N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2020
Ordinanza del 16 luglio 2020 del Tribunale di Paola nel procedimento penale a carico di G. P. e altri. Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Previsione della sospensione del corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali. Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Previsione che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui il procedimento e' rinviato sulla base delle misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari, e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. Processo penale - Reati e pene - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Previsione che la sospensione della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 si fondi sull'eventuale adozione di misure organizzative da parte dei singoli uffici giudiziari. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, commi 4 e 9.(GU n.40 del 30-9-2020 )
TRIBUNALE DI PAOLA Sezione penale Il Giudice dott. Filippo Putaturo, all'udienza del 16 luglio 2020, ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale; Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di G. P. , nata ... R. M. G. nato ... G. M. , nato ... R. A. R. nata ... C. F. , nato ... Imputati del delitto p. e p. dagli articoli 113, 589 del codice penale perche': G. M. e G. P. il primo quale medico responsabile dell'Unita' operativa di ... e la seconda quale medico in servizio presso quella struttura, trascurando la presa in carico del paziente V. G. , affetto da una cardiopatia/displasia aritmogena del ventricolo destro (ARVD), disattendendo gli obblighi di protezione senza pianificare le migliori scelte sulla scorta di una stratificazione del rischio, non predisponendo un percorso documentato al paziente, un coinvolgimento informato, una strategia decisionale in termini di gestione dello stesso, che si e' presentata inadeguata discontinua e carente nel percorso diagnostico terapeutico, pur essendo a conoscenza dal 6 ottobre 2010 della anamnesi familiare positiva per morte cardiaca improvvisa del nonno e della zia paterna e del padre sottoposto a impianto di ICD; C. F. e R. A. R. medici in servizio presso la divisione cardiovascolare della casa di cura ..., accettando il V. G. giunto alla loro osservazione per dolore toracico e dimettendolo in data ..., senza alcuna indicazione per il paziente, nonostante gia' dal 17 dicembre 2009 quella divisione cardiovascolare fosse a conoscenza della condizione del paziente e della sua anamnesi familiare positiva; G. P. e R. M. G. la prima nella predetta qualita' e il secondo quale medico in servizio presso l'unita' operativa di ecocardiografia dell'..., limitandosi il 16 maggio 2012 all'esecuzione su V. G. recatosi presso la struttura non gia' per un controllo programmato, ma per un'esigenza di verifica clinica a seguito di un episodio di lipotomia avvenuto in data 10 marzo 2012 - unicamente di un ecocardiogramma e rinviando il paziente ad una successiva visita alla quale si sarebbe dovuto sottoporre il 19 novembre 2012, dopo oltre sei mesi, senza alcun approfondimento clinico che avrebbe consentito invece in quella sede di valorizzare il citato episodio lipotomico; omettendo tutti, nelle citate circostanze, di valutare l'inserimento di un defibrillatore cardioverter impiantabile (ICD) che avrebbe evitato l'evento mortale e che e' la terapia standard per la prevenzione della morte improvvisa (SD) in pazienti con cardiomiopatia/displasia aritmogena del ventricolo destro; cagionavano, con cooperazione di condotte colpose, con violazione delle leges artis e comunque per negligenza imprudenza e imperizia, la morte di V. G. , deceduto in ... per insufficienza cardiorespiratoria acuta da aritmia ventricolare maligna e conseguente edema polmonare acuto in soggetto affetto da displasia aritmogena del ventricolo destro. ... in ... (competenza ex art. 16, comma 2 del codice di procedura penale) il ... Considerato che il presente giudizio, per i motivi di seguito esposti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 25, secondo comma della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimane sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali; dell'art. 83, nono comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 3, 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in cui prevede che nei procedimenti penali il corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui il procedimento e' rinviato in ossequio alle misure organizzative disposte dal capo dell'ufficio giudiziario e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020; Ritenuta non manifestamente infondata la predetta questione di legittimita' costituzionale, per le ragioni meglio esposte di seguito; Osserva quanto segue All'odierna udienza, la difesa di G. P. e G. M. , ha asserito che la prescrizione del reato in contestazione sarebbe maturata in data 23 marzo 2020 se non fosse intervenuta la sospensione dei termini prescrizionali prevista dall'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 dal 16 marzo 2020 all'11 maggio 2020 (il termine era gia' sospeso per altra causa fino al 16 marzo 2020) e quella prevista sulla base del comma 9 dello stesso articolo dal 12 maggio 2020 al 16 luglio 2020, e, pertanto, ha avanzato richiesta affinche' lo scrivente giudice sollevasse questione di legittimita' costituzionale relativamente all'art. 83, comma 4 e comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 3, 25, comma 2 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. La difesa, in particolare, ha fondato la propria istanza sulle argomentazioni espresse dai Tribunali di Siena, Spoleto e Crotone che hanno gia' sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 83, comma 4, richiamando dunque indirettamente il costante orientamento della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia dell'Unione europea in merito alla natura sostanziale della prescrizione del reato, soggetta al principio di legalita', sub specie di principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Alla luce di tale granitica impostazione, la sospensione del corso della prescrizione inserita nel nostro ordinamento dall'art. 83, comma 4 e comma 9 non potrebbe essere applicata ai fatti commessi anteriormente al 9 marzo 2020, ma solo a quelli commessi in epoca