nel nostro sistema  ad  una  «processualizzazione»  della
sospensione dei termini di  prescrizione,  limitatamente  alla  norma
oggi censurata. 
    Tuttavia la  soluzione  favorevole  al  divieto  di  applicazione
retroattiva dell'art.  83,  comma  4  decreto-legge  cd  Cura  Italia
sembrerebbe imporsi nel nostro ordinamento alla luce sia del  diritto
vivente sia dei tratti comuni caratterizzanti le novelle  intervenute
in tema di prescrizione nel corso degli anni. Sia  la  giurisprudenza
che  il  legislatore,  infatti,  hanno  mostrato  di  considerare  la
prescrizione del  reato  come  un  istituto  di  natura  sostanziale,
sottratto al principio tempus regit actum ed  attratto  invece  nella
sfera di operativita' del principio di irretroattivita'  della  legge
penale sfavorevole. 
    Inoltre, va sottolineato come l'istituto della sospensione  della
prescrizione trovi la sua ratia  nella  forzata  inattivita'  cui  e'
costretto l'organo che procede: se la prescrizione  ha  l'effetto  di
elidere le possibilita' di far valere la pretesa punitiva dello Stato
contro l'autore di un determinato reato,  e'  logico  che  essa  puo'
operare se ed in quanto la pretesa punitiva possa  essere  esercitata
durante tutto  il  periodo  cui  tale  esercizio  sia  possibile;  ne
consegue che, ove vi siano delle cause  che  impediscano  l'esercizio
dell'azione e/o del procedimento penale, il decorso  del  termine  si
deve arrestare fino a quando la causa anzidetta non sia rimossa (cfr.
Cass. pen. 18 giugno 1971). Se allora tutte le cause  di  sospensione
della prescrizione - compresa  quella  introdotta  dalla  norma  oggi
censurata -  si  ancorano  alla  medesima  ratio  ispiratrice  appena
enunciata, non  si  comprende  se  sia  possibile  differenziarne  la
disciplina applicativa senza incorrere in una violazione dei principi
costituzionali che ne governano l'esistenza. 
    L'impossibilita' di individuare un  parametro  costituzionale  di
riferimento  per  l'orientamento  della  «processualizzazione»  della
sospensione  dei  termini  di  prescrizione  -  che  questo   giudice
senz'altro  condivide  in  via  logica  -  rende  la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4  del  decreto-legge
17 marzo 2020, n. 18, convertito con  modificazioni  dalla  legge  24
aprile 2020, n. 27 non manifestamente infondata  e  non  permette  di
addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata  della
norma in  parola.  Cio'  e'  legato  anche  al  fatto  che  la  Corte
costituzionale, nella sentenza n. 114 del 1994, aveva  esplicitamente
evidenziato che anche il regime delle cause di sospensione del  corso
della prescrizione  previsto  dall'art.  159  del  codice  penale  e'
sottoposto al principio  di  legalita'  cristallizzato  nell'art.  25
della Costituzione, dichiarando  cosi'  infondata  una  questione  di
legittimita' costituzionale con cui  si  chiedeva  alla  Consulta  di
introdurre  -  con  un  intervento  additivo  in   malam   partem   -
un'ulteriore ipotesi di sospensione del corso della prescrizione. 
    Neppure   potrebbe   infine   individuarsi   una   via   d'uscita
dall'impasse appena evidenziata invocando una deroga al principio  di
irretroattivita'  posta  in  essere  da  una  legge   eccezionale   e
temporanea.  Si  tratta  infatti,   paccamente,   di   un   principio
«assolutamente inderogabile» (cosi', ad es., Corte costituzionale  n.
394/2006). Le leggi eccezionali  e  temporanee  possono  derogare  al
principio di retroattivita' della lex mitior, come stabilisce  l'art.
2, comma 5 del codice penale e solo nei limiti  della  ragionevolezza
(cfr., tra le molte, Corte costituzionale n. 394/2006). Il  principia
di irretroattivita' in malam partern non tollera invece  deroghe,  e'
un fondamentale e irrinunciabile principio di  civilta'  del  diritto
che «erige un bastione a  garanzia  dell'individuo  contro  possibili
abusi da parte del potere legislativo» (cosi' Corte costituzionale n.