successiva. La difesa ha, inoltre, fondato la propria istanza sulla asserita irragionevolezza dell'art. 83, comma 9, laddove fa discendere la sospensione della prescrizione dalla discrezionalita' dei capi degli uffici giudiziari per ragioni organizzative, cosi determinando differenziazioni illogiche ed irrazionali nell'ambito del territorio nazionale. Al fine di meglio chiarire la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale proposte con il presente provvedimento, occorre preliminarmente ricostruire il complesso degli atti legislativi disposti in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, soffermandosi in particolare sul decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. Tale ultimo atto, infatti, deve essere letto nell'ambito della sequela di interventi legislativi inaugurata con decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 e chiusa dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, di conversione del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. Con il decreto-legge n. 11/2020 (dapprima abrogato dall'art. 1, comma 2, della medesima legge n. 27/2020, di conversione del decreto-legge n. 18/2020, e poi decaduto, in data 7 maggio 2020, per mancata conversione in legge, nel termine fissato dalla Costituzione) e' stato inizialmente previsto «il differimento urgente delle udienze e una sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari sino al 22 marzo 2020» (cosi, testualmente, la relazione illustrativa al d.d.l. di conversione in legge del decreto-legge n. 18/2020). Il termine del 22 marzo 2020 e stato poi prorogato, dapprima, al 15 aprile 2020, in forza dell'art. 83, comma 1, decreto-legge n. 18/2020 e, successivamente, all'11 maggio 2020, in virtu' dell'art. 36, comma 1, decreto-legge n. 23/2020, che non ha tuttavia sostituito il pregresso termine indicato nel corpo dell'art. 83, limitandosi a disporne la proroga, con autonoma disposizione. L'art. 83, comma 1, decreto-legge n. 18/2020, nella versione attualmente in vigore, prevede al primo comma che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva ai 15 aprile 2020», aggiungendo, al secondo comma, che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 e' sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali». Prevede poi l'art. 36, comma 1, decreto-legge n. 23/2020 che «il termine del 15 aprile 2020 previsto dall'art. 83, commi l e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e' prorogato all'11 maggio 2020». Ne' la legge di conversione, ne' il decreto-legge n. 28/2020 hanno modificato i commi 1 e 2 del decreto-legge n. 18/2020 e, dunque, la disciplina complessivamente prevista ai commi primo e secondo dell'art. 83, decreto-legge n. 18/2020 - come, d'altronde, espressamente affermato e riconosciuto dallo stesso legislatore governativo nella relazione al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020 - ruota attorno a un duplice asse: da una parte, la necessita' di «sospendere tutte le attivita' processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell'epidemia»; dall'altra, l'esigenza di «neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attivita' processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali» (cfr. relazione illustrativa al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020). In altri termini, se nel primo comma viene prescritto il «massivo differimento» di ogni attivita' processuale, disponendosi il rinvio obbligatorio di tutte le udienze gia' fissate tra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020, nel secondo comma viene invece prevista la sospensione, per lo stesso periodo di tempo, del decorso dei termini processuali. Resta pertanto fermo quanto gia' previsto dal decreto-legge e dunque, nella c.d. fase 1, e' sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto del procedimento penale, e non del solo processo - fatte salve le eccezioni di cui al comma 3 - e, seguendo l'indicazione contenuta all'art. 83, comma 2, decreto-legge cit. sono pertanto sospesi i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, i termini per l'adozione dei provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, i termini per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, i termini per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali, formula questa di evidente chiusura, con la quale la sospensione viene tout court estesa a tutti i procedimenti penali, in qualunque fase e grado essi si trovino, nonche' a tutti i termini procedurali, siano essi di prescrizione, o cautelari, o, per esempio, di conclusione delle indagini preliminari. La sospensione ex lege, nella fase 1, viene dunque dilatata oltre i confini della «pendenza» del procedimento e investe tutti i procedimenti penali. Ma la disposizione che, in questa sede, risulta di maggiore rilievo risiede nel quarto comma del citato art. 83: «nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 e' altresi' sospeso, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione». Tale norma non ha subito alcuna modifica e, pertanto, alla luce della ratio della riforma (che mira, nella fase 1, ad una sospensione generalizzata e diffusa) va superata l'illogica discrasia dovuta alla formulazione della norma che, con il richiamo al solo art. 83, comma 2, sembra inopinatamente escludere i procedimenti in cui le udienze vengano rinviate d'ufficio ai sensi dell'art. 83, comma 1; resta dunque inalterata, per la fase 1, la generalizzata sospensione dei termini e, per la sua stessa durata, la sospensione del corso della prescrizione relativamente a tutti i procedimenti penali pendenti. Il legislatore ha infatti istituito uno stretto legame tra sospensione dei termini processuali e sospensione del corso della prescrizione, ancorando quest'ultima alla prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi, sia per quel che riguarda l'estensione temporale. Pertanto, laddove siano sospesi i termini per il compimento di qualsiasi attivita' processuale, restera' parimenti sospeso il corso della prescrizione, per un periodo di tempo, sempre fisso e prestabilito, corrispondente all'arco di tempo che intercorre tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, pari a complessivi sessantaquattro giorni. In ragione di siffatti rilievi, ritiene, pertanto, il Tribunale che la prescrizione del reato contestato nel presente giudizio debba intendersi sospesa, in virtu' dell'art. 83, comma 4, decreto-legge n. 18/2020. D'altra parte, a tale sospensione va aggiunta quella prevista dall'art. 83, comma 9, decreto-legge n. 18/2020. Tale disposizione prevede che nei procedimenti penali il corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui il procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g) dello stesso articolo, e, in ogni caso, non oltre un termine massimo, originariamente individuato nel 30 giugno 2020, poi differito al 31 luglio 2020 dall'art. 3, comma 1, lettera i), decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 ed infine nuovamente fissato al 30 giugno 2020, per effetto dell'abrogazione della disposizione ultima citata determinata dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, di conversione con modifiche del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. A sua volta, il comma 7, lettera g) indica, tra le misure organizzative adottabili dai capi degli uffici giudiziari per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 per il periodo dal 12 maggio 2020 al 30 giugno 2020, la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3. Anche in relazione a tale norma la data del 30 giugno, prevista in origine, e' stata dapprima sostituita dall'art. 3, comma 1, lettera i), decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 con quella del 31 luglio e infine ripristinata dalla legge 25 giugno 2020, n. 70. Nel caso di specie, il procedimento, fissato per il 12 maggio 2020, e' stato rinviato all'odierna udienza, in ossequio ai decreti n. 25/2020 e n. 26/2020 del Presidente del Tribunale di Paola, con i quali e' stato disposto di provvedere al rinvio di ufficio di tutti i procedimenti penali fissati nel periodo intercorrente tra il 12 maggio 2020 e il 26 maggio 2020, ad eccezione di quelli di cui all'art. 83, comma 3, decreto-legge n. 18/2020 e all'art. 36, comma 1, decreto-legge n. 23/2020 (ora tutti ricompresi in quelli previsti dall'art. 83, comma 3, decreto-legge n. 18/2020, come modificato dall'art. 3, comma 1, lettera a, n. 2 decreto-legge n. 28/2020); nel provvedimento di rinvio e' stata dichiarata la sospensione della prescrizione per il tempo per cui il procedimento e' stato rinviato e, dunque, fino al 16 luglio 2020, essendo tale data precedente al termine ultimo del 31 luglio 2020 previsto all'epoca. Nelle more, come gia' evidenziato, e' intervenuta la legge 25 giugno 2020, n. 70, di conversione con modifiche del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, che ha anticipato il termine ultimo per la sospensione della prescrizione al 30 giugno 2020; l'art. 1, comma 2 della richiamata legge ha previsto che «restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 3, comma 1, lettera i), decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28». Orbene, questo Tribunale ritiene che tale ultima norma non possa trovare applicazione con riferimento alla sospensione della prescrizione: l'effetto sospensivo, determinatosi nel caso di specie a partire dal 12 maggio 2020, consiste, invero, in una condizione di stasi del termine prescrizionale, che non decorre, e non puo', pertanto, considerarsi gia' ab origine consolidato fino alla data indicata per il rinvio (nel caso di specie, la data odierna), poiche' si determina giorno per giorno; pertanto, la sospensione deve ritenersi operante solamente fino al momento in seguito al quale il nuovo intervento legislativo ha imposto nuovamente la decorrenza del termine, ovvero il 30 giugno 2020. Pertanto, applicando entrambe le sospensioni previste dall'art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, si dovrebbe posticipare al 18 ottobre 2020 il decorso del termine massimo di prescrizione, per le ragioni che di qui a poco si esporranno. Le considerazioni e i rilievi innanzi esposti, ad avviso di questo giudice, depongono tutti nel senso di escludere la possibilita' che il presente giudizio possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 e dell'art. 83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 3, 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Tanto premesso, e' necessario precisare che il reato in contestazione si configura quale ipotesi delittuosa punita con la pena massima della reclusione inferiore a sei anni, la cui data di consumazione va individuata nel 19 maggio 2012. Ebbene, l'art. 157 del codice di procedura penale - nella formulazione introdotta con la legge n. 251/2005, entrata in vigore l'8 dicembre 2005 e pertanto certamente applicabile ai fatti in contestazione - prevede che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge o comunque decorso un tempo non inferiore a sei anni per i delitti e non superiore, ex art. 161 ult. co. c.p., al termine massimo individuato aumentato di un quarto, e dunque non superiore, nel caso di specie, a sette anni e sei mesi. Tale termine risulta poi allungato considerando la sospensione, seppur non dichiarata, dovuta alla richiesta di rinvio formulata da tutte le parti all'udienza dell'11 novembre 2016 fissata per l'incidente probatorio ed avente una durata pari a giorni centotre (fino alla successiva udienza del 22 febbraio 2017), la sospensione dovuta alla richiesta di rinvio formulata da tutte le parti all'udienza dibattimentale del 12 novembre 2019 ed avente una durata pari a giorni settantasei (fino alla successiva udienza del 27 gennaio 2020), la sospensione dovuta alla richiesta di rinvio formulata da tutte le parti all'udienza dibattimentale del 27 gennaio 2020 ed avente una durata pari a giorni quaranta (fino alla successiva udienza del 16 marzo 2020), nonche' la sospensione introdotta dall'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, dal 16 marzo 2020 all'11 maggio 2020, pari a ulteriori cinquantasette giorni ed infine la sospensione introdotta dall'art. 83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, dal 12 maggio 2020 al 30 giugno 2020, pari a ulteriori quarantanove giorni. Ebbene, al fine di comprendere la rilevanza della questione avanzata dalla difesa nel caso di specie, va evidenziato che se le norme delle quali si invoca l'incostituzionalita' non fossero mai stata introdotte, il fatto in contestazione si sarebbe prescritto in data 4 luglio 2020; tuttavia, proprio in virtu' dell'entrata in vigore delle nuove ipotesi di sospensione