32/2020). Non a caso,  nella  prospettiva  del  diritto  dei  diritti
umani, l'art. 15 della Convenzione europea per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  annovera  il  nullum
crirnen nulla poena sine previa  lege,  ex  art.  7  del  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, tra i diritti che non  ammettono  deroghe  nemmeno  «in
caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico  che  minacci  la
vita della nazione». 
    Con riguardo alla  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni
proposte in relazione  all'art.  83,  comma  9,  devono  innanzitutto
richiamarsi le considerazioni gia'  espresse  relativamente  all'art.
83, comma 4, in merito ai parametri costituzionali degli articoli 25,
comma 2 e 117  della  Costituzione  in  relazione  all'art.  7  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali. 
    Con riferimento alla questione  proposta  riguardo  all'art.  83,
comma 9 in relazione al parametro costituzionale  dell'art.  3  della
Costituzione,   si   manifestano   forti   dubbi   in   merito   alla
ragionevolezza  della  detta  norma,   foriera   di   disparita'   di
trattamento  sul  territorio  nazionale,  sulla  base  dell'eventuale
adozione di misure organizzative volte al rinvio dei procedimenti  da
parte dei capi dei singoli  uffici  giudiziari,  essendo  rimessa  la
sospensione della prescrizione alla discrezionalita' degli  stessi  e
dei  giudici   che   debbano   adeguarsi   ai   detti   provvedimenti
organizzativi. 
    Alla luce delle ragioni  innanzi  esposte,  che  giustificano  la
rilevanza e la non manifesta infondatezza  delle  questioni  proposte
con la presente ordinanza, si impone la trasmissione degli  atti  del
presente giudizio alla Corte costituzionale:  affinche'  si  pronunci
sulla  legittimita'  costituzionale  dell'art.  83,   comma   4   del
decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio  di
legalita' in materia penale, espresso dagli articoli 25,  comma  2  e
117 della Costituzione in  relazione  all'art.  7  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali e,  piu'  in  particolare,  con  il  sotto-principio  di
irretroattivita' della legge penale sfavorevole al  reo,  laddove  e'
previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del
9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari  a  quello
in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei
procedimenti  penali;  affinche'  si  pronunci   sulla   legittimita'
costituzionale dell'art. 83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020,
n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24  aprile  2020,  n.
27, per contrasto con il principio di legalita'  in  materia  penale,
espresso dagli articoli 25, comma  2  e  117  della  Costituzione  in
relazione all'art. 7 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali  e,  piu'  in
particolare, con il sotto-principio di irretroattivita'  della  legge
penale sfavorevole al reo, laddove e' previsto  che  il  corso  della
prescrizione dei reati  commessi  prima  del  9  marzo  2020  rimanga
sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui il  procedimento
e' rinviato sulla base delle misure organizzative adottate  dai  capi
degli uffici giudiziari, e, in ogni caso,  non  oltre  il  30  giugno
2020;  affinche'  si  pronunci  sulla   legittimita'   costituzionale
dell'art. 83, comma  9  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,
convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n.  27,  per
contrasto  con  il  principio  di  parita'  di   trattamento   e   di
ragionevolezza, espresso dall'art. 3 della Costituzione,  laddove  e'
previsto che la sospensione della  prescrizione  dei  reati  commessi
prima del 9 marzo 2020 si fondi  sull'eventuale  adozione  di  misure
organizzative da parte dei capi dei singoli uffici giudiziari. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale ordinario di Paola 
    Letti gli articoli 134 della Costituzione e 23  e  ss.  legge  11
marzo 1953, n. 87, 
    Solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  83,
comma 4, del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,  convertito  con
modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento  agli
articoli 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali, nei termini di cui in motivazione; 
    Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83,  comma  9,
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con  modificazioni
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento  agli  articoli  3,
25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione  all'art.  7  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, nei termini di cui in motivazione; 
    Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulle  proposte
questioni di legittimita' costituzionale; 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza, insieme con gli atti del giudizio e con la  prova
delle notificazioni e comunicazioni di seguito disposte; 
    Dispone che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza: 
        sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia
comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica. 
    Da' atto che la presente ordinanza e' stata letta  in  udienza  e
che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro  che  sono  o
devono considerarsi presenti, ex art. 148,  comma  5  del  codice  di
procedura penale. 
 
    Cosi' deciso in Paola, all'udienza del 16 luglio 2020. 
 
                        Il Giudice: Putaturo