in parola, il decorso del termine massimo di prescrizione risulta slittato in avanti sino al 18 ottobre 2020. E' semplice comprendere, dunque, che la questione di legittimita' dell'art. 83, comma 4 e dell'art. 83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 hanno una piena rilevanza nel caso che ci occupa. Con riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni proposte, iniziando da quella relativa all'art. 83, comma 4, si possono mutuare le considerazioni, che di seguito si riportano, gia' espresse dal Tribunale di Crotone nell'ordinanza del 19 giugno 2020 con cui e' stata sollevata analoga questione di legittimita' costituzionale. «E' necessario analizzare le peculiarita' della nuova ipotesi di sospensione del termine di prescrizione introdotta dal detto comma. Tale norma ha infatti si' introdotto ex novo un "evento" del decorso del termine prescrizionale legato ad una sospensione ex lege del procedimento penale - come gia' avvenuto in passato -, ma lo ha fatto in virtu' del dilagare di un'emergenza sanitaria nazionale e globale. Dunque, la ratio che ha di certo condotto il legislatore a prevedere tale sospensione obbligata dell'attivita' processuale nazionale non sembra in alcun modo connessa ad un disinteresse all'attuazione della pretesa punitiva, bensi' dipendente dalla oggettiva impossibilita dell'ordinamento di esercitare le funzioni giurisdizionali senza ledere il diritto alla salute di tutti gli utenti degli uffici giudiziari. Il legislatore ha cosi' previsto la sospensione del decorso dei termini prescrizionali al fine di evitare che la forzata e obbligata inattivita' degli organi giurisdizionali potesse andare a favore di alcuni soggetti, i quali avrebbero inopinatamente beneficiato della stasi giudiziaria, senza che la stessa potesse essere in alcun modo legata allo scemare dell'interesse dello Stato alla repressione dei reati. Il legislatore ha dunque inserito un'ipotesi di sospensione della prescrizione avente una particolare efficacia retroattiva, in quanto applicabile si a tutti i fatti commessi prima della sua entrata in vigore gia' sfociati in un procedimento penale (di qualunque stato e grado), ma non anche ai fatti commessi prima del 9 marzo 2020, ma non ancora approdati neppure alla primissima fase delle indagini preliminari. Proprio sulla base delle considerazioni appena svolte, sembra che il legislatore abbia inserito nel nostro ordinamento la prima causa di sospensione dei termini di prescrizione avente valenza prettamente processuale e non sostanziale e, percio', sottoposta al principio tempus regit actum invece che all'inderogabile principia di irretroattivita' della legge penale sfavorevole, di cui agli articoli 25 Coste 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. E' d'obbligo rilevare, tuttavia, che nel nostro ordinamento all'istituto della prescrizione e stata attribuita valenza sostanziale, incidendo lo stesso sulla pena latu sensu intesa e sui diritto dei consociati di conoscere e prevedere le conseguenze cui possono incorrere commettendo un reato. L'istituto in parola, dunque, deve necessariamente essere sottoposto al principia di legalita' e tutte le modifiche che lo riguardano devono essere regolate dal principio della retroattivita' della lex mitior e da quello della irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Pur riconoscendosi una doppia anima dell'istituto della prescrizione, avente natura ibrida in quanta legata a doppio filo a vicende processuali per quanta concerne gli eventi connessi al suo decorso, questa causa di estinzione del reato e tutte le sue vicende sono state sempre ricondotte sotto l'alveo applicativo dei principi suddetti e, dunque, le modifiche in peius della disciplina della prescrizione sono state applicate solo ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore delle novelle normative. Infatti, la giurisprudenza costituzionale, nel recente passato, ha riconosciuto natura sostanziale all'istituto della prescrizione del reato, traendone conseguenze proprio in ordine all'applicazione dei principi in materia di diritto intertemporale. Con la sentenza n. 393/2006, relativa alla riforma della prescrizione del reato realizzata nel 2005 dalla legge «ex Cirielli» (legge n. 251/2005), la Corte costituzionale ha affermato che il principio di retroattivita' della legge penale favorevole all'agente, radicato nell'art. 3 della Costituzione, opera in rapporto a una legge che, a processo in corso, abbrevi i termini di prescrizione del reato. Quel principio, secondo la Corte, puo' subire deroghe solo nei limiti della ragionevolezza, cio' che in quel caso fu escluso. In particolare, la Corte costituzionale in quell'occasione dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3 della legge «ex Cirielli» nella parte in cui escludeva che i nuovi termini di prescrizione del reato, ove risultassero piu' brevi, si applicassero ai processi gia' pendenti in primo grado ove vi fosse stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonche' ai processi gia' pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione. Secondo la sentenza n. 393 del 2006, la soluzione che inquadra le modifiche in melius del regime della prescrizione del reato nell'ambito del principio di retroattivita' della lex mitior e' «coerente con la natura sostanziale della prescrizione (sentenza n. 275 del/990) e con l'effetto da essa prodotto, in quanto «il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se e per se, nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva» (Cass., Sez. 1, 8 maggio 1998, n. 7442). Tale effetto, peraltro, esprime l'«interesse generale di non piu' perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato (...) l'allarme della coscienza comune, ed altresi' reso difficile, a volte, l'acquisizione del materiale probatorio» (sentenza n. 202 del 1971; v. anche sentenza n. 254 del 1985; ordinanza n. 337 del 1999). Pertanto, le norme sulla prescrizione dei reati, ove piu' favorevoli al reo, rispetto a quelle vigenti al momento della commissione del fatto, devono conformarsi, in linea generale, al principio previsto dalla citata disposizione del codice penale». E' un principio, questo, ribadito dalla Corte costituzionale nella successiva sentenza n. 324/2008: «e' pacifico... che la prescrizione, quale istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina di cui all'art. 2, quarto comma, del codice penale che prevede la regola generale della retroattivita' della norma piu' favorevole, in quanto "il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se' e per se', nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva"». Come e' facile notare, in occasione della riforma attuata con la legge «ex Ciriellis», la giurisprudenza costituzionale non si occupo' del problema opposto e, cioe', del divieto di applicazione retroattiva delle modifiche inmalam partem, che avevano comportato (ad es., in rapporto alle contravvenzioni) termini di prescrizione del reato piu' lunghi. Il problema fu infatti in quell'occasione risolto dal legislatore, stabilendo espressamente che le riformate disposizioni «non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano piu' lunghi di quelli previgenti» (art. 10, comma 2, legge n. 251/2005). Un'analoga disposizione transitoria e' stata inserita nella successiva legge di riforma dell'istituto, che interesso' proprio il meccanismo della sospensione del corso della prescrizione. Con la legge Orlando, nel 2017, fu come e' noto introdotta un'automatica sospensione correlata ai gradi di giudizio; ebbene, tale sospensione, per espressa previsione normativa (art. 1, comma 15, legge n. 103/2017), poteva operare in relazione ai procedimenti per fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge stessa. Nulla ha previsto a riguardo, invece, l'ultima riforma dell'istituto, realizzata nel 2019 (a decorrere dal 1° gennaio 2020) dalla legge Bonafede, meglio nota come legge «spazzacorrotti». Anche in questo caso, come si sa, il legislatore e' intervenuto sulla disciplina della sospensione del corso della prescrizione, stabilendone in realta' l'interruzione (il «blocco») dopo la sentenza di primo grado o il decreto penale di condanna. Senonche', in considerazione del diritto vivente, sembrerebbe pacifico che, anche in assenza di una disposizione transitoria analoga a quelle delle leggi «ex Cirielli» e Orlando, la nuova e piu' sfavorevole disciplina introdotta dalla legge Bonafede non possa trovare applicazione retroattiva per le ragioni sin qui evidenziate. La riferibilita' del principio di irretroattivita' ex art. 25, comma 2 della Costituzione all'istituto della prescrizione del reato, sul presupposto della sua asserita natura sostanziale e non processuale, e' stata affermata pure dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 24/2017 e con la sentenza n. 115/2018, nell'ambito della nota vicenda Taricco, in rapporto alla disciplina dell'interruzione del corso della prescrizione e, in particolare, del prolungamento del termine per effetto di atti interruttivi. In quell'occasione veniva in rilievo «l'estensione del potere punitivo pubblico oltre il limite temporale previsto al tempo del fatto» non gia' - si noti - in conseguenza di una modifica normativa, bensi' per effetto della sentenza Taricco della Carte di Giustizia UE, alla luce della quale il giudice penale, in materia di gravi frodi a danno degli interessi finanziari dell'UE, avrebbe dovuto disapplicare la disposizione codicistica che, in presenza di atti interruttivi, pone un limite al termine di durata massima del corso della prescrizione. Cio' avrebbe comportato, secondo la Corte costituzionale, in relazione ai fatti commessi prima della sentenza Taricco, un vulnus all'art. 25, comma 2 della Costituzione. Secondo la Corte, infatti, «un istituto che incide sulla punibilita' della persona, riconnettendo al decorso del tempo l'effetto di impedire l'applicazione della pena, nel nostro ordinamento giuridico rientra nell'alveo costituzionale del principio di legalita' penale sostanziale enunciato dall'art. 25, secondo comma, Cost. con formula di particolare ampiezza». La prescrizione pertanto «deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio e l'interesse a perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere l'applicazione per delitti di estrema gravita), ma sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del 2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999)» (sent. n. 115/2018). Infine, anche con le sentenze n. 143 del 2014 e n. 265 del 2017, la Corte costituzionale ha ribadito fermamente la natura sostanziale dell'istituto della prescrizione e la sua conseguenziale applicazione irretroattiva per le modifiche sfavorevoli in relazione, rispettivamente, al raddoppio dei termini di prescrizione del delitto di incendio colposo e del delitto di cui al combinate disposto degli articoli 434, 449 del codice penale. Nella pronuncia n. 265 del 2017, in particolare, la Corte afferma che la prescrizione «pur potendo assumere una valenza anche processuale, in rapporto alfa garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) ... costituisce, nel vigente ordinamento, un istituto di natura sostanziale ... la cui ratio «si collega preminentemente, da un lato, all'interesse generale di non piu' perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, [...] della coscienza comune» ...; dall'altro, «al "diritto all'oblio" dei cittadini, quando il reato non sia cosi' grave da escludere tale tutela» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 265 del 2017). Negli stessi termini la Corte si e' espressa anche nella precedente pronuncia n. 143 del 2014: «sebbene possa proiettarsi anche sui piano processuale - concorrendo, in specie, a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) - la prescrizione costituisce, nell'attuale configurazione, un istituto di natura sostanziale» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 143 del 2014). E' doveroso rilevare, tuttavia, che tutte le pronunce appena citate fanno riferimento a dei casi di specie nei quali effettivamente si era posto un problema di serio allungamento dei termini prescrizionali e, comunque, era intervenuta una riforma di sistema avente carattere generale ed applicabile ad un numero assolutamente indeterminato di casi. La sospensione dei termini di prescrizione introdotta dall'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, invece, comporta un allungamento dei termini di prescrizione di durata predeterminata - dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 - ed applicabile a tutti i fatti commessi prima della sua entrata in vigore che siano gia' sfociati in un procedimento penale (di qualunque stato e grado), ma non anche ai fatti commessi prima del 9 marzo 2020 e non ancora approdati neppure alla primissima fase delle indagini preliminari. Come tale, la nuova ipotesi di sospensione introdotta dal decreto-legge cd. Cura Italia sembra differenziarsi da tutte le ipotesi sulle quali la Consulta ha gia' avuto modo di pronunciarsi. La norma di cui all'art. 83, comma 4, decreto-legge citato trova la sua ispirazione nel fatto che lo Stato si e' trovato a dover necessariamente restare immobile dinanzi ad un'emergenza sanitaria di portata mondiale ed appare percio' del tutto slegata da ragioni connesse al minore o maggiore interesse dell'ordinamento alla pretesa punitiva. Un simile intervento «emergenziale» non e' un novum assoluto. In passato il legislatore ha gia' emanato disposizioni emergenziali volte a sospendere procedimenti penali, ma anche il decorso del termine di prescrizione (in concomitanza con alcune calamita' - naturali e non - che interessavano specifiche zone del territorio nazionale): si allude all'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2018 (Sospensione dei termini e dei procedimenti penali pendenti dinanzi al Tribunale di Bari); all'art. 49, comma 9 del decreto-legge n. 189 del 2016 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016); all'art. 6, comma 9, del decreto-legge n. 74 del 2012 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012); all'art. 5, comma 8, del decreto-legge n. 39 del 2009 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile). Tuttavia, non risulta che la Consulta sia mai stata chiamata ad occuparsi delle omologhe previsioni di sospensione del corso della prescrizione in occasione delle precedenti leggi emergenziali e, percio', non si e' mai rinvenuto un appiglio costituzionale a quel minoritario orientamento - per lo piu' dottrinario - che afferma che la prescrizione «e' un istituto bizzarro», la cui fisionomia non e' «costituzionalmente delineata» e che, al di la' di qualsiasi approccio nominalistico, cio' che conta e' il concreto atteggiarsi dell'istituto nel sistema, al fine di evitare possibili «frodi delle etichette». Inoltre, vi e' da aggiungere che la disposizione di cui all'art. 83, comma 4 d.l. cd. Cura Italia se non rappresenta una novita' dal punto di vista delle ragioni ispiratrici, costituisce di certo un novum con riguardo al suo generalizzato campo di applicazione, in quanto risulta slegata da realta' emergenziali prettamente locali e territorialmente circoscritte ed applicabile, invece, all'intero territorio nazionale. Nel tentativo di ricondurre a sistema la norma oggi censurata potrebbe affermarsi che l'art. 159 del codice penale prevede - tra le altre ipotesi tipiche - anche la possibilita' che il corso della prescrizione possa essere sospeso «in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di imposta da una particolare disposizione di legge». L'applicazione letterale dell'art. 159 del codice penale sembrerebbe dunque tollerare la sospensione del corso della prescrizione in un caso come quello in esame. Tuttavia non e' possibile ignorare il conseguenziale quesito relativo alla conformita' o meno al divieto di irretroattivita' della legge penale sfavorevole dell'introduzione di «nuove» cause di sospensione del corso della prescrizione introdotte con legge in epoca successiva al fatto di reato commesso, con una sorta di rinvio mobile; strumento questo per il cui tramite il legislatore avrebbe deciso di attribuire preventivo rilievo a qualunque causa sospensiva della prescrizione introdotta in futuro. Tale esito esegetico si risolverebbe in un surrettizio aggiramento del principio di irretroattivita' in peius, non garantendo, dunque, alle disposizioni sopravvenute una patente di immunita' da censure di incostituzionalita', se concepite per colpire anche fatti commessi in epoca precedente. E' indubbio che l'introduzione di una «nuova» causa di sospensione del corso della prescrizione sia previsione sfavorevole all'imputato ed e' doveroso percio' analizzare le altre principali novelle legislative che hanno agito nel medesimo senso, nonche' il loro regime di applicazione al fine di verificare le scelte che il legislatore ha posto in essere in ordine alla loro applicabilita' a fatti commessi antecedentemente. Come gia' visto sopra, la legge Orlando del 2017 recava in se' una apposita norma di diritto transitorio che ne prevedeva l'applicazione ai soli fatti commessi dopo la sua entrata in vigore; cosi' come pure la riforma dell'art. 159 del codice penale adottata con legge n. 3 del 2019 (cd. Spazzacorrotti) ne affermava la sua applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2020, intendendosi - per consolidato orientamento - che la stessa risultava applicabile solo ai fatti commessi successivamente a tale data. Anche la legge n. 251 del 2005 «ex Cirielli» contemplava una norma di diritto transitorio che e' stata anche sottoposta al vaglio della Consulta, come gia' visto. Le riforme appena citate hanno certamente comportato una rivisitazione strutturale dell'istituto della prescrizione e delle sue vicende, la cui applicazione, seppur ancorata - nel caso della legge Orando e della legge Spazzacorrotti - alla clausola di apertura di cui all'art. 159 del codice penale, e stata comunque limitata da apposite norme di diritto transitorio solo ai fatti commessi successivamente alla loro entrata in vigore, con cio' lasciando chiaramente intendere di voler aderire all'univoco orientamento della Corte costituzionale che annovera l'istituto della prescrizione, inteso nella sua interezza, tra quelli di diritto penale sostanziale e che il semplice aggancio normativo dell'art. 159 del codice penale non e' sufficiente a ritenere coperte dal principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole le novelle in parola. La medesima scelta legislativa, inoltre, e' stata posta in essere nelle ipotesi in cui il legislatore e' intervenuto a modificare o integrare le ipotesi tipiche di sospensione del decorso dei termini prescrizionali legate a sospensioni del procedimento penale, espressamente elencate dall'art. 159 del codice penale ed invero, la legge n. 103 del 2017 (legge Orlando) nell' incidere sulle cause di sospensione legate alle ipotesi di rogatorie all'estero e di deferimento di questioni ad altro giudizio, ne ha limitato la portata applicativa solo ai fatti commessi in un momento successive alla sua entrata in vigore (cfr. art. 1, comma 151, n. 103/2017). Ancora, la legge n. 67 del 2014, nell'aggiungere il numero 3-bis) all'art. 159 del codice penale che prevede un'ipotesi tipica di sospensione della prescrizione nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 420-quater del codice di procedura penale, ha previsto all'art. 15-bis che «la norma si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado». Tale previsione, dunque, introduce un'ipotesi di sospensione dei termini prescrizionali applicabile anche ai fatti commessi antecedentemente alla sua entrata in vigore, ancorandone l'applicabilita' alla circostanza che il procedimento sia in corso e che non sia stata ancora emessa sentenza di prima grado, limitandone cosi' notevolmente la portata applicativa. Anche l'art. 5 della legge n. 134 del 2003, in tema di patteggiamento allargato, ha previsto al suo secondo comma un'ipotesi particolare di sospensione del dibattimento, su istanza dell'imputato, per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni, con consequenziale sospensione dei termini di prescrizione e di custodia cautelare. Ebbene, perfino in tale occasione, caratterizzata dal fatto di dipendere da una mera decisione dell'imputato in tal senso e, dunque, pensata per tutelare gli interessi di tutti gli attori processuali, la Corte di cassazione a Sezioni Unite e' intervenuta con sentenza n. 47289 del 10 dicembre 2003 ad affermare che il comma 2 dell'art. 5, legge n. 134/2003 e' norma transitoria e, in quanto tale, la sospensione del dibattimento e' di carattere eccezionale, da applicare solo nei casi in cui univocamente lo dispone la lettera della legge. Da ultimo, l'art. 1, comma 466 della legge n. 2015 del 2017 (legge finanziaria per il 2018) ha inserito all'art. 420-ter del codice di procedura penale una ulteriore ipotesi di impedimento legittimo a comparire in udienza per il difensore che si trovi in stato di gravidanza, ipotesi alla quale consegue la sospensione del processo e, di conseguenza, ai sensi dell'art. 159 n. 3) codice penale, la sospensione del decorso dei termini prescrizionali. In tale occasione, tuttavia, ne' il legislatore ha inserito alcuna disciplina intertemporale, ne' la Consulta e' mai stata chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalita' della norma in relazione agli articoli 25 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Come visto, dunque, la necessita' di limitare la portata applicativa delle disposizioni incidenti sul regime della prescrizione ha da sempre contrassegnato la mente del legislatore, e cio' proprio in ossequio al dovere di legiferare nel rispetto della nostra Carta fondamentale e dei principi nel tempo enucleati dalla Corte costituzionale. L'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, tuttavia, sembra differire da tutte le ipotesi sin qui riportate, in quanto pur avendo con esse in comune il legame biunivoco che lega la sospensione dei termini prescrizionali alla sospensione dei procedimenti, si presenta come norma che si caratterizza per l'eccezionalita' assoluta che ha condotto alla sua introduzione nel nostro ordinamento. La disposizione censurata, infatti, sospende il corso della prescrizione per una durata prestabilita - dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 - e solo in relazione ai procedimenti in corso, lasciando intendere che la sua applicazione non da' luogo ad una riforma di sistema dell'istituto della prescrizione. Proprio le circostanze emergenziali che hanno condotto all'inserimento di una disposizione di tal fatta costituiscono, infatti, la ragione per la quale intendendo l'art. 83, comma 4, decreto-legge cd Cura Italia come applicabile solo ai fatti commessi dal 9 marzo 2020 in poi, si giungerebbe ad un'interpretatio abrogans della normativa emergenziale, che ne vanificherebbe del tutto le rationes ispiratrici. Sembra infatti che non applicando la norma in parola ai fatti gia' commessi, la stessa non riuscirebbe in alcun modo a svolgere la sua funzione di «neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attivita' processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali». Dinanzi ad una norma dotata di tali e tante peculiarita' - solo alcune delle quali affrontate nel presente provvedimento in quanto rilevanti per il processo de quo - e' dunque necessaria domandarsi se il principio di irretroattivita' della legge penale, di cui all'art. 25, comma 2 della Costituzione e all'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, operi o meno in rapporto ad una legge che, dopo la commissione del fatto, sospenda il corso della prescrizione del reato per un certo periodo, in ragione di un'emergenza sanitaria sopravvenuta, che impedisca il regolare svolgimento dell'attivita' giudiziaria al fine di tutelare il diritto alla salute di tutti gli utenti dei palazzi di giustizia. Escludere il divieto di applicazione retroattiva dell'art. 83, comma 4, decreto-legge cd. Cura Italia potrebbe sembrare l'unica soluzione ragionevole per evitare di vanificare il lodevole intento del legislatore e garantire che la paralisi del sistema giustizia non sia foriera di benefici illegittimi. La sospensione in tal caso sarebbe forzata e, dunque, non imputabile a nessuno e non vi sarebbe ragione per cui dovesse tornare a favore di qualcuno. Per giungere a tale soluzione sarebbe necessario approdare per la prima volta nel nostro sistema ad una «processualizzazione» della sospensione dei termini di prescrizione, limitatamente alla norma oggi censurata. Tuttavia la soluzione favorevole al divieto di applicazione retroattiva dell'art. 83, comma 4 decreto-legge cd Cura Italia sembrerebbe imporsi nel nostro ordinamento alla luce sia del diritto vivente sia dei tratti comuni caratterizzanti le novelle intervenute in tema di prescrizione nel corso degli anni. Sia la giurisprudenza che il legislatore, infatti, hanno mostrato di considerare la prescrizione del reato come un istituto di natura sostanziale, sottratto al principio tempus regit actum ed attratto invece nella sfera di operativita' del principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Inoltre, va sottolineato come l'istituto della sospensione della prescrizione trovi la sua ratia nella forzata inattivita' cui e' costretto l'organo che procede: se la prescrizione ha l'effetto di elidere le possibilita' di far valere la pretesa punitiva dello Stato contro l'autore di un determinato reato, e' logico che essa puo' operare se ed in quanto la pretesa punitiva possa essere esercitata durante tutto il periodo cui tale esercizio sia possibile; ne consegue che, ove vi siano delle cause che impediscano l'esercizio dell'azione e/o del procedimento penale, il decorso del termine si deve arrestare fino a quando la causa anzidetta non sia rimossa (cfr. Cass. pen. 18 giugno 1971). Se allora tutte le cause di sospensione della prescrizione - compresa quella introdotta dalla norma oggi censurata - si ancorano alla medesima ratio ispiratrice appena enunciata, non si comprende se sia possibile differenziarne la disciplina applicativa senza incorrere in una violazione dei principi costituzionali che ne governano l'esistenza. L'impossibilita' di individuare un parametro costituzionale di riferimento per l'orientamento della «processualizzazione» della sospensione dei termini di prescrizione - che questo giudice senz'altro condivide in via logica - rende la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 non manifestamente infondata e non permette di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma in parola. Cio' e' legato anche al fatto che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 114 del 1994, aveva esplicitamente evidenziato che anche il regime delle cause di sospensione del corso della prescrizione previsto dall'art. 159 del codice penale e' sottoposto al principio di legalita' cristallizzato nell'art. 25 della Costituzione, dichiarando cosi' infondata una questione di legittimita' costituzionale con cui si chiedeva alla Consulta di introdurre - con un intervento additivo in malam partem - un'ulteriore ipotesi di sospensione del corso della prescrizione. Neppure potrebbe infine individuarsi una via d'uscita dall'impasse appena evidenziata invocando una deroga al principio di irretroattivita' posta in essere da una legge eccezionale e temporanea. Si tratta infatti, paccamente, di un principio «assolutamente inderogabile» (cosi', ad es., Corte costituzionale n. 394/2006). Le leggi eccezionali e temporanee possono derogare al principio di retroattivita' della lex mitior, come stabilisce l'art. 2, comma 5 del codice penale e solo nei limiti della ragionevolezza (cfr., tra le molte, Corte costituzionale n. 394/2006). Il principia di irretroattivita' in malam partern non tollera invece deroghe, e' un fondamentale e irrinunciabile principio di civilta' del diritto che «erige un bastione a garanzia dell'individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo» (cosi' Corte costituzionale n. 32/2020). Non a caso, nella prospettiva del diritto dei diritti umani, l'art. 15 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali annovera il nullum crirnen nulla poena sine previa lege, ex art. 7 del Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, tra i diritti che non ammettono deroghe nemmeno «in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione». Con riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni proposte in relazione all'art. 83, comma 9, devono innanzitutto richiamarsi le considerazioni gia' espresse relativamente all'art. 83, comma 4, in merito ai parametri costituzionali degli articoli 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Con riferimento alla questione proposta riguardo all'art. 83, comma 9 in relazione al parametro costituzionale dell'art. 3 della Costituzione, si manifestano forti dubbi in merito alla ragionevolezza della detta norma, foriera di disparita' di trattamento sul territorio nazionale, sulla base dell'eventuale adozione di misure organizzative volte al rinvio dei procedimenti da parte dei capi dei singoli uffici giudiziari, essendo rimessa la sospensione della prescrizione alla discrezionalita' degli stessi e dei giudici che debbano adeguarsi ai detti provvedimenti organizzativi. Alla luce delle ragioni innanzi esposte, che giustificano la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni proposte con la presente ordinanza, si impone la trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale: affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalita' in materia penale, espresso dagli articoli 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e, piu' in particolare, con il sotto-principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole al reo, laddove e' previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali; affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalita' in materia penale, espresso dagli articoli 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e, piu' in particolare, con il sotto-principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole al reo, laddove e' previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui il procedimento e' rinviato sulla base delle misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari, e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020; affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di parita' di trattamento e di ragionevolezza, espresso dall'art. 3 della Costituzione, laddove e' previsto che la sospensione della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 si fondi sull'eventuale adozione di misure organizzative da parte dei capi dei singoli uffici giudiziari.
P. Q. M. Il Tribunale ordinario di Paola Letti gli articoli 134 della Costituzione e 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87, Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nei termini di cui in motivazione; Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 3, 25, comma 2 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nei termini di cui in motivazione; Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulle proposte questioni di legittimita' costituzionale; Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza, insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e comunicazioni di seguito disposte; Dispone che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza: sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Da' atto che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura penale. Cosi' deciso in Paola, all'udienza del 16 luglio 2020. Il Giudice: Putaturo